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Full text of "Aevum. Rassegna di scienze storiche linguistiche e filologiche"

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AEVUM 


RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE 
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE 


PUBBLICATA PER CURA DELLA FACOLTÀ DI LETTERE 
DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE 


ANNO I 
1927 


OIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA S. AGNESE, 4. MILANO (108) 


Conto corrente postale. 


PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA 


UNIONE TIPOGRAFICA - MILANO 


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+ € ANNO I. - FASC, 1-2 GENNAIO-MARZO 1927 


AEVUM 


RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE 
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE 


PUBBLICATA PER CURA DELLA FACOLTÀ DI LETTERE 
DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE 


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DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA S. AGNESE, 4 - MILANO (108) 
'Conto corrente postale. 


AEVUM 


RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE 
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE 


Fsce in 4 fascicoli annuali di complessive pp. 800 in-8.0 


DIREZIONE e AMMINISTRAZIONE 


presso la Università del S. Cuore in Milano (108), via S. Agnese, 4 


ABBONAMENTO ANNUO - Italia e Colonie L. 50,30 Estero L. 70,30 


NUMERO SEPARATO - » » » 20,00 >» 


SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO 


AVVERTENZA: Lou i e ale e ene e ana 


AGOSTINO GEMELLI O. F. M., L’ordinamento delle Facoltà di let- 
tere nelle Università cattoliche straniere . ....... 
Inedita et rara: 
GiovaNNI GALBIATI, Vergilius latine et Graece in Palimpsesto 
codice Arabico . LL en 
Bollettini bibliografici: 
AMBROGIO BALLINI, India - (1915-1924) |. |... 


CAMILLO CEssI, Letteratura greca, parte I (1923-1925) . . . . . 
GIOVANNI SORANZO, Storia del Papato - (1923-1925) . . .... 


Recensioni: 


KUMANIECKI C. F. Quo temporis ordine Vergilius singulos Aeneidos 


libros elaboraverit (Fel. Ramorino) . .........-. 

SoFiA DoLENzZ, Le commedie latine di Suor Rosvita (Felice 
RADO): ia e È e Bn A 

Luici PARETI, Le origini etrusche I° (Giul. Gìannelli) . . ... 
Forma Italiae I 1, ed. Jos. LucLi (Ar. Calderini) . . ..... 


Notiziario: 1. A proposito delle prime stampe in Italia (P. Rotta) 
— 2. La critica nel testo nelle iscrizioni antiche (4. C.) — 
3. Pubblicazioni in preparazione dell’ Università Cattolica 
dell'Ovest (Angers) — 4. Necrologie (Pascal, Pistelli, Com- 


paretti) (fel. amorino) . LL... 
Libri ricevuti Lilli 
Abbreviazioni LL LL 


» 30,00 
pag. 3 
» 5 


359 


393 
394 


398 


408 
412 


413 


AVVERTENZA 


Nell’iniziare questa nuova pubblicazione periodica, che sarà 
l'organo ufficiale della Facoltà di lettere per le discipline storiche, 
filosofiche e letterarie, l’Università Cattolica del Sacro Cuore non 
ha che a richiamarsi a quei principî che furono a base della sua 
costituzione e che essa viene applicando gradualmente e metodi- 
camente anche nel campo scientifico: 

dirigere cioè gli sforzi di quanti dentro e fuori la sua orga- 
nizzazione consentono con essa nella necessità di dare sempre più 
e sempre meglio alla scienza carattere di severa austerità, di con- 
templazione serena, di vita vera nella visione completa e unitaria 
dell'uomo e dei suor destini soprannaturali; 

seguire con attenzione e con perseveranza il movimento degli 
studî in ogni paese e presso ogni popolo, per ritrarre preziosi in- 
segnamenti dall'esperienza e dal consiglio di ognuno a migliore 
incremento dei propri lavori; 

partecipare con tutte le sue energie anche e sopratutto attra- 
verso la scienza alla rinascita spirituale d'Italia e al trionfo del- 
l’idea Cattolica nel mondo. 

Aevum pertanto darà gran parte della sua attività a consi- 
derare il movimento degli studî storici e letterari in Italia e fuori, 
per modo che più facile gli riesca e di giudicare con fondata pon- 
derazione l'opera degli altri e di procedere con migliore coscienza 
e sicurezza sul proprio cammino. Inoltre esso traccerà direttive per 
lo studio «cattolico » anche del problema storico leiterario e in base 
ad esse saggerà le opere nuove man mano che saranno pubblicate; 
raccoglierà l’eco delle attività che le Facoltà di lettere di altre Uni- 
versità Cattoliche sviluppano fuori d'Italia; presenterà periodica- 


n 


aiar 


AVVERTENZA 


mente materiali nuovi di studio all'attenzione dei ricercatori, perchè 
se ne servano per sicuri progressi. 

Nella lieta speranza che è in ogni imzio di fatica e nella 
ferma fiducia che è în ogm volontà sorretta dalla coscienza di 
una nobile missione, Aevum manda 1l suo primo saluto a quanti 
lavorano nel campo delle nostre discipline con sincerità e con ar- 
dore, chiede loro confidenza e simpatia, collaborazione di senti- 
menti e di pensieri, e specialmente quella elevazione di spiriti, 
che al di là delle contingenze della vita pratica anche attraverso 
lo studio della sioria e le visioni dell’arte, avvicina la scienza 
all’infinita sapienza di Dio. 


LA REDAZIONE 


AGOSTINO GEMELLI O.F.M. 


Rettore dell’Università Cattolica del S. Cuore. 


L'ordinamento delle Facoltà di lettere 
nelle Università cattoliche straniere 


Pare utile a noi, iniziando questo periodico che rappresenta il 
contributo degl’insegnanti della Facoltà di lettere della Università 
Cattolica d’Italia agli studi filologici, letterarî, storici, dare uno 
sguardo d'insieme all’organizzazione delle Facoltà di lettere nelle 
varie Università cattoliche. Codeste Università rappresentano uno 
sforzo, compiuto in nome di un ideale comune, in nazioni diverse, 
e quindi in condizioni profondamente differenti; sorgono cioè 
queste Facoltà in paesi nei quali gli studî sono diversamente 
progrediti, quindi la influenza di esse è più o meno grande; a 
lor volta esse stesse rispondono con differente organizzazione a 
esigenze eda gradi di coltura differenti. Si aggiunga poi che non 
in tutti i paesi la libertà di insegnamento è egualmente riconosciuta; 
si va anzi da paesi, nei quali la legislazione scolastica riconosce in 
tutto pari le Università libere a quelle statali, a paesi dove la legi- 
slazione è tanto restrittiva da obbligare questi istituti superiori 
ad una vita assai grama. Infine profondamente diverse sono le 
condizioni economiche nelle quali si trovano questi varî istituti. 
Un esame comparativo si presenta adunque singolarmente utile; 
la unità di ideale si realizza in forme varie di organizzazione. 
La comparazione può suggerire pertanto utili considerazioni sia 
nel campo dei principî, sia in quello della tecnica. 

E poichè nella organizzazione della nostra Facoltà abbiamo 
tenuto conto di quanto si fa nelle altre Università e dei risultati 
che vi sono stati ottenuti, così nell’esporre gli ordinamenti di quelle 
noi verremo anche implicitamente a dare ragione degli ordinamenti 
di studio che da noi furono adottati. 


F. AGOSTINO GEMELLI 


Non è infrequente sentir ripetere l'osservazione che non si 
comprende la funzione delle Facoltà cattoliche. Posto che la scienza 
ha da essere coltivata, anche per confessione degli stessi cattolici 
cultori di scienza, con serenità e senza prevenzioni di sorta, e in 
un'atmosfera di obiettività, così pare a molti che gli scienziati di fede 
cattolica potrebbero liberamente coltivare la loro scienza nelle Uni- 
versità dello Stato senza bisogno di appartarsi in Istituti confessio- 
nali, sulla serenità di spirito e sull’oggettività di indagine dei 
quali è facile il dubbio. Glì scienziati cattolici gioverebbero così 
maggiormente alla scienza, con il portare il loro contributo ad un 
lavoro che per sua natura ha bisogno delle braccia di molti, e ser- 
virebbero anche maggiormente alla loro religione con il rendere più 
facili i contatti con gli uomini che non hanno questa stessa fede 
religiosa. 

Non è qui il caso di riprendere in esame questo antico dibat- 
tito, nel quale codesto stesso punto di vista è sostenuto anche da 
pensatori cattolici ed è forse sufficiente allo scopo nostro ricordare 
come le Università hanno, oltre gli ideali della ricerca scientifica, 
anche una funzione educativa delle nuove generazioni e che questa 
non si può svolgere se non proponendosi una integrale ed orga- 
nica formazione del giovane. 

Qui, per lo scopo nostro, è utile invece e sufficiente accennare 
alla ragione per la quale sono sorte le Università Cattoliche e prin- 
cipalmente le Facoltà di lettere. 

La questione delle Università Cattoliche è nata nel secolo XIX (1). 
Essa è stata posta il giorno in cui le Università di Stato, eredi della 


(1) Sulla funzione delle Università cattoliche si legga: BAUDRILLART, 
Les Universités catholiques de France et de l’Etranger, Paris, 1909, pag. 
3 e segg. L’eminente storico è anche rettore dell’Istituto Cattolico 
(Università) di Parigi. Si vegga anche BRÉtON, Le role de l’enseigne- 
ment supérieur libre, in Bulletin de Littérature ecclésiastique, 1925, n. 9, 
IO. GEMELLI, Perchè i cattolici italiani debbono avere una loro Uni- 
versità, in Studium, Rivista universitaria 1907. Lo storico gesuita 
GRISAR ha scritto di recente: Die Katholische Hochschulbewegung aus- 
serhalb Deutschland, in Stimmen der Zeit, 1925, n. 7, nel quale articolo 
le Università cattoliche non sono giudicate con molta esattezza e con 
molta benevolenza. È da notarsi che la Germania non ha alcuna Uni- 
versità Cattolica. 

Sullo sviluppo delle Università cattoliche si hanno poi numerose 
altre pubblicazioni che mi è impossibile qui ricordare tutte. Una buona 


ca 


ORD NAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


grandezza delle Università medioevali, non solo furono laicizzate, 
al punto che i loro maestri non tenevano conto della religione e della 
dottrinarivelata, ma furono persino trasformate in focolai del così det- 
to libero pensiero, ossia di quel pensiero che ha per compito precipuo 
di non riconoscere il governo di Dio sul mondo. In quel giorno, poichè 
si affermava che la scienza giustifica essa tale distacco e poichè 
non si trattava solo di un dissidio di pensiero, ma anche di una que- 
stione pratica, ossia della formazione di quei giovani che per il loro 
compito e per la loro condizione sociale costituiscono le classi dirigenti, 
si è iniziata, in quasi tutti i paesi civili, quella lotta per la libertà 
d'insegnamento nella scuola, nella quale i cattolici hanno sostenuto 
il diritto dei genitori a educare essi i loro figli secondo le loro convin- 
zioni, ed hanno affermato questo, fondati sopra tutto sul fatto che 
non è possibile che l’istruzione sia feconda se non è intimamente unita 
con la educazione del giovane e che educazione non vi ha là dove 
non vì è riconoscimento dei fini soprannaturali che la religione rico- 
nosce alla vita umana (1). 

Questa lotta per la conquista della libertà di insegnamento fu 
più vivace ed ebbe fasi epiche specie a mezzo del secolo scorso in 
Belgio e in Francia e negli Stati Uniti di America (2) e alla fine dello 
stesso secolo in Olanda; essa condusse nella grande maggioranza dei 
paesi civili e sopratutto in quelli nei quali la vita sociale è più in- 
tensa, al riconoscimento del diritto dei cattolici a istruire e ad educare 
i loro figli ed alla fondazione delle Università Cattoliche. Prima fra tut- 
te fu fondata quella di Lovanio nel Belgio, che poi assunse pertutti icat- 
tolici significazione e valore di simbolo (3). Ultima fondata fu nel 1923 


rassegna completa si ha in The Catholic Encyclopedia ove ha scritto 
un atticolo Ed. Pace attuale segretario della Università cattolica di 
America e uno dei due fondatori di essa; in questo articolo è anche 
una copiosa bibliografia. 

(1) GEMELLI, / postulati dei cattolici italiani in ordine alla legisla- 
zione scolastica, Milano, 1925. 

(2) A verodirela reazione contro i danni della laicizzazione compiuta 
dalla Grande Rivoluzione Francese si ebbe in Italia, per quello che 
riguarda le Università, grazie alla Costituzione « Quod divina sapientia » 
di Leone XII, 1814, con la quale si riformarono gli studî universitari (Sì 
veggano ì varî atti relativi in: Co/l/ectio Legum et Ordinationum de recta 
ratione studiorum, Roma, 1841). Ricerche che sto facendo compiere 
negli archivi di Roma dimostrano che il merito di questa importante e 
geniale riforma spetta, come presto spero di poter dimostrare, a Pio VII. 
Compì la riforma Leone XII che ottenne di restaurare i danni compiuti 
dalla laicizzazione francese nelle Università dello Stato Pontificio. 

(3) La lettera di Gregorio XVI, che approva l'azione dei Vescovi 
belgi per la restaurazione della Università, è del 12 dicembre 1833; Pio 


F. AGOSTINO GEMELLI 


quella di Nijmegen in Olanda; e questa fondazione suggellò la fine 
della secolare lotta religiosa che aveva tormentato quel paese. Le vi- 
cende di codeste Università, il cui numero è certamente grande, fu- 
rono varie, liete e dolorose; vi furono, per alcune, periodi di grande 
sviluppo e periodi di decadenza, e ciò in modo parallelo al grado di 
libertà del quale ogni paese godette. Così, per citare un esempio, 
i cinque Istituti cattolici della Francia, che ebbero momenti di mas- 
simo fiore e contribuirono potentemente allo sviluppo della cultura 
religiosa in quel paese, e furono focolai attivissimi di vita scientifica, 
languiscono ora pei ceppi nei quali fu posta la libertà della scuola in 
quel paese. La ridonata libertà al Belgio dopo la guerra ha avuto la 
sua ripercussione sulla vita della Università cattolica, che oggi è 
la più fiorente di quella nazione. L'Austria e la Germania non 
hanno Università cattoliche; i cattolici di quei paesi ritenne- 
ro che alla conservazione della fede religiosa nelle classi colte 
bastasse la fondazione di Facoltà teologiche cattoliche nelle Uni- 
versità di Stato (1). Pare a me invece che la Riforma prima, 
e poscia l’idealismo abbiano in quei paesi rafforzata la idea 
dello Stato come fonte assoluta: di ogni diritto, tanto che ciò 
non fu senza qualche influenza perfino sui cattolici che si acconciaro- 
no infatti al concetto che la istruzione deve essere data dallo Stato. 
Tanto è vero questo che, all'indomani della guerra, scossa profonda- 
mente alle basi questa concezione statolatra nella quale purtroppo 
furono travolti anche dei pensatori cattolici di quei paesi, sì è fatta 
strada fra cattolici di Austria e di Germania, che coltivano con 
tanto onore gli studi Rlosofici e le scienze sociali, la persuasione della 
necessità di fondare Istituti superiori Cattolici, e già preparativi e 
tentativi varî si stanno facendo per farli sorgere (2). 


IX con lettera del 22 marzo 1852 approvava gli Statuti dell’Univer- 
sità di Dublino: le Università cattoliche francesi nascevano nel 1875, 
grazie alla legge 12 luglio 1875, ma nel 1882 erano private del diritto di 
conferire lauree: l’Università Laval nel Canadà nasceva nel 1876; quella 
di Beyrout in Siria nel 1881, quella di Ottawa nel Canadà nel 1887; pure 
nel 1887 quella di Friburgo in Svizzera; quella degli Stati Uniti d'America 
nel 1884. Dopo la guerra sono nate le Università cattoliche di Milano, 
di Nijmegen e di Lublino. 

(1) Nell'ex Impero Germanico nacquero tali Facoltà a Bonn, Bre- 
slavia, Friburgo, Monaco, Minster, Tibingen, Wurzburg e Strasburgo. 
Quest'ultima è ora passata alla Francia. Nell’ex Impero Austro-Ungarico 
nacquero a Gratz, Innsbruck, Cracovia, Lemberg, Praga, Olmutz, 
Salzburg, Vienna, poscia passate agli Stati eredi della Monarchia. 

(2) Così in Austria i Benedettini lavorano per far rinascere la Uni- 
versità di Salzburg; in Germania è sorto l’Istituto superiore di Filoso- 
fia Alberto Magno a Colonia e l’Istituto di pedagogia a Minster in 


cai 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


Ma qui io non faccio la storia di queste Università: accenno solo 
alle contingenze di carattere culturale che hanno influito sul loro 
sorgere. 

Giova invece allo scopo che mi sono prefisso con questo 
articolo, accennare anche che la necessità di formare degli uo- 
mini di scienza che fossero pure degli uomini di fede, doveva farsi 
sentire viva anche nel campo delle lettere. 

Innanzitutto si ricordi che dalle Facoltà di lettere escono gli in- 
segnanti delle scuole medie, questi uomini modesti ai quali tocca il 
grave e difficile compito di preparare le classi dirigenti in quel mo- 
mento della vita che avrà una influenza decisiva sulla formazione 
del futuro uomo, e di dare ad essi quella coltura generale e fondamen- 
tale senza della quale è impossibile pensare a una preparazione uni- 
versitaria professionale o scientifica che sia realmente feconda di 
risultati. Si può dire che, per questo loro compito, i professori delle 
scuole medie, che però occupano nella vita sociale e nella considera- 
zione pubblica una posizione modesta, tanto che solo giovani animati 
da ideali possono darsi ad essa con quell’entusiasmo che ne fa degli 
apostoli, esercitano una influenza decisiva sulla vita futura della 
nazione. Ora, se vogliamo che la scuola media sia all’altezza di un 
siffatto compito,non basta riformarne la organizzazione, sopra- 
tutto bisogna dare ad essa degni insegnanti; e degni insegnanti non 
sì può divenire se la Università, oltre che dare la formazione letteraria, 
non dà anche la formazione del carattere. Per questo i cattolici di 
ogni paese hanno sentito la importanza massima di Facoltà di lettere 
informate alla dottrina cattolica. Per i cattolici, che, con una lotta 
durata quasi un secolo nei paesi più progrediti hanno combattuto per 
la conquista della liberta della scuola, era perciò indispensabile prov- 
vedere alla preparazione di insegnanti medî capaci di intendere la 
missione dell’insegnamento come un apostolato. 

Si consideri poi che la coltura classica antica poggia sopra una 
tradizione schiettamente anticristiana. Allorchè non si ha della vita 
quella visione soprannaturale che ad essa ha dato il Cristianesimo, 
quando la vita non si intenda come preparazione ad un’altra vita, 


Westfalia, istituti che preannunciano il sorgere di Università cat- 
toliche. 

La nuova Università di Colonia (che ha preso il posto dell’anti- 
ca Accademia) è in parte dovuta allo sforzo dei cattolici renani dopo. 
la guerra, mentre in pari tempo gli israeliti (non ammessi prima nelle 
Università del Reich) erano i principali fattori del sorgere delle Uni- 
versità di Francoforte sul Meno e di Amburgo. 1 cattolici tedeschi 
hanno poi alcuni /icei che sono come Università minori. 


POI er 


F. AGOSTINO GEMELLI 


non vi ha altro modo di interpretarla che come hanno fatto il paga- 
nesimo, prima, poi l’umanesimo e più di recente il naturalismo. Ora 
1 classici della letteratura antica non solo traggono ispirazione o ri- 
specchiano e sono manifestazione di questa interpretazione della vita, 
ma la magnificano. Vi è netta, precisa opposizione tra coltura classica 
e coltura cristiana. Il giovane cristiano ha quindi bisogno di una scuo- 
la superiore, che, mentre gli illustra il valore e il significato della 
coltura classica, lo renda cauto nella interpretazione dei suoi 
documenti e dei suoi capolavori e, per altro verso, e sopratutto, lo 
guidi a studiare la coltura cristiana. 

Nè si dica che con questo sono sacrificati i diritti della scienza 
a quelli della fede. Oramai sono passati i tempi nei quali queste 
bubbole si ripetevano dalle cattedre; e sono anche passati quei 
tempi nei quali, per difendersi da codesto genere di accusa, si affer- 
mava che basta coltivare la scienza per la scienza per non mancare 
a quella oggettività che la scienza richiede nei suoi collaboratori. 

E cioè nessuno più, ora, fa proprie le viete accuse mosse alla 
fede di essere avversaria nata della scienza. Codeste accuse sono 
tramontate con il gretto positivismo che le ha formulate; per converso 
non ha alcun valore quella maniera di fare la pace tra scienza e fede 
che è fondata sulla strana concezione della vita per la quale la vita 
religiosa e quella della scienza sono. chiuse come in compartimenti 
stagni. La religione pervade la vita e le conferisce una sua fisionomia 
ed una finalità; ed essa crea anche una atmosfera di amore per la 
scienza per la quale questa viene coltivata senza preoccupazioni; 
mentre per lo scienziato incredulo la scienza vale per sè stessa, per lo 
scienziato credente la scienza, mediante i procedimenti che le sono 
propri, ci dà una rivelazione, ci svela una immagine di Dio. Nella 
ricerca delle verità parziali lo scienziato incredulo è un curioso; lo 
scienziato credente è un apostolo. A quale dei due la scoperta di co- 
deste verità riesce più preziosa? Uno spirito di sottomissione al vero, 
quale esso appare nella ricerca, ispirazioni generose che stimolano lo 
zelo, un meraviglioso allargamento dell'orizzonte e al medesimo tem- 
po il senso della limitazione delle proprie forze, sono questi i preziosi 
vantaggi che l'abitudine intellettuale alla fede assicura alla ragione 
dello scienziato credente nel suo lavoro. 

Non è più dunque da ripetere che la oggettività della scienza è un 
motivo per non istituire una Facoltà di lettere cattolica. 

Un'altra riflessione: in una Facoltà di lettere non si studiano solo 
i classici della letteratura, nè si fanno solo delle ricerche filologiche. 
Una parte preminente vi hanno gli studî storici e, per una consuetu- 
dine antica, le Facoltà di lettere nelle grande maggioranza del paesi 


il 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


fanno un tutt'uno con quelle di filosofia. Tutto questo è senza dubbio 
un vantaggio. Fino a che il positivismo ha imperato, si poteva cre- 
dere alla utilità di rinchiudersi nel puro studio di una questione filolo- 
gica; la coltura era concepita come un accumulamento di dati di fatto e 
come cognizione di leggi. Oggi invece sempre più evidente appare il 
carattere storico della coltura e si attribuisce sempre più alla spe- 
culazione filosofica la funzione animatrice della coltura. Il che con- 
ferisce agli studî una siffatta fisionomia per la quale il puro eru- 
dito o la pura erudizione appaiono straniati alla vita. Il giovane 
che esce da una Facoltà di lettere deve avere una propria con- 
cezione della vita, quindi di una filosofia; e deve alimentare questa 
concezione come un prodotto storico della coltura. 

Le Facoltà di lettere agnostiche sono quindi un non senso. Le 
Facoltà universitarie tanto care al positivismo, nelle quali per una 
falsa idolatria dell’oggettività del sapere era possibile a un giovane 
ascoltare da un maestro la confutazione di ciò che poco prima 
aveva sentito difendere da un altro, le Facoltà di lettere agno- 
stiche che perciò creano degli scettici, non hanno più ragione di 
essere, e da una Facoltà di lettere oggi il giovane non solo esce 
addestrato nella ricerca scientifica e con una adeguata conoscenza 
degli strumenti del suo lavoro, ma avendo anche una coltura orga- 
nica che è il fondamento e la ragione della sua vita. Una Facoltà 
cattolica di lettere risponde quindi giustamente a una esigenza tut- 
ta attuale del nostro pensiero. 

Per questo noi cattolici italiani, seguendo l’esempio e ammirando 
i risultati conseguiti dai cattolici di altri paesi, abbiamo fondata 
una nostra Facoltà di lettere nell'Università Cattolica del S. Cuore. 
Di questa Facoltà è organo cd espressione questa Rivista. Era giusto 
quindi che sn capite libri dicessimo della organizzazione delle 
Facoltà di lettere delle Università cattoliche e ciò, non solo per mo- 
strare che cosa i cattolici hanno saputo fare in questo campo, in 
tutto il mondo, ma anche per giustificare gli ordinamenti che ab- 
biamo dato alla nostra Facoltà valendoci anche della esperienza 
altrui (1). 


(1) Come ho accennato più sopra, quasi dappertutto l'insegna- 
mento della filosofia è abbinato a quello delle lettere e perciò si han- 
no: Facoltà di Lettere e Filosofia. Dato il carattere di questa rivista, 
non rendo però conto dell'ordinamento degli studi filosofici nelle Uni- 
versità cattoliche. Per quello che riguarda l’ordinamento dell’insegna- 
mento della filosofia nell'Università Cattolica si legga: GEMELLI, L’in- 
segnamento della filosofia nelle Università italiane, in Rivista di filosofia 
neo-scolastica, 1926, pag. 2. 


7 


CI 


F. AGOSTINO GEMELLI 


I. BELGIO. - UNIVERSITÀ DI Lovanio. — È da premettersi 
che, pur essendo Università libera, codesta università conferisce 
diplomi aventi valore legale in virtù della legge belga sopra l’in- 
segnamento superiore e che essa si conforma in tutto ai programmi 
dello Stato per i gradi chiamati legali. 

Gli studî della Facoltà di lettere e filosofia che conducono al 
conseguimento di titoli legali comprendono due tappe; dapprima 
si consegue la candidatura; poscia il dottorato (1). 


(1) Cade qui acconcio fare un'osservazione di carattere generale. 
Debbo cioè ricordare, come tutti sanno, che l’organizzazione delle 
Facoltà non è uguale in tutti i paesi per ciò che riguarda il consegui- 
mento dei titoli. Alcuni paesi ossia le regioni nelle quali prevale l'influenza 
della coltura o della lingua francese (Francia, Belgio, Canadà) o della lin- 
gua inglese(Inghilterra, Stati dipendenti, Stati Uniti d'America) e qualche 
altra nazione (come la Svizzera e l'Olanda), conservano un ordina- 
mento che ricorda per molti aspetti quello delle Università medioevali. 
I diplomi cioè sono di tre gradi: baccalaureato, licenza, laurea dottorale. 
È bene osservare che per l’esercizio pratico della professione di inse- 
gnante, ossia per ciò che stiamo qui studiando, basta la licenza. Questa 
in alcuni paesi è differente dalla licenza di coltura ed è chiamata licentia 
docendi. Il dottorato non ha scopi professionali ed apre la via agli studi 
superiori e alla carriera universitaria. Tuttavia è da notarsi che in alcuni 
paesi, e specie negli Stati Uniti d’America, anche la licenza dà diritto 
ad insegnare da alcune cattedre universitarie. A mio modo di vedere, que- 
sto metodo giova assai alla formazione dei giovani insegnanti di scuole 
medie e allo stesso progresso scientifico; esso è assai migliore di quello se- 
guito da altri paesi e anche dall'Italia, secondo il quale il corso universi- 
tario è comune a tutti: e a tutti è imposto il dovere di conseguire il dotto- 
rato, sia esso titolo di abilitazione professionale, sia esso solo un titolo di 
accesso agli Esami di Stato per l’esercizio professionale. In Italia non si è 
voluto adottare il metodo tradizionale della licenza, perchè si è detto che, 
togliendo l’obbligo allo studente di conseguire il dottorato, e quindi di 
fare una tesi, si abbassa il livello degli studî. In realtà non è il grado 
o il titolo che si conferisce al termine degli studî che ne eleva il va- 
lore e il tono; essi sono elevati dalla disciplina e dallo spirito che si 
esige da chi studia. Il mantenere l'obbligo di stendere una tesi 
e di conseguire il titolo di dottore non giova ad elevare il livello 
delia coltura e degli studî. Ed anzi è vero il contrario. Pochi sono 
coloro che possono costrurre una tesi nel vero senso della parola, ossia 
originale; pochi sono quindi coloro che possono ambire al titolo di dot- 
tore; per conseguire questo titolo è giusto che il giovane presenti una 
tesi originale per la genuinità della quale è garanzia che essa debba 
essere stampata; alla maggioranza bastano studî che preparino alla pro- 
fessione e a certuni basta un titolo che dia diritto all’esercizio di essa. Così, 
per le lettere, coloro che aspirano all’insegnamento delle scuole medie 
debbono seguire un corso di studî che dia loro una adeguata e personale 
formazione culturale. Per preparare il dottorato coloro che aspirano a 
carriere più elevate e che hanno le attitudini necessarie debbono avere 


— 12 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


La candidatura può essere di due specie: quella preparatoria al 
grado di dottore in filosofia e lettere (con specializzazione in filosofia, 
storia, filologia classica, filologia romanza) e al titolo di dottore 
pure in filosofia e lettere (con specializzazione nella filologia ger- 
manica). L'esame di candidatura del primo tipo è comune, per molti 
insegnamenti, a quello degli studenti che debbono conseguire il 
dottorato in diritto e comprende i seguenti corsi con rispettivi esami: 


Prima prova: 


Metafisica e religione. 

Traduzione a prima vista di autori latini. 

Storia della letteratura francese. 

Psicologia (ivi comprese le nozioni elementari di anatomia e 
fisiologia umana). 

Storia politica dell'antichità. 

Spiegazione di un autore latino. 

Storia politica del Medio evo. 

Storia politica interna del Belgio. 

Storia politica moderna. 

Storia della letteratura fiamminga. 

Esercizî filologici sulla lingua latina. 

Esercizî di geografia. 

Spiegazione di un autore greco. 

Traduzione a libro aperto di autori greci ed esercizî filologici 
di lingua greca. 


a loro disposizione completamente libero un certo tempo (due anni 
nella maggioranza delle Università), durante il quale essi possono se- 
guire corsi monografici della specialità scelta e compiere quelle ricerche 
di biblioteca o di laboratorio negli istituti che permettono di arrivare 
a un lavoro originale. 

Da noi si è cercato di supplire con le scuole di perfezionamento. 
Ma è da osservarsi che, se si fa eccezione per la medicina, ove vi sono 
stimoli professionali che possono giustificare il grave sacrificio, per le 
lettere è ben raro che un giovane aggiunga nuovi anni di studio a quelli 
universitarf. Così sì spiega il numero assai scarso di quelli che frequentano 
le scuole di perfezionamento nelle Facoltà di lettere. Si osservi poi che i 
diplomi di perfezionamento non hanno per lo più quel valore che ha la 
laurea dottorale, e per sè non costituiscono una sufficiente attrattiva. 

Da ultimo è utile ricordare che in Francia e in paesi che hanno imi- 
tata la legislazione Francese vi sono i «certificati» che sono attestati 
parziali di studio di un gruppo di materie. Il diploma di licenza si rila- 
scia a chi ha conseguito un certo numero di certificati. Ma di ciò trat- 
terò più avanti. 


Ss |: PR 


F. AGOSTINO GEMELLI 


Seconda prova: 


Traduzione a prima vista di autori latini. 
Storia della letteratura francese. 

Logica. 

Storia politica dell’antichità. 
Spiegazione di un autore latino. 

Nozioni sulle principali letterature moderne. 
Nozioni sulle istituzioni politiche di Roma. 
Storia politica del Medio evo. 

Storia politica interna del Belgio. 

Storia della letteratura fiamminga. 
Filosofia morale. 

Diritto naturale. 

Esercizî filologici di lingua latina. 
Esercizî filologici di lingua greca. 
Spiegazione di un autore greco. 

Esercizî di geografia. 


L'esame di candidatura del secondo tipo, ossia per coloro che 
vogliono conseguire il secondo diploma di dottore in filosofia e lettere 
(specializzazione in filologia germanica) comprende: 


Prima prova: 

Metafisica e Religione. 

Storia della letteratura francese. 

Psicologia (ivi comprese le nozioni di anatomia e fisiologia umana). 

Spiegazione di autori tedeschi. 

Traduzione a prima vista di testi inglesi e spiegazione di autori 
inglesi ed esercizî filologici di inglese. 

Storia politica moderna. 

Traduzione a prima vista di un testo tedesco ed esercizî filologici ‘ 
di tedesco. 

Traduzione a prima vista di testi fiamminghi ed esercizi filologici 
di fiammingo; spiegazione di autori fiamminghi. 


Seconda prova: 


Storia della letteratura francese. 

Logica. 

Spiegazione di autori tedeschi. 

Nozioni sulle principali letterature moderne. 

Traduzione a prima vista di un testo inglese; spiegazione di 
testi inglesi; esercizi filologici di inglese; 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CA1T. STRANIERE 


| Traduzione a prima vista di testi tedeschi; esercizî filologici di 
tedesco. 
Filosofia morale. 


L'esame di dottorato in filosofia e lettere comporta per le materie 
letterarie, i corsi e gli esami indicati qui appresso in ciascuna delle 
sotto indicate sezioni. 

Per il gruppo di storia vi hanno due sezioni: storia antica e 
moderna. 


I corsi e gli esami per la sezione di storia antica sono: 


Storia della letteratura greca e della letteratura latina. 

Storia della pedagogia ed esercizî didattici. 

Storia della filosofia antica. 

Critica storica e applicazione ad un periodo della storia antica. 
Enciclopedia della storia. 

Istituzioni greche ed epigrafia greca. 

Geografia. 

Storia della geografia. 

Istituzioni romane ed epigrafia latina. 


I corsi e gli esami per la sezione di storia moderna sono: 
Storia della pedagogia e metodologia con esercizî didattici. 
Storia della filosofia antica. 
Storia delle letterature moderne (germanica e romanza come corsi 
separati). 
Geografia. 
Storia della geografia. 
Istituzioni del Medio evo. 
Istituzioni dei tempi moderni. 
Archiveconomia. 
Critica storica ed applicazione a un periodo della storia moderna 
Enciclopedia della storia. 
Paleografia e diplomatica del medioevo. 
Nozioni pratiche delle scienze ausiliarie della storia. 


I corsi e gli esami per il gruppo di filologia classica sono: 
Storia della letteratura greca e della letteratura latina. 
Spiegazione approfondita di autori greci. 
Storia della pedagogia e metodologia con cesercizî didattici. 
Storia della filosofia antica. 
Istituzioni greche. 
Enciclopedia della filologia classica. 


F. AGOSTINO GEMELLI 


Spiegazione approfondita di autori latini. 

Grammatica comparata e specialmente grammatica comparata 
greca e latina. 

Elementi di paleografia greca. 

Istituzioni romane. 

Elementi di paleografia latina. 


I corsi e gli esami per il Gruppo di filologia romanza sono: 


Storia della pedagogia e metodologia con esercizî didattici. 

Grammatica storica del francese. 

Storia approfondita delle letterature romanze. 

Spiegazione approfondita di autori francesi. 

Grammatica comparata e specialmente grammatica comparata 
delle lingue romanze. | 

Spiegazione approfondita di autori latini. 

Storia delle letterature moderne (germaniche e romanze; corsi 
separati). 

Enciclopedia della filologia romanza. 

Lezioni pratiche di lingua spagnola e italiana. 

I corsi e gli esami per il gruppo di filologia germanica sono: 
Storia della pedagogia, metodologia ed esercizî didattici. 
Storia delle letterature moderne (parte germanica). 

Storia approfondita della letteratura tedesca. 

Spiegazione approfondita di autori tedeschi. 

Esercizî di fonetica. 

Storia delle letterature moderne (parte romanza). 

Grammatica storica dell’inglese. 

Spiegazione approfondita degli autori inglesi. 

Storia approfondita della letteratura inglese. 

Grammatica comparata e specialmente grammatica comparata 
delle lingue germaniche. 

Esercizî sulla grammatica comparata; il gotico. 

Grammatica storica del tedesco. 

Spiegazione approfondita di autori tedeschi. 

Grammatica storica del fiammingo. 

Enciclopedia della filologia germanica. 

Spiegazione approfondita di autori fiamminghi. 

Storia approfondita della letteratura fiamminga. 


Oltre a questi dottorati, che hanno valore legale, la Facolta di 
lettere e filosofia rilascia anche titoli aventi puramente valore ac- 
cademico. Essi sono i seguenti con i corsi segnati per ciascuno. 


Me 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


I. — Scienze morali e storiche: 


Candidatura: 
Primo anno: 

Metafisica e religione. 
Psicologia. 
Logica. 
Storia politica dell’antichità. 
Storia politica moderna. 
Esercizî di storia. 

. Secondo anno: 
Storia politica del medio evo. 
Storia politica interna del Belgio. 
Nozioni di storia contemporanea. 
Esercizî di storia. 
Filosofia morale. 
Diritto naturale. 


Licenza: 

Storia della Filosofia. 

Istituzioni del Medio Evo. 

Istituzioni dei tempi moderni. 

Archiveconomia. 

Enciclopedia della storia. 

Critica storica e applicazione a un periodo della storia. 

Paleografia e diplomatica. 

Archeologia cristiana. 

Nozioni pratiche di scienze ausiliarie della storia. 

Un corso a scelta tra storia ecclesiastica, storia dell'umanesimo 
belga, economia politica, diritto pubblico. 

Dottorato: Presentazione di una dissertazione stampata e difesa 
pubblica di 14 tesi annesse alla dissertazione. 


II. — Letterature romanze. Per questa licenza e relativi dotto- 
rati vi sono corsi ed esami speciali che non conosco. 


III. — Archeologia e storia dell’arte: 
Candidatura: 

Primo anno: 
Corso generale di storia dell’arte. 
Corso generale di filosofia dell’arte. 
Estetica e architettura religiosa. 
Storia approfondita dell’architettura. 
Lavori grafici relativi all'architettura. 


Aevum - Anno I - 2 


F. AGOSTINO GEMELLI 


Corso speciale di storia dell’arte antica. 
Esercizî di archeologia classica. 
Corso speciale di archeologia e storia dell’arte cristiana. 
FEsercizî di archeologia cristiana. 
Storia politica del medio evo. 
Storia politica dell'antichità. 
Traduzione a prima vista di un autore greco. 
Secondo anno: 
Storia approfondita dell’architettura. 
Architettura religiosa ed estetica. 
Lavori grafici relativi all'architettura. 
Corso speciale di storia dell’arte antica. 
Corso pratico di archeologia classica. 
Corso speciale di archeologia e storia dell’arte cristiana. 
Esercizî di storia antica, oppure: 
Esercizî di storia del Medio Evo o Moderna. 


Licenza: Storia approfondita dell’architettura. 

Storia della pittura in Belgio. 

Estetica ed architettura religiosa. 

Corso speciale di archeologia cristiana e storia dell’arte cristiana. 

Storia dell’architettura nel Belgio. 

Storia della scultura nel Belgio. 

Enciclopedia dell'archeologia cristiana. 

Enciclopedia dell'archeologia classica. 

Filosofia dell'arte. 

Storia dell’arte orientale. 

Epigrafia greca. 

Epigrafia latina. 

Paleografia greca. 

Paleografia e diplomatica del medio evo. 

Corso approfondito su una questione di archeologia o di storia 
dell’arte. 

Corso pratico di archeologia classica o di archeologia cristiana. 

Storia della musica. 


Dottorato: Presentazione di una dissertazione stampata e difesa 
pubblica di cinque tesi annesse alla dissertazione. 


IV. — Corst speciali di filo'ogia orientale e di linguistica e dut- 
forato in lingue orientali. 


Parte generale: Linguistica generale. 
Grammatica comparata delle lingue indoeuropee. 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


Storia religiosa dei popoli antichi. 

Storia dell’arte orientale. 

I» sezione speciale: Grammatica sanscrita. 

Rig-Véda: inni scelti. 

Filologia indiana. 

Lo Zendo e i pehlvi. i 

Il Zeroastrismo. . 
Grammatica armena. 

Mitologia indoeuropea. 

Greco neotestamentario. 


II> sezione speciale: Lingua e letteratura araba. 
Lingua e letteratura siriaca. 

Lingua ebraica. 

Corso di assiro. 

Corso elementare di lingua ebraica. 

Corso di lingua copta. 

Ì Geroglifici. 

Corso di lingua etiopica. 


Dottorato: colui che ha il diploma di candidato di filosofia e 
lettere o altro equivalente può conseguire questo dottorato 
presentando una dissertazione scritta e facendo un esame 
su tre lingue orientali a scelta, delle quali una posseduta 
a fondo. 


Nella Facoltà di lettere e filosofia vi sono poi corsi facoltativi 
numerosissimi e varianti di anno in anno. 

Una istituzione assai interessante sono i Cercles d’études. Citerò 
i principali: storia e letteratura greca e latina; filologia e lettera- 
tura fiamminga; archeologia classica; filologia romanza; lettera- 
tura francese; studî valloni; storia antica; seminario di storia: 
conferenze di storia dell’arte e di archeologia; linguistica e gram- 
matica comparata; storia fiamminga, ecc. 

Dal complesso si ricava che questa Facoltà è una grande Facoltà 
ricca di corsi variati e rispondente alle più varie esigenze. Possiamo 
dire: è un modello degno di imitazione. 


II. CANADÀ - 1. UxnivErsITÀ LAvaL. — Riesce difficile, 
a chi conosce solo la organizzazione della nostre Facoltà costituite 
secondo rigide e tradizionali norme, rendersi. conto dell’organiz- 
zazione delle Università americane ed inglesi. La efficacia dell’in- 
segnamento in codesti atenei è data da varî fatti: innanzi tutto vi 


F. AGOSTINO GEMELLI 


ha grande ricchezza di collegi nei quali sono ospitati gli studenti 
universitari. Codesti collegi sono affiliati a una data università e 
vivono sotto il controllo e la tutela di quella Università. Essi 
collaborano alla istruzione ed educazione degli studenti con proprî 
insegnanti e con proprî corsi di studio. Ma soprattutto la vitalità 
delle Università anglo-americane è data dal fatto che le Facoltà 
e Scuole non sono che corporazioni di istituti scientifici diversi 
riuniti da un legame comune, ma aventi ciascuno un ordinamento 
proprio, rispondente alle varie esigenze dello sviluppo delle scienze. 
A differenza delle nostre Università, legate dai ceppi di un'organizza- 
zione burocratica uniforme e rigida, le Università anglo-sassoni 
sono veri organismi autonomi che si sviluppano e si trasformano 
parallelamente allo sviluppo delle scienze; ciascuna realizza un 
proprio piano ideale ed ha proprî ordinamenti. In una parola la 
libertà è reale condizione di vita per quegli organismi. In terzo 
luogo ciascuna Università ha affiliati istituti e scuole medie e 
financo primarie; istituti e scuole controllati e protetti dalla Uni- 
versità dalla quale ricevono insegnanti, indirizzo di studio e pro- 
tezione; ancor più il nome, e la rinomanza dell’Università serve 
loro per arruolare allievi. Tutto questo premetto per concludere 
che è vano ricercare in coteste Università delle Facoltà di lettere 
costituite come le nostre. Ancor più; data la libertà della quale 
gode nell'America del Nord la scuola media non vi è una profes- 
sione di insegnante medio come da noi, ma piuttosto le Univer- 
sità mandano ad insegnar nei collegi e nelle scuole medie affiliate 
1 propri licenziati e i propri dottori. Insomma l'Università è una 
grande corporazione risultante di varie forze unite insieme. 

Tale è anche l'Università Laval a Quebec, una Università così 
fiorente che ha dato origine a un’altra università, quella di Montreal, 
della quale diremo appresso. 

La Università Laval, così chiamata dal suo fondatore Mgr. 
Laval, gode di ogni privilegio e conferisce titoli e diplomi aventi 
piceno valore legale. Essa, oltre le tre facoltà, di teologia, di diritto, 
e di medicina, ne ha una che si chiama delle arti, che comprende 
un grande numero di collegi afhliati, e nella quale si impartono inse- 
gnamenti disparati, letterarî, filosofici e scientifici, nella quale cioè, 
dice il regolamento, si hanno tutti gli insegnamenti che non ven- 
gono impartiti nelle altre Facoltà. Fatto non raro nelle Università 
Americane, questa Facoltà, per mezzo di filiazioni, provvede anche 
all'insegnamento primario oltre che al secondario. 

Per il passato, per ciò che riguarda l'insegnamento superiore, 
questa Facoltà non comprendeva che corsi pubblici, ossia corsi di 


— 20 — 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT, STRANIERE 


coltura generale che non conducevano all'acquisto di titoli 
aventi uno scopo professionale, e l'insegnamento delle lettere e delle 
scienze non serviva che a perfezionare gli insegnanti ecclesiastici 
dei numerosi collegi cattolici del paese; ma più recentemente l’Univer- 
sita ha inviato alcuni giovani a completare gli studî in Francia; dopo 
di allora la Università possiede una Facoltà di lettere nel nostro e 
comune senso dell'espressione. Tale è infatti la Scuola normale 
superiore che ha per scopo la formazione pedagogica, letteraria e 
scientifica degli insegnanti secondarî; essa comprende una sezione 
di lettere e una di scienze, le quali rilasciano il baccalaureato, la li- 
cenza e il dottorato. Gli studî stabiliti nella sezione di lettere con- 
ducono ai seguenti diplomi: 


I. Certificati di lingua e letteratura francese, latina, greca, 
inglese, tedesca, italiana e spagnola. 

2. Certificato di pedagogia. 

3. Licenza di lettere. 

4. Dottorato in lettere. 

5. Diploma di grammatica. 


Il certificato si consegue, dopo un anno di studî; si intende un 
anno almeno per ciascun certificato o lingua; la licenza in due anni; 
il dottorato viene dato ai licenziati che presentino una tesi stampata 
e discutano pubblicamente un certo numero di tesì connesse. Il di- 
ploma di grammatica è istituito per iniziare i nuovi professori dell’in- 
segnamento secondario al metodo di insegnamento; esso quindi ha 
un carattere nettamente pedagogico. 

Dall'elenco degli esami che i candidati debbono fare per la licenza 
sì scorge che i corsi di lettere di codesta università sono ben lungi 
dall’essere ciò che sono i nostri corsi Universitari, ossia non si ha quella 
varietà e quell’approfondimento di insegnamenti che abbiamo nei 
paesi europei. Qui si limitano a insegnare: lingua e letteratura fran- 
cese, lingua e letteratura latina, lingua e letteratura greca, pedagogia; 
lingue viventi. Io paragonerei questa scuola universitaria aì no- 
stri Istituti superiori di magistero, con la differenza che vi è ag- 
giunta, ciò che mi sembra cosa molto buona, una sezione di scienze. 

2. - UNIVERSITÀ DI MoxTREAL. — Ho già accennato che questa 
Università è filiazione della precedente; anzi dapprima era succursale 
della Università Laval dalla quale si staccò nel 1919 acquistando au- 
tonomia. Ha una Facoltà di lettere nata dalla scissione dell’antica 
Facoltà delle arti in Facoltà di lettere, Facoltà di filosofia e Facoltà 
di scienze pure. 

La Facoltà possiede i seguenti insegnamenti: storia dell’arte, 


- 2% -- 


F. AGOSTINO GEMELLI 


ha grande ricchezza di collegi nei quali sono ospitati gli studenti 
universitari. Codesti collegi sono affiliati a una data università e 
vivono sotto il controllo e la tutela di quella Università. Essi 
collaborano alla istruzione ed educazione degli studenti con proprî 
insegnanti e con propri corsi di studio. Ma soprattutto la vitalità 
delle Università anglo-americane è data dal fatto che le Facoltà 
e Scuole non sono che corporazioni di istituti scientifici diversi 
riuniti da un legame comune, ma aventi ciascuno un ordinamento 
proprio, rispondente alle varie esigenze dello sviluppo delle scienze. 
A differenza delle nostre Università, legate dai ceppi di un’organizza- 
zione burocratica uniforme e rigida, le Università anglo-sassoni 
sono veri organismi autonomi che si sviluppano e si trasformano 
parallelamente allo sviluppo delle scienze; ciascuna realizza un 
proprio piano ideale ed ha proprî ordinamenti. In una parola la 
libertà è reale condizione di vita per quegli organismi. In terzo 
luogo ciascuna Università ha affiliati istituti e scuole medie e 
financo primarie; istituti e scuole controllati e protetti dalla Uni- 
versità dalla quale ricevono insegnanti, indirizzo di studio e pro- 
tezione; ancor più il nome, e la rinomanza dell’Università serve 
loro per arruolare allievi. Tutto questo premetto per concludere 
che è vano ricercare in coteste Università delle Facoltà di lettere 
costituite come le nostre. Ancor più; data la libertà della quale 
gode nell'America del Nord la scuola media non vi è una profes- 
sione di insegnante medio come da noi, ma piuttosto le Univer- 
sita mandano ad insegnar nei collegi e nelle scuole medie affiliate 
i propri licenziati e i propri dottori. Insomma l’Università è una 
grande corporazione risultante di varie forze unite insieme. 

Tale è anche l’Università Laval a Quebec, una Università così 
fiorente che ha dato origine a un’altra università, quella di Montreal, 
della quale diremo appresso. 

La Università Laval, così chiamata dal suo fondatore Mgr. 
Laval, gode di ogni privilegio e conferisce titoli e diplomi aventi 
piceno valore legale. Essa, oltre le tre facoltà, di teologia, di diritto, 
e di medicina, ne ha una che si chiama delle arti, che comprende 
un grande numero di collegi affiliati, e nella quale si impartono inse- 
gnamenti disparati, letterarî, filosofici e scientifici, nella quale cioè, 
dice il regolamento, si hanno tutti gli insegnamenti che non ven- 
gono impartiti nelle altre Facoltà. Fatto non raro nelle Università 
Americane, questa Facoltà, per mezzo di filiazioni, provvede anche 
all'insegnamento primario oltre che al secondario. 

Per il passato, per ciò che riguarda l'insegnamento superiore, 
questa Facoltà non comprendeva che corsi pubblici, ossia corsi di 


- WE 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT, STRANIERE 


coltura generale che non conducevano all'acquisto di titoli 
aventi uno scopo professionale, e l'insegnamento delle lettere e delle 
scienze non serviva che a perfezionare gli insegnanti ecclesiastici 
dei numerosi collegi cattolici del paese; ma più recentemente l’Univer- 
sita ha inviato alcuni giovani a completare gli studî in Francia; dopo 
di allora la Università possiede una Facoltà di lettere nel nostro e 
comune senso dell’espressione. Tale è infatti la Scuola normale 
superiore che ha per scopo la formazione pedagogica, letteraria e 
scientifica degli insegnanti secondarî; essa comprende una sezione 
di lettere e una di scienze, le quali rilasciano il baccalaureato, la li- 
cenza e il dottorato. Gli studî stabiliti nella sezione di lettere con- 
ducono ai seguenti diplomi: 


I. Certificati di lingua e letteratura francese, latina, greca, 
inglese, tedesca, italiana e spagnola. 

2. Certificato di pedagogia. 

3. Licenza di lettere. 

4. Dottorato in lettere. 

5. Diploma di grammatica. 


Il certificato si consegue, dopo un anno di studî; si intende un 
anno almeno per ciascun certificato o lingua; la licenza in due anni; 
il dottorato viene dato ai licenziati che presentino una tesi stampata 
e discutano pubblicamente un certo numero di tesi connesse. Il di- 
ploma di grammatica è istituito per iniziare i nuovi professori dell’in- 
segnamento secondario al metodo di insegnamento; esso quindi ha 
un carattere nettamente pedagogico. 

Dall’elenco degli esami che i candidati debbono fare per la licenza 
sì scorge che i corsi di lettere di codesta università sono ben lungi 
dall’essere ciò che sono i nostri corsi Universitari, ossia non sì ha quella 
varietà e quell’approfondimento di insegnamenti che abbiamo nei 
paesi europei. Qui si limitano a insegnare: lingua e letteratura fran- 
cese, lingua e letteratura latina, lingua e letteratura greca, pedagogia; 
lingue viventi. Io paragonerei questa scuola universitaria ai no- 
stri Istituti superiori di magistero, con la differenza che vi è ag- 
giunta, ciò che mi sembra cosa molto buona, una sezione di scienze. 

2. - UNIVERSITÀ DI MONTREAL. — Ho già accennato che questa 
Università è filiazione della precedente; anzi dapprima era succursale 
della Università Laval dalla quale si staccò nel 1919 acquistando au- 
tonomia. Ha una Facoltà di lettere nata dalla scissione dell'antica 
Facoltà delle arti in Facoltà di lettere, Facoltà di filosofia e Facoltà 
di scienze pure. 

La Facoltà possiede i seguenti insegnamenti: storia dell’arte, 


ne Dc 


F. AGOSTINO GEMELLI 


storia del Canadà, storia generale, lingue moderne (tedesco, spagnolo, 
italiano (1)), letteratura inglesé, letteratura francese, letteratura 
canadese, letteratura greca, lingua greca, lingua latina, pedagogia 
(da notarsi: due corsi; nell’uno si insegna pedagogia per l’insegna- 
mento primario, nell’altro per l'insegnamento secondario), geografia 
canadese, geografia generale, storia dell’Acadia; cattedra Dantesca. 

La Facoltà, oltre i corsi regolari, ha anche corsi pubblici di 
letteratura, storia, pedagogia e corsi liberi di lingue. 

La Facoltà conferisce la licenza e il dottorato in lettere. Essa 
poi conferisce anche dei certificati e dei diplomi di letteratura 
francese e inglese, diplomi speciali a chi vuole dedicarsi all’insegna- 
mento di lingue moderne, certificati a coloro che hanno frequentato 
i corsi di pedagogia. A proposito di codesti corsi è da osservarsi 
che la commissione provinciale scolastica alla quale compete il go- 
verno dell’insegnamento, ha affidato all’Università di Montreal l’in- 
segnamento della pedagogia ai maestri delle scuole primarie e che 
la stessa Facoltà ha organizzato dei corsi in unione con la Facoltà 
di scienze, in modo da potere assolvere una funzione simile a quella 
delle Scuole normali superiori di Francia e da potere esercitare così 
una larga influenza sull’insegnamento primario e secondario. 

La licenza costituisce un titolo superiore; essa può essere di due 
specie: la licenza d'insegnamento (licentia docendi) dà diritto a inse- 
gnare nelle classi superiori dei collegi secondari, nelle scuole affi- 
liate, nelle accademie e anche da alcune cattedre universitarie, 
La licenza di coltura (a certificati) è un titolo accademico. Per ot- 
tenere ambedue queste licenze bisogna già avere il baccalaureato 
in lettere o in arti. 

Per il conseguimento della licentia docendi occorre avere preso 
due iscrizioni (una per anno) ai corsi regolari della Facoltà, aver 
studiate tutte le materie che durante il ciclo di due anni 
sono state oggetto dei corsi chiusi professati alla Università, 
aver seguito per due anni i corsi speciali della sezione scelta dal can- 
didato, aver superato l’esame di licenza. Questo esame è diverso a se- 
conda che si tratta delta licenza in lettere e grammatica o della licenza 
in storia e geografia. Il primo è costituito dai seguenti esami scritti: 
dissertazione letteraria, versioni greca e latina commentate, te- 
ma latino; e dai seguenti esami orali: greco, latino, francese (gram- 


(1) È da notare che la conoscenza del francese e dell’inglese è pre- 
supposta. È da notarsi ancora che queste Università canadesi hanno 
un carattere schiettamente francese, come lo prova il fatto che 
possono senz'altro essere nominati a una cattedra professori delle Uni- 
versità cattoliche francesi. 


ORDINAMENTO DELELE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT, STRANIERE 


matica, storia letteraria, autori), letteratura canadese e lin- 
gua moderna (storia letteraria, autori). Per il diploma di licen- 
za in geografia e storia vi sono esami scritti: dissertazione lette- 
raria, esposizione di storia e di geografia (generale o canadese), 
versione greca o latina; ed esami orali, costituiti da storia generale 
e canadese, geografia generale e canadese, una lingua moderna 
(storia letteraria, autori). 

I licenziati possono conseguire il titolo dottorale dopo aver 
consacrati almeno due anni alla preparazione di una tesi canadese 
o generale e dopo aver sostenuto in pubblico la discussione sopra di 
essa. È da notarsi che, per avere la licenza, bisogna, alla fine di ogni 
anno, fare un esame scritto e orale sulle materie della sezione prescel- 
ta e un esame orale sulle materie della sezione non prescelta; per 
presentarsi all'esame è obbligatorio aver frequentato almeno due terzi 
delle lezioni e aver fatto un certo numero di lavori. I caduti nell’e- 
same in più di due materie sono obbligati a ripetere tutto l’esame. 
Se il candidato non supera la seconda prova in autunno, è tenuto 
a ripetere l’anno. 


III. CILE. - UxiIveERSsITÀ CATTOLICA DI SANTIAGO. — Questa 
Università non ha ancora una Facoltà di lettere (1). Frattanto 
ed in preparazione, essa ha fondato dei corsi superiori di carattere 
letterario come: Curso superior de Historia literaria, Curso de Litera- 
tura Nacional, Curso superior de Historia Universal, Curso de 
Arte, Curso de Literatura General. 

Ma allo sviluppo di una vera Facolta si oppone la mancanza 
della libertà di insegnamento, onde l’Università Cattolica di Santia- 
go è costretta a limitarsi a un'azione collaterale di difesa del pen- 
siero cattclico e di formazione dei giovani cattolici. 


IV. FRANCIA. 1.- ISTITUTO CATTOLICO DI PARIGI. — La Facoltà 
di lettere dell'Istituto Cattolico di Parigi, fondata nel 1875, è stata 
poscia nel 1880 trasformata in « Écoles de hautes études littéraires » 
e poscia nel 19009 ricostituita nella sua forma primitiva. 

Conviene premettere che l’Istituto Cattolico di Parigi, come 
tutte le altre università cattoliche francesi, delle quali dirò tosto 
(Angers, Toulouse, Lille, Lyon), sì trovano in una stranissima e 
difficile situazione. La libertà di insegnamento, concessa nel 1875, 
e grazie alla quale furono fondate codeste cinque Università, venne 


(1) Come è naturale, ometto di trattare di quelle Università che 
non hanno Facoltà di lettere. 


N ga 


F. AGOSTINO GEMELLI e 


tosto tolta, o meglio siffattamente limitata, che codesti Istituti 
(ai quali tra l’altro è vietato dalla legge di chiamarsi Università), 
non possono far altro che preparare i giovani a conseguire i titoli 
mediante esami che si danno nelle Università dello Stato. Ciò avviene 
perchè gli studenti dell'Istituto Cattolico di Parigi, come delle altre Uni- 
versità libere, dopo aver seguito i corsi presso queste, possono presen- 
tarsi alle Università dello Stato e conseguirvi i diplomi sostenendo 
gli esami nelle materie che in quella Università sono insegnate. 
Per ciò i giovani che sono iscritti alla Facoltà di lettere dell’Isti- 
tuto Cattolico, vengono da questa preparati all’esame di licenza. 
Debbono poscia presentarsi a tali esami in una Università di 
Stato (1). Essi poi, consecutivamente sono nell'Istituto Cattolico 
guidati nella preparazione dei lavori o delle tesi che sono da essi 
presentati alle Facoltà dello Stato per il conseguimento del titolo 
dottorale. 

Quanto ai titoli che in questo modo si possono conseguire, 
è da ricordare che in Francia il giovane fornito di baccalaureato può, 
dopo un biennio di studì, conseguire la licenza; la quale può essere 
di due specie (per le lettere) e cioè licenza generale o libera, che si 
può prendere o in storia e geografia o in letterature classiche o in 
lingue viventi, ovvero licenza di insegnamento, che può essere o in 
filosofia o in lettere classiche o in lingue straniere. Il giovane fornito 
‘ di licenza può conseguire il dottorato presentando una tesi e dimo- 
strando di avere frequentati determinati corsi speciali riferentesi 
al ramo scelto. Inoltre la Sorbona rilascia dei diplomi speciali supe- 
riori di lettere. Naturalmente la maggioranza dei giovani si accon- 
tenta della licenza che abilita all'insegnamento medio c pochissi- 
mi conseguono il dottorato, che apre la via dell’insegnamento supe- 
riore. 

Questo monopolio dello Stato a conferire titoli e lauree 


(1) Ai giovani è permesso scegliere la Facoltà ufficiale dinnanzi 
alla quale essi intendono presentarsi. Gli studenti iscritti all'Istituto 
cattolico sono tenuti a notificare la loro scelta avanti la fine dell’ultimo 
semestre. Le Facoltà dell'Istituto Cattolico però danno loro il permesso 
di presentarsi agli esami nelle Facoltà statali solo quando essi hanno su- 
bito e superate uguali prove da farsi nell’Istituto cattolico. Naturalmen- 
te con ciò le Facoltà cattoliche non rinunciano a dare una laurea dot- 
torale; possono conferire in nome della Santa Sede lauree dottorali, ma 
che hanno solo valore accademico. I giovani che vogliono conseguire 
codeste lauree debbono comporre, far stampare e sostenere una tesì 
che su un determinato punto contribuisca al progresso della scienza 
nell'ordine filosofico, storia e geografia, lingue classiche, lingue e lette- 
tature straniere viventi. 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT, STRANIERE 


toglie alle Università cattoliche francesi la loro efficacia e le pone 
in una dolorosa situazione di inferiorità. Ad onta di ciò, tanta èla 
vitalità culturale di quel paese, che molti giovani frequentano queste 
Facoltà e da esse escono ogni anno giovani saldamente formati 
che affrontano con alta percentuale di successo gli esami nelle 
Facoltà di Stato. Soprattutto le vecchie famiglie conservatrici fran- 
cesi, nelle quali la fedeltà alla religione cattolica è tradizionale, 
amano mandare alle Università cattoliche i loro figli per avervi 
una buona educazione cattolica. Inoltre codeste Università sono 
focolai di intensa produzione cattolica nel campo delle lettere e 
delle scienze; a questi istituti infatti si deve la meravigliosa pro- 
duzione religiosa francese del secolo scorso e attuale nel campo 
delle scienze religiose, della filosofia e delle lettere. È a tutti noto 
che a Lilla e a Parigi sono passati come insegnanti molti fra 
i più eminenti uomini della Francia contemporanea. 

È bene rilevare una curiosa contraddizione. Coteste Univer- 
sità, che non possono rilasciare titoli aventi valore In Francia, ri- 
lasciano titoli che hanno valore in altri paesi; ad esempio il Ca- 
nada, la Polonia (1). 

Ancora, sia a riguardo dell'Istituto Cattolico di Parigi che degli 
altri istituti cattolici francesi, è bene ricordare che una recente di- 
sposizione legislativa (1920), attuata però solo nel 1922-23, ha rifor- 
mato totalmente il conferimento della licenza. 

Come si è già detto, la licenza è di due specie: comune o di 
insegnamento. La licenza comune è conferita ad ogni studente 
che ha ottenuto un piccolo numero di certificati scolastici. La li- 
cenza di insegnamento è conferita a chiunque ha un diploma che 
dimostra che il candidato ha conseguito uno dei seguenti gruppi di 
certificati: 

Filosofia: storia della filosofia, psicologia, filosofia generale 
e logica, morale e sociologia; 

Lettere: studî greci, studî latini, letteratura francese, gramma- 
tica e filologia; 

Storia: storia antica, storia del medio-evo, storia moderna 
e contemporanea, geografia. 

Lingue viventi: studî letterarî classici, letterature straniere, 
filologia, studî pratici di insegnamento. 


(1) La Francia ha un’altra Università cattolica, a Beyrout in Siria, 
la quale rilascia titoli e diplomi riconosciuti dallo Stato. Celebre è la 
Facoltà di Medicina dell’Università Beyrout; ad essa però non si pos- 
sono iscrivere che gli Orientali o gli Europei nati in Oriente e la cui 
famiglia è definitivamente fissata in Oriente. 


MRO e 


F. AGOSTINO GEMELLI 


Lo studente dunque che è fornito del baccalaureato deve iscri- 
versi per quattro semestri in una università, o in quelle delle Stato 
ovvero in quelle libere, viene munito del « livret universitaire » che 
attesta l'iscrizione; dopo di che deve presentarsi all’Università 
di Stato per conseguire i certificati di studio che sono necessarî per 
presentarsi alla licenza, licenza che conseguirà pure ad una Uni- 
versità di Stato; avuta la licenza, dopo un biennio, può presentarsi 
al dottorato. 

Vediamo l’organizzazione della Facoltà di lettere dell’Istitu- 
to Cattolico di Parigi. Essa è divisa in tre sezioni: Storia e geografia, 
Lingue e letterature classiche, Lingue e letterature viventi. 


I. — Gli insegnamenti della prima sezione: storia e geografia sono: 


Storia antica dei popoli dell’oriente. 
Storia greca e storia romana. 
Storia del medio evo. 

Storia moderna. 

Storia contemporanea. 

Storia della rivoluzione francese. 
Geografia. 

Istituzioni francesi. 

Istituzioni greche e romane. 
Scienze ausiliarie della storia. 
Epigrafia latina. 

Correzione dei lavori pratici degli studenti. 


2. — Gli insegnamenti della sezione lingue e letterature classiche sono: 


Letteratura francese. 

Spiegazione degli autori francesi. 

Letteratura latina. 

Letteratura greca. 

Grammatica greca e grammatica latina. 
Filologia classica. 

Metrica greca e latina. 

Fonetica sperimentale e scienza del linguaggio. 
Storia della lingua francese. 

Lingua latina. 

Lingua greca. 

Istituzioni greche e romane. 

Correzione dei lavori pratici degli studenti. 


3. — Gli insegnamenti della sezione lingue e letterature viventi, sono: 


Letteratura francese. 


26 — 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


Fonetica sperimentale e scienza del linguaggio. 
Lingua inglese. 

Lingua tedesca. 

Lingua spagnola. 

Correzione dei lavori pratici degli studenti. 


È interessante notare che in questa Facoltà si ha l’uso della 
correzione dei lavori. Ogni studente, che intende conseguire i certi- 
ficati di studio necessarî per essere ammesso alla licenza, deve pre- 
sentare ogni anno un certo numero di lavori per la correzione. I 
lavori vengono corretti in classe. 

Inoltre lo studente per la licenza deve fare duc esami: uno alla 
fine del primo anno e l’altro alla fine del secondo. Questo esame 
comprende prove scritte e orali. Le prove sono sulle materie fonda- 
mentali della sezione alla quale il candidato appartiene, ma il can- 
didato è tenuto anche a prove complementari, tra le quali è interes- 
sante osservare che vi è sempre una prova pedagogica. 

È bene ricordare una misura interessante. Gli studenti che deb- 
bono fare la licenza, sono convocati due volte l’anno per fare nelle 
stesse condizioni che all'esame le diverse prove scritte fissate dal 
programma di Stato. Queste prove richiedono una settimana, du- 
rante la quale le lezioni sono sospese. Esse sono obbligatorie per tutti 
gli studenti che si presentano alla licenza. 

La Facoltà conferisce oltre i certificati di iscrizione e di fre- 
quenza necessarî per presentarsi alla licenza dello Stato anche i 
seguenti titoli: 


I) certificati di studio, che, per ciascuna materia, sono dati 
dopo un anno di studî a chi ha superato il relativo esame; 

2) diplomi di insegnamento superiore che danno il diritto di 
chiamarsi diplomati della Facoltà di lettere dell'Istituto Cattolico di 
Parigi (aventi solo un valore accademico); 

3) il titolo dottorale (avente solo valore accademico). 


Deve anche essere ricordato che in questo Istituto alla Iacoltit 
di lettere è annessa una Scuola libera di lingue orientali. 
Questa scuola conferisce: 

1) diplomi di lingue semitiche: un diploma di primo grado 
per tre lingue: ebraica e due altre a scelta del candidato; un diploma 
di secondo grado, o superiore, per cinque lingue: ebraica, siriaca, as- 
sira, araba, etiopica. 

I corsi per ciascun diploma durano due anni e, alla fine di ciascun 
anno, vi è un esame scritto ed uno orale sulla grammatica e sui testi. 


0 


F. AGOSTINO GEMELLI 


Coloro che aspirano al diploma superiore debbono provare anche la 
loro cultura sulla storia dell’oriente. | 
2) diplomi di filologia egiziana e cioè: di primo grado per 
l’Egitto antico e per il Copto; di secondo grado, per il quale si ag- 
giunge alla sopradetta lingua, il demotico. 
Ciascuno dei corsi è della durata di due anni. 


2. Istituto CATTOLICO DI LiLLa. — In questa Università si 
ha l'ordinamento degli studî che è richiesto dalle disposizioni della leg- 
ge francese sulla istruzione superiore che ho dianzi accennato. La 
Facoltà di lettere di questa Università ha però attuata per quanto 
riguarda gli studî classici una modificazione che ha non piccola 
importanza: essa cioè per porre un argine alla precoce spe- 
cializzazione degli studenti e per prevenire il pericolo che si 
abbassi la coltura classica mediante lo spezzettamento soverchio 
della licenza in certificati diversi, obbliga lo studente, durante un 
anno, ad occuparsi degli studi classici che sono indivisibili, e a ri- 
mandare ad un secondo anno la specializzazione e la preparazione 
immediata ai differenti certificati di licenza. Gli studî strettamente 
classici richiesti dalla preparazione per questo certificato rendono 
lo spirito più atto ad acquistare quella coltura speciale che è propria 
di ciascun certificato. Preparando il certificato di studî superiori 
classici, il giovane si assicura il mezzo per ottenere la competenza 
necessaria ad un buon professore dell’insegnamento secondario. 

Presso questa Università, si hanno quattro specie di corsi di 
studî: 


I) quelli che preparano alla licenza (in conformità alla nuova 
disposizione legislativa esposta più sopra a proposito dell'Istituto 
Cattolico di Parigi); 

2) certificati di studî superiori classici (dianzi accennato); 

3) certificato di studî superiori francesi; 

4) corsi complementari. 


I corsi per il conseguimento dei certificati di licenza sono: 


Filosofia e storia della filosofia. 
Lingua e letteratura francese. 
Lingua e letteratura latina. 
Lingua e letteratura greca. 
Filologia e grammatica comparata. 
lingua e letteratura inglese. 
Lingua e letteratura tedesca. 
Storia antica. 


28 _- 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


Storia del Medio Evo. 

Storia moderna e contemporanea. 
Paleografia. 

Geografia. 

Storia dell'Arte. 


I corsi per il certificato di studi superiori classici sono i seguenti: 


Letteratura francese. 

Spiegazione di autori francesi classici ed esercizî di compo- 
sizione francese. 

Letteratura latina. 

Spiegazione di autori latini ed esercizi latini. 

Letteratura greca. ; | 

Spiegazione di autori greci ed esercizî greci. 

Letterature straniere. 

Lingue viventi (inglese, tedesco). 

Filosofia. 

Istituzioni greche e romane. 


Gli insegnamenti per il certificato di studî superiori francesi sono: 


Letteratura francese. 

Spiegazione di autori francesi é esercizî di composizione. 

Un corso a scelta tra i corsi della Facoltà di filosofia. 

Un corso a scelta fra quelli di storia enumerati nell’ordine 
precedente. 

Un corso a scelta di storia moderna. 

Un corso a scelta di geografia. 

Un corso a scelta di lingue viventi (inglese; tedesco). 

Fra i corsi complementari la Facoltà ha la storia dell’arte 
cristiana. 


Le prove di esame per il conseguimento del certificato di studî 
superiori sono le seguenti: 

Composizione di una memoria scritta su una questione che si 
riferisce a uno degli insegnamenti della Facoltà (filosofia o storia del- 
la filosofia, lingue e letterature classiche, storia antica, del medio evo 
o moderna e geografia, lingue viventi e letterature straniere). Discus- 
sione orale di questa tesi. Spiegazione approfondita di un testo scelto 
dal candidato e approvato dalla Facoltà e interrogazioni su una o 
più questioni indicate dalla Facoltà e riferentesi all’insegnamento 
che è oggetto del diploma. 

Per il dottorato (che, come si è detto, ha anch‘esso solo un va- 
lore accademico) i candidati debbono comporre e presentare a stampa 


i 


F. AGOSTINO GEMELLI 


una tesi che contribuisca al progresso del sapere in filosofia, o in 
letteratura, o in filologia (lingue e letterature classiche; lingue e 
letterature francesi o straniere,) o in storia o geografia. Il diploma di 
laurea fa menzione della materia nella quale è stato conseguito. 
Inoltre il candidato deve discutere una tesi nella stessa materia, 
scelta d’accordo con la Facoltà. Per conseguire la laurea dottorale, 
prima dei 25 anni, occorre avere la licenza o un titolo straniero 
equivalente; dopo quella età il candidato sprovvisto di licenza può 
sottoporsi a un esame di coltura generale. 


3. -- IstITuTO CATTOLICO DI LioNE. — Vale per l’organizzazione 
di questa facoltà, ciò che già si è detto per l’organizzazione di quella 
di Parigi e di Lilla. La Facoltà di lettere dell'Istituto di Lione 
è stata fondata nel 1877 e si è venuta a mano a mano sviluppando. 
Vi sì preparano i giovani alla licenza in lettere, e in storia; i corsi 
che vi sono organizzati sono i seguenti: 


Filosofia. 

Letteratura francese. 
Letteratura latina. 
Letteratura greca. 
Letteratura comparata. 
Filologia comparata. 
Filologia romanza. 
Storia. 

Geografia. 

Inglese. 

Tedesco. 


LI 


4. ISTITUTO CATTOLICO DELL’OvEST (Angers). — L'insegnamento 
impartito in questa Facoltà comprende corsi e conferenze sulle 
seguenti materie: 


Lingua e letteratura francese. 

Lingua e letteratura latina. 

Lingua e letteratura greca. 

Lingue e letterature straniere viventi (tedesco e inglese). 
(Grammatica comparata del greco, del latino e del francese. 
Filosofia e storia della filosofia. 

Storia moderna ec contemporanea. 

Storia del Medio Evo. 

Storia antica (istituzioni greche e romane). 

Storia delle provincie dell'Ovest. 

Geografia. 


e 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


Le conferenze hanno per oggetto lo studio e la spiegazione 
di autori inseriti nei programmi ufficiali per la licenza. In tali con- 
ferenze si fa anche la correzione dei compiti scritti. Queste con- 
ferenze hanno lo scopo di formare i giovani nel lavoro personale; 
in una parola corrispondono ai nostri seminari. 

In conformità a quanto sopra è stato detto e cioè al fatto che 
la nuova legge sulla licenza stabilisce un nuovo ordinamento per il 
conseguimento di essa ad Angers è stato organizzato un corso di 
studî per la preparazione alla licenza ordinaria; essa, come si è detto 
più sopra, si conferisce a chi ha conseguito quattro certificati di 
studio scelti a volontà dal candidato; la licenza di insegnamento si 
rilascia a chi ha conseguito uno dei quattro certificati di filosofia, di 
lettere, di storia e di lingue viventi; in vista di ciò l'ordinamento 
degli studî per il conseguimento di questo certificato è il seguente: 


Filosofia: 

Storia generale della filosofia. 

Logica e filosofia generale. 

Psicologia. 

Morale e sociologia. 
Lettere: 

Studî greci. 

Studi latini. 

Letteratura francese. 

Grammatica e filologia. 


Storia: 

Storia antica. 

Storia moderna e contemporanea. 
Storia del Medio Evo. 

Geografia. 

Lingue viventi: 

Studî letterarì classici. 

Filologia. 

Letterature straniere. 

Studî pratici. 


La durata degli studî per il conseguimento della licenza non può 
essere inferiore a due anni. Per avere la licenza occorre il baccalau- 
reato. 


5. ISTITUTO CATTOLICO DI ToLosa. — L'andamento di questa 
Facoltà di lettere è eguale a quella delle altre Facoltà degli istituti 


i e 


F. AGOSTINO GEMELLI 


‘cattolici francesi. Le materie che vi si insegnano sono le se- 
guenti: 


Letteratura greca. 

Letteratura latina. 

letteratura francese. 

Letteratura cristiana antica. 

Storia. 

Paleografia 

Esercizî pratici di critica. 

Filosofia (è da notare che vi è una Facoltà di filosofia a parte). 
Lingue viventi (tedesco, inglese, spagnolo). 


V. GIAPPONE. — Una Facoltà di lettere fa parte della Uni- 
versità della Sapienza (Jochi Daigaku) fondata nel 1913 dal Cardinale 
O. Connel e dai Padri Gesuiti a Tokyo. Con le Università di Tokyo 
e Kyoto, fondate dagli americani, sono le tre sole università frequenta- 
te da stranieri. Sfortunatamente la Università della Sapienza non ha 
ancora un pubblico riconoscimento. Per concederlo, il governo 
esige che la università dimostri di avere un capitale di 500.000 
Yen depositati presso una banca Giapponese; i capitali già raccolti 
sono andati perduti specie per causa del terremoto. Questa Univer- 
sità è però frequentata da un certo numero di studenti. Non ho 
notizie sulla sua organizzazione scientifica. 


VI. ISOLE FILIPPINE. —- REAL v PONTIFICAL UNIVERSI- 
DAD DE SANTO ToMas DI MANILA. — Questa grande Università fu 
fondata nel 1611 dai PP. Domenicani, che ancora ne tengono la di- 
rezione; essa fu elevata a Università nel 1645 da Papa Innocenzo X; 
ebbe durante la dominazione spagnola gli stessi privilegi legali che 
avevano le Università statali spagnole. Il Governo degli Stati Uniti 
d'America l’ha sottoposta alla legge comune americana, per la quale 
lo Stato lascia completamente libero l’insegnamento superiore. 
In vista delle professioni le Facoltà di legge, di ingegneria, 
di medicina e di farmacia hanno uno speciale riconoscimento, grazie 
al quale gli studenti di queste Facoltà possono presentarsi alle com- 
missioni per l'esercizio professionale. L'insegnamento medio essendo 
totalmente libero, i diplomati di questa Facoltà di lettere non hanno 
bisogno di alcun speciale controllo o esame per potere insegnare. 

La Facoltà di lettere è stata fondata nel 1896. Per essere 
ammessi ad essa lo studente deve possedere il diploma delle High 
Schools, o un suo equivalente rilasciato da scuole a ciò autorizzate 


MER TA 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


dallo Stato. I diplomi rilasciati dalla Università sono il bacca- 
laureato, la licenza, il dottorato. 

Per ottenere il baccalaureato, il giovane segue per quattro anni 
i seguenti corsi, superandone i relativi esami, in mancanza di che è 
tenuto alla ripetizione dell’anno. 

I. anno: I semestre: inglese, spagnolo, filosofia, scienze politi- 
che, letteratura generale. 

II. semestre: Inglese, spagnolo e il resto come nel primo se- 
mestre. 

II. anno: per ambedue i semestri: Inglese, spagnolo, filosofia, 
storia moderna, letteratura classica. 

III. anno: per ambedue i semestri: Letterature neolatine, la- 
tino, storia antica, filosofia, storia delle Filippine, quest’ultima ma- 
teria e la prima solo per il primo semestie, mentre per il secondo 
semestre storia del Far West e letteratura anglo-sassone. 

IV. anno: Storia critica della filosofia, filosofia, greco, letteratura 
inglese, storia medioevale. Nel secondo semestre, invece della let- 
teratura inglese, letteratura americana. 

Conseguito il titolo di baccalaureato in filosofia e lettere, dopo 
un altro anno di studî, il giovane può conseguire la licenza 
seguendo i corsi di: Letteratura spagnola, Sociologia, corso generale 
di Filosofia, Giornalismo, Storia dei trattati, Letteratura romanza, 
Corso generale di letteratura. 

Ottenuta la licenza, lo studente può avere il dottorato mediante 
la presentazione e la discussione di una tesi. 


VII. OLANDA. - L’ UNniversITÀ CATTOLICA CARLO Magno è 
stata fondata in Nijmegen nel 1923 in virtù della nuova legge sull’in- 
segnamento superiore. Questa università gode di una situazione parti- 
colarmente felice creata da questa legge. Infatti in Olanda le Univer- 
sità libere hanno, accanto alle Università di Stato, una posizione di 
perfetta uguaglianza di diritti. I diplomi e le lauree rilasciate da esse 
hanno un valore giuridico eguale; un Esame di Stato è richiesto solo 
per alcune professioni. Le condizioni alle quali è permesso la fonda- 
zione di una Università sono queste: 1) che comprenda almeno tre 
Facoltà e che entro venticinque anni abbia anche quella di medicina; 
2) che i professori siano laureati da una università olandese e che la 
nomina fatta dalla Università stessa sia approvata dallo Stato. Non 
esiste alcun concorso pubblico per la nomina dei professori; la 
lista di coloro, fra i quali deve essere scelto colui che ha da essere 
nominato, è preparata dalla Facoltà. È da osservarsi che i cattolici 
Olandesi ritengono che fra qualche tempo essi avranno la parte 


299 


Aevum - Anno I - 3 


F. AGOSTINO GEMELLI 


finanziaria, ossia che ben presto anche le Università libere riceveran- 
no dallo Stato sussidî proporzionali al numero degli studenti promossi. 
La Università di Nijmegen ha un'ottima organizzazione dovuta 
al suo primo rettore, il prof. Schrijnen. 
La Facoltà di lettere e filosofia rilascia lauree dottorali nelle 
seguenti sezioni: 


Filologia e letteratura classica. 
Filologia e letteratura olandese. 
Filologia e letteratura romanza. 
Filologia e letteratura germanica. 
Filologia e letteratura semitica. 
Storia. 

Storia de l’arte e archeologia. 
Linguistica generale. 

Linguistica comparata indogermanica. 
Filosofia. 


Gli insegnamenti della Facoltà sono divisi in due gruppi: quello 
della sezione di filosofia e pedagogia e quello della sezione lettere e 
storia. I corsi di quest’ultima sezione, che solo ci interessa, sono i 
seguenti: 

Interpretazione di autori greci e latini. 

Storia della filologia greca e latina. 

Letteratura greca e latina: innologia. 

Latino volgare; latino patristico. 

Storia politica dell'antichità (con speciale riguardo alla gre- 
cità e alla latinità). | 

Istituzioni greche ec romane. 

Archeologia greca e romana. 

Linguistica gencrale. 

Linguistica comparata indogermanica. 

Letteratura e filologia olandese. 

Gotico e altre lingue germaniche. 

Letteratura e filologia francese. 

Letteratura e filologia dell’Alto Tedesco. 

Letteratura e filologia del Basso Tedesco. 

Letteratura e filologia inglese. 

Letteratura ce filologia celtica. 

Sanscrito e storia della civiltà dell'India. 

Letteratura c filologia semitica (ebraico, arabo, ecc.). 

Storia della cultura araba ed ebraica. 

Filosofia della storia. 


= Que 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


Storia medioevale e moderna dell'Olanda. 
Paleografia e diplomatica. 

Storia dell’arte ed estetica. 

Etnologia olandese. 

Storia della mistica olandese. 


Inoltre gli studenti possono frequentare corsi di altre facoltà; 
ad esempio è interessante notare che a colui che fa il dottorato in 
filologia classica si richiede un approfondito esame della storia delle 
religioni del mondo antico, specialmente greco e romano. Questo 
corso appartiene alla Facoltà di teologia. | 

È interessante ancora notare che anche la Università di Nijme- 
gen ha la tradizionale organizzazione dei gradi: ossia licenza 
e dottorato. 


VIII. —- STATI UNITI D'AMERICA. — L'America, grazie 
alla sua legge di piena e assoluta liberta di insegnamento, ha visto 
fiorire numerose le Università e i Collegi Universitarî. Fra questi 
sono numerosi certi Istituti, chiamati per lo più Università, ma che 
non sono che collegi universitari, che in parte si valgono anche degli 
insegnamenti di altre Università ma che soprattutto con propri in- 
segnamenti preparano i giovani all'esercizio delle professioni libere. 
Per lo più sono retti da Congregazioni religiose, hanno una numerosa 
popolazione scolastica ed esercitano una enorme influenza sulla 
coltura del loro paese. Ricordo i principali fra questi Istituti: 
Chreigton Universitv (Omaha, Nebraska), University of Davton 
(Dayton, Ohio), Paul University (Chicago, Illinois), University 
of Detroit (Detroit, Michigan), Duquesne University (Pittsburg, 
Pensilvania), Fordham University (New York Citv), Georgetown 
University (Washington D. C.), Gonzaga University, St. Louis Uni- 
versity (St. Louis, Missouri), University of Notre Dame (Notre Dame, 
Indiana), ecc. Quasi tutte queste Università hanno una scuola su- 
periore o Facoltà di lettere. 

La Università dei cattolici americani, nel senso pieno della 
parola, è la Catholic University of America di Washington D. C. 

Essa ha la sua sede in Washington D. C., fu fondata nel 1889 
con una lettera apostolica di Leone NIIT, è posta sotto la dipendenza 
dell'Episcopato cattolico degli Stati Uniti di America. Questa Uni- 
versità ha, secondo l’uso americano, affiliate molte istituzioni e tra que- 
ste anche scuole che preparano all'insegnamento secondario, ha una 
Summer School che serve soprattutto al personale insegnante delle 
scuole rette da congregazioni religiose, comprende una Facotà di 


F. AGOSTINO GEMELLI 


lettere fondata nel 1903; e una scuola di preparazione delle religio- 
se (Sister’'s College) all'insegnamento medio. 

La Università Cattolica d'America da i gradi accademici di 
baccalaureato, di Master of Letters (la licenza delle antiche univer- 
sità) e il dottorato. 

I baccalaureati sono di arti o di lettere. Il baccalaureato di arti 
si può fare con un corso di studî di quattro anni nel gruppo classico, 
o in quello storico, o nelle lingue moderne. Pure quattro anni dura 
il baccalaureato in lettere. Il baccalaureato non è però niente di 
più che un nostro liceo. 

Il grado di Master of Letters si concede a chi essendo già for- 
nito di baccalaureato o avendo sostenuto prove equivalenti, ha 
frequentato un determinato numero di corsi e superate le relative 
prove. Esso richiede due anni di studio. | 

Il dottorato richiede tre anni di studio dopo il baccalaureato, 
un numero minimo di iscrizioni e la discussione di una tesi 
stampata. | 

È da osservarsi che la filosofia è insegnata in una Facoltà a parte. 
La Facoltà di lettere è divisa in varie sezioni (o dipartimenti) che sono: 


Filologia comparata. 

Lingua e letteratura sanscrita. 

Lingue e letterature semitiche e dell'Egitto. 
Lingua e letteratura latina. 

Lingua e letteratura greca. 

Lingua e letteratura celtica. 

Lingua e letteratura inglese. 

Lingua e letteratura francese. 

Lingua e letteratura tedesca. 

Lingua e letteratura spagnola. 


Ciascuna sezione risulta di parecchi corsi, e ve ne sono di 
due specie, quelli per coloro che vogliono accedere ai gradi e quelli 
per coloro che desiderano solo una preparazione alle professioni e 
alla vita (untergraduates). 

I corsi di ciascuna sezione per l’anno 1926-27 (indico solo i 
graduati) sono i seguenti: 


A. — Filologia comparata: 


Linguistica generale. 

Principî generali di filologia comparata indocuropea. 
Fonetica generale. 

Grammatica comparata greca e latina. 


BIEN; ge 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


B. — Lingua e letteratura sanscrita: 


Sanscrito elementare. 
Grammatica e filologia. 


C. — Lingue e letterature semitiche: 


Ebreo, Aramaico, Siriaco, Arabo, Etiopico, Assiro-babilonese, 
Egiziano, Copto, Armeno: per ciascuna di queste lingue: 
grammatica e testi. Leggi delle Chiese ortodosse (tra 
l’altro la Letteratura legale della Chiesa Coptoarabica 
d'Egitto; lo studio filologico delle fonti arabiche del- 
l’Ecclesiaste). 


D. — Lingua e letteratura greca e latina: 


Greco: 
a) Corso generale: 
Composizione greca. 
Storia e letteratura greca. 
Scopo e metodo degli studìî classici. 
Esercitazioni speciali sopra un autore greco. 


b) Corso di greco profano: 

Letture e commenti sopra autori greci; si tratta di corsi 
numerosi e di genere vario, che toccano ogni sezione 
della letteratura; si aggiungono corsi di Epigrafia greca 
e di Dialetti greci. 

c) Corso di greco sacro: 

Lettura e commenti di autori greci cristiani, varî come 
sopra. 

Latino: 

a) Corso generale. 

Composizione latina. 

Storia e letteratura latina. 

Scopo e metodo degli studî classici. 

Esercitazioni speciali sopra un autore latino. 

b) Corso di latino profano: 

Letture e commenti sopra autori latini;  varî corsi come 
sopra; sì aggiungono corsi di Epigrafia latina e di Dia- 
letti italici. 

c) Corso di latino sacro: | 

Letture e commenti di autori latini cristiani; corsi varî 

come sopra; corso di letteratura cristiana. 


ERI pn 


P. AGOSTINO GEMELLI 


D. — Lingue e letterature celtiche: 
Lingua e testi dell'Irlanda antica. 
Lingue e testi irlandesi medioevali. 
Grammatica e testi gaelici. 
Lingua del Galles. 
Grammatica e testi bretoni. 
Grammatica comparata delle lingue celtiche. 


E. - Lingua e letteratura inglese: 
Sintassi inglese storica. 
Storia della forma del verso inglese. 
Storia della tecnica drammatica inglese. 
Grammatica e testi inglesi medioevali. 
La poesia di Cynewulf. 
Storia della letteratura inglese. 
Teoria della critica. 
Letteratura americana. 
Novellistica contemporanea. 
Relazioni dell’inglese e delle lettere slave; ecc. 


F. — Lingua e letteratura francese: 


Lingua, testi, grammatica, letteratura (questa sezione non è 
ancora completamente sviluppata). 


G. — Lingua e letteratura tedesca: 
Letteratura della lirica tedesca. 
Antica epica c romanzo. 
Elementi religiosi nella letteratura tedesca. 
Relazioni letterarie fra Inghilterra e Germania. 
Introduzione alla filologia tedesca. 
Antico alto Tedesco e Gotico. 


H. — Lingua e letteratura spagnola: 
Lingua. testi, grammatica, letteratura come per la sezione 
francese. 


IX. POLONIA. —- LA UNIvERSITÀ CATTOLICA DI LUBLINO è 
stata aperta dal 1919, dapprima come istituzione privata, quindi 
come Università che non ha alcun riconoscimento giuridico, ma lo 
Stato, ha, mano a mano, concesso che commissioni governative 
st rechino nelle singole Facoltà per assistere agli esami di diploma, 
in seguito di che anche i diplomi rilasciati da queste Facoltà han- 
no valore giuridico. Dal 1925 una siffatta commissione è stata 
concessa anche alla Facoltà di lettere. Questa si chiama: Facoltà di 


__ Ru 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT STRANIERE 


lettere e filosofia, e si divide in gruppi aventi ciascuno un proprio pia- 
no di studi: 


Gruppo filosofico. 

Gruppo di filologia classica. 
Gruppo storico. 

Gruppo polacco. 

Gruppo romanistico. 


La laurea può esser fatta in ciascuno di questi gruppi. 


X. SIRIA. — La Università CATTOLICA DI BEYROUT non ha 
una Facoltà di lettere. Come già ho detto più sopra, a questa 
Università non si possono iscrivere i francesi e quindi, mentre la 
Facoltà di medicina è fiorentissima, una Facoltà di lettere non a- 
vrebbe scopo. Vi sono dei corsi di lettere preparatorî di studî infe- 


LI 


riori. In essa lo studio della filosofia è unito con la teologia. 


XI. SPAGNA. — CoLEGIO DES ESTUDIOS SUPERIORES. — DEUSTO 
BiLBao. — La Spagna non ha libertà di insegnamento e quindi non 
ha Università Cattoliche nel senso preciso della parola. Essa però 
ha il Collegio sopracitato, nel quale si aveva anche una Facoltà di 
lettere che fu soppressa cinque anni or sono. 

Mi consta che nel REAL COLEGIO DES ESTUDIOS SUPERIORES 
DE MARIA CRISTINA A S. LorENZo (EscorIaL). si ha una Facoltà 
di lettere; ma deve essere ancora piccola cosa; infatti conta quattro 
professori e 10 studenti; non ho altra notizia. 


XII. SVIZZERA. - Università DI FRIBURGO. — La Università 
di Friburgo fondata nel 1889 non è, a tutto rigore, una Università 
Cattolica, essendo una Università di Stato; ma il carattere ufficiale 
del suo insegnamento ci permette di includerla fra le Università 
Cattoliche. 

Essa ha una Facoltà di lettere e filosofia. 

La Facoltà rilascia tre tipi di diplomi: certificati di attitudine 
all'insegnamento secondario; la licenza e il dottorato. I certificati 
di attitudine sono di grado inferiore (per le prime quattro classi 
del ginnasio) e superiore (per il ginnasio e il liceo). Per conseguire 
il primo occorre dimostrare di aver frequentato una qualsiasi Uni- 
versità per quattro semestri. Per il secondo la frequenza richiesta 
è di sei semestri. 


catia 


F. AGOSTINO GEMELLI 


Si è ammessi all'esame per il conseguimento di tale certificato 
nelle seguenti materie e per due gradi inferiore e superiore: 


Filosofia. 

Lingua ebraica. 

Lingua e letteratura greca. 
Lingua e letteratura latina. 
Lingua e letteratura francese. 
Lingua e letteratura italiana. 
Lingua e letteratura inglese. 
Lingua e letteratura tedesca. 
Storia. 

Geografia. 

Storia dell’arte. 

Scienza della musica. 


In filosofia, in lingua ebraica e storia dell’arte non si danno che 
diplomi di grado superiore. 

Gli. esami consistono in prove fatte a casa propria per le quali 
sono concessi tre mesi, in prove fatte sotto controllo e in prove orali. 

La licenza in lettere viene conferita a chi ha subito con successo 
gli esami per due dei sopraelencati gruppi di materie di grado supe- 
riore oppure per uno di grado superiore e due di grado inferiore; - 
il candidato deve inoltre subire un esame di pedagogia. 

La laurea viene conferita a chi ha seguito almeno per sei semestri 
in una università studî letterari e presenta una tesi scritta trattata 
in modo originale ; la tesi deve essere approvata dalla facoltà; la laurea 
viene conferita dopo la stampa della tesi. | 

Lo studente sceglie lui stesso le materie nella quale vuole essere 
esaminato, e il grado del certificato al conseguimento del quale con- 
corre. 

Le cattedre della Facoltà sono: 

Cosmologia e psicologia, etica, storia della filosofia moderna, 
pedagogia, egittologia e assiriologia, filologia classica e archeologia 
classica, lingua e letteratura latina, lingue e letterature romanze, 
letteratura francese, letteratura italiana, filologia germanica, lette- 
ratura tedesca moderna, lingua e letteratura inglese, storia della 
cultura e letteratura orientale, lingue e letterature slave, storia 
dell’arte, scienza della musica, storia della musica, palcografia ec 
diplomatica, storia dell'antichità, storia medioevale, storia generale 
del Medio Evo e dell’Evo Moderno, storia della Svizzera, storia. 
generale dell'antichità, storia moderna, storia moderna generale. 


PECg | | 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


XIII. BRASILE. —- Debbo ricordare la FACOLTÀ DI LET- 
TERE E FiLosoFiA DI S. Paoto, la quale è una dipendenza 
della Università belga di Lovanio; ma si deve trattare di una mo- 
desta scuola superiore, in quanto non comprende di materie lette- 
rarie che cattedre di filologia classica, greco e latino. Evidente- 
mente troppo poco perchè noi dobbiamo qui considerare. 


XIV. AUSTRIA. — È in preparazione la rinascita delle anti- 
che FACOLTÀ DELL'UNIVERSITÀ DI SALISBURGO, ma ancora nulla si 
sa in merito alla costituzione della Facoltà di lettere. 


Dovrei ora illustrare nei confronti con le Università Cattoliche 
straniere (1) l'ordinamento della Facoltà di lettere della Università 
Cattolica; preferisco però, a questo scopo, dedicare un articolo a sè 


(1) Tra le Università cattoliche italiane non dovrebbe essere di- 
menticata la antica e gloriosa Università Pontificia Gregoriana, che 
nella sua organizzazione odierna è stata ricostituita da Pio IX nel 
1873. quando, per la soppressione degli Ordini e delle Corporazioni re- 
liglose, venne soppresso pure l'antico Collegio Romano fondato nel 1578 
con lo scopo non solò d’istruire gli studenti della Compagnia di Gesù, 
ma anche di formare i giovani nella religione e nelle scienze. Lo ri- 
corda assai bene la lapide che campeggia ancora sul frontone del Col- 
legio Romano. 

La Università Gregoriana non ha una Facoltà di lettere; ma Pio 
NI, preoccupato del fatto della decadenza dello studio del latino e 
desideroso di procurare una soda formazione nella lingua latina specie 
al sacerdoti, fondò presso la Università Gregoriana una scuola superiore 
per lo studio del latino. Nei documenti di fondazione è detto che la 
scuola fu fondata precisamente per formare « per la Curia Romana, per 
le Cancellerie episcopali, e anche per gli Ordini religiosi e per le Con- 
gregazioni religiose uomini che possano stendere atti e decreti e scri- 
vere lettere in una lingua latina che faccia onore alla Chiesa nutrice 
delle belle lettere e delle arti ». 

A questa scuola sono ammessi laici e sacerdoti; il corso compren- 
de due anni di scuola dedicata totalmente ed esclusivamente al perfe- 
zionamento nell’uso del latino classico; il primo con esercizî orali e 
scritti intorno a materie comuni e ordinarie; il secondo con esercizi orali 
e scritti intorno a materie ecclesiastiche e moderne. 

Per il conseguimento del diploma si fanno quattro prove: 

1) rendere ragione oralmente in lingua latina degli scrittori clas- 
sici letti in scuola o privatamente; 

2) dissertazione in lingua latina scritta e orale di argomenti 
comuni; 

3) dissertazione scritta di cose sacre; 

4) traduzione in latino di passi di autori moderni in lingue 
viventi. 

Oltre il diploma ai benemeriti viene conferita una medaglia d’oro. 


sila 


F. AGOSTINO GEMELLI 


della nostra rivista; e questo faccio per aver agio e modo, in pari 
tempo, di esaminare comparativamente l'ordinamento delle altre 
Facoltà di lettere del nostro paese sulla base degli Statuti che 
per tutte le Università del Regno si stanno in questi giorni approvan- 
do in forma definitiva (1). Avrò allora occasione di esporre le 
mie vedute sulla organizzazione delle Facoltà di lettere in Italia e 
ciò che resta da fare perchè esse possano rispondere sempre meglio 
alle esigenze della ricerca scientifica e della preparazione dei gio- 
vani all'insegnamento medio. 

Frattanto conviene qui, dall'esame comparativo fatto dell’or- 
dinamento delle varie Facoltà di lettere nelle Università Cattoliche 
ricavare alcune osservazioni di carattere generale. 

Una premessa. Sarebbe opportuno da questa rapida esposi- 
zione dell'organizzazione delle Facoltà di lettere delle Università 
cattoliche trarre qualche considerazione sull’insegnamento delle 
lettere in queste Università. Tali considerazioni (dato che l’insegna- 
mento impartito in coteste Università certamente rispecchia le 
condizioni. dell’insegnamento delle lettere e della storia nei vari 
paesi) sarebbero certamente assai fruttuose. Come ad esempio 
non rilevare che in quasi tutte le Università sopra ricordate 
vi è l'insegnamento delle istituzioni del mondo greco e roma- 
no, mentre nelle Università italiane si tende a sostituire que- 
sto insegnamento con altri? Come’ non rilevare che in molte 
Università vi è l'insegnamento della fonetica sperimentale che 
da noi non è ancora ufficialmente insegnata? Come non rilevare che 
l'insegnamento della storia è per lo più impartito da tre cattedre: 
per la storia antica, medioevale e moderna? Come non rilevare che 
in quasi tutti i paesi vi ha l'insegnamento della storia nazionale 
separato dalla storia generale? 

Per varie considerazioni mi limito per ora a trattare il pro- 
blema della organizzazione degli studî Universitarî in generale; 
anche perchè un raffronto per essere fruttuoso dovrebbe essere 
fatto tenendo conto dell'ordinamento degli  studî nelle Facolta 
statali e nelle altre Facolta libere dei varî paesi e questo è com- 
pito troppi» complesso per esser fatto ora qui. 


(1) È noto che dopo la riforma Gentile (R. D. 30 settembre 1923 
n. 2102) alle Università furono dati Statuti approvati provvisoriamente 
con decreto ministeriale. Dopo la esperienza di due anni le Università 
hanno trasformato i propri statuti che furono esaminati dal Consiglio 
superiore della Pubblica Istruzione. Sino al momento in cuì scrivo nella 
Gazzetta Ufficiale del Regno è apparso solo lo Statuto della Università 
di Napoli. Vi è dunque tempo per fare il contronto tra di essi. 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE 


Dal punto di vista della organizzazione generale possono es- 
sere fatte le seguenti considerazioni: 

I. — Innanzi tutto una constatazione si presenta evidente. La 
dove vi è maggiore e più compiuta libertà, la Università libera mag- 
giormente fiorisce. 

In primo luogo, perchè Università non di Stato, come sono le 
Università cattoliche, abbiano a svilupparsi, è necessario che esse 
abbiano il diritto di conferire titoli aventi un valore giuridico. Muove 
a pietà il considerare, ad esempio, la condizione di Università come i 
cinque Istituti Cattolici di Francia che compiono sforzi inauditi, 
che hanno ottimi insegnanti, che hanno una buona e numerosa po- 
polazione scolastica, che danno una prova mirabile della loro attività 
scientifica e didattica, che hanno contribuito poderosamente alla 
coltura del loro paese, e che, per il fatto di essere loro negato di con- 
ferire titoli aventi valore giuridico, si vedono poste in una condizione 
di grave inferiorità in confronto con le Università dello Stato. La li- 
bertà limitata della quale godono, frustra miseramente gli sforzi 
dei loro promotori e soffoca la attività loro. Ci si volga invece al 
magnifico spettacolo dato dalle Università del Belgio, dell'Olanda, 
degli Stati Uniti d'America. Esse gareggiano onestamente con le altre 
Università del loro paese nell'educare la gioventù e nella produzione 
scientifica. Il risultato ottenuto è dimostrato dalla vigoria della vita 
loro, dalla ricchezza degli insegnamenti, dalla serietà degli ordina- 
menti, dalle loro pubblicazioni scientifiche. E nessuno si sogna in 
codesti paesi di pensare che esse siano un pericolo per la coltura 
del loro paese, come nessuno si sogna di recare loro danno o di at- 
tentare alla loro liberta. 

Ma un’altra libertà è necessaria alle Università per fiorire, ossia 
la libertà di organizzazione. Se una certa uniformità e un certo 
grado di fedeltà alla tradizione non nuoce, è però pur vero che le 
Università non statali debbono poter esercitare una lecita concor- 
renza con le Università statali sulla base della originalità dei propri 
ordinamenti. Questa legittima concorrenza stimola il progresso negli 
studi perchè il giovane che sceglie la Università libera lo deve poter 
fare per il vantaggio di trovarvi attuati più moderni e nuovi ordina- 
menti o almeno per la considerazione di trovarvi un ordinamento di 
studio che gli sembri assicurare un migliore risultato. Sarà suo il 
rischio; ma se l'esperimento riesce, esso giova a tutti. 

Queste due libertà, necessarie per la vita delle Università non sta- 
tali, debbono essere accompagnate e garantite dalla parità di diritti 
delle Università libere e di quelle dello Stato. Non voglio dire senz'al- 
tro che si debba arrivare a ciò che i cattolici e i protestanti Olandesi 


F. AGOSTINO GEMELLI 


mirano di ottenere e ritengono verrà tra breve concesso alle 
Università libere, e cioè che la Università libera debba ricevere 
dallo Stato sussidî in proporzione dei giovani da essa laureati, ma 
dico che, affinchè il giovane studente, nella scelta della Università 
che egli ritiene più adatta alla sua formazione e alla sua preparazio- 
ne alla vita, sia realmente, dico realmente, libero, è necessario che 
nell'iscriversi alla Università libera non sia trattenuto dal timore che 
la sua carriera scolastica venga danneggiata dal non iscriversi in 
una Università di Stato. 

E perchè questo non avvenga bisogna tornare alla concezione an- 
tica della vita universitaria. Un'Università era ed ha ancora da essere 
un organismo che ha in sè le fonti della propria vita e gli organi di- 
rettivi. L'Inghilterra e gli Stati Uniti di America hanno conservato, 
meglio di ogni altro paese, la fisionomia medioevale, ossia corporativa, 
all’Università, costituzione questa che garantiva quella completa 
autonomia che permette ad una Università di darsi quegli ordina- 
menti, di organizzare quei corsi, di istituire quelle scuole e quegli 
insegnamenti, di ricorrere a quelle garanzie della carriera scolasti- 
ca che essa ritiene più adatti al conseguimento dei piani che si 
prefigge; e nessuno negherà che la vizoria e la fecondità delle Uni- 
versità di codeste nazioni sia data soprattutto da questa caratte- 
ristica. i 

Si noti poi che queste considerazioni dimostrano che l’irrigidire 
la vita universitaria in un determinato stampo nuoce alla vita di 
essa. Deve esservi possibilita che nell'Università o accanto ad essa 
sorgano organismi minori che rispondano a nuovi bisogni, e ne esten- 
dano l'influenza culturale come: scuole, collegi, istituti, ecc. 
L'Università, anzichè essere un organismo concepito con  uni- 
formità burocratica in tutti i suoi elementi, deve essere piuttosto la 
riunione viva e corporativa di codeste scuole, istituti, collegi, tutti 
cooperanti con la propria vita al fine di dare al giovane il mezzo di 
conquistarsi una propria personalità, di formarsi una coltura ade- 
guata e di compiere studî in particolari campi, e di dare allo scien- 
ziato il modo di seguire quelle vie che i progressi continui della 
scienza esigono. In una parola allo sviluppo fecondo della vita uni- 
versitaria sono necessarie due libertà: 

a) libertà di insegnamento. Là dove vi sono forze capaci, 
esse facciano sorgere centri di coltura. I cattolici, in quasi tutti i 
paesi civili, sono in condizione di far sorgere codesti centri di col- 
tura. Bisogna dar loro modo di poter apportare alla coltura na- 
zionale il loro contributo; e questa via non può essere che quella 
della libertà di insegnamento. 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT, STRANIERE 


b) libertà di organizzazione. La Università, obbligata a ordi. 
narsi secondo uno stampo e a vivere secondo norme rigidamente 
inflessibili, ben presto intristisce, perchè non ha modo di svilupparsi. 
L'Università deve essere pienamente libera nell'ordinamento degli 
studî. 

II. — La rassegna da me fatta dimostra che alle libertà fonda- 
mentali ora qui illustrate è necessario che corrisponda, perchè gli 
studî fioriscano, la libertà dello studente. Parrà strana cosa che si deb- 
ba difendere questa libertà che le più grandi, le più antiche università 
conservano. In esse vige l’uso antico che lo studente universitario si 
formi il proprio ordine di studio a seconda degli scopi che si propone 
e delle esigenze che ha. Naturalmente questa libertà presuppone nelle 
Università ricchezza di cattedre e di insegnamenti, nel giovane 
maturità spirituale, nelle leggi dello Stato un certo grado di libertà 
sanzionata nelle leggi sull'esercizio professionale. 

III. — Nella maggioranza delle Università straniere è distinto, 
molto opportunamente, il titolo scientifico dal titolo professionale. 
Sono troppo diverse le qualità che si richiedono in chi ha bisogno del 
primo da ciò che si richiede in chi vuol conquistare il secondo, perchè 
si abbiano a mettere tutti gli uomini che frequentano una Università 
in una stessa via; se i migliori e i meno studiosi, quelli che mirano al- 
l'esercizio professionale e quelli che mirano alla vita scientifica, sono 
posti, grazie il minimo comun denominatore di un ugual titolo, 
nella condizione di mirare ad una stessa meta, si ottiene il livel- 
lamento nella mediocrità. 

Il titolo dottorale lia da essere invece conferito solo a chi ha rag- 
giunto quella maturità scientifica che gli permette di conquistare una 
propria personalità. Questa sarà rivelata da un lavoro realmente 
originale, ossia che contenga o difenda conclusioni nuove, presentato 
come tesi; la stampa obbligatoria della. tesi è sufficiente garanzia 
di onestà. L’accurata discussione delle conclusioni è un sufficiente 
accertamento della preparazione del candidato. La massa degli stu- 
denti non ha attitudini al lavoro scientifico originale e si deve ac- 
contentare di un titolo professionale. Questo può essere benissimo 
l'esame di Stato, al quale dà accesso la licenza. Quindi varî hanno 
da essere i gradi accademici rilasciati dalle Università: dottorato, 
licenza, e poi anche il baccalaureato. Si è detto e si ripete che, non 
obbligando tutti i giovani ad ottenere il dottorato, si abbassa il 
livello degli studî. A dimostrare l’infondatezza di questo ragiona- 
mento basti osservare che non è la massa degli studenti che tiene 
elevato 1l livello degli studî, bensî gli uomini forniti delle qualità 
indispensabili per il lavoro scientifico originale. 


sia 


F., AGOSTINO GEMELLI 


IV. — L'esame degli ordinamenti accademici delle varie 
Università Cattoliche straniere dimostra che è necessario abolire, 
dico abolire totalmente gli esami speciali. Spezzettando il sa- 
pere, il giovane mediocre riesce, con relativa facilità, mediante un 
certo numero di esami, ad arrivare fatalmente all’esame di lau- 
rea, che diventa una pura formalità; e vi riesce facilmente perchè, 
per lo spezzettamento del sapere, non vi è più necessità che il giovane 
dia prova della maturità del proprio ingegno, che riveli di aver ac- 
quistato una unità spirituale; gli basta un certo grado di memoria 
per dimostrare, volta per volta, che ha un certo numero di cognizioni. 
L'esame per gruppo introdotto dal Gentile nel nostro paese fu un ottimo 
rimedio in questa via; ma tuttisappiamo quale accoglienza ha avuto 
questa riforma da parte di professori e di studenti. Il solito vezzo di 
essere indulgenti e di scansare la fatica ha frustrate le speranze che so- 
pra l'esame di gruppo si erano poste. Bisogna avere dunque coraggio 
di andare più in là; romperla con una tradizione di pigrizia, essere 
inflessibili con i soliti procaccianti di favori, ed abolire tutti gli esami 
speciali, peste della vita universitaria. Il giovane si presenti alla fine 
degli studî all’esame di licenza e venga esaminato da una commissione 
costituita da tutti i professori dei quali ha seguito i corsi e le eserci- 
tazioni; per essere ammessi all’esame di licenza è titolo sufficiente 
dimostrare di avere avuto un certo numero di iscrizioni per un nu- 
mero congruo di semestri in qualsiasi Università italiana o straniera; 
l'esame di licenza sia un’esame di maturità intellettuale scientifica 
in cui sì badi anche a controllare se il giovane ha raggiunto il grado 
richiesto di coltura generale e speciale. Naturalmente un simile esa- 
me è più difficile e più faticoso per il giovane; richiede anche una 
maggiore capacità e maggiore fatica nel professore. E non è difficile 
comprendere come possano essere organizzate prove scritte, taluna an- 
che da farsi a casa, tal’altra da farsi dinnanzi alla commussione esami - 
natrice, e come possano essere organizzate le prove orali per essere serie, 
per dar modo di constatare la attitudine, la maturità e la coltura 
del candidato. Questo vale per l'esame di licenza che è un esame che 
apre la via alla professione ossia alla maggioranza degli studenti. 

Per coloro che aspirano al dottorato la elaborazione scientifica 
di una tesi originale svolta sotto il controllo e ta guida di un insegnan- 
te e la discussione pubblica di essa sono sufticienti garanzie, quando 
appunto l’esame di laurea lo si intende come la dimostrazione di una 
maturità che il candidato offre dando la prova di avere una per- 
sonalità scientifica propria. 

V.—- Un altro insegnamento si ricava dall'esame comparato 
dell'ordinamento delle varie Facoltà cattoliche. 


ut 


ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT., STRANIERE 


Lo studio della filosofia sta a disagio abbinato o, peggio ancora, 
unito con quello delle lettere, in un'unica Facoltà. La coltura che ha 
da avere il filosofo deve certamente essere anche letteraria, deve 
essere anche storica, ma non può essere solo letteraria e storica; 
essa deve essere bensì estesa anche alle scienze della natura, alle 
scienze psicologiche e alle scienze religiose. Per quello che riguarda 
il nostro paese abbinare o unire la filosofia con le lettere è stato 
il frutto di un'esigenza determinata dal fatto che si tratta di due 
ordini di studio che preparano ambedue all'insegnamento medio, 
ma l'abbinamento non giova nè al progresso degli studî filosofici 
nè alla preparazione dei giovani. Per altro verso è da evitare la 
concezione tedesca per la quale nelle Facoltà filosofiche si ha solo l'in- 
segnamento della scienza e della filosofia, errore questo opposto 
al primo e tale per la unilateralità della veduta alla quale si ispira. 
L'insegnamento della filosofia deve essere dato da una Facoltà 
autonoma, la quale si può servire e degli insegnamentî letterari e 
storici delle Facoltà di lettere e degli insegnamenti scientifici delle 
facoltà di scienze, ma da una Facoltà che sia realmente autonoma. 
Non facendo in questo modo, la filosofia diventa una povera Cenc- 
rentola, che si limita a preparare i giovani all'insegnamento della fi- 
losofia nei licei. 

VI. — Un'ultima conclusione che si ricava dall'esame com- 
parato dei vari ordinamenti della Facoltà di lettere delle Univer- 
sita Cattoliche sì è che non è possibile sperare di ottenere frutti 
duraturi e reali nella formazione dei giovani e nel loro addestra- 
mento all'insegnamento e alla ricerca scientifica solo con il farli 
assistere alle lezioni cattedratiche Una scuola ove non si facesse 
altro che ascoltare il maestro parlare. sarebbe una scuola passiva, 
mentre la scuola ha da essere per cccellenza attività. Il gio- 
vane deve nella scuola addestarsi a compiere un lavoro profondo, perchè 
solo lavorando e producendo può imparare a vivere la vita della scienza 
prescelta, ad applicarla, a cavarne frutto. Possiamo perciò dire che 
la lezione cattedratica è il minore dei compiti del professore univer- 
sitario e &he la lezione ha solo uno scopo direttivo generale. Il vero 
insegnamento il professore lo deve impartire lavorando insieme con 
il giovane studente per guidargli la mano, per assisterlo, per esa- 
minare se sa camminare da solo e quando. Lo studente deve vi- 
vere, dico vivere tutto il giorno negli istituti scientifici, nei seminari, 
nei laboratori, nelle biblioteche, per avervi contatto diretto con 
le fonti del sapere, con il materiale da elaborare, con gli istrumenti 
di lavoro. La scuola universitaria adunque si realizza soprattutto 
in questo lavoro personale nel quale il maestro sta vicino al giovane 


si 


F. AGOSTINO GEMELLI 


» 


per additargli gli strumenti del lavoro e per esserne il consigliere e l’a- 
mico. La scuola universitaria vive della collaborazione e del contatto 
dei giovani tra di loro e dei giovani con il maestro. Quindi è neces- 
sario, perchè una Università risponda al suo scopo, svilupparne e cu- 
rarne i seminarî, gli istituti, i laboratorî, e fare in modo che essi siano 
largamente e continuamente aperti ai giovani e vi siano assistiti 
dai loro insegnanti. e che questi vivano la vita scientifica con i loro 
giovani. 

Dall'esame, che nel prossimo articolo farò dell'ordinamento delle 
Facoltà di lettere in Italia, si vedrà se e come nel nostro paese sono 
realizzate queste idee fondamentali e direttive. 


ni RL 


INEDITA ET RARA 


IOHANNES GALBIATI 


Bybliothecae Ambrosianae Praefectus idemque Professor in Athenaeo Cath. 


VERGILIUS LATINE ET GRACE IN 
PALIMPSESTO CODICE ARABICO 


Evolventi mihi atque explicanti saepe numero superioribus 
annis in Bybliotheca Ambrosiana codices Arabice conscriptos, ut 
quaedam in lucem edenda inde promerem, illud necopinato sed prae- 
clare et iucundissime contigit ut Vergilii Aenéidos fragmenta, eaque 
insigniora atque uberiora quam huc usque factum sit, Arabicis 
litteris demersa et paene obruta invenirem. Quae quidem fragmenta, 
ad extremam libri primi partem pertinentia, versus unum et octogin- 
ta, a versu scilicet DLXXXVIII ad DOCXXXXVIII, aliquot tamen 
interiectis spatiis, Latine et Gracce continent. Sunt autem versus sae- 
culo quarto exeunte vel, ut maximum dicam, incunte quinto conscripti 
ita sane ut nota antiquitatis vetustissima cum optimis Vergilii co- 
dicibus, quos perspectos habemus, iure comparari, immo his ante- 
poni posse videantur. 

Pulcherrimus codex et perelegans, anno MDCCCCX ab Achille 
Ratti, qui tum Bybliothecae regendae praeerat, emptus, eodem 
anno Ambrosianae est traditus. Folits constat CNL, paginis scilicet 
CCLXXX, quibus totidem respondent membranae uno libro seu 
volumine, ut dicitur, conclusae et compactae. Initio aliquot desunt 
membranae, quas tamen ratiocinando facile numeres: contra desunt 
multa in extremo volumine lacunis maxime absumpta quae nume- 
rare haud possumus. Totus est codex rad iuyrnotog, sed, id quod sane 
magni momenti est, non semel raZipygr070s, cum sit  persaepe, hic 


sola 


Aevum - Anno I - 4 


IOHANNES GALBIATI 


atque illic, bis aut etiam ter abrasus atque exsculptus ita sane ut 
aciem oculorum exacuenti duo vel tria scripturarum genera imposita 
membranis appareant. Quod quidem plane singulare videtur idque 
vel in antiquissimis codicibus manu exaratis numquam fere repe- 
rias. Membranae bis aut ter exsculptae nimia, ut par est reputare, 
subtilitate laborant; ceterae solidiores sunt et firmiores. 

Quod si mirificus codex, quem breviter hoc loco describendum 
suscipimus, maXiutnotog est, ut videmus, floretque tanta laude, 
is est etiam roAbypagog et roXb:fAwrros cum pluribus linguis conscrip- 
tus exsultet, nempe sermone Arabico, Hebraico, Syriaco, Graeco, 
Latino, Aegyptiorum Coptica quae dicitur lingua, ipsis Armeniis 
litteris. Et maxima quidem pars libri Arabica est cum magna re- 
rum, quae continentur, varietate, quarum permultae antiquissimam 
aetatem demonstrant formasque abrasas exhibent, quas tamen 
saepe legere possis. Altera alteri scriptura imponitur. Quae recentio- 
res sunt formae eaedemque postremum rescriptae vitam sanctorum 
virorum, qui in deserto degere solebant, reddunt: qualem apud 
Palladium illum legimus aut in historiis rerum a Sanctis Patribus pie 
gestarum, quas in Mignaei collectione (cxempli causa, in vol. LXKXIII 
Patr. Lat.) aliisque locis habemus. Sunt antem hae formae per- 
spicuae satis lectuque facillimae ei qui Arabum linguam teneat perti- 
nentque ad XI vel XII saeculum p. Ch. Notae vero quibus membra- 
nae numerantur Armeniae sunt et Copticae, diversa tamen aetate 
conscriptae. "Arsoraoua cx Evangelio Iohannis, unciali (sic enim 
appellant) antiquissima nota exaratum, in inferiore scriptura mem- 
branae cuiusdam continetur. 

Is igitur liber ea est ratione confectus ut se in Orientis solis 
regionibus, ac potissimum in Syria aut in Acgypto, ut opinor, ex- 
stitisse dicat magnoque se testetur usui fuisse monachis qui christia- 
nam sapientiam èv Epaiuw profiterentur, a quibus etiam recentiore 
tempore postremum sit abrasus, exsculptus, tum, detracta Muham- 
medanorum, qui vocantur, religione atque humanitate, christiano 
colore sit tinctus. Certum est autem, eum librum ex alio loco ad 
alium devenisse commigrasseque ex alio ad aliud monasterium, quod 
dicitur, in iis scilicet quae quondam, in regionibus ilsdem quas no- 
minavi, floruerunt quasi quibusdam monachorum rebus publicis. 

Scd, ne longius abeam, venio ad id quod maxime specto. Insunt 
enim in extremo volumine membranae octo inclusae membranis, ut 
diligentius dicam, centesima et duodecima et centesima et una et 
vicesima: quibus in membranis Aeneidos versus unus ct octoginta, 
quos supra dixi, continentur inferiore scriptura Arabicis litteris 
recentioribus abdita binisque delineata columnis, Latine scilicet in 


MEI) Se 


VERGILIUS LATINE ET GRAECE 


, Sinistra, cum Graeca conversione in dextra. Quae litterae legi possunt, 
Sive Graecae sive Latinae, perspicuitate nitent et formarum elegan- 
tia atque uno eodemque tempore sunt ductae. Eas exeunti IV 
Saeculo aut V ineunti tribui posse certissime opinor, siquidem Lati- 
nae sine ulla dubitatione aetatem, quam dico, aperte et formis ipsis 
et scripturae tota conformatione ac ratione designant, Graecae vero 
ad idem tempus pertinere dixeris quo Romanae scriptae sunt ad quas 
(sraecae referuntur. Iamque, ut brevitatis causa unum exemplum pro- 
feram, cetera omittam (1), Latinas formas cum claro illo ac pervulgato 
fragmento de formula Fabiana comparo quod est in Vindobonensi- 
bus Papyris Rainerianis, scriptum tamen in membrana (2). Id autem 
fragmentum, quod cum Ambrosiano Arabici codicis maxime con- 
gruit, viri docti ad aetatem inter quartum et quintum saeculum 
post Ch. natum pertinere consentiunt. Sed in re nostra satis habeo 
testem excitare E. A. Lowe, Oxoniensem doctorem eundemque 
scripturarum Latinarum formis legendis dinoscendis interpretandis 
unum omnium peritissimum (3). Illud autem animadvertas velim, 
in codice Ambrosiano, ut in formula Fabiana, grandioribus seu uncia- 
libus litteris saepe admisceri minores seu minusculas, quas vocant, 
solere. 

Si vero codicis, quem tractamus, Graecas litteras cum  allis 
codicibus comparemus unciali, ut dicitur, ratione conscriptis, argu- 
menta ad id probandum, immo clarius definiendum, non sane nos 
deficiant. Proferre exemplum libet ex pulcherrimo codice quodam 
Vindobonensi librum qui Genesis inscribitur exhibente (4): insunt 
ibi, in rubris membranis, litterae argento exaratae quae prope ad 


(1) Multos omitto eosque bonos, inter quos ipsum E. CHATELAE- 
NIVM a quo unciales scripturae Latinorum codicum in Europae regioni- 
bus subtiliter quaesitae sunt atque expressae. Etiam cxempla a Pa- 
laeographical Society, a C. CiroLLA ex Bobiensibus codicibus, ab aliis 
collecta praetermitto. i 

(2) Quod vides apud L. PrAaFFUM et FF. HorMaNNUM in commen- 
tariis Mitteilungen aus der Sammlung der Papyvrus Erzherzog Rainer, 
Vindobonae editis, vol. IV, p. I-L, a. MDCCCLA XXVIII. Breviter sed 
apte apud F. STEFFENSIUM in eius /ateinische Paldographie, quae 
inscribitur, Treveris, a. MDCCCCHX, f. XIV (II edita). 

(3) Qui cum versaretur in Ambrosiana unum versum legit editu- 
rus postea in comm. Classical Review, NXXNVI, a. MDCCCCAANITI, p. 
CLIV. Eius rei mentionem fecit in Anthologicis in honorem FR. EHRLE, 
vol. IV, p. XLVI, Romae, ed. a. MDCCCCXNAIV. 

(4) Ut est apud 7he Palacographical Societv, P. NI, in tab. 178, 
Londini, 1881. Cfr. HARTELIUM et WickHOFFIUM, Die Wiener Genesis, 
Vindobonae, 1805 (Jalrb. d. Samml. d. allerh. Kaiserh., NV-NVI1). 


220. SÒ 


IOHANNES GALBIATI 


litterarum nostri codicis similitudinem accedere videntur, quamquam 
eaedem grandiores sunt quam apud nos neque inclinatae aut férovoar. 
Etiam omitti solet in eo codice irta &vexp@wvytov, quod contra in 
nostro ubique scribitur (T H I, exempli causa, in dativo casu): est 
tamen, ad formas quod universe attinet, multa eius codicis, qui ex- 
eunti saeculo VI post Christum natum tribuitur, cum nostro palim- 
psesto consensio. 

Morari autem velim si fieri possit, ut dixi, in iis adferendis co- 
dicibus, si quos inveniam, qui in Orientis regionibus confecti sint, 
ac potissimum in Syria aut in Aegypto (quos tamen haut frequenter 
reperias hoc modo confectos), cum noster hic certe a Syria aut 
Aegypto, ut opinor, codex ortum duxerit. Profero insigne illud exem- 
plum idemque notissimum, Dioscuriden videlicet Vindobonensem (1), 
cuius aetatem indicia satis luculenta resque palacographica praebent: 
scripturam enim uncialem huius libri ad saeculi quinti finem vel ini- 
tium saeculi sexti pertinere Carolus Wesselius, vir doctus scripturis 
dinoscendis, uberius demonstravit. Cetera indicia eum ante annum 
DXII Constantinopoli in urbe imperii principe fuisse scriptum con- 
firmant. 

Etiam in hoc codice sunt derectae litterae, non deflexae ut in 
nostro, et plerumque paulo grandiores, sed caedem fere sunt, ad for- 
mam quod attinet, quae in nostro, eaedem omnino vocis notae, cadem 
syllabarum apice circumflexarum ratio, idem paene verborum inter 
se puncto distinguendorum modus. Punctis saepe muniri duobus 
litteras I e Y ibi vides ut in codice Ambrosiano etiam fit. Sed mi- 
nutiora omitto, cum agatur de codice celeberrimo atque, ut dixi, 
omnibus noto (2), de quo breviter ipse Gardthausenius sed oportune 
disseruit (3). 

Omitto formas litterarum certe similes etsi mollius teretiusque 
ductas in fragmento fictili quod, Megaris repertum, apud Kernium 
exstat in collectis Inscriptionibus Graecis (4). Quod fragmentum ad 
quartum sacculum pertinet. Etiam omitto exempla ex Dione Cassio 
petita, cuius Historiae Romanae secundum codicem Vaticanum 
Graecum 1288 (qui fuit olim Fulvii Orsinii) litteras ad quintum sae- 


(1) Codicem Aniciae Iulianae, picturis illustratum, nunc Vindo- 
bonensem Med. Graec., I, phototvpice editum cura PREMERSTEINII, 
WessEeLII et MANTUANI, Lugduni Batavorum, 1900. 

(2) Eius exempla etiam in 7le Palaeographical Society, ibidem, tab. 
177, sunt allata. 

(3) In sua Griechische Palaeographie, vol. II, Das Buchwesen im 
Altertum, et c., iterum ed.,Lipsiae, 1913, pag. 134-138. 

(4) Bonnae ad Rh., 1913, tab. 50. 


- 


— DI — 


VERGILIUS LATINE ET GRAECE 


Culum spectantes et codici Ambrosiano simillimas, derectas tamen 
Neque inclinatas exhibent (1). Neque fuse dicam de Codice Borgiano- 
Copto 109, saeculi quinti aut sexti, in quo sunt Evangeliorum frag- 
Menta Graece et Coptice similibus nostro codici formis (2). Sed haec 
Pauca vidisse satis est hoc loco. 

Neque tamen negaverim, adferri codices etiam posse, quorum 
litterae unciales (nam semper de uncialibus formis hic agitur) cum 
nostro possint conferri, re ipsa vera saeculis quarto, quinto et sexto 
recentiorem aetatem monstrare videantur. Qua in re ex Vaticano 
Graeco n° 1666 Gregorii Magni dialogos Romae, ut viri docti putant, 
anno DCCC Graece versos praetermittam, etsi similitudinem quandam 
genus litterarum cum codice Ambrosiano habet (3); Vaticanum 
Graecum 749, saeculi noni, nominabo, cuius subiectas paginas vides 
apud P. Franchi de’ Cavalieri et I. Lietzmannum in adlatis specimini- 
bus Codicum Graecorum Vaticanorum (4). Etiam nomino Ambro- 
sianum codicem nota distinctum E 49-50 inf., binis columnis, litte- 
ris in oratione contexta inclinatis, erectis in scholiis, exaratum, ex 
insula Chio Mediolanum in Bybliothecam Ambrosianam advectum 
a. MDCVI: est quidem codex insignis, figuris deauratis conspicuus 
ut plurimum margini adpictis. Exhibet Gregorii illius Nazianzeni 
orationes (5). Is codex nono saeculo tribuitur propter litterarum 
formas, quas consentire prima fronte cum Vergilianis dixerit quispiam. 
Sed, ut mea quidem opinio fert, angustiores litterae atque in acutum 
angulum desinentes ipsaque verborum modo coniungendorum modo 
breviandorum aut in unam notam redigendorum ratio conspectu- 


(1) Cfr. P. FRANCHI DE’ CAVALIERI, Cassti Dionis Cocceiani Histo- 
riarum Romanarum lib. LXXIX-LXXXN quae supersunt, Romae, 1909 
(inter Codices e Vaticanis selectos et phototypice expressos); IoH. LiETZ- 
MANNUM et P. FRANCHI DE’ CAVALIERI in Speciminibus Codicum Gyrae- 
corum Vaticanorum, Bonnae ad Rh., IgIo, tab. II; FR. STEFFENSIUM, 
Proben aus Griechischen Handschrijten und Urkunden, Treveris, 1912, 
tab. V. 

(2) Apud eundem LIETZMANNUM, tab. III. 

(3) Cfr. paginae exemplum apud Pa/. Soc. ser., II, t. LXXXI nec non 
apud eosdem P. FRANCHI DE’ CAVALIERI et I. LIETZMANNUM in Spec. 
Cod. Graec. Vaticanorum, quae attulimus, t. VI. 

(4) Tab. VIII. Videas etiam cum his cohaerentia apud H. VITELLIUM 
et C. PAULIUM in Collezione Fiorentina di Facsimili paleografici Greci e 
Latini, Firenze, 1884-97, tab. XVII (qua Dionysius Areopagita de divinis 
nominibus exhibetur); in /°a/. Soc., ser. II, t. IV et XXVI; apud Omon- 
TIUM, in uncialibus codicibus Parisinis (a. 1892) optime expressis, aliceque 
harum rerum peritos. 

(5) Cfr. AE. MARTINII et D. Bassii Catalogum Codicum Graeccri m 
Bibliothecae Ambrosianae, v. IT, Mediolani, 1900, n. 1014. 


= 


IOHANNES GALBIATI 


que rerum universus recentiora tempora sine ulla dubitatione desi- 
gnant. Neque cum nostro consentit. Conferas etiam velim Ed. Thomp- 
sonium, qui hunc codicem in eo libro qui inscribitur An Introduction 
to Greek and Latin Palaeography, Oxoniae, 1982; memorat eiusque 
imaginem reddit in p. 213, n. 49. 

Perspicue quamquam breviter a Thompsonio explanatum est lit- 
terarum uncialium, quas appellant, quae origo et qui progressus 
fuerint apud eos qui Graece in membranis scripserunt. Exorditus 
enim doctus vir a codice Homeri Ambrosiano, qui tertio saeculo 
post Christum natum tribuitur, omnium celeberrimos codices erudite 
persequitur, serpit tota commentatione (a pag. 198 ad 217) per mul- 
tas aetates longoque demum itinere pervenit, post nominatum Slavo- 
nicum codicem, ad decimum saeculum adlata (pag. 215, n. 50) scrip- 
turae imagine codicis Vaticani Graeci n. 354 Evangelium anni 949 
referentis atque exhibito Evangeliarii, quod dicunt, specimine Har- 
leyano annì 995 ms. 5598 in Museo Britannico (p. 216, n. 51). Huic 
ego Thompfsonio codicum Graece scriptorum aetates diligentissime 
persequenti vehementer adsentior, quamquam sane mea non refert 
eius hic sequi vestigia. Satis enim nunc arbitror me fecisse, si ad 
eum codices adferentem qui cum nostro aetate et forma litterarum 
optime congruant legentes miserim. 

Sed ad aetatem, quam statui, quarti sacculi vel, ut maximum 
dicam, quinti ineuntis confirmandam argumenta adferri possunt 
ex libris et exemplis editis sescenta eaque cum ex Graecae scriptu- 
rae modis tum ex Latinac generibus. In re autem clarissima praeter- 
mittere argumenta malo, ne nimius hoc loco oratione sim, cum prae- 
sertim ils qui tà rmadiupnora codicis nostri inspexerint aetas 
qua litterae scriptac sunt manifesta atque aperta videatur. Mem- 
branas ex alio ad alium locum pervenisse iam supra dixi: eam vero 
partem raAlupnorovy aut in Syria aut, ut mea quidem fert opinio, 
in Acgvpto ortum habuisse contendo adeo ut illud mihi etiam persua- 
sum sit, scripturac modum cum papyris, quae dicuntur, comparari 
optimis de causis posse: cum papyris, inquam, eiusdem fere aetatis 
quamquam sane etiam video, aliud in membranis, aliud in papyris 
adhiberi scripturae genus solere: quae duo scribendi delineandique 
genera si minus abhorrent inter se, certe declinant persaepe et a 
similitudine inter se quibusdam in ductibus deflectunt ac differunt, 
ita quidem ut non eandem omnino esse membranarum scripturam 
atque in papyris dixeris, quamvis ea una aetate, una atque eadem 
fere in regione sit adornata (1). 


(1) Cfr. scripturae similitudinem in Papiri Greci e Latini, Ll'lo- 


e VERGILIUS LATINE ET GRAECE 


Auctoritate valere codicem, quem tractamus, maxima et litte- 
Tarum antiquissimae formae declarant et continuatio seriesque 
Terum, quae continentur, copiose luculenterque confirmat. Scio enim 
ab aliis Vergilii minutissima d&roordouare seu parva trunca in 
Papyris, quas vocamus, fuisse inventa atque in lucem edita, quibus 
ex truncis nihil aut parvum sane quaerendo efficias (1): in codice 
vero Ambrosiano una fere continuatione serieque unum et octoginta 
versus exhibitos vides, eosque Latine scriptos et Graece conversos, 
tum abditos in Arabicis litteris hisque paene obrutos et deletos. Quod 
quidem primum in historia Litterarum Latinarum, quod quide mex- 
quisierim, fieri intellego. Sed ctiam plura docemur: nempe, quod ad 
res, quod ad verborum genus formamque attineat (id quod nostra 
ipsorum lingua «testo» appellamus), codicem nostrum cum optimis, 
quos cognitos habemus, Vergilii codicibus, cum Augusteo, Vero- 
nensi rescripto, cum Palatino et Romano Bybliothecae Vaticanae, 
cum Fulvi Scidis Vaticanis, cum Mediceo Bybliothecae Laurentia- 
nae aliisque praestantissimis iisdemque antiquissima aetate scriptis 
cohaerere. Si vero conversionis modum consideres, interpretatio- 
nem ad verbum esse factam intellegis, sed perpolitum plane ser- 
monem habes atque elegantem satis quo scribentes utebantur qui 
ex Aegyptiis ea aetate #XXnvlYew solebant. Designantque membra- 
nae Graecae et Latinae Ambrosiani codicis rationem viamque quam 
- od “EXXnv{Yovres in suis ad Nilum flumen umbraculis ad  litteras 
Latinas arripiendas adhibebant, Ciceronem, Livium, Sallustium, 
Vergilium aliosque bonos in primis auctores tractantes (2). Graecae 
vero orationis formas eo tempore dicendique modos apud gram- 
maticos declarata videas, quos multos ad hunc grammaticae locum 
reperias. 

Haec igitur habuìi quae primum edendo perquam breviter prae- 
farer. Aeneidos scilicet partes quasdam Gracce et Latine in antiquis- 
simo codice Arabico Ambrosiano rmonyàbmz® et roivvpiow eo- 


rentiae, vol. I., 6 (quod est Protoevangelium quod dicitur Iacobi) et 
in Indice Digestorum ibidem, 55. 

(1) Rainerianum fragmentum designo By bliothecac Vindobonensis 
maximae, inspectum a LowE; VITELLII « Interpretamenta Vergiliana » 
in vol. VII Papyrorum Societatis Italicae, 756 (quod fragmen- 
tum ad saec. IV aut V pertinere videtur); deinde parva fragmenta in 
Papyris quae Oxyrhinchi sunt inventae (vol. I et VIII apud GREN- 
FELLIVM et HvxTIvm); in Tebtunis Papyri, II; in Papyris Mediola- 
nensibus a CALDERINIO editis, I; aliisque locis. 

(2) Confer. Lowe et VireLLivm locis quos dixi; A. STEINIVM, Un- 
tersuchungen zur Geschichte und Verwaltung Aegvptens unter Romischer 
Herrschaft, p. 207, Stutgardiae, MDCCCCNV. 


IOHANNES GALBIATI . 


demque raXiuynotw repertas ac productas editurus in lucem, nihil 
potius habui quam ut rei splendidissimae vulgandae capita praemit- 
tenda duo censerem eo quidem animo ut totius, quae ‘adurnanda erat, 
questionis velut imago perpaucis lineis hoc loco sed aptis informa- 
retur. Primum enim generatim atque universe dixi de Arabico palim- 
psesto Ambrosiano deque cius historia ac pondere comparate prae- 
sertim cum linguis Semiticis, quas vocant, quibusque codex est scrip- 
tus; deinde de Aeneide Latine scripta et Graece conversa deque ra- 
tione atque aetate scripturae sive Latinae sive Graecae (saeculìi 
fere IV exeuntis vel V ineuntis) tum Vergilium ipsum duabus lin- 
guis (« testo ») expressum exhibui, eo quidem modo quo hodie legere 
solemus, sed iis etiam formis quibus in palimpsesto Graeca er Latina 
scripta sunt («lettura diplomatica »); denique imagines duas solis 
radiis descriptas ad formarum genus exprimendum ac ‘Ypaguéòe 
depingendum etiam adiunxi. 

Ex quo enim tempore historia litterarum Latinarum et studia 
philologa excoli coepta sunt ad hanc usque aetatem tam laeta tam- 
que clara Vergilii incrementa apud Arabas abdita atque in antiqui- 
tatis umbraculis penes Orientis incolas prope demersa nunc primum 
in aspectum lucemque feliciter prolata sunt. 

Subtilius his multoque copiosius in Fontibus Ambrosiants, quos 
vocabo, proxime aperiendis atque edendis disscram. 


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VERGILIUS LATINE ET GRAECE 


I. FORMAE GRAECAE 
ARABICI CODICIS HAAIMYHETOY (1) 


F_1177 
1 ATECTHOAINEILAC v. 588 
2 KAIENKA@APQOITOIDOTI 
3 ANTEAAMYEN 
4 TOIPOCOIION ; KAITOYCQMOYC 589 
5 @ENIOMOIO[ 
6 KAITAPAYTH ; EYIPEIHH 
7. THNKOMHNTOITIAIAI 590 
8 HTENNHTIPA:KAIDLOC 
9 THCNEOTHTO[ 
10 =TIOP®YPEONKAIIAAPAC 591 
11 = TOICO®®AAMOIC 
12 IIPOCIEINEVYKEI:TIMAC 
13 OIIOIONXEIPEC ; TPOCTIAEACIN 592 
14 EAEDANTINOIOCTENIKOCMON 
15 = HOTHNIKAZANOQI 
16  APIYPOC 593 
17 HIIAPIOCAI[ 


F. 114 
1 SE v. 593 
2 TOTEOYTQC;THNBACIA[ 59% 
3 IIPOCDOE[LTTEOAI 
" CYMIIACINTE:AI@NIATO[ 
5 AIHPOOINTOC®HCIN 595 
6 ENGQIIIONON 
7 ZHTEITENHAPEIMI 
8 OTPOQIKOCAINEITAC 96 


9 TONAIBYKONEZAPITLACOEIC 
10 AIIOTONKATAONGON 
11 QMONHTOYTCA®EMITOTC 5U7 
12 THCTPOIAC:0IKTEIPACA 
13 KAMATOTC 


(1) Laeva lineas et folia codicis 7xAuy7070) numeris designo 
dextra Vergilii versus, si eos tamen demas qui Vergilio falso tri- 
buuntur. 


IOANNES GALBIATI 


F. 117v 

I TICHMAC v. 598 
TAAEIFANA:TONEAAHNI[ | 
THCTETFHC:KAITHCOAAAC[ è 
IIACAIC:EZANTAHOENTAC 599 
HAHCYM©DOPAIC 

IITANTONENAEHC 
ETAIPOIOIEICXAPITAC 600 
AIETAYTHCAL:AZIAC 

9 OYTFHCIIEPIOYCIACECTINTHCHMETEP[ 601 
10 QAIAQ;0YTEOTIAHIIOTOT[ 
11 KAIOIHOVYAHIOTEECTIN 
12 TOYEONOYCTHCTPOIAC 602 
13 TONMELTANHTICAIECITAPTA[ 
14 ANATONKYKAON 
15 OIOEOICOIEITINA 603 
16 TOYCEYCEBEIC:EPOPOA[ 
17 OEIAEITI 


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IOHANNES GALBIATI 


II. VERGILIVS LATINE LECTVS 


F. 114 r 


IN IIAAIMYHEXTOI CODICE ARABICO 


Restitit Aeneas claraque in luce refulsit 

Os umerosque deo similis; namque ipsa decoram 
Caesariem nato genetrix lumenque iuventae 
Purpureum et laetos oculis adflarat honores: 
Quale manus addunt ebori decus, aut ubi flavo 


Argentum Pariusve lapis [cijrcumd[atur auro]: 
Tum sic reginam adloquitur cunctisque repente 
Inprovisus ait: Coram, quem quaeritis, adsum 
Troius Aeneas, Libycis ereptus ab undis. 

O sola infandos Troiae miserata labores, 


Quae nos, relliquias Danaum, terraeque marisque 
Omnibus exhaustos iam casibus, omnium egenos 

Vrbe domo socias, grates persolvere dignas 

Non opis est nostrae, Dido, nec quidquid ubique est 
Gentis Dardaniae, magnum quae sparsa per orbem. 
Di tibi, sì qua pios respectant {[numilna, si quid 


[Vsquam]} iustitiae est fet} mens sibi conscia recti, 
Praemia digna ferant. Quae te tam laeta tulerunt 
Saecula? qui tanti talem genuere parentes? 

In freta dum fluvii currunt, dum montibus umbrae 
Lustrabunt [| 


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VERGILIUS LALINE ET GRAECE 


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III. VERGILIVS EX LATINO IN GRAECVM 
CONVERSVS IN CODICE ARABICO 


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F. 114 r 


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Aevum - Anno I - 5 


IOHANNES GALBIATI 
F. 116 r 


649 Et circumtextum croceo velamen acantho, 

650 Ornatus Argivae Helenae, quos illa Mycenis, 

651 Pergama cum peteret inconcessosque hymenacos, 
652 Extulerat, matris Ledae mirabile donum; 

653 Praeterca scceptrum, Ilione quod gesserat olim, 


654 Maxima ‘natlarfum) Priami, collloque mjonfile] 
655 Baccatum et duplicem gemmis auroque coronam. 
656 Haec celerans iter ad naves tendebat Achates. 
057 At Cytherea novas artes, nova pectore versat 
658 Consilia, ut faciem mutatus et ora Cupido 


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659 Pro dulci Ascanio veniat donisque furentem 

GLo Incendat reginam atque ossibus implicet ignem. 

661 Quippe domum timet ambiguam Tyriosque bilingues; 
662 Vrit atrox Iuno, [elt sub noctem ‘cu]ra recursat. 

603 [Er]jgo his aligerum dictis adfatur Amorem: 

664 Nate, [mieae vires, | 


665 Nate, patris summi qui tela Typhoéa temnis, 
6606 Ad te confugio et supplex tua numina posco. 
667 Frater ut Aeneas pelago tuus omnia circum 
668 Litora iacteturque odiis Iunonis acerbae, 


FP. 113 v 


689 Paret amor dictis carae {gejnetricis et alas 

690 Exuit et gressu gaudens incedit Iuli. 

691 At Venus Ascanio placidam per membra quietem 
692 Irrigat et fotum gremio dea tollit in altos 

693 Idaliae lucos, fubji mollis [amajracus illum 

694 'Floribjus et dulci f. 


F. TIT 


695 [Iam]q{ue ibat] dicto parens et dona Cupido 
696 Regia portabat Tyriis duce laetus Achate. 
6907 Cum venit, aulaeis iam se regina superbis 

098 Aurea composuit sponda mediamque locavit. 


— 6 — 


VERGILIVS GRAFCE ET LATINE 
F. 136 r 


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IOHANNES GALBIATI 
FE. 113 r 


699 Iam pater Acneas et iam Troiana iuventus 

700 Conveniu[nt], stratoque super discumbitur ostro. 
701 Dant famuli manibus lymphas Cereremque canistris 
702 Expediunt tonsisque ferunt mantelia villis. 

703 Quinquaginta intus famulae, quibus ordine longo 
704 Cura penum [struer]e [ 


I. 119 Vv 


705 Centum aliae totidemque pares actate ministri, 
706 Qui dapibus mensas onerant et pocula ponunt. 
707 Nec non et Tyrii per limina laeta frequentes 
708 Convenere, toris iussi discumbere pictis, 


729 Implevitque mero pateram, qua Belus et omnes 

730 A Belo soliti; tum facta silentia tectis: 

731 Iuppiter, hospitibus nam te darc iura loquuntur, 
732 Hunc laetum Tyriisque diem Troiaque profectis 

733 Esse velis nostrosque huius [m]eminisse {min]ores. 


5 [Et vos o c]oetum, [T}]yrii, celebrate faventes. 
6 Dixit et in mensam laticum libavit honorem 

737 Primaque libato summo tenus attigit ore; 
8 Tum Bitiae dedit increpitans; ille impiger hausit 


IF. 120 r 


739 Spumantem pateran et pleno se proluit auro; 

740 Post alii proceres. Cithara crinitus lopas 

741 Personat aurata, docuit quem maximus Atlas. 

742 Hic canit errantem lunam solisque labores, 

743 Vnde hominum genus et pecudes, unde imber et ignes, 
744 {Arclturum | 


745 Quid tantum Oceano properent se tinguere soles 
746 Hiberni, vel quae tardis mora noctibus obstet. 
747 Ingeminant plausu Tyrii Troésque sequuntur. 
748 Nec non et vario noctem sermone tralcbat 


— 68. — 


VERGILIVS GRAECE ET LATINE 
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702 Arinvtolav xa xexapuevore dEpaovaty yetpexuayeta puxd)o0is. 
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— 69 — 


I. GALBIATI: VERGILIUS GRAECE ET LATINE 


* 
* x* 


Itaque Vergilii fragmenta Latina et Gracca quam diligentis- 
sime dedi ex insigni libro Ambrosianae Bybliothecae manu scripto. 
Attamen non negaverim has Vergilii mepixoràg non solum a Graecis 
sed etiam ab Arabiac incolis antiquissimis qui ante natum Muham- 
meden in Syria aut in Arabiac ad occasum vergentis regionibus 
tempore gahilitae, quam vocant, viverent, adhiberi potuisse, nisi et 
ipsi adhibuissent qui, christianam sapientiam in regionibus iisdem 
fere profitentes, sive Arabico sive Syriaco sermone uterentur. 
Sed, quoquo modo se res habet, illud maxime teneo, ab iis prae- 
sertim qui Graece sentirent Vergilium aliosque Latinos auctores ad 
Nilum flumen temporibus, quibus scribendi genus in papyris prac- 
cipue viguerit, fuisse tractatos adhibitos conversos. Certe qui con- 
vertebant et Graccam linguam bene callebant ct Latinam satis 
intellegebant. 


“2 (0 


BOLLETTINI BIBLIOGRAFICI 


AMBROGIO BALLINI 


Professore di Sanscrito nella Universivà Cattolica del Sacro Cuore 


INDIA 


(1915-1924) 


Questo Bollettino bibliografico dà ragione delle pubblicazioni indo- 
logiche, le quali, apparse tra la seconda metà del 1915 e il 1924, sono 
venite a conoscenza della Direzione. 

La notevole ampiezza di questa rassegna è stata suggerita dal de- 
siderio vivo di connettere il Bollettino indologico — che ha l'onore di 
aprire la serie d'ogni altro concernente le discipline filologiche, lingui- 
stiche e storiche rappresentate nell’ Università Cattolica del Sacro 
Cuore — all'ultimo uscito nella Rivista degli Studi Orientali, edita 
dalla Scuola Orientale della R. Università di Roma (v. I 27); così che 
fosse possibile tracciare, ininterrotta, la linca di tale pubblicazione bi- 
biografica, sorta per prima nel nostro Paese. La nuova Scuola 
Orientale di Milano, continuando in tal modo, nell’ambito delle sue 
discipline, un assunto che aveva avuto la sua frima origine e il suo 
primo sviluppo per opera dell’ illustre e maggiore sorella romana, 
sente e vede nell'opera stessa l'affermarsi cordiale, fruttuoso di quel 
vincolo che deve strettamente unire ogni istituzione scientifica della 
Nazione. 

Il prossimo Bolleitino indologico, che apparirà nel secondo vo- 
lume dell’Aevum, dirà delle pubblicazioni uscite negli anni 1925-1926 
e, possibilmente, anche di quelle degli anni 1922-1924 che non fossero 
state ricordate in questo, che pur è costato, per la sua mole e varietà, 
lunga, aspra fatica di ricerca e di ordinamento. 

Le notizie, che portano a fine della relativa indicazione bibliografica 
le sigle (MA) (LM) (LR) (GBP) appartengono rispettivamente alle 
Signore Maria Teresa Ancillotto Mazzarolli e Luisa Vivanti Marinoni, 
al Dottor Luigi Rossi, al Dottor Giovanni Battista Pighi, già tutti 
della mia scuola di Sanscrito nella R. Università di Padova, e l’ultimo 


Lai 


BALLINT - INDIA, 


attualmente Assistente in questa Università Cattolica (Scuola Orientale), 
e alla Dott. Irene Cattaneo (IC). | 
I prossimi numeri dell’Aevum conterranno Bollettini bibliografici 
d’altre lingue e letterature orientali e inoltre 10 Bollettino degli studi 
di linguistica indo-europea. 
La snateria di questo Bollettino è stata suddivisa nell'ordine 
seguente (I): 


I. Indo-Europeo ; 1-16 
II. Notizie, cataloghi di ‘manoscritti 17-26 
III. Bibliografia. Atti di Congressi. Collezioni. 

Periodici. Cataloghi di RR 27-44 
IV. Alfabeto, Grammatica 45-74 

V. Lessicografia .. . 75-102 

VI. Poetica (Alamkara) 103-109 
VII. Prosodia, Metrica . IIO-112 
VIII. Letteratura vedica: . . . 113-326 

1. Veda: a) Rgveda . 113-152 
b) Atharvaveda . 153-158 a 

c) Yajurveda 159 

d) Prosa vedica 160-161 

2. Brahmana . 102-171 
3. Sutra . . 172-181a 
4. Upanisad . 132-206 
5. Varia 227-225 
IX. Filosofia: Gh ‘ . 226-326 
I.Samkhya- vera a . 2206-2532 
2. Nyaya-Vaicesika . 254-264 
3. Mimamsa-Vedanta . 205-281 
4. Bhagavadgita 282-206 
5. Trattazioni generali e i particolari 297-324 
6. Filosofia del IE Go 325 
7. Varia 320 

X. Jainismo . . 327-307 

XI. Buddhismo: . Pi se dig e » o 1808770 
I. Edizioni, traduzioni, critica di 

testi . 368-493 
2. Biografie del Buddha. Esposizio: 
ne della dottrina buddhistica. 

Studi su di essa 494-689 

3. Storia della dottrina 690-703 

4. Arte, archeologia 704-735 

Gi Biiddhisno e Cristiane 736-753 

6. Varia 754-770 


(1) Non tutte le molte difficoltà d’indole tipografica si son potute 
superare in questo primo Bollettino orientale, per il quale l’intero fab- 
bisogno dei segni diacritici fu messo a disposizione e usato solo nel 
corso del lavoro. 


SOMMARIO 


XII. 


(XIII. 
XIV. 
XV. 


XVI. 
NVII. 


NVIII. 


NIX. 
NX. 
XXI. 
XXII. 
XXIII. 
XXIV. 
NXV. 


NXVI. 
XXVII. 
XXVIII. 
XXIX. 
XXX. 
XNXAI. 
XXXII. 


XXXIII. 


XXXIV. 
XXXV. 
XXXVI. 
XXXVII. 


XXXVIII. 


XXXIX. 
NL: 
XLI. 
XLII. 


Induismo .  771-854a 
« Periodo zoroastriano della storia dell’In- 
dia ». Parsismo 855-802] 
Epica e Purana È 863-901 
I. Mahabharata e > RamAyana 3 863-887 
2. Purana 888-900 
Mahakavya 901-907 
Lirica . 908-913 
Drammatica 914-958 
Novellistica ; 959-479 
Erotica (KEmasutra) 980 
Gnomica 981-982 
Storia letteraria. 983-1004 
Storia . . 1005-1190 
Cosmografia, Geografia 1191-1223 
Paletnologia . . 1224 
Etnografia. Sociologia. Religioni primitive. 

Folklore ; mis 1225-1323 
Epigrafia 1324-1415 
Numismatica 1416-1428 
Archeologia . . 1429-1496 
Arte . 1497-1547 2 
Musica 1548-1553 
Giurisprudenza. Politica. ‘Economia 1554-1002 
Matematica. Astronomia, Sistema metrico 1003-1029 
Mineralogia. Metallurgia ; 1030 
Medicina. Eugenetica. Zooiatria 1031-1043 
Pali . 1044-1051 
Pracriti . a 1652-1009 
Lingue e dialetti ‘neo-indiani: 1070 

I. Bengali i 1670-1700 
2. Marathi 1701-1709 
3. Pafîjabi . 1710-1712 
4. Gujarati 1713-1715 
5. Hindi 1710-1730 
6. Hindustàani 1731-1732 
7. Nepali 1733 
8. Kacmiri i i 1734 
9. Lingue e talee: * varî ariani 1734a-1700 
Lingue e dialetti dravidici (famul, Cana- 

rese) Civiltà dravidica 1761-1778 

Giavanese. Malese. Andamanese. Birmano 1779-1783 


Tibetano 
Notizie personali (Biografie. Necrologie) . 
Varia a” xe & 


- 


7 da 


. 1753a-1700 


1701-1318 
1814-2020 


BALLINI - INDIA. I. 


1-10 


I. Indo-Europeo. — Sulla civiltà, sui costumi, sulla terra 
d'origine degli Indo-Europei e su particolarità che li concernono 
scrivono A. Carnoy (I 1), G. Kossinna (I 2), H. Bender (I 3), E. Siecke 
(I 4), G. Wilke (I 5-6), L. H. Gray (I 7). il De La Vallée 
Poussin {I 8). 

Il Meillet (I 9), fondandosi specialmente sulle coincidenze tra 
1 metri vedici e i metri della lirica colica, abbozza una teoria ge- 
nerale della metrica indo-europea. 

La «Varendra Research Society » jnella sua quinta pubblica- 
zione (I-10), la più importante di quelle sinora uscite, ci offre 
un cospicuo studio di R. Chanda intorno alle origini degli Indo- 
Ariani. Il 1° cap. definisce la natura della gente del Midland, la 
quale risulterebbe come composta delle vecchie famiglie rs: ec di una 
razza nera risultante da elementi arii e mesopotamici venuti d’oltre 
oceano. A questi ultimi apparterrebbero Kanva e Vicvamitra (Yaja- 
mana). A questi due clementi s'aggiungono gli Aborigeni (Nfsada), ne- 
ri, piccoli, col naso schiacciato, che parlano i linguaggi Munda. Nella 
classe degli Yajamana si distinsero più tardi i Vaigya mentre gli schia- 
vi presi in guerra formarono la classe dei (dra. Il Keith ob- 


bietta al Chanda che il RV non 
mitra appartenessero alla classe 


I.1 — Carxmovy A., Les Indo- 
Européens. Préhistotre des langues 
des moeurs et des crovances de 
Europe, pp. 256, Bruxelles, Vro- 
mant I92I. 


I. 2 — Kossinna G., Die-Indo- 
germanen, I. Das indogermanische 
Urvolk (Manns Bibliothek N..20), 


pp. 85, 1922. 


I. 3 — BENDER H., The Home 
of the Indo-Europeans, Princeton, 
University Press 1922. - Rec.: Ph. 
W., 1924, 56-58 (HELCK). 

I. 4 — Siecxe E., Indogermani- 
sche Mythologie (Un. Bibl. 
6247-48), 151, Leipzig, Reclam. 
1921. 

I. 5 — WILKE G., Die Religion 
der Indogermanen in Archdologi- 
schev Beleuchtung, pp. 254, Lon- 
don, Kabitisch. 

I.6 — \VILKE G., Die Zahl 13 


dice affatto che Kanva e Vicva- 
degli Yajamana e neppure che i] 


im Glauben der Indo-Germanen, 
Mannus, X, 1918, 121-155. 


I. 7 — Gray L. H., Zndo-Euro- 
pean Names, ERE, 1917, 162-167. 


I. 8 — Poussin L. DE LA VAL- 
LÉE, Zndo-Eitropéens et Indo-Ira- 
niens - L’Inde gqusqu' da vers 300 
av. J. C. Paris, E. De Boccard 
1924, pp. (4)+345 (= L'’Histoire 
du Monde, publiée sous la dire- 
ction de M. E. Cavaignac, t. IIl). 


I.9 — MeiLLeTt, A. Les orì- 
gines indo-europeiennes des métres 
grecs, pp. VIII-79, Paris, Les Pres- 
ses Universitaires de France 1923, 
(GBP). 


I. 10 — CHANDA RAMAPRASAD, 
Indo-Arvan ltaces. A Study of the 
Origin of Indo-Aryan People and 
Institutions. Part I, Rajshahi, 
1916. — Completo, London, Luzac 
a. Co. 1918. — Rec. TRAS, 1017, 


SR, E 


I. INDO-EUROPEO. 


_T. 10-14 


padre di Kanva, Nrsad, fosse di color nero. Osserva inoltre che 
dal RV, 6, 50, 12 non risulta che gli Yaiamana abbiamo pas- 
sato l'Oceano. S'indugia quindi a trovare l’origine della distinzione 
tra i paesi esterni ed interni. Parla delle molte invasioni di outer fe- 
oples; accenna all'invasione di popoli antichissimi del tipo del- 
l'Homo Alpinus che parlavano il Tocario, i quali, mescolatisi ai vedici 
Arit, ai Nisada, ai Dravidi, produssero il tipo Indo-Afganistano del 
confine nord-ovest e del Belucistan. Tra i popoli invasori sorse il 
culto di Krsna. Essi si appropriarono, inoltre, dai Dravidi 
quelle « matriarkal influences » che diedero origine al Gaktismo che 
si svolse principalmente nel Bengala. Il K. parla pure della storia della 
religione, ammettendo la teoria del Dr. Gray, la « Magophonta ». 
Congettura che una volta il Re, in India, fosse anche il supremo 
sacerdote. Il Keith non crede, tuttavia, che si possa dare una 
soluzione definitiva a questi problemi, giacchè siamo sempre sul 
terreno dell'ipotesi. 

Al Keith, che nel sopra citato scritto del Chanda aveva 
negato qualsiasi probabilità nella letteratura vedica e nei Prà- 
criti alla «Two invasion hipothesis» dello Hoernle e del 
Grierson, quest’ultimo (I 11) risponde che la asserzione di lui, 
non essendo provata, ha un valore negativo e rimanda il Keith 
per notizie agli scritti dello Hillebrandt. In quanto ai Pracriti 
afferma che in ogni caso vi sono ben altri studiosi che non son d’ac- 
cordo con lui. 

H. Bruce Hannch (I 12) scrive sulle Origini etniche Indo-Ariane. 

«L'atteggiamento degli Arii primitivi (secondo quanto può ri- 
sultare dall’Avesta e dai più antichi documenti indo-arî) di fronte 
all’Universo, e le loro particolari concezioni delle relazioni dell’uo- 
mo con la natura che lo circonda » studia J. von Negelein (I 13). 
Lo scritto, breve, è illustrato di note e dotato di ampia biblio- 
grafia. 

Il Konow (I 14), studiando: il problema dell’identificazione dei 


165-175 (A. BERRIEDALE KEITH). 
{MA). 


I. 11 — GRIERSON G. A., Mi- 
scell. Comm.: JRAS, 1917, 400-401. 
(MA). 


I. 12 — Journal of the De part- 
ment of Letters, Vol. IV, Univer- 
sity of Calcutta. Eleven Essavs 
by various Writers. pp. 353, Cal- 
cutta University Press 1921.-Rec.: 


JRAS, 1923, 482-3 (G. Linpsay) 
(LAM). 


I. 13 — NEGELEIN |. vox, Wel- 
tanschauung des indocermanischen 
4siens, pp. VIII-186. Erlangen, 
Palm und EnFe 1024. — Rec.: 
JRAS, 1925, 178. (LD. BARNETT). 


I. 14 — Koxow STEN, Zle 
Asian Gods of the Mitani People 
(Roval Frederik University Chri- 


De; per 


BALLINiI - INDIA. I. 14-18 


nomi delle divinità di cui è fatto cenno in un trattato tra il Re Ittito 
Shubbiluliuma e il re dei Mitanni Mattiuaza con divinità Vediche, fra 
le due teorie (di cui una sostiene essere gli dèi di quel documento 
del principio del XIV sec. avanti Cristo le divinità Ariane d'origine; 
l’altra, divinità Vediche o Indiane che possedevano le caratteristiche 
che quelle assunsero quando le tribù Ariane si furono stabilite in 
India ed ebbero rimodellati i loro concetti religiosi in accordo con 
quelli ivi trovati) adotta risolutamente la prima, seguendo il Jacobi. 

Contro l'opinione espressa dal Tilak, il quale aveva voluto 
dimostrare per mezzo del RV che gli Arii eran vissuti non lungi 
dal Polo Nord, poichè nel RV vi sono « clear and unmistakable 
references to Arctic phenomena », il Dutt (I 15) porta validi argo 
menti. Ma il Macdonell accusa i due contendenti di mancare di 
una conoscenza adeguata, della lingua, della sintassi, del metro e 
d'altro, al compito proposto ed accenna a parecchi errori di tradu- 
zione e interpretazione dello scritto del Dutt e ad una mancanza 
assoluta in ogni sua parte di precisione e d’accuratezza (v. I 146). 

G. W. Brown (I 16) attribuisce alle popolazioni pre-ariane 
dell'India l'indirizzo preso dal pensiero indiano. 


II. Notizie, cataloghi di manoscritti. — Il Pargiter (I 17) 
fa un elenco dei manoscritti dello Hoernle. (Per notizie di questo 
su mss. di letterat. buddistica scoperti nel Turchestan Orientale, v. 
I 476). 

Lo stesso (I 18) ricorda, per desiderio di Sir A. Stein, come tra le 
carte dello Hoernle, passate dopo la sua morte alla Biblioteca del- 
l’India Office, si trovi la trascrizione di un trattato di medicina scritto 
in Khotanese (scoperto dallo Stein), comprendente testo sanscrito 
e commento khotancse, introduzione, note e lessico. L'opera, desti- 
nata alla pubblicazione, è rimasta, per mancanza di mezzi all'uopo, 


stiania), Publications of the Indian Haven, Yale University Press. 


Institute, Kristiania, I, 1, 1921. — 
Rec.: JRAS, 1923. 488-480) (CLAN- 
SON (LM). 


I. 15 — Dutt N. K,, The 
Arctic Home in the Rig-Veda: An 
Untenable Positton, pp. VIII-95, 
Dacca, 1918. — Rec.: JRAS, 1921, 
127-13I. (A. A. MACDONELL). 


I. 16 — Studies in honor of 
Maurice Bloomifield, by a group of 
his pupils. pp. NXXI-312, New 


1920. — Rec.: BSL XXXII, 1921, 
184-186. (A. MEILLET), OLZ 1922, 


35-6 (A. HiLLEBRANDT), OLZ 
1924, 423-7 (M. WINTERNITZ). 
(GBP). 

I. 17 — PARGITER È. E, 


Dr. Hoernle's Mss. Papers. JRAS, 
1923, 551-558. 
I. 18 — ParcitEr F. E., The 


late Dr. Hoernle’s Mss. JRAS, 
1925, IIO-III. 


ss "6 


1. INDO-FUROPEO - II. MANOSCRITTI - IIT. BIBLIOGRAFIA, ECC. 


I. 19-28 


interrotta al I volume (Manuscripts Remains of Buddhist Litera- 
ture found in Turkestan, Oxford Clarendon Press). 

È apparsa una relazione delle ricerche dei manoscritti ancora 
sparsi nell’India, quale fu presentata alla terza riunione dell’/ndian 
Historical Records Commission. Ci è data così notizia della scoperta 
a Patna di un manoscritto persiano che è la cronaca, fatta da un te- 
stimonio oculare, degli avvenimenti svoltisi a Delhi durante la 
anarchia del 1749-88, e di altri documenti importanti (£ 19). 

Sono usciti varî cataloghi di mss. sanscriti e dialettali (I 20-26). 


TII. Bibliografia. Atti di Congressi. Collezioni. Periodici. 
Cataloghi di pubblicazioni. — Il Ballini (I 27) ha pubblicato 
la bibliografia degli studi indologici compiutisi negli anni 1914-1915. 

Il Kirfel (I 28) ha pubblicato — in occasione del settantesimo 


I. 19 — Indian Historical Records 
Commission. Proceedines of Mee- 
tings. Vol. III: Third Meeting held 
at Bombay, January, 1921, pp. 65, 
Calcutta, Superintendent Govern- 
ment Printing 1921. - Rec.: JRAS, 
1923, 635-37 (F. Novce). (DMI). 


I. 20 — Catalogue of the Govern. 
Collect. of Mss. Deccan College, 
Poona. Vol. I, part I. Vedic Lat. 
Samhitàs and Brahmanas, Bom- 
bay 1916. 


I. 21 — GANDHI LALCHANDRA 
BHAGAWANDAS, A Catalogue of 
Manuscripts in the Jain Bhan- 
darsat Jesalmere. Edited with in- 
troduction, indexes, and motes on 
unpublished works and theivr authors 
(Gaekwad'’s Oriental Scrics, No. 
XXI), pp. 1II+II+XV+-70+ 101, 
Baroda 1923. 


I. 22 — SASTRI 
A ltriennal catal. of Miss. coll. 
during triennium 1913-14-15 for 
the Gov. Oriental-Manuscripts Lib., 
Vol. II, Madras 1917. 


KUPPUSWAMI, 


I. 23 — SAstRI KUPPUSWAMI 
S., A triennal catalogue of Mss. 
collected during the triennium 10916 
io 1919 for the Govt. Oriental Mss. 


Library, Vol. III, part. I, Sanskrit 
A.B.C., Madras 1922. 


I. 24 — A Catalogue of Sanskrit 
Manuscripts acquired for the Go- 
vernment Sanskrit Library, Saras- 
batt Bhanava, Benares (during 
the years 1918-1919) by GOPINATH 
KAvIRAJ, M. A., Allahabad, Go- 
vernment Press 1919. 


I. 25 — List of Sanskrit and 
Hindi Manuscripts purchased bv 
order of Government and deposited 
in the Sanskrit College, Benares, 
during the year 1917-1918. Alla- 
habad, Government Press 1919. 


I. 26 —Misra SHyaMm Binari and 
Misra SuTDEO The Third Triennal 
Report on the Search for Hindi Ma- 
nuscripis for the vears 1912-13-14. 
Published by the Nagari Pracharini 
Sabha, Benares, under the authority 
and patronage of the Government of 
the United Provinces. Allahabad, 
Government Press 1924. 


I. 27 — BALLINI AMBROGIO, Bol/- 
lettino bibliografico degli studi in- 
dologici per gli anni 1914-1915 — 
RSO, VII, 1916-18, 0282 - 0339. 

I. 223 — KikceL W. Verzei- 
chnis der bis zum 11 Februar 1920 
erscheinen Srhriften Hermann Ja- 


BALLINI - INDIA. 


compleanno di Hermann Jacobi — l’intera copiosissima bibliogra- 
fia degli scritti del grande indianista a tutto l’1I Febbr. 1920, offer- 


tagli dagli scolari. 


Una bibliografia di opere per la maggior parte di religione 
dell’Avesta e del Veda offre J. E. Saklatwalla (I 29). 


DI 


«The Religious Quest in India » è una raccolta di studî che vuol 
dare un quadro della vita religiosa dell'India (I 30). 

Il Barnett (I 31) parla dei N. X-VIII della Gaekicvad's Oriental 
Series usciti a Baroda nel 1920-21. 

Amici e scolari hanno offerto a E. Windisch in occasione del 
suo settantesimo compleanno una raccolta di scritti filologici 


(I 32). 


DI 


Pure al Bhandarkar è stato offerto un volume contenente qua- 
ranta articoli (I 33), ed un altro al Kuhn (I 34). 

È uscito il I vol. degli Annali dell'Istituto Bbrandarkar di Poona 
(I 35). Si divide in due parti e contiene scritti dei più varì argomenti 
(lessicografia, retorica, storia, filosofia, ecc.). 

L'Istituto Bhandarkar stesso pubblica gli atti del Congresso 
Orientale di Poona del 1919 (I 36). Fra l’altro, sono in essi conte- 
nuti studî del Tavlor sui dialetti Birmani, del Bandharkar sull’ori- 


cobis. Ihrem hochverehrten Lehreyr 
Herrn Geheimen  Regirerungsrat 
Prof.Dr.H. J.In seinem 70 Geburts- 
tage dargebracht von ehemaligen und 
jetzigon Muitglidern des Ortentali- 
schen Seminars dev Universitat Bonn 
zusammengestellt von Dr. W. K. 
Bonn,Schròder Verlag 10920, pp.17. 


I. 29 — SAKLATWALLA ]}Am- 
sHebyi E., A Bibliography oj he- 
ligion (mainly Avestan and Vedic), 
pp. Il + 142 4 XVII, Bombay 
1922. — Rec.: JRAS, 1923, 425. 
(LD. BARNETT). (LM). 


I. 30 — The Religious Quest of 
India edited by J. N. FARQUHAR 
M. A. and H. D. GriswoLp M. 
A., Ph. D., Oxford, University 
Press. — Notizia: ]RAS, 1915, 
833 (A. BERRIEDALE IEITH). 


I.31 — Gaekwad's Oriental Se- 
ries, Nos N-XNVIII, Baroda, Bom- 
bay printed 1920-21.— Rec.: JRAS, 
1923, 425-427. (LD. BARNETT). 


I. 32 — Festschrift Ernst 
Windisch zum 70 Geburtstage am 
4 Sept. 1914 dargebracht von Freun- 
den und Schiilern, Leipzig 1914. 


1.33 — The R. G. Bhandarkar 
Memorial Volume, A. B. Press, 
Poona 1917. — Rec.: JRAS, 1918, 
347-348. (MA). 


I. 34 — Aufsatze zur Kultur 
und Sprachgeschichte vornelmilick 
des Ortents, E. Kuhn gewidmet von 
Frcunden und Schiillern. Breslau, 
Marens 1916, NNV 523. 


I. 35 Annals of the Bhandar- 
kar Institute 1018-19 and 1919-20, 
Vol. I, Pts. I and II, Poona 1919- 
20. — Rec.: JRAS, 10921, 133-34. 
(L.D. BARNETT). 


I.36 — Proceedings and Trans- 
actions of the First Oriental Con- 
ference, at  Poona, pp. 120 + 
CLXXNI, tavole 6, BhandarFar 
Institute, Poona 1922. — Rec: 


ca [Re 


III. BIBLIOGRAFIA, FCC. I. 36-40 


—____—__—__—_——y—_r-—————<—_——. rr, ———+6—_+&—tm 


gine indigena dell'alfabeto Indiano, di Krishna Sastri sulle iscri- 
zioni Brahmi dell'India Meridionale, ecc. ecc. 

Sono usciti gli atti del secondo Congresso orientale, tenutosi 
in Calcutta nel 1922 (I 37). Le tredici sezioni di esso trattarono 
rispettivamente, di Vedico, Iranico, Etnologia, Sanscrito, Pràcrito, 
Archeologia, Storia politica, Storia sociale e religiosa, Filosofia e 
Religione, Filologia, Buddhismo, Scienza, Geogratia araba e persiana. 

G. Jha (I 3$) offre alcuni volumi di traduzioni in Inglese, 
che fanno parte della collezione « Indian Thought », la quale, ini- 
ziatasi nel 1907 per merito di Giorgio Thibant e di Ganganatha 
Jha, è stata troncata per la morte del Thibaut 

La Nagaripracarini Sabha ha determinato la ripresa della Ndga- 
ripracarini Patrika, rivista in Hindi, uscita la prima volta nel 1897, 
suo organo ufficiale. Il primo numero contiene articoli di storia, arte, 
cronaca, ecc. (I 39). 

Si è iniziata nel 1922 sotto la direzione di Sten Konow la ’ 
pubblicazione di una rivista orientale dal titolo Acta Ortentalia 
organo delle Societa Orientalistiche Olandese Danese e Norvegese 
(1 59a). 

Una breve nota è uscita (I 40) per informare l'assunzione, av- 
venuta da parte di una ristretta Compagnia, del giornale Indian 
Antiquary, sotto la direzione di Sir Richard Temple, già unico pro- 
prietario del giornale. 

È apparso il II vol. (IV parte) del Catalogo della Biblioteca 


JRAS, 1923, 0648-50 (]J. 
(LAM). 


ArLAN). dra». (Indian Thought  Serles, 
Vol. II-IV). Allahabad 1917- 


19. — Rec.: JRAS, 1023, 430. (LI. 


I. 37 — Proceedines and Trans- 
actions of the Second Oriental Con- 
ference, pp. CVI + 651 (Calcutta), 
1922. Calcutta University Press 
1923. Notiz. JRAS. 1925, 115-120, 
(T. GRAHAME BAILLv). 


I. 38 — JHA MAHAMAHOPADH- 
YaYA GANGANATHA, The Nvava- 
sutras of Gautasna, with the Bhasva 
0f VATSYAYANA and the Vartika 
of UDDYOTAKARA. Translated into 
English with notes from VA- 
CHASPATI MIsHRA's eNVvava-Vartika 
l'atparya », UDAYANA'S «Parishud- 
dh » (and Bodhasiddhi, Vampua- 
MANA'S Antiksanayatattuabodha) 
and RAGHUTTAMA'S « Bhasvachan- 


BARNETT). (ZL). 


I. 39 — The Nazari-Pracarini 
Patrikà, Benares, 1920. — RKRcecec,: 
JRAS, 1921, 280-287. (G. A. 


GRIERSON). (MA). 


I. 39a — decta Ortentalia. Edi- 
dervunt Soctetates Orientales Bata- 
va Danica Norvegica curantibus 


FE. Buut, Hauniae; C. Sxouck 
HURGRONJE,  Lugd. Bat.; STEN 
Koxow, Christiamae; Ph.S. VAN 


RoxnkkL, Lugd. Bat. - Lugduni 
Batavorum, apud E. J. Brill. 


I.40 — The Indian Antiquary:, 
JRAS, 1924, 100-101. (LI). 


PER; RR 


BALLINI - INDIA. ; I. 41-50 


dell'India Office (I 41), concernente le opere Bengali venute alla 
Biblioteca tra il 1906 e 1920. 

Sono usciti varî cataloghi di pubblicazioni appartenenti a Bi- 
blioteche diverse (I 42-44). 

Per una bibliografia di studi tedeschi sul Buddhismo v. I 493. 


IV. Alfabeto. Grammatica. — R. G. Bhandarkar scrive 
sull'origine indigena dell’alfabeto indiano (I 45). 

Il Grierson (I 46) pubblica le, tavole complete dell’alfabeto 
Carada, mostranti*non solo le semplici vocali e consonanti, ma anche 
tutte le loro possibili combinazioni. Le fa precedere da alcune con- 
siderazioni sull’alfabeto stesso in relazione agli altri alfabeti Indiani, 
sulla tradizionale sua interpretazione e su quella « mezzo mistica » 
del Barnett. Segue un'appendice dedicata all'alfabeto nel misticismo 
dei Caiva, con una traduzione dal sanscrito e note esplicative del 


Barnett sull'argomento. 


Il Macdonell (I 47) ha pubblicato una Grammatica ed una 
Antologia Vediche ad uso scolastico. 

Sul dativo vedico avîrate scrive il Meillet (I 48), e su adhi bra 
e adhi Vvac nel Veda il Gehman (I 49). 

Il tipo vedico tuddti, secondo il Renou (I 50), viene da una 
antica flessione modale (c quindi tematica) con desinenze secondarie, 


I. 41 — ]J. F. BLUMHARDT, 
Catalogue of the Library of the 
India Office, Vol. II, Part. IV, Sup- 
plement 1906-1920, pp. I4+ 523, 
London, Eyre and Spottiswoode 
1923. — Rec.: JRAS, 1925, I106- 
117. (T. GRAHAME BAILEv). 


I. 42 — General Catalogue of 
all Publications of the Government 
of India and Local Governm. and 
Adm., Calcutta 1917. 


I. 43 — Government Oriental 
Librarv Series. Edited under the 
supervision of the Curator Govern- 
ment Oriental Library, Alysore, 
Bibliotheca Sanskrita, Nos. 46- 
53-56-63. Mvsore 1916-23. 

I. 44 — India Office Library 
Catalogue, Vol. I. Accessions 10, 
London 1921. 


I. 45 — v.I. 36. 


I. 46 — GRIERSsON SIR GEORGE, 
K.C.T1.E., M.R.A.S., On the Sa- 
rada Alphabet, ]RAS, 1916, p. 677- 
708. (LM). 


I. 47 — MacpoxELL A. A., 4 
Vedic Grammar for students, Oxford 


at the Clarendon Press, 1916, 
pp. XII+ 508. 
MacpoxELL A. A., A Vedic 


Reader for students, Oxford at the 
Clarendon Press, 1917, pp. XXXI 
203. — Rec.: RIGI, II, fasc. III 
e IV, 152-154. (E. La TERZA). (LR). 


I.48—MEILLET A., Le datif védi- 
queatvirate, BSL, XXI, 1920, 21-22. 


I 49 — GEHMAN H. S., Adhi 
Vira and adhi Vvac in the Veda: 
JAOS, NXXNV, 1916. 


I. 50 — 
védique tuddti in 


Renou L., Le type 
Mélanges lin- 


— 80 — 


III. BIBLIOGRAFIA, ECC. - IV. ALFABETO, GRAMMATICA. 


I. 50-54 


che poteva anche esprimere un fatto momentanco, e che ha as- 
sunto le desinenze primarie, passando così all'indicativo, quando 
queste son divenute necessarie nell'espressione del presente. 

Bhagavad Datta, offrendo l’edizione della Mandaki Ciksa 
(I 51) tratta nella prefazione alcuni punti connessi con la Ciksa 
stessa, per es. la relazione in cui si trova col Rgveda-praticakhva e 
Yaska. Egli ritiene scarsissimo il materiale originale della Mandahi, 
i cui insegnamenti in gran parte derivano da altre Ciksa. 

S. K. Belvalkar (I 52) presenta un suo libro come un modesto 
saggio di speculazione grammaticale. Esamina tutte le scuole e i 
sistemi fermandosi più lungamente su quella di Panini. 

Il Sarup (I 53), traduce il Nighantu e il Nirukta, dopo aver 
descritto le edizioni esistenti e i manoscritti da usarsi per la sua edi- 
zione, e dopo aver rilevata l’importanza dell’opera di Yaska, il gram- 
matico che appare, alla fine del periodo vedico (egli conosce anche 
diverse scuole grammaticali posteriori ai fadapatha e ai praticakhya 
vedici), il più antico autore conosciuto (anterioredi molto a Panini, 
il contemporaneo di Alessandro) che tratti dei principî dell’etimologia. 

Il Liebich (I 54) pubblica un notevole contributo alla cono- 
scenza della scienza del linguaggio degli Indiani, com'era da essi 
stata trattata, dando l’esame del Katantra e la versione dei ll. I-IV, 
trattando dello sviluppo della grammatologia indiana, pubblicando 
Il testo e un indice alfabetico del Dhatupatha di Panini, etc. Lo 


i 


Quistiques offerts à M. ]J. Ven-  mantics. Critically edited.... and 


dryes, Paris, Champion 1925, 309- 
310. (GBP). 


I. 541 — DATTA BHAGAVAD, 
Manduki Siksa, or the phonetical 
treatise of the Atharva Veda. Edited. 
wilh an introduction, appendices, 
index (in Hindi), XVIII + 52 + 
VI + VII. Lahore 1921. — Rec.: 
JRAS, 1923, 432-33. (LD. BaR- 
NETT). (LM). 


I. 52 — BELVALKAR SHRIPAD 
Krisuna, M. A., An account of 
the Different Existing Systems of 
Sanskrit Grammar, Poona 1915. 
— Rec.: JRAS, 1917, 182-183. 
(LD. BARNETT). (MA). 


I. 53 — The Nighantu and the 
Nirukta, the oldest Indian treatise 
on etvmology, philology, and se- 


translated for the first time into 
English, with introduction.... notes, 
three indices, and eight appendices 
hv LAKSHMAN SARUP M. A. (Paris), 
D. Phil. (Oxon). Introduction, 
pp. 80, Oxford University Press 
1920. — Rec.: BSL XXII, 1921, 
196-198, (]. BLocH); JRAS, 1922, 
447 - 448; 1923, 275-276. (L.D. 
BARNETT);— V. pure L. SARUP, 
Notes on the Nirukta IA, May 
1921. (GBP). 


I. 54 — LiEBICH Bruno, Zi 
FEinfiihrung in die indische einhei- 
mische Sprachwissenschaft I, Das 
Katantra, II, Historische Emfihr. 
SBHAW 1919-20. Quattro parti: 
pp. 95 + 53 + 86 + 88. Heidelberg, 
Winter 1919-20. — Rec. : JRAS, 
1922, 433-439 (A. A. MACDONELL); 


== 


Aevum - Anno I - 6 


BALLINI - INDIA. I. 54-61 


stesso (I 55) espone le radici sanscrite col loro significato, contenute 
nel Nirukta e nei grammatici, quelle del Dhatupatha di Panini e 
di Candra, ordinate secondo il significato da loro dato ad esse, e liste 
alfabetiche delle radici verbali immesse da Panini e da Candra, 
come usate all’attivo, al medio e in ambedue i modi. 

Il Vidyabhashana (I 56) si propone di insegnare la grammatica 
per mezzo di aforismi di Panini spiegati in Sanscrito e in Inglese. 

Edizioni e traduzioni di grammatiche indigene danno S. 
Ray (I 57) e V. S. Sùkthankar (I 58), 

Il Vidyabhaùshana (I 59) pubblica una grammatica sanscrita, 
in cui le regole sono in Bengali e gli esercizî in Inglese. Lo 
stesso (I 60) insegna gli elementi del Sanscrito in maniera piana 
e pratica, illustrandoli con brani di narrazioni rielaborati in forma 
semplice. 

Il Dewhurst (I 61) a proposito dell'opinione dei grammatici 
(v. Panini, VI, 4, 117) che vi siano tre forme alternantisi della 
2.a pers. sing. dell’imperativo del verbo da «lasciare », cioè 
jahihi, jahihi e jahahi, dichiara — ricordato che secondo il Whitney 
(Sanskrit Grammar $ 665) una sola forma, la prima, appare docu- 
mentabile — di non aver mai trovato nel Sanscrito classico alcun 


JRAS, 1925, 179 (LD. Bar- I. 58 — SUKTHANKAR VISHNU 
NETT). S., Die Grammatik Sakatayana's.... 
nebst Jaksavarman’s Kommentar. 

I. 55 — LieBICH BruNO, .Ma- Inaugural Dissertation, Leipzir, 


derialien zum Dhatupatha SBHAW, 
Stiftung Lanz. Ph.-hist. KI., 1921, 
7 Abh. Heidelberg, Winter 1921. 
— Rec.: JRAS, 1925, 185 (LD. 
BARNETT). — Vedi pure: 

LiEBicH Bruno, Candya-Vrtti 
der Original-Kommentar CANDRA- 
GOMIN'S zu scinem grammatischen 
Sttra, AKM, XIV, 1918. 


I. 56 — VIDYABHUSHANA U- 
PENDRANATH, A Mantal of Higher 
Sanskrit grammar and Composi- 
tion, Pts I, II, Calcutta 1919- 
1921. — Rec.: JRAS, 1923, 436, 
(L.D. BARNETT). (LM). 


I. 57 — BHATTOJI DiKSHITA'S, 
Siddhanta-Kaumudi, Vol. II: Ka- 
raka and Samasa. With translation 
and Sanskrit commentaryv by SA- 
RADARANJAN Rav, Vidvavinod, 
M. A., pp. IV+ 106, Calcutta 1920. 


Kreysing, s.d.(Adkyava 1, Pada 1 
mit Uebersetzung der Stitras, 1921). 


I. 59 — VIDYABHUSHANA U- 
PENDRANATH, 7 he Beginner's Sans- 
krit grammar and Composition, 
Introductory and supplementary to 
the Elements of Sanskrit grammar.. 
Published by the Calcutta Uni- 
versity, 4 ed., XI + 336, Calcutta 
1915. — Rec.: JRAS, 1923, 435- 
436. (LD. BARNETT). (DM). 


I. 60 — VIDYABHUSHANA U- 
PENDRANATH Pandit: Samskyta- 
Patha-Mala. Sanskrit Reader, Pts 
I, II, Calcutta 1922. — Rec.: 
JRAS, 1923, 436 (L.D. BARNETT). 
(LM). 


I. 6t — DewHURST R. P, 
Sanskrit Grammatical Note, JRAS, 
1916, 571-72. (LM). 


_ 829 


IV. ALFABETO. GRAMMATICA. 


ii E fi li Pi i i SL E ii i i i iii gig i 


I. 62-72 


esempio della terza forma, mentre le altre due si trovano 
nel Kiratarjuniya di Bharavi, probabilmente per esigenze me- 
triche. 

È uscito l’Indice delle questioni di glottol. indiana toccate o 
trattate nel t. XXII dei MSL (I 62): conson. fin.; indebolim. 
dell’iniz. in parole access.; loc. plur.-sw; 18 sing.; 1* plur.; nomi non 
arii in i.-ario; parole di popolaz. aborig. in linguaggi indiani; skr. 
-a- e -u-. È apparso pure il lessico delle parole studiate ib.: scr., 
prakr., pali, marathi, hindi, paùjabi (I 63). 

Il Grahbame Bailey (I 64), a proposito di uno scritto del Gri- 
erson (I 65), discute anzi tutto il significato usuale assegnato al 
termine « cerebrale » per le consonanti della terza serie del sistema 
fonetico indiano; indaga, su l’autorità dei principali cultori di fone- 
tica indiana, la natura dei detti suoni, il luogo vero della loro arti- 
colazione (che egli determina nel mezzo del palato duro). Accenna 
pure al valore del comune termine « dentale ». Si chiede poi se ì 
quattro suoni dentali e cerebrali (tt, dd, rr, n n) esistano nel lin- 
guaggio Sina e risponde affermativamente. Finalmente indaga sul 
punto di articolazione di questi suoni in Sîna. 

Nella raccolta delle pubblicazioni scientifiche dì F. de Saussure 
gli editori, Charles Bally e Léopold Gautier, ristampano tra l’altro: 
De l’emploi du génitif absolu en sanscrit (1881) (I 66), Vedique libua, 
Paléoslave lobuzati (1884) (I 67), Sanscrit stokd-s (1889) (I 68). 
L'indice (I 609) contiene circa 1100 parole sanscrite che il de Saus- 
sure ha in qualche modo illustrate. 

Altri scritti d'indole grammaticale pubblicano il Lanman (I 70), 
il Liebich (I 71) e K. V. L. Rao (I 72). 


I. 62 — MSL XXII, 1920, 282. I. 67 — ib,, 404. 
I. 63 — MSL XXII, 1920, 306- I. 68 — ib., 419. 
8. (GBP). 
3055 doc) I. 69 — ib. 608-615, 
I. 64 — GRAHAME BAILEv T,, 
Are the four series (front t, d, r, n,; I. 70 — LANXMAN C. R., The 


Sanskrit passive-stem, JAOS, vol. 


back t d r n; aspirates, and non 
40, fasc. 3, 1920. 


aspirates) found in Sina? ]JRAS, 
1925, 87-93. 


I. 65 — JRAS, 1924, Oct, 


I. 66 — Recueil des publica- 
tions scientifiques de Ferdinand de 
SAUSSURE, Heidelberg, Winter 


I. 71 — LiEBicH Bruno, Lebdber 
den Sphota (Ein Kapitel iber die 
Sprachphiosophie der  Inder), 
ZDMG, LXNVII, 1923, 208-209. 


I. 72 — Rao K. V. L., Dia 


1922 (Indo-germ. Bibliothek III, 2) 
269-338. (GBP). 


Panini know Buddhist Nuns? IA, 
March 1921. (LM). 


— 83—- 


BALLINI - INDIA. 


V. S. Suktankar, (1 72a) nella sua dissertazione dottorale, da 
un saggio critico sull'opera del grammatico Cakatayana (adh. 1. 
pa. I), «corredato dal commento (cintàmani) di Yaksavarman. Una 
traduzione in tedesco con note dichiarative, completa l’interessan- 
tissimo specimen». 

1l Caland (1 72b) cerca di spiegare il samplomnaya di Apa- 
stambacrautasitra VIII, 16, 6 e XIII, 17,9, con un richiamo della 
samplavamplivam del Manavagrautasitra II, 5, 4, 10. Ììndica i 
probabili passaggi. 

P. Ch. Chakrabarti (I 73), considerato che il Sanscrito, per la 
sua ricchezza e complessità fonetica e morfologica, è atto a dar 
luce a molti problemi della grammatica in generale, che esso si 
può ritenere il più antico dci linguaggi viventi, afferma che «la 
speculazione scientifica sul linguaggio ha avuto origine in India ». 
Accenna all'importanza del Sanscrito per la grammatica comparata, 
alle giuste espressioni sulia lingua (vak) date dal RV, al criterio 
scientifico seguito da Yaska nella dottrina della parola, e, pur non 
negando i meriti della scienza europea nella speculazione lingui- 
stica, insiste nel mostrare l’eccellenza delle antiche cognizioni lin- 
guistiche indiane. — Divide il suo lavoro in due parti: 1® Filo- 
sofia del linguaggio (viàA, la sua origine e il suo carattere eterno: 
origine divina, ab acterno; origine della lingua, spiegata secondo 
la frascologia indiana; teoria dell’eternità del linguaggio; origine 
convenzionale o non eterna; teoria sulla radice, modo di espressione 
del pensiero; onomatopea; articolazione del suono; produzione del 
suono secondo il Nyaya; teoria dell'evoluzione; classificazione 
delle parole; divisione della parola in tema e suffissi; natura e 
significato della radice « ultimo germe della parola » etc.); 23 Se- 
mantica (teoria del Nyaya-Varsesifa su la relazione tra parola e 
concetto; teoria della Mimamsa, etc.). 

S. K. Chatterji (I 74) pubblica un tentativo di trascrizione 
fonetica dei principali linguaggi dell'India moderna: Bengali (nelle 
sue varictà), Assamese, Ortya, Magahi, Maithilî, Bhojpuriya, Hin- 


I. 72a — SUKTANKAR VISHNU I. 73 — CHAKRABARTI PRa- 
S., Die Grammatik Cakatayvana’s «8BHAT CHANDRA, Linguistic Spe- 
adhyvaya 1, pàda 1 nebst Yaksa-  culations of the Hindus. Calcut- 
varman’s Kommentar etc. Lcip- ta, University Press 1924-1925, 
zig, 192I - Rec. RSO, IX, 1921-23. pp. 185. 

610 (F. BELLONI-IILIPPI). _ 
I. 74 — CHATTERJI SUNITI Ku- 


I. 72b — CALaND W. Das son- 
derbare Absolutiv Samplomnava 
Act O I 1922, 318-319. 


MAR, Phonetic Transcriptions from 
Indian Languages. Hertford, Au- 
stin 1922, pp. 19. 


= Re 


IV. ALFABETO. GRAMMAT'CA - V. LESSICOGRAFIA. I. 75-80 


dustini (Hindi), Marwari, Patijabî occ., Sindhî, Gujarati, Marathi, 
Telugu, Kannada, Tamul, Malayala, Sinhalese. 


V. Lessicografia. — Lo Schmidt, dopo averne dato un saggio, 
ha iniziata la pubblicazione delle aggiunte (a tutto il 1924) all’edi- 
zione minore del Vocabolario Sanscrito del Bòhtlingk (I 75), del 
quale è uscita una riproduzione anastatica (1 75a), 

È uscita una riproduzione anastatica del Vocabolario sanscrito 
del Macdonell (I 76), particolarmente utile ai principianti. 

S. Lévi (I 77) esamina alcune coppie. di nomi che si riscon- 
trano nella nomenclatura geografica dell'India, dal Kacmir al cuore 
della penisola (Kosala-Tosala, Anga-Varniga, Kalinga-Trilinga, Ut- 
kala-Mekala, Pulinda-Kulinda), trovandovi le traccie d'una lingua 
che appartiene al tipo Munda e Mon-khmer. 

L'epiteto di sahampati (pali sahampati, scr. anche salapati), 
che i testi buddhistici danno a Brahma, riposa, secondo il Przyluski 
(I 78), su scr. sabhapati « signore, capo della sabla, assemblea », ri- 
fatto in pali sul tipo di disam pati (sujampati, gavampati) che contiene 
un gen. vedico di dig-, dicam. 

Secondo il Cunv (I 79), la lingua madre dell’i.-e. e del cam.- 
sem. avrebbe posseduto una parola *IK,(s)a-ba, da cui i.-e. *g,zli-1-p > 
scr. Rsip- « dito » f., e sem. *saba (*sba-'u) > ebr. ’esdba' « dito » f., 
ar. class. ‘isba‘-u"* spesso f. sir. seB'd4 m. e f. 

Il Grierson (I 80) riferendosi all'affermazione di Kumarila che gli 
Ariani abbiano confuso la parola dravidica pap ‘‘ serpe ,, colla lero pa- 
rola papa ‘‘ peccato ,, discute sull'origine comune delle due parole. 


I. 78 — ScHMIDT_ RicHarD, — Rec.: JRAS, 1925, 177-8 (L.D. 
Bertrage zum Sanshrit Worterbuch, BARNETT). , 

ZDMG, LXXXI, 1917, 1-49. 
SCHMIDT RIcHARD, Nachtreage zum 
Sanshrit - Worterbuch in Riirzerer 
Fassung von Otto Bohtlingk, Han- 


I. 77 — Levi Svylvarx, Pré- 
aryen et pré-dravidien dans l’Inde, 
JÀ, 10923, 1-57. (GBP). 


nover, Lafaire 1924-1925. — Rec.: I. 78 — PRZYLUSKI ]., Brahma 

JA, 1925, 310-311 (G. FERRAND). — Salampati. JA, 1924) 155-103. 
I. 75a — BontLINGH OTTO von, (6282). 

Sanshrit Worterbuch in Airzerer I. 79 — Cunmnvy A, Ze nom du 

Fassung. Neudruck in Helioplan-  «doigt» en sanskritet dans les langues 


verfahren, im 7 Bdnden, Folio, auf sémitiquesin Mélangeslinguistiques 
Holzfreiem Papier. Leipzig, Mar- ofierts à M. J. Vendryes, Paris, 
kert und Petters s. d. Champion, 1925, 135-139. (GBP). 


I. 76 — MAcDoNELrL A. A, I. 80 — GRIERSON A. GEORGE, 
A practical Sanskrit Dictionary, Tamil  pambu, Sanskrit papa, 
Oxford, University Press. 1924. JRAS, 1923, 619. (LM). 


la e 


BALLINI - INDIA. Ca _L 81-85 


Il Codrington (I 81) combatte l'opinione espressa dal Tho- 
mas (I 82) che la parola sanscrita #arsa nel significato di vn certo 
peso, non sia d’origine indigena, come vorrebbe il Cunningham (I 83), 
ma importata dall'Asia Occidentale. Il Codrington non vede la ne- 
cessità di supporre tale importazione. In margine alla nota del 
Codrington si legge un breve commento di F. W. Thomas che dilu- 
cida nuovamente la propria tesi. 

Il Thomas (I 83) richiamandosi alla pag. 461 del JRAS, 1916, 
a proposito delle parole udyana e urdî, richiama l’attenzione sopra 
nuove derivazioni delle parole ed accenna alle « Ausgewdhlte Erzih- 
lungen in Maharastri » (pag. 28). 

Lo stesso (I 84), ricordato che al verbo vivasay — nell’iscri- 
zione di Sarnath è stato riconosciuto il significato di «cause to dwell 
away ,, to dwell, that is, in a place which is anavasa ‘ not a resi- 
dence », in the particular case ‘not a residence of a comunity of 
monks ,, e accennato al ricorrere di una frase nell’editto di Ripnath 
sostanzialmente identica a quella dell’editto di Sarnath, nella quale 
il significato generale di vivas- è certo, indaga se il verbo stesso sia 
transitivo e valga cioè per ‘‘ came to dwell away ,,:‘‘ came to travel ,, 
o intransitivo e significhi ‘“ dwell away ,, o ‘‘ travel ,,. Studia inol- 
tre il valore delle espressioni: tam atham tadatvane, nijhati, niuu- 
dhasi pi kalasi. 

Lo stesso Thomas (I 85), polemizzando col Fleet sull’esatta inter- 
pretazione della parola gana, dal Fleet tradotta colla parola tribù, 
vuol dimostrare che essa significa invece comunità, e che l'essere 
stata tradotta trib da Pratap Chandra Ray in un brano del Maha- 
b©harata, e da Nandargikar e Shankar P. Pandit in un brano del Ra- 
ghuvamga, non è un argomento valevole, poichè è lecito a studiosi 
usare termini approssimativi in brani poetici. Approfondisce la 
differenza di significato fra le espressioni f#ribù e comunità, e cita 
a sostegno della propria tesi una nota dello stesso Pratap Chandra 
Ray, già citato dal Fleet, al Cantiparvan, adhy. 107, interamente 
dedicato ai gana. 


I. 81 — CopnrINGTON H. \,, I. 84 — THomas F. W., Notes 
Karsa, Karsapana. ]RAS, 1924, on the Edicts of Asoka, 12 Vivasa. 
93-94. 13 Some Minor Potnts: Tam 


. . afham, tadatvane, nijhati, nilu- 
I. 82 — THomas F. W., JRAS, diasi pi Ralasi. JRAS, 1916, 113 


1916, p. 300. -123. (LM). 

I. 83 — TuHomas F. W., Mr- I. 85 — THomas F. W,, Ma- 
scell. Comm. JRAS, 1918, 311.  /ava-gana-sthiti, JRAS, 1916, 162- 
(MA). 106. (LM). 


inietta 


V. LESSICOGRAFIA. I. 86-92 


Il Bloch (I 86) indaga sul verbo vedere nell’Indo-ario. 

A. C. Woolner (I 87) pone la domanda se possa stabilirsi che 
in Taxila al principio dell’era Cristiana ayasa fosse usato per signi- 
ficare ‘‘ di questo ,, e formula alcuni quesiti che, insoluti, lo ren- 
dono dubbioso se sia veramente ayasa = asya. 

Il Meillet (I 88) dimostra che ved. Arstt ’ gruppo di genti” 
è da *k*-l-s-ti-, in cui l'aggiunta del secondo suffisso ha regolarmente 
provocato il vocalismo zero dell'elemento presuffissale; gr. réX0g 
è da *k”el-es- con lo stesso senso. 

Lo Schwyzer (I 89) studia i vocaboli che indicano ’’buono”’ 
e ‘cattivo’ in sanscrito e in antico iranico. 

E. G. Oliver (I 90) studia i vocaboli che designano l'apparecchio 
per produrre il soma. 

Secondo il Laufer {I gI), scr. Rarketana (-tana, -tila; Caraka 
6,23; Ratnapariksa di Buddhabatta [prima del VI sec.]; Brhat- 
samhità di Varahamihira [505-587]; Amarakoga; Mahavyutpatti, 
sez. 235) «crisoberillo», proviene dal Ceylon, dove si trova tale gemma; 
non ha relazione con sir. qarkedna, lat. calchedomus (Pl), gr. 
sandy e xapynSévioc, ebr. kadkéd; infine: *forma singhalese > 
scr. Rarketana > pracr. kakkeraa > apabhramga *kekeru > tibet. 
he-ke-ru; skr. > partico Rarkadan > arm. Rkarkchan (sinon. di 
seilany > ‘arab. karkahan (-han); scr. > pehl. karka(n)dan > 
arab. karkand. 

Le lingue antiche dell'India hanno preso a prestito nomi di 
piante, animali e prodotti dalle lingue (affini alle indocinesi) delle 
popolaz. aborigene. Ciò afferma ]J. Przyluski (I 92), esaminando 
scr. kRa(n)dalî «albero di banane», scr. kambala «tessuto di lana» 


I. 86 — BLOCH ]J., « Voir» in VII-243. — Rec.: BSL XXII, 
indo-aryen in ‘“Avtldwpov Festschr. 1920, 50-51. (MEILLET). 
J. Wackernagel, Gottingen 1924. 
I. 90 — Studies in honor of 


I. 87 — WooLnER A. €. Maurice Bloomfield, by a group of 
Ayasa-Asya, JRAS, 1916, p. 570- his pupils, New Haven, Yale Uni- 


571. (LM). versity Press. 1920, XXXI-312. 
I. 88 — MEILLET A., À propos — V. I. 16. 
2.47 SAS I. 91 — LAurFER B., Sanskrit 
{ i karketana. MSL XNXII, 1920, 
I. 89 — ScHwyzER E., Die 43-06. (GBP). 
altindischen und altiranischen Wòr- 
ter fiir gut una bòse in Fe- I. 92 — PRZYLUSKI ]., De 


stgabe Adolf Kacgi, von Schiilern quelques noms anaryens en indo- 
und Freunden dargebrachi zum 30 arven. MSL XAXII, 1920, 205-210. 
September 1919. Frauenfeld, 1919, (GBP). 


MR cir ge 


BALLINI - INDIA. I. 93-102 


(A. V. 14,2,66,67) e «specie di cervo» e pracr. sakkara pali sak- 
khara (caxyapi) «zucchero». Scr. garkarà, in origine «ciottolo, 
massa cristallina », è la sanscritizzazione artificiale del voca- 
bolo pràacritico. | 

Il Meillet (I 93) dimostra come in scr. f/us:, alb. Pl'est, arm. 
lu si riscontra il gruppo iniz. fl, di fronte a dAl- di lit. lett. sl. 
afgh. — Il senso del nome 1.-e. della pulce è rimasto lo stesso in tutte 
le lingue; anche, secondo il Bloch, nel ved. plusi. 

Il Liiders (I 94) espone una interessante spiegazione di certi 
l del scr. classico; così ali «ape» verrebbe da alil < *adih < *rdih, 
cf. gr. &pSts «punta». 

L’Avadanagataka, in cui si trova la parola dinara, appunto 
per ciò, secondo il Winternitz (Gesch. d. ind. Litt., II, I, 216, n. 4) 
appartiene al II sec. d. C. Ma, nota il Keith (I 95), se la pronunzia 
i dell’e fu in Grecia generale, per quanto risulta, non più tardi del 
principio dell’era cristiana, lat. denartus può essere stato introdotto 
da Greci in India e ridotto a skr. dinara fin dal I sec. d. C. 

K. R. V. Raya (I 096) trova che il Thomas (JRAS, 1916, 
362-366) è d'accordo coi suoi « Comparatives Studies » (1908) nel 
far derivare il nome Asura da quello del gran dio assiro. 

Il Thomas (I 97) risponde che il nome Asura non è concepito 
assolutamente nello stesso modo con cui lo intende K. R. V. Raja, 
perchè quest’ultimo ammette che tal nome sarebbe penetrato nel- 
l’India in tempi pre-ariani. 

Su ved. puramdarati (I 98), scr. bhariah (I 99) scrive 11 
Meillet. 

Su scr. phalgu, scive F. Kreek (I 100-101). 

Di una parola araba citata da Hemachandra, scrive il Gri- 
erson (I. 102). 


I.93 — MEILLETÀ., A fropos du I. 97 — THiomas F. W., Miscell. 
nom i.-e. de la « puce ». MSL XXXII, Comm., JRAS, 1917, p. 132. (MA). 
1920, 142-3. — ]. BLocH, Sanskrit 


plusi « puce », ib., 239-241. (GBP). I. 98 — MEILLET A, Ved. 
purasdarati. BSL XXI, 1919, 
I. 94 — FK 1916, — Rec.: 127. 
BSL_XXII, 1920, 49-50 (MEIL- 
LET). (GBP). I. 99 — MEiLLET A., Sfkr. 


bhirjah. MSL XXI, 1918, 48. 
I.95 — KEITH BERRIEDALE A,, | Ù 


The denarius as a proof of date. I. 100-101 — KREEK F., Zu as. 
JRAS, 1915, pp. 504-5. (GBP). = phalgu. FW. 

I. 96 — Rava K. R. V.,, Mi- I. 102 — GRIERSON G. A., An 
scellaneous communications. JRAS, Arabic Word quotea by Hema- 
1917, 131-132. (MA). candra. J]RAS, 1915, 235. 


RA << PER 


I. 103-107 


V. LESSICOGRAFIA - VI, POETICA. 


Per scritti di lessicografia contenuti nel I volume degli Annali 
dell'Istituto Bhandarkar, v. I 33. 

Per una discussione fra il Fleet e il Keith sul valore dell’e- 
spressione ratri-divasa, I 1605-1609; per l'esatta interpretazione 
di pratigravanapurvani naksatrani, I 1610; per un vocabolo ma- 
lese di origine sanscrita I 17$0. 


VI. Poetica (Alamkara).— Hari Chand Sastri nella sua tesi di 
laurea (I 103-104) si occupa di Kalidasa e dell’arte poetica indiana. Il 
consta di quattro capitoli e di una notevole appendice. Il 1° cap. dà la- 
voro una completa bibliografia dei trattati di A/amkara; il 29° investiga 
l'arte di quanti hanno scritto sugli Alamkara; il 3° contiene tutte le 
« quotations » dei lavori di Kalidasa in rapporto ai testi sull’Alamkara 
esaminati dall'Autore; il 4° s'intitola « La storia del testo di Kalidasa 
secondo le citazioni ». Al grande poeta sono attribuiti sei lavori. 
Il Sastri gli nega la paternità del Riusamhara. Il lavoro finisce 
con una lista alfabetica delle iniziali di ogni verso delle opere 
di Kalidasa. Il Morici, che fa un ampio esame dell’opera del 
Sastri (I 105), afferma giustamente avere il dotto indiano fatto 
un vero e proprio studio su l’A/amkara, oltre che su Kalidasa, il 
quale tutti i retori indiani proclamano «il malakavi, l'altissimo 
poeta, il modello insuperato e insuperabile dell’arte poetica ». 

Il Jacobi, discussa l’età di Bhamaha e Dandin (I 106), (al 
primo assegna una data non anteriore all'ultimo quarto del secolo 
VII d. C. e non posteriore all'ultimo quarto dell'VIII; al secondo, 
il periodo della maggiore attività al principio o nella prima metà 
dell'VIII sec. d. C.), esamina l’opera di ambedue in confronto del 
predecessore Bhatti e conclude che essi dovettero giovarsi di fonti 
diverse dalle sue. Indaga, poi, sulla somiglianza e differenza in- 
tercedenti fra i due e sul progresso delle loro opere in paragone 
di chi li aveva preceduti. 

Importanti scritti di Al/amkara sono usciti per opola di P. V. 
Kane (I 107-108) e di K. S. De (I 109). 


I. 103-104 — Sastri Hari retorica indiana in un’ opera re- 


CHanp, Kalidasa et l'art poétique 
de l’Inde (Alamkara Castra). Thése 
de doct., Paris, Champion 1917, 
pp. XIV + 252 + 104 — Rec,: 
JRAS, 1918, 564-572 (A. A. 
MACDONELL). ZDMG, LXXIII, 
1919, 189-196. (Jou. NOBEL). 


I. 105 — Morici GiusEppPE, La 


cente. GSAS, NXIX 1919-20(1921), 
115-125. 


I. 106 — JacoBI HERMANN, Bha- 
maha und Dandin, thr Alter und 
ihre Stelle in der indischen Poctik 
SBAB, XXIV, 1922, 210-220. 


I. 107 — KAaxnE P. V., Zhe 


4900 2g 


BALLINI - INDIA. I. 107-11 6 


Per scritti di retorica nel I volume degli Annali dell'Istituto 
Bhandarkar, v. I 33. 


VII. Prosodia. Metrica. Il Meillet (I 110) ritiene che la 
quantità delle prime sei sillabe nei versi d’un frammento nuovo d'Alceo 
(v. Neue Jahrbiicher, 1914, p. 238 segg.) sia indifferente come quella 
delle quattro o cinque sillabe iniziali dei f@da vedici di II o 12 sil- 
labe. Conclude, asserendo che il verso è più antico del piede: la no- 
zione di piede non s’applica che ai tipi in cui si trova l’equivalenza 
di una lunga e di due brevi (sconosciuta al vedico, e all’eolico), cioè 


ai versi epici e ai versi ionici. 


Contributi di prosodia e metrica indiana hanno dato Roby 
Datta (I III), lo Schubring (I 112). 


Per uno studio del Grierson sulla metrica dei Lalla-vakyani v. 


I 783. 


Per uno studio su la prosodia nel Tamul v. I 1766. 


VIII. Letteratura vedica. — 1. VEDA — a) RovenpA— Il 
Geldner (I 113) ha pubblicato un primo volume di versione e com- 


mento del Rgveda. Esso contiene i primi 


quattro mandala. 1l 


secondo volume conterrà gli altri sei e il terzo il lessico. 
Traduzioni di inni vedici hanno pubblicato pure E. Schwen- 
tner (I 114), A. A. Macdonell (I 115), E. J. Thomas (I 116). 


Sahityadarpana of Vicvanatha (Pa- 
richchedas I-X), with Notes on 
Parichchedas I, II, X, anda History 
of Alamkara Literature. Bombay, 
1923. 


I. 108 — KaxEP.V., Outlines of 
the History of Alamkara Literature, 
JRAS, 1917. 


I. 109 — De SusHiL KUMAR, 
Studies in the History of Sanskrit 
Poettes Vol. I, London, Luzac a. 
C. 1923, pp. XX 376. 


I. 110 — MEILLET A., Metrique 
éolienne et métrique védique. BSL 
XXII, 1920, pp. 16-17. — V. an- 
che I. 5. (GBP). 


I. 1tt — DAaTTA RoBy, Pro- 
sody and Rhetoric. Calcutta 1915. 


I. 112 — ScHUBRING \VALTER, 


Beitrage zur indischen Verskunde. 
ZDMG, LXXIV, 1920 97-121, 
1920. 


I. 113 — GELDNER K. F. — 
Der Rigveda tibersetzt und erlautert, 
VI + 442 pp.— Rec.: JRAS, 1925, 
178 (L. D. BARNETT), 


I. 114 — ScHWENTNER E. 
Lieder des Rigveda in metrischen 
Uebersetzung, X +54, Hagen, 1923, 
Folkwang-Verlag. 


I. 118 — MACDONELL A. A,, 
Hymns from the Rigveda (= Heri- 
tage of India Series), pp. 98. 
London, Oxford University Press 
1923. 


I. 116 — THomas E. ]J., Vedic 
Hymns: Translated from the Rig- 
veda with Introduction and Notes, 


_ We 


VI. POETICA - VII. PROSODIA. METRICA - VIII. LETT. vEDICA. I.116-121 


Il Macdonell pubblica pure un manuale di letture vediche ad 
uso didattico (I 117). 

Il La Terza (I 118) traduce e commenta il RV, X, 14. Nota 
che l'inno risulta composto di tre parti: @) str. 1-6; bd) str. 7-12; 
c) 13-16. La prima e la terza sono dirette a Yama; la seconda, con- 
tiene una strofa interpolata ed è diretta ad un determinato defunto. 
Aggiunge la bibliografia relativa all’inno. 

Lo stesso (I. 119), esaminata la costituzione dell'inno X, 18 
del RV (Alla Morte), trova che le varie parti di esso non risul- 
tano disposte in ordine cronologico, cioè, nelle tre fasi successive di 
cremazione (dahana) di raccoglimento e seppellimento delle 
ossa (nidlhana) e di purificazione dei superstiti che avevano 
partecipato alla cerimonia (cantikarman). Crede che la ragione 
di questa inversione stia nel fatto che nel RW gli inni sono coordinati 
‘ secondo il numero delle strofe in gradazione discendente. Accennato 
poi che nel detto inno non si parla del fuoco per la cremazione, 
osserva che le strofe possono adattarsi anche all’altra pratica della 
inumazione. Difatti le due pratiche coesistevano, come risulta dal 
RV, X, 15, 14, e dall’AV, XVIII, 2, 34. In quest’ultimo anzi, si ac- 
cenna ad altre due pratiche: quella di gettar via il cadavere e quella 
di esporlo: ma queste sono malsicure. Le pratiche fondamentali erano 
la inumazione e la cremazione. Poichè gli inni del RV si riferiscono 
a singole parti della cerimonia funebre che si eseguiva in occasione 
della morte di una persona cara, così, per avere di quella un'idea 
compiuta, il La Terza, giovandosi specialmente dell’Agvalayana- 
grhyastitra e di molti altri testi, da un’esatta esposizione di essa. 
Soggiunge che l’inno trovasi nelle Sarvanukramani ed è attribuito 
al rsg Samkusuka Yamaputra. Aggiunge una ricca bibliografia sugli 
studi e sulle traduzioni dell'inno stesso (X, 18) che poi traduce ed 
illustra (I 120). 

Lo stesso (I 121), connettendosi ad alcune osservazioni 
del Ribezzo, traduce ed illustra i versi 3-4, 8-9 del RV, X, 28. 

Lo stesso da la traduzione ed il commento dell'inno Aî dadi 


{= Wisdom of the East Series), I. 119 — La Terza ÈE,, Dal 
pp. 128, London, Murray 1923. Rigveda: Alla Morte (X, 18), RIGI, 
I fasc. III, 87-105. (LR). 
I. 117 — MACDONELL A. A,, PRE (EIOSTAZ) 
A Vedic Readey for Students: v. 1. I. 120 — La Terza E, Dal Rig- 
47. veda: Alla Morte (X, 18), RIGI II, 
Li — La dii È. 4 1918, fasc. I, 65-72; 1917-18, fasc. 
Yama (Rigveda X, 14), RIGI, IV, I, 89-56. (LR). 
III, 1919, fasc. I e II, 131-145. I. 121 — La Terza E, Rig- 
{LR). veda X, 28, 3-4 e 8-9, RIGI, II, 


sf 


BALLINI - INDIA. I. 121-125 


RV, X, 34 (I 122), premettendovi una introduzione nella quale 
accenna allo scopo dell’inno, soggiungendo ch'esso può considerarsi 
come diviso in due parti, di cui la prima recitata dal sacerdote offi- 
ciante, la seconda dalla persona interessata. La quale, secondo il 
La Terza, sarebbe l’autore stesso dell’Inno. Adduce le ragioni per 
le quali esso si trova nella Samhità, opponendosi a quanto suppone 
lo Schréder. Tratta della materia onde eran formati i dadi, del tiro 
o getto, della posta, dei bari, e del numero dei dadi sul quale v'è grande 
incertezza (1000?) e spiega, da ultimo, in che consisteva il giuoco. 

Lo stesso (I 123) traduce e illustra gli inni RV_X, 15 e X, 16. 

Lo stesso (I 124) considera 1 pada c, d, del RV, I, 92, 5 e spiega 
il vocabolo féro come un nom. sing. del tema in vocale é5a-, con- 
trariamente a quanto avevano congetturato il Ludwig, il Grassmann, 
il Pischel, il Bloomfield e l’Oldenberg. E, dandogli il significato di 
« colui che pinge, colorisce, orna, quindi pittore », traduce: «Come ‘ 
il pittore che la colonna tinge nelle adunanze sacrificali, (così) la 
figlia del cielo (= l’Aurora) ha disteso il mirabile splendore ». 

Il Bloomfield (I 125) ha pubblicato in due volumi della Harvard 
Oriental Series le concordanze del Rgveda nelle quali raccoglie e clas- 
sifica tutti i luoghi di singoli distici o di singole strofe che si tro- 
vano ripetuti nella Samh:ità del RV, che ammontano a 2400. Egli 
poi classifica queste ripetizioni in dieci classi. Alla Vedic: Concor- 
dance e a quest'opera l'A. si propone di far seguire, oltre ad. una 
Reverse Concordance, anche un Yreatment of the Vedic Variants. 
« Con la pubblicazione di queste altre due parti, il Bloomfield condurrà 
a termine un'opera veramente monumentale, di cui si gioverà gran- 
demente la indagine scientifica, per giungere ad una maggiore e 
più approfondita comprensione della formazione del RV e del suo 
pensiero religioso ». 


I.125 — BLoOOMFIELD MAURICE, 
Rig-Veda Repetitions. The repeated 
verses and distichs and stanzas of 
the Rig-Veda in systematic pre- 
sentation and with critical discus- 
ston. Harvard University Press, 
Cambridge (Mass.), 1916, XNX- 


1918, fasc. III e IV, 


(LR). 


I. 122 — La Terza LE. Dal Rig- 
veda, Ar dadi, N, 34 - RIGLI, 
1917, fasc. I, 85-104. (LR). 


127-128. 


I.123 — LA TirzA E. Gli inni, 


X, 15 e X, I0 del R. V. tradotti 
ed illustrati in: Eco della Coltura; 
mumero unico per Michele Kerba- 
ker, pag. 27-58, Napoli 1910. 


I. 124 — La Terza E, RV. 
I, 92, 5 c-d, RIGI, I, 1917, fasc. II, 
99-100. (LL). 


690 (Harvard Oriental Series, 20- 
21). — Notizia: BSL XXII, 1921. 


10060 (MerLLeT). Rec.: ZDMG, 
LXXNV, 1921, 288-291 (J. HER- 
TEL); JRAS, 1922, 113-120 (A. 


A. MacpoNELL); RIGI, IV, 1920, 
fasc. III-IV, 154-560 (LA TERZ7A). 
(LI). 


_ 92 


VIII. LETTERATURA VEDICA. I. 126-141 


M. Deva Shastri, pubblica, traduce e illustra il Praticakiya 
del RV (I 126). 

Sono apparsi studi parziali ermeneutici, critici, grammaticali, 
mitologici, geografici, descrittivi, etc. sul RV, per opera del Geldner 
{[ 127), Bloomfield (1 128), Scheftelowitz (I 129-129a), Hopkins (1130), 
Hillebrandt (I 131), Keith (I 132), Petersson {I 133), Hentschel 
(I 134), Hannah (I 1535), Siecke (I 136-137), Stein (I 138) 
Macdonell (I 139). 

Il La Terza (I 140-141), accennato che l’Agvamedha ha fornito al 
RV due inni interi cioè il 162 ed il 163 del 1° mandala e, forse, parte 
del 164, viene a descrivere questo, giustamente chiamato il «re 
dei sacrifizi ». Considerate quindi, principalmente, le parti che ri- 
guardano l'accoppiamento della maXisi col cavallo immolato e le 


+ 


I. 126 — Deva MANGAL SHAS- 
TRI, The Rg-vedapraticakhva with 
the Commentary of Uvata. Edited... 
with introduction, critical and ad- 
ditional notes (Traduzione Inglese 
del testo e appendici), pp. 33, 
Oxford, University Press 1922. — 
Rec.: JRAS, 1923, 432-34 (LD. 
BARNETT). 


I. 127 
Erklarung des lig-veda, 
LXXI, 1917, 315-340. 


— GeELpbNER K., Zur 
ZDMG, 


I. 128 — BLooMFIELD MAURICE, 
On Vedic Agni Kravvavahana - 
Streitberg Festgabe, 12-14. 


I. 129 — SCHEFTELOWITZ I., Die 
Stellung der Suparna- und Vala- 
khilva - Hymmne im Rgveda, ZDMG, 
LXXIV 1920, 192-203. 


I. 129a — ScHEFTIELOWITZ I.,, 
Die  sieben @Purorucas. ZDMG, 
LXXIV 1920, 204-7. 


I. 130 — Horkins E. WasH- 
HURN, Zndia as God of Fertility. 
JAOS, XXVI, 1916, pt. III. 


I. 131 — HILLEBRANDT A., Die 
Panis im Rgveda, ZDMG, LXX, 
1916, 512-520. 


I. 132 — KEITH BERRIEDALE A., 


Two Notes on Vedic Religion, 
JRAS, 1915, 127-133. 


I. 133 — PETERSSON H., Z'inige 
Bemerkungen zu den Gotternamen 
Mitra und Varuna.  Studier til- 
legnade Esaias Tegner, 1918. 


I. 134 — HeENnTscHEL W., Va- 
runa. Das Gesetz des aufstergenden 
und sinkenden Lebens in der VOl- 
Rergeschichte. 3 Vol. pp. 1784-1498 
+-192 Leipzig, Matthes 1920. 


I. 135 — HANNAH H. B., Agni 
Univ. of Calc. Journal, 1920. 


I. 136-137 — SieckE E., Pis- 
chan. Studien zur Idee des Hirten- 
gottes in Anschluss an die Studien 
tiber « Hermes den Mondgott ». M. 


Bibl. VII, 1, Leipzig, Hinrichs, 
1914. — Rec.: INLZ, 1915, 301 
(OLDENBERG). 

I. 138 — SIirin A, On Some 


River Names in the Rigveda. JRAS, 
1917, 9I-99. 


I. 139 — MACDONELL A. A,, 
Vedic Hymns, ERE, 1914, 49-58. 


I. 140-148 — La Terza E, 
L’Acvamedha nel Itigieda, 1, 102 
103, RIGI, VI, 10922, fasc. I c II, 
133-142 (LR). 


MO 


BALLINI - INDIA. I. 142-144 


facezie oscene che i sacerdoti si scambiavano tra loro e quelle delle 
regine col loro seguito, crede di ravvisare, in essa cerimonia, la 
sopravvivenza di una pratica magica preistorica di carattere popo- 
lare. Ma se sì badi, dice, alle molte divergenze che esistono, rispetto 
a questa cerimonia fra gli inni sopra citati ed i Brakmana e Sutra 
e quelle tra Brahmana e Brahmana e tra Brahmana e Sutra, si deve 
concludere che essa sembra appartenere più all’età brahmanica che 
non alla vedica propriamente detta. Si chiede poi il La Terza quale 
era il fine che si proponeva l’Agvamedha e quale la divinità a cui esso 
era, nella concezione vedica più antica, associato. Quanto alla prima 
questione afferma che tale cerimonia era sostenuta a spese del Re 
per ottenere dagli dèi, dopo una vittoria, forza, potenza, regno 
pieno di splendore e figliolanza numerosa. Quanto alla seconda v'è 
discrepanza d’opinioni fra gli studiosi, i quali (Eggelin, Oldenberg, 
Von Negelein) credono sia diretta, rispettivamente, a Varuna, ad 
Indra. al Sole. Ma il La Terza opina che tale sacrifizio sia stato cele- 
brato in onore di Indra; però, soggiunge, esso probabilmente presup- 
pone una forma popolare rappresentante la potenza vegetativa e ne 
adduce le ragioni. Lo stesso La Terza (I 142) traduce, poi, e illu- 
stra gli Inni RV. I, 162 e 163 che trattano dell’Agvamedha. 

Il Pavolini (I 143), dopo aver osservato che ci vollero grandi 
fatiche di interpreti e di editori per far conoscere il più antico mo- 
numento del pensiero indiano, dice che per lo studioso esso può costitui- 
re una delusione. Nulla vi è nel RV di quello che contiene la letteratura 
‘sanscrita. Vi sono dialetto arcaico, metri arcaici, oscurità, simboli, 
riti ignoti, ecc. e inoltre una grande monotonia per l'uniformità della 
materia e la spesso scarsa ispirazione. Fra le cose veramente belle 
l’A. riporta l’inno a Parjanya (importante per la storia mitologica), 
l’inno a Varuna (come saggio di fenomeno enoteistico). Il sentimento 
della natura è nel RV. largamente espresso e ad esempio il P. riporta 
l'inno alla Morte. Altre strofe relative a cerimonie iniziali e funebri 
(X, 18) riferisce li Pavolini, che termina accennando ai libri più re- 
centi (I, N) contenenti formule magiche, scongiuri incantamenti, 
sacrifici, benedizioni, ecc., ecc. 

Il La Terza (I 144) considera le varie opinioni circa la 
cronologia della poesia Vedica; secondo la teoria di M. Miiller e 
dei suoi seguaci la detta poesia sarebbe compresa tra i secoli XVI, 


I. 142 — La Terza E., L’'Agua- I. 143 — Pavotixi P. E., Za 
medha mel Rigveda (continuazione foesia del Rigveda, F. R., I, 1921, 
di RIGI, VT, 133-142). Mand./,162, fasc. I, 13-21. (MA). 

RIGI VI, 1922, fasc. III e IV, 135- 
147. (LI). I. 144 — La Terza È, L'età 


“De 


VIII. LETTERATURA VEDICA. I. 144-147 


XV e VII a. C. Secondo il Bergaigne, seguito da altri studiosi, 
il RV. dovrebbe ascriversi ad un'età posteriore al 1000 a. C.; la re- 
dazione, scritta, poi, almeno a sei o sette secoli più tardi. Di contro 
alle due dottrine sopra accennate sta quella del Jacobi e dell’in- 
diano B. G. Tilak, i quali, indipendentemente l'uno dall’altro, pog- 
giandosi sopra calcoli astronomici ingegnosi e precisi, considerano 
gli anni 4500-2500 come il periodo dello svolgimento letterario e 
culturale del R.V. Tale teoria, dice il La Terza, ha il torto di attri- 
buire agli scritti ciò che può essere pura tradizione o importazione da 
altre civiltà. Fra tante discrepanze, il La Terza, giovandosi degli 
studi dello Hoernle, circa l'insediamento degli Arii nell’ Afganistan 
orientale e nel Pengiab verso il sec. XVIII a. C. e la loro dimora 
sino al 1000 e le loro credenze, dice che appunto questa è l’età del 
R.V. Verso il 1000, poi, altri Arii dal Turchestan irruppero nell’In- 
dia occ. scacciandone i primi invasori e si mescolarono alle popo- 
lazioni nere assorbendo le loro credenze circa il sortilegio e la magìa. 
Questa è l’età dell’Atharvaveda. Ciò ammesso, il La Terza afferma non 
essere errato porre quali termini estremi del sorgere e dello svilupparsi 
della letteratura vedica i secoli XVIII e VII a. C. e considerare i 
secoli XV e XIV quelli della maggior fioritura della poesia e civiltà 
del RV. 

Sulla patria del RV scrive lo Hillebrandt (I 145). 

Un libro di quanto possiamo dire «Vedic lore », pubblica 
A. C. Das (I. 146). Esso contiene 26 capitoli; di cui i primi riguar- 
dano l’antichità del RV, e degli Ariani; i seguenti, l'influenza 
Ariana sulle altre civiltà; gli ultimi sone controversie, e si aggirano 
sulla teoria del Tilak sulla culla Artica degli Ariani. Il libro finisce 
con una bibliografia e un indice. Il Lindsay, che ne dà notizia, crede 
che le affermazioni del Das siano talvolta stravaganti e poste senza 
prova nè discussione. 

È apparsa una seconda edizione della celebre opera dell’OI- 
denberg: « Die Religion des Veda» (I 147). 

Altre opere comprensive sul RV. sono uscite per opera dcl 
Datta (I 148) di H. D. Griswold (I 149). 


del Rigveda. RIGI, I, 1917, fasc. 
III, 105 e 114. (LR), 


I. 145 — HILLEBRANDT A., Die 
Heimat des Rigveda, OMO, 1916, 
285-288. 


I. 146 — Das ABINAS CHANDRA, 
Rig-Vedic India, Calcutta Univer- 


sity 1021. — Rec.: JRAS, 1921, 
6036-38 (JAMES Linpsay). (MA). 


I. 147 — OLpENBERG H., Die 
Religion des Veda, 2 Aut. X, 
608, Stuttgart u. Berlin, Cotta. 
- Rec.: Mm, XXIV, 1917, 192-194; 
(CALAND);GGA, 1917, 321-336. — 
Vedi pure: OLDbENBERG H., Ztr 


sera 


BALLINI - INDIA. VITTO a i I. 147-152 


Il La Terza espune brevemente la religione del RV. (I 150). 

Un excursus di religione del Veda, fa il Macdonell (I 151). 

Il La Terza (1 152), accennato alla nota dominante nel RV. ch'è 
la brama dei godimenti terreni c quindi all’adoperarsi del vate con ogni 
mezzo per tener lontana la morte, indaga, quale, al cospetto della 
morte, fosse secondo il vate vedico il destino dei defunti; parla dei varî 
signivicati dati all'anima (asu, prana, manas, atman). Spiega come 
sia sorta la teoria del samsara e dell’atman, della quale non si parla 
nel RV. Riporta un accenno (RV.,IX, 113, 7-11) sul destino dell'anima 
dopo la morte. Si diffonde sulle relazioni tra 1 Pitarah o Mani ed i 
viventi sulle offerte a loro destinate in certe ricorrenze festive 
{Craddha). E poichè il RV. parla solo del Cielo come sede degli uo- 
mini pii e giusti, il La Terza si chiede dove andassero gli spiriti 
dei cattivi e dei malvagi. Difatti, mentre l’Avesta ammette un in- 
ferno, il RV. non lo nomina esplicitamente. Dà quindi la ragione di 
ciò, concludendo, tuttavia, che anche ai tempi del RV. vi era la cre- 
denza in un inferno. Tocca, poi, delle relazioni fra il paradiso Vedico 
e quello Iranico e di Yama, come re e custode di esso. Riporta la 
traduzione del RV., X, 10, secondo il quale Yama con la sorella 
Yami costituirebbe (a simiglianza dell’Avesta: Yima, Yimak) la 
coppia progenitrice del genere umano. Aggiunge che la sede di Yama 
e dei Pitarah fu creduta dapprima nella parte occidentale della 
terra, come è nell’Avesta. Crede, che i due paradisi derivino dal mito 
Ario antichissimo, che poneva la sede dei beati appunto dove il sole 
tramonta. Da la ragione per la quale il paradiso Vedico, in pro- 
gresso di tempo, venne collocato nelle regioni celesti, mentre 
l'Iranico fu localizzato presso i monti dell'Armenia. Termina col 
chiedersi per colpa di chi andò perduta la primitiva felicità degli 
uomini e risponde cogli accenni dati da Yasht, XIX o Zam Yata 
Yasht, 31-39. 


Religion und Mythologie des Veda, 
GGN, 1915, 167-225. 


The Religion of the Rigveda, pp. 
XXIV + 392 Oxford, H. Milford 


I. 148 — BHAGWADDATTA, Rg- 
ved-par Vyvakhvan, Lectures on the 
Rigveda, containing a discussion 
on the questions of (1) the Rigveda’s 
being a vecension, and (2) about 
the attribution of its authorshif 
Pt I; pp. IV + 6 + 90. Lahore, 
1920. — Rec.: JRAS, 1922, 450- 
451 (L.D. BARNETT). 


I. 149 — GrIswoLDb H. D,, 


1923. 

I. 150 — La Txrza E, La reli- 
gione del Rigveda, Nuova Cultura, 
192I, 34-59. 

I. 151 — MACDONELL A. A., 
V’edic Religion, ERE, 1921, 601I- 
019. 


I. 152 — La Terza E,, Il Pa- 
radiso e il re Yama o le credenze 


so 


VIII. LETTERATURA VEDICA. I. 151-157 


Il Tuxen (I 152a) prova che l’idea di un'anima non era svi- 
luppata al tempo del RV., ma che sorte soltanto in periodo più 
tardo. 

b) ATHARVAVEDA. — È uscita la versione dell’Atharvaveda 
rimasta lungo tempo inedita, fatta dal Riickert (I 153). 

Il Barret continua la traduzione dell’AV Kashmiriano (I 154). 

Il Datta (I 155) pubblica, traduce, illustra — con in- 
troduzione, parafrasi e note in Hindi — l'Atharvavediyapatica- 
patalika, anukramani dell’AV. L'edizione non si può conside- 
rare, tuttavia, definitiva; chè solo duc mss. poterono essere usati 
dal Datta, di cuì uno ben corretto, l’altro tale da lasciar molto a 
desiderare. 

Ramgopala Shastri (I 156) premette ad una nuova edizione del- 
la Brhatsarvanukramanika dell'AV. (di più ampie proporzioni del ma- 
noscritto della stessa, descritto da Weber) una prefazione in cui tratta 
dell'antichità dei Veda, e in particolare dell’AV. e della sua 
canonicità, a proposito della quale sostiene che il termine chandamsi 
che comunemente si crede si riferisca al RV. designi parimente 
l'AV. 

G. Melillo (I 157) dà un’interpretazione dell’emistichio (AV. 
XIX, 39, 8): Yatra navaprabhramganam - yatra himavatah Cirah, 
traducendo: «dove non [c'è] scoscendimento, dove è dell’ Hima- 


d'oltretomba nel Rigveda, con la I. 155 — 7he Atharvavediya- 


traduzione degli inni X 14, X 135, 
€ X 154. RIGI, II, 1918, fasc. III 
e IV, p. 105-127. 


I. 152a — TUxEN P., Forens- 
tillingen om Staelen 1 Rigveda. 
Kel. Danske Videnskabenes Sels- 
hab. Historish - filologiske Medde- 
delser II, 4. Kòbenhavn 1919. 


I. 153 — RGUECcKERT FR., Der 
«Atharvaveda, Uebertragenvon F. R. 
Ausdemungedruckten Nachlasse des 
Dichters zum ersten Male heraus- 
gegeben von H. KREGENBORG, KA/ei- 
ne Ausgabe, XV 229, Hagen FolF- 
wang-Verlag, 1923. 


I. 154 — BarRrET LL. C., The 
Kashmirian Atharva Veda, Book 
VII. JAOS, XL, 1920; VIII, 
ib. XLI, 1921; /X ib., XLII, 
1922; XA ib. XLIII, 1923. 


Pancha - Patalika, Throwing light 
on the arrangement, division, and 
Text of the Atharva Veda Sam- 
hita - With a (Hindi) translation 
and an Index of the Pratikas. 
Edited by BGiaGwapbatra B. A,, 
Lahore 1920. — Rec.: JRAS, 
1921, 478-479 (LD. BARNETT). 


I. 156 — SHASTRI RAMGOPALA, 
Brihat Sarvanukamanika (sic!) of 
the Atharva Veda, Edited.... with 
an introduction and an index (in 
Hindt), pp. NLI +14+-204 4 XXII 


Lahore 1922. — Rec.: JRAS, 
1023, 432-434 (LD. BARNETT). 
(LUMI). 

I. 157 — MetiLLo Giacomo, 


Per l’interpretazione di un pas- 
so dell’ Atharva Veda. RIGI, 
VI, 1022, fasc. I e II, 143-143. 
(LR). 


DE i ge 


Aevum - Anno I - 7 


BALLINI - INDIA. I. 158-158a 


laya la vetta», poichè considera la parola: navaprabirameanam 
come composta da «na ava prabhrameanam ». 

Il La Terza (I 158) fa rilevare il grande valore storico dell’ AVI 
confronto del RW, sebbene il RV preceda letterariamente di in 
secoli l’AV. In quello difatti si riscontrano superstizioni ed infantili 
errori, mentre in questo domina una vera e propria religione, e ciò 
pel fatto della compiuta alleanza determinatasi verso il 1000 a. C. 
del nuovo elemento ario con quello indigeno o dravidico, per cui le 
credenze di questo passarono compiutamente nel patrimonio delle 
credenze del primo e quindi nella loro letteratura. L'AV fornisce 
al folklorista un vasto campo di studî edosservazioni interessantissime. 
È da notare, poi, che si ebbe, per esso, prova della coesistenza di due 
forme di religione affatto distinte. Non tutte le pratiche religiose 
che si riscontrano nell’AV sono di conio indigeno o dravidico ma 
alcune risalgono al periodo unitario indoeuropeo, come ha dimostrato 
il Kuhn. Queste pratiche si trovano quasi tutte nel Kaugirkasaitra ed 
alcune nel Grlvasùtra e le più importanti sono quelle che riguar- 
dano i rapporti sessuali tra l’uomo e la donna prima e dopo il matri- 
monio (strikarmani). Il La Terza indica quali fossero queste pratiche 
magiche, che avevano diversi .scopi e venivano eseguite con varie 
sostanze. Dei molti inni dell'AV che erano associati alle pratiche 
magiche, quattro ricorrono nel RV., nel X mandala, e propriamente 
il 145, il 159, il 162, il 183. Il La Terza dice per quale ragione essi 
sì trovino nella Sam4ila rgvedica. Si propone poi di dare la tradu- 
zione e la illustrazione di tutti quattro. Il primo, cioè X, 145, 
il più bello, è attribuito alla rsika Indrani e tratta della pratica 
magica con cui una giovine donna cerca di trionfare sulla ganza 
del marito per riacquistare l'affetto di lui, la pace e la felicità alla 
famiglia. Descrive la pratica come si trova nel Kaugikasitra, XNNXVI, 
1g e nell’Apastambagrhvasitra, III, 9, 5-6. Aggiunge la traduzione 
ed il commento dell’inno. 

Per cura del Dr. Lindenau è uscita la seconda edizione mi- 
gliorata dell'Afharvavedasamhitaà curata, in origine, dal Roth e 
dal Whitney (I 158 a). 

c) Yajurvepa — Il Keith (I 159), primo traduttore del Yajurveda 
nere, fa precedere alla traduzione stessa un'introduzione di 150 pagi- 


I. 158 — La Terza KE. Dal I. 158a Atharcav:dasambl:tà 
Rigveda (X,145e Atharva Veda Ill,  Herausgegeben von R. RotH und 
18). Contro la rivale. Operazionema- W. D. \WHITNEY, Zivelte verbesserte 


gica di una giovine donna per ria-  Auflage besorgi von Dr. Max Lix- 
cere lo sposo. RIGI, III, 19109, DENAU,, Berlin, Diimmlers Verlag 
fasc. III e IV, 139-150. s. d. 


- 9 


VIII LETTERATURA VEDICA. I. 159-163 


ne, in cui non si limita allo studio di questo Veda, ma esamina il resto 
della letteratura Vedica in relazione alla lingua e alla cronologia. 
Dimostra, infatti, ad es., che il Baudhayana data dal V sec. a. C. 
e la Samhità dal VI a. C., e giunge a risultati interessanti come 
quelli sulla relazione della Tatttirivasamhità coi Brahmana degli 
altri Veda. Si occupa, poi, diffusamente dell’origine dei sacrifici e 
infine del problema linguistico. ll primo volume, oltre l'introduzione, 
contiene i tre primi libri della 7aittirivasambità, 11 secondo, gli - 
altri quattro libri ed un Indice. 

d). Prosa VEDICA. — L'Oldenberg (I 160) ha esposto il risultato 
delle sue ricerche, da cui ha escluso il scr. buddhistico e le iscrizioni 
di Acoka, sulla forma della frase e sulle formole caratteristiche 
della prosa vedica e del pali, e sul racconto misto di versi e prosa 
tino all’epopea. 

Lo Scheftelowitz si occupa dei più antichi testi vedici in prosa 
(I 161). 

Per uno studio dello Zimmer su argomento contenuto in 
testi prosastici vedici v. I 221. 

2. BRAHMANA,., — Il Keith (I 162) traduce l’Aifareva- e i 
Kausitakibrahmana. Fa precedere alla traduzione una introduzione 
di oltre 100 pagine che tratta del loro contenuto, della loro conm- 
posizione, della data. Discute altresì su problemi di lingua, 
stile e metro. 


Il Caland (I 163) pubblica, 
passi del Jarminiyabrahmana. 


I. 159 — The Veda of the Black 
Yajus School entitled Taittiriva 
Sanhita, translated bv ARTHUR 
BERRIEDALE KEITH, D.C.L.D. Litt. 
Cambridge (Mass) 1914 (= Har- 
ward Oriental Series). — Rec.: 
JRAS, 1916, 617-630, con no- 
tizie pure sulle versioni degli altri 
Veda (A. A. MACDONELL). (L.V), 
v. pure: CALAND W., Zur Ueber- 
setzung der Taittirivasamhità Act 
O, II, 1923, 22-31. 


I. 160 — OLDENBERG Il., Zur 
(reschichte der altindischen Prosa. 
AGWG, Phil.-Hist. KI., N.F. XVI, 
1917, pp. 99. — Rec.: BSL XXIII, 
192I, 191-199 (J. BLocn). (GBP), 

I. 161 SCHEFTELOWITZ l., 


traduce e illustra una scelta di 


Die Nividas und Praisas, die dilte- 
sten Vedischen Prosatexte. ZDMG, 
LXNIII, 1919, 30-50. 


I. 162 — KEITH BERRIEDALE 
ARTHUR, The Aitareva and Kausi- 
taki Brahmanas of the Reveda 
translated from the original sans- 
krit. Cambridge (Mass.), Harvard 
University Press 1920 (Harv. Or. 
Ser. XXV), XII+ 553. — Notizia: 
JA, 1923, 3306-37 (P. Masson-QUR- 
SEL); JRAS, 1923, 330-337 (JA- 
Mes LINDSAY). i 


I. 163 CaLanD \WV. Das 
Jaiminiyva - Brahmana in Auswahl. 
Text, Uebersetzung, Indices. VAMW 
Deel. 1, NR. pp. 3206, Deel 19 No. 
4, Amsterdam, Joh. Muller 1919. 


Hr) a 


BALLINI - INDIA. I. 163-172 


Il Gaastra pubblica il Copathabrakmana (I 164). 

La signora H. de Willman-Grabowska (I 165) attribuisce al- 
l'origine sconosciuta e probabilmente straniera le particolarità di 
accentazione e di formazione dei nomi personali dello Catapatha- 
brahmana. 

Altri studi sui Bra/mana sono apparsi, del Caland (I 166-167). 
del Keith (I 168), dell’Oldenberg (I 169), di J. Engert (I 170), di K. 
Aivar (I 171). 

3. SUTRA. — Il Caland (I 172) offre la prima traduzione 
dello Crautasitra di Apastamba. Solo il Vastanasttra era stato tra- 
dotto sin ora. Gli C.S. sono, com'è noto, sommari dei sistemi del 
rituale vedico, fondati principalmente sui Brahmana, e rappre- 
sentano testi di eccezionale importanza per la conoscenza del rituale 
sacro indiano non solo, ma pure per gli studi comparati della storia 
delle religioni. Il lavoro difficile e acuto del C., arricchito di note 
eccellenti, fa sperare che possa esser condotto pure per ì rimanenti 
libri. 


—  Rec.: ZDMG, LXXV, 1921, I. 169 — OLDENBERG H., Vor- 


285-286 (W. WINTERNITZ). — V. 
pure: CaLanD W., Qver en uit 
het Jaiminiya-Brahmana. VMAW, 
5 R., Deell 1, 1914, pp. 1-103. 


I. 164 — Das Gopatha Brah- 
mana, herausgegeben von D. GAA- 
STRA, 44 + 302. Leiden, Bull. 
— Rec.: LZB, 1920, 191 seg. 
(B. D.); Mm, 28, I9z20, 20-28 
(FADDEGON). 


I. 165 — H. DE WILLMAN- 
GRABOWSKA, Les noms de person- 
nes dans le Catapatha Brahmana 
in Meélanges linguistiques offerts 
d M. J. Vendryes, Paris, Cham- 
pion 1925, 373-390. (GBP). 

I. 166 — Caranp W,, Zu den 
Brahmanas, AK, 1916, 09-73. 


I. 167 — CALAND W.,, Erklarende 
und kritische Bemerkungen zu den 
Brahmanas und Sitras. ZDMG, 
LXXII, 1918, 1-31. 


I. _168 — KEITH BERRIEDALE, 
A. Apastamba and the Bahur- 
cabraàlmana. ]RAS, 1915, 493-498. 


wissenschaftliche Wissenschaft. Die 
Weltanschauung der Brahmana— 
Texte. VI + 245. Gòttingen, Van- 
denhoeck und Ruprecht 1919. — 
Notizia dell'Autore in GGA, 1919, 
78-80. — Rec.: Mm, XXVI, 1919, 
228 (CALAND); NO, V, 1919, 
201-2 (H. v. G.); LZB, t1919, 
692-094 (B. L.). 


I. 170 — EncEert |]. Die 
IWeltanschauung der Brahmana- 
Texte. Th. Rev., 1920, 161-168. 


I. 171 — ArvarR KAMEGVARA, 
The lunar Zodiac în the Brahmanas. 
IA, June 1919. 


I. 172 — CaLranpn \,, Das 
Crautasutra des Apastamba. Gòt- 
tingen, Vandenhoeck u. Ruprecht 
I92I. pp. 209, (=Quellen der 
Religionsgeschichte Bd 8). — Rec.: 


ThLZ, 1921, 285 segg. (FRANKE); 
ThlBl, 1921, 34 segg. ei 
LZBI, 1921, 723 segg. (L. C.); 
JRAS, 1921, 592-93 (BARNETT); 
FR, I, 1923, fasc. I, 59-61 
(TUCCI). 


— 100 — 


VITI. LETTERATURA VEDICA. I. 173-179 


Lo stesso dà l’edizione critica e la prima versione del 
Jaiminiyagrhyasùtra (I 173) quinto testo della terza gakha 
appartenente al Samaveda, con quella di Jaiminiya, che era ri- 
masto sin oggi inedito. Nell’introduzione il C. discute brevemente 
«sulle varie gcakha del Samaveda e sulla loro letteratura » e dopo 
aver accennato ai vari mss. su cui è fondata la sua edizione, in- 
daga «la relazione che corre tra il Jatminiyagrhyasiùtra e gli altri 
testi di faiminiva, mostrando come esso si riconnetta direttamente 
‘a questo ». 

Il Harting (I 174) pubblica una scelta di Parisistas o supple- 
menti al Grhyasttra. contenenti rituali di carattere intermedio fra 
1 culti Vedici ed il più recente Induismo classico, che formano uno 
stadio di transizione, finora poco noto, nello sviluppo della reli- 
gione Indiana. 

Lo Hultzsch pubblica una seconda edizione del Baudhayana- 
dliarmasitra (I 175). 

Miss van Gelder (I 176) pubblica la traduzione del Cayana, o 
rituale per la costruzione dell'altar maggiore appartenente al Manava- 
crautasùitra, del quale W. Knauer aveva pubblicato i libri 1-5 € 
di cui il Cayana forma il quinto vibhaga. Il testo è oscuro e noioso 
come tutti 1 lavori rituali. 

Il Caland (I 177-179) scrive sul Vadhialasitra, stra apparte- 
nenti alla Ta:ttirivagakha, il cui autore, Vadhula, è ricordato, come 
tale, da Mahadeva nel suo commento detto Vaijayanti al suo Ht- 


I. 173 — Cacranpb W., 7Zhe @Baudhavana - Dharmastitra. AKM, 
Jaiminiyagrhvasitra belonging to Bd. 16, No. 2, 2te verbesserte 
the Samaveda with extracts from the Auttage, Leipzig, 1922. 
Commentary, edited with an in. _ _ 

I. 176 Manava Crauta-sitra: 


troduction and translated for the 
first time into English. Punjab 
Sanskrit Series, N. 2, Lahore 
1922. pp. NI-f 714 02. - Notizia. 
RSO, X, 1923-25, 718 (G. Tucci). 


Cavana (Opf van het Hoogaltaar 
naar de Overleverine der Manavas). 
F.M.vANGELDER, Leiden, Leipzig, 
1921. — Rec.: JRAS, 1921, 593- 
04 (LD. BaRNETT). (M_4). 


I. 174 — Hartinc P. N. U,, È . 
I. 177 — CaranD \,,, Veber das 


Selections froni the Baudhavana- 
Grhyaparisistasitra, Academisch 
proefschrift ter verkrijging van 
den graad van Doctor.... aan de 
RijEsuniversiteit te Utrecht. 1 + I 
+ XXXII + 67, Amersfoot, 1922. 
—_ Recc.: JRAS, 1923, 428 (LD. 
BARNETT). (LM). 


I. 175 — HuttzscH E.,, Das 


l'adhulastitra. Act O, I, 1922, 3-11. 
I. 178 — Catuanpn \W., Eine 

zweite Maitteilune tiber das Vadhila- 

Stitra. Act O, II, 1923, 142-107. 

I. 179 —CALAND \., Fine duite 
Mitteilung itber das Vadhulasutra. 
Act O IV 1925-1920, 1-43; IOI- 
413. 


— I0I —- 


BALLINI - INDIA. I. 180-192 


ranva kegicrantasiitra. — Il V.S era stato considerato perduto sin 
qui. Il Caland ne ha potuto avere notizia da una Vadhalakavyakhva, 
trovata fra le opere registrate nel « Report on the working of the pe- 
ripatetic Party of the Government Oriental Manuscripts Library (1910- 


1919) ». 


Ancora il Caland (I 180), A. Guha (I 181), e K. Avar (I 


177), scrivono su vari s@itra. 


4. UPANISA D. — M. Hirivanna (I 182) traduce la Kathofa- 


nisad. 


Il Belloni-Filippi (I 183), ripubblica la versione, con introdu- 
zione, delle valli 1-0 della Kathopanisad, condotta su l'edizione del 
Bohtlingk. Egli ha tenuto conto dei più recenti studi e della 


traduzione del Geldner 
bingen, IQII, pp. 202 segg). 


« Vedismus 


und Brahmanismus » (Ti- 


Betty Hcimann (I 184) pubblica il commento di Madhavacarva 
alla Kathlopanisad, sulla quale scrive B. Faddegon (I 185). 
R. E. Hume traduce tredici Upanisad (I 180) e undici ne pub- 


blica il Col. Jacob (I 187). 


Sono apparse nuove edizioni delle note opere del Deussen 


sulle T'fanisad (I 188-192). 


I. 180 — CaLranp \, Brah- 
mana en Stitraanwinsten. VMANW, 
1920, 4061-98. 


I. 181 — GuuÙÙa A,, M. A.à, Ph. 
D., Jivatman in the Brahma- 
Sittras, A comparative Study, pp. 
IX + 230.— Rec.: JRAS, 1923, 
479-80 (J. Linpsay). 


I. 181a — AlvAR KAMESVARA B. 
V., Kalpa Stitras and Apastambha. 
OJMS, Jan. 1923. 


I. 182 — HirivanNa M, Katho- 
panishad, Translated into English. 
Srirangam, 1915. 


I. 183 — Bettoni-FiLippi F., 
L’« Upanisat » dei Katha (Katho- 
panisat). FR, I, 1922, fasc. II, 
3-12, fasc. 3-4, 3-8. (MA). 


I. 184 — HEManN BETTY, 
Madhva's Kommentar zur Khata- 
ka-Upanishad, herausgegeben von 
B. H.. Leipzig, Otto Harrassowitz 
1922. 


I. 185 — IFapbpkcon B.,, De 
interpretatie der Kathakha Upani- 
shad. VMAW, 1923, 55, N. 1. 


I. 186 — Hume R. E, 7le 
Thirteen principal Upanishads, 
translated from the Sanskrit. Lon- 
don, Milford 1921, pp. 555 


I. 187 — Jaco Colonel G. A., 
Eleven Atharuvana Upanisads. 2 
ed. (Bombay, SanskFrit Series XI) 
Bombay 1910. 


I. 188-190 — DEUSSEN P., Seckh- 
zig Upanishad's des Veda. 3 Auf. 
XXVIII + 0928, Leipzig, Brock- 


haus 1921. 

I. 191 — Drussen P., Die 
Geheinilehre des Veda. Ausgevahite 
Texte der Upanishads. 5 Aut. 


XXIV - 221, Leipzig, BrocFhaus 
IVIO. 

I. 192 — Deussen P. Die 
Philosophie der Upanishads. 3 Aut. 
NIV - 497, Leipzig, 1919. 


- 102 — 


VIII. LETTERATURA VEDICA. 


| I. 193-207 


Sulle connessioni esistenti fra le Ufanisad e il Buddhismo 


ha scritto l'Oldenberg (I 193). 


Di diversi argomenti concernenti le U'fanisad si sono occupati 
il Formichi (I 194), lo Hillebrandt (I 195-197), il Liiders (I .198), 
lo Zimmermann (I 199), il Carpenter (I 200), lo Hertel (I 201), 
P. Eberhardt (I 202), B. Heimann (I 203), A. S. Geden (I 204-205), 
il Jacobi (I 206), il Faddegon (I 2002). 


3. VARIA. — Il Mukherjce (I 207) 


I. 193 — OtupENBERG H., Die 
Lehre der Upanishaden u. die 
Anfange des Buddhismus. VIII + 
3606. Gottingen, Vandenhoeck und 
Ruprecht. — Rec.: ThLBI, 1915, 
298 (ScHomERrUSs); LZBI, 1915, 
1010-1013 (WinpiscH); JRAS, 
1918, 320-322 (E. THomAas). 


C., La dot- 
L'panisad. 


I. 194 — FORMICHI 
trina idealistica delle 
BilvEnis, 1920, 1-14. 


I. 195 — HILLEBRANDT A,, 
Weitere Bemerkungen zu den Upa- 
nisads, ZDMG, 1915, 104-106; 1917, 
313; 10920, 401-403. 


I. 196 — HILLEBRANDT A,, 
Ueber die Upanishaden, 4B, 4, 
1922, 39-51. ® 

I. 197 — HILLEBRANDT A, 


Aus Brahmanas und Upanisaden. 
183, Jena, Diederichs, 1921. — 
Rec.: NO, IX, 1921, 98 (von 
GLASENAPP). 


I. 198 — LuEDERS H., Zu den 
Upanishads II. Die Sodaca Kala- 
cidva. SBAB, 1922. 


I. 199 — ZIiMMERMANN R,, 
Some Remarks on the Chronology 
of the Upanishads, 1À, 1915, 177- 
180; IA, XLIV, Pt. DLIX. 


I. 200 — CarpeEnTER ÈE., The 
Teaching of the Upanishads, 28, 
London, Allmand U. 1920. 


I. 201 — HerteL ]J., Die 


non trova persuasiva 


Weisheit der Upanishaden, 2 ver- 
besserte Auf'age, XII + 181, Mun- 
chen, Beck 1922. — Rec.: JRAS, 
1923‘ 4709-80 (]. Lixpsay). 


I. 202 — EBERHARDT P., Der 
Weisheit letzter Schluss. Die NRe- 
ligion der Upanishads im Sinne 
gefasst. pp. 127, Jena, Diederichs 
1920. 


I. 203 — HrEiMmann BETTY, 
Die Tiefschlafspekulation der alten 
Upanishaden. ZB 4, 1922, 2535- 
274. Separatamente: Munchen - 
Neubiberg, Schloss 1922. 


I. 204 — GepEN A. S., Upani- 
sads. ERE, 1921, 540-548. 


I. 205 — GEDEN A. S.,, Hindu 
Pantheism. ERE, 1917, 617-020. 


I. 206 — ]Jacoz5i H. UTeber die 
diltre Auffassung der Upanisad- 
Lehren. FW 153-157. — V. pure 
I. 233. 


I. 206 a — FabDEGON B., Ze 
catalogue of Sciences in the Chan- 
dogva-U panisad (VII, 1, 2) Act. O 
IV, 1925. 42-54. 


I. 207 — MUKkHERJEE BRAJA 
Lal, The Soma Plant. ]JRAS, 
1921, 241-244. (MA). V. pure: 


MUKHERJEE BraJa Lau, M. À,, 
M. R.A. S.,, The Soma Plant, Cal- 
cutta ‘1922. — Rec.: ]RAS, 1923, 
p. 437 (I..D. BARNETT). (LM). 


{0g 


I. 208-223 


BALLINI - INDIA. 


la conclusione cui giunge lo Harvell (I 208) per la quale la pianta 
Soma del rituale vedico dovrebbe identificarsi non col Rag? (A scle- 
pias acida) ma con la Cannabis sativa. Fa varie osservazioni per 
dimostrar ciò. Rinvia, poi, il lettore a un suo articolo sul Bulletin 


della Indian Rationalistic Society di Calcutta. 

Del Soma si occupa lo Hopkins (I 209). 

Il Neogi (I 210) sostiene che l’uso del ferro e dell’acciaio risale, 
in India, ai tempi vedici. Lo Smith, recensendo, confuta le suc as- 


serzioni!. 


H. Zimmer (I 211) scrive sullo stato della famiglia brahmanica 
quale ci appare dalla letteratura vedica prosastica, dai Vamsa, etc. 
Sono stati pubblicati scritti di genere vario sul Veda (I 212- 


223). 


I. 208 — HarvELL E. B,. Waht 
is Soma? JRAS, 1920, 349. 


I. 209 — Hopk:ixs E. W.,,, Soma. 
ERE, 1920, 685-687. 


I. 210 — Nreoci PANCHANAN, 
Iron in Ancient India. Bulletin 
N.o 12 of the Indian Association 
for the Advancement of Science, 
Calcutta, 1914. — Rec.: JRAS, 
1915, pp. 177-180 (V. A. SMITH). 


I. 211 — Zimmer H,, Studien 
zur Geschichte der Gotras. Leipzig 
1914. 


I. 212 — WiNrERNITZ M., Die 


Witwe im Veda. \WZKM, 1915, 
172-203. 
I. 213 — Kanpiotui K., The 


IWomen Poets of the Rig-Veda. 
IA, April 1921. 


I. 214 — BeLtoxI- FiLippi F., 
La niorale dell'età vedica. La Cul- 
tura Filosofica, 1915, 22 SS. 


I. 215 — BLOOMFIELD M., Vedic 
and Classical Sanscrit Literature, 
ERE, 1915, 106-113. 


I. 216 — HomxmeEL VF., A/te Pa- 
rallelen zu den beiden Hunden der 
Sarama. F\V, 1910, 402-422. 


I. 217 — MacnicoL N., Indian 
Theism from the Vedic to the 
Muhammadan Period. XVI, 292. 
London, Oxford Univ. Press 1915. 
— Rec.: Mm, 1916, 114 (DE Cock); 
H]J, 1916, 662-666 (Cock); JRAS, 
1015,833, Ath. 1915, II,89 (KEITH). 


I. 218 — JoHanssen K. F., 
L'eber die altindische Gòttin Dhi- 
shana und Verwandtes. (Skrifter ut- 
gifna af K. HumanististFa Vetens- 
Faps-Samfundet i Uppsala) Uppsa- 
la, 1917. — Rec.: NO, 6, 1920, 
61 (v. G.. 


I. 219 — MacpoxNELL A. A, 
V'edic Magic, ERE, 311-321. 


I. 220 — JouvEAU-DUBREUIL 
G., Vedic Antiquities. London and 
Pondicherrv, 1922. 


I. 221 — Siec E., Der Nachtweg 
der Sonne nach der vedischen An- 
schauung. GGN, 1923, I Sscgg. 


I. 222 — CALAND W., De ant- 
dekkingsgeschiedenis van den Veda. 
VMAW, V, Recks III, 1918, 261- 
333. i 


I. 223 — Guxne P. D., Two 
Schools of Vedic Interpretation in 
Europe SR, vol. I, N. I. 


= Ja =- 


1 224-234 


VII. LETTERATURA VEDICA - IX. FILOSOFIA. 


Il Ballini (I 224) pubblica la seconda edizione della esposizione 
sintetica delle « Concezioni religiose dell'India », in cui tratta, natu- 
ralmente, pure delle divinità vediche e della religione del Vida. 

[Jarl Charpentier (I 225) considera l’'Ezour-Vedam e il suo 
autore. Esclude che tale opera possa essere stata scritta da un In- 
diano o da un Brahmano e afferma che essa è dovuta senza dubbio 
a un padre missionario del 1700. Con tutta probabilità l’opera va 
attribuita al P. Antonio Mosac S. J., superiore della casa di missione 
di Chandernagor, che fu l'autore della traduzione dell'Ezour-Vedam 
stampata col commento del Barone di Sainte Croix. Il Mosac visse 
a lungo nel Bengal, studiò il sanscrito presso i brahmani di Nadiva 
c fu oltre che autore del su citato Veda, pure di altri libri pseudo-vedi- 
ci, di carattere completamente monoteistico e quasi cristiani, di- 
retti a facilitare le discussioni fra missionari e brahmani]. 

Per una bibliografia vedica v. I 29; per una sezione vedica 
del Congresso Orientale di Calcutta del 1922, v. I 37; per studî 
di grammatica e lessicografia vedico v. I 47, 48, 49, 50, 67; per 
vocaboli designanti l'apparecchio per produrre i! soma, v. I 90. 


IX. Filosofia. — 1. SAMKHYa-YoGa. — È uscita una 
seconda edizione della nota opera del Garbe (I 220-229) sul SamAlya. 

Sul Samklya scrivono L. Berndt (I 230), il Keith (I 231), 
E. A. Welden (I 232), il Jacobi (I 233), B. G. Tilak (I 234), ancora 
il Garbe (I 235). 


I. 224 — Batuini A, Le con- A. Buddhismus 1). Munchen-Neu- 


cezioni religiose dell'India. II ed. biberg, Schloss 1921. 
«Vita e Pensiero », 1925. A DA 
I. 231 — KEITHO A. B. Ze 
[I. 225 — CHARPENTIER JARL, Samkiva System, 112, London, 
Quelques observations sur lEzour Milford 10919. 


V'edam et son auteur. Mélange, JA 
1922, 136-145. — V. pure: ViNSON 
JULIEN, Notes sur l’Ezour Vedam. 
JA, 1923, 1009-172.] 


IT. 226-229 — GarbE R., Nie 
Samkhva Philosophie, 2 Auf. NII 
412, Leipzig, Hassel. — Rec.: DIZ, 
1918, 211-213 (\W. JaHN); DRu, 
CLXX, 1917), 472-475 (OLDEN- 
BERG.). 

V. pure: GarBe R., Sankiva. 
ERE, 1920, 189-192. 


I. 230 BerNnDT L., Ueber das 
Sqnkhva(Untersuchungenz.Gesch. 


-1 History of the Samkhva Phi- 
losophv (== The Heritage of India 
Serìes), pp. 109, Calcutta and Lon- 
don. — Rec.: JRAS, 421 (LD. 
BARNETT). 

I. 232 — WeLbeN E. A. Ze 
Samkhva Teachings in the Mattri 
Upanisad. AJPh, 1014, 1, 32-51. 

I. 233 —- JacoBI H., Ueber das 
L'erhaltnis des Vedanta zum Sam- 
Riva. FK 10910, 30-39. 

I. 234 — TrLAaKk B.G., Ad missing 
l'erse in the Samkhva-Kartkhas. 
SR, vol. I, II. 


— 100 — 


BALLINI - INDIA. T 235-240 


L'interesse principale dell’opera dell’Oldenberg su la Dottrina 
delle Upanisad e 1 principit del Buddhismo (I 230) sta (v. I 193) 
nella ricerca delle connessioni tra il Buddhismo, le Upanisad e 
la dottrina brahmanica. Ma lo studio del pensiero indiano dal pe- 
riodo brahmanico al pieno sviluppo del Samkkva e del Yoga occupa 
la maggior parte dell’opera. L'analisi di questi due sistemi porta 
quindi ad esaminare l’origine del Buddhismo. 

J. H. Woods (I 237) traduce i Yogastttra di Patafijali col loro 
commento, Yogabhasva di Vedavyasa, e la Tattvavaicaradi di 
Vacaspatimicra. 

La storia dci testi e delle scuole, la teoria e la pratica della 
filosofia Yoga sono esposte dal Tuxen (I 238). 

Il Dasgupta (I 239) in uno studio sul sistema Yoga, quale è 
contenuto nel Yogasztfra di Patafijali, secondo l'interpretazione di 
Vyasa, Vacaspati e Vijiana Bhiksu non si occupa tanto della 
storia del sistema, quanto del sistema stesso, considerando non 
soltanto i suoi particolari tecnici, ma pure i rapporti fra quelle con- 
cezioni filosofiche e molti problemi che agitarono cd agitano tuttora 
l'Occidente. 

Una prima esposizione del sistema Yoga sotto l'aspetto filo- 
sofico, religioso e mistico, tutta fondata sui testi originali di Patafiali 
e su tutti i noti commenti ad essi, pubblica lo stesso Dasgupta (I 240). 


I. 235 — GarbBeE RR, Purusa. Yoga-filosofi, paa grundlag af kild- 
ERE, 1918, 517. erne af. Kjòobenhavn, 1911, pp. VII 
+ 215. — Notizia: ]RAS, 1915, 


I. 236 —- OLDENBERG HERMANN, W. THOMAS). (GBP). 


Die Lehre der Upanishaden und 537-544 (1 


die Anfdnge des Buddhismus. GOt- I. 239 — Dascurra SUREN- 
tingen, VandenhoecF u. Ruprecht DRANATH, Zhe Study of Patanjali, 
1915. — Rec.: Th LBI, 1915. 298 (Griffith Memorial Prize, 1915), 
(ScHomErus); LZBI, 1915, 1013- pp. 200, Published bv the Univer- 
1013 (WixnpiscH); JRAS, 1918, sitv of Calcutta 1920. — Rec.: 
320-322 (E. J. Tomas). (V.4). JRAS, 1923, 116-117 (E. J. THo- 
I. 237 — The Yoga-syvstem of MAS). (LM). 
PATANJALI or the Ancient Hindu È: 2/0 Dada. Sen 


Doctrine of Concentration translated 
froni the original Sanskrit by JAMES 
Hauceton_ Woonps. Cambridge 


DRANATH, M. A., Ph. D. (Cal), 
Ph. D. (Cantab.), Author of a 
History of Indian Philosophv, etc., 


Reale da ur Lc Marani Professor of Philosophy, Presi- 
Oriental Series, cdited by Ch. R. PERDE I E 
Lanman, Vol. NVIL. — Rec.: i : ge, L a, 


fessor of SansFrit, Chittagong Col- 
lege, Late Lecturer in the Univer- 
sitv of Cambridge. Yoga as Phi- 

I. 238 — TuxEex Pour, Yoga  /osophv and Religion, London, Ke- 
en oversicet over den svstematiske  gan Paul, Trench, Tritbner a. Co. 


JRAS, 1015. pp. 537-544 (PF. W. 
THomas). (GBP). 


106 — 


IX. FILOSOFIA. I. 240-254 


Il volume è diviso in due parti: 1. Metafisica del Yoga; 2. Etica e 
pratica del Yoga. L'A. tratta del mondo esterno, dell'evoluzione, delle 
categorie, delle qualità, di Dio, degli stati mentali e morali, del 
karman etc. 

Sono apparsi scritti varî sul Yoga e in genere sul misticismo 
indiano del Garbe (I 241), di H. Woods (I 242), G. R. G. Mead 
(I 243), J. W. Hauer (I 244), A. Besant (I 245), F. L. Woodward 
(I 240), N. Macnicol (I 247), R. Otto (I 248), B. H. Streeter e 
A. J. Appasamvy (I 249), Trebor (I 250), Wilke (I 251), V. Svami 
{I 252), Tessitori (I 253), Garbe (I 2532). 

2. NYAYA-VAICESIKA. — Ganganatha Jha da la tradu- 
zione dei A vavastitra di Gautama e dei commenti di Vatsyavana 
e di Uddyotakara (I 254). Vi aggiunge note dalla 7a/paryatika di 
Vacaspatimicra e della Viguddit di Udavana. 


I. 249 — STREETER B. H. and 
A. J. Appasamvy, The Sadhu, a 
Study in Mysticism and Practical 
Religion, pp. 279, London, Mac- 
millan 10921. 


I. 250 — TxkeBoR, YVogha im 
Lichte des Christemtums. Eine 
versòohnende Schrift. pp. 152 Berlin, 
Univers. Buch und Kunst 1922. 


I. 2581 — Wickk M.,, Zfatha- 

I. 244 — HAaver ]J. W., Die Yoga, die indische Fakir-Lehre zur 
Anfange der Yogapraxis. VIII <-  Entwicklung magischer Gewalten 
210, Stuttgart, Kohlhammer 1922. im Menschen, pp. 60, Dresden, 


I. 245 — Besasr A. Finfih- SRUROLagaz 
rung in die (sic) Yoga. UWcbersetzt 
con }. CORDES tw. F. FEERHOW, IV 
126, Leipzig, Grieben 10915. 


I. 246 — 


1924, X + 200 (== Triibner's O- 


riental Series).. 
I. 241 — GarbE RR, 
ERE, 1921, 831-833. 


I. 242 — Woobs_ H.,, La théorie 
de la connatssance dans le svstème 
du Yoga. JA, NI, 385-389. 


I. 243 — Mean G. R. G., A 
Word an Yoga. 


Yoga. 


I. 252 — SvaMI VIVEKANANDA, 
Karma Yoga. Der Weg zur Vol- 
hRommenhertt durch Werke. Uebertr. 


Woopwarp EF. Lo von F. HARTMANN, 194, Leipzig, 


Manual of a Mystic: being a Theosoph. Verlagshaus 1921. 
i NR 
Translation fron the Pali and È. sii —. ignoti LD 
Singhalese Workentitled« The Yoga- sei i x Rn 
o Yogis (Kanphata). ERE, 1921, 
vachara's Manual ». 182, London, ARE 
Milford 1918. 337935). 
I. 247 — MacxicoL N., Hindu I. 2534 GARBE R. Yoga. ERE, 
Mvsticism. ERE, 1917, 113-117. 1921, 831-833. 
I. 248 — Otto R. Vishnu- I. 254 — The Nyaya Sutras of 
Naravana. Texte zur indischen  GAUTAMA with VATSYAYANA'SBha- 


Gottesmystik 1, 102, Jena, Diede- 
richs 1917. — Rec.: ChW, 1917, 
701-704 (W. BoRNEMANN). 


sva and UDDYOTAKARA'S Vartika, 
translated into English bv Gax- 
GANATHA JHa_ Vol. I. Allahabad 


— 107 -- 


BALLINI - INDIA. I. . 254- 256 


e —_— _ ll I I I 111 UL q@E1e- 


Lo Strauss (I 254a) ci offre una traduzione della Ka- 
rikavali di Vigvanatha e si propone lo scopo di presentare un 
testo tedesco che dia allo studioso un’esatta idea dell'originale 
sanscrito. 

S. Sen (I 254b) si propone di illustrare lo stile di Mathuranatha, 
traducendo e analizzando una parte del commento di M. stesso 
al Vyaktiparicaha di Gangeca. 

Edizioni e versioni di testi nydya sono contenuti in Indian 
Thought VI-VIII (I 255). 

Il Nvayasitra tratta: 1° dell’arte del dibattito; 2° dei mezzi 
di valida conoscenza (queste due parti sono attribuite a Gotama 
— 500 a. C. — e conosciute col nome di Tarkagastra); 3° della dottrina 
del sillogismo; 4° l'esame delle dottrine filosofiche contemporanee. 
Neì primi commenti il si/ra è attribuito ad Aksapada, ma è pro- 
babile che tanto costui quanto Gotama abbiano contribuito egual- 
mente al lavoro. S. C. Vidyablhùsana in uno studio notevole sul 
N. S. (I 256), si domanda se la 32 parte di esso sia originale 
o non piuttosto frutto d'importazione greca, e propende per questa 
seconda ipotesi, dopo aver esaminato il sillogismo greco comparato 
all’indiano. I lavori d’Aristotele penetrarono nell’ India in tre suc- 
cessivi periodi: 1° (175-30 a. C.), quando i Greci erano nell’India 
nord-ovest (la Retorica); 2° (30 a. C. — 450 d C.) quando i Romani 
tenevano commercio fra Alessandria e l’India (Primi Amalitici, a 
. cul s'inspirarono molto Aksapada e Dignaga); 3° (450-600 d. C., 
quando la scuola Siro-Persiana era ncl massimo splendore (Ana- 
litict posteriori che molto influenzarono i logici Dbarmakirti e Ud- 
dyotakara). 


1915. — Rec.: JRAS, 1916, 613- I. 255 — Indian Thought. 
617, Voll. IIH-IV, 1919 (A. BERRIE- Vol. VI-VIII, 1914-1917. Questi 
DALE KEITH). (LM). ultimi volumi contengono: The 

bia Sino da Nvava Philosophy of Gautama: SA- 


l'igvanatha Paricanana BHATTÀ- 
CARYA Karikavali mit des Verfassers 
eigenem Kommentar Siddhanta- 
muktavalt aus dem Sanskrit ùber- 
setzt. NI + 133. AKM, 1922, 
NVI, 1. — Rec.: JRAS, 1923, 
454 (J. CHARPENTIER).(LM). 


I. 254b— SEN SAILESWAR M.A., 
4 Studv on Mathuranatha's Tat- 
tua-cintamani-rahasva, pp. 06, Wa- 
geningen, 1924. — Rec.: JRAS, 
1925, 138-142 (S. N. DASGUPTA). 


DHALAL lectures. — Translation 
of Advattasiddhi of MADHUSUDANA- 
SARASVATI. — Translation of the 
Nyaya-Sutras: Bhashva and Var- 
tiha. — Translation of the Vigcami- 
trodaya of Mitral Mishra. Notice oi 
books and manuscripts. 


I. 256 — VIDYABHUSANA M.A.,, 
M. M. SATIS CHANDRA, Znfluence 
of Aristotle on the development of 
the svllogism in Indian Logic. 
JRAS, 1918, 469-488. (JM). 


— 108 — 


I. 257-265 


IX. FILOSOFIA. 


Il Keith espone il sistema Nydya (I 257) e Ch. R. Jain scrive 
sul Nyaya (I 258). 

Il Faddegon (I 259) discute lo studio della filosofia indiana 
in Europa, i testi Vargesika, il Nyayastitra e la sua relazione col 
Nvavastitra, questioni di metafisica, fisica, matematica, psicologia, 
gnoseologia. etica, teologia. IDà traduzione e «material for reference», 
bibliografia, analisi, ecc. 

Sul Va:fesika scrivono il Garbe (I 260) e H. Uli (I 261). 

Di logica indiana scrivono il Keith (I 262), J. Allan (I 263) 
ed altri (I 264). 

3. MIMaMSA-VEDANTA.— Il Ganganatha Jha (I 265) scri- 
ve sulla Mimamsa, dando per la prima volta un esame minuto del 
sistema e delle diverse teorie di Prabhakara e di Kumarila. 
L'opera è divisa in cinque capitoli di varia lunghezza, dei 
quali il primo riassume per sommi capi le storia della Mimamsa, 
il secondo contiene un'importante e particolareggiata esposizione 
della filosofia di Prabbakara e di Kumarila, il terzo un'analisi 
del sistema della Mimamsa, il quarto si occupa dei riti sacri- 
ficali, il quinto dei principî d’'interpretazione della Mîmamsa e 


della lette ratura legale. 


Lo stesso Ganganatha Jha in collaborazione con G. Thibaut (I 


I. 257 — KEITH BERRIEDALEA,, 
D. C. L., D. Litt, Indian Logic 
and Atomism, An Expositton of 
the Nyava and Vaigestha Systenis. 
291, Oxford, Clarenudon — Press 
1921. — Rec.: ]RAS, 1923, 479-80 
(J. LINDSAY). 


I. 258 — JAIN CHAMraT R,, 
Nvaya the Science of Thought, 
IV + 60 pp., Arrah, The Central 
Jaina House 1910. 


I. 259 — Fappicon Pr. B,, 
lhe Vaigesika System, described 
with help of oldest texts. Amsterdam 
1918, — Rec.: JRAS, 1921, 594 
(LD. BARNETT). (MA). 


I. 260 — GARBE R,, Vaigestha. 
ERE, 1921, 508-570. 


I. 261 — Ur H.,, 7he Vaicesika 
Philosophy, according to the Da- 
capadartha-Gastra. Chinese Text 


with Introduction, Translation and 
Notes. NII+ 205, London, Roval 
Aslatic Society 1917. 


I. 262 — KEITH BERRIEDALE À., 
Indian Logic and Atomism, 291. 
Oxford, Clarendon Press 1921, 


I. 2603 — ALLAN ]., Jriana- 
Marga. ERE, 1914, 504-500. 


I. 264 — The Thesaurus of 
Knowledge Divine and temporal; 
oy the Vedas and their Tpangas or 
the six Systems of Indian Philo- 
sophy H, 1, 1; General Outline of 
Nyaya and Vaisheshika, pp. 87, 
London, Luzac 1919. 


I. 265 — ]Jua MAHAMAHOPA- 
DHYAYA GANGANATHA, The Pra- 
hhakara School of Pitrva Mimamsa, 
Allahabad, 1911. — Rec.: JRAS, 
1916, 309-370 (A. BERRIEDALE 
KEITHR). (DM). 


— 109. 


BALLINI - INDIA. I. 2652-2731 


265a) traduce la celebre opera di Criharsa Khandanakhandakhadya, 
cercando di appianare alcune delle molte difficoltà e oscurità espressa- 
mente volute dall’autore per allontanare dall'opera sua i malvagi 
e gli ignoranti. Questo libro, esempio notevole di dialettica Indiana, 
vuol dimostrare che i logici, supponendo la realtà dell’esistenza, ca- 
dono in errore, e a tal fine cerca di demolire ognuna delle definizioni 
della scuola del Nyaya. 

C. D. Dalal e R. A. Shastri (I 266) pubblicano e illustrano la 
Kavvamimamsa di Rajacekhara. 

Altri scritti sulla Mîmamsa hanno pubblicato il Garbe (I 267), 
K. A. N. Sastri (I 269), il Keith (I 268-270),P. Shastri (I 271). 

Kokileewar Sastri (I 272) in uno studio su la filosofia Advatta 
si propone di illustrare l’opera di Gankaracarya, in modo da far 
cadere tutte le interpretazioni errate avutesi fin qui. Nell'esposi- 
zione delle teorie raccoglie e discute, così, molti passi del celebre 
maestro monista. L’opera è di grande valore e sarebbe utilissima 
anche solo per la cernita opportuna dei detti passi dalla grande 
produzione di Cankara. 

Sono apparse edizioni di studì noti e studi nuovi sul Ve- 
danta (I 273-281). 


I. 270 — KEITH BERRIEDALE À, 
B. The Karma-Mimamsa, London, 
Oxford University Press 1923. 
pp. 112 — Rec.: OLZ, 20, 1923, 
181-82 (WINTERNITZ); JRAS, 1023 
479-480 (J. Linbpsay). 


I. 265a — THIBaUT G. and 
GANGANATHA JHA, 7he Sweets of 
Refutation, An English Translation 
of the Khandana Khandakhadva 
of SRIHARSHA, Allahabad, 1913. — 
Rec.: JRAS, 1916, 377-381 (A. 
BERRIEDALE KEITH). (DM). 

I. 271 — SHASTRI PASHUPATI- 
NATH, Introduction to the Purva 
Mimamsa, Calcutta 1923. 


I. 266 — RAJAGEKHARA, Ka- 
cvamimaàmsa Edited in Sanskrit 
with English Introd. and Notes 
by C. D. DALAT and R. A. SHASTRI. 
(= Gackward's Or. Ser. No. 1), 
London, Probsthain 1917. 


I. 267 — GaRBE R., Mimamsa. 
ERE, 1915, 048. 


I. 272 — SASTRI KOKILESWAR, 
VIDYARATNA, «An Introduction to 
Advuatta Philosophy (Sankara School 
of Vedanta). University of Calcutta 
1924, pp. XV+1094. 


° I 273 — Deussen P., Das Sy- 
stem des Vedanta. 3 Auf. (Anastat. 
Druck) XVIII + 540, Leipzig, 
BrocFhaus, 1920. 


TI. 268 — Sastri K. A. N, 
The Mimamsa Doctrine of Works. 
JA, Juli 1921. 


I. 269 — SastRI K. G. NATERN, 
Parinaya Mimamsa or An en- 
quiry into the teaching of Gastras 


I. 273a — Dkussen P,, Die 
Sutras -des Vedanta iibersetzt. 2 


as regards the question of marriage. 
Srirangam 1914. 


Auf. XXIV+768 Leipzig, Broc- 
lhaus 1920. 


110 — 


IN. FILOSOFIA. L 274-285 


4. BHAGAVADGITA. — È uscita una seconda edizione della 
traduzione della Bhagavadgità del Garbe (I 282). 

Th. Springmann (£ 283), F. Hartmann (I 284) pubblicano ver- 
sioni della Bhagavadgita. 

Altra versione della Bhagavadgita ci è data dal Senart 
(1 285). Nell'introduzione il Senart scarta l'ipotesi del rimaneggia- 
mento del poema (Garbe) come pure l'ipotesi del Dahlmann, per cui 
il poema sarebbe un tutto logico e armonioso. Si attiene invece alla: 
opinione che fa dipendere il sincretismo della B/Ag. dall’attitudine 
della speculazione indiana d'allora, per cui si procedeva a salti 
intuitivi e sulla base di classificazioni meramente parziali. Infatti, 
secondo il Senart, la Bhg. risale al III s. a. C. L'elemento della 
bhabti o devozione a un unico Dio è risultato fatale di evoluzione 
non solo indiana, ma umana, così che è assurdo voler ricercare in- 
flussi della BAg. sul nostro Vangelo, o viceversa. Il Senart ama 
considerare la B/g. ‘' una raccolta di strofe e di frammenti che la 
tradizione centrale della setta ha raggruppati intorno all'idea dp- 
minante ,,. 

Riassunti brevissimamente i primi 6 libri del _MarXabharata 


I. 274 — lFabpecon B., 7le I. 281 — KoHLER ]J. Die 
Chapter (III, 3), the method of  Eleaten u. der Vedanta. Archiv 
Fxegesis, in the Vedanta-Sùutra.  fùr Rechts- u. Wirtschaftsphilo- 


Act O, I 10922, 113. 


I. 275 — GHatE V. C., Le Ve- 
danta. Etude sur les Brahma Sî- 
tra et leur cinq commentaires. Paris, 
Leroux 1918. 


I. 276 — GARLE R., Vedanta. 
ERE, 1921, 597-8. 
I. 277 — Daxpovy RLkv. GG, 


Essay on Doctrine of the Unrea- 
lity of the World in the Aduvaita. 
Calcutta 1919. 


I. 278 — RANGACHARI, Lifes 
and Times of Vedanta - Destha. 
JBRAS, vol. XXIV, 1I. 


I. 279 — DreussENn P., Vedanta 
Platon und Kant. Wien, Waldheim- 
Eberle 1910. 


I. 2806 — DEUSSEN P., Vedanta 
und Platonismus in Lichte der 
Kantischen Philosophie, 2.e Aut. 
PP. 41, Berlin, Unger 1922. 


sophie, 1917, 125-140. 


I. 282 — GARLE R., Mie Bha- 
gavadgità tibersetzti, 2 Auf!., Leip- 
zig, Haessel 1921. 


I. 283 — Srrkingomann TH, 
Bhagavad-gità. Der (Gesang des 
Erhabenen. 115, Heidelberg, Frei- 
deutscher Jugendverlag 1920. 


I. 284 — Hartmann LF., Die 
Bhagavad Gita. Nach E. ARrNOLD 
Sanskrit, ins Deutsche  tUberty. 


VH + 143, Leipzig, Theosoph. 
Verlagshaus 1921. 


I. 285 — Ia Bhagavadzità 


traduite du  sanscrit avec une 
introd. par EMiLE SENART (= Les. 


Classiques de  l’Orient). Paris. 
Bossard 1922. — Rec.: FR, I, 
1922, fasc. 3-4, 71-72 (C. FoR- 


MICHI). (3/4). JRAS, 1923, 428-420 
(L. D. BARNETT), (LUMI). 


— ll — 


BALLINI - INDIA. I. 286-293 


fino al punto ove trovasi il Canto del Beato, il Formichi (I 286) 
osserva le ragioni della celebrità di questo meraviglioso poema, ri- 
velato per primo all'Occidente dal Wilkins nel 1785. Sono esse tre. 
La 13 sta nel problema morale della guerra. Visnu afferma che è 
lecito e doveroso uccidere i nemici, poi che lo spirito eterno che è 
in noi non può uccidere nè essere ucciso. La 2% è nello spirito conci- 
liativo ed eclettico della Bhagavadgitaà. che cerca di conciliare tutti 
i varî sistemi filosofici. La 3* risiede nella magnificenza della poesia 
religiosa. Il Formichi dà la traduzione (spoglia delle ripetizioni, di 
vocativi, di epiteti) di due letture. 

Il Michalski-Iwicnski, nel 1° numero delle ‘ Publications de la 
Société Asiatique de Varsovie,, offre in traslitterazione latina il 
testo della B/g. (I 287) nell’edizione dello Schlegel e del Lassen, ec- 
cettuate pochissime varianti, aggiungendovi una prefazione che meglio 
che un’opera critica adeguata, è un entusiastico inno alla bellezza della 
poema, il quale egli ritiene non abbastanza apprezzato in Europa. 
La stima, inoltre, del M.-T. per la Blg. è tale da fargli credere che 
in tutta la letteratura Europca a mala pena si trovi un’opera da 
metterle a paro! Traduce poi la Bg. (I 288) premettendole un 
saggio di frammento di Alberuni (7, 9, 24 e 33). 

Il Pizzagalli (I 288a) pure pubblica una traduzione della 
Blg. 

Sulla Bhagavadgità scrivono M. T.. Kurtkoti (I 289), il Jacobi 
(I 290-292), A. Sécrétan (I 293, il Garbe (I 294), M. Chakravarti 
(I 295). 


289 — INurtkoti Mana- 
BHAGAVAT OF LINGESA, The Signi- 
ficance of the Bhagavadgità, SR, 
Vol. I, 1915, N. 1. 


I. 286 — FoRwMICHI CarLO, Z/ I. 
canto del Beato. FR, I, 1921, 
fasc. 1, 22-37. (MA). 


I. 287 — NICHALSKI-IWIENSKI 


St. TR., Bhagavadegità. Texte san- 
scrit, NII + 48, 2 tavole, Paris, 
Geuthner 1922. — Rec.: JRAS, 
1923, 429 (L.D. BarxETT). (LM). 


I. 238 — Blagawadgità, Nowy 
precklad 2 sanskrytu st. FE. MIcHAL- 
SKIiEGO. Wydanictwo Ultima Thule, 
Warszawa 1021. 8°. VIIIH-88 — 
Rec.:GSAS, XXIX, 1919-20(1921) 
189-190 (P. E. PAVOLINI). 


I. 288a — La Bhagacvad-Gità o 
il Canto del Bcato, Trad. di A. XML. 
PIZZAGALLI, Lanciano, Carabba 
1922, XVI- 137. 


I. 290 — JacoBi Il., Ueder die 
Finf'ihvrung der Bhagavadgità 1 
Mahabharata, ZDMG, 1918, 323- 
327. 

I. 291 — Jacogsi H., ITezteres 
zum Bhagavadgità- Problem, DLZ, 
1922, 205-273. 


I. 292 — JacoBiI 
gavadgità, DLZ, 1921, 


H., Die Bha- 
715-724. 

I. 293 — SECRÉTAN A,, Le 
problème du salut dans la Bhaga- 
vadgita. Thèse, 119, Genève, Wyss 
1919. 


cale 


IX. FILOSOFIA. 


I. 294-301 


È uscita una ristampa della versione del Cowel e di A. FE. Gough 
del Sarradarsanasamgraha (I 206). 

5. TRATTAZIONI GENERALI E PARTICOLARI. — 
Il Dasgupta (I 297) pubblica il primo volume di una Storia 
della Filosofia indiana. Si tratta del primo saggio di una esposizione 
compiuta e sistematica del pensiero filosofico indiano nelle sue più 
varie e molteplici manifestazioni. L’opera è notevolissima e per la 
bontà del metodo con cui è condotta e per la grande ricchezza di 
materiale (il D. G. ha consultato un numero grandissimo di testi ori- 
ginali filosofici e di commenti) su cui è stata costruita. Questo primo 
volume comprende lo svolgimento delle idee filosofiche indiane dai 
primi accenni nella letteratura vedica (Veda e Brahkmana), alle 
Upanisad al Buddhismo, al Jainismo, a tutti i sei sistemi orto- 
dossi. Il secondo volume tratterà dei sistemi filosofici dell’ In- 
duismo, 

È uscita la 48 ediz. della grande storia della filosofia del Deus- 
sen (I 208). 

Il Belloni-Filippi (I 299) descrive i sei sistemi ortodossi di fi- 
losofia indiana. 

Il Masson-Oursel (I 300) stende una breve storia della filosofia 
indiana. 

Il Berriedale Keith (I 301) studia la filosofia buddhistica fiorita 
nell'India e nel Ceylon. Nell’importante prefazione egli s’oppone 
alla leggenda del Concilio di Agoka e combatte la tendenza di con- 


I. 294 — GarbBE R., XMoch 


metne Geschichte der Philosophie 
einmal das Bhagavadeità- Problem, 


4 Auf. I, 1; allgemeine Finleitung 


DLZ, 1922, 97-104. 


I. 295 — CHAKRAVARTHI A, 
Bhagavad-Geeta; Philosophy of Du- 
fv. QJMS, Jan. 1923. 


I. 296 — MADHAVACHARYA 
Saria-dargana-samgraha or com- 
pendium of allthe philosophical 
Systens. Transl. by E. B. CowEL 
and A. E. GoucH, London 1914. 


I. 297 — DASGUPTA SURENDRA- 
NaTH, M. A. PhD., 4 History 
oj Indian Philosophv, Vol. 1, 
Cambridge, at the University Press 
1922, XVI + 528. — Rec.: PhR, 
XXXIV, 3, 1925, 292-298 (NA- 
THANIEL SCHMIDT). 


I. 298 — Deussin P., 4//ge 


und Philosophie des Veda bis 
aus die Upanischad's; I, 2: Die 
Philosophie der Upanischad's; I, 3: 
Die nachvedische Philosophie dev 
Inder. XVI + 301; XIV + 4qor; 
XVI + 728, Leipzig, BrocFhaus 
1920. 


I. 299 — BettonI- Fiuippr F.. 
I maggiori sistemi filosofici in- 
diani. I: Dalle origini al Buddhi- 
smo. Palermo, Sandron 1915. 


I. 300 — Massoxn-OursEL P., 
FEsquisse d’une histoire de la phi- 
losophie indienne, pp. 314, Paris, 
Geuthner 1923. 


I. 301 — KEITH BERRIEDALE A,, 
Buddhist Philosophy in India and 
Cevlon. 1923. 


= ie 


Aevum - Anno I - 8 


BALLINI - INDIA. I. 302-305 


siderare la grande dottrina indiana con criteri moderni ed europei 
e così di modernizzarla. 

B. Barua (I 302) si propone di ricostituire, sulla maggiore 
quantità possibile di materiale «la personalità filosofica dei massi- 
mi nomi del periodo prebuddhistico ». Così, dai tempi vedici veri e pro- 
prî, l'A. conduce il lettore «ai più segnalati rappresentanti degli 
indirizzi più in voga, ai tempi di Gautama », da Mahidasa. Aita- 
reya, cioè, agli eretici ben noti, elencati nel Dighanikaya. Di cia- 
scuno il Barua cerca di ricostruire il pensiero fondamentale, ri- 
correndo a fonti d’ogni specie, brahmaniche, buddhistiche e jainiche. 

È apparsa, postuma, interamente rifatta e accresciuta, la Hi- 
story of Mediaeval School of Indian Logic di S. Ch. Vidyabhùsana 
(I 303), immaturamente rapito agli studi che tanto aveva onorato. 
« L'antico manuale, resosi ormai introvabile, è divenuto un pode- 
roso volume che traccia lo svolgimento della logica indiana dai 
suoi inizi fino alle età più recenti ». La storia del Nyaya e del 
Vaicesika e delle correnti a latere buddhistiche, jaina, brahmaniche, 
è, in esso, così, ampliamente trattata dal V., il quale ha creduto 
« che il sistema migliore fosse quello di esporre il contenuto delle 
varie opere logiche, rilevando il particolare punto di vista dei sin- 
goli autori ». 

Il Tucci (I 304) attraverso le citazioni e gli accenni contenuti 
in tutta la letteratura indiana — dal Veda all’età classica, dal Jai- 
nismo al Buddhismo, etc. — e nelle fonti cinesi e tibetane (più 
di cento testi egli ha consultato), viene a ricostruire i varî sistemi 
materialisti indiani. « Ciascuna scuola materialista rivive nei suol 
confini nettamente delimitati », così che è possibile seguire « con 
ordine lo sviluppo dell’epicureismo indiano, dai tempi più remoti 
all’età classica ». 

Il Dasgupta (I 305) accennato che se la scoperta del Sanscrito 
ha dato grande impulso agli studi di glottologia e di mitologia 
comparate, non sembra, nondimeno, aver « touched the inner vein of 


I. 302 — BARUA BENIMADHAR, 
.4 history of prebuddhistic indian 
plilosophy. Calcutta (published by 
the University) 1921, pp. NNIV+- 


444. — Rec. RSO, XX, 1923-25, 
711-712 (G. TUCCI). 
I. 303 — VipbyvABHUSANA SATIS 


CHANDRA, dd history of indian 
Logic (Ancient, medicaval and mo- 
dern Schools). Calcutta (publ. by 


the University), 1921, pp. LXII-|- 
648. — Rec. RSO, X, 1923-1925, 
713-716 (G. Tucci). 


I. 304 — Tucci GIUSEPPE, Lince 
d'una storia del materialismo india- 
no, AAL, CCCXNX, 1923. 242-3I0. 


I. 305 — DAS GUPTA SURENDRA 
NATH,[ndian Philosophyin relation 
to Contemporary Italian Thought 


IN. FILOSOFIA. I. 305-307 


European culture and civilisation » — come aveva sperato lo Scho- 
penhauer, pensando all’influsso della cultura greca nella nostra Ri- 
nascita —, lamenta tale fatto, pur per molte ragioni spiegabile. Affer- 
mato poi, come molti elementi della filosofia contemporanea siano 
stati precorsi in India, si propone di dimostrare il suo asserto 
prendendo per ora in considerazione particolare l’opera filosofica 
di Benedetto Croce, «whose doctrines may, at all ordinary appea- 
rance, seem to be far removed from any known systems of Indian 
thought ». Egli, difatti, la compara con quelle di alcune scuole del 
Buddhismo con le quali — pur date varie differenze — il Croce 
mostra di aver punti fondamentali comuni. La stessa cosa potrebbe 
dirsi, con riferimento ad altre scuole filosofiche indiane, del pen- 
siero del Gentile, del Varisco e altri, fra i moderni e, prima, di S. 
Tomaso, Campanella, Bruno, Rosmini, Gioberti, Galuppi e di fi- 
losofi tedeschi, francesi, inglesi, americani. 

Il Senart (I 300) pensa che rajas (uno dei tre gna), fatto 
derivare posteriormente da raga (passione), abbia un'altra etimologia. 
Rajas non ha nell'uso letterario tale significato: in Vedico signifi- 
cava vapore, nebbia, ecc., ecc., e se si riporta alle tre divisioni dello 
spazio, questa parola sta fra le tenebre e la luce. Del pari gina ha 
in origine il significato di filo (filo di cui è tessuto l'universo). L'A. 
conclude che la dottrina sam4Alva dei tre guna procede da nozioni 
che risalgono all'antico naturalismo su cui la speculazione filosofica 
posteriore ha trovato un appoggio ed una cornice. Senza tale teoria 
cioè, che il cosmo abbraccia tre parti, che sono il luogo e la materia, 
le quali, sotto il giorno nascente, con una triplice trama si slanciano 
in un'irresistibile spinta, dalla notte che cade nell'abisso verso la 
luce superiore dell'empireo. la teoria dei tre guna non sarebbe mai 
sorta. 

F. Masson-Oursel (I 307) scrive sul significato della parola 
dharma (legge, dovere) attraverso i secoli della civiltà indiana; 
mette in luce la straordinaria importanza di questo concetto che 
fu, a volte, informatore del pensiero indiano, e a volte, e più spesso, 
costituì materia duttile plasmabile a seconda della concezione re- 
ligiosa e filosofica del tempo, del luogo, dello scrittore. 


(fead at the International Con- nas, JA, 1015, IT, pag. 151-104. 
gress of Philosophy at Naples), (MA). 
Modern Review, Aug. 1924, pp. 


153-163. I. 307 — Masson-OURSEL, Vote 

sur -l’acception, d travers la civi- 

I. 306 — SENART È, Rajas et lisation indienne, du mot Dharma. 
la théorie indienne des trois gu- JA, 10922, 209-275. (£C). 


— 115 — 


BALLINI - INDIA. I. 308-314 


— —--_—_6—————————————__________—_ m  —————_————— 


Il Burlingame Watson (I 308), premette che un atto di verità 
è una formale dichiarazione di fatto accompagnata da un comando 
o risoluzione o preghiera, affinchè sì compia il fine del soggetto, che 
una semplice verità e anche comunissima è sufficiente per l'atto di 
verità e non occorre che concerna solo opere buone o buone qua- 
lità della persona, ma è valevole anche per male opere e per soggetti 
indegni. Nessun miracolo è impossibile all'atto di verità. Ciò posto, 
afferma che l’atto di verità è spesso un incantesimo indirizzato 
agli dèi cattivi o alla natura ed è usato nelle maledizioni. Dalla 
parola pali saccaririva e dall’equivalente sanscrito satyaRrivà 
l'autore desume che si contenga in essi l’idea d’incantesimo. L'onnipo- 
tenza della verità è insita in una legge morale universale; tale ca- 
rattere si rivela principalmente nelle ordeals, in certe prove cioè 
usate anche da noi nel M. E. L’atto di verità è importante in tutte le. . 
novelle indiane poichè è usato come il deus ex machina per sciogliere 
le più varie ed opposte situazioni. Il /ocus classicus dell’atto di ve- 
rità si trova in uno dei dialoghi del re Milinda col saggio buddhista 
Nagasena (Milindapafiha, 119-23), nel quale si cerca spiegare in 
forma pseudo-scientifica il modo d'’operare di tale atto, si esaminano 
i vari modi d’incantesimi, che si illustrano con storielle ed esempi 
sulle acque, sul fuoco, sui veleni, sul sesso, sulla nascita e rinascita, 
sulla liberazione e si adducono esempi anche sulle maledizioni, sugli 
ordeals, sui sotterfugi degli atti di verità. 

Studi di filosofia indiana pubblicano S. A. Acharya (I 309), 
H. Schulemann (I 310), J. McKenzie (I 311), S. Radhakrishna (I 312), 
O. Strauss (I 313), Th. Becher (I 314), D. J. Stephen (I 315), il 
Guénon (I 310). 


I. 308 — BurLINGAME EUGÈNE 
WATSON, The act of truth (Saccaki- 
riya); A Hindu spell and its em- 
ployment as a psvchic motif in 
Hindu fiction, JRAS, 1917, p. 429- 
467. (MA). 


I. 309 — AcHaRyva S. A, 
Brahmadarcanam,; or Intuition of 
the Absolute, being an Introduction 
to the Study of Hindu Philosophy, 
pp. 222, London, Macmillan 1917. 


I. 3I0 — ScHULEMANN H., 
Zur Geschichte der indischen Phi- 
losophie. AGPh, XXXII, 1910, 
207-220, XXXIII, 1920, 48-59. 


I. 31I — MCKENZIE J., Hindu 
Ethics. A Historical and Critical 
Essay. IV + 267, London, Oxford 
University Press 1922. — Rec.: 
OLZ, 1924, 150-153 (FICK). 


I. 3512 — RADHAKRISHNA S., 
Indian Philosophy, Vol. I, pp. 684, 
New York, Macmillan 1923. 


I. 313 — Strauss OTTO, 7n- 
dische Philosophie. Miinchen, Rein- 
hardt 1924. 


I. 354 — BEcHER TH,., Dite 
Tattuas und ihre Bedeutung, pp. 
41, Leipzig, Theosophisches Ver- 
lagshaus 10919. 


— 116 — 


IX. FILOSOFIA. 


I. 315-325 


K. A. N. Sastri (I 317) scrive su Jaimini e Badarayana. 

Il Venkateswara (I 318) fissa quale epoca in cui visse Cankara 
l'805-97 d. C., dopo aver preso in esame la data tradizionale (2625 
della Era Kali, circa 477 a. C.) e quelle accettate da Justice Telang 
(VI sec. d. C.) dal Pathak e dal Bhandarkar (788-825 d. C.). 

Su Cankaracarya scrivono V. S. Aiyar (I 319), Y. Subbarao 
(I 320), N. K. Venkatesan (I 321), V.S. Ghate (I 322), H. v. Gla- 
senapp (I 323), B. Pillai (I 324). 

6. FiLosoFIA DEL Lincuaccio. — S. Varma (I 325) discute 
il valore del significato nella filosofia del linguaggio indiano. Esamina 
le diverse opinioni sul valore stesso dei grammatici indiani: « par- 
ticolare relazione, cioè, tra la parola e l'oggetto indicato da essa » 
(Nageca Bhatta), la quale può manifestarsi per ‘ diretta istru- 
zione ,, per ‘‘“ autorità che ha valore di verità ,,, per ‘’ sintattica 
connessione con parole già conosciute ,,, etc. Espone le obbiezioni 
e le contro obbiezioni a questo concetto di relazione dato al valore 
del significato della parola. Accenna pure al valore negativo dato 
al significato della parola dai filosofi Buddhisti che, contrariamente 
ai Brahmanie ai Jaina, definiscono il significato come negazione. Ma 
di più: siccome v'è concordia di opinioni fra la maggioranza delle 
scuole indiane in favore della realtà della relazione fra parola e lo 
oggietto indicato, la scuola buddhistica respinge tale opinione, e 
sostiene, al contrario, che non v'è relazione, come quella del signifi- 


I. 315 — StEPHEN DoRrotHEA  Sankara the Propagator of a New Sy- 
JANE, Studies in early Indian stem of Thought? SR, Vol. T, N. II. 
Thought. pp. 1 + 176 Cambridge, Ne 
University Press 1918. — Rec. : I. 321 — VENKATESAN N. K., 


JRAS, 1919, 422 (LD. BARNETT). 


I. 316 — Guénox R.,, Iutro- 
duction générale d l'étude des doc- 


trines hindoues, 346, Paris, Ri- 
Vière I92I. 
I. 317 — Sastri K. A. N, 


Jaimini and Badaravana, TA, May 
IU2I. 


I. 318 — VENKATESWARA S. V., 
The date of Sankaracharva, JRAS, 
1916, 151-161. (LM). 


I. 319 — ArvaAR V. SUBRAH- 
MANYA, GCamnkara. SR, Vol. }, 
Ni È. 


I. 3206 — SuBRraARAO VY.,, Ias 


Sankaracharva and his Kamakoti 
Peetha. Kumbaconam, 1915. 


I. 322 — GHATE V. S., Can- 
haracharva. ERE, 1920, pp. 185. 


I. 323 — GLASENAPP H. von, 
Shankara, der Reformator des Brah- 
manismus. NO Io, 1922, 50. 


I. 324 — Piccar B., Ze date 
of Sarvajniatma andCankaracharva. 
JA, Apnil 1921. 


I. 325 — VARMA SIDDHESHWAR 
M. A., Shastri, Prince of Wales 
College, (Kashmir), Analysis of 
Meaning in the Indian @Philo- 
sophv of Language, JRAS, 1925, 
21-35. 


BALLINI - INDIA. 


I. 326-328 
cato e della cosa significata, tra parola e oggetto indicato. La parola 
‘“ vacca ,, ad es. non denota l’obbietto ‘‘ vacca ,,. Essa indica prin- 
cipalmente, solo la negazione (apoha) degli oggetti che non sono 
‘“vacca,,, es. ‘“ cavallo ,, ecc. Dopo, conseguentemente, per infe- 
renza, attraverso questa esclusione si giunge alla indicazione dello 
obbietto ‘‘ vacca ,, con la parola ‘“ vacca ,,. Il Varma porta gli argo- 
menti, dati a favore c contro questa opinione, dei Buddhisti e con- 
clude col sostenere delle due la prima teoria, quella cioè della rela- 
zione tra parola e oggetto indicato, e suffraga il suo pensiero con 
ragionamenti pratici e persuasivi. ‘‘ Definire il significato come una 
relazione, egli conchiude, è certo dunque più giusto, sia logicamente 
che psicologicamente ,,. 

7.VARIA.— Ill'razer (I 326) cerca di dare un resoconto chiaro 
e breve del pensiero indiano in relazione alle condizioni sociali e reli- 
giose dell'India attuale, respingendo la parte formale di ogni sistema 
e studiandone soltanto l'essenza. Egii si occupa successivamente dci 
Veda, dei Brahmana, delle Upanisad del Vedanta, del Samkhya, del 
Vaicestka, del Nvava, del Yoga, del Buddhismo e dell’Induismo; 
Dedica un capitolo della sua opera alla condizione delle donne in India, 
ced uno al pensiero Indiano moderno, secondo il movimento dcl- 
l’Adi Samaj e suoi derivati. Esamina, poi accuratamente i problemi 
connessi colle U fanisad e con Gankara, al quale attribuisce grandi 
affinità col più moderno pensiero. 


N. Jainismo. — Il Charpentier (I 327) in una nuova edizione 
dell’Tltaradhyayanastitra, che segue alla traduzione e all'edizione 
del Jacobi, arricchisce il testo, ch'egli cerca di restaurare, di 
note e di un'introduzione in cui studia e analizza criticamente 
i vari elementi, di età e di origini diverse, che compongono 
l’opera. 

Il Ballini continua (RSO, IV, 1013) l'edizione critica del 
Vivagasuya (I 328), della cui prima lettura egli pubblica la prima 
versione e l'illustrazione. In questa, fra l’altro, sono riportati dal 


I. 326 — FRAZER R. W., Zudian 
Thought, Past and Present, Lon- 
don, 19015. — Rec.: JRAS, 1916, 
167-171 (.\. BERRIEDALE KEITH). 
(LM). 


I. 327 — CHARPENTIER JARL, 
The Uttaradhyavanasutra, being the 
first Mulasitra of the Gretambara 
Jans. Edited with an introduction, 


critical notes, and a commentarv, 
pp. 409 (= Archives d’Études 
Orientales, vol. XVIII) Uppsala, 
1922. — Rec.: JRAS, 1923, 277- 
278 (L.D. BaARNETT); OLZ, 1924 
483-485 (SCHUBRING). (LA). 


I. 328 — BRALLINI AMBROGIO, 
Ekkarasamam Anigam Vivagasuvam 
RSO, VII, 1910-18, 215-234. 


1IN — 


IX. FILOSOFIA - N. JAINISMO. 


I. 329-337 


B. - tradotti - tutti i passi appartenenti ad altri testi canonici 
Jaina, sottintesi nell'XI Arga (I 329). 

Sono uscite edizioni di opere canoniche e non canoniche jaini- 
che. La « Jaina Atmananda Sabha» pubblica il Kafpasutta di 
Bhadrabahu (I 330); lo Schubring, il Mahanisihasutta (I 331) 
e il Vavaharasutta e Nisihasutta (I 332), il Jacobi il Sanakkumara- 
cariyam (I 333), e la Bhavisatta Kaha (I 334) (ambedue in 
Apabhramga); il Desaw la Nayakarnika (I 335), il Belloni-Filippi 
un saggio del Munivaicarivam (I 330). 

Lo Hertel (I 337) ha iniziato la pubblicazione di una serie 
di testi di novelle sanscrite e dialettali jainiche — a cui fa precedere 
un'introduzione, con interessanti osservazioni sulla letteratura degli 
Cvetambara del Gujerat. In tale introduzione, lo H. segnala in 
maniera sintetica, ma esauriente, l'interesse della letteratura jai- 
nica. Dopo aver accennato alla multiforme at ività degli scrittori 
jainici, che non lasciarono intentato nessun genere letterario, il L. 
insiste sulla singolare importanza delle opere jainiche per gli studi 
folkloristici, affermando che « during the middle-ages down to our 


I. 329 — BALLINI AMBROGIO, 1921, XXXV + 1604 (Munchen, 


L'undecimo Ahga dei Jaina chia- 
mato la sacra dottrina del frutto delle 
opere meritorie e peccaminose. Se- 
zione prima, lettura prima, AIV, 
LXXXIV?® 1924-25, 645-084. 


I. 330 — The Kalpa-Sutra of 
BHADRABAHU, with the Commentary 
Subodhikà of VINAYAVIJYA GANI. 
Fol. 304. Publ. by the Jaina Atma- 
nanda Sabha. Bhavnagar, Bombay 
printed 1915. — Rec.: JRAS, 
1920, 254-255 (L. D. B.). 


I. 331 — ScHUBRING W., Das 
Mahanisiha-Sutta, AAB phil. hist. 


KI. V, 1918, pp. 102 — Rec.: 
LZB, 1919, 227-228 (L.). 

I. 332 — ScHUBRING W., Vara- 
hara, und Nisiha-Sutta. AKM, 


XV, 1919, 1, 12 pp. — Rec.: LZB, 
1919, 227-228 (L.). 


I. 333 — Jacosi H., Sanatku- 
maracaritani, ein Abschnitt aus 
Haribhadras Neminathacaritam. 


Eine Jainalegende in Apabhramga. 


ABA, philos. philol. KI. XXXI, >, 


LU 


Franz). 


I. 334 — DHANAVALA, Bhavisatta 
Kaha. Eine faina-Legende in A pa- 
bhramga-herausgegeben von H. JA- 
coBI, AAM philos. philol. u. histor. 
INasse XXIX, 1918, 4, pp. VII 
+ 94+210.— Rec.: NO, IV, 1918, 
43 segg. (von GLasknapp); LZB, 
1919, 227-228 (IL). 


I. 335 — DEsav MottonLaL D., 
The Naya-Karnika, a Work on 
Jatna Logik, pp. 58, Arrah, Central 
Jaina Publ. House 1910. 


I. 336 — Bettoni-Fiuivpi F., 
Saggio del Munivaicarivam. RSO, 
VII, 1916-18, 305-308. 


I. 337 — HrrteL ]J., On the 
Literature of the Shvetambaras of 
Gujarat, (= Forschungsinstitut fir 
Indogermanistik, Indische Abtei- 
lung N. 1) Leipzig, Markert und 
letters 1922. — Rec.: FR, II, 
1923, fasc. I, 57-59. (G. Tucci); 
RSO, IX, 1921-23, 614-616 (G. 
TUCCI). 


BALLINI - INDIA. I. 338-343 


days the Jains, and specially the Cvetambars of Gujerat, were 
the principal story-tellers of India ». 

Il Ballini (I 338) continua (v. GSAI, XXVI, 1912, 117-130) 
la prima edizione del commento al Pragamaratiprakarana (esposi- 
zione sintetica in versi fatta da Umasvati della dottrina jainica) 
e la versione del testo, che ripubblica. 

Il comp. Tessitori (I 339) ba pubblicato testo e versione dell’/n- 
diyapardjayasayayam antologia jainica poetica, il cui contenuto è 
diretto a « frenare l’impulso degli organi dei sensi che naturalmente 
tendono a raggiungere il godimento dei loro obbietti...., dimo- 
strando come l’umanità dalla parvenza di piacere che l'individuo 
ne ritrae, sia in assoluta sproporzione coi dolori che gli derivano 
dal prolungamento della catena delle esistenze, che è la conse- 
guenza immediata dell’indulgenza dei sensi ». 

Un'ampia esposizione del Jainismo ha pubblicato Mrs. S. Ste- 
venson (I 340). 

J. Jaini (I 341) in un libro di piccole proporzioni, ma la cui 
materia è tutta di prima fonte, ta una breve ma lucida e com- 
piuta esposizione del Jainismo. 

Brevemente del Jainismo tratta pure F. Belloni-Filippi (I 342). 

Nel primo dei suoi varî libri sul Jainismo, Champat Rai Jain (I 
343) vorrebbe conciliare tutte le religioni sotto l’egida del Jainismo per 
offrire al mondo una religione da tutti accettabile e per tutti bene- 
fattrice. Il libro è scritto con lealtà e sincerità; dimostra vasta e pro- 
fonda conoscenza degli scritti occidentali e dei libri sacri di altre re- 


I. 338 — BALLINI AmBRrogiIio Ontlines of Jainism edited with 
Pracamaratiprakaranam satifham. Preliminary Note by F. W. THo- 
Trattato del piacere della tranquil- mas. XNL+ 156. (=Jain Literature 
lità dello spirito. Col commento, Society Vol. 1) Cambridge, Uni- 
GSAIT, XXIX, 1918-20 (1921) versitv Press 1916. — Rec. : 
61-70. MM, 1918, 18-20 (FADDEGON); JA, 

a 7, 494-496 (GUÉRINOT); GSAS, 

I. 339 - TeEssITORI Luigi Pio, vili n; ali 


Indiyaparàjavasayayam (Indriya- BeLLONI-FILIPPI). 


parajitagataham), RSO, VII, 19160 
-18, 533-504. I. 342 — Bettoni-Fiuipri F., 

I. 340 — STEVENSON MRs. Sin-  Iteligioni dell'India: Jainismo e 
CLAIR, The heartof Jainism.(= The Buddhismo. Pisa, Spoerri, TO: 
religious quest in India, vol. Il), 
Oxford, 1915. — Rec.: JRAS. 
1916, 842-847 e Ath II, 89-91 (A. 
BERRIEDALE KEITH); H], 1916, 
002-006 (Cook). 


I. 343 — Jain CHaAMpPaT RAI, 
The Kev of Kmnoivledge. Second 
edition revised. Arrah (India) Cen- 
tral Jaina Publishing House 1919. 
—- Rec.: JA, 1922, 112 (GUÉRINOT) 
I. 341 — JAINI JAGMANDERLAL, (/C). 


sui [O 


X. JAINISMO. I. 344-346 


ligioni ed è redatto con molta cura, tanto da contenere persino le- 
gati col testo toglietti bianchi per le note del lettore più attento, 
e accuratissimi elenchi delle parole non inglesi che ricorrono nel 
testo. 

Nella seconda sua opera, Champat Rai Jain (I 344) dà una 
esposizione del Jainismo. Egli comincia con lo studio dei metodi 
di logica (naya e syadvada) per giungere alla teoria del karman e 
delle categorie (fattva) e ad osservazioni generali sulla pratica del 
dharma. Porta eccellenti classificazioni, a volte in tavole, che get- 
tano viva luce sulla complicata nomenclatura Jainica. La conclu- 
sione — non formalmente accettata — vuol dimostrare l'antichità 
del Jainismo non solo rispetto al Buddhismo ma anche rispetto 
all'Induismo, inteso come religione ufficiale dell'India dopo 1 Veda. 

Un terzo scritto di Champat Rai Jain (1 345) che, sebbene 
di mole alquanto diversa da quella degli altri, pure ad essi strettamente 
si lega per un nesso logico e per l’unità di pensiero, contiene una 
serie di passi estratti da diversi autori Jaina, una specie di apologia 
per citazioni, confermante il ‘“ Prafical path ,,. L'A. ha creduto di 
far bene traducendo prima di tutto un libro molto moderno l’ ‘“Atma- 
dharma ,, redatto da Brahmachari Sital Prasadji; ma siccome 
ad esso sono uniti, senza sufficienti indicazioni critiche, brani di 
osservazioni dell’A., così l’opera, come ben osserva il Guérinot, ne 
risulta non solo meno chiara ma anche meno attendibile; mentre 
una specie di antologia sul Jainismo sarebbe potuta essere utilissima 
e apprezzatissima e nessuno meglio del Champat avrebbe saputo 
compierla, 

È apparsa l’edizione e traduzione dell’ AdAvatmatattualoka del Mu- 
ni Nyayavijava (1 346) composta a edificazione dei correligionari. 
L'A. non si perde in aride controversie dottrinali, e — pur non 
ammettendo come prima la dottrina jainica, parla dei principî che 
questa ha comuni con le altre religioni. Etica, religione, filosofia, sono 
materie del trattato. Un'introduzione di Motichand Javachand Mehta 
illustra le dottrine jainiche più difficili, e spiega come il Jainismo sia 
ateo e quale sia il culto reso ai Tirthamkara. L'Adhvarmatattualoka 


I. 344 — Jarno Chamrat Rar, Allahabad, Indian Press, 1920, 
The pratical path. Arrah (India) pp. 68 — Rec.: JA, 1922, 112 
Central Jaina Publishing House  (GufrinoTt). (IC). 

1916, pp. 233 — Rec.: JA, 1922, 


the Spiritual life by MuNI NvAyA- 

I. 345 — JAIN CHAMPAT RAI, VIJAYA frasl. into English by MoTI- 
Selections from « Atma-Dharma »  CHAND JHAVERCHAND MEHTA. Bha 
of Brahmachari Sital Prasadji. vnagar,1920.— Rec : FR, I, 1921- 


ss De 


BALLINI - INDIA. I. 346-351 


è in versi sanscriti elaborati, tradotti dall'A. stesso in Gujarati. Ottima 
è la versione inglese con note. L'opera è utile per ben comprendere 
il Jainismo (I 346). 

Un'ottima guida allo studio della logica jainica, e pure un 
compendio di tutto il sistema Cvetàmbara ci è data dal Nyayakw- 
sumafijali di Nvayatirtha. L'A. espone le sue teorie in sutra metrici, 
mentre la traduzione, il commento, l'introduzione, le note, ecc. 
sono stesi da H. R. Kapadia. sommario dell’introduzione: The Jana 
literature, Inscriptions, Ethics, Theory of God, Karma philosophy, 
Svadvada (I 347). 

Il Ballini ‘I 348) dà una nuova edizione, accresciuta e aggior- 
nata, del suo studio sul Jainismo (v. AIV, 1913-14, 1635-1604). 

Il Barua pubblica uno studio sugli Ajivika (I 349). 

S. V. Venkateswara (I 350), esaminate le varie opinioni con- 
cernenti la data del Nirvana di Vardhamana, fondatore del moderno 
Jainismo, e discussa quella di V. A. Smith che con altri l'’ammette 
morto prima di (rautama Buddha, espone varie tradizioni e si attiene 
a quella contenuta nell'antica Vasavadattà di Bhasa, per cui Var- 
dhamana dovrebbe porsi nel 437 a. C. Così si seguirebbero anche 
le prime tradizioni della cronologia Jainica. 

La presidenza del Jana Hostell (I 351), ha pubblicato, in 
occasione della riapertura della Università di Allahabad un 
numero speciale della sua rivista, riccamente adorno di fotogra- 
fie che ritraggono i più cospicui personaggi del corpo accademico 
e della comunità Jainica. Il fascicolo accoglie brevi monografic, 
parte in Hindî e parte in Inglese, sulle antichità di Ujjaini, sul- 
l'istruzione primaria in India, sull'educazione del popolo, e illustra 
ciascuno dei ritratti pubblicati, con una breve notizia biblio- . 
grafica opportuna ed interessante. 


fasc. I, p. 70 (BkLLoni-FiLIPPI); nismo. FR, I 
RSO, IX, 1922-23, 217-218, (BEL- 10-45. 


LONI-FILIPPI). (MA). 


, 1922, fasc. 3-4, 


I. 349 — Journal of the Depart- 
I. 347 — Nvava-Kusumarjalt ment of Letters of the University of 

by NvAYATIRTHa, Nyaya-vica- Calcutta, Vol. I-III, 1920. — 

rada Muni Nyavavijaya — Iith  Rec.: JRAS, 1923, 624-25 (J. At- 

introd. in English, transli. and LAN). (LM). 

notes in English and Guja- 


rati bv HirALAL RasikDAS KA- I. 350 — VENKATESWARA S. V., 

PADIA. Bombay, 1922. — No- Miscellaneous communications. 

tizia: FR, II, 1923, fasc. 1,58. JRAS, 1917, 122-130. 

al RSO, N, 1023-25 138 (G. I. 351 — The Jaina Hostel! 
UCCI). Magazin, University Convocation 
I. 348 — Battini A., JSait- Number - November 1923. — Noti- 


“da 


X. TJAINISMO - XI. BUDDHISMO. 


I. 351-370 


Di argomenti varî jainici trattano il Charpentier (I 352), il 
Bloomfield (I 353), W. Bohn (I 354), R. Ayyangar (I 355), H. Haas 
(I 356), R. Shama Shastri (I 357), il Leumann (I 358), il v. Gla- 
senapp (I 359), la Stevenson (I 360-363), ancora il Charpentier 
(I 364-365), Ch. Rai.Jain (I 300), O. Pertold (I 367). 


XI. Buddhismo. — 1. EDIZIONI, TRADUZIONI, CRITICA 
DI TESTI. — l vol. VIII-XII del lascito Simon Hewavitarane artic- 
chiscono il patrimonio culturale degli studiosi del Buddhismo del V1- 
suddhi-Magga, dei commentari di Bhadantacariya al Nettippakarana, 
al Buddhavamsa e al Mahaniddesa,e della Paramatthajotikà (1368-370), 


zia: RSO, X, 1923-25, 710-t1 (F°. 
BELLONI-FILIPPI). 


I. 352 — CHARPENTIER ]J., Die 
Legende des heiligen Parcva, des 
23 tirthakara der Jainas, ZDMG, 


1915, 321-359. 


I. 353 — BLroomrieLpb M., The 
Life and Stories of the Jaina Sa- 
viour Pargvuanatha. XII, 254, Bal- 
timore, Johns HopkFins Press 1919. 
— Rec.: A]JPh, 41, 1920, 188-190; 
JRAS, 1920, 252 (V. S.). 


I. 354 — BoHN W., Die Religion 
of Jina und ihr Verhaltnis zum 
Buddhismus (Untersuchungen 7. 
Gesch. d. Buddhismus 3). pp. 30. 
Minchen-Neubiberg, Schloss 1921. 


I. 355 — AvvaANnGAR RAMA- 
swAMmIr and SESHAGIRI Rao, Stu- 
dies in South Indian Jainism - 
Vizianagram Maharaja's. College 


Publ. 1. Madras 10922. 

I. 356 — Haas H., Die heiligen 
Texte der Jainas, ZMR, 10921, 
193-199. 


I. 357 — SHASTRI SHAMA RR, 
Jaina teachers and their contempo- 
rary Rings. QJMS, Jan. 1923. 

I. 358 — LEUMANN E. Buddha 
und Mahacira, ZB, 4, 1923, 1-22; 
129-152; 233-254. 

I. 359 — GrasEenaPPr H. v,, 


Die Lehre von Karman in der 
Philosophie der Jainas, 1915, 115, 
Leipzig, Harrassowitz. 


I. 360 — SteEviNSON M., /fatn 
Worship. ERE, 1921, 799-802. 


Cie- 


123-124. 


I. 361 — Stevenson :M.,, 
tambaras. ERE, 1921, 


I. 362 — Stevenson M., Jan 
Purification. ERE, 1918, 493-405. 


I. 363 — Stevenson M., /ain 
Praver. ERE, 1918, 187-184. 

I. 364 — CHARPENTIER ]., 
The Date of Mahavwra. JA, 1914, 

I. 365 — CHARPENTIER  ])., 
Jainismen. NT, 1914, 485-509. 


I. 366 — JAIN CHAMPAT RAI, 
Inimortality and Jov, pp. 12, 
Hardsi, 1914. 

I. 367 —< Piriono O., The 


Place and Importance of the Jarnism 
in the comparative Sciences of fe- 
ligions. Bombay, Nirnava-Sagara 
Press, s. d. 


I. 368-370 — Simon Hewavita- 
rane Bequest, Vol. VIII: BHADAN- 
TACARIYA BuppHagGHOsa THERA'S 
Visuddhi Magga. Edited By P. 
BUDDHADATTA THERA. 

Vol. IN: BHADANTACARIYA 
DHAMMAPALA MAHATTHÉRA'SCom- 
mentarv tothe Nettibpaharana. Edi - 
ted bv \V. Pivatissa THÉRA. 


= 


BALLINI - INDIA. 


I. 370-375 


Il secondo volume del Niddesa (edito dal De La Vallée Poussin 
e dal Thomas) (I 371) consiste nel commento dell’Atthakavagga; 
il volume secondo della Paramatthajotika (edita da H. Smith) com- 
prende il Mahavagga, l’Atthakavagga ed il Parayanavagga; i commenti 
cioè più antichi e più recenti del Suttanipata. 

. Lo Stede pubblica l’ultimo volume del Niddesa (I 372) 
(Cullaniddesa). Essendo il Niddesa un aggregato di brani sconnessi, 
lo Stede lo ha edito a brani, esponendo le parole coi loro sinonimi 
in ordine di lessico. Dopo ogni gathà è posto un elenco delle parole. 
L’Explanatory Matter, in cui le parole sono disposte in ordine alfa- 
betico, dà il relativo commento. | 

È uscito l’intero testo del poema Padvacidamani, attribuito, 
senza troppo fondamento, a Buddhaghosa, il quale in dieci sarga 
narra la storia leggendaria del Buddha, in modo simile al Buddha- 
carita di Agvaghosa (I 373). 

Sono aprarse edizioni di varî testi buddhistici (I 374-382). 


Vol. X: BHADANTACARIvA Upa- 1917. Sutta Nipata Commentary, 


sENA THÉRA'S Saddhammapajjoti - 
ka, ov the commentary to the Mahd- 


Niddesa. Edited by B. ACARIVA 
Siri RÉvaTtaA THÉRA, Colombo, 
1920-I. — Rec.: 1923, 278-279 


(ED. BARNETT). 

Vol. NI: AxUBUDDHA BUDDHA- 
GHosa THERA'S Paramatthajotikda, 
or the commentarv to the Khudda- 
kapatha.... Edited  bv..... WELI- 
PITIYE DÉwANANDA THÉRA... re- 
vised bv.... MAHAGODA SIRI NA- 
NISSARA THERA, I + VI + 170, 
I tav., Colombo 1922. 

Vol XII: BHADANTACHARIYVA 
BUDDHADATTA MaHa THERA'S,.\/a- 
dhuratthavilasini, ov the commen- 
tarv to the Buddhawansa of the 
Khuddaha Nikkva, Edited bv..., 
YAGIRALA PANNANANDA THÉRA 
revised bv MAHacoDA Siri NA- 
NissaRA  THERA, VIII + 268, 
I tav., Colombo, 1922. — Rec.: 
JRAS, 10923. pag. 1434-35 (L.D. 
BARNETTI). (10). 


I. 371 — Niddesa. Mahà Nid- 
desa, Vol. II, Ed. bv L. DE LA 
VaLLér Poussin and E. Y. TuÙo- 
Mas (Pali Text Soc.). London 


II being Paramatthaiotikà II, Ed. 
by HELMER SMITH. (Pali Text Soc.) 
London, 1917. — Rec.: JRAS, 
1918, 572-578 (M. H. B.. (MA). 


I. 372 — Niddesa II: Cullanid- 
desa. Ed. by W. StepbE Pau. D,, 
(Pali Text Soc.) London, Humph- 
rey Milford . 1918. Rec.: 
JRAS, 1918, 598-599 (E. 1. 
THOMAS). (MA). 


I- 373 — The Padyacitdamani 
of BUDDHAGHOSACARYA. Edited bv 
(the late) M. RANGA ACHARYA, 
M. A., Rao Bahadur, and S. Kup- 
PUSWAMI SASTRI, Commnientary bv 
K. VENKATESVARA SASTRI and 1). 
S. SATAKOPA ACHARYA, 5 + 2 + 6 
+ 11 — 276 + XIII. Madras, 
Government Press, 1921. — Rec.: 
JRAS, 1923, 431-432 (L.D. BaR- 
NETT). (LUMI). 


I. 374 — Sutta Nipata Commen- 
tary, Ed. by HELMER n. 371, 
SMITH, 2 voll., London, 1910-17. 

I. 375 — Davips RHys, 7ika- 
patthana of the Abhidhanima Pi- 
taka. London, (Pali Text Society), 
1921-1923. 


XI. BUDDHISMO. I. 376-384 


-2 _-.—- — _————r_—_—_—_—___ vm 


Il testo canonico Kathavatthu rappresenta l'ortodossia bud- 
dhista in uno stadio più avanzato che il Suttafitaka. Solo questo 
dei testi canonici pali ha data ed autore tradizionali. È attribuito 
a Moggaliputta Tissa, fa parte dei lavori del Concilio di Patna, porta 
la data 246 a. C., sotto il regno di Acoka. In tal tempo la potenza 
della scuola buddhista conosciuta col nome di Theravadin era già 
formata. Scopo del Kathavatthu era di conservare la purezza miziale 
delle tesi di certe scuole. È un manuale di controversia per gl’inse- 
gnanti buddhisti. I traduttori, S. Z. Aung e la Signora Rhys 
Davids hanno condensato questo catechismo facendo il possibile 
per renderlo chiaro con commenti e richiami, con opportuni 
sommari, indici e note supplementari (I 383). 

La stessa pubblica la prima parte della versione del Samyutta- 
nikaya. Il testo, che richiede grandi conoscenze di grammatica 
e di commenti, è, com’è noto, una raccolta di storie immaginose e 
popolari di dèi e di titani, frammista a proverbi e contenente inolto 
del Diamma in una delle sue forme più antiche (I 384). 


I. 376-377 — Buddhadatta's Ma- I. 381 — Tucci G., Saptaca- 
nuals, or Summaries of Abhidham-  tikaprajniàparamità. MALO cl. di 
ma, Abhidhammavatara and Riu- Sc. mor. Serie 58, vol. 17, 1923. 
parispavibhaga. Edited bv A. P. 115-139. 

BuDDHADATTA. (Pali Text Societv), 


London, 1915. I. 382 — Poussin L. DE LA 
i VALLÉE, V'asubandhuet Yasomitra. 
I. 378 — Paramattha Dipani Tyoisième chapitre de lAbhidhar- 


or the Commentary of the Petha-  makoca, Karika, Bhashva et Vva- 
vattu. Edit. by S. DHAMMARAMA _ Alva. XIX + 369, London, Kegan 
Tissa NAYAKA. The Tripitaka Pu- Paul, Trench, Trilbner and Co. 
blication Press, Saraswati Hall, 1914-18. 

Pettah Colombo (Cevlon), 1917. Iii — Zune Saw Zae 


= Rec, Jo, 920, «2503258 and Mrs. RHys Davips, Potnts 
(M. H. B). 

of controversy or subjects of 

I. 379 — Davipbs RHvys, Zhe Discourse, being a translation of 

Visuddhi-Magga of Buddhaghosa. the Katha-Vatthu from the Abhi- 

2 Voll. London (Pali Text So-  dhamma Pitaha. (Pali Text So- 


Cietv), 1920, 1921. cietv). London, 1915. — Rec.: 
I. 380 — Ze Expositor Attha- a 1917, 403-406 (M. H. B.). 


salini, Buddhaghosa's Commentary 
on the Dhanimasangani. The First I. 384 — The Book of the Kin- 
Book of the Abhidhammapitaha. dred Savings (Samyutta-Nikava) or 
Vol. I-II. Translated by Mauxu  grouped Suttas. Part I. translated 
Tin, edited and vevised by Mrs. by Mrs. RHvys Davins assisted bv 
RHvs Davips (Pali Text So-. SurivaGona SUMANGALA THERA. 
cCiety). Oxford, University Press, (Pali Text Soc. Trans. Series No. 
1920-1921. — Rec.: JRAS, 1922, 7), London, Publ. Pali Text Soc. 
127-132 (M. H. B.). by Oxford Un. Press 1918. — 


— 1259 — 


BALLINI - INDIA. 


I. 384-391 


Mrs. Rhys Davids (I 385) ci da una traduzione del A- 
danavagga, opera composta di dieci gruppi di sutfa, che trattano 
successivamente varî argomenti, fra cui la causa (nidana), la com- 
prensione (ablisamava), l'elemento (dhatu) e l'impossibilità di deter- 
minare l’inizio del ciclo delle nascite. Il libro contiene anche, in al- 
cuni dei suoi capitoli, aneddoti che illuminano la personalità tradi- 
zionale di alcuni grandi discepoli. 

C. Cagnola (I 386) traduce, a fine di volgarizzazione, dalla ver- 
sione del Rhys Davids, con riferimento alla versione parziale dello 
Schrader e alla completa tedesca di Nvanatiloka, il Milindaparha. 

È uscito un nuovo volume della versione del Jataka del Dutoit 
(I 387-388). 

Il Burlingame pubblica alcune ‘ Parabole ,, (I 389) (titolo non 
esattissimo perchè oltre alle parabole vere e proprie troviamo in 
questa opera leggende, racconti e favole), dal Vinaya, dal Jataka, e 
dalle 7herigatha, dal Dhammapada, dal Stutralamkara, ecc. 

Il Francis ed il Thomas (I 390) pubblicano una scelta di favole 
prese tra i molti gataka, ridotti alla forma più semplice. Il volume 
é ricco di molte note e di accurati paralleli. 

Una raccolta di quasi « tutte le tradizionali » storie del passato, 
contenute nel commento all’Antologia canonica buddhistica Peta- 
vatthu, attribuita a Dhammapala, ha pubblicato B. C. Law (I. 391). 
l'opera si connette in qualche modo all'articolo di N. Chakravarty 
‘‘ Spirit belief in the Jataka Stories,, (JPASB, X, 7). 


Rec.: JRAS, 1918, 590-597 (F. J. 
THomas). (1/4). 


I. 385 — The Book of the Kin- 
dred Savines (Samvutta-Nikava) 
or grouped Suttas. Part II: The Ni- 
dana Book (Nidanavagga) trans- 
lated by Mis. RHvs Davips assi- 
sted by F. H. Woopwarp. pp. 
NVI + 205 (Pali Text Society: 
Translation Series, N. 10), 1922. 
— Rec.: JRAS, 1923, 279-280 
(LD. BaRNETT). (LM). 


I. 386 — Dialoghi del re Mai- 
linda. Versione dall'Inglese di G. 
CacxoLa, Milano, Casa Editrice 
Isis, 1913. — Rec.: JRAS, 10925, 
130-132 (C. A. F. Ruyvs Davips). 


I. 387-388 — Jatakam, Aus deni 
Pali ubers. von J. DutorT. Bd 7, 


IV + 298, Leipzig, Theosophisches 
Verlagshaus 1921. 


I. 389 — BurtLinxcame Ev- 
GENE WATSON, Buddhist Parables. 


Translated from the oviginal Pali, 


XXIN + 348, 1 tavola. New 
Haven 1922. — Rec.: JRAS, 1923, 
434:35. (LD. RARNETT). (LM). 
Ediz. italiana: Bari, Laterza 1925. 


I. 390 — Jataka Tales selected 
and edited with Introduction and 
Notes bv H. T. Francis and E. 
]. THomas, Cambridge 1916. — 
Rec. JRAS 1917, 616-017. (M. G.). 


I. 391 — Bimata C. Law, The 
Buddhist Conceptron of Spirits. Cal- 


‘ cutta Oriental Series No. II B 4. 


With a forew'ord of KRISHNASWAMI 
AIYANGAR. pp. 99, Calcutta and 


5MPG& 


NI. BUDDHISMO. 


I. 391-400 


E. Bartoli traduce il Jataka 189, facendo precedere ad esso una 
nota nella quale adduce le ragioni per cui crede che la paternità 
del tema favolistico dell'asino coperto dalla pelle del leone sia assi- 
curata all'India. A questa nota seguono alcune osservazioni del 
Ribezzo (I 392) i 

Il Burlingame (I 393) raccoglie e traduce le leggende buddhiste 
che ci mostrano la parte morale del Buddismo, l'essenza e la forza 
della religione. Nella prefazione riassume la leggenda del Buddha, 
la sua dottrina. 

Altre versioni sono apparse del Dhammapada (I 394-399). 

Il Tucci (I 400) si propone di dare traduzioni intere o parziali 
dei testi più interessanti del Buddhismo settentrionale, scritti ori- 
ginalmente in sanscrito, ma rintracciabili solo nelle traduzioni cinesi 
o tibetane. Comincia con la traduzione dello Catagastra, nel quale 
si svolgono polemicamente le teorie della scuola Madhivamika. Segui- 
ranno le analisi del Jrianaprasthana, della Mahavibhasa, ecc. Lo Ca- 
tacastra è attribuito a Bodhisattvadeva, compositore dei sufra, e al 
commentatore Vasubandhu (IV sec. d. C.). La scuola Madivamika 


Simla.— Rec.: JRAS, 1925, 130. 
(C. A. RHvs DAVIDS), 


mapada; 2 Sulttanipata; 3. Iti- 
vuttaka. Traduzione e introduzione 


_ 112, Lanciano, Carabba 1919. 
I. 392 — Bartoli E., 7/ stî- 


hacamma Jataka (184) (Contri- 
buto al folklore indoeuropeo). RIGI, 
II, fasc. SIT e IV, 129-134. (LR). 


I. 396 — NEUMANN K. E, Der 
Wahrheitspfad. Dhammapadam, 2 
Auft., NI + 156, Miinchen, Piper 


i 
I. 393 — BURLINGHAME E. W,, avi 

Buddhist Legends. Translated from I. 397 — MucH H., Dhamma- 
the Original Pali Text of the fpada, r01, Hamburg, Saal. — 
Dhammapada Commentary. Part. Rec.: ThLZ, 1920, 97 (FRANKE). 
I. Introduction; Syvnopses: Tran- ; 

slatton of Books ‘- Part II. L:: #98 a TRASRE E 0, 
Transl. of Books 3-12 Part II: Dhamma-W'orte. Dhianmapada des 


sudbudhistischen Kanons, pp. 121, 


T lati Book -20: pp. 328 S > 
ranstation of Books 13-26: pp. 32 (Trad. ted.), Jena, Diederichs 1923. 


+ 306 + 391, Cambridge (Mass.) 


Harvard University Press 1922. I. 399 — Tlie Dhammapada, A 


— Rec.: JRAS 1023, 434-35 (LD. 
BARNETT). (ZLM). 


I. 394 — Dhammapada, Aus 
dem Pali tihersetet und mit An- 
merkungen und Evylauterungen ver- 
sechen (Suttapitaka 1). pp. 134, 
Berlin Zehlendorf, Neubuddhisti- 
scher Verlag 1919. 


I. 395 — PavoLini P. E., Testi 


di morale buddistica;: 1 Dham- 


collection of verses being one of the 
canonical books of the Buddhists. 
Translated from pali bv Y. Max 
MUELLER 2% ed. Oxford, University 
Press 1024, pp. NV+99 (= The 
Sacred Books of the Fast X, t). 


I. 400 — Tucci G., Studi di 
filosofa Buddhistica. Lo Catacastra. 
FR, 1 1922, fasc. 3-4, 40-00; 
Il, 1023, fasc. I, 32-43. 


] 


BALLINI - INDIA. I. 401-404 


(fondata da Nagarjuna, secondo la tradizione) sostituisce la fraj#d, 
come mezzo di liberazione, alla pratica, e con essa ci prepara all’intui 
. zione della fondamentale canyatà (vuoto), che è il supposto d’ogni 
fenomeno. Si ritorna alla g@nvatà, sopprimendo il pensiero creatore 
‘del suo contenuto e quindi del mondo, che non è altro che un mi- 
‘raggio vano. Lo (atagastra è molto diffuso nell’Estremo Oriente: 
in unione al Madhyamakagastra e al Dvadagaparyavyagastra, forma 
«tre gastra » che originarono anche la setta dello stesso nome. 
Il Tucci traduce, poi, il cap. I che porta il titolo «Sulla ri- 
nuncia della colpa e del merito »; e il 2° che tratta della teoria del- 
l’Atman. 

Il Bar. A. v. Stael-Holstein (I 401) pubblica nella Bibliotheca 
budahica una restituzione del testo sanscrito, fondata su una tras- 
crizione in caratteri cinesi, della Gandistotragatha di Acgvaghosa, 
inno in lode della gandî, istrumento costituito «di una lunga ta- 
voletta di legno su cui si batteva con un mazzuolo pure di legno», 
il quale «disimpegnava lo stesso ufficio della campana». 

B. Barua e S. Mitra (I 402) si propongono «di studiare le 
progressive redazioni del Dhammapada nelle varie letterature del- 
l'India, cercando di precisare di ciascuna l'occasione e l’età e di 
completare il commento e migliorare l’editio princeps del ms. 
Dutreil du Rhin, curata dal Senart nel 1877». 

Elsa Liiders (I 403) traduce alcune novelle che hanno sempre 
per protagonista il Buddha. Le novelle, illustrate da note e da 
figure e precedute da una introduzione di H. Liiders, appartengono 
alla poesia popolare; non furono in origine jataka, ma fanno parte 
«di quel patrimonio comune del popolo indiano, dal quale attin- 
sero Jaina e Buddhisti e Brahmani e precorre la poesia epica, 
risalendo circa al VI sec. a. C.» 

S. Yamabe e L. Adams Beck (I 404) hanno tradotto nella 


I. 401 — SraEL-HotstEIN Baron 
A. v., Kien-Ch'ui-Fan-Tsan (Gan- 
distotragatha) sochranivsijsja v Ki- 
taiskoj Transkripcii sanskritskij 
gimn Asvaghos'i. — Rec. GSAS, 
NXVIII, 1916-17, 202-206 (G. 
TUCCI). 


I. 402 — BARUA BENIMADHAT 
and MitRA SAILENDRANATH, Pra- 
krit Dhammapada based upon AM. 
Senart's Kharostr manuscript with 
text, translation ad notes. Calcutta, 
(publ. bv the Univ. of Calcutta) 


1921, pp. LV — 238 {- 10. — Rec. 
RSO, X, 1923-1925, 72-725 (G. 
TUCCI). 


I. 403 — Luebers ELSE, Bud- 
dhistische Marchen. Mit einer Ein- 
leitung von HrEinrICH LUEDERS. 
Jena, 1921 — Rec. RSO, X, 1923 
-25, 370-371 (F. BeLLoxI-FILIPPI). 


I. 404 — Buddhist Psalms trans- 
tated from the japanese of Shini- 
ran Shonin, bv S. YAMABE and L. 
ADpaMs _ Beck. London, Murray 


cs 


xt. RUDPHISMO. I. 405-413 


collana « Wisdom of the East» i canti religiosi di Shiniran Shonin 
(XII-XIII sec.), fondatore della setta Jodo-Shin che professa la 
dottrina della grazia. Il Tucci, recensendo, loda la traduzione, ma 
desidererebbe una più accurata ortografia dei nomi sanscriti. 

Il Bendall (I 405), dopo aver compiuta la pubblicazione del 
testo sanscrito del C(1ksasamuccava, ne aveva iniziato la traduzione, 
ma la morte interruppe l'opera; questa è continuata e condotta a 
termine dal Rouse, coll’aiuto del De la Vallée Poussin. 

Il De Lorenzo (I 406) pubblica la traduzione italiana dal III 
vol. della versione del Dighanikayo del Neumann, il XXXI Sutta 
che contiene, a suo dire, «i principi fondamentali della morale 
laica cristiana». Nell'Introduzione egli parla dell’opera del Neu- 
mann; nella Conclusione si diffonde a esporre i concetti che egli 
considera paralleli in Occidente alla dottrina del Buddha (Lucrezio, 


Giordano Bruno), della quale esalta l’insuperata grandezza. 
Traduzioni di molti altri testi buddhistici canonici e non ca- 
nonici sono state pubblicate (I 407-434). 


1921. — Rec. FR, I, 10922, fasc. 
3-4, pag. 77 (G. Tucct). (MA). 


I. 405 — BENDALL Cecil and 
RousE W. H., Ciksha-Samuccava, 
acompendium of Buddhist doctrine. 
Compiled by GCANTIDEVA, trans- 
lated jrom the Sanskrit (= Indian 
Texts Series), pp. 1 + 1 + 328, 


London, 1922. — Rec.: JRAS, 
1923, 279-277 (LD. BARNETT). 
(LAM). 


I. 496 — DE LoRENZO GIUSEPPE 
Morale buddhista, Bologna, Zani- 
chelli 1920, pp. 60. 


I. 407 — TRIPITAKA, Der bud- 
dhistisch  Pali-Kanon, Aus dem 
l'rtext isberset:ztunderldutert.Vol.1: 
Majjhima Nikaya. Die Sammlung 
der mitteleren Stiiche ibersetzi von 
K. SEIDENSTUECKER. Leipzig 1915. 

I. 408 — GIRIMANANDA (pseundo- 
nimo di K. SEIDENSTUECKER), 
Buddhistische Predigten, I 4- 24, 
Augsburg, Sphinx-Verlag 1923. 
IT. 499 — Neumann K. E, 
Die Lieder der Mònche und Non- 
nen Gotamo Buddhas, 2. Aut, 


XXVII + 634. Munchen, Piper 
und C. 1923. 


I. 410 — NYANATILOKA, La pa- 
rola del Buddha (Buddhavacanam) 
Saggio del sistema filosofico-morale 
del Buddho dedicato ai ricercatori 
della suprema verità. Riduzione dal 
Pali per opera del bicci Nyanati- 
loca. Versione del Prof. G. D. 
Penne con una prefazione e note 
esplicative. Presso la casa editrice 
« Atanor » 1919. 


I. 411 — NvaANAaTILOKA, Die 
Fragen des Milindo. Aus dem 
Pali zum ersten Male vollstandig 
tns Deutsche tibersetzt, I, XVI, 
340, Leipzig, Altmann, 1920. — 
Rec.: LZRI., 1921, 336 (FRANKE). 


I. 412 — Finot L., Les questions 
de Muilinda. Milindapasiha. Traduit 
du pali, pp. 160, Paris, Bossard, 
1923. — Rec.: TP, 22, 1923, 
208-209 (PELLIOT). 


I. 413 — Davins T. W. RHys, 
and C. A. F. Ruys Davins, 
Dialogues of the Buddha. Tyans- 
lated from the Pali of the Digha 


Ria 


Aevum - Anno I - 9 


BALLINI - INDIA. 


me - — ———— _  __rr—r_ 1 e—_<_---_ -—--_ rt 


Acvaghosa e del Bodhicarvavetara di Cantideva (I 436). 


N:kàya, Vol. III, London, Milford 
192I. 


I. 414 — Davips RHys, Sacred 
Books of the Buddhists. Vol. IV, 
XII + 274, London, Milford, 1921. 

I. 415 — Digha-Nikava, die 
lange Summlung der Lehrreden. 
Aus dem Pali tibersetzt, 295. Berlin, 
Zehlendort, Neubuddh. Verlag 
1920. 

I. 416-417 — DAHLKE P., Die 
Reden des Palikanon in Auswahl 


ins Deutsche iibertragen. Berlin, 
Brandus 1919. 
I. 418 — SFIDENSTUECKER K., 


Udana. Das Buch dey feierlichen 
Worte des Erhabenen. In erstma- 
liger deutscher Uebersetzung aus 
dem Urtext, NXIV + 132. Augs- 
burg, Lampart 1921. 


I. 419 Aus den Reden Go- 
tramo Buddhos. Uebertr. von K. E. 
NEUMANN (UB, 06245). Leipzig, 
Reclam, 1021. 


I. 420 — DAHLKE P,, 
aus den Pali-Kanon, 
Berlin, Brandus 1922. 


-dusuwahl 
203 € pp., 


I. 421-422 — NvYvANATILOKA, ie 
Iteden des Buddha aus dem Aù- 
guttara Nikava. 3 voll. VIII + 254; 
XNXIV — 292; NI + 3530. Min- 
chen-Neubiberg, Schloss 1923. 


I. 423 — GEIGERW., Samvutta- 
Nikayva. Zum 1 Male ins Deutsche 
Ubertragen. 1.B, 10922, 56-72; 167- 
189; 304-320. 

I. 424 — MucH H, Das hohe 
Lied der Wahrheit des Buddha 
Gautama. 101, Lauenburg, 1921. 

I. 425 — SauxpERrS_K. ]J., 
The heart of Buddhisni: being an 


Anthology of buddhist verses, Lon- 
don 1916, 


I. 426 — NEUMAXN K. E, 
Zwei Reden Buddho's. Uebertrag- 
ung von K. E. NEUMANN (= Insel- 
Biicherei, N. 310) pp. 54, Leipzig 
Insel-Verlag, s. a. (1920). 


I. 427 — Nkumann K. E.,, 
Die Reden Gotamo Buddhos aus der 
langeren Sanimlung Dighanikayo 
Minchen, Piper 1918. 


I. 428 — De Lorenzo GiU- 
SEPPE, I Discorsi di Gotamo Bud- 
dho del Majjhimanikayo Vol. I 
38 ed. Bari, Laterza, 1921, pp. 
XVI# 512; Vol. H ib. 1925, pp. 
XXVII + 547. 


I. 429 — NEUMANN K. ÈE,, 
Die Reden Gotamo Buddhos. Aus 
der mittleren Samnunlune Majihi- 
mantkavo des Pali-Kanons zuni 
ersten Male  tibersetit. 20 Auf. 
3 Bde, XXXIII+0671; XIII+ 744; 
X1I+ 630, Miinchen, Piper 1921. 


I. 430 — BHiksHU SUBHADRA, 
Catechismo Buddhistico per avria- 
mento nelle dottrine di Gotamo Bud- 
dho. Tradotto da Giuseppe DE Lo- 
RENZO, 25ed. Napoli, Ricciardi 1922. 


I. 431 — Carus P.,, Das Fvan- 
geliuma des Buddha, 2 deutsche 
Auf. von K. SEIDENSTUECKER, 
XXVI + 335, Chicago, The Open 
Court Publ. Co., 1921. 


I. 432 — OLDENBERG HERMANN, 
Iteden des Buddha, Munchen, 1922. 


I. 433 — SEIDENSTUECKER K,, 
Buddhistische Evangelien, 4 und 
5 vermehrte Auflage, NII - 153, 
London, Altmann 1923. 


I. 434 — Das Buch Pubbeni- 
vasa. Tier buddhistische W'iedes- 
ceburtsgeschichten, 295. Zehlendorf 
West, Neu-Buddhist. Verlag 1921. 


I. 435 — ASVAGHOSA, Buddha*s 
Leben. Zum ersten Mal ins Deutsche 


«2 190 


____I. 435-443 


XI. BUDDHISMO. 


Il Finot pure traduce il Bodhicaryavatara di Cantideva (I 437). 
Il Tucci, recensendo il lavoro del F., (il cui titolo è bon tradotto 
con La marche à la lumière), riassume i concetti generali del Bud- 
dhismo mahavana che sono i medesimi esposti dall'A. indiano del 
Bodhicaryavatara. Le idee su cui più insiste Cantideva sono luoghi 
comuni del Mahayana e il Tucci ne dà varî esempi (la Karuna del 
Bodhisattva, il voto di assumere e scontare i peccati altrui, la de- 
scrizione del multiforme dolore dell’esistenza, ecc. Non si tratta 
di un’opera originale — come vorrebbe il Barth (Oewvres t. II, 
pag. 172) — per quanto sia essa importante come espressione ar- 
tistica del Buddhismo mahavyanico. Di questo essa rappresenta la poc- 
sia severa, efficace, entusiasta del più fervido misticismo. Il Tucci dà 
poi in forma succinta, il contenuto dell’opera eloda la versione del F., 
che ha superato vere difficoltà, date specialmente da improvvisi 
ed oscuri salti da un'idea ad un’altra. 

Altre versioni sono apparse di testi buddhistici non indiani 


(I 433-444). 


fibertragen von RicHARD SCHMIDT, I. 440 — WeLLER FR. Der 
126 pp., Hagen, Folkwang-Verlag  clinesische Dharmasamgraha. Mat 
1923. einem Anhang éber das Lan- 
i Rhanasuttanta des Dighanikaya, 

I. 436 — GCANTIDEVA, Der pp. 198. T.cipzig, Haessel 1923. 


Fintyitt in den Wanadel der Evleucht- 


ung. Ein buddhistiches Lehrge- I. 440a — Bacor ]J., Trois my- 


dicht des VII Jahrunderts b. Chv., stères tibétains  Tchrimekundan. 
libersetzt von RicHARD ScHMIDT, Djroazanmo-Nansal. Paris, Bos- 
XVI + 144, Paderborn, Schòning  sard 1921. — V. I 1784. 

1923. 

I. 441 — VipbvABHUSANA S. C., 


I. 437 — La Marche d la Lu-  So-sor-thar-pa; or Code of Bud-. 


miére — Bodhicarvavatàra — Poème 
sanscrit de Cantideva traduit avec 
introd. par Lovis FinoT (= Les 
Classiques de l’Orient). Paris, 
Bossard, 1920, pp. 167. — Rec:. 
FR, I, 1922 (Tucci G.); JA, 1922, 
Its, fasc. 45-54 (E. FERRAUD). 
(MA). (IC). 


I. 438 — CHAVANNES, Contes et 
léicendes du Bouddhisme chinois, 
Paris 1921 


I. 439 — SCHAEFFEN PH., Yuktr- 
sastifa. Die 60 Scdtze des Negati- 
vismus. Nach der chinesischen Ver- 
sion iibersetzt, pp. 22, Leipzig, 
Harrassowitz 1923. 


dhist monastic Laws. ]}PASB, vol. 
IN, N. 3-4, 5-0. 


I. 442 — BupDpHacHosa, lT- 
suddhimagga, The path of purity. 
Pt. I. = Vistue (ov Morals), 


VII + 95. Translated by MaunG 
Tin. (Pali Text Soc., Translation 
Ser. No. XI), London 1923. 


I. 443 — WaLLESER M., Pra- 
piaparamità. Die Vollkommenheit 
dev Erkenntnis. Nach ind. tibet. 
und chines. Quellen. QRG, 06, 
1914, VII, 164, Gottingen, Van- 
denhoecE und Ruprecht. — Rec: 
OZ, 1915, 207-210 (0. FRANKE); 
LZBI, 1916, 354 (HERR). 


— BI — 


BALLINI - INDIA. I. 444-455 


n 


Dell’episodio che narra come il Buddha ascoltando un giorno 
un monaco che gli leggeva alcuni testi destinati a diventar canoni della 
chiesa, si hanno in pali due redazioni (Vinaya, Mahavagga, V, 13 — 
Udana, V, 6); una in sanscrito (Divyavadana 1), altre in cinese come 
quella del Vinaya dei Sarvastivadin. Il Lévi (I 445) ne compara le re- 
dazioni per vedere se risalgano ad un solo originale e se questo consacra 
l’antichità d'una sezione del Tripitaka. Conclude che queste presen- 
tano un rimarchevole accordo per stabilire l’antichità e l’autenticità 
dell Arthavarga. L'A. dopo aver discusso sull’autenticità — meno pro- 
vata — degli altri testi recitati dal monaco ,passa ad esaminare lar- 
gamente le varie forme di recitazione della vecchia chiesa buddhista. 
Pare che in questa, per l’influenza della recitazione vedica, si usasse 
una specie di melopea con accenti prolungati. Secondo questi dati, lA. 
conclude che i primi saggi di letteratura canonica coincidono con l’e- 
poca degli ultimi testi accentati del canone vedico, come i Brahmana, 
gli Aranyaka dei Taittiriva ed il Catapathabraàhmana. 

Mrs. Rhys Davids (I 446) dimostra la maggiore antichità del 
Nettipakarana (opera buddhistica extra- canonica) in confronto del 
Patthana o Mahapakarana (7° e 8° libro dell’Abhadhamma Pitaka). 

Varî studi critici e storici su testi buddhistici canonici e non 
canonici sono stati pubblicati (I 447-464). 


I. 444 — \VALLESER M., Apari- 
mitayur-jriana - nama - mahavana - 


genden aus dem Leben des Buddha, 
Z. Buddh, 1914, 38-40. 


stitram. Nach einer mnepalesischen 
Sanskrit-Handschrift mit der tibe- 
tischen und chinesischen version 
herausgegeben und tbersetzi. SAH, 
philos.-histor. Kl., 12, 1910, 42, 
Heidelberg, Winter 1916. 


I. 445 — LÉvi SvLvaIn, Sur la 
récitation primitive des textes boud- 
dhiques. JÀ, 1915, 401-447. (MA). 

I. 446 — Davips C.A. RHKHysS, 
The Nettipahkarana an earlier Book 
than the Patthana (Maha-Paka- 
rana). JRAS, 1925, III-112. 


I. 447 — FRANKE R.O.,, Die 


Zusammenhange der Nachbarsuttas . 


von Suttampata, I, IW, 1914. 


I. 448 — HoERNLE R. A. F,, 
The Sanskrit Version of the Sutta 
Nipata. JRAS, 1917, 134. 


I. 449 — IlyLanpDeER E., Le- 


I. 450 — Davins T. W. RHys, 
Sources of the Pali Commentaries. 
JRAS, 1919, 231-232. 


I.451 — Tucci G., La redazione 
poetica del Karandavyuha. AAST, 
58, 1923, 605-630. 


I. 452 — PAVOLINI P. E, 
Le leggende buddhistiche nel com- 
mento al Dhammapada. Bil., 1923, 
I, 1-7. 


I. 453 — OLpbENBERG. H, 
Jatakastudien. GGN, philos-hist., 
KI. 429-408. 

I. 454 — Durtorrt ]., Jataka- 
Zitate in den Jataka-Teaten. FK, 
I9IO, 345-352. 

I. 455 — IRIES C., Jataka- 
Studien, 3 Heft. M. Bibl. VIII, 
3, 1910. 43, Leipzig, Hinrichs, 1910. 


ac 


XI. BUDDHISMO. 


— -—-——r—_— ———————__—_—_———6@ 


I. 456-470 


Sul Buddhacarita e sul Saundaranandakavya di Agvaghosa 
scrive lo Hultzsch (I 465-406). 

Il Tucci (I 467), dopo una breve biografia di Agvaghosa, rias- 
sume il Saundaranandakavya, riportando anche varî tratti del 
testo. Questo poema fu conosciuto dapprima nel I9t0, nell'edizione 
di Haraprasada Shastri. È un'esposizione dottrinale e fredda, con 
lunghi squarci imitati dai testi canonici. È un catechismo in poesia: 
il nucleo non è la conversione di Nanda, ma l’insegnamento che 
Ananda e il Buddha gli offrono. 

Lo stato poco soddisfacente del testo del Saundaranandakavya 
dà motivo al Gavronski (I 468) di immaginare emendamenti e di fare 
su di esso congetture varie. : 

Sono uscite dissertazioni sul Lalitavistara (I 469), sul Maha- 
vastu (I 470), sul Saddharmapundarika (I 471), su Aryadeva (1472). 


I. 456 — ATTENHOFER A. I. 464 — CAPPELLER C., Agva- 


Parallelen zum Ksantivadijataka. 
FK. 1910, 353-350. 

I. 457 — Ueber den Pali-Kanon. 
Zur Einfiihrung in die buddhisti- 
schen Uyschriften pp. 42, Berlin- 
Wilmersdorf, Neubuddhist. Verlag 
1919. 


I. 458 — BLoomreireLD M., Notes 
on the Divyavadana. JAOS, 1920. 


I. 459 — Tucci G., 
appunti sul Divyavadana. 
1U21-2, 2, 449-473. 

I. 460 — Ebpmuxps A. ]J., 
Recents Translations of Buddhist 
Writings. HThR, 1914, 245-260. 


Note ed 
AIV, 


I. 461 — HoeErsntkE A. F. R, 
The Sutta Nipata in a Sanskrit 
version from Eastern l'urkestan, 
JRAS, 1916, 709-732. 


I. 462 — WeELLER T., Zur 
Frage nach der Echtheit des Pali- 
Kanons. OLZ, 1923, 141-140. 


I. 463 — FixoTt L,, La legende 
de Buddhaghosa in Cinquantenaive 
de l'Ecole de Hautes Etudes. Paris, 
Champion 1921, 101-119. — Rec.: 
TP, 21, 1922, 243-4 (PELLIOT). 


ghosha. Buddhas W'andel, pp. 85 
Jena, Diederichs 1922. 


I. 465 — HULTzscH E., Zu 
Agvaghosa's Buddhacarita. ZDMG, 
1918, 145-153. 


I. 466 —  HutrtrzschH E, 
Zu Aqcvaghoshas Saundarananda. 
ZDMG, 1918, 11-14 


1.467 — Tucci G., Un altro poema 
di Agvaghosha. Il Saundarananda. 
FR.I, 1921, fasc. I, 38-69. V. pure: 
Tucci G., Note al Saundarananda 


Kavva di Agvaghosa, RSO, X, 
1923, 145-155. 
I. 468 — GAVRONSKI ANDRE), 


Notes on the Saundarananda, cri- 
tical and explanatory. Second se- 
ries. 38, KraFow, 1922. — Rec.: 
JRAS, 1923, 424-425 (L.D. BaR- 
NETT). (LUMI). 


I. 469 — WeELLER Fi. Zi 
Lalita Vistara, I, Ueber die Prosa 
des Lalita Vistara. lnaugural Diss. 
1915, pp. 55 IL.ecipzig, Harrasso- 
witz. 


I. 470 — Poussin L. DE LA 
VALLÉEE, Mahàvastu. ERE, 1915, 
328-330. 


sata 


I. 471-477 


BALLINI - INDIA. 


S. Karpelès pubblica e traduce il Lokegvaragatara di Vajradatta, 
poemetto in cento strofe in onore del Buddha. Il metro è sragdhara. 
(I 473). | 

Mrs. Rhys Davids, prendendo lo spunto dalla nuova edizione, 
curata dalla Pal Text Society, della terza sezione del canone Bud- 
dhista chiamata Ablidhammapitara e dei Commentariî, fa una breve 
storia cronologica delle edizioni dei varî testi Adblidhamma, e delle 
loro traduzioni, ed espone alcune considerazioni sull'attività di 
pensiero svolta, in completa reclusione dal mondo, dai compila- 
tori dell’Abd©hidhamma e dai commentarî (I 474). 

Il Thomas (I 475) confrontato un testo cinese attribuito a 
.Dignaga (Castra on the explanation of the fist) e un altro tibe- 
tano attribuito al buddhista Aryadeva (Hastabala (sic) o Hastà- 
bhavaprakarana) tradotto in sanscrito, afferma che hanno la stessa 
origine. Quale sia il vero autore è impossibile determinare. Con una 
serie di considerazioni linguistiche viene alla conclusione che tale 
trattato dovrebbe portare per titolo « Hand-clenching ». Riproduce 
poi i testi: sanscrito, tibetano, cinese, corredandoli di note e com- 
menti. 

Lo -Hoernle (I 476) descrive alcuni frammenti che sembrano 
d’un testo del Saddliarmapundarika anteriore a quello pubblicato 
dal Kern nella Bibliotheca Buddhica X, frammenti scoperti da Sir 
A. Stein nel settembre 1906 nelle rovine di Khadalik, e ne dà la 
trascrizione, mettendola a raffronto col testo dell'edizione del Kern 
e facendo rilevare la brevità maggiore dei frammenti. Essi corri- 
spondono alle pagine 224-6 e 380-7 dell’edizione del Kern. 

Lo stesso (I 477) descrive succintamente un altro dci frammenti 
portati dallo Stein, in cui egli, Hoernle, aveva riconosciuto parte 


I. 474 Davips «CC. A. F. 
RHys, The Abhidhamma-Pitaha and 


I. 471 — GAVvRONSKI A., Glea- 
nings from Acvaghosa’s Buddha- 


carita. 
I Krakau, 1914-15. 


I. 472 — Varmva P. L., Etudes 
sur Aryadeva et son Catuhcataka, 
Chapitres 8-16. Paris, Geuthner 
1923. 


I. 473 — VAJRADATTA, Loke- 
cuara-cataham ou cent Strofes en 
l’honneur du Seigneur du Monde 
Edité et traduit par SUzANNE 
KARPELÈS. JA, 1919, Rec.: 
JRAS, 1921, 281-283. 


Rocznik Orientalistyezny 


Commentaries. JRAS, 1923, 243- 
250. (LM). . 


I. 4755 — TÒÙomas F. W. and 
H. U. J. « The Hand Treatise ». 
A work of Aryadeva. JRAS, 1913, 
267-310. (MA). 


I. 476 — HoERnLE A. F. R,, 
An early text of the Saddharnia- 
Pundarika. JRAS, 1916, 269-277. 
(LM). 


I. 477 — HoersxLE A. F., The 
Sulta Nipata in a Sanskrit Ter- 


XI. BUDDHISMO. I. 477-485 


—T — uso o Let amen E ii aan 


della traduzione sanscrita del Sultanifaàta e mette a rafironto 
questi frammenti coll'originale pali. 

In altro scritto lo Hoernle (I 478) richiama l’attenzione su 
un articolo di S. Lévi in JA 1915 (v. I 445) nel quale l’autore era 
giunto alla sua stessa conclusione a proposito di quanto concerne 
l’Arthavarga e cioè che esso « must be classed among the most ancient 
inonuments of Buddhist literature ». Aggiunge che il Lévi dissente 
però con lui nel considerare il 5° frammento come un seguito 
degli altri quattro. 

Lo stesso scrive su resti di letteratura buddhistica scoperti nel 
Turkestan orientale (I 479). 

J. Przyluski (I 480) studia e illustra l'Agokavadana, traman- 
datoci in due recensioni cinesi e due sanscrite, « rappresentate da 
lunghi estratti contenuti nel Divyavadana ». Il P. le compara, capi- 
tolo per capitolo, «col fine di scoprire le loro relazioni con altre opere 
e scuole buddhistiche ». L'Agokavadana sarebbe il prodotto « della 


scuola buddhistica di Mathurà — un secolo a. C. -— mentre tocche- 
rebbe a Kaugsambi l'onore di essere stata il centro della letteratura 
pali ». 


Il Puini (I 481), il Coedès (I 482), il Gauthiot e il Pelhot 
(E 483) e il Tucci (I 484) hanno pubblicato note su testi bud- 
dhistici indo-cinesi. 


Sulla letteratura buddhistica scrive brevemente il Macdonell 
(I 485). 
sion of Iastern Turkestan. JRAS I, 482 — Cokpîs G., Notes 
1910, p. 709-732. (ZLM.). sur les ouvrages fpalis composes 


I. 478 — HoERNLE A. F. Ru- en pays Thay. BEFEO, XV, 1918, 


DOLF, .iscell. Comm. JRAS, 1917, 3: 
134. — V. pure: JRAS, 1917, I. 483 — GautHIOT R. et P. 
010-011. (MA). PeLLIOr, Ze Sthitra de causes et 


des effets du bien et du mal. Edité 


Manuscript Remains of Buddhist et traduit d'après les textes sog- 
dien chinois et tibetains, Tome I. 


Literature found in Fastern Turk- MED 
estan. Vol. I, XXXVI, 412, Oxford (= Facsimile des textes sogdien 


I. 479 — Hoerxte A. F. R, 


Clarendon Press, 10910. 


I. 480 — J. PRzvyLUSKI, La 
légende de l’Empereur Acoka (A go- 
ha-Avadana) dans les textes in- 
diens et chinois. AMG, 1923, XV- 
+ 455, Paris, Geuthner 1923. 


I. 481 — PuINI C., /nterpreta- 
zione buddista di vecchi testi taoisti, 
RSO, vol. VII, fasc. LL 


et chinois. Mission Pelliot en Asie 
Centrale. Série in 4 11). Paris, 
Geuthner 1920. 


I. 484 — Tucci G., Studio com- 
parativo fra le tre versioni cinesi 
e il testo sanscrito del Lankavatara. 
MAL, CL di Sc. Mor., Serie 5.3 
Vol. 17, 1923, 109-199. 


I. 485 — MACDONELL A. A, 


= Do= 


BALLINI - INDIA. I. 485-489 


Il Gawronski (I 486) in alcune note sul Buddhacarita, intende 
dimostrare che ‘al tempo di Acvaghosa esisteva almeno il II° Libro 
del Ramayana nella stessa forma, circa, che è nota oggi,,. Fa alcune 
note critiche sul testo pubblicato della Jatakamala, osservazioni sui 
rapporti fra il Divyavadana e i poemi di Acvaghosa e note critiche 
pure sul Saundarananda. 

G. K. Nariman, che già aveva scritto importanti libri, uti- 
lissimi specialmente agli occidentali (come l’Iranian influence on 
moslem literature, Bombay 1918), offre in altra pubblicazione (I 487) 
ai soli suoi compatrioti, in forma piuttosto sconnessa e confusa seb- 
bene ricca di particolari esatti e ben ricercati, il risultato dei più 
recenti lavori europei sul Buddhismo sanscrito, valendosi special- 
mente del vol. II della «Geschichte der indischen Litteratur » del 
Winternitz, del « Divvavadana » dello Huber, e di scritti di Sylvain 
Lévi. 

P. Slepcevic (I 488) scrive sul Buddhismo nella letteratura 
tedesca. 

Sotto la direzione di Suzuki si pubblica a Kyoto una Rivista 
(I 488a) esclusivamente dedicata allo studio del Buddhismo. Stori- 
camente è oltremodo interessante. Ecco il sommario dei fascicoli 
5-6 (Marzo-Aprile 1922): On the Development of Buddhism in India 
(Hakujn Uvi); Hénen sh6nin and the Jodo ideal (Bcatini Lane Su- 
zuki); Lhe way to the Land of Bliss (Shugaku Yumahe); Some Aspects 
of Zen Buddhism (Daisetz Teitaro Suzuki); The Blessed one (L. A- 
dams Bech). 

Sono uscite varie altre nuove Riviste dedicate al Buddhismo 


(I 489-492). 


Buddhist Literature. ERE, 1915, vratur. Inaugural- Dissertation, ein- 
85-89. gerecht an der hohen philosophi- 
| schen Facultat dey Universitàt Frei- 
I. 486 — GAWRONSKI ANDRE], burg in der Schweiz. Wien, Carl 
Studies about the Sanskrit Bud- Gerold’s Sohn 1920, pp. V+127, 
dhist Literature. I + 80, Kra- Rec.: ZDMG. LXXV.  280- 
Kow, 1919. — Rec.: JRAS, 282. 1921 (R. H. Haas). 
1923, 424-425 (L.D BARNETT). | 
(LM). I. 488a — The Eastern Buddhist,; 
: . publ. by the Eastern Buddhist So- 
I. 487 — NARIMAN S. K., Li- ciety. Otani University Kyoto, 
terary History of Sanshrit Bud- 1922.— Rec.: FR I, 1922, fasc. 3-4. 
dhism. Bombay, Taraporevala 76-77 (G. Tucci). (MA). 
1920. — Rec.: JA, 1922, 292 | 


(Masson-OURSEL). (IC). 


I. 488 — SLbercevic PERO, 
Buddhismus in der deutschen Lite- 


I. 489 — Neu-buddhistische Zeit- 
schrift 1 Jahrg. Berlin, Wilmers- 
dorf, Neu-buddhistischer Verlag 
1918. 


— 136 —- 


XI. BUDDHISMO. I. 490-501 


H. L. Held (I 493) pubblica una bibliografia degli scritti te- 
deschi sul Buddhismo. 

2. BIOGRAFIE DEL BUDDHA - ESPOSIZIONE DELLA 
DOTTRINA BUDDHISTICA - STUDI SU DI ESSA. — Sono ap- 
parse varie biografie del Buddha (I 494-498). 

Il Belloni-Filippi ha tradotto il noto volume del Pischel sulla 
vita e dottrina del Buddha (I 499), del quale è uscita una terza edi- 
zione tedesca (I 500). 

Il De La Vallée Poussin (I 501), ritiratosi da Gand a Londra 
durante la guerra, tenne, dal Febbraio all’Aprile dell’anno 1916, 
nell'Hibbert College sei conferenze sull'antico Buddhismo e sulle 
sue teorie circa la salvazione. Queste sei /ectures furono più tardi, 
nel 1917, pubblicate con opportuni adattamenti ed aggiunte, in un 
elegante volume a Cambridge, a cura dell'University Press. Esse 


I. 490 — Weltspiegel. Bud- 
dhistische Monatschrift fiir Bud- 
dhismus und religiose Kultuy auf 
buddhistischer Grundlage, heraus- 
gegeb. von K. SEIDENSTUECKER nd 
G. GRIMM. Leipzig, Altmann 1919. 


I. 491 — Annual Buddhist oj 
Cevlon. Edited bv S. W. WiJava- 


TILAKE. Colombo and. London, 
Luzac 1920. 

I. 492 — Der Prfad. LKine 
kleine buddh. Vierteljahrsschrift. 


Minchen-Neubiberg, Schloss 1921. 


I. 493 — Heup H. L., Deutsche 
Bibliographie des Buddhismus. VIII 
190, Miinchen und Leipzig, Hans 
Sachs Verlag 1916. 


I. 494 — RockHitL W. \W.,, 
The life of Buddha and the Early 
History of his Order. 273, London, 
Routledge 1916. 


I. 495 — HotLanp EDITH, The 
Story of the Buddha, London, 
Harrap, 1916. 


I. 496 — DutoIT ]|J., Das Leben 
des Buddha, 161, Berlin, Ullstein, 
IQ2I, 


I. 497 — Herotp A. F., La 


vie du Bouddha d’après les textes 
de l’Inde Ancienne. Paris, Piazza 
1922. 


I. 498 — 0Sauxpers_K. ]J.. 
Gotamo Buddha. A biography (ba- 
sed on the Canonical Books of 
the Theravadins), pp. 1rr, Cal- 
cutta 1922. — Rec.: IRM, 12, 
1923, 591-595 (GIBSON) 


I. 499 — PiscHeL RIiccARDO, 
Vita e dottrina del Buddha. Tra- 
duzione italiana di FERDINANDO 
BeLLoNI-FILIPPI, dalla seconda e- 
dizione tedesca. Palermo, San- 
dron, s. d. (= Biblioteca «San- 
dron » di Scienze e lettere, N. 67, 
I9IO). 


I. 500 — PiscÙer R., Leben 
u. Lehre des Buddha. 3. Aut. 
durchges. von H. LUEDERS. 
VI + 122. Leipzig, Teubner 
1917. — Rec.: ThLB, 1917, 180 
(FALKE). 


I. 501 — Poussin L. DE LA VAr.- 
LÉE, Zhe way to Nirvana: Six lec- 
ftures on ancient Buddhism as a 
Discipline of Salvatton. Cambridge 
1917. — Rec.: RIGI, V, 1921, 
fasc. I e II, 119-122 (La TERZA). 
(LR). 


SUE 7g 


(1 


I. 502-512 


BALLINI - INDIA 


formano un tutto armonico e ben definito. Le due ultime letture 
sono le più sostanziali, poichè in esse si tratta del Nirvana e della 
via che conduce ad cesso e costituiscono, con le prime, un'esposi- 
zione sicura e fedele delle dottrine che formano il sostrato, o, a dir 
meglio, la essenza del vero Buddhismo. 

Uno studio di R. Kimura, dal titolo «che cos'è 1 Buddhismo? ». 
è apparso in una collezione di undici saggi pubblicata dall'Università 
di Calcutta (I 502). | 

Il Tucci (I 593) si propone di dare un'idea sintetica dello svi- 
luppo del pensiero buddhistico e della dogmatica del Buddhismo. 
Fondandosi sullo studio delle fonti sanscrite, pali, tibetane e cinesi, 
traccia i caratteri principali delle varie scuole buddhistiche, cercando 
di stabilirne, oltre che l’individualità, i rapporti e le connessioni. 

Numerosi altri scritti comprensivi sul Buddhismo sono usciti 


(I 504-529). 


I. 502 — Journal of the Depart- mus. I. Finleitung. Der Buddha 


ment of Letters. Vol. IV. Univer- 
sity of Calcutta. Eleven Essays. 
By various writers. pp. 353, Cal- 
cutta, University Press 1921 — 
Rec.: JRAS, 1923, 482-83 (G. 
Linpsay). (LM). 


I. 503 — Tucci G., Zl Buddhi- 
smo. Foligno, F. Campitelli 1926. 
(= Biblioteca di Critica religiosa 
diretta da E. Buonaiuti). 


I. 504 TILGHER ADRIANO, 
Buddhismo antico, in Filosofi an- 


rr 


tichi, Todi, casa editrice Atanòr 
1921, 1-33. 
I. 505 — GrIimMa o G.,, Die 


Lehre des Buddha: die Religion 
der Vernunit, Miùnchen, Piper 1915. 
pp. 512 — Rec.: DILZ, 1916, 1740- 
1748 (MALLESER); ThLz, 1918, 97 
(OLDENBERG). — 9-11 Aufl NNVI 
-+ 565 Minnchen Piper 1922. 


I. 506 — COOSMARASWAMY A,, 
Buddha and the Gospel oi Bud- 
dhkisni, 370, London, Harrasso- 
Witz_ 19I0. Rec.: IMWKT, 
1016-1917, II, 1406-1408 (OLDEN- 
BERG). 


I. 507 — BeckH HH, £Buddis- 


II. Die Lehre. (= Sammlung Go- 
schen 174-770); pp. 147 + 143. 2 
Aufi. Leipzig, Gòoschen 1910. — 
Rec.: ThLBI, 10917, 185 (BETH); 
ThLZ, 1918, 169 (FRANKE); ThLBI, 
1921, 05 (SCHOMERUS). 


I. 508 — LEHMANN E.,, Buddha, 
hans Leere og Goerning. 2 ed., pp. 
250, Kòbenhavn, Pio 1917. 


I. 509 ScHMIDr_K., Der 
Buddha u. seine Lehre. 32, Leipzig, 
Harrassowitz 1917. — Rec.: ZMR, 
1918, 32 (WILTE). 


I.510 — Strauss C. T., Buddha 
. seine Lehre. 46, Leipzig, Der 
Neue Geist 1921. 


I. 511 — Buddhismus. Was ist 
und was will er? pp. 79, Berlin- 
Wilmersdorf, Neubuddh. Verlag 
1918. 


I. 512 — Harpy ÈE., Der Bud- 
dhismus nach dalteren Paliwerken 
Nene Ausgabe  besorgt von R. 
ScHMIDIr, XII + 236, Munster, 
Aschendorf 1919. — Rec.: ThRev, 


1919, 201-205 (FINKLENBURG); 
ThLBI, 1919. 290-292 (SCHOME- 
RUS). 


Sit 


XI. BUDDHISMO 


I. 513-531 


Un contributo allo studio della psicologia buddhistica con in- 
dicazioni delle più profonde questioni che si presentano alla mente, 


ci da il Rhys Davids (I 530). 


Una traduzione e illustrazione dell’appendice all'VIII cap. 
dell’Abi:dharmakoga di Vasubandhu, in cui si indaga intorno all’ « in- 
dividualità » (dibattito fra Vatsiputriya e Vasubandhu), ha dato 


il Cerbatzky (I 531). 


I. 513 — Davips C. A. F. Ruys, 
Der Buddhismus, Ubersetit von 
A. PruxnGsT. Neue Aut. (+ Re- 
clams Univ. Bibl., 3041-42), pp. 
240. Leipzig, Reclam 1919. 


I. 514-515 — ALBRECHT L., Der 
Buddhismus, pp. 39, Gotha, 1919. 


2 Auf. Gotha, 1923. 

I. 516 — LorENzo G. DE, Zn- 
dia e Buddismo antico. 4 cd. 422. 
Bari, Laterza 10920. 


I. 517 — DAHLKKE P., Buddhis- 
mus als Weltanschanung. 2 verb. 
Aut. 269, Leipzig, Theosoph. Ver- 
lagshaus 1920. 


I. 518 — IKAMENSKY_  MARG,, 
Eine historische Skizze des Bucd- 
dhismus aut esoterischer Grundlaye. 
pp. 78, Leipzig, Verlagshaus 1021. 


I. 519 — OLtDENBERG_ H., 
Buddha. Leben, Lehre, (semeinde. 
9 Auf. VO + 445. Stuttgart, 
Cotta 1921. 


I. 520 — Costa A., /l Buddha e 
la sua dottrina. 2 ed., pp. 282, 
Torino, Bocca I1921. 


I. 521 — ScHmipr KG, Buddha, 
I u. 2 Bandchen, VIII + 098; 
VII + 76. Munchen, Beck, 1021. 
—  Rec.: IDLBI, 1921, 49-50 
(Haas); DLZ, 1921, 039-041 (Zim- 
MER). 


I. 522 — SuBHADRA BHIKKHU, 
The Message of Buddhism: The 
Buddha, the Doctrine, the Order. 


- 139 


. 


Ed. by S. E. ELLAN, pp. 120, 


London, IKegan Paul 1922. 


I. 523-524 — SAUNDERS K. |J., 
Sketches of Buddhism as a Living 
Iteligion. JR, 2, 1922, 418-431. 


I. 525-526 — Gurvy P. und Ux- 


KRIEG W. A., Der Buddhismus 
des Mahavana. Anthr., 1922, 343- 
359; 801-818. 


I. 527 — SchavEeRr ST., Maha- 
vana Doctrines of Salvation. Trans- 
lated from the German bv K. T. 
IKxicHr. London, Probsthain 1923. 


I. 528 — NYANATILOKA, Das 
IWort des Buddha. Eine Uebersicht 
ither das ethisch-philosophische Sv- 
stem des Buddha, în den Worten 
des Sutta-Pitaha,2 Aut. XIT+ 112. 
Munchen-Neubiberg, Schloss 1923. 


I. 529 — DaAuHLKE P., Buddhis- 
mus als Religion und Moral, 2 
Autt. VIE — 344. Mùnchen-Neu- 
biberg, Schloss 1923. 


I. 5330 — Davins C. A. F. Ruys, 
Buddhist Psvchologv: An Inqui- 
ry into the Analysis and lheory 
of Mind in Pali Literature. pp. 
224, London, Bell a. Sons 10913. 
— Rec.: JRAS, 1918, 597-598 
(THomas). (Mi). 


I. 531 — T:cnERBATSKY THEO- 
DOR, The Soul Theorv of the Bud- 
dhists. Bulletin de l'Académie des 
Sciences de Russie, 1919, pp. 823- 
958. — Rec.: JRAS, 1925, 123- 
130 (C. A. F. RHvs DAavibs). 


BALLINI - INDIA. 


I. 532-543 


Numerosi altri scritti di filosofia buddhistica sono stati pub- 


blicati (I 532-542). 


Il Woodhouse (I 543) tratta delle leggi concernenti i preti 
buddhisti, come la costituzione dei monaci, le leggi di eredità e suc- 


cessione, ecc. © 


I. 532 — OLTRAMARE P., Un 
problèmg de l’ontologie bouddhique, 
M, I, 1, I9IS. 


I. 532a — CLARK W. E,, Bud- 
dhistic Psychology. AJTh, 1916, 
139-141. 


I. 533 — FRANKE R.O.,, Der 
« Negativismus », in der alten Bud- 
dha-Lehre, FK, 1916, 336-344. 


I. 533a — OLTRAMARE P,, Les 
variations de l'ontologie Bouddhi- 
que. RHR, 1916, 145-184. 


I. 534 — WEBER M., Die Wirts- 
chaftsethik der Weltreligionen; Hin- 
duismus und Buddhismus. Archiv. 
fir Sozialwissenschaft und So- 
zialpolitik Bd. 42, 1918. 


I. 534a — Davinps C A. F. 
RHvs, Buddhist Reality. ERE, 
1918, 592-593. 

I. 535 — BoHN W,, Die Psy- 


chologie u. Ethih des Buddhismus, 
IX + 76. Minchen, Bergmann 
192I. 


I. 536 — Jasixk B., Die My- 
stih des Buddhismus, pp. 325. 
Leipzig, Allmann 1922. — Rec.: 
OLZ, 1923, 290-7 (C. CLEMEN), 
Traduzione italiana: Torino, Boc- 
ca 1924. 


I. 536a — TRAKAS ]J. S., Reli- 
gionsgeschichtliche U ntersuchung 
iiber die Philosophie des Urbud- 
dhismus, pp. 158, Jena, Frommann 
1922. 


I. 537 — SCHISCHERBAZKOI 
Tu., Frkenntnistheorie und Logik 
nach der Lehre der spateren Bud- 


dhisten. Aus dem Russischen tiber- 
setzt von O. STRAUSS. ZB, 4, 1922, 
23-38; 153-170; 275-303; Anche 
separato, Miinchen - Neubiberg, 
Schloss 1922. 


I. 537a — KEITH A. BERRIEDA- 
LE, Buddhist Philosophy in India 
and Ceylon, Oxtord 1923. — Rec.: 
IRM, 1923, 12, 591-595 (GiBsoNn). 


I. 538 — OLTRAMARE P., L’his- 
toire des idées théosophiques dans 
l’Inde. II. La théosophie bouddhi- 
que. (= AMG, Bibliothèque d'’é- 
tudes N. 31). Paris, Geuthner 1923. 
Rec.: RA, 18, 1923, 340-343 
(NAVILLE). 


I. 538 a — STCHERBATSKyY TH., 
The central conception of Bud- 
dhism and the meaning of the 
word « Dharma ». London, Royal 
Asiatic Societv, Prize Publication 
Fund, vol. VII, IV + 112, 1923. 
— Rec.: DLZ, 1924, 32-37 (]JACOBI). 


I. 539 — McGovirx W., A 
Manual of Buddhistic Philoso- 
phy, Vol. I, Cosmologyv, pp. 205, 


London, Kegan Paul 1923. 


-I. 540 — KEITH A. BERRIEDALE, 
Buddhist Philosophy in India and 
Ceylon. Oxtord, Clarendon Press 
1923. 

I. 541 — PuInI C., Zdealismo 
e nichilismo buddhista. Rel. 97-105. 


I. 542 — McGoverx W., Bud- 
dhist Metaphysics in China and 
Japan. London, Williams and 
Norgate 1920. 


I. 543 — WoopHousEe GEORGE 
WILLIAM, Sissiganu Sissa Param- 


XI. BUDDHISMO. I. 543-547 


Il Formichi (I 544) dimostra lo spirito scientifico (nel senso 
moderno della parola) con cui il Buddhismo «si manifesta e si 
afferma vittorioso nell'analisi dell’#0 »; accenna all’interpretazione 
del pratityasamutpada data dal Dahlke, per la quale il famoso e 
difficile nesso causale riesce intelligibile e chiaro. 

Il Przyluski parla della ruota della vita del tempio di Ajantà, 
per molto tempo creduta uno zodiaco. L'A. dimostra che essa è 
l'esatta nproduzione del ciclo delle esistenze: ‘bhavacafra), secondo 
la descrizione che si trova nel Vinaya dci Mula-Sarvastivadin, e 
del medesimo tipo di quelle ruote simboliche che si trovano, numero- 
sissime, negli affreschi e negli oggetti di culto dei monasteri tibetani. 
La ruota della vita rappresenta l'uomo in tutte le sue possibili forme 
di incarnazioni terrene e ultraterrene, in tutte le sue passioni, le sue 
gioie e i suoi dolori, in tutte le sue qualità e i suoi difetti. L'A. descrive 
la differenza fra le ruote dei templi del Tibet e la ruota d’Ajantà 
l’unica che si conservi, sia pure mutilata, nei templi dell'India meri- 
dionale e ne mette in luce le somiglianze, facendo del suo studio una 
lettura importante e interessantissima (I 545). 

Lo stesso studia gli elementi rituali nei funerali del Buddha: 
le lamentazioni, la collocazione nella bara, l'abbigliamento del ca- 
davere, il corteggio funebre, la cremazione, l'estinzione del fuoco del 
rogo, il dhuvanam (saluto alla salma cremata ed ultimo lamento dei 
congiunti), l'erezione dello Stupa, il fantikarman (festa di purifica- 
zione). L’A., per mezzo di paragoni con i testi brahmanici vedici, 
descrizioni epiche e antichi precetti conservati in traduzioni cinesi, 
dimostra come nel Parinirvanasitra la descrizione dei funerali 
del Buddha abbia già subìto l’influsso delle più recenti correnti di 
pensiero che tendevano all’apoteosi e alla divinizzazione del grande 
asceta (I 546). 

M. E. Lulius Van Goor (I 547), nella sua tesi di laurea sulle 
comunità femminili buddhiste, usa largamente dei lavori di Mrs. Rhvs 
Davids e di Mrs. Bode. L'autrice esamina la riluttanza del Buddha 


parama, and other Laws relating 
to Buddhist Priests in Ceylon, being 
a Dissertation for the Iegree of 
Master of Laws of the University 
of Cambridge. American Cevlon 
Mistron Press, 1916. — Rec.: 
JRAS, 1917, 618-620 (M. H. B.). 


I. 544 — FormicHi CarLo, Lo 
spirito scientifico del Buddhismo 
Bil., II, n. 119, 1923, pp. 11. 


I. 545 — PRZYLUSKI JEAN. La 
roue de la vie à Ajanta. JA, 1920, 
313. 


I. 546 — PRZYLUSKI JEAN, Le 
Parinirvana et les funerailles du 
Bouddha, JA, 1917, 485-526; 1918, 
401-450; IVI9, 305-430; 1920, 5-5-- 
(IC). 


I. 547 — De Buddhistische non 


— 141 — 


BALLINI - INDIA. x o I. 547-554 


ad ammettere donne, illustrandola con alcune storie e finalmente 
la sua condiscendenza per le preghiere di Ananda. Cerca di ricostruire 
la vita delle monache, esamina le regole del Vinaya, le Therigatha, 
la storia di Mahaprajapati e termina con la traduzione dell’Afa- 
dana. 

Il Formichi (I 548) dà la traduzione di un documento inglese, 
che tratta dei principî della dottrina buddhista ancor vigenti nel 
Ceylon, i quali sono sostanzialmente identici a quelli proclamati dal 
Buddha (V sec. a C.). L'autore dello scritto è il monaco Sumedha 
del convento di Kondafifia a Galle — che si sforza di conciliare il 
Buddhismo con la coltura inglese, con le idee di Shakespeare, Burns, 
Goldsmith ecc. i 

Il Lévi ed il Chavannes (I 549), a proposito del titolo ecclesia- 
stico che Kotikarna dà al Buddha, secondo il Vinava dei Sarvasti- 
vadin, dopo aver dato un ampio ragguaglio del titolo nel confronto 
dei testi cinesi, pali, canonici, extra-canonici, dei glossarî, ecc. con- 
cludono che il titolo cinese mo-mo-ti è corrispondente al pali Avasika- 
tantibaddha. Avasika indica « établi à demeure »; tantibaddha signi- 
fica «un monaco legato da speciali occupazioni ». Quindi Koti- 
karna dà al maestro i due titoli indicanti « colui che governa il con- 
vento dove risiede e colui che regola le occupazioni giornaliere ». La 
| istituzione dei monaci Avdsika stabilisce un momento importante 
nella storia della chiesa buddhista. 

In altro scritto su lo stesso argomento, il L. e il Ch. (I 550) aggiun- 
gono un nuovo testo nel quale ricorre la parola mo-mo-tt (Inscr. 
del 19 Marzo 839 del poeta Po-Kiu-Yi per una biblioteca a Su- 
tchen-fu) e fanno alcune rettificazioni da introdurre nel loro scritto 
precedente. 

Su altri argomenti parziali concernenti il Buddhismo indiano ‘ 
sono usciti varî studî (I 551-047). 


geschetst naar gegevens der Pali- indien. JA, 1915, 192-223; 307- 

Literatur. Door Maria  EtIsa- 310. (MA). \ 

BETH Lutius Van Goor. Leiden, 

1915. — Rec.: JRAS, 10917, 858- 

862 (F. W. THoMmas). (MA). I. 551 — Poussrin L. DE LA VAL- 
î i LEE, Vadhvamaka, Madhvamikas, 

I. 548 — F'ORMICHI C., I prin- ERE, 10915, 235-237. 

cipii generali del Buddhismo. FR., 

I, 1922, fasc. 3-4, 9-15.(V/ 4). 


I. 550 — JA. 1915, 307-310. 


I. 552 — Poussin L. DE LA VAL- 
LEE, Mara. ERE, 1915, 4006 p. 
I. 549 — LEvI SvYLVAIN ct 
EDOUARD CHAVANNES, Quelques 
titres énipmatiques dans la Hiérar- 
chie ecclestastique du Bonddhisme I. 554 — Poussin L. DE LA 


I. 553 — Poussin L. DE LA VAL- 
LÉE, Marjugri. ERE, 1915, 405. 


-- 1 


NI. BUDDHISMO. 


I. 554-579 


Il Dott. P. L. Vaidya (I 648) ha pubblicato « il testo tibetano de- 
gli ultimi otto capitoli del CatuhgataRa di Aryadeva, restituendo in 


VALLEE, Buddhist Magic. ERE, 
1925, 255-257. 

I. 555 — Poussin L. DE LA 
VALLEE, Mahayana. ERE, 1015, 
330-336. 


I. 556 — Davips T. W. RHys, 
Milinda, ERE, 1915, 631-033. 


I. 557 — Davipbs T. W. Ruys, 
Moggallana. ERE, 1015, 768-770. 


I. 558 — Tuomas F. W., Vatr- 
cheta. ERE, 1915, 495-407. 


I. 559 — GEDEN A. S., Buddhist 
Monasticism. ERE, 1915, 797-802. 


I. 560 — NoBLE M. E. N, Re- 
ligion an Dharma; London, Lon- 
emans 1915. 


I. 561 — AxEsaKki M., Buddhist 
Missions. ERE, 1915, 700-705. 


I. 562 — Haas H,, Line bislang 
nicht geRkannte nonischen Darstellung 
der gesamten Pflichten dev buddhi- 
stischen Larenanhanger. — Rec.: 
ZMR, 1915, 72-84. 


I. 563 — SchoLanbpER H. E., 
I hvad abseend kan NVala-vana 
anses dga fòretrdide tramiòr Hina- 


vana? BibelforsFaren, 10915, 188- 
201. 
I. 564 — FRANKE OR. O., Der. 


einheitliche Grundgedanke des Ma- 
ihimanikava:die Erziehung cemdss 
der Lehre. WZIKM, 1915, 134-171. 


I. 565-566 — FRANKE R.O., Die 
Buddhalehve in ihrer erreichbar- 
altesten Gestalt in Dimanikav, 
ZDMG, 1915, 455-490; 1000, 1917, 
50-98. 

MU E. N, 


I. 567 — NoBLIr 


and A. K. COOMARASWAMY, .\/yvilis 
of the Hindus and Buddhists. 
437, London, Harrap 19106. 


I. 568-569 — NoBLE M. E. N. 
and A. K. COOMARASWAMY, Ge- 
wijde verhalen en legenden van 
Hindoes en Boeddhisten. Door H. 
J. W. SaLomons, vrij, bewerkt 
naar « Myths of the Hindus and 
Buddhists ». Met een introductie 
van \V. CALAND, Jena, Thierne, 
1920, XVH+-415. 


I. 570 — SUXGANANDA, Maha- 
yana Studies. BR, 1916, 72-85. 


I. 571 — KERN H,, Brahma- 


nisme en Buddhisme. ]J. Haag, 
Nijhoft, 1910 
I. 572 — Kerx H.,, Jets over 


de hellen der Buddhisten. BILVNI, 
IVQIO, 414-420. 


I. 573-574 — Davips C. A. F. 
RuHvs, Paticca-Samuppada. ERE, 
1017, 072-074. 


I. 575 — Lucka E., Buddhis- 
mus. NRu, 1917, 945-950. 


I. 576 — Poussin L. pE LA VAL- 
LÉE and THomas E. J.,, Bud- 
dhist Muysticism. ERE, 1917, 85-87. 


I. 577 — Supka G., Buddhisti- 
sche Spuren in der VOòlkerwander- 
ungshunst. Monatshefte f. Kunst- 


WiISs. 1917, 217-237. 

I. 578 — VTiINKLENBURG, Der 
Buddhismus, Monatsblaàtter  fir 
kath. Religionsunterricht, 1917, 
8-10, 335-553. 

I. 579 — Poussino L. DE LA 
VALLEE, Nirvana. ERE, 1917, 
370-379. 


2 1139 


BALLINI - INDIA. 


I. 580-605 


base a questo l'originale sanscrito. Di tutta questa parte dell’o- 
pera dà, poi, una traduzione e commento. Precede un succinto 


I. 580 — Poussixn L. DE LA 
VALLÉE, Buddhist Nature. ERE, 
1917, 209-2I0. 


I. 581 — Davips T. W. RHys, 
Patimokkha. ERE, 1917, 675-677. 


I. 582 — GRIMM G,, Die Lebens- 
Rraft und ihre Beherrschung. Nach 
der Lehre des Buddha. 2 Auf, 
pp. 65, Augsburg, Lampart 1918. 


I. 583 — BERNARD A,, Buddhi- 
stische Bilden aus der Glanzzeit der 
Tanguten. OZ, VI, 1918, 141-160. 


I. 584 — GEDEN A. S., Buddhist 
Pilgrimage. ERE, 1918, 13-18. 


I. 585-586 — GEDFEN A. S., Bud- 
dhist Priest, Priesthood. ERE, 
1918, 288-290. 


I. 587 — Davips C. A. F. RHvys, 
Buddhist Purification, ERE, 1918, 
408-470. 


I. 588 — Davips T. W. RHys, 
Buddhist  Precepts. ERE, 10918, 
224. 

I. 589 — Poussiyx L. DE LA 
VALLÉE, Pratyekabuddha. ERE, 
1918, 152-154. 


I. 590 — MucH H, Auf dem 
IWeg des Vollendeten. pp. 75, Mùn- 
chen, Hans Sachs Verlag 1918; 
3. 4 Aufl., I9ZI. 


I. 591 — McucH H,, Buddha und 
«ir, pp. 20, Hamburg, Bahai- 
Verlag 10919. 


I. 592 — NoEL PERI, Les fem- 


mes de Gakya-muni, BEFEO, 
NVIII, 1918, n. 2, 37. 
I. 593 — ANxNksaki M, Bud- 


dhist Praver. ERE, 1918, 160-170. 


I. 594 — TuÙomas E. J., Bud- 
dhist Righteousness. ERE, 1918, 
778-781. 


I. 595 — Davips C. A. F. RHys, 
Buddhist Relations. ERE, 1918, 
648-649, 


I. 596 — LEUMANN E, Mai- 
treya-samiti, das Zukunftsideal der 
Buddhisten, Strassburg 1919. 


I. 597-598 — GrIMM G. und H. 
MucH, Buddhistische Weisheit.Miir- 
chen, Hans Sachs Verlag 1919. — 
Rec.: ThLZ 1921, 284 (FRANKE). 


I. 599 — Dunin-BorKkowsKI 
S. von, Buddhismus und Neubud- 
dhismus. StZ, XLIX, 1919, 2006- 
210. 


I. 600 — Riou G,, L'ennui de 
Bouddha. La Vie intérieur. Paris, 
Grasset 1919. 


I. 601 — Staat und Kirche, 
Eine Studie fitr angewandten Bud- 
dhismus, pp. 8 Berlin-Wilmersdorf, 
Neubuddh. Verlag 1919. 


I. 602 — Wapprctt L. A, 
Buddhas Diadem or «Usnisa »; 
its Origin, Nature and Functions, 
A Study of Buddhist Origins. Lon- 
don, Luzac 1920 (ristampa). 


I. 603 — Poussin L. DE LA 
VALLÉE, (Buddhist) Scepticisn. 
ERE, 1920, 231-2. 


I. 604 — Tuomas E. ]J., (Bud- 
dhist) State of the Dead, ERE, 1920, 
820-833. 


I. 605 — GRIMM G., Das Pro- 
blem des Ich in der Lehre des 
Buddha, pp. 13. Leipzig, Altmann 
1920. 


cs 


XI. BUDDHISMO. 


studio della Scuola Madhyamika, 
recenti ricerche, ricostruisce nelle 


I. 606 — ADams BEcKk L,, 
The Moon of Buddhahood. Quest 
1920. 


I. 607 — TuÙomas E. J., (Bud- 
dhist) Saints and Martyrs ERE, 


1920, 49-51. 


I. 608 — JjoLtvy ],, 
ERE, 1920, 901-904. 


Stitpas. 


I. 609 — WIEDENMANN B,, 
Die grosse Weisheit des erhabenen 
Buddha. 55, Schmiedeberg, Bau- 
mann, 1920. 


I. 610 — BECcKH, Die Lehre des 
Buddha. ChrW, 1920, 89-92, I101- 
103. 


I. 611 — WuxnbERLE G., Alter 
und neuer Buddhismus. LH, 1920, 
027-032. 


I. 612 — Horrmans È., Die 
Grundgedanken des Buddhismus und 
ihr Verhaltniss zur Gottesidee. pp. 
129, Leipzig, Altmann 1920. 


I. 613 — LEUMANN ÈE,, Buddhis- 
tische Literatur, nordarisch und 
deutsch, AKM, XVI, 2. TI. 1: 
Nebenstiiche, X, 180. Leipzig, 
Brockhaus, 1920. — Rec.: LZBI, 
1921 (HAAS). 


I. 614-615 — Masupa ]., Farly 
Indian Buddhist Schools. Univ. of 
Calcutta, Journal of the Depart- 
ment of Letters 1920. 


I. 616 — Davins T. W. RHys, 
and C. A. F., Buddhist Sin. ERE, 
1920, 1920, 533. 


I. 617 — Davips C. A. F. RHvys, 
Bouddhist Soul. ERE, 1920, 731- 
733. 


I. 618 — Davips T. W. Ruvys, 


I. 606-629 


—T —— 


in cul l’A., fondandosi sulle più 
sue linee generali la storia del 


Buddhist Sects. ERE, 1920, 307- 
309. 


I. 619 — Davips C. A. F. RHys, 
Buddhist Sacrifice. ERE, 1920, 7. 


I. 620 — DAaTtta N,, An In- 
troduction to the Evolution of the 
Schools of Buddhism. Univ. of 
Calc. Journal 1920. 


I. 621 — Davips C. A. F. RHys, 
Bouddhist Salvation. ERE, 1920, 
IIO. 


I. 622 — Davins C. A. F. 
RHvs, Sarvastivadins. ERE, 1920, 
198-201. 


I. 623 — ELIOT CH., Hinduism 
and Buddhism. 3 vol., 450; 322; 
517. London, Arnold 1921. 


I. 624 — ScHaYyER Sr., Vorar- 
beiten zur Geschichte der mahayan- 
ischen Erlòsungslehren ( = Unter- 


suchungen z. Gesch. d. Buddhi- 
smus, 5). Minchen-Neubiberg, 
Schloss 1921. 


I. 625 — SaunpErs_ K., Some 
significant Aspects of the T'heology 
of Buddhism. JR, 1921, 335-301. 


I. 626 — Suzuki D. T., The 
Eastern Buddhist. London, Luzac 
I92I. 


I. 627 — GEIGER MAGDALENE 
und W., Pali Dhamma vornehmilich 
in dey hRanonischen Literatur. ABA, 
philos. philol. u. histor. KI. XXXI, 
1921 (Miinchen, lranz). 


I. 628 — Gricer W., Dhamnma 
u. Brahman. Minnchen-Neubiberg, 
Schloss 1921. 


I. 629 — AnEsaKki M., Buddhist 
Transmigratton. ERE, 1921, 429- 
430. 


so 
a ri kl) cnr 


Aevum - Anno I - 10 


I. 630-650 


BALLINI - INDIA. 


sistema soffermandosi in ispecial modo sull’attività filosofica e let- 
teraria dei maestri della scuola ». 

Il Tucci (I 649), ricordato il lavoro del Vaidya e l’edizione 
mutila avutasi sin dal 1914 per opera di Harapasada Shastri del 
testo sanscrito del Catuhgataka (il testo intero è pur oggi inacces- 
sibile), ne traduce per intero la versione cinese, dovuta a Hiuen-tsang. 

In una seconda parte di questi suoi Studî Mahayanici, il Tucci 
parla della nuova edizione del Lankavatàra preparata da lungo 
tempo da Bunyiu Nanjò e pubblicata dai suoi amici e scolari in 
occasione del suo settantesimo anno (I 650). « Precedono al testo 


I. 630 — THomas E. ]., Bud- 
dhist Sun, Moon and Stars. ERE, 


1921, 71-73. 
I. 631 MucH H., Die Heim- 


hehr der Vollendeten. Lauenburg, 
IO2I. 


I. 632 — ANESAKI M., Tatha- 
gata. ERE, 1921, 202-204. 
I. 633 — Poussin L. DE LA 


VALLÉE, Buddhist Worship. ERE 
1921, 758-9. 


I. 634 — Poussin L. DE LA 
VALLÉE, Buddhist Tantrisni. ERE, 


192I, 193-197. 
I. 635 — WEBER A,, Gesammelte 
Aufsatze zur Religionssoziologie. II. 


Hinduismus und Buddhismus. VII 
+ 378. Tiibingen, Mobhr, 1921. 


I. 636 — MWINTERNITZ MAXIMIL- 
LIAN, Die Vratyas, ZB VI, NS, 
1024, 48-00. 


I. 637 — ANESAKI M,, Buddhist 
l'ows. ERE, 1921, 0644-46. 


I. 638 — WALLESER M., Die 
Sekhten des alten Buddhismus. ZB, 
4, 1922, 197-210. 


I. 639 — HACKMANN H,, Re- 
ligiòse Erfahrung im Buddhismus. 
NTR, I, II, 1922, 28-40. 


I. 640 — Tucci G,, L'origine 
del mondo e della società secondo 


una tradizione buddistica. Fl, 1922, 
128 segg. 


I. 641 — Hausizra U,, Was 
muss man wissen vom Buddhisimus? 
PP. 48, Berlin, 1922. 


I. 642 — Poussin L. DELA VAL- 
LÉE, Notes Bouddhiques. Bulletin 
de la Classe des Lettres, Novem- 
bre, 1922, Bruxelles. 


I. 643 — BrocKkHaus, Buddha 
und die Frauen. EMM, 1923, 2-0. 


I. 644-645 — DutTt S., Farly 
Buddhist Monachism. London, Ke- 
gan Paul, Trench, Triibner a. Cc. 
(= Tribner Oriental Series), 1923. 


I. 646 — GRIMM G,, Die IVis- 
senschaft des Buddhismus. XVI, 
525, London, Druguling 1923. 


I. 647 Davips_ C. A. F. 
RHys, Die Buddhistische Lehre von 
dev Wiedergeburt. Autor. Uebersetz. 
von Dr. STANISLAUS. SCHAYER. 
(= Untersuch. z. Gesch. des Bud- 
dhismus, 9), pp.22, Neubiberg 1924. 


I. 648 — Varpva P. L., Etudes 
sur Arvadeva et son Catuhcataka. 
Chap. VIII-XVI Paris, Geuthner 
1923. 


I. 649 — Tucci G., Studî ma- 
hayvanici RSO, X, 1923-25, 521-500. 


I. 650 — The Lavkavatara Sn- 


XI. BUDDHISMO. I. 650-652 


sanscrito una prefazione in Giapponese, cui segue una traduzione 
in inglese, una utilissima comparative list of chapter-divisions in the 
sanskrit text and the three chinese translations of the Lanhavatara € 
quindi la lista dei mss usati oltre Je versioni cinesi e tibetane e 
la parziale edizione della Buddhistic Text Society ». 

Della traduzione chinese di Hiuen-tsang intitolata « Relazione 
della durata della legge enunciata dal grande Arhat Nandimttra », si 
occupano il Lévied il Chavannes (I 651), considerando special- 
mente il gruppo dei sedici Arhat, sconosciuto all'India, che ha preso 
nella religione popolare cinese grande importanza. Ne danno la tra- 
duzione ; studiano l'origine del nome Nandimitra (molto incerta); 
indagano il luogo in cui avviene questa profezia (Ceylon). Questa 
relazione, d'ispirazione Mahayanica, comincia coll'’enumerazione dei 
sedici Arhat, di cui ciascuno ha il suo nome, distribuiti secondo un 
concetto geografico. I sedici Arhat sono distribuiti per tutto l'Universo: 
quattro per ogni punto cardinale, per mantenere la legge nel mondo. I] 
tipo iniziale, originario, di questi Arhat è Pindola che sussiste attraverso 
i secoli (essendo escluso dal Nirvana per volere del Maestro) come 
l’« ancien » delle comunità religiose ed è venerato nei conventi, dove 
ha sempre un posto preparato nel refettorio. È rappresentato come 
un monaco ghiottone che compie miracoli sensazionali e, come tale, 
è molto popolare. Il culto di Pindola (secondo la Agfokavadana) è 
prettamente indiano. Rappresenta una parte principale nel Samvutta 
N., dove appare accanto al Re di Vatsa, Udavana, in Kaugambi. Dal- 
l'India il suo culto passa in Cina ove i 16 Arhat (portati più tardi a 
1$) sono venerati e rappresentati in pittura (V sec.). Gli AA., dopo aver 
esaminato largamente ì testi ed i commenti, ove si parla di Pindola, 
aggiungono due appendici, l'una con le liste degli Arhat, in cinese 
ed in tibetano, l’altra con la biografia di Kuan-Hieu (832-912) 
dipintore degli Arhat a Tch'eng-tou. 

Il Tucci (I 652) identifica nel Saundarananda kavva di Acvaghosa 
XI, 25 e 30 il corrispondente scr. con alcuni passi del commento 
di Vasubandhu allo Cafasastra di Bodhisattvadeva, tradotto in 
cinese da Kumarajiva nel 404. Nella seconda parte del suo studio, 
accennato alla corrispondenza fra il contenuto delle novelle narrate 


tra ed. by BunvYiù NaNJO (== Bi-  Arhat protecteurs de la lot. JA, 
bliothec. Ottaniensis vol. 1) Kyoto, 1910, 5-50; 189-304. 
Otani University Press 1023, pp. 


X+4- 376. I. 652 — Tucci G., Note Sul 
Saundarananda Kavva di Acva- 
I. 651 — Tfvi SyLVvaIin et ghosa, RSO, X, 1923-1925, 145- 


La 


EDOUARD CHAVANNES, Les Seicze 149. 


i 
(GN 
xi 


BALLINI - INDIA. 


I. 653-673 


in Parigistaparvan I, 287 segg. e il ben noto racconto buddhi- 
stico del Buddha e di Nanda, il T. dimostra fonte del passo jai- 
nico di Hemacandra, il Saundaran. IV, 9 segg. 

Altri scritti su argomenti buddhistici non strettamente indiani 


sono stati pubblicati (I 653-689). 


I. 653 — FRANKE A. H., The 
Meaning of the « Om-mani-padme- 
hum» formula. JRAS, 1915, 397- 
404. 

I. 654 — Puini C., Di una sin- 
golare incarnazione di Samanta- 
bhadra Bodhisattva. RSO, 7, 1916, 
485-487. 

I. 655 — SEIDENSTUECKER K., 
Std-buddhistische Studien. I. Die 
Buddha-Legende in den Skhulp- 
. turen des Ananda-Tempels zu Pa- 
gan, Hamburg 1916. 


I. 656 — KERN H., Verspreide 
Geschriften. Deel 4: Achter, Indie 
slot Brahmanisme en Buddhisme, 
Maleisch-polynesische Taalvergel- 
ijhing. ’s Gravenhage, 1916. 


I. 657 — Puini C., Znterpreta- 
zione buddista di vecchi testi tacisti. 
RSO, 7, 1916, 235 bis 251. 


I. 658 — ANESAKI MASAHARU, 
Nichiren, the Buddhist Prophet. 
London, 1916. 


I. 659 — Maunc PE TIxn, 
The influence of Buddhism in 
Burma. BR, 1916, 142-147. 


I. 660 — Corso R,, PRosari ti- 
detani. Bil, 1916, 115-121. 


I. 661 — Sitacara B.,, Bud- 
dhism in Sikkim. BR, 1916, 72-85. 


I. 662 — Krom N. ]., De 
Bodhisattwa's van den  Mendut. 
BILVNI, 1918, 419-437. 


I. 663 — Wappeli LL. A, 
Tibetan Prayer. ERE, 1918, 202- 
205. 


I. 664 — WITH K., Java. Brah- 
manische, buddhistische und eigen- 
lebige Kultur. Hagen, Folkwang- 
Verlag 1919. 


I. 665 — Puini C., Da Dio al 
Buddha e dal Buddha a Dio. Il 
Nuovo Patto, 1919, 261-279. 


I. 666 — MAHNG,, Der Tempel 
von Boro-Budur, pp. 91 Leipzig, 
Altmann 1919. 


I. 667 — Tavtor C. M,, Win- 
ning Buddha's Smile. A Korean 
Legend 153, Boston, Badger 1919. 


I. 668 — MoExs ]J. L., De 
Tjandi Mendut, TITLV, 1920, 59, 
529-600. System des mantrabuddah, 
Pantheons von Java, 1920. 


I. 669 — Doré H., Le grand 
pélerinage bouddhique de Lang Chan 
et le cinq montagnes de Tong 
Tcheon (suite), New China Review, 
1920. i 


I. 670 — WapnpeLlt L. A, 
(Tibetan) State of the Dead. ERE, 
1920, 853-4. 

I. 671 — Wisser M. W. DE, 
De Arhat in China en Japan. 
VMAW, 1920, 408-443. 


I. 672 — Groot ]J. J. M. DE, 
Der Thipa das heiligste Heilig- 
tum des. Buddhismus in China. 
Ein Beitrag zur Kenntnis der esot- 


erischen Lehre des Mahayana. 
VIII, 96. Rerlin, Verein. wiss. 
Verleger. — Rec.: LZBI, 1920, 


718-720 (HAAS). 


I. 673 — ScHERMANN L,, Geistes- 
feste im  buddhiistischen Birma. 
Ararat, Heft 12, 1921. 


XI. BUDDHISMO. 


I. 674-691 


3. STORIA DELLA DOTTRINA. — B. Bhattacharya (I 
690) narra la storia del famoso santuario buddhista di Sarnath 
dai tempi più antichi fino ai nostri giorni. 

Il Walleser (I 691), dopo aver ammesso come « non assolutamente 
improbabile » che Nagarjuna tosse oriundo della regione del Vai- 
darbha (Berar), nativo dell’attuale Nagpur, che dimorasse lungo 


I. 674 — SHouP., Kwa-non-seh. 
Die Weltreligion des Neubuddhis- 
mus u. die abendlandischen Getstes- 
stròmungen. 156, Berlin-Pankow, 
Linser-Verlag 1921. 


I. 678 — LE Coo A. von, 
Altbuddhistische Rauchergefàasse aus 
Ostasien. Berliner Museen, 1921. 


I. 676 — GRUENWEDEL A., Die 
Tempel von Lhasa. Gedicht der 
ersten Dalailama, aus dem Tibet. 
Texte ins Deutsche Ubersetzti. SAH, 
philol.-hist. KI. (1914), 92. Hei- 
delberg, Winter 1919. — Rec.: 
ThI.Z, 1921, 52 (Haas). 


I. 677 — Tucci G,, L’influsso 
del Buddhismo sulle civiltà del- 
l'’Estremo Oriente. Bil. 1921, 144 
155. 

I. 678 — Tsu YNE YXNE, Pre- 
sent Tendencies in Chinese Bud- 
dhism. JR, 1921, 497-512. 


I. 679 — McGovern VW. M,, 
Introduction to .Mahayana Bud- 
dhism: with special yeference to 
Chinese and Japanese Phases. V 
+ 233, London, K. Paul 1921. 


I. 680 — Huxt W., Remfry, 
A Devotee of Buddha. Chinese 
Recorder, 193-4, 1921. 


I. 681 — RyoHon KIBA, Die 
japanischen Buddhisten und der 
Gedanke einer religids-sittlichen Or- 
ganisation der Menscheit. ChrW, 
36, 1922, 413-410. 


I. 682 — Mob: I. I, The mo- 
nastic institution of Burma and 


its Phongvyvs; The buddhist Priests. 
JASB, XII, 1922. 

I. 683 — Saunpers K. ]., 
Buddhism in China. JR, 2, 1922, 
157-109; 250-275. 

I. 684 — HACKMANN H,, Laren- 
Buddhismus in China. NThT, 11, 
1922, 252-284. 

I. 685 — HEDIN SVEN, 7sangpo 


Lamas Wallfahyt. Die Pilger. pp. 
346, Leipzig, Brockhaus 1922. 


I. 686 — REIcHELT K. L., 
Fra Oestens religiose liv. It indlik 
i den Kinesishe Mahayana-Bud- 


disme. Kb6benhavn Gad. KirFe 
og Kultur 1922, 415-424. 
I. 687 — Gites H. À., The 


Travels of Fahsien (399-414 dA. D.): 
or Record of the Buddhist King- 
doms. Retranslated, XVI + 90, 
London, Cambridge University 
Press 1923. 


I. 688 — Tucci G., Di una leg- 
gendaria biografia cinese di Nàa- 
garjuna. Bil. 1923, Settembre, 
133-137. 

I. 689 — WissER M. W., Ze 
Arhats in China and Japan, pp. 215 
Leipzig, Oesterheld u. Co. 1923. 
(v, I. 671). 


I. 690 — BHATTACHARYA BRIN- 
DÀVAN, Sarnath-Ka Itihas. X1I + 
177 + XI, 6 tavole, Benares, 
1922. — Rec.: JRAS, 1923, 44I 
(LD. BARNETT). (LM). 


I. 691 — \WaLrLesERr N,, La 
data di Nagarjuna, FR. II, 1923, 
n. 2, 1-15. (MA). 


—- 159 — 


BALLINI - INDIA. ; _I. 692-694 


tempo in Nalanda e che fosse in relazione con un potente re del- 
l'India Meridionale — come attesta la Suhyllekha che gli vien at- 
tribuita —, passa ad esaminare il nome del re, difficile a deter- 
minarsi. Dopo lunga e dotta discussione su questo argomento e in- 
torno al punto di partenza dell’èra Caka (che, con l'era Vikrama, 
si affermò dopo Arvabhata — secondo l’A.) conclude: « Anzitutto 
deve stabilirsi che l’èra Gaka, o, come più tardi venne chiamata, 
‘ l’èra Galivahana, non sta in nessun rapporto nè con la sottomis- 
sione di parte del regno degli Andhra alla dinastia Galivaha- 
na o al dominio dei satrapi occidentali, nè, al contrario, con 
la sconfitta e la cacciata dei Caka per opera d’un principe indigeno. 
Entrambi gli avvenimenti devono verosimilmente riferirsi a molto 
tempo dopo e quindi non esiste nessuna possibilità perchè Nagarjuna 
sia collocato nel I s. d. C. D'altro canto se la tradizione sulla nascita 
di Nagarjuna si diffuse subito dopo o nel tempo dei concilî di Ka- 
niska, non vi sarebbe difficoltà nell’ammettere che l’operosità di 
Nagarjuna cadde nel principio del II sec. ». 

Uno studio su Agoka, sul suo impero, sulla sua opera nell’ambito 
del Buddhismo, sul posto che egli occupa nella storia, su le sue 
iscrizioni, ecc., ha pubblicato D. R. Bhandarkar (I 692). 

Il Saunders (I 693) studia le vicende di 13 sccoli di Buddhismo 
(500 a. C. — 800 d. C.) in varî luoghi da Rajagaha a Lhasa. 

Pe Maung Tin (I 694) esamina un articolo del Finot, col titolo 
« La légende de Buddhaghosa », ma non crede che se ne possano ac- 
cettare, perchè troppo assoluti, i giudizî e le conclusioni tutte; così 
non gli sembra giusto rigettare senz'altro le fonti di informazioni 
birmane, come fa il Finot allo scopo di combattere la tradizione che 
Buddhaghosa sia nato in India e si sia recato nel Cevlon nel V secolo, 
e rimprovera al Finot di non aver tratte le proprie conclusioni dallo 
studio diretto degli scritti di Buddhaghosa. L’A., benchè ritenga che 
l'ultima parola non si possa dire in merito finchè tutte le opere di 
B. non siano state pubblicate e studiate, stima non accettabile l’ipo- 
tesi del Finot che esse debbano attribuirsi ad un gruppo di scrittori 
del Ceylon, che slealmente si sarebbero ammantati di quel nome. 


I. 692 — BHANDARKAR D. R.,  132-3 (C. A. F. RHys Davips). 


Asoka, pp. 346, 1925. V. pure: 
SAUNDERS IK. J., The Story of 

I. 693 — SAUNnDERS KENNET J.. Buddhism. Oxford, Clarendon Press 

Fpochs in Buddhist History, (= 1916. 

The Haskell Lectures, Univer- 

sity of Chicago, 1921 —) Chi- I. 694 — Mauxc PE TIx, La 

cago, University of Chicago Press Légende de Buddhaghosa, JRAS, 

1924. — Rec.: JRAS, 1925, 1923, 265-269. (LM). 


— 1500) - 


XJ. BUDDHISMO. I. 695-705 


È uscita la terza edizione accresciuta, corretta secondo le re- 
centi interpretazioni delle iscrizioni e secondo le recenti scoperte 
archeologiche, del ben noto studio dello Smith su. Agoka 
(I 695). 

Altri scritti storici sono apparsi concernenti variamente la sto- 
ria del Buddhismo (I 696-703). 

4 ARTE. ARCHEOLOGIA. — L'affresco della «ruota della 
vita » che sì trova in Ajantaà e che è stato esaminato dal Przvluski 
(I 704. v. I 546) è mutilato. Il P.. per mezzo di confronti con altre 
«ruote della vita » di altri luoghi, e sopratutto riferendosi ai passi 
delle scritture, che hanno dato origine a tale rappresentazione ar- 
tistica, riesce a stabilire quali dovessero essere gli affreschi scom- 
parsi della grande ruota, e quale ne fosse il vero significato. 

È apparsa una pubblicazione (I 705) che può considerarsi un 
complemento a « Ruins of Desert Cathaj» e « Serindia ». Contiene 
trentatrè grandi tavole, di cui otto colorate, e quindici più piccole, 
pure in parte a colori, annesse al testo. 


I. 695 — SMITH VINCENT A., _XIN + 104. Boston, Jones and Co. 
Asoka, the Buddhist Emperor of 1918. — Rec.: IRM, IX, 10920, 
India, 3, ed., Oxford, Claren- 296-298 (SAUNDERS). 
don Press 1920. — Rec.: JRAS, 


I. 702 — Survcevic P., Der 
Buddhisnius in der deutschen 1.i- 
I. 696 — \Vitte J., Das Buch  teratur. Inaugural-Dissertation, \V 


1921, 6ro (F. E. P.). (M.1). 


des Marco Polo als Quelle fiir den + 127. Wien, Gerolds Sohn 1920. 
Buddhismus. 71, Inaugural Dis — Rec.i ZDMG, 75, 280 (Haas). 
Sert. 5 

ert., 1915, Bonn I. 703 — Sauxpers K. ]J., 


I. 697 — SENAVARATNE F. M, Buddhism and Buddhists in Sou- 
The Date of Buddha's Death und thern Asia. New York, 1023. — 
Ceylon Chronology. JRAS, XXIII, Rec: IRM, 12, 1923, 590-505 


1910, n. 67. {GIRSON). 


I. 698 — ScHomERrUSs H. MM, I. 704 — PRZYLUSKI JEAN, Pa 
Das Étude des Buddhismus in In: "Ote de la vie d Ajanta. )A, 
dien, NO, 7, 30-35. FORO 343 

I. 705 — The Thousand Bud- 
dhas, Ancient Buddhist Paitntings 
from the Cave-temples of Tim- 
| huang on the Western Frontier oÎ 

I.700— HuxziKkER, Buddhisnus China. Recovered and described 
aui der Insel Oshima. ZMR, 155- DV AUREL STEIN, KR.C.L.E. Zntro- 
158, 1921. ductory Essav bv LAURENCE BIN- 
vox, London, 1922. pp. NIH - 

I. 701 — StaRR F,, Korean 605 — Rec.: JRAS, 1923, 274 
Buddhism, History, Condition, Art. (\. PercEvaL YETTS). (LV). 


I. 6099 — PRINTZ WILHELM, 
Btaddha's Geburt. ZDMG, LXXIX, 
19 25, II9-132. 


— 151 — 


BALLINI - INDIA. 


I. 706-720 


—— —————— __—————+ ————————————— 


Il Foucher (I 706) riferisce sugli antichi monumenti buddhi- 
stici di Haibak (uno stùpa e quattro grotte). 
Su opere d’arte buddhistica in India e fuori sono apparsi varî 


altri studî (I 707-735). 


I. 706 — A. FoucHER, Notes 
sur les antiquités bouddiques de 
Haiback (Turkestan Afghan). JA, 
1924, 139-153. — V. anche JA, 
1923, 354-368. (GBP). 


I. 707 — SEIDENSTUECKER K., 
Sudbuddhistische Studien. I. Die 
Buddha-legende in den Shulpturen 
des Ananda-Tempels zu Pagan. 
114, Hamburg, Museum F. Vòlker- 
Kunde. — Rec.: OZ, 1915, 326 
(CoHN); Anthr, 1124-112060 (B. 
GEIGER); KDGA, 1917, 1oI1 (MAR- 
TIN). 


I. 708 — LELIÈvRE A. E., et 
CLAQUEUR CH. A., La pagode de 
Dakka. 25, Saigon, Cambridge, 
Ardin 1914. — Rec.: JA, 1910, 
353 (VINSON). 


I. 709 — D’OLbEeNBoUuRG S., 
A Note on Vajrapani in Buddhist 
Iconographv. JRAS, 1917, 130-131. 


I. 710 — FoucHER A., Inter- 
prétatton de quelques bas-reliefs du 
Gandhara. JA, 1917, 257-281. 


I. 7011 — FoucHER À., L’Arl 
Greco-bouddhique du Gandhara, T. 
2. Paris, Leroux 1923. 


I. 712 — FoucHer A., The 
Beginnings of Buddhist Art and 
other Essays in Indian and Cen- 
tral Asian Archeologv. Transl. by 
L. A. and F. W. THomas, with 
a preface of the latter. NVI + 3I0, 
Paris and London 1917. — Rec.: 
JRAS, 1915, 241-246 (M. Loxc- 
WORTH DAMES). 


I. 713 — Focinton H,, L’Art 
bouddhique. 164, Paris, Laurent 
1921. — Rec.: RA, 14, I92I, 


445-6 (REINACH). 


TP; 22; 


I. 714 — GRUENWEDEL A., Bud- 
dhistische Kunst in Indien. 2 Auf., 
XV-213. Berlin, Vereinigung wiss. 
Verleger 1921. 


I. 715 — FoucHER A., Lettre 
d'Ajanta. JA, 17, 1921, 201-245. 


I. 716 — C. S. CLARKE, /ndian 
drawings thirty Mogul paintings 
of the School of Jahangir (seven- 
teenth century), and four panels of 
calligraphy in the Wuantage. Be- 
guest, Victoria and Albert, Mu- 
seum Portfolios, London 1922. 


I. 717 — BHATTACHARYYA B., 
The Indian Buddhist Iconography, 
mainly based on the Sadhanamala 
and other cognate Tantric texts of 
Rituals. 1924. 


I. 718 — HAcKiIN ]|., Guide- 
Catalogue du Musée Guimet. Les 
Collections Bouddhiques  (Exposé 
historique et iconographique). 1nde 
Centrale et Gandhara, Turkestan, 
Chine Septentrionale, Tibet. pp.175, 
24 tavole, Paris-Bruxelles, Van 
Vest, 1923. — Rec.: JRAS, 1925, 
182-183 (L.D. BARNETT). 


I. 719 — SAHNI Dava Ram, 
Guide to the Buddhist Ruins of 
Sarnath. Wil a plan 0) excavations 
and five photographic plates, 3 ed., 


PP. 47. 0 tavole. Simla, Govt. 
Central Press, 1923. — Rec.: 
JRAS, 1925, 183 (L.D. BaR- 
NETT). 

I. 720 — Le Cog A. vox, Die 


buddhistische Spatantike in Mittel- 
Asten I. Die Plastik. pp. 30, 
Berlin, Reimer 1922. — Rec.: 
OLZ, 1922, 305-308 (GEIGER); 
1923, 57-55 (PELLIOT). 


lo 


XT. RUDDHISMO. 


_I. 721-735 


5. BuppHISMO E CRISTIANESIMO. — Il Kennedy (I 736) 
in un lungo articolo tratta delle reciproche relazioni fra le leggende 
religiose dell'India e quelle dell'Occidente. Egli dice: l’Induismo ed 
il Cristianesimo sembrano essersi scambievolmente influenzatipiù 
di ogni altra religione. Il Grierson (JRAS, 1907, p. 311) pensa 
che il Cristianesimo abbia influenzato Ramanuja e successori. 
Alberto Magno invece avrebbe insegnato dottrina caratteristi- 
camente indiana, giuntagli per mezzo degli Arabi o di qualche 
ultimo neo-platonico. Così il culto indi del fanciullo Krsna sem- 
brerebbe una derivazione dal culto cristiano. Ora il K. si propone di 
studiare quelle leggende che hanno avuto in un tempo od in un 


I. 721 — GRUENWEDEL A., 42t- 
Kutscha. Archdaologische und reli- 
gionsgeschichtliche Forschungen an 
Tempera-Gemdlden aus ‘ buddhis- 
tischen Hbohlen der ersten acht 
Jahrhunderte nach Christi Geb. 
V, 89, 124, Berlin, Esner. — Rec.: 
ZEthn, 1922, 488-490 (V. Gra- 
SENAPP); ThLZ, 1921, 52 (HAAs). 


I. 722 — DoxÒÙrinG Kk., Bud- 
dhistische Tempelanlagen in Siam. 
3 Vol,, Berlin, Verlag Bien 1916. 


I. 723 — DonÙrixc K., Bud- 
dhistische Tempel-anlagen in Siam. 
Pp. 248, 2 tavole, Berlin, Vereini- 
gung wiss. Verleger, 1920. 


I. 724 — VoreTtzscH E. A, 
Ueber altbuddhistische Kunst in 
Siam. OZ, 1917, 1-22. 


I. 725 — Haas L. H,, Die 
Buddha-Legende auj den Fachre- 
lefs dev echten Galerie des Stupa 
von Boro-Budur. Leipzig, O. Har- 
rassowitz 10923. 


I. 726 — VociL J. PH. 7uwo 
Notes on Javanese Archaeology 1. 
The Ship of Boro-Budur. 2. The 
Heads of Chandi Bhima. ]}RAS, 


1917, 307-370. 

I. 727 — CLEMEN C., Buddhisti- 
sche Shulpturem in Vorderindien 
und auf Java. BJ, 1917, 73-87. 


I. 728 — \VitH K., Java- 
brahmanische, buddhistische und 
eitgenlebige Architekturu. Plastik auf 
Java. VIII, 167, Hagen u. Wien, 
Folkwang-Verlag 1920. 


I. 729 — Witk K,, /rihbud- 
dhistische Plastik in Japan bis 
zum Beyginn der Tempvò-Periode. 
Wien, Scholl, 10918. 


I. 730 — CoHx W., Die alt- 
buddh. Malerei Japans. XII -- 20, 
Leipzig, Seemann Ig9z21. 


Der Zen- 
ZThK, 


I. 731 — Heuw K,, 
Buddhismus in Japan. 
19023, 245-259. 


I. 732 — Conn W, Buddhisti- 
sche Skulpturen aus Japan. Berl., 
Musecn, 43, 1922, 75-80; 103-108. 


I. 733 — Witt K.,, Stiko. 
Ueberden Beginn der buddhistischen 
Kunst in Ost Asten. ZB, 4, 1922, 
190-190. 


I. 734 — DouHRinc Prof. Dr. 
KARL, Stupa und (rrabbau im Tem- 
pel Vat Bun Siri Ammat zu Ban- 
ghok. ZB, VI, NS, 1924, 118-126. 


I. 735 — DUROISELLE C., 
Pageant of King Minden in a vi- 
sit to the Buddha Image at Man- 
dalay. Archaeological Survev of 
India. N. 27, 1925. 


> dt 


BALLINI - INDIA, I. 736-737 


—___— — —  ———— —T — - 


altro significato religioso, come l'infanzia di Gesù (3 Vangcli), gio- 
vinezza del Buddha (Lalitavistara) e fanciullezza di Krsna (Visnu- 
purana). A tale scopo sì propone: 1° di studiare principalmente le 
conoscenze reciproche dello Induismo e del Cristianesimo ; 2° di ricer- 
care nelle tre religioni (Induismo, Cristianesimo, Buddhismo) ciò che 
è peculiare ad una sola, per determinarne l'origine. Comincia col voler 
dimostrare che le duc religioni vennero a « fruitful contact » solo nel 
100 d. C.. Coll’invasione persiana sotto Ciro i Greci misero piede 
in India ma non riportarono nell’Occidente che ben poco della reli- 
gione, delle storie, delle leggende indiane; mentre efficaci intermedia- 
ric furono, durante l'Impero d'Augusto, le relazioni commerciali fra 
Roma e l'India del Sud, e poi, durante l'impero dei Sassanidi, vi fu- 
rono intime relazioni ancora fra i Romani e l'India del nord. Inoltre 
bisogna tener conto anche dell'emigrazione verso l'Oriente dei Giudei 
e dell'unione tra Indi e Sciti che portò nel nord-ovest dell'India 
il reame Kushan. Abbiamo, per questo, una mescolanza di tutti i 
popoli tra Egitto, Siria ed India. Con quali mezzi, e dove le idce re- 
ligiose e le pie leggende si trasmisero? I navigatori poco o nulla 
contribuirono a ciò, molto di più i mercanti e le ambascerie; mol- 
tissimo poi le comunita, ove Indiani Ebrei e Cristiani vivevano vicini. 
Le più importanti sedi di riunione furono Babilonia e i paesi 
al Nord cd all’Ovest dell'Indo: Bactria, Kabul, ed Aracasia. L’Au- 
tore conclude questa prima parte ammettendo che lc idee religiose 
furono dai vari sacerdoti (Induiti, Buddhisti, Cristiani, Ebrei) ridotte 
a forma letteraria senza riguardo, forse, alle speciali loro religioni. 
In altro articolo il Kennedy (I 737) continua il suo studio 
csaminando le leggende dei vari paesi. Le prime leggende importate 
in Oriente furono le ebree: come quella di Mosè e quella del giudizio 
di Salomone. Quasi nello stesso tempo la propaganda dei Kushi 
arrivò fino in Babilonia che era piena di Ebrei c di Gnostici. Il sin- 
cretismo in Babilonia in questo tempo viene dimostrato dall’A.: 
1° con il libro di E/kesar, le cui teorie furono prese dal Bud- 
dhismo con la trasmissione dei Kushana e dagli Gnostici sincretici di 
Babilonia; 
2° con gli Acta Archelar, che narrano la storia d’un certo 
Scytiano, ch’'Epifanio arricchì più tardi delle leggende di Simon 
Mago. L'autore pensa che Scytiano non fosse che un Kushana, vi- 
vente in città araba, occupato nel commercio indiano. Pensa an- 


I. 736-737 — KENNEDY |]. The the transmission of religious legsends 
Gospels of the Infancy, the Lalita between India and the West. ]RAS, 
Vistara, arl the Vishnu Purana;or 1917, 209-243; 499-540. (MA). 


cei 


XI. BUDDHISMO. Ì I. 736-737 


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cora che si tratti di una storia illustrante la propagazione del Bud- 
dhismo mahavanico nella Valle dell'Eufrate; 

3° con le tradizioni cristiane che hanno sempre connesso Buddha 
e Mani, per cui l’A. definisce quest'ultimo come uno gnostico Zoro- 
astriano. E se speculativamente ed eticamente l'India non dette 
nulla al Manicheismo, pure il Buddhismo si riallaccia a questo, poichè 
entrambe erano religioni di asceti e con le stesse basi. 

Ora lA. esamina ciò che avviene entro l'impero Romano, esclu- 
dendo, come non valevoli, le testimonianze di Plutarco, Pausania, 
Dione Crisostomo, Alliano. Dice che la religione indiana penetrò at- 
traverso il Cristianesimo (300 d. C.) con Basilide, Bardesane, Ori- 
gene, Clemente, Ippolito e col neoplatonico Porfirio. In Siria si ha 
qualche conoscenza dell'India. Apollonio di Tiana vive ad imita- 
zione dei Yogi e Peregrinus Proteus s'uccide nel fuoco come i filosofi 
Indiani. Inoltre tanto i tilosofi orientalisti (Esseni, Gnostici, Neopi- 
tagorici, Neoplatonici) quanto gl'Indiani trattavano sotto differenti 
punti di vista eguali questioni: p. es. del Dio inconoscibibile, della 
divinità dell'anima, dell'origine del male, ecc., ecc. 

Dal 300 al 600 d. C. le relazioni tra l'impero Romano e l'India 
furono più estese per mezzo dell’accresciuta prosperità della Siria, 
della Persia, e degli Stati soggetti ai Gupta, che favorirono la rinascita 
dell’Induismo. Così che, mentre i Persiani traducevano le leggende 
Buddhiste in quelle Cristiane, i Brahmani di Uj}jayini studiavano la 
scienza dei Greci (Astronomia, Geografia, Fisica, ecc.) in Alessandria. 
Traccie di Romani nell'India sì hanno dall'esistenza di molte mo- 
nete. Il Paricatantra fu tradotto in Persia, e, attraverso gli Arabi, 
fu conosciuto in Europa col nome di favole di Pifa:. Così purc leg- 
gende buddhiste furono trasmesse all'occidente attraverso tradu- 
zioni persiane e siriache. L'autore conclude: le storie Indiane ar- 
rivarono all'Occidente attraverso Greci e Persiani e che nulla si 
aggiunse alla storia, tra il 39 sec. a. C. ed il 3° d. C.; il Buddhismo 
non fu conosciuto che nel 19 sec. d. C.; nel 29 sec. d. C. si cercarono 
notizie indiane c qualche pratica indiana fu conosciuta in Sina: 
fra il 300 ed il 600 d. C. 1 sapienti indiani studiarono scienza greca 
in Alessandria mentre il clero cristiano adattava le leggende bud- 
dhistiche, le sole storie d'orizine occidentale che circolarono in Oriente 
nei tre primi secoli sono d'origine ebrea. 

Per quanto si riferisce al gruppo di leggende comuni ai Cristiani, 
Buddhisti ed Induiti, il Kennedy osserva che i tre Vangeli da lui 
esaminati sono quelli conosciuti col nome di Evangelium Infantiae, 
Protevangelium Jacobi e il Vangelo del Pscudo-Tomaso. Le leggende 
in questi contenute risalgono al II sec. d. C. Posteriore forse d'un 


155 


BALLINI - INDIA. I. 738-739 


secolo è il Lalitavistara. Quindi è probabile che i Vangeli, a traverso 
| i Bodhisattva di Babilonia, offrissero i materiali alla leggenda 
del Lalitavistara. Infatti l'A. trova dieci elementi comuni ai due cicli 
di leggende. Il Garbe opina che i Buddhisti influenzassero alla lor 
volta gli evangelisti sinottici (p.es. la visita di Asita, latentazione, ecc); 
ma il Kennedy non è di tale opinione. In quanto al Harivamsa e 
al Visnupurana che trattano dell’infanzia del dio pastore Krsna, l’A. 
dimostra: 1° che si tratta di una storia del tutto nuova; 2° ch’essa 
sorse rivale delle leggende buddhiste; 3° che gli autori ricorsero alla 
Cristianità per la cornice della storia. Queste due opere risalgono 
infatti al periodo Gupta con la rinascita dell’Induismo e quindi si 
preferì ricorrere. a materiali cristiani piuttosto che a buddhisti. 
L’A. nota otto punti comuni alle due storie (cristiana e induita). Forse 
che il Cristianesimo influenzò pure l’Induismo antico? Difficile que- 
stione. L’A. la lascia sospesa, opinando che queste due religioni si 
tocchino solo alla periferia. 

Il Giinter (I 738) occupandosi dei presunti nessi di dipen- 
denza dalle leggende buddhistiche di tradizioni e credenze occi- 
dentali, esamina accuratamente i Vangeli apocrifi, le leggende 
medioevali e le vite dei santi in quanto possono aver subìto una 
influenza orientale e dimostra con larghissima documentazione che 
i motivi delle varie leggende avvicinati riconducono tutti ad un 
fondo comune e generale di credenze, fondo che è dato trovare 
in tutti 1 tempi e in tutti i luoghi, perchè essenzialmente ‘umano. 
Non sì può, dunque, affatto parlar d’influenze. Questo lavoro 
del Giinter, che mostra una reazione all’indirizzo esagerato com- 
parativo fra Buddhismo e Cristianesimo, accoppia a un’ampia 
conoscenza del materiale indologico una grande padronanza della 
letteratura agiografica cristiana c della novellistica classica e me- 
dioevale. 

Nel n. 7, Maggio 1922, di « Yhe Buddhist Chronicle » (I 739) 
rivista che si pubblica a Colombo con lo scopo di dare ragguagli 
intorno al movimento Buddhista nel mondo e in ispecie a Ceylon, 
si accenna ad una polemica contro i missionari cristiani e sì ripro- 
duce un articolo dell'americana D. M. Bennet che enumera le man- 
chevolezze del Cristianesimo rispetto al Buddhismo. I Buddhisti di 


I. 738 — GUENTER HEINRICH, 
Buddha in der Abendlandischen 
Legende, pp. XII+-306 Leipzig.,H. 
Haessel 1922. — Rec.: JRAS, 
1023, 452-53 (JARL CHARPENTIER); 
RSO, IX, 1921-23, 010-614 (G. 


Tucci); FR, II, 1923, fasc. 2, 54-55 
(G. Tucci). (LM). 


I. 739 — The Buddhist Chro- 
nicle.— Rec.: FR,I, 1922, fasc. 3-4, 
1922 74-70 (C. FoRMICHI). (MA). 


cai Gra 


XI. BUDDHISMO. I. 740-752 


Colombo stimano la loro religione superiore a tutte le altre e si esor- 
tano vicendevolmente alla fedeltà della propria religione. 

Sir E. A. Wallis Budge (I 740) pubblica la versione etiopica 
del romanzo di Barlaam e Josaphat. Ne dà pure la traduzione, 
preceduta da un'ampia introduzione, nella quale tratta delle ori- 
indiane dell’opera, compendiando il Lalitavistara e il Jataka, 
della versione pehlvi, delle altre orientali e del testo greco «donde 
direttamente e attraverso il latino, rampollarono le molte cdi- 


zioni occidentali ». 


Varî altri studi sono apparsi concernenti Buddhismo e Cristia- 


nesimo (I 741-752). 


I. 740 — Bupce SIR E. A. WaL- 
LIS, Barolam and Yewasef, being 
the Ethiopic version of a christia- 
nized recension of the Buddhist le- 
gend of the Buddha and the Bodhi- 
sattvra. Vol. I pp. XVI+# 246; Vol. 
II, pp. CXXII4 350. Cambridge. 
University Press 1923. — Rec.: 
RSO, X, 1923-25, 305-369 (C. 
ConTiI-RossIni). 


I. 741 — LUuETTGE W., Christ- 
entum und Buddhisnus. Eine Studie 
zur Getstes Kultur des Ostens und 
des Westens, IV + 50, Gottingen, 
Vandenhoet und Ruprecht 1916. 


— Rec.: ThALB, 1918, 145 segg. 
(OLDENBERG). 
I. 742 — SpEeEkR R. E.,, Points 


of Contact with Christianity in 
the Heresies of Stamese Buddhism. 
PzThR, 1916, 62-71. 


I. 743 — SMITH A. D. HH, 
Buddhism and Chvristianity. BE, 
1916, 86-90. 


I. 743a — HOPFNER G., Fyli- 
sung tin Buddhismus und Christen- 
tum. PrM, 1916, 225-238, 205-278. 


I. 744 — Kern H, Fene in- 
dische wedergade van de legende 
der heilige Lucia. G, 1917, 534-540. 


I. 745 — Ammannx T, Bud- 
dhismus und Christentum in Japan. 
EMM, Igzo0, 265-209. 


I. 746 — Haas H., Mark. NII, 
41 ff. und Kalpanamandinikà (LV) 
22. Leipziger Universitàtspro- 
gramm, 80, Leipzig, Edelmann. 
1921. 


I. 747 — SmitHu F. H, 7le 
Sutta and the (ospel. An Inqiiry 
into the Relationship betiveen the 
Accounts of the supernatural Biyths 
of Buddha and Christ. ChQuRev, 
192I, 92. 


I. 748 — Gorpon E. A, 
Asian Chyristology and the Maha- 
vana. A Reprint of the Century-old 
Indian Church History by THOMAS 
Yeates, and the Further Investi- 
gatton of the Religion of the Orient 
as influenced by the Apostle of the 
Hindus and Chinese. XIII -}- 334, 
Torvo, Maruzen 1921. 


I. 749 — CLEMEN C., Christliche 
Finflitsse auf den chinesischen und 
Japanischen Buddhismus. OZ, 9, 
1922, 185-200. 


I. 750 — AUFHAUSER ]. B, 
Christentum und Buddhismus in 
Ringen um Fernasten. NII + 401, 
Bonn, Schroeder 1922. 


I. 751 CARPENTER |]. EstLIN, 
Buddhism and Christianity: a Con- 
trast and a Parallel. pp. 310, 
London, Hodder and Stoughton 
1423. 


I. 752 — GirixbRoNNFAU P., 


— 157 — 


BALLINI - INDIA. IL 752-758 


Una ricchissima bibliografia su le pretese relazioni fra il Bud- 
dhismo e il Cristianesimo ha pubblicato lo Haas (I 753). 

7.VARIA. — K. J. Saunders (I 754) mostra, con dati pure della 
propria esperienza, quali profonde radici abbia il Dhamma buddhisti- 
co là ove è ancora seguito, come «tradizione del passato, come costu- 
me del presente, come ideale di vita buona ». L’opera, scritta da un 
caldo propagandista cristiano, mostra tutto il dovuto rispetto alla 
dottrina dell’Illuminato e si fonda su elementi reali. 

Il Griinwedel (I 755) offre «una minuta, precisa, esauriente 
descrizione dei luoghi di culto — templi e grotte che il Buddhi- 
smo ha fatto sorgere» nel Turfan, luoghi da lui visitati durante 
la Kgl. Preuss. Turfan-Expedition, di cui appunto egli ha fatto 
parte (1904-1905). 

Il Formichi (I 756) esamina la preghicra nel Buddhismo pri- 
mitivo, la quale all'antica implorazione vedica di grazie e di fa- 
vori dalla Divinità, sostituisce l'intensa meditazione tutta rivolta 
a ricordare i doveri morali che il Buddhista deve mettere in pra- 
tica in ogni istante della sua vita. Il F. porta come esempio di 
essa il contenuto del Siga/ovadasuttanta, nel quale si ha la confuta- 
zione da parte del Buddha delle preghiere che costituiscono gli 
inni 26 e 27 dello Atharvaveda; l’Anguttaranikaya III, 03, 6, 
«esercizio spirituale del Buddhista, inteso a colmare l’anima 
propria di amore per tutti gli esseri e a projettare tale sentimento 
d'amicizia in tutte le direzioni, verso l’est e l’ovest il nord e 
il sud»; le varie farittà (cfr. Milindapaîtiha) ccc. Continua poi ac- 
cennando che se nello Hinayvana la preghiera vive una vita tisica 
e stentata, larga manifestazione ha nel Mahavana. Cita alcune 
strofe della Bhadracarà di Samantabhadra (I sec. d. C.) e del 
Bodhicaryavatara di Cantideva (VII sec. d. C.; v. I 430, 437). 

Altri argomenti varî di Buddhismo sono stati trattati (I 757-770). 


De l’influence du Bouddhisme sur New York, Macmillan a. Co. 1923. 


la figuration des enfers médioévaux. «;/— Rec.: JRAS, 1925, 132 (CL A. F. 
pp. 39. Nîmes. RHyvs DaviDbs). 

I. 753 — Haas H., Bibliogra- I. 755 GRUENWEDEL À., A/t- 
phie Zur Frage nach den IWech- buddhistische Kultuystdtten in chi- 
selbeziehungen zwischen Buddhis-  nesich - Turkestan, Berlìn, Rei- 


mus und Christentum. ZMR, 11-12, Mer I9I2. — Rec.: GSAI, NXIX, 
Hett, 1921, e separato, Leipzig, 1919-20 (1921), 184-185 (L. SUALI). 
Hinrichs, 1921. I. 756 — Formicui C., La pre- 


I. 754 — SaunpeERrS KENNETH ghiera nel Buddhismo, Bil. II, 1924, 


J., Buddhism and Buddhists in 14° 
Southern Asia. pp. N + 75, I. 757-758 — CARPENTER J. E., 


— 198 -- 


NI. BUDDHISMO - XII, 


INDU!ISMO. 


t. 758-773 


XII. Induismo. —. ]. C. Chatterji (I 771), direttore del 
« Research Department in the State of Kashmir », esposte le origini 
del Civaismo del Kagmir, ne illustra i castra (1rika) e le dottrine, 
studiando anche gli stretti rapporti che esistono tra il Trika e il 
(Catvasiddhanta dell'India meridionale. 

In due grandi volumi, Gopinatha Rao (1 772) tratta, dopo 
un'introduzione sulle varie scuole Givaite ed un capitolo sul culto 
di Rudra-Giva, delle varie immagini del dio, con esposizioni teolo- 
giche. Termina con un capitolo sulle leggende. Il lavoro è impor- 
tante per ogni studioso d'arte e del mito. 

Il Sen (I 773) narra la vita dei poeti del suo paese, vissuti nel 


An Ancient Buddhist Universitv. 
H]J, 1915, 175-189. 
I. 759 — Ruvs Davins C. A. 


F., Buddhist Music. ERE, 1917, 
14 SS. 


I. 760 — SaunpERrs «€ K. ].,, 
Buddhism in the Modern World. 
83 pp., London, SPCK, 1922. — 


Rec.: IRM, 12, 10923, 290-202 
(PURSER). 

I. 761 — GiaskenaPP H. v,, 
Neubuddhistiche Literature, NO, 
10920, 7, 130. 

I. 762 — Boun \\,, Der Bud- 


dhismus in den Landern des W'es- 
tens. 56. Leipzig, Altmann 1921. 


I. 763 — Hrxvkrs H., Ner 
Buddhismus und seine veligicise 
Bedeutung fiir unsere Zeit. 53, 
Aachen, Xaverius-Verlag 1921. 


I. 764 — MeaDnE G. M., Bud- 
dhism in Europe. London, 1921. 


I. 765 — MaUutunNER l°., Der 
letzte Tod des Gautama Buddha. 
VII + 171. Munchen, G. Miller, 
1021. 


I. 766 — Koprers PD. W,, 
Kultur Kreislehre und Buddhismis. 
Anthr, 1922, 442-458. 


I. 767 — ZixcLer L., Der 
ewige Buddho. Ein Tempelschrift- 


werh in 4 Unterweisungen. pp., 433 
Darmstadt, Reichl 1922. 


I. 768 — Hriuer F., Die bud- 


dhistische Versenkung. 2. Aut, 
VIII + 100. Munchen, Rein- 
hardt, 1922. 


I. 769-770 — Aus den Auijzeich- 
mungen eines deutschen Buddhisten, 


pp. 25, Miinchen - Neubiberg, 
Schloss 1923. 
I. 77101 — CnattERII J. C., 


Kashmir Shaivism: being a brief 
introduction to the history, litera- 
ture, and doctrines of the Advaitu 
Shaiva philosophy of Kashmir, 
specifically called the Trika Sv- 
stem. Fasciculus I. The Reseach 
Department, Kashmir State, Sri- 
nagar, 1914. (= Theo Kash- 
mir Series ot Texts and Studies, 
vol. Il). — Rec.: JRAS, 1915, 
175-177 (LD. BaRNETT). (GBP). 


I. 772 — GorinatHa Rao T. A. 
M. A., Elements of Hindu icono- 


graphv. Vol. II, parts I e II, 
Madras 19160. — Rec.: JRAS, 
1917, 412-414 (1.D. BARNETI). 
(VA). 

I. 773 — SEN RAI SAHIL 


DINESH CHANDRA, Ze Vaishnava 
Literature ot Medieval. Bengal, 
NXANIE -: 217, Universitve ol 
Calcutta, 1917. — Rec.: JRAS, 
1923, 134-130 (H. W.-B) (ZL). 


— 159 — 


BALLINI - INDIA. I. 774-780 


i I — —_—cr- 


sec. XVI e nel sec. XVII. Parla delle quattro sette Vaisnava, quelle 
di Maddhi, Sanaka, Rudra e Cri, devote tutte all’incarnazione di 
Dio, personificata in Krsna, e discute, alla fine del volume, sulle 
possibilità di personificare il Krsna dei Vaisnava con Cristo. 

Lo stesso (I 774-775) dedica studi speciali al grande Caitanva 
e ai suoi compagni, intorno ai quali, specialmente, verte tutta la 
letteratura Vaisnava. 

Su Caitanya scrivono pure il Charpentier (I 776) e il v. 
Glasenapp (I 777). 

Il Macdonell (I 778), a proposito della rappresentazione degli dèi 
con quattro braccia, sostiene: 1° che essa cominciò nel periodo 
50-100 d. C.; 2° che tale innovazione è dovuta al desiderio di dare agli 
dèi possibilità di portare i varî simboli senza i quali gli stessi non 
sarebbero bene identificati, se «represented by themselves apart 
from the adjunct of a Vahana ». Il Venkateswara (I 779) espone 
alcune considerazioni contro le conclusioni del Macdone!l, affermando 
che, rifiutando egli l’interpretazione che le molte braccia degli dèi 
simbolizzino forza sovrumana di potere divino, lascia campo colla 
sua nuova teoria a maggiori difficoltà senza portare nuova luce allo 
astruso simbolismo dell’iconografia Indiana. 

Il Macdonell (I 780) risponde alle critiche del Venkateswara, 
venendo alle seguenti conclusioni: 19° nel primissimo periodo Vedico 
gli dèi non erano ancora iconograficamente rappresentati; 2° im- 
magini di dèi incominciarono a farsi nell’ultimissimo periodo Vedico 
(circa il IV sec. a. C.); 3° dalla metà circa del 1° sec. d. C. gli dèi, 
nelle monete indiane, son rappresentati con quattro braccia; 4° dal 
600 d. C. il numero delle braccia in certe divinità crebbe a sei e ad 
otto e nell’8° sec. a sedici; 59 nel primissimo periodo dell’iconografia 
Indù fu aggiunto un paio di braccia per portare simboli per indivi- 
dualizzare i vari dèi. 


I. 774 — SEN DINESH CANDRA, 
Chaitanya and his compantons. 
University of Calcutta, 1917, 
NAXII-309, 2 tav. colorate. — 
Rec.: JRAS, 1923. 134-136. H. 
Wi. B.. 


I. 775 — SEN DixESsH CANDRA, 
Chaittanva and his age, Calcutta 
1922, NNVIILI +— 417. (LM), 


I. 776 — CHARPENTIER ]., Chat- 
tanya, an Indian St. Francis. H] 
NIX, 1021, 0060-0678. 


I. 777 — GrasknarP H. von, 
Cattanya der bengalische Heiland. 
Voss. Zeit. 1921, IV 384 Morge- 
nausg. 


I. 778 — MAacDoNELL A. A,, 
JRAS, 1916, 125-130. (MA). 


I. 779 — VENKATESWARA S. V., 
Miscell. Comm., JRAS, 1917, 587- 
592. (MA). 


I. 780 — MACDONELL A. A,, 
Miscell. Comm., ]RAS, 1917, 592- 
002. (MA). 


XII. INDUISMO. I. 781-786 


——————— ——— ———+———+—+—+—+—+»»+- €— ——__—m——_—_ 


Il Grierson (I 781) dice brevemente della (Civanaravani, una 
piccola setta monoteista diffusa principalmente nei distretti di 
Balia e Ghazipur. Fu fondata da Swami Giva Narayan Singh in 
Samvat 1791. Il Wilson nel suo « The religious sects of the Hindus » 
ne aveva trattato abbastanza esaurientemente. 

H. C. Ravchandhuri (I 782) ha raccolto dalla letteratura più 
antica informazioni e notizie, per illuminare la vita di Krsna e lo 
sviluppo del Bhagavatismo. Vagliate le varie teorie finora proposte, 
egli esclude che Krsna Vasudeva sia stata una divinità solare o un 
dio di tribù, o della vegetazione; lo considera invece come una per- 
sona, il capo Vrsni, ch'egli crede poi poter identificare con Krsna 
Devakiputra, di cui sì parla nella Chandogya Upanisad. 

Il Grierson (I 783) pubblica il testo, la traduzione inglese e il 
vocabolario dei Lalla-vakvani,.i discorsi di Lal Dèd, la mistica civaita 
che visse nel Kacmir alla fine del XIV secolo; studia in appendice 
la lingua e la metrica della raccolta; il Barnett commenta dal punto 
di vista filosofico. 

Il v. Glasenapp (I 784) si propone di presentare le condizioni 
sociali e religiose, che insieme compongono quel fenomeno eterogeneo 
che, per mancanza di un termine migliore, si chiama «Induismo ». 
Dopo aver discusso dell'India e degli Indiani, della natura e dello 
sviluppo dell'Induismo, egli tratta del pensiero religioso (esseri ani- 
mati ed inanimati, spiriti e dèi, ecc.), della letteratura religiosa, 
dei concetti morali e dei sistemi filosofici, della vita sociale, delle 
sètte, e dell'influenza occidentale. 

. S. d'Oldemburg (I 785) si trova d'accordo con E. Colton Spooner 
(I 786) circa la misteriosa figura di Vajrapani considerato come 

I. 781 — GRIERSON G. A., 1920, 657 (Barevy); BSL, XXII, 
Miscell. Comm., J]RAS, 1918, 114- 1921, 203-204 (J. BLocH). (GBP), 
Me I. 784 — GLASENAPP Het- 

I. 782 — RAYCHANDHURY Hem MUTH VON, Der Hinduism,; Religion 


CHANDRA, Materials for the Study und Gesellschaft im heutigen In- 
of the Early History of the Vaish-  dien. NVI + 505. 43 tavole, 
nava Sect. 8.vo, pp. 146. Univer- Minchen: Kust Wolff Verlag. 1921, 


sitv of Calcutta, 1920. — Rec.: — Rec.: ZMR, 38, 1922, 125-128 
JRAS, 1923, 140-141 (F.. E. Par-- (Haas);  INLZ, 48, 1922, 100 
GITER.). (LM). (Orto); JRAS, 1923, 437 (LD. 


BARNETT). (£LM). 

I. 783 — Lalla-vakyani, or the 
wise sayings of LaL DED, edited by 
SIR GEORGE GRIERSON and LIONEL 


I. 785 — OLDEMBURG SERGE D', 
Miscellaneous Comm., JRAS, 1917, 


D. BARNETT. London, Asiatic So- 1397131. 
ciety Monographs, XVII, 1920, I. 786 — SPooNER E. COLTON, 
in-8, VIII+225. — Rec.: JRAS, ravashi of Gatauma. JRAS, 1910. 


— 161 — 


Aevum - Anno I - 11 


BALLINI - INDIA. 


I. 787-805 


angelo custode, il nome del quale deriva dalla spada (vajra) che 
tiene in mano. Il d'Oldemburg non è alieno dall’ammettere nella 
concezione del Vajrapaàni influenze iraniche. 


Numerosi altri scritti trattano di Induismo e di 


(I 787-850). 


I. 787 — Elmore W. ]J., 
Dravidian Gods in Modern Hin- 
duism, Hamilton, New York, 


I9I5. 


I. 788 — FARQUHAR J]J. N, 
Modern Religious Movements in 
India. XV, 471, New York, Mac- 
millan 1915. 


I. 789 — BissanT À., Hinduism, 
Universal Text-Book of Religion 
and Moyals III, 1. Advar, Ma- 
dras, Theosoph. Soc., 1915. 


I. 790 — Howetts G., The 
Soul of India: an Introduction to 
the Studv of Hinduism in its Hi- 
storical Setting and Development, 
and in its Internal and Historical 
Relations to Christianitv. pp. 642, 
London, Kingsgate Press 1915. 


I. 791 — ScHMIDT M., Das Chri- 
stentum, die Erftllung des Hindu- 
ismus. ZMR, 1915, 193-195. 


I. 792 — ZiMMERMANN |, 
The God  Juggernaut and Hin- 
duism in India. New York, Revell 
Co. 1915. 


I. 793 — Rep ELIZABETH AÀ,, 
Hinduism tn Europe and America. 


London, Putnam'’s Sons 1915. — 
Rec.: Ath, 1015, IL 374. 
I. 794 — KErRx H., Over de 


cermoedelijfen oorsprong der N a- 
gaiereerine. BTLVNI, 1916, 395- 
348. 


I. 795 — Crookxe W., Zudian 
Serpent-W'orship. ERE, 1920, 411- 
419. 


Tantrismo 

I. 796 — -VoceL ]J. P. L,, 

Serpent-worship in Ancient and 

Modern India. Act. O, 1923, 
279-312. 

I. 797 — NMAITRA HAREkn- 

DRANATH, Zinduism: the W'orld- 


Ideal, London, Cecil Palmer 1916. 


I. 798 — Foy W,, Ueber das 
indische Yoni-Symbol. FK. 423- 
428. 


I. 799 — CALAND W. e A. A. 
FoKkKER, Drie onde Portugeesche 
verhandelingen over het Hindo- 
eisme. VAW., 1915, afld. Lett., IV, 
R. 16. 1. — Rec.: Mm, 1910, 
89-91 (KERN). 


I. 800 — ]JoHansson K. F., 
Ueber die altindische Gòttin Dhisa- 
na u. Verwandtes. Beitrage zum 
Fruchtbarkeitsthkultus in  Indien. 
Skrif. IK. Human. VetensFaps- 
Samfuncdet, 20, 1, Upsala, 1917. 


I. 801 — FEuimore W. T., Dra- 
vidian Gods in Modern Hinduism. 
RHR, 1917. 


I. 802 — SHASTRI ANANDA- 
VARDHAN, ‘as veligiòse Moment 
in der indischen Nationalbew'egung, 
NO, I, 1917, 156-159. 


I. 803 — GLASENAPP H. vox, 
Eine hinduistische Theologie(Madl- 
va's System des Hinduismus), 
NO, IIT, 1917, 235-237. 


I. 804 — GLASENAPP H. vos, 
Fine indischer Gòtterhvmnus (Ma- 
divas auf Vishnu), NO, IT, 1916, 
311-312. 


I. 8305 — GlrasExaApPP H. voxn, 


— 162 — 


XII. INDUISMO. 


I. 805- 830 


L’Avalon pubblica e traduce, pur con la collaborazione di altri 
studiosi, testi di contenuto Tantrico (I 851). 


Die Sikhs, ihr StaatundihrGlauben. - 


NO, IV, 1918, 403-407. 


I. 806 — COOMARASWAMY A. 
The Dance of Siva (= Fourteen 
Indian Essavs). With Introductory 
Pretace bv R. RoLLanD. London, 
Luzac 1918 e 1924. 


I. 807 — MacxicoL N., Trans- 


migration and Karma and theiy 
Influences on a Living Hinduism. 
The Expositor, 1918, 291-301. 


I. 808 — GLASENAPP H. vox, 
Die Religionen im taglichen Leben 
der Hindus. NO, TV, 1918, 486-480. 


I. 809 — MacpboxNELL A. AÀ., 
Ramaism. ERE, 1918, 500 segg. 


I. 810 — GLASENAPP H. von, 
Die Neubelebung der indischen Re- 
ligionen und ihre Propaganda. NO, 
IV, 1918, 232-235: 330-332. 


I. 811 — GtLasENnAPP H. von, 
Indischer Okkultismus. NO, VV, 


IQIO, 342-340. 


I. 812 — GLASENAPP H. vox, Der 
Hinduismus als soziales und veli- 
gilises Phanomen. DR, CLIXVIII, 
1919, 382-346. 


I. 813 — GLaAsENAPP H. von, 
Der Festkalender der Hindus. NO, 
V, 1919, 250-258. 


I. 814 — GLASENAPP H. vox, 
Leib und Seele des Mdnchen nach 
der Vorstellung der Hindus. NO, 
V, 1919, 200-202. 


I. 815 — SALMONY 
tanzende Shiva. 
I, 1919. 


I. 816 — ScHomEertus H. \W,, 
Das heilige Wecken. Ein  Mor- 
genlied indischer Sonnenanigane 
den Gott Siva begriissen. NO, V, 
1919, 198-200. 


A., Der 
Das RKunstblatt, 


I. 817 — GLasENAPP H. von, 
Brahmanen und Fakire. NO, 6, 
1919, 150-160. 


I. 818 — CARPENTER G. ESTLIN, 
Theism in Medieval India (=The 
Hibbert Lectures, 1919), London 
1921. 


I. 819 — Kincain C.A., Tales of 
the Saints of Pandharpur. 120, Lon- 
don, Luzac 1919. — Rec.: JRAS, 
1921, I31 (BEVERIDGE). 


I. 820 —_ Kriec E., Vivekha- 
nanda Swami. Un prophète mo- 
derne de ’ Hindouisme., Biblio- 
thèque Universelle, 89-96, 1920. 


I. 821 — MoniER-WiILLIAMS M., 
Hinduism (= Non-Christian Relig. 
Systems). 230, London, Soc. for 
Prom. Knowledge 1920. 


I. 822 — GLASENAPP H. vos, 
Der Dichter Harivans und die 
Sekte der Radhavallabhis. NO, 7, 
1920, 84. 


I. 823 — GrLASENAPP H. von, . 
Dadi und die Dadupanthiîs. NO, 
7, 1920, 171. 

I. 824 -- FrazER R. MV. Sat- 
vism. ERE, 1920, 91-90. 


I. 825-826 — AIrvaNnGaRr I, 
Early History of Vaitshnavism in 
South India. 1920, 112. 


I. 827 — AB5ÒoTTt ]. E., Maloba, 
the Maratha Saint. JAOS, t1020. 

I. 828 — \WooDRoFFE ]|,, 
Shakti:the World as Power (Quest.), 
1920. 

I. 829 — (\WiINTERNITZ_ M., 
Kysna-Dramen. ZDMG, 1920, 118- 
144. 

I. 830 — ZoxDERVAN P., De 
imythische geboorte van Krishna en 


se '{08= 


BALLINI - INDIA. 


I. 830-851 


Di Tantrismo si occupano pure il Winternitz (I 852), G. W. 
Gilmore (I 853), A. S. Geden (I 854). 


onze Kerstverhalen. NThT, 
210-237. 


1920, 


I.831 — KEITH BERRIEDALE AÀ,, 
Trimitrti. ERE, 1921, 457-8. 


I. 832 — WESTERN F. ]J,, 
Hindu and Christian Sadhuism. 
IRM,.192I, 525-541. 


I. 833 — CRookE W., Vaisna- 
vism. ERE, 1921, 570-572. 


I. 834 — ELIOT SIR CH., Hindu- 
ism and Budahism: ‘An Historical 
Sketch. 3 voll., pp. V + 345, II + 
322, IV + 513, London, Arnold, 
1921. — Rec.: JRAS, 1922, 442- 
446 (R. C. TEMPLE); IRM, 1923, 
12, 287-289 (SAUNDERS). 


I. 835 — BaRNnETT L. D., Hindu 
Gods and Heroes (=Wisdom ot 
the East Series). London 1922. 


I. 836 — MITRA SARAT CHAN- 
DRA. 1° The second account of the 
worship of goddess Antheswcari. 
2° On the cult of the Rain-God in 
Northern Bengal, ]ASB, XIII, 1022. 


I. 837 — GLASENAPP H. von, 
Madhvas Philosophie des Visnu- 
Glaubens. pp. X + 66+ 119, Bonn, 
Schròder 1923. 


I. 838 — MCICENZIE ]J., The 
Religious Quest of India: Hindu 
Ethics pp. 271, London, Milford 
1923. — Rec.: NThT, 12, 1923, 
3c6 (STRAUSS). 


I. 839 — SAUTER J. A., Unter 
Brahminenund Parias. Neue Folge. 
pp. 273, Leipzig, Kohler 1923. 


IT. 840 — Otto R., Vishnu Na- 
ravana. Jena 1917. 

V. pure: 

OTTO R., Siddhanta des Rama- 
nuja. Jena 1017. 


I. 841 — CALAND W., Ttvee 
oude frausche verhandelingen over 
het Hindoeisme. VAW, Afd Lett. 
NR, 23, 1923, 3, 1-195. 


I. 842 — CHETTY D. G., New 
list upon Indian Philosophy or 
Swedenborg and Saiva Siddhanta. 
XXXVI + 218. New York, Dut- 
ton 1923. 


I. 843 — GRIERSON G. A,, 
Indra and Durgà. Modern Hindo- 
stan. Z Ind. 2, 1923, 133-139. 


I. 844 — Rao GoriNaTHA T.A., 
Sir SUBRAHMANYA AYVAR, Lec- 
tures on the History of Sri Vai- 
snavas. Madras, Governm. Press 
1923. 


I. 845 — BANERJI R. D., The 
Temple of Siva at Bhumara. Ar- 
chaeological Survey of India, 
1924. 


I. 846 — VALENTINO H., L'hi- 
stotre merveilleuse de Krishna. 
XXVIII + 243. Paris, Perin, 1923. 
— Rec.: RC, 58, 1924 (LACOTE). 


I. 847 — SCHMIDT ]., Die in- 
dische Witwenverbrennung. Fug- 
getlen Szemle, I, 1922, 432-441. 


I.848 —IYvER VENKATALLAM V.,, 
The Adventures of the God of Ma- 
dura. IA, XLIX, 160, 161. 


I. 849 — GLASENAPP H. von, 
Die (Geheimlehre des Pancaratra. 
NO, IX, 61-03. 


I. 850 — GLASENAPP H. von, 
Namdev, ein marathischer Sanger 
der (sottesliebe. NO, 7, 35. 


I. 851 — AVALON A,, Tantrik 
Texts, London, Luzac, 1915-1919. 
— Rec. ThLZ, 1915, 457 (OLDEN- 


cia 


XII. INDUISMO - XIII. PERIODO ZOROASTRIANO. PARSISMO. I. 851-856 


[XIII. «Periodo zoroastriano della storia dell’India ». 
Parsismo. — Gli scavi iniziati dal Col. Waddell e proseguiti da D. 
B. Spooner a Kumrahar, un villaggio nei dintorni di Patna (Patali- 
putra) hanno messo in luce una reggia costruita sul piano di quella 
di Persepoli; lo Spooner (I 855) spiega ciò, raccogliendo le prove 
dell'origine persiana della dinastia dei Maurya, e di un periodo 
zoroastriano nella storia dell’India. 

Il Keith (I 855a) combatte con varî argomenti tale tcoria dello 
Spooner. 

Il Thomas (I 855b) pure non si mostra soddisfatto della dimo- 
strazione dello Spooner a sostegno della teoria che sia esistito un 
periodo Zoroastriano nella storia Indiana; tuttavia ammette il 
coraggioso sforzo di risolvere un importante problema, e la proba- 
bilità di un'influenza Zoroastriana, specialmente nell’iconografia e 
nell'arte del periodo del Gandhàra. Si occupa particolarmente della 
ipotesi riguardanti Asura Maya, Monte Meru, e Karsa. 

S. K. Hodivala (I 856) raccoglie tutte le notizie storiche, 
letterarie, epigrafiche e numismatiche che hanno attinenza coi 
rapporti fra la Persia e l'India dai più antichi tempi sino al XVI sec. 
d. C. L’Autore discute la teoria dello Spooner sul « Periodo Zoroa- 
striano nella Storia Indiana » ch'egli ritiene assai attraente, ma non 
rispondente ai dati storici. 

M. P. Kharegat, continuando la collezione degli scritti sanscriti 
dei Parsi, iniziata da E. Sh. D. Barucha, morto nel 1915, pubblica 
l'Ardha-Guira, quinta delle sette parti, di cui le principali quattro 
prima pubblicate sono le versioni sanscrite del Kkorda-Avesta- 
Arthah, Ijisnî, parte del Yasna Mainyo-i-khord e Skanda-Gumani- 
Gujara. Le rimanenti sono opere minori, fra le quali sono compresi 
un trattato di astronomia e i glossari del Pazend e dell'Avesta. Tutto 


— Osservazioni di V. A. SMITH, 
ibid., 800-802. (GBP). 


BERG); Mm 1920, 148-151 (Bors- 
SERVAIN). 

I. 852 — WINTERNITZ M., Die 
l'antras und die Religion der Saktas. 
OZ, 1915, 153, 163. 

I. 853 — GiLMorE G. \,, 
Tantrism, the Newest Hinduism. 
AJTh, 23, 1919, 440-457. 

I. 854 — GEDENA. S., Tantras. 
ERE, 1921, 192-193. 


I. 855a — KEITH A. BERRIE- 
DALE, Zhe Zoroastrian Period of 
Indian History. ]RAS, 1010, 138- 
143. (DM). | 


I. 855b — Dr. Spooner, Asura 
Maya, Mount Meru, and Karsa. 
JRAS, 1916, 302-366. (LM). 


I. 856 — HODIVALA SHAPURJI 


[I. 855 — SPOONER D. B., The 
Zoroastrian Period of Indian Hi- 
story. JRAS 1915, 63-89 e 405-455. 


KavasJi, The Parsis of Ancient 
India. VI + 152, 1 tavola, Dorab 
SaFlatwalla Memorial Series N. 11, 


DIRE (1 ge 


I. 856-864 


BALLINI - INDIA. 


ciò costituisce un tipo di letteratura ben noto anche in altre re- 
ligioni: la narrazione cioè delle visioni del gran Sacerdote Viraf, 
nelle quali si rivelano i destini dei buoni e dei peccatori nell'altro 
mondo. Il Karcghat, nel darci anche nna vecchia versione gujarati, 
offre uno schema dell'antica grammatica del dial. Gujarati. Sono 
uniti altresì quattro fac-simili fotografici del testo. ed una tavola 
degli alfabeti Pazend antico e Nagari (I 8502). 

Jivanji Jamshedji Modi (I 857) pubblica le comunicazioni 
fatte alla ‘‘ Bombav Branch della R. A. S.,, particolarmente su argo- 
menti relativi ai Parsi e al Zoroastrismo. 

Il Mills (I 858) dà e commenta l'equivalente letterale indiano 
di Yasna XXXII, 1-8 e di XLIII, 1-16 (I 859-862)]. 


XIV. Epica e Purana. 1. MAHABHARATA E RAMAYANA. 
— L'episodio di Nala e Damayanti è tradotto e commentato da 
Svlvain Lévi (I 863) nel T. I. della collezione « Les classiques d'Ortent ». 
Le incisioni in legno sono opera di Andrée Karpelòès. 

P. Dumont (I 864) pure traduce sull’edizione dell’Eggeling (I- 
dinburgo 1913) il Nala mahabharatiano. In una breve introduzione 
egli parla del massimo poema epico dell'India, accennando alla 
varietà del suo contenuto, ai grandi suoi pregi di poesia e di pensiero, 
all'aspetto derivatogli dal rimaneggiamento dovuto alle caste sa- 
cerdotali, all'influenza delle varie sette: elementi tutti che — parti- 
colarmente data l'eguaglianza quasi costante dello stile epico in 


I. 859-862 — Mitis LAWRENCE, 
Yasna XLIII, 1-6, în its Sanskrit 
Forms, JRAS, 1017, 542-543: 
LATIT, 7-10. JRAS, 1917, 754 
-751. (GBP)]. 


I. 863 — La lésende de Nala et 
Damavanti, traduite du Sanskrit 
avec introduction, notes, et vocabu- 
laire, par SyLvain LEvi. T. I. de 
la coll. « Le Classique d’Orient ». 


Bombay, 1920. — Rec.: JRAS, 
1923, 14I (J. ALLAN). (L.V). 


I. 856a — Arda-Guira, (Part, 
of  Collected Sanscrit Writings 
of the Parsis edited bv ERvaRD 
SHERIARJI DADABHAI BHARUCHA). 
pp. 100, Bombay, publ. by The 
Trustees of the Parsee Punchayet 
Funds and Properties, 1920. — 
Rec.: JRAS, 1923, 120-121 (E. J. 


THOMAS). 


1.857 — MODI JIVANJI JAMSHEDI 
B. A. C. I. E., Astatic Papers Part 


II. The Times Press, Bombay, 
1017. — Rec. JRAS, 1918, 630. 
(VA) V.I 1448. 

I. 858 — MiLis LAWRENCE, 


Yasna NXNNXTII, 1-8, în its indian 
equivalent. JRAS 1915, 205-211. 


Collection publiée sous le patro- 
nage de l’Association Frangaise 
des Amis de l’Orient et la direction 
de Victor Goloubew. Paris, Bos- 
sard. — Rec.: JA, 1922, 114 
(G. FERRAND). (ZC). 


I. 864 — Histoire de Nala. 
Conte indien. Episode du Maha- 
bharata. Traduction nouvelle par 


- 106 - 


XIIT. PER. ZOROASTR. PARSISMO - NIV. EPICA E PURANA. 


ai al 


I. 864-871 


ogni sua parte — rendono assai difficile e complessa la questione 
della genesi e della composizione del poema stesso. Accenna ai ter- 
mini di età più probabili: 400 a. C. (a quo), 400 d. C. (ad quem). Con- 
sidera particolarmente la storia di Nala, la sua alta antichità origi- 
nale, la soavità e la popolarità della leggenda, di cui da un brevissimo 
sunto; descrive il giuoco dei dadi nell'India antica, secondo i resul- 
tati delle indagini del Liiders (I 8065); tratta dei personaggi del 
poemetto e dei luoghi ove si svolge l'azione. Il Dumont ricorda final- 
mente le precedenti traduzioni tedesche, inglesi, le francesi del 
l'auche e di S. Lévi; non accenna invece a quella eccellente in ita- 
liano in ottava rima di Michele Kerbaker (I 866). 

Il Caland (I 867) pubblica testo e versione, con brevi illustra- 
zioni, degli episodi del Mbh.: Savitri e Nala e Damavanti; il Vogel, 
la versione della Savitri (I 868). 

U. Vidyabhushana (I 869) ha raccolto racconti in prosa e in 
poesia da poemi epici e da altre narrazioni, con commenti inglesi 
e sanscriti. 

Del prezioso indice dei nomi del MbA. curato dal Sorensen sono 
usciti nuovi fascicoli (I 870). 

Un importantissimo studio sul Mb. è costituito da una delle 
ultime pubblicazioni dell'Oldenberg (I 871). 


P. E. Dumont. Bruxelles, M. La- 
mertin Editeur 1923, pp. 109 } 4. 


I. 865 — LUEDERS HEINRICH, 
Das W'urfelspiel 1m alten Indirn 


ACWG,  phil.-hist. KI. Bd. IX, 
n. 2, 1907. V._ RSO, I 1900-7, 
571. 

I. 866 — Storia di Nalo: epi- 


sodio del Mahabharata, tradotto in 
ottava rima da M. K., Torino, 
Loescher, 1878, 10°, pp. 221 — 
Nalo e Damaianti. Racconto clas- 
sico indiano del Mahabharata. Vers. 
. del sanscrito in 
M. K., 2 ed., Torino, Loescher, 
1834, pp. 221. 


I. 867 — CaLann W., Sarvitri 
und Nala. Zwei Ipisoden aus 
dem Mahaàbharata. Text mit Kur- 
zen erklarenden Noten und Glossar. 
pp. 105, Utrecht, OosthoeF 1918. 


I. 868 — Voce1. |] PH. Sawt- 


ottava rima di 


trì Indische Spiche uit het Sans- 
Rrit. Amsterdam, Scheltema und 
IlolFema 1918. 


I. 869 —  VIDYARHUSHANA 
UPENDRANATH, Akivana-Sambhita, 
or Legends of India. IMustrating 
samples of ancient arts and science 
of India in her palmiest davs. 
VIII 4 109, Calcutta, 1920. -— 
Rec.: JRAS, 1923, 435 (L.D. Bark 
NETT). (LM). 


I. 870 — SORENSEN S., Index 
to the names in the Mahabhharata, 
with short explanattons and a 
concordance to the Bombay and 
Calcutta edittons and P. C. Rovy's 
translation. Pt. N, 1920, NI, 1922, 
London. 


I. 871 — OLDENBERG H., Das 
Mahabharata. IV + 178, Gottin- 
gen, Vandenhoeck und Ruprecht 
1922. — Rec.: LZBI, 74, 1923, 
935-906 (HILLEBRANDT). 


1607 — 


BALLINI - INDIA. 


I. 872-883 


Altri scritti sul MdA. sono usciti per opera di J. M. Macfie (I 872), 
E. W. Hopkins (1873), T. K. Krishnacharya (1874), Temple (I 875), 
E. Bartoli (I 876), J. Charpentier (I 877), K. P. Jayaswal (I 878) 


K. Wulff (I 879). 


L’Iyer (I 880) cerca di sceverare, servendosi di un'accurata 
analisi e di confronti con un’antica versione telugu del MbA., i varî 
elementi originali e spurìî mescolati insieme nél Mbk. stesso. 

Per il valore nel MdA. della parola gana, vedi I 85. 


Pandit Ram Labhaya (I 881) 


inizia l'edizione della recen- 


sione nord-occidentale, la kagmirî (secondo il Lévi la più antica) 
del Ramayana. I primi tre fascicoli contengono circa 72 sarga del- 


l'Ayodhyakanda. 


Il Grierson (I 882) dà la traduzione di alcuni passi della sud- 


detta versione kagmiri del Ramayana 


(opera nel Kasmir molto 


diffusa) per cui Sità sarebbe la figlia di Mandadari moglie del Ra- 


ksasa Ravana. 


-  T. Michalski (I 883) pubblica « una fedele ed efficace traduzione 
del I sarga del Kiskindhyakanda ». Nell’introduzione il M. dà « estesa 


I. 872 — MAcKIE ]J. M., The 
Mahabharata, A Summary. Ma- 
dras. Christian Literature Society 
tor India 1921. — Rec. : IRM, 
II, 1922, 303-305 (URQUHART). 


I. 873 — Horkins E. W., 
Mahabharata. ERE, 1915, 325-327. 


I. 874 — KRISHNACHARYA T. R., 
A preface (sanskrit and english) 
of criman Mahabharatam. A de- 
scriptive contents of criman Mahda- 
bharatam. An alphabetical index of 
it. Bombav, 1914 ,pp. 44, 91, 255. 

I. 875 — TempLe R. C., The 


projected illustrated Mahabharata. 
IA, March 1923. 


I. 876 — Bartoli E. Saggio 
di esegesi del Mahabharata in Eco 
della Cultura, N. unico per M. 
Kerbaker, pp. 59-105, Napoli 1916. 


I. 877 — CHARPENTIER JARL, 
Die Namen der Pandu:den am 
Hofe des Virata. ZDMG, LXXII, 
1918, 224-220. 


I. 878 — JavaswaL K. P,, 


Republics in the Mahabhavata. 
JBORS, vol. I, p. II. 


I. 879 — Wutrr K., Den 
oldjavanske W'irataparwa og dens 
Sanskritoriginal. Bidragtil Maha- 
bharata Forskningen. pp. 269 Ko- 
penhagen, Wiene. — Rec.: Mm, 
1917, 77-79 (JUYNBOLL). 


1.880 — IvER V. VENKATACHEL- 
LAM. Notes of a Study of the 
Preliminary chapters of the Maha- 
bharata. 10 + 416 4 XV, Madras 
1922. — Rec.: JRAS, 1923. 427 
(L.D. BARNETT). (LM). 


I. 881 — The Ramayana of 
VALMIKI (North-Western  Recen- 
ston). Edited by Ram LABHAYA. 
Fasc. 1-3. pp 250, The Research 
Department DAV College, 1923. — 
Rec.: JRAS, 1925, 175 (LD. BaR- 
NETT). 

I. 882 — GRIERSON G. A, 
Sita's Parentage. J]RAS, 1921, 422- 
424. (MA). 

I. 883 — Ramavana. Tensk- 
nota Ramy przelad 2 sanskrytu, 


XIV. EPICA E PURANA. — I. 883-891 


notizia delle recensioni del Ram., degli studî critici intorno al poema, 
delle traduzioni e rifacimenti » e una breve esposizione del poema. Il 
volume sì chiude con la traduzione riveduta e corretta dell’episodio 
di Yajfiadatta dovuta a W. S. Majewski (1704-1835). 

Altri scritti sul Ramayana sono usciti per opera del Macdonell 
(I 8834), Kern (I 885), Juynboll (I 885a) Ronkel (I 886). 

Lo Hopkins ha pubblicato uno studio di mitologia epica (I 887). 

Per l’esistenza del II libro del Ramayana nella forma attuale 
al tempo di Acvaghosa, v. I 4806. 

2. Purana. — Sushil Kumar De (I 888) si occupa della scuola 
filosofica, rappresentata in poesia dalla parte alamkara dell’Agnipu- 
rana che, dipartendosi dai sistemi ortodossi, è poi seguita c svi- 
luppata da Bhoja nel suo Sarasvatikanthabharana. Stabilita la 
data dei capitoli alamkara verso il principio del IX sec., é fissato 
il periodo in cui visse Bhoja, in seguito a confronti e citazioni, fra 
il principio del XI e quello del XII secolo, l’A. mette a raffronto 
le due opere, e ne fa notare fondamentali rassomiglianze. 

S. Kramrisch (I 889) dà la traduzione di un capitolo del Visnu- 
dharmottara (continuazione del Visnupurana « enciclopedia didattica 
di arti e scienze »), che tratta della pittura. 

Il Pavolini (I 890), continuando la rassegna della opere di 
Demetrio Galanòs (GSAS, XXV, 1912, 299-304), esamina la sua ver- 
sione del Devimahatmva « il libro di testo degli adoratori della dea 
Kali, Candi o Durga nel Bengal», contenuto nel Markandeyapurana. 

Dello stesso poemetto Devimahatmva da E. Bartoti (I 897) 


Tu. MICHALSKIEGO. Warszawa, I. 887 — Horvkins E. W, 

1920, 56. — Rec.: GSAI, XXIX, pic Mythology. 277, Strassburg, 
1919-20 (1921) 189, (P. E. Pa- Iribner 1915. — Rec.: LZBI, 

VOLINI). 1917, 629 (J. B.); DLIZ, 1917, 
I° 884 —  MacpoveLL A. A., 479482 (\WINTERNITZ). 


Ramayana. ERE, 1918, 574-578. I. 888 — DE SusHIL KUMAR, 

I. 885— Kerx H., Zaug I-III The Agni Purana and Bhoia. 
van't oudjavaansche Ramayana in SASA RSA: 
vertaling. BTLVNI, 1917, 1-29; I. 889 — IKRAMRISCH STELLA, 
IV-V, ib., 1917, 155-177. The Vishnudharmottaram (Part II1) 

I. 885a — Juvxsott H. H Ad Treatise of Indian Painting. 
Vertalingvan SargaVIIvan het oud- L.290PR-CAlSota et 
i Lu J A Press 1924. — Rec.: JRAS, 1925, 
qavaansche Ramayana. BTLVNI, 188 (L.D. BARNETT) 
1922, 373-384. N da 

I. 886 — RoxkkL PA. S. van, o 890 Li Di da E. 
Aantecheningen op den ouden Ma- ei I CURO n° SD 
leischen Ramavana texts. BILVNI, SOS OTO VOS 
1019, 379-383. I. 891 — Bartoli E., Mberi- 


— 169 — 


BALLINI - INDIA. I. 891-902 


una traduzione dei canti V-X. Il B. tratta di esso in una breve in- 
troduzione; accenna alle correnti puraniche entrate nel Mahadha- 
rata e si sofferma sul dialogo, contenuto nel libro XII, fra un 
brahmano ingolfato negli studi del Veda, ed il figlio Jada, libro 
che ha sua fonte nel Markandeyapurana e che si è trasformato, 
dice il Bartoli, nel Md4., in un vero gioiello di poesia. Anche di questo, 
compreso in 40 cloka, ci dà la traduzione. 

Sono apparse traduzioni di parti di Puraua e di interi Purdna 
(I 892-895) e studi di Purana sui contributi da essi offerti alla storia 
(I 896), su particolari in alcuno di essi contenuti (I 897-898) e una 
breve trattazione descrittiva di essi (I 899). 

[S. Ferri, (I 900), col sussidio di alcuni testi puranici (Linga Pu- 
rana, Skanda P., Kurma P., Revakanda, Vamana P., Vagicvara 
Mahatunga, Civa P., ecc.) si propone di « interpretare, coordinare, 
unificare « le poche testimonianze superstiti intorno ai miti etiologici 
del culto fallico in Grecia »]. 


XV. Mabhakavya. — Sul Saundarinandakavya scrivono lo 
Hultzsch (I 901) e il Gawronski (I 902). (V. su questo poema 
I 466-468). 


mahatmyam. RIGI, I, 1917, fasc. I. 896 — KENNEDY ]J., Ze 

II., 101-108. (LR). Puranic histories of the earlv Arvas. 
I. 892 — RamasuBHa _R. S,, JRAS, 1915, pp. 507-510. 

A Study or True Translation in I. 897 — JAHN WILHELM, Die 


English of the Eleventh Shandha  Legende von Devadaruvana im Ci- 
in crimat Bhagavatani pp. IN va Purana. ZDMG, LXIX, 1915, 
+I+8- 315 + go + 4. Tri- 520-557; LXX, 1916, 301-320; 
vandrum, 1919. — Rec.: JRAS, LNNI, 1917, 168-208. 
1022-98 DAS I. 898 — DreussEn P., Teler 
I. 893 — ABkcc E,, Der Preta- das Devadaruvanam. ZDMG, 1917, 
Ralpa des Garuda Purana. Etne 119-120. 
Darstellung des hinduistischen To- È #00 —— ‘Paiitoì Bi E 


tenhultes und Jensettsglaubens. Ue- _ - 
Si & Puranas. ERE, 1918, 7-455 
bers., Einl., Anm., Indices. pp. 272, e 9 44/7450 


Berlin, Vereinig. wiss. \Verleger I. 900 — FERRI SILVIO, Lin- 

1921. — Rec.: OLZ, 1923, 31-32 ga - PAAANXOY. Coincidenze etio- 

(PRINTZ). logiche, RSO, VITI, 1919-20, 463- 
I. 894 — Brahma Vaivarta TR 

Purana in English. Transl. by I. 901 — HutizscH E., Zum 

RAJENDA NAaTH. SEN. IV, pp. -Ascaghlosha's Saundarananda. 

335, Allahabad 1922. ZDMG, LNNII, 1918, 111-114, 


3 145-153; LANIII, 1919, 222-232; 

I. 895 — Bork T., Die Pu IXXIV 1920, 293-295. 
ranas als Geschichtsquelle. \WZKNI, 
19015, 97-133. I. 902 — GAWRONSKI A,, 


Kill. = 


XIV. EPICA. E PI PURANA - NV. MAHAKAVYA, I. 902-907 


Sull’autenticita dell'VIII sarga del Kumarasambhava scrive 
M. C. Rai (I 903). 

Ida Vassalini (I 904) esamina le due interpretazioni date da 
Sitàràma e da Mallinatha allo gloka 6r dell'8° sarga del Kumara- 

sambhava ed appoggia, con un'osservazione d'indole psicologica ed 
cadi quella di Mallinatha, avvalorando così la conclusione cui 
era giunto il Ballini in RAL XIV, 1903, fasc. 12. 

Il Formichi (I 905) traduce e illustra il RRag/luvamgya. Nell'intro- 
duzione parla della conoscenza avutasi in Europa del poema, dell’op- 
portunità della nuova versione, della essenza di questo malakavva, al- 
ta opera del principe dei poeti dell'India. Accenna a ciò che debba 
intendersi per Brahmanesimo, del quale il ft. V. può dirsi il vero 
poema, e fa manifesti i concetti e la immagini che, prettamente 
brahmaniche, ricorrono nel RW. Di esso esamina le peculiarità di 
stile e di concetti, le figure retoriche, i bisticci e da ultimo accenna 
alla verata quaestio dell'età di Kalidasa, per la quale egli concorda 
con coloro che la assegnano al VI sec. d. C. 

Il Cappeller pubblica brani scelti del Cigupalavadlia (I 900). 

Il Thomas parla ampiamente della prima traduzione in una 
lingua europea del più difticile, forse, dei mahakad:va per il verso 
compatto e denso di significato del Atratarjurniva, cioè, di Bharavi, 
fatta dal Cappeller (1907). Il traduttore, che ha compiuto opera lode- 
volissima, segue l'eccellente esegesi del commento di Mallinatha ; ag- 
giunge molte note senza appesantire il lavoro, appendici, paralleli, un 
glossario, schemi di alamkara, di metri, ecc., ecc. I Thomas richiama 
l'attenzione sopra alcuni punti nei quali non è d'accordo col tra- 
duttore. 

V. per il valore della parola gana nel Raghuvamea, v. I 85. 
Notes on the Saundarananda, cri- I. 905 — KALIDASA, La stirfe 
tiral and  explanatorv. 2 ser. di Raghu, poema epico per la 


Mém. de la Commission Orientale prima volta tradotto in Italiano 
de l’Acad. Polonaise des Sciences, dall'originale sanscrito con intro- 


Warszawa, 1922. — Rec.i JA, duzione e note per cura di CARLO 

1925, 337-338 (A. Baston). ForMmicHi, Milano, Istituto Edi. 

toriale Italiano, 1917. — Rec. Mar- 

I. 903 — Rai MONMOHAN zocco 20 gennaio 1918 (NXXIII, 
-CHAKRAVARTI, On the GEN ron n. 3). (P. E. PAVOLINI). 

Oa Se A DO I. 906 — BALAMAGHA, Magha's 


Kumara Sambhava. JPASB, 1916, 


UTI lavadh SZUO bear - 
n. 1. Giqupalavadha im Auszige 


+ bertet von CARL CAPPELLER. Berlin, 
I. 904 — VassaLini T., Nota a \. KNolhammer 1915, XX + 188. 


Kalidasa (Kumarasambhava, S. — Rec.: ZDMG, LAXNI, 1917, 
VIII, ge. 61). RIGI, IV, igzo0 205-207 (JARL CHARPENTIER). 
tasc. Ie IT, 125-120, (LI). I. 907 — Buaravi's foem Kira- 


Vl — 


BALLINI - INDIA. Di I. 907-913 


XVI. Lirica. — K. B. Pathak dà una nuova edizione del Me- 
ghaduta (I 908), della str. 14 del quale il Thomas (I 909) ci offre una 
nuova interpretazione. 

Il Pizzagalli (I 909a) traduce in versi il Riusamhdra. 

L’“ Insel Verlag,, di Lipsia pubblica una ristampa — con 
note — della versione del Riusamhara fatta nel 1840 dal Bohlen, 
il quale si era attenuto a una riduzione più che ad una fedele tradu- 
zione del testo. In quanto al dubbio circa l’attore del poemetto 
‘nessun chiarimento ci vien dato dal Kreysenborg nelle sue notizie 
in calce al volume (I 910). 

È apparsa una versione del Gitagovinda (I 911). 

Il Belloni - Filippi (I 912) esamina contenuto e forma, in sè e 
con rapporto al testo onde è originato, del Caduta di Caritrasudara- 
gani, (edito nella Yagoviyajainagranthamala: N. 18) « rifacimento 
jainico del Meghaduta, in lode della conversione di Bhadrabahu e della 
sua antica amante Koca, che seguì il maestro nella via della re- 
denzione e della penitenza ». Il B.-F. accenna pure alla fortuna del 
Meghaduta presso i Jaina. 

Il De Lorenzo (I 913) pubblica la versione italiana della Cau- 
risuratapanicagika « le cinquanta strofe del furto del godimento d’a- 
more ». Nell’introduzione il D. L. accenna alla celebrità raggiunta 
dall'opera nella poesia lirica indiana, alle sue edizioni e traduzioni, 
al contenuto ‘e alla forma del poemetto. Illustra con abbondanti 
note le singole strofe. 


tarjuniya, or Arjuna's Combat with di A.M. P., Bologna, Cappelli, 
the Kirata. Transl. into German 1921. 
and explained by CARL CAPPELLER. Ki : Kyei 
(Harvard Oriental Series, vol. XV) IRL8 = ALDA S Der ret 
; Jahresreiten. Leipzig, Inselverlag 
Cambridge (Mass.), 1912. — Rec.: N ‘28 Rec ER: IL--1602 
RAS. igio, 80985. (E. Wi TTT Re e 1993, 
S . / i ° fasc. 1, 61-03 (A. M. PIZZAGALLI). 
THomas). V. pure: 
BHARAVI, Kiratarjunivam. San- I. 911 — JAYADEVA, Gitago- 
skrit poem. Canto 1. Text with. vinda. Das indische Hohelied. 79, 
notes, Commentary of Mallimnatha Leipzig, Inselverlag 1920. 
and english translation. Calcutta, I. 912 — BetLoniI-FiLipPi FER- 
1900»: PP A A): DINANDO, // Ciladuta di Caritra- 
I. 908 — ParHagxo K. B. sundara Gani. GSAI, XXVIII, 
Kalidasa's Meghaditta, 2 ed. Poona 1916-17, 153-106. 
1910. 


. — DE :NZ0 GIUSEP- 
I. 909 — Tuomas F. W., Mi- I. 913 E LoRENZO GIUSEP 


3 di PE, Caurisuratapasicacika. Il canto 
scell. Comm. JRAS, 1918, 118-122. del ladro d’amore. Traduzione dal 
(3/4). Sanscrito con introduzione e mote. 

1.909 a — PIZZAGALLI AxgGELO Napoli, R. Ricciardi 1925, pp. 
MARra, Ka/rdasa, Le stagioni, trad. 120. 


esili 


Sii, ie 


XVI. LIRICA - XVII. DRAMMATICA. A 

XVII, Drammatica. — Il Liiders (I 914) ha studiato 114 fram- 
menti di uno dei manoscritti trovati nell'Asia Centrale — e precisa- 
mente nel Turfan, nella parte nord-orientale del Turkestan cinese 
— dalla « Kénigl. Preuss. Turfan-Expedition ». I frammenti che co- 
stituiscono avanzi del più antico ms. giuntoci dall’India (età di Ka- 
niska), onde sarebbe passato nel Turfan, contengono avanzi sparsi 
di due drammi buddhistici che il L. attribuisce al Agvaghosa. 

Sten Konow (I 915) pubblica una versione (in norvegese) del 
Carudatta di Bhasa. 

G. Beccarini-Crescenzi traduce il Ramabhisekanataka (I 916). 

La stessa (I 917) studia e in parte traduce e riassume l’Avima- 
raka di Bhasa, la cui materia si trova nel Kathasaritsagara. Nell’in- 
troduzione alla versione, la B.-C. riassume il racconto contenuto 
nella celebre raccolta novellistica (7aranga 112); esamina l’accenno 
ad una leggenda di Avimaraka esposta da Yacodhara, commenta- 
tore del Kamasdtra di Vatsyayana; fa osservazioni estetiche sull’o- 
pera di Bhasa ed accenna ad affinità di essa con altri drammi «classici 
indiani. L'introduzione è chiusa con uno sguardo ai metri del dram- 
ma e l’elenco delle strofe tradotte. 

Il Belloni-Filippì traduce la Vasavadattà di Bhasa (I 918). 

Lo stesso pubblica alcune note critiche ed esegetiche sul Ca- 
rudatta di Bhasa (I 919), integrando quanto il Morgenstierne (I 
920) aveva scritto in uno studio sulle relazioni di questo dramma 
con la Mrcchakatika. Pubblica pure la versione del Carudatta (I 921). 

Una traduzione dello Svapnavasavadattà pubblicano A. G. 
Schirref e Panna Lall (I 922), ì quali ritengono indiscutibile l’at- 


I. 914 — Luepers H., Bru-  nI-Fitipri. Lanciano, Carabba 
chstiiche Buddhistischen Dramen, 1917. 
Berlin, Renner i1grIi. — Not.: È . 
GSAI, XXIX, 1919-20 (1925) I. 919 — BeLtonI-FiLippr F., 


185-188 (L. SUALI). Note critiche ed esegetiche al Ca- 


l pon rudatta di Bhasa. RSO, 9, 1023, 
I. 915 — Riv. Edda, Kristiania 581-590. 
1916, 385-417. 
I. 916 — BuUÙaisa, //dramma della I, 920 n IORCENSIIRNIGE: i 
ber das Verhaltnis zwischen Ca- 


Sacra di Rama, trad. da E. Brc- 


CARINI-CRESCENZI. GSAI, XXVII, 
1915, 1-79. 

I. 917 — L’'Avimaraka di BHA- 
SA (trad. da E. BECCARINI-CRE- 
SCENZI), GSAI, XXVIII, 1916-17, 
1-40. 

I. 918 — BHàsa, La VTasa- 
vadattà. Traduzione di F. BeLLO- 


rudatta und Myrcchakatika, Leipzig 
1921. 


I. 921 — BeLLoNI-FIiLIPPI FER- 
DINANDO, Il Carudatta di Bhasa. 
Lanciano, Carabba (1924), pp. VII 
+ 135. 


I. 922 — BHàsa. The Dream 
Queen: a translation of the Svap- 


ci 


tribuzione dell opera a Bhasa. Il dramma consiste di dialoghi in 
prosa interpolati di versi che il Shirref traduce in versi sciolti di 
effetto monotono. i 

Anche il Suktankar (I 923) traduce la Vasavadattà di Bhasa. 
Nell’introduzione il S. « definisce bene le qualità essenziali di quelli 
che egli chiama « Travancore Plays », giudicando non ancor defini- 
tivamente accertata la loro paternità ». 

E. P. Janvier (I 924)traduce il Madhkyamavvayoga di Bhasa. 

Il Weller (I 925) traduce in versi tedeschi il Balacarita di 
Bhasa, che tratta in modo del tutto singolare la leggenda di Krsna 
e fa precedere alla sua traduzione una introduzione che studia 
Bhasa e la letteratura sorta intorno a lui e alla sua opera. 

Il Pavolini (I 926) si propone di dar la traduzione intera di al- 
cuni dei sei drammi di Bhasa derivati dal Mahabharata, e parziale 
di altri, e si riserba « in fine, qualche osservazione d’indole generale 
sul rapporti fra i drammi e il poema e sull’arte del drammaturgo ». 
Comincia dal Madlyamavvayoga (il dramma del fratello mezzano). 

A. Banerji Castri critica con lunghe dimostrazioni le teorie 
di Ganapati Castri, del Lesny, del Barnett, circa la paternità dei 
tredici drammi attribuiti a Bhasa, e giunge alla conclusione che 
l'autore dei 13 drammi è anteriore a Kalidasa e contemporaneo 
o appena posteriore ad Acvaghosa (II o III sec. d. C.). Si può anche 
identificare il suddetto autore con Bhasa, ricordato da Kalidasa e 
dai suoi successori (I 927). Il Barnett sostiene, invece, che il Ba- 
nerji pecca nei suoi argomenti di petilione principi. Si sofferma a 
dimostrarlo in alcuni punti e conclude: «The rest of his argu- 


navasavadattà. By A. G. SHIRREFF PAxTON JANVIER. 44, Mysore, 
and Panxa LAatc. pp. V + 55, Weslevan Mission Press 1921. — 
Allahahad, Indian Press 1918. — —Rec.: JRAS, 1923, p. 453 (J. 
Rec.: JRAS, 1921, 134-35 (L.D. CHARPENTIER). 


BARNETT). (1/4). i 
I. 925 — WELLER HERMANN. 


I. 923 —— Vasavadatta. Being a Die Abenteuer des Knaben Kri- 
translation of an anonymous San-  shna. Schauspiel von Bhasa. 99, 
skrit. Drama, Svapnavasavadattà Leipzig, 1022. — Rec. JRAS, 1923, 
attributed to BuaAsa, bBvo V.o S. o pag. 625 (LD. BARNETT). (L.M). 
SUKTANKAR. Oxford, University l 
Press 1923.— Rec.: RSO, X, 1923- I. 926 — Pavorini P. E., £ 
25 (309-370) (F. BeLLoxiI-FiLIPP1). drammi mahabharatiani di Bhasa. 

GSAI, NNXIV, 1928-1920 (1921) 

I. 924 — The Madlvama Vya- 2-27. 
vova, A drama composed by the 
Poet BHASA; translated from the I. 927 — BARNERJI GCASTRI A. 
original Sanskrit with Introduction  M. A., The plays of Bhasa. JRAS, 
and Notes bv the Rev. ERNESTO 1021, 307-82. 


= 


NVII. DRAMMATICA, 


— — ll — — e IE Prr1r— - —- sola manila 


ments are even more nugatory and need not be discussed » 
(I 928-929). | 

V. S. Saktankar scrive su Bhasa (I 930). 

Il Barnett (I 931), a proposito di una citazione del dramma 
Svapnavasavadattà, tratta da M. Ganapati Castri dal Bhavaprakasa 
e Crngaraprakaga, chiede se l'assenza in queste due opere del 
nome di Bhasa, quale autore dello Svapnavasavadattà, non  si- 
gnifichi che il testo citato (identico a quello pubblicato dallo Castri 
nella Trivandrum Sanskrit Series) possa dubitarsi appartenere a 
Bhasa. | 

Il Lévi (I 032), messe in luce due citazioni dello Svapnardsa- 
cadatta di Bhasa nelle opere Natvadarpana di Ramacandra e Guna- 
candra (fine del sec. NII) e del NatakRalaksanaratnakoga di Saga- 
ranandin (anteriore al XV sec.), nella prima delle quali è aggiunto 
al titolo il nome dell'autore (B/asa-krta), crede di poter affermare 
che tale determinazione sia stata fatta per distinguere questo da 
un secondo dramma dal titolo stesso. 

Il Thomas (I 933) si oppone all'ipotesi del Lévi, con vari argo- 
menti; afferma l’importanza della nuova scoperta sua per determinar 
meglio di quanto non avesse fatto Ganapati Castri la connessione 
del nome di Bhasa con i drammi che gli vengono attribuiti. 

M. Lindenau (I 934) in uno studio d'insieme sui drammi di 
Bhasa, studia il grande drammaturgo del II. sec. d. C. di per sè; 
accenna « alle fonti de’ suoi drammi, cercando di dimostrare l'auten- 
ticità e l’antichità, considerandone la tecnica e lo stile ». Esamina, 
inoltre, «1 rapporti di B©ll col Natvagastra di Bharata » e ne deduce 
«criteri per distinguere in quest'ultimo le parti aggiunte, dalle 
originali ». 


I. 928 — Barnetr L. D., The Who is the Author of Svapna- 
plavs ascribed to Bhasa and the  Vasavadattaà? JRAS, 1925, 99. 
Matta-Vilasa. ]RAS, 1919, 233- 

234. V. pure: I. 932 — LÉvi SyLvarn, Deux 

TÙuomas F. W., The plavs oi Nouveaux traités de dramatursie 
Bliasa. JRAS, 1922, 79-83. (VA). indienne. JA, 1923, 193-218. 


I. 929 — Barxett L. D. I. 933 — THomas F. W. 
B©hasa. JRAS, 1921, 587-849. (MA). Bhasa- Kyta Svapna - Vasavadatta. 
JRAS. 10925, 100-104 
I. 930 — SUKTANKAR V. S., 
Studies on Bhasa. JAOS, NL I, 934 — Lixpexau M., Bha- 
1020, fascicolo 4, XLI 1921, fa- sastudien. Ein Bewtrag zur Ge- 


scicolo 2 schichte der altindischen Dramas. 
Leipzig, Harrassowitz 1918, 51. — 
I. 939 — Barsxsit DD. D. = Rec.io GSAI, NXNIX, 1915-20» 


BALLINI - INDIA. I. 934-942 


Un’edizione critica con illustrazione del Parvatiparinaya pub- 
blica lo Schmidt (I 935). 

È apparsa una traduzione della Priyadarcikà di Harsa (1 936). - 

Il Sankalpasaryodaya (I 937) è un dramma allegorico, ed è 
un’imitazione del Prabodhacandrodaya di Krsna Micra che glori- 
ficava il monismo Vedantico. L’Autore del Sankalpasirvodayva è 
Venkatanatha detto il Vedantadecika per eccellenza; egli esalta 
la dottrina di Ramanuja. La traduzione in inglese è molto libera 
benchè non si scosti dal senso del dramma voluto dall’autore. 

Il Grierson (I 938), a proposito della prefazione del prof. Hil- 
lebrandt al Mudraraksasa, fa alcune osservazioni letterarie-filologiche. 

Lo Hertel scrive sulla data del Mudraraksasa (I 939). 

Il Vallauri (I 939a) riassume il dramma Adbdiutadarpana di 
Mahadeva, dramma che trae materia dal ciclo leggendario delle im- 
prese di Rima. Al riassunto il V. fa seguire notizie intorno all'opera 
e al suo autore, alle formalità poetiche ed artistiche di lui, al rasa 
predominante, alla forma. 

Edizioni e traduzioni di drammi di Bhavabhiti pubblicano 
P. W. Kane (I 940), M. R. Kale (I 941), F. Cimmino (I 942). 


VINDACHARYA. Vol. I, Acts I-V. 
Srirangam, Sri Vani Vilas Press 
1917. — Rec.: JRAS, 1921, 591- 
92 (L.D. BARNETT). (MA). 


(1921) 190-192): 190-192 (P. E. 
PAVOLINI). 


I. 935 — VAMANABBATTABANA'S, 
Parvatiparinavanataham, Rritisch 


herausgegeben u. mit Anmerkungen I. 938 — GRIERSON G. A,, 
versehen von R. ScHMIDT. AKM  Miscell. Comm., JRAS, 1917, 820- 
XIII, 4, 1917, XIII + 85. 827. (MA). 

I. 939 — HERTEL JOHANNES, 


I. 936 — Priyadargihka, a Sans- 
krit drama bv HARSHA.... trans- 
lated into English by G. K. Na- 


Zur Datierung des Mudraraksasa. 
ZDMG, LXX, 1916, 139-142. 


RIMAN, A. V. WILLIAMS JAKSON 
and C. J. OgGpbEN, With an in- 
troduction and motes by the two 
latter, together with the text in 
transliteration. (Columbia Univer- 
sitv Indo-Iranian Series V. XX) 
pp. CXI + 137, New York, Co- 
lumbia Universitv Press 1923. 


T. 937 — Sankalpa-Survodava. 
or the Dawn of the Divine Will, of 
Cri VEDANTA DESsIKka. {With Engl. 
transl.hy K. NARAYANACHARYA, BB. 
A., and A. RAGHUNATHASWAMY 
TIVENGAR, tinder supervision of 
SRIMAN O VIDVABHUSHANA A. Go- 


I. 939a — VALLAURI MARIO, 
Intorno al dramma Adbhutadar- 
pana ». AAT, LIX, 1924, 595-614. 


I. 940 — BHAVABHUTI, Utta- 
raramacarita, with the commentarv 
of Ghanasvama. Edit. by P. W. 
KANE, Bombay, 1915. 

I. 941 — BHAVABHUTI, Ma/ati- 
madhava with the commentarv of 
Jadaddhara. Ed. with a literal 
english translation, motes and 1n- 
troduction bv M. R. KaLe. Bom- 
bav, 1014, pp. 219, 100, 092. 


I. 942 — Madhava e Malati. 


— 176 — 


XVII. DRAMMATICA. I. 942-946 


Il Charpentier (I 943) si propone di risolvere alcuni problemi 
attinenti alla storia del dramma Indiano. Dapprima cerca di preci- 
sare la data del Mudraraksasa, ch'egli ritiene non possa rivaleggiare 
con altri insuperabili eccelsi drammi Indiani, ma che pur si distingue 
per la speciale abilita del suo autore, Vicakhadatta, nel dar vita 
e carattere ai personaggi. Viene alla conclusione che Vicakhadatta 
sia stato contemporaneo di uno degli ultimi Gupta — probabilmente 
Skandagupta — e appartenga allo stesso periodo di Kalidasa, o 
sia di poco più giovane. In un secondo capitolo l'A. si occupa della 
data e dell'autore della Mycchakatikà, fissando come epoca dell’esi- 
stenza di Cudraka, presunto autore, il settimo o l'ottavo secolo. 
In un terzo attrae l’attenzione del lettore sopra un passo oscuro 
del Dafavakya, che, confrontato con uno pure poco chiaro del Na- 
tyagastra di Bharata, potrebbe lasciar supporre l’esistenza di un altro 
Natvagastra, diverso da quello a noi noto. 

Il Keith (I 944) si occupa dell’origine del dramma Indiano, 
prendendo le mosse dallo studio dello Hillebrandt (I 945-940), il cui 
assunto è dimostrarne la grande antichità ed il primitivo carattere 
popolare. Di questo carattere lo Hillebrandt vede prove nei dialoghi 
fra dircttore e attrice all'inizio di ogni dramma, nell'uso di vari 
dialetti, nella mescolanza di prosa e versi, di musica e danza colla 
recitazione, nella semplicità del palcoscenico, nell'uso del Vidusaka 
che non è in origine una figura religiosa. Il Keith critica molti degli 
argomenti addotti e non crede che il carattere popolare debba es- 
sere in contrasto coll’origine religiosa del dramma. Egli fa rilevare 
quale lunga elaborazione di elementi drammatici rituali (fra questi 
ad es. l'uccisione di Kamsa per opera di Krsna) occorra perchè 
sorga il primo vero dramma conosciuto, quello di Agvaghosa, che 
va assegnato al II sec. d. C. o a 300 anni dopo Patafijali. La 
religione è popolare e in India, come in Grecia difatti, egli osser- 
va, la religione — pur certo alterata — forma la base del 
dramma. 


Dramma indiano di BHAVABHUTI. LE, The beginnings of the Indian 
Prima traduzione italiana di FRAN- Drama. ]JRAS, 1916, 146-151. 
Cesco Cimmino. Soc. Edit. Dante 


Alighieri, Milano-Roma, 1015 pp. LE 945 — HILLEBRANDT A., Ueber 
XLVI1-250. die Anfdinge des indischen Dramas. 


SBKBAW, 1914. 


I. 943 — CHARPENTIER JARL, 
Some Remarks on the Hindu Drama, I. 946 — HILLEBRANDT A., Zur 
JRAS, 1923, 585-608. (LM). (seschichte dev indischen Dramas. 


ZDMG, LXNII, 1918, 223-232. 
I. 944 — KEITHA. BERRIEDA-  (LM). 


— 177 — 


Aevum - Anno I - 12 


I. 947-954 


BALLINI - INDIA. 


Lo stesso Keith (I 947) combatte aspramente la teoria del Rid- 
geway (I 948) sull'origine del dramma, dapprima applicata alla 
tragedia greca ed ora estesa all'India (I 949), secondo la quale 
ogni religione sarebbe connessa al culto dei defunti, ed ogni 
dramma avrebbe da questo culto origine. Il Keith ribatte ogni 
argomento addotto dal Ridgeway, come quello della reale esistenza 
umana di Civa, e insiste specialmente sull'interpretazione che gli 
sembra errata, data dal Ridgeway alla lotta fra i seguaci di Kamsa 
e quelli di Krsna, da lui stesso già spiegate come la vittoria dello 
spirito della primavera e dell’estate (uomini rossi) su quello del 
buio inverno (uomini neri). 

Il Ridgeway (I 950) risponde vivacemente al Keith; lamenta 
la non esatta e incompleta interpretazione delle proprie idee, riba- 
disce con nuovi argomenti la propria tesi che la figura di Krsna 
— la quale ha così larga parte nel dramma sacro Indiano — non 
esprima uno spirito della vegetazione, ma un reale personaggio 
storico. Ma il Keith (I 951) confuta recisamente le opinioni del 
Ridgewav e questi (I 952-053) gli risponde, confutando a sua volta 
le asserzioni di lui. 

Il Keith (I 954) tratta ampiamente della storia del dramma 
Indiano. L'opera, la quale nella sua comprensività non ha prece- 
denti che nella ben nota di S. Lévi « Le theatre indien », apparsa or 
sono circa trent'anni, si avvantaggia su quella anche per la conside- 
razione dci frammenti di Acvaghosa e del teatro attribuito a Bhasa 
(il K. non dubita sull’esattezza di tale attribuzione). Nell'importan- 
tissimo scritto il K. fa pur notevoli osservazioni sui linguaggi (scr. e 


I. 947 — IEttH A. BERRIEDA Ad Zeply. ]RAS, 1016, p. 821-209. 
Li, Professor Ridgewav's theory (LUMI). 
of the origin of Indian Drama. N 
JRAS, 1010, 335-350; 1917, 140- I. 951 — KEITH A. BERRIEDA- 
154. LE, .Miscell. Conim., JRAS, 1017, 
140-42. 
IT. 948 — Ribceway \W., Ze 
Origin of Tragedv, icith special T. 952 — RiIDGEWAY WILLIAM, 
relerence to the Greck Trasedv. Miscell. Comm. JRAS, 1917, 143- 
154. 
I.949— Ripbcewavy W., Ze Dra- dà 
mas and Dramatic Dances of non- I. 953 — RipcEwavy Wilniam 
European Races, in special rete- The origin oî Hindu serious Dra- 


rence to the Oriein of Greck Tra- ma. C. R., 10922, 322-339. 


gedv. Cambridge, 1015. (LM). _ 
I. 954 — KFITH A. BERRIEDALE, 


T. 950 — Riporewayo WILLIAM, — Ze SanskArit Drama ino its Origin, 
Professor Ridgewav's Theorv ef Develobment, Theorv, and Practice. 
the Origin of the [ndtan Drama»: pp., 405 Oxtord, Universitv Press 


— LS - 


XVII. DRAMMATICA - XVII. NOVELLISTICA. I. 954-959 


dialetti) che appaiono usati nei drammi e trae dall’esame di essi 
ragione a determinazioni di data della composizione dei drammi. 

Un'ampia storia e illustrazione del dramma indiano pubblica 
il Konow (I 955). 

Due studiosi (I 956) ci offrono la traduzione di un piccolo 
manuale: « Abhinayadarpana » che tratta dell’arte del gesto usata 
nel dramma e nelle danze indiane. Il gesto come interprete dell’idea 
è una delle più importanti convenzioni indiane e si estende oltre il 
teatro alle arti plastiche. Questo libro è preziosissimo per illumi- 
narci in questo campo misterioso quasi sempre incomprensibile 
agli Occidentali. 

Il Gawroriski (I 937) pubblica quattro saggi, nel primo dei 
quali tratta di linguistica in generale e delle influenze stilistiche 
nella letteratura Indiana, volendo dimostrare che il Sanscrito è una 
lingua morta e che quindi gli autori indiani procedono più per 
imitazione che per ispirazione; nel secondo discute l’origine del IV 
atto della Vikramorvasi; nel terzo esamina l'influenza del Megha- 
dita sul Malatimadhava, e nel quarto dimostra l'idealità della 
trama di quest'ultimo con un racconto popolare turco, la cui 
origine dev'essere quindi indiana. 

Sul fenomeno della non esistenza di un genere tragico vero e 
proprio nella letteratura indiana scrive V. Saunders (I 958). 


XVIII. Novellistica. — U. Vidyabhùshana (I 959) ci dà una 
nuova comoda edizione del Parncatantra, semplificato nel vocabo- 
lario e illustrato di note Inglesi. 


1924. — Rec.: JRAS, 1925, 174- I. 957 — GAWRONSKI ANDRZE]J» 
1760 (L.D. BARNETT). Notes sur les sources de quel- 

l ques Drames Indiens. I -- 92, 
I. 955 — Roxow ST., Das Krakow 1921. — Rec.: ]RAS, 


tndische Drama. (=Grundriss der 1023, 424-425 (L.D. BARNETT). 
indo-arischen Philologie u. Alter- (LM). 
tumskunde, II Bd., 2 Heft D), 


138, Berlin, Vereinig. wiss. Verle- I. 958 — SaunDERS V.. Some 
ger 1920. — Rec.: LZBI, 1921, 4iterary Aspects of the Absence of 
163-4 (SCHMIDT). Tragedy in the Classical Sanshkrit 


_ l Drama. JAOS, vol. NLT, 1921, 
I. 956 — The Mirror of gesture: fasc. 2. 

being the Abhinaya Darpana of 
NANDIKEGARA fransl. into English I. 959 — VipbyABHUsHana U- 
by ANANDA COOMARASWAMY and  PENDRANATH,  Sarala - Pavicatan- 
GopaLa KRISTNAYYA DUGGIVALA  fram, or Panchatantra for Beginners, 
«with Intr. and Ill. Cambridge, IV + 112, 7 ed., Calcutta, 10921. 
1917. — Rec.: JRAS, 1017, 627-. — Rec.: JRAS, 1923, 437 (LD. 
028 (L.D. BARNETT). (MA). BARNETT). (£LM). 


— 170 — 


BALLINI - INDIA. 


— —_ 


I. 960-967 


Un’edizione che potrebbe dirsi critica e storica del Paricatantra 
ha pubblicata Franklin Edgerton (I 960). 

S. Rice (I 961) pubblica in rifacimento e abbreviate (meglio 
che tradotte) alcune delle migliori favole del Pagicatantra. 

Il Lacòte ha compiuta l'edizione e la traduzione del Brha- 
trathaglorfasamgraha di Budhasvamin (I 962). 

Il Pizzagalli (I 962 a) dà un contributo all'interpretazione del 


distico I, 69 dello Hifopadeca. 


A. Wesselski ha intrapresa l’edizione completa (che consterà di 
sei volumi) del Kathasaritsagara (I 963). 

Il Lacéòte traduce e illustra la storia romanzesca del re Udayana 
contenuta nel Kathasaritsagara (I 964). 

Una nuova edizione della Kadambari col commento pubblica 


M. R. Kale (I 965). 


P. V. Kane riproduce l'edizione del Peterson del P@arvabhaga 
della Kadambari e ne dà ampia illustrazione (I 966). 
Sono uscite edizioni degli wcchvasa I-VIII del Harsacarita di 


Bana. (I 967-968). 


I. 960 — The Paricatantra lte- 
‘constructed, An Attempt to esta- 
blish the lost original Sanskrit text 
of the most famous of Indian 
story-collections on the basis of 
the principal extant versions. Text, 
critical apparatus, introduction and 
traslation by FRANKLIN EDGER- 
TON. 2 voll. (= American Oriental 
Series. Voll. II e I11). New Haven, 
1924.— Rec.: GSAI, N.S I (1925), 
64-65 (P. E. PAvOLINI). 


I. 961 — Rice STANLEv, An- 
cient Indian Fables and Studies: A 
selection from the Paricatantra, pp., 
1306, London, John Murrav 1924. 


I. 962 — BUDHASVAMIN, Brhat- 
Katha Clohkasamgraha. Texte sans- 
krit publié... et accompagné d' une 
trad. franc. par IF. LacòTE. Paris, 
Leroux 1908-1920. 


I. 962a — PIZZAGALLI A. NM, 
Sull’interpretazione del distico I 69 
del Hitopadega. Rend. Ist Lomb. 
LIII, 1920, 12-15. 


I. 963 — SOMADEVaA, Aathàa- 


saritsàgara oder Ozean der Mar- 
chenstròme. Vollstandige Ausgabe 
von A. WESSELSKI. Band. I. Ber- 
lin 1914. 


I. 964 — SOMADEVA, L'histoire 
romanesque d'Udavana roi de 
l’atsa extraite- du Katha-sarit-sa- 
gara.... et tradutte.... avec une in- 
troduction et des notes par F. La- 
corte (Les classiques de l’Orient 
vol. X), pp. 147, Paris 1924. 


I. 965 — BANa, ÉKadambari 
with commentary, notes and intro- 
duction ed. by M. R. NALE (2 parti), 
Bombay, 1915, 352, 4I + 220. 


I. 966 — BiAxa, 7he Kadam- 
bari of Banabhatta (Purvabhasa, 
pp. 1-124, of Peterson's edition). 
Edited with an introduction, notes, 
and appendices by P. V. KANE, 
M. A. LL. M., pp. I - I+1I 
+ 83 + 312 -;- 38, Bombay, 
1920. — Rec.: ]RAS, 1922, 448- 
449 (L.D. BARNETT). 


I. 967 — BANXNABHATTA, The 
Harshacharita(UchchhvasasI-VIII 


— 180 — 


XVII. NOVELLISTICA. I. 967-976 


Lo Hertel ha tradotto il Katharatnakara di Hemavijaya (I 969). 
Lo stesso (I 970) pubblica — corredato di introduzione, apparato 
critico, note e lessico —, il testo della BharataRadvatrimeika, raccolta 
di novelle jainiche, importante non tanto sotto l’aspetto artistico, 
quanto sotto quello folkloristico e sopra tutto linguistico, come quello 
che contiene molte espressioni popolari in gran parte. in antica 


Gujarati. 


U. Vidyabhùsana pubblica (I 971), adattato a testo elementare 
sanscrito con annessevi note inglesi e sanscrite, e preceduto da 
un'introduzione inglese, il Bhojaprabandha di Ballala. 

Traduzioni di varie novelle indiane pubblicano lo Hertel (I 972- 
973), A. Holtzmann (I 974), Else Lilders (I 975), A. Essigmann 


(I 9706). 


Edited with an Introduction and 
Notes by P. V. KANE. 1 ed. Bom- 
bay 1918. 


I. 968 — BANABHATTA, Ze 
Harshacharita (Uchchhvasas I-IV, 
V-VIII). Ed. with a Sanskrit Com- 
mentary (Balabodhini) by S. D. 
GAJENDRAGADKAR.... and an In- 
troduction, Notes (critical and expla- 
natory) and Appendices, by A. B. 
GAJENDRAGADKAR. Poona, 1919. 
— Rec. JRAS, 1920, 384-389 (I°. 
W. THOMAS). 


I. 969 — HEMAVIJAYA, Ka- 
tharatnakara. Das Marchenmeer. 
Deutsch von J. HeRTEL. 2 Bde,, 
Minchen, G. Miller 1920. 


I. 970 — HERTEL JOHANNES, 
The thiyty-two Bharataka Stories 
edited together with an introduc- 
lion, variants, explanatorv notes, 
and a glossary. (= Forschungsin- 
stitut fur Indogermanistik. Indi- 
sche Abteilung N. 2), Leipzig, 
Markert und Petters 1922, 55. — 


Rec.: RSO, IX, 1921-23, 010 
(G. TUCCI). 
I. 971 — GCri-Ballala-Viracito 


Bhoja-prabandhah. Adapted to the 
requirements of studenis going up 
for the Matriculation Examination 


of the Indian Universities. Edited 
by Pandit UPENDRANATH VIDVYA- 
BHUSANA, 4 ed., XXVII + 128, 
Calcutta, 1920.. — Rec.: JRAS, 
1923, 427 (1.D. BaARNETT). (LM). 


I. 972 — HERTEL J., finakirtis 
Geschichte von Pala u. Gopala. 
BSG, 1917, philol.-hist. KI. 1917, 
69,4. 155. Leipzig, Teubner. 


I. 973 — HERITEL ]J., Zndische 
Mdarchen (= Die Marchen der 
Weltlitteratur) Jena, Diederichs 
1920. — Rec.: NO, VI, 1920, 84 
(H. v. G.); LZB, 1919, 507-8 
(H.); GGA, 1919, 157-160 (OL- 
DENBERG). 


I. 974 — HOLTZMANN A, Zn- 
dische Sagen. Neuerausgabe von M. 
WintTERNITZ. XXX + 318. Jena, 
Diederichs 1921. 


I. 975 — LuenERS ELSE, Bud- 
dhistische Aldrchen aus dem alter 
Indien. NVI + 378, Jena, Die- 
derichs. — Rec.: NO, IX, 1921, 
30, (H. von GLASENAPP). LZBI, 
1921, 223. 


I. 976 — ESSIGMANN A,, Sagen 
u. Varchen Alt-Indiens. Neue Rei- 
he, 241, Charlottenburg, Juncker 
I)I7. 


— BI — 


n - = 


BALLINI - INDIA. I. 977-985 


Di novellistica e favolistica indiana scrivono N. Peri (I 977) 
e F. Edgerton (I 978). 

Il Keith (I 979) confuta l'opinione del Lacòte, il quale so- 
stiene (in Mélanges d'Indianisme offerts par les élèves a M. Sylvain 
Lévi, Paris, 19II), che il romanzo greco deriva dalla katha indiana. 


XIX. Erotica (Kamasutra). — Una nuova edizione della 
sua versione del Kamasutra di Vatsyàyana col commento di Yago- 
dhara, pubblica lo Schmidt (I 980). 


XX. Gnomica. — È uscita una nuova edizione delle centurie 
della rinuncia di Bhartrhari (I 981). 

Il Formichi (I 982) parla della gnomica indiana, delle sue qua- 
lità, del largo uso fattone degli Indiani in ogni genere letterario; 
delle raccolte note sin qui. Dà poi un saggio d’interpretazione e di 
commento di varie sentenze, raggruppate con criteri atti a metterne 
in evidenza la multiforme varietà e l’acutezza. 


XXI. Storia critica, letteraria. — Il Keith (I 983), ripren- 
dendo in esame gli argomenti del Jacobi sulla data del Ramavana 
(VI sec. a. C. secondo il Jacobi), sostiene che il pocma fu compo- 
sto nel IV c redatto definitivamente (coi libri aggiunti) nel II 
secolo a. C. 

Su Valmiki scrive B. Barua (I 0984). 

Il Keith (I 985) combatte la tesi del Jacobi (SBKPAW, 1912, 


I. 977 — Peri N,, Un conte IT 981 — BHARTRHARI, The 
hindou au Japon. BEFEO, XV, Vatragyajataka or the hundrea 
1917, 3. V'erses on lItenunciatton Transla- 


: tton. Prabuddha Bharata Vol. 
I. 978 — EpcertoNn F., Tle xx 1915. 
Hindu Beast Fable in the Light 


of Itecent Studies. AJPh, 1915, I 982 — FoRrMicHi CARLO, La 
44-09. sapienza dell'India antica ne’ suoi 
proverbi. - NA, 1021, 1° Sett. 


T. 979  KEITH BERRIEDALE A. 


The indian origin of the greek ro- PASS 59: 

mance. JRAS, 1915, pp. 784-790. I. 983 — KEITH A. BERRIE- 

(GBP). DALE, Zhe date of the Ramavana. 
I 980 — Varsvivana, Kama-  JRAS, 1915, pp. 318-328. (GBP). 

sutrani, die indische ars amiatoria I. 984 — BARUA BENIMAPHAV, 


nehst demvollstindigen Kommentare — V'almiki ae- De sese Doni) 
(Javamangala) des Yacodhara. Aus in his Poem. Univ. ot Calcutta. 
dem Sanshrit tibersetet. von KR. Journal 1920 

SCHMIDT. 5 verb. Aufl., Berlin, 

IUI15. I. 985 — KEITH A. BERRIEDA- 


182 


XVII NOVELL. - XIX. EROTICA © XX. GNOMICA - XXI ST. LETT. TIT. 985-990 


832-549) sulla paternità del Kautiliva Arthagastra. Da molti argo- 
menti egli deduce tra l'altro doversi esso attribuire ad un periodo 
assai più recente di quello assegnatogli dal Jacobi (III sec. a. C.); 
forse al I sec. a. C., per quanto il contenuto appartenga ad un tempo 
anteriore. 

Hari Chand Sastri (1980) pone due domande: 1% qual posto occupi 
Kalidasa nel trattati d’arte poetica; 23 quale sia l'importanza delle 
citazioni sue riportate in questi trattati. Dal 1° sec. sino al 179 
halidasa è considerato, comunemente, mahakavi. La tradizione lo 
pone alla corte del Re Vikramaditva di U)javini (57 a. C.). Ciò 
che è certo si è che era gia in fama nel VII sec. (v. il verso di Bana al 
principio dell'Harsacarita e l'iscrizione di Aihole del 634). Le opinioni 
moderne ed 1 trattati di A/amkara non fissano alcuna data; oscil- 
lano tra il IV ed il VII sec. dell'E. V. Le opere di Kalidasa ci rischia- 
rano su questo punto? L'A. non risponde, ma esamina largamente 
tutte le opere, confrontando le varie edizioni e dando un elenco, 
il più possibile completo, dei fratita delle stanze di Kalidasa. 

Il Tucci (I 987) ricordato che il Formichi nell’introduzione alla 
sua traduzione del Ragluvamsa (v. I 905) «ha portato l'attenzione 
sulle molte similitudini » ricorrenti nel poema « tratte dalla religione, 
dalla filosofia e dalla politica », crede opportuno estendere tale ricerca 
anche alle altre opere di Kalidasa. Per quanto si riferisce alle simili- 
tudini filosofiche, conchiude essere «il SamAlva teistico, dell'epica 
e dei Purana » la fonte principale. Le fonti principali di Kalidasa, 
per quanto concerne la scienza politica, sono, invece, il Manavadha- 
rmacastra, il Kamandakivanîtisara, e forse anche il Kautilivartha- 
castra. Finalmente il Tucci ricorda i passi delle opere di Kalidasa, nei 
quali il pocta mostra, per similitudine, di conoscere la ratnapariksa 
(la scienza delle pietre preziose) giacchè in essi si contengono 
«accenni precisi a quei precetti e a quelle varie opinioni che sulle 
singole gemme si trovano esposte nei rafnacdstra ». 

H. P. Shastri (I 988) lo Hillebrandt (I 989) e il Pizzagalli 
(I 990) scrivono su Kalidasa. 


LE, The autenticity of the Kau- I. 988 — Stastri HaRrA PRA- 
Hliva. ]RAS, 1916, 130-137 (LV). sap, Nalidasa: 1. His Home. 
JBORS, vol. I, 1015, p. II. 


I. 986 — SASTRI HARrIi CHAND, 
Les citations de Kalidasa dans les I. 989 — HILLEBRANDI À., 
trattés d'Alamkara. JA, 1910, V. KNalidasa, In Versuch su seiner 
II, 51-180. (MA). literarischen W'irdigung, 167, Bre- 


slau, Markus. 1921. — Rec.: 


I. 987 — Tucci Giuseppe, No- LZB, 1921, 213-4. (SCHMIDT). 


te sulle fonti di Kaltidasa. RSO, 
IX, 1921-1923, 1-20. I. 990 -- PiIzzaGaLLI A. M, 


IS 


BALLINI - INDIA. I. 990-996 


Su l’autore del DagaRumaracarita scrive G. J. Agashe (I 9gI). 

Di Bhartrhari s'occupa H. v. Glasenapp (I 992). 

Il poeta Mayùra (I 993) (1% metà VII sec. d. C.?) fu, come si- 
gnifica il nome, facitore d’incantesimi contro le malattie ed i veleni. 
Scrisse questi incantesimi in istrofe, insieme con altri poemi erotici 
e religiosi. Seguace del culto del Sole, lo canta come il rimedio contro 
tutte le malattie e specialmente contro la lebbra. L'origine di tale 
credenza si trova -presso i Magi Persiani. 

Di Tulsidas, autore del Riamayana hindi scrive il v. Glasenapp 
(I 994). 

Il Winternitz (I 995) ha compiuto la sua Storia della letteratura in- 
diana iniziata nel 1907. Il II vol. tratta della letteratura buddhistica 
e jaina, il III della letteratura classica sanscrita e pràcrita, della poesia 
drammatica, della grammatica, lessicografia, filosofia, filologia, giu- 
risprudenza, politica, erotica, medicina, astrologia, astronomia. 
Pure nell'ultimo volume della sua notevole opera il W. segue il con- 
sueto sistema, che è intermedio, come afferma il Barnett, fra quello 
del Taine e quello più arido del Brockelmann. | 

G. K. Nariman (I 996) scrive una storia della letteratura Bud- 
dhistica sanscrita. Nella prima parte di essa, cioè per tredici capitoli 
non sì tratta — come lo stesso titolo indica — che di una compila- 
zione di quella del Winternitz; nella seconda si contengono appen- 
dici e note bibliografiche c uno studio originale sulle relazioni tra 


Il poeta di Cakuntala, Rivista I. 994 —GLASENAPP H. von, Der 
d’Italia 1923. Dichter Tulsidas. NO, 10, 1922, 27. 
I. 991 — AGcasHE G. J., Who ‘I. 995 — WINTERNITZ M., Ge- 


wrote the Dacahumaracarita? 
1915. 


IA, 


I. 992 — GtLasENAPP H. von, 
Bhartrihari, ein indischev Dichter 


von IWelllust und W'eltentsagune. 
NO, VIII 1021, 112-114. 
T. 993 — The SansRhrit Poems 


of Mayura. Ed. with a transi. 
and notes and an introd. tog. with 
text and transl. of BANA'S Candi- 
cataha bv GrorgGE PayNn QUa- 
CKENBOS, A. M. Ph. D. (Indo- 
Iranian Series, Vol. 9) New York, 
Columbia Un. Press. — Rec.: 
JRAS, 1018, 129-130 (H. A. R.). 
(MA). 


schichte der indischen Litteratur. 
2 Bd.: Die buddhistische Litteratur 
und die heilizen Texte der Jainas. 
X, 406, Leipzig, C.F. Amelang. 
— Rec.: LZBI, 1921, 744 (SCHMIDT). 
3 Bd.: Die Kunstdichtung. Die 
wissenschaftliche Litteratur. Neuin- 
dische Litteratur. Nachtrage. XII 
+ 636. — Rec.: JRAS, 1923, 
421 (L. D. BARNETT). (LV). 


I. 996 -— NAarIiMan G. K,, 
Literary History of Sanskrit Bud- 
dhism (from W'internit:z, Sylvain 
Lévi, Huber), NIII + 382, Bombay, 
D). B. Taraporevala, Sons a. Co., 
1920. — Rec.: JRAS, 1923, 118- 
119 (E. J. Tunomas). (LM). 


Bh 


NXT. STORIA CRITICA, LETTERARIA - XNNII. STORIA. 


I. 997-1005 


le opere pali e le sanscrite e sull’esistenza del canone pali. Il Na- 
riman nega che il Pali sia la lingua madre del Buddhismo. 

Il Windisch (I 997) fa la storia della filologia sanscrita. Il Keith 
(I 998) pubblica una breve storia della letteratura classica indiana. 
Esclude da essa la trattazione del dramma, intorno al quale si è 
particolarmente e ampiamente trattenuto in altra opera (v. I 954) 
Nell’introduzione tratta del Sanscrito (lingua di tale letteratura) e 
delle sue relazioni con altre lingue scritte e parlate del tempo. 
Altra storia della letteratura indiana (sanscrita) scrive R. Mookerji 
(I 999). 

Di argomenti di storia letteraria indiana scrivono il Winternitz 
(I 1000), il Bhandarkar (I 1001), il Charpentier (I 1002-1003), 
S. K. De (I 1004). 


XXII. Storia. — I due primi fascicoli del Ceylon Anti- 
quary and Literary Register (I 1005) contengono articoli Su argo- 
menti vari, come, ad es., il primo di Sir Robert Chalmers, su Bu- 
ddhaghossa e la sua opera, uno di W. F. Gunavardhana su Parakrama 
VI e il suo « Alter ego », uno di H. C. Bell su Kirtti Nissanka e la ceri- 
monia di Tula Bhara, ecc. 


I. 997 — WixpiscH ERnsT, Osterr. Monatshefte f. d. Orient 
Geschichte der Sanskrit-Philologie toyrs, 168-180. 
und indischen Altertumskunde, I . 
I. 1001 — BHANDARKAR Sir R. 


Teil. Strassburg, Tribner 1917; 


ll Teil, Berlin u. Leipzig, Walter  » Lines of Iresh Research in 


Sanskrit Literature and Indian 


de Gruyter, 1920; pp. VII, + ot 2 
460. (=Grundriss der Indo-ari-  Afigruties. SR, T, 1915, N. 1. 
schen Philologie, I,1B).— Notizia: I. 1002 — CHARVENTIER J., Ur 
a Li 1921, 195 (MEIL- /ndiens Rlassiska litteratur. Stock- 
LET). (GBP). holm, Norstedt 1020. 

I. 998 — KEITH A. BERRIEDA- I. 1003 — CHARPENTIER JARL, 


LE, Classical Sanshkrit Literature. ie Suparnasage. Untersuchungen 


Heritage ot India Series, 153. Ox- 
tord University Press 1923. — 
Rec.: JRAS, 1925, 176-177 (LD. 
BARNETT). 


I. 999. — MoOOoKERJI DR. RA- 
DHAKUMUD, Zfistory of Sanskril l1- 
lerature from the works of Panini, 


Katyayvana and Patatijali. 1A, 
Februarv 1923. 
I. 1000 — WinxtErnITz_ M,, 


Neuere Forschungen zur Geschichte 
der daltesten indischen Litteratuy. 


zur altindischen Litteratur und Sa- 
gengeschichte. Uppsala, A. B. Ata- 
demisFa BoFhandeln, 1920. Rec. 
RBPh. H, 1923, 713-721 (P. E. 
IDUMONTI). 

I. 1004 — De SusHiL KUMAR, 
Studies in the historv of Sanskrit 
Poetics. 1, London, Luzac and Co. 
1923. 

I. 1005 — 7he Ceylon Antiquary 


and Literary Register. Vol. TI, 
Parts 1 and 2, cdited by H. C. 


— 185 — 


BALLINI - INDIA. I. 1005-1011 

Il Pargiter (I 1000) risponde a una nota critica del Keith (}RAS, 
1914, p. 1021) sulla sua opera « Dvnasties of the Kall Age » e rileva 
le irregolarità metriche e grammaticali della esposizione puranici 
(che dunque sarebbe di origine popolare e pracritica) di tali dinastie. 
La discussione si prolunga in altri articoli (I 1006 a). 

La cronologia di due re Pallava (Simhavarman II, 430-458 d. C., 
Skandavarman III, 460) e dci loro governatori per il Mysore (Ayva- 
varman, 450, Madhava II, 470, tutt'e due della famiglia Jahnaveva 
o Gaga) è fissata dal Flcet (I 1007) a proposito d’un nuovo documento 
di Madhava II, del 473 d. C. 

Secondo, M. I. Narasimhiengar (I 1008), il re Visnuvardhana 
sarebbe salito al trono nel 1097 e morto non prima del 11506. Il Fleet 
corregge alcune date intermedie. Il Rice (I 1009) spiega e sostiene 
la esattezza delle date ITII e II4I, gia da lui proposte nella sua 
Epigraphia Carnatica. 

Il Wilbelforce-Bell (I roro) ha tratto da una moltitudine di 
svariati particolari di leggende e di dati confusi una storia del Ka- 
thiawad, l'antico Saurastra, la penisola cioè della costa Indiana occi- 
. dentale. Interessante quesito il perchè del sucCedersi di invasioni nel 
Saurastra, cui l'A. risponde facendo rilevare la fertilità del suolo 
e l'importanza del traffico marittimo; notevole lo stretto legame fra 
Sind e Saurastra nella storia più»*antica. Dalle tavole dell'Appendice 
appare come la fondazione dei principali Stati (la cui evoluzione 
progressiva costituisce quasi completamente la storia del Kathiawad 
dal tempo di Akbar) risalga circa al principio del XVI secolo. 

Il Fleet (I 1oII) cerca di determinare in quale tempo il nome 


P. BeLL and JoHx M. Sexnave- o Aing  Visnuvardhana, by M. T. 
RATNE. Colombo 1913. — Rec.i NARASIMHIENGAR. — Rec.i JRAS, 
JRAS, 10910, 301-302 (L0). 1015, 152-155 (J. FE. Fuerr, 
3 (GBL). 
I. 1006 — Panciter F. E., /r- 

regularities in the Puranic accotnt I. 1009 — Rice L., 7he Hoitsala 
of the dvnasties of the Kali Ace. Ring  Bitti-deva  Visnuvardhana. 
JRAS 1015, 141-147; 510-521. JRAS, 1915, 527-531. 

(GBP). 


I. 1010 — Brett CAPTAIN WIL- 


I. 1006 a — KFEmnH A. B., The BERFORCE, Zhe History of Ka- 


dvnasties of the Kali Age, JRAS 
1015. 328-335. 700-S00. 

I. 1007 — FLEET J. F., A new 
Ganga record and the date of Saka 
380. JRAS, 10915, 471-485. (GBP). 

I. 1008 — ZUe initial and closing 
dates of the reign o) the Hoisala 


thrawad from the Earliest Times, 
with a preiace of bv the Hon. C. 
Hitri. London, William Heine- 
mann 19106, XIX + 312. — Rec.: 
JRAS, 1910, 843-847. (L0). 


I. 1011 — FLEET J. F., Saliva- 
hana and the Saka Era. |RAS, 
1910, 809-820. (LAM). 


__ ING — 


. 


XXII. STORIA. I. 1012-1016 


di Calivahana cominciò ad essere connesso coll'èra 78 d. C. e per 
quali circostanze storiche. Esaminate le considerazioni del Kielhorn 
su quest'argomento ed accettatene alcune, conclude che la connes- 
sione del nome del supposto re Calivahana coll'èra Caka ebbe 
inizio ad imitazione dell'associazione del nome del supposto re 
Vikrama all'èra 58 a. C., c deriva da un ramo del famoso re Gatakarna 
del Dekkan, estraneo in realtà alla fondazione dell'èra, che probabil- 
mente commemora la dinastia. Il nome sarebbe stato introdotto 
nella prima metà del NIV sec. dai panditi di Corte dei re di Vija- 
vanagara che raggiunsero il potere con Haribara I circa nel 1335 d. C. 

l°. E. Pargiter (I. 1012-1015) fa seguito con questo ad altro arti- 
colo (JRAS, 1013, p. 885) trattando della storia e dell'influenza eser- 
citata da Vicvamitra e specialmente da Vasistha sui successori di 
Triganku nel reame d'Avodhva. Rivendica a Vasistha il nome per- 
sonale di Devaraj che fu causa di confusione in India in varie storie. 
Esaminando le varie versioni (B/lagavata-, Brahmapurana, MbUh., 
Ramavana, Stfitra), A. dà a Vasistha un'importanza capitale seb- 
bene simulata in tutte le vicende di Harigcandra, di Rohita e di Cu- 
naliccpa. 

Sembra che ora gli studiosi convengano nella data di Nahapana 
ed alcuni pensano anche ch'egli sia il fondatore dell’ èra Caka. Il 
Rakhaldas Banerji (I 1016) esamina le seguenti fonti storiche: 1° le 
iscrizioni di Usavadata, genero di Nahapana; 29° l'iscrizione di 
Avama, ministro di Nahapana; 3° l'iscrizione di Andhra e varie 
monete. L'autore, dopo aver discusso le affermazioni del Bhà- 
ndarkar, conclude che l'èra usata nelle monete e nelle iscrizioni di 
Chandana è Vèra Caka (78 d. C.). mentre l’èra usata nei documenti 
del genero e del ministro di Nahapana, non sarebbe una speciale 
era, ma indicherebbe anni di regno di Nahapana. L'inizio del regno 
di Nahapana dovrebbe quindi essere alla fine dell'ultimo secolo 
prima di Cristo od al principio del seguente. Che poi Nahapana abbia 
fondato l’èra Gaka, non pare sia da considerarsi seriamente poichè 
non c'è un solo esempio nella storia dell'antica India di un « provincial 
governor » che fondi un’'èra speciale. Le iscrizioni Andhra, non an- 
cora pubblicate, confermano le conclusioni dell'autore. 

H. J..Rawlinson pare sia il primo biografo del fondatore del 
potere Maratha. Perciò il suo libro è importante anche per l'appen- 
dice e le molte notizie. H. Beveridge tuttavia osserva che vi sono 


I. 1012-1015 — ParcitER F. E., I, 1016 — BANERJI RAKHAL- 
l’isvamitra, Vasistha, Haviscandra, = pas, M. A., Nahapana and the 
and Sunahsepa. JRAS 1917, 37-07. Saka era. JRAS, 10917, 273-289 
(MA). (MA). 


I8T — 


I 1017-1020 


BALLINI - INDIA. 


gravi inesattezze, specialmente quella per cui il Prof. Rawlinson 
cerca «to extenuate Sivaji's crimes» (I 1017). 

Il Pargiter (I 1018) tratta della dinastia Patficala del nord, uscita 
da un figlio di Aj}amidha, successore del grande Bharata in Hasti- 
napura, e la considera molto importante, perchè parecchi dei suoi prin- 
cipi furon cantati pure nel RV. La genealogia si trova negli otto Pu- 
rana (Vavu-, Matsya-, Harivamga-, Brahma-, Visnu-, Agni-, Garuda-, 
Bhagavata-). Egli la riproduce, studia, commenta e corregge. I nomi dei 
principi che ricorrono nel RV sono otto. Da Ajanùdha discesero tre 
dinastie. L’A. ne tratta e spiega il nome Paricala. Che i Re di questa 
dinastia sieno identici a quelli del RV lo dimostra la stretta con- 
nessione tra essi ed i'Brahmani riscontrata tanto nei Purana quanto 
nel RV.L'A. conclude dimostrando come gl’Innìi riguardanti questa 
dinastia non si riferiscono alle guerre degli Ariani invadenti l’India, 
bensì a quelle della dinastia Paficala del Nord con le tribù ariane e 
non ariane limitrofe. 

K. Ayyangar (I 1019) pubblica vari documenti sanscriti e te- 
lugu che gettano luce sull’impero indiano di Vijavanagar (1336- 
1646), e integrano così la raccolta di materiali per una storia com- 
pleta. Il primo documento è un poema sanscrito di una nuora di 
Bukka che col fratello Harihara, fondò l'impero. Il secondo è dedi- 
cato a Narasingha, che regnò circa nel 14806. Il 27° documento è un 
poema sanscrito che parla del palazzo di Vijayanagar, infestato dagli 
spiriti, ed è interessante perchè ci fornisce dati sulla fondazione 
della seconda dinastia. Un esame pur generale dei documenti serve 
ad attestarci che i signori di Vijayanagar erano grandi patroni di 
letteratura, d’arte architettonica, di scultura e di pittura. 

È uscita, per cura di S. A. Edwardes, una 22 edizione, riveduta 
e condotta sino al 1921, della Storia dell'India dello Smith dai tempi 
più antichi alla fine del 19II (I 1020). 


I. 1017 — RawLINsoON H. F., 
Shivaji the Maratha; his life and 


North Pancala Dynasty, 
1918, 229-248. (MA). 


JRAS, 


times. Oxford, Clarendon Press. i 

— Rec.: JRAS, 1917, 183-185 I. 1019 — AYYANGAR KRISH- 

(H. BEvERIDGE). — Vedi pure: NASWAMI, Sources of Vijayanagar 
: HE History. Univ. ot Madras 1920. — 
SARKAR PRoFr. JADUNATH, Ski- Rec.: JRAS, 1921, 616-18 (R. C 

vaji and his Times. Calcutta- CULLING-CARR.) (MA) ea 

London, Sarker and Sons, Luzac, I RR 

1919, 503. — Rec.: JRAS, 1920, I. 1020 — SmitH V. A., The 

118 - 121 (VINCENT A. SMITH). Oxford History of India fron the 

(M.4). earliest times to the end of 1911. 


I. 1018 — ParcitER F. E., The 


2 ed. vevised and continued to 
1921-1923 by S. M. EDWARDES. — 


188 — 


XXII. STORIA. I. 1020-1023 


Il vecchio lavoro del Tod (I 1021) sul Rajputana è stato edito 
nuovamente dal Crooke in forma più perfetta e più moderna. 
Egli vi aggiunge di suo un'introduzione, note, illustrazioni e modifica 
qualche nome e la traduzione di qualche passo. 

È uscito il I volume della grande Storia dell'India edita sotto 
la direzione del Rapson (I 1022) con la collaborazione dei noti 
indianisti: Sir H. J. Mackinder, J. Rapson, Dr. Peter Giles, A. B. 
Keith, J. Charpentier, T. W. Rhys Davids e Mrs. Rhys Davids, 
E. W. Hopkins, A. V. Williams, Jackson, E. R. Bevan, G. Macdonald, 
F. W. Thomas, L. D. Barnett, Sir J. H. Marshall. Il volume tratta 
del periodo compreso fra le origini e il I sec. d. C. 

Il Ball (I 1023) offre ad orientamento dei non specialisti nella 
vastissima letteratura di storia Indiana, una guida breve ed econo- 
mica, in cui sono contenuti i frutti delle ricerche più recenti. 

Il Subramaniam (I 1024), riferendosi all’enumerazione fatta da 
parte di Acoka dei paesi che accettarono il suo ordinamento, si 
sofferma sulla menzione degli Andhra, e si propone il problema se 
essi debbano o meno esser identificati coi Catavahana. Egli si accorda 
col Sùkthankar, che pure si occupò dell'argomento, nel: ritenere 
che i Catavahana sono ben distinti dagli Andhra, ma contrariamente 
al S. crede che si debbano far provenire dall'India Occidentale, e, 
ritenendo che la loro capitale sia stata Paithin, identifica appunto 
i Catavahana coi Petenika, pure ricordati come seguaci dell'ordina- 
mento di Acoka, che avrebbero avuto precisamente Paithaàn per 
capitale. 

Il Thomas (I 1025) ritiene ancora insoluto il problema dell'iden- 
tificazione del regno di Satyaputra (dell’Editto di Agoka N. Il), e, 
d'accordo col Subramaniam, fantastiche le interpretazioni che se ne 
sono date, come quella — a prima vista più plausibile delle altre 
— del Krishnaswami Aiyangar, che vi ravviserebbe i Nair di Malabar. 
Stima possa forse identificarsi Satvaputra col capo del regno di 
Satya (probabilmente Kolathiri), benchè alcuni punti restino anche 
con questa interpretazione oscuri. In ogni modo dovette trattarsi 


Rec.: 1.a ed., JRAS, 1919. 420- story of India in six volumes. 


421 (W. F.). Volume I. Ancient India, edited 
i 0 eolie e E. J. Rapson. Cambridge Uni- 
JAMES, Annals and Antiquities of VEL sS/1032 

iaia Ed. by W. CrooKE, C. I. 1023 — Barr UPENDRA NATII, 
. E., D. Sc. Tre vol. Oxford, Ancient India. IN + 230 Cal- 


Un. Press 1920. — Rec IRAS:, centi Gamialà Book Depot 1921. 
192I, 135-360 (W. Fi). (Md). — Rec.: JRAS, 1923, 128 (J. AL- 


I. 1022 — 7Yhe Cambridge Hi- LAN). (LM). 


— 189 — 


BALLINI - INDIA. 


I. 1024-1032 


di un piccolo regno, la cui importanza per Agoka derivò da ragioni 
morali e religiose. 

Il Ren (I 1020) si propone dì darci un sommario della storia 
delle principali dinastie dell'antica India — quale può esser desunta 
dalle iscrizioni, leggi, monete e dalle fonti letterarie — redatto nella 
sua nativa Hindi. rd 

Il Bhandarkar (I 1027) da una nuova edizione del suo saggio 
sull’antica storia dell'India. Esso tratta del periodo che va dall’inizio 
della dinastia Maurva alla fine del periodo Gupta. 

Surendranath Sen (I 1028), traduce la cronaca di Sabhasad, 
il primo biografo di Sivaji e descrive il sistema amministrativo dei 
Maratha all'epoca (sec. XVII) di Sivaji stesso e dei Pecwa 
(I 1029). 

È uscita la storia del Deccan di J. D. B. Gribble (I 1036). Il vol. II, 
rimasto incompiuto per la morte dell'autore, è stato condotto a 
termine dalla figlia di lui, Mrs. M. Pendleburv. 

Il Hiriyanna (I 1031) ribadisce con nuovi argomenti la propria 
tesi, già espressa precedentemente in JRAS, che sia probabilmente 
errata l'opinione diffusa che identifica Surecvara con Mandana- 
Micra. 

Una breve relazione riferentesi alla dinastia dei Pallava (che 
ebbe grande importanza sulla cultura e storia dell'India meridionale) 
pubblica C. S. Srinivasachari (I 1032). 


I. 1024 -— SUBRAMANIAM T.N., 1920. — Rec.: JRAS, 1923, 128 
Petenthas of Asoka's Rock Edict (J. ALLAN). (LM). 


XIIT. JRAS, 1923, 88-93. (LV). 


I. 1025 — THomas P. J., 7e 
identification of Satvaputra. ]RAS, 
1923, 4II-414. (DM). 


I. 1026 — REN VIGVECGVARNATH, 
Bharat-ké Prachin Rajavame (A4n- 
cient Dynasties of Indra). Vol. I, HI, 
Bombay, 1920-1. — Rec.: JRAS, 
1023, 439-40 (LD. BARNETT). 
(LM). 


I. 1027 — BHANDARKAR R. G., 
A Peep into the Farly History of 
India. From the fondation of the 
Maurva Dvnasty to the downfall 
of the imperial Gupta Dynasty, 
322 B.C. circa 500 4. D. with a 
preface bv. H. G. RAWLINSON. 
IV 74, Bombav, Taraporevala 


I. 1028 — SEN SURENDRANATH, 
Siva Chatrapati, Calcutta, 1920, 
AIL — 272. — Rec.: JA, 1023, 
177-8 (J. BLocH). 


I. 1029 — SEN SURENDRANATH, 
Administrative system of the Ma- 
rathas (from original sources). Cal- 
cutta, 1923, NVI + 633. (GBP). 


I. 1030 — GRrIiBBLE ]J. D. BR, 
A History of the Deccan. 18096- 
1024. 


I. 1031 — Hririvanna M., Su- 
resvara and Mandana Misra. ]RAS 
1924, 90-97 (LM). 


I. 1032 — SRINIVASACHARI CC. S., 
The Historv and Institution of the 
Pallavas. Mysor, Wesleyan Mission 


— 190 -- 


XNXII. STORIA. I. 1032-1036 


F. J. Monaham (I 1033) tratta della storia, delle istituzioni, 
delle iscrizioni e dell’arte del periodo Maurya, ch'ebbe, come è 
noto, origine subito dupo l'invasione di Alessandro in India nel 
327 a. C. 

Sono usciti due volumi (I 1034), scritti in Bengali, corredati 
di documenti e di molte citazioni relative alla numismatica, epigrafia, 
storia indiana. Nei primi sei capitoli del primo volume si tratta 
più della storia dell'India che non del Bengala, poichè la vera storia 
di questo comincia colla dinastia Pala nell'8° sec. d. C. Negli altri 
sei si fa la storia del Bengala con referenze alle altre regioni. Il se- 
condo volume è un profondo studio di numismatica, raccomandabile 
agli specialisti di tale materia. Ambedue i volumi sono molto chiari 
ed obbiettivi. 

Fondandosi su dati dei Purdna, ai quali oggi si attribuisce 
valore storico di informazione almeno su gli elenchi di dinastie reali 
che governarono successivamente nelle varie parti dell’India, R. 
Shamasastry (I 1035) nega che esse quando vengono nominate si 
debbano intendere successive le une alle altre, ma afferma che 
furono contemporanee o anteriori 0 più durature alcuna volta 
di quelle cui si supponeva dovessero esser succedute. E così di- 
mostra, fondandosi sul Prabhavakacarita, o vita di Santi Jaina, di 
Pradyumna Suri (sec. NIII), che, contrariamente all'affermazione 
dei Purana, i Gardabha e i Murunda (Munda) furono contemporanei 
e non posteriori agli Andhra. 

Lo Stein (I 1030) fa un confronto minutissimo fra la descrizione 
dell'India di Megasthene e VArfhagastra di Kautilva, giungendo 
alla conclusione che non vi è fra le due fonti un così perfetto accordo 
come è stato affermato, che è poco probabile che i due autori sieno 
stati contemporanei, e che è dubbio se Kautilva, il ministro di 
Candragupta, sia stato davvero l’autore dell'Ar/hagastra che porta 
Il suo nome. 

Valendosi d'un passo di Quinto Curzio (VIII, 13), il Cavai- 


Press. 1924. — Rec.: JRAS, -+- Rec.: JRAS, 1017, 853-858 
1925, 182 (L.D. BARNETT). (FE. W. Triomas). (VA). 

I. 1033 — MonaHanN FP. J., Ze I. 1035 — SHAMasasTRY _R., 
Early History of Bengal, 1025. The Era of Vikramaditva and the 


Dvnastv of Gardhavhilas and of 
I. 1034 — CRI-RAKHALDAS VAN- Murundas. JRAS, 1025, 81-80. 
DYOPADHYAY PRANIT, ZBanga/ar 


Itthàs: Pratham Bhag. Calcutta: I. 1036 — Sigkin O., .Vega- 
Bengal Medical Librarv, 13210 sthenes und Kautilva. IV + 336, 
(1014); Pracin Mudra,1322 (1915). Wien, Holder 1022. —  Rec.: 


s “IOL se 


BALLINI - INDIA. I. 1036-1043 


gnac (I 1037) dimostra, contro il Beloch e lo Schubert, che Alessandro 
passò l’Idaspe (Djelam) a monte del suo campo. 

C. H. Payne (I 1038) pubblica e commenta scritti celebri di 
storia dell'India: Plutarco « Alessandro Magno in India »; Hwui Lì 
« Il Signore della legge »; Abdur Razzak « Vijayanagar nel XV Se- 
colo »; Roteiro « Vasco de Gama a Calicut »; Babar «La battaglia 
di Khanwah »; Firishta «La fondazione dell'impero Mongolo »; 
Du gJarric « Akbar »; id. «la ribellione del principe Khusra »; 
Oxinden « Una visita a Sivaji »; Tavernier « La corte di Aurangzeb ». 

Delle notizie dei Greci su l’India sino alla spedizione di Ales- 
sandro scrive W. Reese (I 1039). 

Il Rawlinson (I 1040) vuol dare un resoconto succinto delle re- 
lazioni fra l'India ed il mondo greco-romano, e si basa largamente, 
a detta dell’autore stesso, sui sei volumi di McCrindle di traduzioni 
da autori classici. L’A. si occupa specialmente dei rapporti degli 
Indiani coi Greci, che fino ad allora li ignoravano, del tempo di Ales- 
sandro, e della formazione di colonie in Asia per opera di Alessandro 
e dei Seleucidi; poi degli attivi scambi commerciali coi Romani, 
specialmente vivi dai tempi d’Augusto a quelli di Caracalla. 

Su le relazioni fra l'India e i Romani scrive G. Jouveau Du- 
breuil (I 1041-1042). 

Nelle tre lettere latine (I 1043) scritte intorno al XIV secolo, 
(riferite da una cronaca che si trova nella Biblioteca Nazionale di 
Parigi) dalla Cina per mano di Frati Francescani, si trovano alcune 
notizie intorno all'India (clima, costumi, flora, ecc.). 


JRAS, 1923, 623 (F. J. Mona- I. 1040 — RAWwLiNSON H. G,, 
HaN). (LM). Intercourse between India and the 
Western World from the Earliest 

I. 1037 — Cavarnac E., 4 Times to the Fall of Rome. 


propos de la bataille d' Alexandre 
contre Porus. JA, 1923, 332-4. 
(GBP). 


I. 1038 — PAYNE C. H., Scenes 
and Characters from Indian Hi- 
story as described in the works of 
some Old Masters. Compiled and 
edited uth explanatory notes, 1925. 


I. 1039 — R£EsE W., Die griech. 
Nachrichten iber Indien bis zum 
Feld:ug Alexanders d. Gr., 100. 
Leipzig, Teubner 1914. — Rec.: 
LZB, 1915 (PHitipp); DLZ, 1915, 
724 (J. WEIB). 


136, Cambridge, University Press 
1916. — Rec.: JRAS, 1910, 
847-53 (J. KENNEDvY). RH, 1917, 
123-125 (LECRIVAIN). (DM). 


I. 1041 — Jouveau DUBREUIL 
G., L’Inde et les Romains. Paris, 
Geuthner, 1921. 


I. 1042 — JouveAUu DUBREUIL 
G., India and the Romans. IA, 
march 1923. 


I. 1043 — MouLE A. C., The 
Minor Friars in China. JRAS, 
1921, 83-II6. 


— 12 — 


I. 1044-1050 


XXII. STORTA. 


R. Sewell (I 1044) stabilisce, fondandosi sulle iscrizioni, la crono- 
logia dei re di Vijayanagara (India Meridionale) dal 1485-86 (usur- 
pazione di Nrsimha) al gennaio 1510 (incoron. di Krsnadeva Rava). 

A. F. G. Bell (I 1045) pubblica una vita di Gaspar Corréa, che 
— nato nel 1496 — fu segretario di Alfonso da Albuquerque, gover- 
natore del Cochin e scrisse una importante storia dei governatori 
portoghesi dell’India (4 voll. pubblicati negli anni 1856-66). 

Law Nath esamina (11046) le dinastie musulmane dell’India, 
fermandosi lungamente su quella dei Mongoli (Moghul). Un capi- 
tolo è dedicato all'educazione della donna. L'opera è riccamente 
illustrata; contiene bibliografia ed indici. | 

J. Sarkar pubblica due volumi sul governo mongolo nell’India. Il 
primo (I 1047) riproduce saggi già noti, ma accresciuti di varî altri — 
e riguarda l'amministrazione delle rendite. Specialmente interessante è 
quanto l'A. dice riguardo il sistema di Aurangzeb. Il secondo volume 
(I 1047a) è un corso di conferenze tenuto alla Università di Patna. 

Una relazione sull’assedio di Satara da parte di Aurangzeb, 
pubblica lo stesso Sarkar (I 1048). 

È apparsa la prima di una serie di monografie sui più grandi 
uomini che hanno fatto del nome di Rajput il sinonimo della caval- 
leria e dell'eroismo nel M. E. indiano. Il primo di questi è Kumbha 
Karana che regnò 35 anni gloriosamente nel Mewar, arricchendolo 
coi più fini lavori d’arte (I 1049). 

Krishnaswamy Aivangar (I 1050) pubblica uno studio sull’oscuro 
periodo della storia del Reame di Vijavanagar antecedente al 1509. 
E un utile supplemento al « forgotten Empire » del Sewell. 


I. 1044 — Sewetcr R., Tle 
Kings of Vijavanagara, A.D. 1486- 
1509. JRAS, 1915, 383-395. (GBP). 


bridge, Heffer; Calcutta, Sartar a. 
Sons, 1919. 


I. 1047a — SARKAR JADUNATH, 


I. 1045 — Bert AUBREy F. G., 
Gaspar Corréa. VII + 93, Hum- 
phrey-Milford, Oxford Univ. Press 
1924. — Rec.: JRAS, 1925, 120- 
121 (T. GRAHAME BRAILEv). 


I. 1046 — NATHLAW NARENDRA, 
Promotion of Learning in India 
during Muhammadan Rule (by 
Muhammadans). Longmans Green, 
1916. — Rec.: JRAS, 1918, 601- 
004 (A. Y. A.). (MA). 


I. 1047 — SARKAR JADUNATH, 
Studies in Mughal India. Cam- 


Mughal Administration. London, 
Luzac 1920. — Rec.: JRAS, 1921, 
438-439 (W. H. AM.). (MA). 

I. 1048 — Proceedings of Mee- 
tings of the Indian Historical Re- 
cords Commission, vol, IV, pp. 109. 
— Rec.: JRAS, 1923, 647-8 (J. 
ALLAN). 


I. 1049 — Sarnpa Harp BILAS, 
Maharana Kumbha, Sovereign, Sol- 


 dier, Scholar. Ajmer, 1917. — Rec.: 


JRAS, 1917, 863-804 (0.C.). (MA). 


I. 1050 — AivANGAR KRISH-. 


- 19 


Aevum - Anno I - 13 


BALLINI - INDIA. I. 1050-1054 


T. W. Haig (I 1051) tenta una cronologia dei re del Kacmir 
fondandosi sulla Tabagat-1-Akbari, la traduzione della Ain-1-Akbari 
e la storia del Firishtah. La dinastia, che durò sino al 1561, s’ini- 
zia coll’avventuriero musulmano Shah Mirza, divenuto re nel 1315. 
Scgue la breve dinastia Chak che durò sino al 15$9. L'autore ag- 
giunge le tavole cronologiche con le date comparate dell’Egira e 
dell'Era Volgare. | 

Lo Smith (I 1052) ha pubblicato più che una storia, una bio- 
grafia di Akbar, il monarca che cercò di conciliare tutte le religioni 
nazionali dell'India per consolidare la sua posizione di conquistatore 
della massima parte della penisola; che fu inoltre l'amministratore 
per eccellenza perchè governò il suo regno con intuiti moderni. 

Il Moreland ed il Yusuf Ali (I 1053) si propongono di raccogliere 
1 dati della Aîn-1-Akbari, per dare un resoconto completo della 
«land revenue » nell'Amministrazione di Akbar. Gli autori, dopo 
aver enumerato le difticoltà incontrate per il testo, per la termi- 
nologia speciale del 3° libro dell’Aîn, e per la corrispondenza ai ter- 
mini tecnici moderni, ecc., ne analizzano il contenuto. Esaminano 
ampiamente i tre principali «revenue systems », nelle loro divi- 
sioni, applicazioni e scopi. Aggiungono un sommario, «revenue 
arrangements » delle varie provincie al tempo delle statistiche del- 
l'Aîn. Gli autori concludono che l'ideale amm. è nel sistema 
Zapti o regolativo che fu il più adattato nell’impero d’Akbar. 

Lo Smith (I 1054) riporta e commenta le varie versioni traman- 
dateci della morte di Hemu nel 1550, in relazione alla tradizione, 
generalmente accettata, del rifiuto di Akbar a finire un nemico ferito. 
Esaminate versioni del Firishta, dello Elphinstone, di Badaoni, di 
Ahmad Yadgar e quella del Van den Broecke nella traduzione del 
De Lact, quella del figlio di Akbar, Jahangir, e di altri, si dichiara 


NASWAMY, 4 Little-Known Chapter 
of Vijavanagar Historv. Madras, 
101060. — Rec.: JRAS, 1918, 582. 
583 (M. L. D.). (MA). 


I. 1051 — Harc LiruT.-Cor, 
T. W., The Chronology and Ge- 
nealogy of the Muhammadan Kings 
of Kashmir. JRAS, 1918, 451-403. 
(MA). 


I. 1052 — SMITH VINCENT À., 
Ahbar the creat Moghul 1542-1005. 
Oxford, Clarendon Press. — Rec.: 
JRAS, 10918, 345-347. — V. pure: 


SmitH V. A., The Date of Akbar. 
IA, 1915, Ristampa: Bombay, 
I9QIO. 

Smitia V. A., Akbar, the great 
Moghul: his life, character and opi- 
nions. AR, 1915 May. (MA). 


I. 1053 -— MorELaND W. H,., 
and A. Yusur ALI, Akbar's land- 
revenue system as described in the 
«.din-i-Ahbari ». JRAS, 1918, 1-42. 


0 


I. 1054 — SMITH VINCENT A, 
The deat of Hemu in 1550, after 


— 194 — 


XXII. STORIA. I. 1054-1058 


tavorevole alle versioni di Ahmad Yadgar e del de Lact, nelle quali 
il principe obbedisce all'invito di Baisam Khan e taglia la testa allo 
infedele; crede che la storia della magnanimità di Akbar sia una 
creazione della sua corte per mettere in accordo questo suo episodio 
giovanile col carattere della sua maturità, e che non debba giudicarsi 
severamente alla luce della nostra concezione Europca il giovinetto 
quattordicenne che obbedì agli ordini del ministro e uccise un ne- 
mico infedele. 

Il Beveridge (I 1055) narra la storia di Aziz-Koka « the beloved 
foster-brother » dell'Imperatore Akbar, che rappresenta una delle 
più interessanti figure alla corte di Agra nel NVI secolo. 

Beni Prasad (I 1050) tratta esaurientemente la storia di Ja- 
hangir, così che nulla resta a dire su questo Imperatore, non grande 
se non per la sua posizione e tristemente famoso per l'uccisione di 
Abul Farl, cui sì deve la conoscenza dell'India nel NVI sec. Tratti 
simpatici di Jahangir sono, tuttavia, il suo amore per la natura, 
il suo culto della giustizia per cui è ancora ricordato in India, ed una 
certa protezione data alle arti. 

W. H. Moreland (I 1057), esaminando le fonti cui attinse le 
proprie informazioni il de Lact pel trattato De Dnperio Magni Mo- 
golis, mette a ralfronto alcuni passi del de Laet stesso con passi cor- 
rispondenti, identici, del Pelsartt, per. concludere che indubbia- 
mente il de Laet conobbe il Report preparato nel 1627 dal Pelsartt 
e se ne servì con molto discernimento. Non riuscì tuttavia, a conser- 
vare la vivezza e il colore dell'originale. 

W. H. Morcland e P. Gevl traducono tutti i documenti di Iran- 
cisco Pelsartt relativi all'India del tempo di Jahangir (I 1058). La pub- 
blicazione è assai importante sotto l’aspetto politico cd economico del 
periodo storico che la concerne. Ampii sono di fatti i particolari 
del Pelsatt sulla vita sociale e religiosa del tempo. Contenuto: 
la città di Agra; il commercio di Agra e l'Oriente; Indigo; descrizione 
del commercio del Gujeràt; il commercio olandese nell'India Set- 
tentrionale; sulle provincie al Nord e Ovest di Agra; il Kashmir; 


the battle of Panipat. JRAS, 1916, 
527-535. (DM). 


I. 1055 — BeveRIDGE lI., Aziz 
Koka. JRAS, 1921, 205-208. 


University Press, 1922. — Rec.: 
TJRAS, 1923, 483-84 (H. BEvERID- 
GE). (LV). 


I. 1057 — Morktanpb W. H,., 


John de Laet and Francisco Pel- 
I. 1056 — Prasan Bexi M. A, 


Allahabad Universitv Studies in 
History, Vol. I: Historv oj Jahan- 


gir. XX + sor, London, Oxford 


sartt. JRAS, 1923, $3-87. (Lo). 


I. 1058 — Jahangir's India. The 
ltemonstrantie of Francisco  Pel- 


— 15 — 


BALLINI - INDIA. I. 1058-1066 


Burhanpur e Gujerat; commerci, ecc.; modo di vita; superstizioni 
religiose; religione hindu; matrimoni musulmani. 

Il Rawlinson (I 10509) percorre la storia degli Inglesi nel Surat 
dall'inizio alla metà del XVII secolo. 

È uscita la trattazione fatta dal Forster (I 1060-1062) di un 
difficile periodo per la Compagnia delle Indie, le cuì sorti sembravano 
irrimediabilmente compromesse, periodo che coincide col sorgere 
delle Fattorie in India. Nell’ XI volume si tratta particolar- 
mente della storia di Bombay. 

S. M. Edwardes (I 1063) dà notizia dell’opera dei « Commissio- 
naries of Policé in Bombay town and îsland » dal passaggio di Bombay 
dei Portoghesi agli Inglesi. 

R. e O. Strachey (I 1064) narrano con fedeltà storica l'impor- 
tante episodio della ribellione di molti abitanti di Bombay contro 
l’East India Company. 

Beni Prasad difende Jahangir dall'accusa di complicità nella 
morte di Sher Afghan (I 1065). 

Sono usciti vari volumi del Diario di Ananda Pillai concernenti 

periodo 19 ottobre 1746-31 marzo 1751 (I 1066). 


I. 1063 — EDwarDESs S. M., The 
Bomibay City Police 1672-1916. 
VI + 223, Oxford, University 
Press 1923. — Rec.: JRAS, 1925, 
180-181 (R. E. E.). 


sartt. Translated from the Dutch 
by W. H. MorELAND and P. GEYL, 


1925. 


I. 1059 — RawtLixson H. G., 
British Beginnings in Western In- 
dia. 1579-1057. Early days of I. 1064 — Ke:gwin's Rebellion 
the Factory of Surat. pp. 158, (1683-1684). An episode in the 
10 tavole, Oxford, Clarendon Press History of Bombay by Rav and 
1920. — Rec.: JRAS, 1923, 310 OLIVER STRAcHEY. Oxford Hi- 
(J. ALLAN). (LM). storical and Literary Studies No. 6. 

Cleveland Press 1916. — Notizia: 

I. 1060 — FoRSTER WILLIAM, JRAS, 1916, 390-9I. 
The English Factories in India. 
Vol. IX, 1655-1660. 446, Oxford, 
Clarendon Press 1921. — Rec.: 
JRAS, 1923, 310 (J. ALLAN). (L_M). 


I. 1065 — Proceedingsof Meetings 
oftheIndian Historical Records Com- 
misston, Vol. IV, pp. 109, Calcutta 
1922. — Rec.: ]RAS, 1923, 647-48 
I. 1061 — Forster W., Ze  (J. ALLan). (LV). — V.I. 1048. 
English Factories in India. A ca- 
lendar of Documents in the In- I. 10606 — Ze Private Diary of 


dia Office. Vol. X, 1661-1004. 1923. «Ananda Ranga Pillai. Vol. III- 
VII. Superintendent Government 
Press, 1916-1918. — Rec.: JRAS, 
1916, 381-384; 1917, 407-408; 1918, 
322-325 (FRANK PENNY); 1919, 
285-290 (R. C. CULLING CARR). 


I. 1062 — ForstER W., The 
English Factories in India. A Ca- 
lendar of Documents in the India 
Office. Vol NI, 1665-1667, 1925. 


XXII. STORIA. I. 1067-1072 


Rassul Galwan (I 1067) scrive sui famosi viaggiatori Sahib 
(tra gli altri Sir Francis Younghusband e Herold Littledale). Rife- . 
risce sulla regione e sui popoli attraverso i quali è passato e sui 
Sahib. 

Una nuova edizione delle lettere dall'India di Mrs. Eliza Fay 
(I 1068) con aggiunte di relazioni di altri viaggi da lei compiuti nel- 
l’India stessa (la prima edizione era uscita a Calcutta nel 1817) è 
apparsa per opera di E. M. Forster, che vi ha premessa una intro- 
duzione e aggiunto note. 

W. Crooke (I 1069) pubblica una nuova edizione dei « Viaggi 
in India » del Tavernier. L'ultima edizione, pubblicata nel 1895, 
erasi esaurita. 

Il Forster (I 1070) ristampa le descrizioni dell’India fatte dai 
primi sette Inglesi che la visitarono; Ralph Fitch, John Mildenhall, 
William Hawkin, William Finch, Nicholas Withington, Thomas 
Coryat e Edward Terry, le cui narrazioni ci rendon conto del pe- 
riodo 1583-1619. Correda il testo di note. 

Thakur Shri Jessrajsinghji Seesodia (I 1071) descrive l'Impero 
Indiano, enumerandone gli Stati colla loro area, popolazione, ecc., 
e dedica poi parecchi capitoli al Rajputs, descrivendone il coraggio, 
e i servizi resi nel passato e nel presente. 

C. Ilbert-Courtenay (I 1072) ristampa l’Introduzione storica che 
costituiva il primo capitolo della terza edizione del suo libro « The 
Government of India» pubblicato nel 1915, riveduta e aggiornata 
fino ai messaggi e ai discorsi del 9g febbraio 1921, quando la nuova 
Legislatura Indiana fu inaugurata a Delhi. 


I. 1067 — Garwan RASSUL, Ser- I. 


vant of Sahibs. With introduction 
bv Sir FRANCIS YOUNGHUSBAND, 
1923. 


I. 1068 — Fay ELIZA, Ori- 
ginal Letters from India; contai- 
ning a Narrative of a journey 
through Egypt, and the Authors 
Imprisonment at Calicut by HyDER 
ALLY. To which is added, an 
Abstract of three subsequent Vo- 
yages to India. 1925. 


I. 1069 — TAvERNIER ]J. B, 
Travels in India. Translated by 
W. BaLc. New ed. ly W. CROOKE, 
1925. 


1070 — ForstER WILLIAM, 
Fayly Tyavels in India, 1583-1619 
NIV -+- 351, 9 tavole, e 1 car- 
ta geogratica, Oxford University 
Press H. Milford 1921. — Rec.: 
JRAS, 1923, 310-311 (]J. ALLAN). 
(LAM). 


I. 1071 — SErsoDpia THAKUR 
SHRI JESSRAJSINGHJI, Zhe La]- 
puts, a Fighting Itace. East and 
West, Ltd., 1015. — Rec.: JRAS, 
IQIO, 3492-93. (LUMI). 


I. 1072 — ILBERT COURTENAY 
Sir G. C. B., K. C. S. L, The 
Government of India, VIII + 144, 
Oxford, Clarendon Press 1922. - 


ss Wa 


BALLINI - INDIA. P I. 1072-1097 


Sir Valentine Chirol (I 1073) pubblica uno studio su l’India. 
In esso l’A. si occupa di problemi di attualità e d'importanza, alla 
trattazione dci quali pone il contributo della sua conoscenza dei 


tempi antichi e moderni. 


Sono usciti gli atti del IV e del V Convegno della « Indian 
Historical Records Commission » (I 1074). 

Parecchie altre pubblicazioni di storia dell'India antica e medio- 
evale e moderna sono apparse (I 1075-1187). 


Rec.: JRAS, 
NovceE). (LM). 


1923, 635-36 (F. 


I.1073 —CHiROLSIR VALENTINE, 
India; with an Introduction by the 
RigGuT Hox. H. A. LIL. TIScHER, 
10920. 


I. 1074 —— Indian Historical 
Records Commissioni Proceedings 
of Meetings. Vol. V: Fifth Meeting, 
held in Calcutta, January, 1923. 
III + 105, Calcutta, Government 
Press, 1923. — Notizia: JRAS, 
1925, 120 (T. GRAHAME BAILEvy}). 


I. 1075-1076 — MARSHALL ]. 
H., The date of Kanishka. JRAS 
1914, 973-856, 1915, 101-190. 


I. 1077 — CHARPENTIER Ja, 
Ashoka. NT, 1915, 119-138. 
I. 1078 — SincH THAKUR RA- 


JENDRA, Great war of AncientIndia, 
Allahabad, 1915. 


I. 1079 — CocHRane VW. W., 
The Shans. Vol. I. Rangoon, 1915. 


I. 1080 — ArvaR S. V. VENKA- 
TESWARA. The Aucient History of 
Magadha. IA, March, 1915. 


I. 1081 — Raprson E. J., An- 
cient India from the Earliest Times 
to the 1.st century A. D., 19I0. 


I. 1082 — Barr LU. N, Ancient 
India. Calcutta, 1921. 


I. 1083 — Varpya C. V., Harsha 


and his Times. JBRAS, XXIV, 
1916, N. II. i 


I. 1085 — Skwretc R., The 
Chronology of the Pandva Monar- 
chy. IA, 1910, NLIV. 


I. 1086 — IlIuTtcHISON J. and 
J. PH. VoceL, Zlhe Panjab Hill 


States. JPHS, 1916, III, n. 2; 
IV, n. 1. 
I. 1087 — BaxkRJ R. D,, 
The Palas of Bengal. MASB, 
1916, n. 3. 


I. 1088 — SixcH THAKUR RA- 
JENDRA, The Barbarians of An- 
cient India and the storv of their 
extermination. Allahabad, 1910. 


I. 1089 — JavaswaL K. P,, 
Saisunakha and AMaurya Chrono- 
logv and the Date of Buddha°s Ntr- 
vana. JBORS, 1, 1916, pt. I. 


I. 1090-1091 — ]JAGANNADHA- 
Swami PP. Warfare in Ancient 
India. Madras, 1916. 


I. 1092 — Havetr FE. B., The 
History of Arvan Rule in India 
from the Larliest Times to the 
Death of Akbar, 10918. 


I. 1093 — MicHEeLSONT., Agokan 
Notes. JAOS, XXXVI, 1910. 


I. 1094 — MacpÒÙÒÙait I. M., d- 
soka. London, Milford 1918. 


I. 1095 — SmItIa V. A,, Acoka, 
3 ed., Oxford, 1920. 


I. 1096-1097 — Latt PANNA, 
The Dates of Shandagupta and his 
successors (ristampa da The Hin- 


cu 198 + 


XXIII. STORIA. 


I. 1097-1118 


Pe Maung Tin e G. H. Luce hanno tradotto in inglese la 
Cronaca dei Re di Birmania (I 1IS$) facendola precedere da una 
introduzione critica della letteratura storica della Birmania. 


dustan 
Rec.: 
A. S.). 


Review, Jan. 
JRAS, 1919, 260-202 (V. 


I. 1098 — ArvanGar S. RRI- 
SHNASWAMI, Zhe Beginnings of 
South Indian History. Madras, 
The Modern Printing Works 1918, 
596-599. — Rec.: JRAS, 109109, 
590-599 (V. A. S.). 


I. 1099 — BHANDARKAR M. 
DEVvADATTA R., Lectures on the 
ancient history of India. 218. Cal- 


cutta, I9I9. 

I. 1100 — VENKATASUBBHIAH, 
The Chronology of the Western 
Chalukyas of Kalvani. TÀ, Ja- 
nuary 1919. 

I. 1101 — Javaswac _ k. P,, 
Saka-Parthiva. 1A, January 1019. 


I. 1102 — Mirra PACHANAN, 
New Light from Prehistoric India. 
IA, May 1919. 


I. 1103 — ArvANGAR KRISHNA- 
SWAMI, Zhe Hun Probleni in In- 
dian History. IA, May 1919. 


I. 1104 — BHANDARKAR D). R., 
Dekkan of the Satavahana Period. 
IA, June 1919. 


I. 1105 — Basax RADHAGOVIN- 
DA, Chandya's Conquest of Bengala. 
IA, June, 1919. 

I. 1106 — Ayvar VENKATESWA- 
RA A. V., The Life and Times of 
Chalukya Vikramaditya. IA, Juli- 
August 1919. 


I. 1107 — BuipE H. B,, Is 
Kalkiraja an historical Personage? 
IA, July 1919. 


I. 1108 — VEXKATASUBBHIAH 


1918). — 


A., Pratiharas in Southern India. 
JIA, Julv 10919. 


I. 1109 — RAYCHANDHURI HEm- 
CHANDRA, /ashtriva and Tushas- 
pha, the Yavanaraja. IÀ, August 
1I9I0. | 


I.11I10 — TrimprLe R., A brief 
Sketch of Malavan History. 1À, 
December 1919. 


I. ilit — Majumpar N. G,, 
The Lakshmanasena Era. 1À, Sep- 
tember 10919. 


I. 1112 — CHANDA RAMAPRA- 
sap. Date of Khaàravela. 1A, Nov. 
I09I9. 


I. 1113 — Law B.C., /nter-State 
Relations in Ancient India. Part T, 
1920. 


I. 1114-1115 — Top ]J., Annals 
and «Intiquities of Iajasthan. 3 
vol., London, Miltord 1920. 


I.1116— JouveaAUu DUBREUVILG., 
Ancient History of the Deccan. 
Translated from the French bv V. 
S. SWAMINADHA DIKSHITAR. 11, 
Pondicherry, 1920. — Rec.: ]RAS, 
1920, 378-379 (L.D. BARNETT). 


I. 1117 — Parciter FT. E. 
Ancient Indian Historical Tradi- 
tion. VIII + 308, London, Oxford 
Universitv Press. — Rec.:, JRAS, 
1922, 605-007 (R. C. TEMPLE). 


I. 1118 — Zndian Historical Re- 
cords Commission: Proceedings of 
Meetings. Vol. II. Second Meeting 
hell at Lahore, Jantary 1920. 
PP. 45 + NANVI, Calcutta, Su- 
perint. Governm. Printing 10920. 
— Rec.: JRAS 1922, 298-299 (R. 
P. DEWHURST). 


BALLINI - INDIA. 


I. 1119-1139 


G. E. Harvey (I 1189) su documentazioni indigene, su iscrizioni, 
cronache Birmane e Talaing, documenti portoghesi ed inglesi, scrive 


I. 1119 — MooxKERJI R., Local 
Government 1n Ancient India. 2 
‘ ed., Oxford, Clarendon Press 1920. 
— Rec.: JRAS, 1920, 114-118 
(F. E. P.). 


I. 1120 — Majumbar R. C., 
The Chronology of the Pala Kings; 
The Chronology of the Sena Kings. 
JPASB, XVII, 1921, n. 1. 


I. 1121 — BHATTACHARYA V., 
Sahaparthiva. IÀ, 1921. 


I.1121a — Sita RAM, The histo- 
rical position of Ramanada. JRAS, 


192I, 239. 


I. 1122 — Durc J. GRANT, 
History of the Mahrattas. Revised 
annotated ed. with an Introduc- 
tion by S. M. EDWARDES, 1921. 


I. 1123 — Kixcarp C. A. and 
Rao Bahadur D. P. PARASNIS, 
A History of the Mavratha People. 
From the FEarliest Times to the 
Death of Shahu. 2 vol., 1918-22. 


I. 1124 — Law B. C,, Zfistorical 
Gleanings. With a foreword by 
B. M. BARCTA. 1922. 


I. 1125 — PANNIKKAR K. M,, 
Sri Harsa of Kanauj. A monograph 
on the history of India in the 
first half of the 7.th century A. D. 
Bombay 1922. 


I. 1126 — STAPLETON H. H,., 
Contributions to the history and 
ethnography of N. Eastern India. 
JPASB, 1922, n. 1,7. 


I. 1127 — Hutton J. H., Ze 
Lhota Nagas, London, 1922. 


I. 1128 — SAastRI S. M., IVere 
the Pradyotas of the Puranas yulers 
of Magadha? Patna, Bihar and 
Orissa Government Press 1923. 


I. 1129 — KRISHNAMACHARLU C. 
R., The origin groutàh and decline 
of the Vijayanagar Empire. IA, 
January 1923. 


I. 1130 — RAYCHANDHURI HEM- 
CHANDRA, Political History of A71- 
cient India from the Accession of 
Parikshit to the Extintion of the 
Gupta Dynasty, 1923. 


I. 1131 — Arvancar S. K., 
Some contributions of South India 
to Indian Culture, 1923. 


I. 1132 — AIvAR SATYANATHA 
R., History of the Nayaks of Ma- 


dura edited by S. IK. AIYANGAR, 
pp. XIII + 403, Oxford, H. 
Milford, 1924. 


I. 1133-1134 — SeweLL R., 4 
forgotten Empire (Vijavanagar); a 
Contribution to the History of 
India, 1924. 


I. 1135 — SarDA HAR BILAS, 
Maharana Sanga the Hindupat, 
the last great leader of the Rajput 
Race. — KRec.: JRAS, 1920, 113- 
TIi4 (V. A. .S.). 


I. 1136 — ArvANncar S. Rk,, 
South India and her Mluhamma- 
dan Invaders, 1921. 


I. 1137 — LAW NARENDRA, 
Promotion of Learning in India 
during Muhammadan Rule; unth 
a foreword by H. BEVERIDGE, 
London, 10910. 


I. 1138 — Foster \W., Early 
Travels in India, London, 1921. 


I. 1139 — Ross DENISON E,, 
The Portuguese in India and Arabia 
between 1507 and 1517. JRAS, 
1921, 545-02. 


20) — 


XXIT. STORIA. 


I. 1140-1159 


la storia della Birmania, dai più antichi tempi al 1824 (inizio della 


conquista inglese). 


I. 1140 — SARKAR J. N., Assam 
and the Ahoms in 1660. ]BORS, 
vol. I, 1916, p. II. 


I. 1141 — TEMPLE R.C., Factor's 
complaint from Porahad in 1665. 
1A, May 1922. 


I. 1143 — PerERA REv. S. G., 


Jesuits in Ceylon in the 106.th 
and 17.th Centuries. CALR, I, 
1916, pt. I. 


I. 1144 — ButULTJENS A. ÈE,, 
The Dutch East India Company 
and the peace of Amiens 1802, 
CALR, I, 1916, pt. IV. 


I. 1145 — AscoLI J. D., Early 
Revenue History of Bengal and 
the 5.th Report 1812. Oxford, 1917. 


I. 1146 — Arvancar S. KRI- 
SHNASWAMI, Zhe VYet-rememibered 


Ruler of a Long-forgotten Empire, 
Krishnadeva Raja of Vijayvanagar 
4.D. 1509-1531. Allahabad, 1917. 


I. 1147 — CUNNINGHAM, J. D. 
4 History of the Sikhs from the 
origin of the Nation to the Battles 
of the Sutlej. New and revised 
edit. Edited by H. L. GARRETT, 
1918. 


I. 1148 — Hitt S. CH., Episodes 
of Piracy in the Eastern Seas, 
1519 fo 1851. IÀ, Scptember - 
- October - November - December, 
1919; April-May, 1920. 


I. 1149 — KrIsHxA BaL, M. A,, 
PÒ. D., Commercial Relations bet- 
iween India and England (1601- 


1757), 1924. 


I. 1150 — Cotta F., Portuguese 
Losses in the Indian Seas, 1629- 
1636. JPASB, 1916, vol. XI, 
N. VII-VIII. 


I. 1151 — Fast India Company, — 
A Calendar of the Court Minutes, 
etc., of the East India Company, 
1660-1663, by E. B. SAINSBURY. 
With Introduction and Notes, by 
W. FoRSTER, 1922. 


I. 1152 — ForstER W., Siw'aji's 
Raid upon Surat in 1664. IA, 
December 1921, January 1922. 


I. 1153 — Knox R,, An histori- 
cal Relation of the Island Ceylon, 
in the East Indies, together with 
an Account of the Detarning in 
Capticity of the Author and divers 
other English men now liwing there, 
and of the Authors Miraculous 
Escape 1081. With preface and 
notes by VV. M. HARWARD, 1921. 


I. 1154 — Haan |. DE, Dagk- 
Register gehouden int Casteel Ba- 
tavia 1681. Genootschap van Kun- 
sten en Wetenschappen. Batavia 


1919. 


I. 1155 — BELL H. C. P., Letter 
from the Kandyan Court, 1726. 
CALR, I, 1916, pt. II. 


I. 1156 — X.,, The situation in 
India and the Prospects of the 
reformed Councils. AR, October, 
1920. 


I. 1157 — HALLWARD N. ) SA 
William Bolt's, a Dutch Adven- 
turer under John Company, 1920. 


I. 1158 — Curtis L., Papers 
relatine to the application of the 
Principle of Dyarchy to the Go- 
vernment of India, etc., 1920. 


I. 1159 — Bengal Government 
Records. Proceeding, Council of 
Revenue, Marhidabad, January to 
February 1771, vol. XLII. Cal- 
cutta, 1920. 


— WI — 


BALLINI - INDIA. 


1. 1160-1182 


R. Halliday (I 1190) pubblica, traduce e illustra un poema 
storico Talaing (o Mon) scritto or sono cent'anni da Lik Smin Asah, 


I. 1160 — MARTNIEAU ALFRED, 
Dupleix et l'Inde Francaise. Paris, 
E. Champion, 1920. — Rec.: 
JRAS, 1921, 638 (M. LonGwoRTH 
DAMES). 


I. 1161 — BEVERIDGE H., Notes 
on Father Mansenate's Mongolica 
Legationis Commentarius and the 
Surat Incident, translated {rom the 
Portuguese bv R. G. WHITEWAY. 
. JPASB, XI, 1916, N .VII-VIII. 


I. 1162 — DopweLL HENRy, 
Dupleix and Clive: The Beginning 
of Empire. London, Methuen 
1920. — Rec.: JRAS, 1921, 048 
segg. (M. LoxGwoRrTtH DAMES). 


I. 1163 — DopwEkLr H., Madras 
Despatches 1744-45, Madras, 1920. 


I. 1164 — SHARP H., Selections 
from Educational Records. Pt. I, 
1781-1839. Bureau of Education, 
India, Calcutta, 1920. 


I. 1165 — KixpErsLEy A. F., 
A Handbook of the Bombay Go- 


vernment Records. VI + 100, 
Bombay, Government Central 
Press 1921. — Rec.: JRAS, 
1023, 0353-38 (FE. NoyvycE). 

I. 1166 — Haric T. W., Ze 


History of the Nizam Shahi Kings 
of Alhmadnagar. IA, January- 
August 1921. 


I.1167 — Rice STr,, Lord Read- 
ings Task in India. AR, July 
1921. 


I. 1168 — TimpLeE R. C., No- 
tes. from Old Factory Records. 
IA, JanuaryFAugust 1921. 


I. 1169 — Hoskvyx ]|., 7e 
origin and earlv History of the 
Mers of Merivara. TA, June 1922. 


I. 1170 — Ray P. C., /ndian 
Swaraj and the British Common- 
wealth. AR, January 1922. 


I. 1171 — CraiK H,, Britain's 
Responsibility in India. AR, April 
1922. 


I. 1172 — Cotks E., The prince 
in India. AR, April 1922. 


I. 1173 — Merson L.,, The 
situation in India. AR, April 
1V22. 


I. 1174 — Woonpyat X., Under 
Ten Vicerovs. The Reminiscences 
of a Gurkha, 1922. 


I. 1175 — SWAMIKANNU PILLAI 
L. D., An Indian Ephemeris A. 
D. 700 to 4A. D. 1799. Voll. I-VI, 
Madras 1922. 


I. 1176 — KxITH A. B., Sfeeches 
and documents on Indian policy, 
750-192I. 2 voll. London 1922. 


I.1177 — Imperial Record Dept., 
Press-list of Ancient Documents. 
Vol. XVIII, 1748-1800. Calcutta 
1922. 


I. 1178 — Portuguese India. 
Notes and Monographs. BELL A. 
FT. G., Luis de Camoes 1923. 


I. 1179 — Portuguese India. 
Notes and Monographs. BELL A. 
F. G., Diogo do Couto, 1924. 


I. 1180-1181 — DownixcG CLE- 
MENT. .d historv of the Indian 
Wars. Edited with an introduction 
aud notes bv WiLLIiaM FoRrsTER 
C. I. E. pp. NXXII + 200, 3 
tavole, 2 carte, Oxford University 
Press 1924. 


I. 1181-1182 — MACLAGAN Sir 
E., The Site of the Battle of Delhi, 
1S03, JPHS, 1915, vol. HI, N. 2. 


== 


XXXII. STORTA - XXIII. COSMOGRAFIA. GRFOGRAFIA; 


I. 1183-1194 


un eroe Mon «of dragon descent », figlio di uno dei gemelli fondatori 
della monarchia Mon del Pegu. 


XXIII. Cosmografia. Geografia. — Un importantissimo 
contributo alla conoscenza della Cosmografia degli Indiani pub- 
blica il Rirfel (I 1191). 

Osservazioni di Cosmografia indiana fa il Thomas (I 1192). 

Il Pargiter (I 1193) descrive una carta geografica, di cui non si 
conosce la provenienza, appartenente alla Biblioteca della Royal A- 
siatic Society, che rappresenta il continente centrale /ambdudiipa, 
scritta in antica Gujarati, e la cui data il Fleet determina, in base 


ad indicazioni tracciate in un angolo, il 23 maggio 1817. 
Lo Stein (I 1194) esamina il verso (RV X, 75) della Nadîstuti 


I. 1183 — Curzon Marquis of 
KEDLESTEN. British Government 
in India. The Storv of the Viceroys 
and Government Houses 1925. 


I. 1184 — Konxox STEN, Zndrien 
unter der enelischen  Herrschait 
Tùbingen, Mohr (Paul Sicbeck) 
1015, VIT + 142. — Rec.: ZDMG, 
LXN, 1916 (JARL CHARPENTIER). 


I. 1185 — Press-List of « Mu- 
tinv Papers » 1857. Being a col- 
lection of the corrispondence of the 
Mutineers at Delh:, reports. of 
Spies to English Ofticials and other 
Miscellaneous Papers. 1921. 


I. 1186 — SAMARTH N. M., Non 
Cooperation in India and My. 
Gandhi. AR, October 1920. 


I. 1187 — PoLLEN J., The In- 
dian national Movement. AR, April 
1920. 


I. 1188 — Zle Glass Palace 
Chronicle of the Kings of Burma. 
Iranslated by PE MaunG Tix and 
G. H. Luce. JIssued by the lext 
Publication Fund of the Burma 
Rosearch Socieiv. NNIV - 179, 
I tavola. London, Humphrey Mil- 
fort (=Oxford University |ress) 
1923. — Rec. : JRAS, 1924,119 
{C. O. BLAGDEN). (LU). 


I. 1189 — Harvey G. E, 
History of Burma from the Earliest 
Times to 10 march, 1824, the 
beginning of the English Conquest, 
With a preface by Sir R. CARNAC 
TEMPLE, 1925. 


I. 1190 — LiKk SMmix ASAH, 7 e 
Story of the Founding of Pegu 
and a Subhsequent Invasion from 
South, India by R. HALLIDAY. 
NII + 2409. Rangoon, American 
Baptist Mission Press 1923. — 
Not.: JRAS, 1925, 149-150 
(R. G. B.). 


I. 1191 — Kirrer W., Die Kos- 
mographie der Inder nach den 
Quellen dargestellt, Bonn x. Leipzig, 
Kurt Schroeder, 10920, pp. 401, 
18 tavole. — Rec.: ZDMG, LNNV, 
1021, 254-275 (\W. SCHUBRING); 
NO, VIII 1920, 86 (V.G.); ZEthn 
1921, 300 (GRUENWEDEL). 


I. 1192 — Tuomas F. W., So- 
me Remarks on Indian Cosmo-. 
grafhy. ]RAS, 1920, 258. 


I. 1193 — ParciTER F. E., Map 
of the earth, JRAS, 1910, 537-530. 
(LUMI). 


I. 1194 — STEIN À_, I.C.LE. 
On some river names in the KReveda, 
JRAS, 10917, 91-99. (MA). 


Pi 


BALLINI - INDIA. I. 1195-1198 


e stabilisce l'identità dei 10 fiumi ivi menzionati: Ganga, Yamuna, 
Sarasvati, Cutudri, Parusni, Asikni, Marudvrdha, Vitnota, Arji- 
kiya, Susoma. Però l'Arjikiyà è di determinazione incerta. Quanto 
agli altri osserva che si susseguono in «strict order from east to 
west ». Nota anche che l’esatta conoscenza geografica in quel tempo 
è dovuta all'esperienza dei viaggi. 

L’O’ Malley (I 1195) pubblica un altro volume della serie geo- 
grafica riguardante le provincie indiane. edita dal prof. Sir T. H. 
Halland. La pubblicazione è molto chiara, attraente, e contiene una 
quantità d'informazioni bene scelte e coordinate. 

La Maha-mayùri vidya-rajiii è una delle cinque grandi 
formule che il buddismo del nord raggruppa sotto il nome di « quin- 
tupla protezione ». Fu tradotta parecchie volte in cinese e tibetano; la 
sua importanza è dovuta solo al suo valore magico; consta di una 
serie di formole all'uso Abracadabra intorno ad un nocciolo antico. 
Questo consta della storia d’un pavone, nemico acerrimo dei ser- 
penti, che sfugge alle insidie dei nemici per mezzo di formole magiche. 
Nella Mala-mayuri vi è una ricca ricca nomenclatura geografica; 
e il Lévi (I 1196) vi studia la lista dei Yaksa protettori di città. 
Tale lista manca nelle vecchie traduzioni cinesi. L'A. si vale nel 
suo lavoro delle traduzioni su nominate e di altri manoscritti e dà 
il testo dei Yaksa. Aggiunge un commento geografico, gli indici 
dei caratteri delle traduzioni cinesi ed i nomi delle città e dei 
Yaksa. Il catalogo geografico dei mss. mostra che il testo risale a 
tre o quattro secoli prima dell’E. V. 

Secondo la correzione dell’Haig (I 1197) bisogna leggere Bagor 
(e non Nagaur) il nome della citta ove Akbar nel 1572 apprese la 
nascita di suo figlio. E così il luogo della seguente fermata di Akbar, 
durante il viaggio, non fu Mertha, ma Amet. 

K. Déhring (I 1198) scrive sul Siam, illustrandone paese, popola- 
zione, costumi, cerimonie religiose, ecc. (vol. I), «l’arte e isuoi varì 


I. 1195 — O’ Matrcey L. S.S. print inthe Bibliotheca Indica edi- 
Indian Civil Service, Bengal, Bi- tion of the Akbarnama and the 
har and Orissa, Sikkim, Cambridge, Muntakhab- al- Tavarikh, JRAS, 
University Press 1917. — Rec. 1921, 585-87. (MA). 

do 1917, 625-026 (F. E. P.). I. 1198 — D6HRING KARL, Stam. 
i î Band I, Land und Volk. Band IIg 

I. 1196 — LÉévi SyLvarn, Le Ca- Die bildende Kunst (mit Ausnahme 
talogue geographique des  Yaksa der Plastik), Minchen, Miller Ver- 
dans la Mahamayîri, JA, 1015, lA8 1923. (== Der indische Kul- 
1)-138. turkrcis in Finzeldarstellungen). 

— Rec.: JRAS, 1925, 144-145 

I. 1197 — Haro E. W., 4A Vis- (J. PH. VogEL). 


— 201 — 


XXIIT. COSMOGRAFIA. GEOGRAFIA. 


I. 1199-1217 


aspetti (architettura, pittura, scultura in legno, stucchi, ecc.)» 
(vol. II). L'arte trae soggetti dalle leggende buddhistiche e dalla 


mitologia brahmanica. 


Sono usciti varî scritti su geografia e geologia, Gazetteers e Re- 


cords (I 1199-1221). 


I. 1199 — MiLton G. E., 7he 
lost cities of Ceylon, London, 1916. 


I. 1200 — RoBkrts P. E., 7Hi- 
storical Geography of India, Oxford, 
I9IO. 


I. 1201 — FoucuHER A., Notes 
on the Ancient Geographv of Gan- 
dhara. translated bv H. HAR- 
GREAVES, Calcutta 1915. 


I. 1202 — KAaxE P. V., Ancient 
(reographv and the Civilisation of 
Mahahrashtra, ]BBAS, 1910, III: 


I. 1203 — MAJUMDAR SUREN- 
DRANATH, Contributions to the stu- 
dv of the ancient Geographv of 
India. IA, February-April 1919. 


I. 1204 — BHATTACHARYA PAD- 
MANATH V\., To the Fast of Sar- 
natata (on the six countries men- 
toned but mot visited bv Yuan 
Chivang), JRAS, 1920, 1-19. 


I. 1205 — KayE G. R., A gcuide 
to the Old Observatories at Delhi, 
Jaipur, Ujjain, Benares, Calcutta, 
Superintendent Government Prin- 
ting 1920. — Rec. : JRAS, 1920, 
018-620 (A. S. D. MAUNDER). 


I. 1206 — Emaxuver A. L., The 
city of Surat, our old gateway to 
India. AR, october 1921. 


I. 1207 — Dry N, 7le early 


Course of the Ganges. 1A, Jan- 
nuary-August 1921. 


I. 1208 — Arver K. V. S., An 
Unidentified Territory of Southern 
India, JRAS, 1922, 161-175. 


I. 1208a — Dovie SIR JAamrs, 
The Panjab, North-W'est Frontier 


Province, and Kashmir, Cambridge 
I9I0. 


‘I. 1209 — CHAKRAVARTI RAI 
MoxMmoHan Bahadur, Notes 0% 
the Geography of Orissa tn the 
Sixteenth Centurv, JPASB, 1916, 
n. I. 


I. 1210 — Dry NUNDOLAS 
Geosraphical Dictionary of An- 
cient and AMediaeval India, IÀ., 
Supplement 1919, Apr. 1920, Sup- 
plement 1921, Suppl. (Jan.) 1922, 
Suppl. (Febr.) 1023. 


I. 1211 — MARSHALL Sir JOHN, 
A Guide to Taxila, Calcutta, 1918. 
— kRec.: JRAS, 1920, 108 segg. 
(M. LoxGwoRTH DAMES). 


I. 1212 — MArsHALL Sir Jonx, 
A Guide to Sarnchi, Calcutta, 1018. 
— Rec.: JRAS, I092z0, 108-113 
(M. LoxGwoRTH DAMES). 


I. 1213 — Hartipay R., The 
Talaings, Rangoon, Superint. Gov. 
Print. Burma, 1917. — Rec.: ]RAS 
1918, 125-128 (H. A. R.). 


I. 1214 — A Handbook for Tra- 
vellers in India, Burma, and Ce- 
vlon, 10 ed., London, Murray 1919. 
— Rec.: JRAS, 1919, 0612-6013 
(V.A.S.). 


I. 1215 — SMmEETH W. F., The 


Geological Historv of S. India, 
JPASB, Vol. IN, N. III-IV, V-VI. 


I. 1216 — Pace A. J., Gazetteer 
of Pegu Distritt, JRAS, 1918, 150- 
I5I. 

I. 1217 — Sacusr J. A., Bengal 
District  Gazetteers, Mvymensingh, 
Calcutta 1919. 


— DI - 


BALLINI - INDIA. I. 1218-1228 


XXIV. Paletnologia. — Cataloghi di materiale paletnologico 
indiano hanno pubblicato R. Bruce Foote (I 1222), A. Rea (I 1223), 
J. Marshall (I 1224). 


XXV. Etnografia. Sociologia. Religioni primitive. 
Folklore. — Il Subramaniam (I 1225) cerca di stabilire chi siano pre- 
cisamente i Vamba-Moriyas, di cui spesso parla il poeta Mamaulanar; 
e, contrariamente alle varie interpretazioni storiche che si danno 
traducendosi vamba come nuovo, sostiene doversi spiegare vamba 
come instabile; dunque Vamba-Moriva significherebbe non nuov 
Moriya, ma instabili Moriya, cioè una tribù nomade. Sarebbero 
essi i pirati, di cui è spesso ricordo negli antichi, che infestavano spe- 
cialmente il paese di Tulu i 

Una minuta descrizione delle foreste e degli abitanti selvaggi 
del Ceylon, ha data R. L. Spittel (I 1226). 

Sono uscite varie pubblicazioni di genere etnografico (I 1227. 
1252). 


I. 1218 — SMITH, J. W. Gazet- talogue raisonné of the Foote Col- 
teer-P’rovince of Sind, Karachi, lection of Indian Prehistoric and 
Hyderabad Dis., Subhkuy, Larhana. Protohistoric Antiquities in the 
Thar, Parkar, Upper Sind Frontier, Madras Government Museum, Ma- 


6 voll., Bombav, 4919. dras 1914. 


I. 1223 — Ria A,, Catalogue of 
tle Prehistoric Antiquities from 
Adichanalliy and Perumbair, Ma- 
dras, 1915. 


I. 1219 — Bencal District Re- 
cords. Rangpur, Vol. II 1779-82; 
III, 1783-5, Calcutta, 1920. 


I. 1220 Bombav  Govern- 
ment Itecords. N. DLXVIII, Re- I. 1224 — BRown ]. Coccix, 
vision Settlement of the Shirpur Ta- Catalogue of Prehistoric Antiquities 
luka, W. Khandesh. N. DLXNN, in the Indian Museum, ed. by 


—— 


Khanapuy Taluha \W. Belgaum Di- 
strict. N. DLXNANNI, Revision Set- 
tlement of the Purandhar laluka. N. 
DLNXNNNTII, Revision Settlement 
of the. Taluka W. Khandesh 
N. DLXNAIII, Reviston Settle- 
ment of the Dhulia Taluka W. 
Khandesh, Bombay, 1920-21. 


I. 1221 Bombav  Govern- 
ment, Selections from Records 
N. D New Sertes, Settlement of 
the Umark or Taluka of the L'hay 
Parkar Distiict Records, Rharakt, 
1021. 


I. 1222 — LooteE R. Bruce, Ca- 


Sir JOHN MARSHALL, Simla 1917. 


I. 1225 — SUBRAMANIAM T. N, 
Vamba-Morivas, JRAS, 1923, 93- 
O75 (ALI. 


I. 1226 — SritteL R. L., Wild 
Cevlon; describing in particulay the 


lives of the present-day Veddas, 
1924. 
I. 1227 — BANERJI BRAGEN- 


DRANATH, Zhe Begams of Bengal, 
Translated jrom the Bengali by the 
author and S. C. BARMAN, Cal- 
cutta, I1VI5. 


I. 1228 — Roy SARAT CHANDRA, 


ce 6 


NXIV. PALETNOLOGTA - XXV. ETNOGRAFIA, ECC. 


I. 1228-1254 


Su l'opposizione delle nuove generazioni indiane, educate alla 
tradizione del loro paese, contro l'asservimento dello spirito indiano 
alla civiltà occidentale, scrive E. Ronaldshay (I 125,3). 

Il Law (I 1254-1250) descrive i clan Ksatriya, e precisamente i 


The Artificial Moulding of Pli- 
sical Features in India, ]BORS, 
I, 19I0, pt. I. 


I. 1229 — RisLEv H., 7 he People 
of India, 2 ed. by W.CROOKE, 1915. 


I. 1230 — Crooke W., .Viandas, 
ERI, 1917, 1-3. 


I. 1231 — Trotman FL. È, 
Burma. A Short Studv of its 
People and Religion, pp. 151, 


London 1917. 


I. 1232 — Crooke W., Vusahar, 
ERE, 1017, 3. 

I. 1233 — Crookk W., Nepal, 
Nipal, ERE, 1017, 321-323. 

I. 1234 — Croorgxe W., Orissa, 
ERE, 1917, 505. 

I. 1235 — Trmrue R. C., Nico- 
bats, ERE, 1917, 301-303. 

I. 1236 -— HAuN HF. W_CROOKE: 
Ordons, ERE, 10917, 501-507. 

I. 1237 — FawcEtt F., Navars, 
ERE, 1017, 250-258. 

I. 1238 — ExtHoveNnR.E., Pasi 
chala, ERE, 1917, 590. 

“I. 1239 — Grrierson G. A, 
Pigachas, ERE, 1018, 43-45. 


I. 1240 — CrookE \.,, 
Sindh, ERE, 1020, 571. 


TI. 1241 — GEpbEN A. S., Zindu 
Nature, ERE, 1917, 227-233. 


Sind. 


I. 1242 — Rose IL A., Panjab 
and North West Frontier Pro- 
vince, ERE, 1917, 603-008. 


1.1243 — Rice L., MVvsore State, 
ERE, 1917, 04-70. 


I. 1244 — Crooke W., Rajput, 
ERE, 1918, 505-0. 


I. 1245 — \WapbprelL LI. A,, 
Tibet, ERE, 1921, 331-334. 


I. 1246 — SHAKISPEAR ]., Ite- 
Hlections on the (Government of 
Wild Tribes of the North-Eastern 


Frontier of India, AR, April 
1020. 
I. 1247 — Warp F. Kixonhon, 


In farthest Buyma. The Record of 
an arduous journev of exploration 
and research throush the unknown 
froutier territory of Burma and 
Tibet, 1921. 


I. 1249 — WaLKER F., Dea:ille. 
India and her Peoples, London, 
Milford 1022. — Rec.: IRM, NI, 
11)22, O1I-012 (GOLLOCK). 


I. 1250 — Tavtror LT. F., Ztlhno- 
logical and linguistic research 1n 
Burma and Soutl - east Asia, 
JBRS, NII, pt. I. 


I. 1251 — RoxarnpsHavy E., 
India: a Bir®s-Eye View, 1924. 


I. 1252 — YUSUF ALI A., Zhe 
Makme of India; a brief historv 
of the different elements, Geogra- 
phical, Ethnical, Material, 1925. 


I. 1253 — RoxatrnpsHay E., The. 
Heart of Arvavarta. A: Studv of 
the Psvchologv of Indian Unrest,. 
IVI |. 

I. 1254 — LAW BIMALA CHARAN 
M. A., B. L., Asatriva Clans in 
Buddhist India, IL 4 VIII + 
218, I carta, 2 tavole. Calcutta e. 
Simla, Thaier Spink a. Co. 1922. 
— Rec.: ]JRAS, 1923, 44i (LD. 
BarxETT). (£M). 


RR.) 7 pr 


BALLINI - INDIA. I. 1255-1262 


Licchavi Videha, Malla, Cakya, Buli, Koliya, Moriya, Bhagga e Ka- 
lama, occupandosi in particolar modo dei Licchavi, di cui studia il 
nome e le origini, i costumi, la religione e le tendenze filosofiche, la 
storia politica i 

A. H. Benton (11257), considerando particolarmente il pro- 
blema religioso in India più che quello delle caste, consiglia un si- 
stema di mutua tolleranza religiosa nelle scuole. 

L’Ambedkar (I 1258) fa la storia delle caste indiane notando che 
esse sono sorte casualmente dopo compiutasi l’unità indiana. La casta 
dei Brahmani s’impose di necessità per far osservare certi usi; le 
altre caste, sorte per imitazione, si fondarono sulle differenze sociali. 
L’A pare non ammetta il problema fondato sul pregiudizio del 
colore e su quello della differenza di razza. Anche lo studio dei co- 
stumi è trattato piuttosto fantasticamente. 

L’Enthoven ‘I 1259) ha compiuto un’opera che contiene fatti 
di importanza scientifica riferentisi a più di cinquecento caste e 
tribù di Bombay, opera che era stata iniziata per ordine del Go- 
verno Indiano circa venti anni avanti e che era rimasta poi inter- 
rotta per mancanza di fondi 

Il Temple (I 1260) si pone il quesito se sia giusto affermare, 
come fa il Rothfeld in una sua nota, che le donne di Nair sono di ca- 
sta Cùdra; e si chiede anche se questo termine debba avere lo stesso 
significato nell'India meridionale e nell’India settentrionale. 

Numerosi altri scritti sulle tribù e caste sono apparsi (I 1261- 
1270). 


I. 1255 — LAW BIMALA CHARAN, I. 1259 — ExtHoveN R. E, 
Some Ksatriya Tribes of AncientIn-  C. T. E., The Tribes and Castes of 
dia. With a foreword by A. BERRIE- Bombay, pp. 299, 17 tavole, Bom- 
DALE KEITH, pp. XIII + 311, Cal- bay, Government Central Press 
cutta, ThacFker Spink a. Co. 1923. 1920-2. — Rec.: JRAS, 10924, 

i 139-40 (S. M. EpWARDES). 

I. 1256 — Law B. C.,, Ancient 
Mid-Indian Ksatriya Tribes, Vol. I. 
IWith a foreword by L. D. Bar-. Natrs Sudras?, JRAS, 1923, 265. 
NETT, 1924. (LAM). 


I. 1257 — BENTON A. H., Indian I. 1261 — NARASIMHASWAMI 
Moral Instruction and Caste Pro-. S. P. L., Ancient Indian Tribes, 


I. 1260 — TempLe R. C., Are 


blems, London, Longmans Green 
a. Co. 1917. — Rec.: ]RAS, 1918, 
130-132 (H. A. R.). (MA). 


I. 1258 — AMBEDKAR BHIMRAO 
R., Castes în India, 1A. May 1917. 
— Rec.: JRAS, 1918, 622-624 (R. 
B.). (VA). 


Part I: The Bhutas, Vizagapatam 
1915. 

I. 1262 — RusseL R. V. Assi- 
sted by Rai BAHADUR Hira Lat. 
The Tribes and Castes of the 
Central Provinces of India, 4 voll., 
London 1916. 


= 


XXV. ETNOGRAFIA. I. 1263-1279 


Il Roy (I 1277) si occupa di antropologia moderna, intendendo 
con ciò colmare una lacuna negli studi Indiani. Il volume contiene 
pure, in principio, considerazioni del Brooke sull'argomento. 

Il Meyer (I 1278) pubblica un ampio studio su le condizioni della 
donna indiana quali appaiono nell’epica. 

Il Winternitz (I 1279) studia le condizioni della donna indiana 
nelle varie religioni cui essa appartiene. Nella prima parte del 
suo lavoro, il W. con criterio severamente scientifico, si giova di 
tutte le fonti letterarie e giuridiche antiche e moderne per precisare 
la posizione della donna nella religione brahmanica. La documen- 
tazione è particolarmente ricca per quanto si riferisce ai tempi 
antichi. L’opera è divisa in 5 parti: 1° introduzione, la donna e la 


I. 1263-1264 — CRookE \.,, 


Indian Out-Castes, ERE, 1917, 
581. 
I. 1265 — PEREIRA BRAGANGA, 


O sistema das castas, Nova Goa 
1920. 


I. 1266 — Hassan Sven S,, 
Castes and Tyibes of H. E. H. 
the Nizam's Dominitons, Vol. 1, 
Bombay 1920. 


I. 1267 — OLDENBERG H., On 
the History of the Indian Caste- 
System, IA, 1920. 


I. 1268 — Cotton E. A,, Castes 
and Customs in Malabar, AR, april, 
1lu23. 


I. 1269 — CRooKkE W., Cidra, 
ERE, 1920, 1914-9106. 


I. 1270 — P. LAKSHMI NARASU, 
4 study of caste, Madras 1922. 


I. 1271 — Havavapnpana Rao, 
Mysore Castes and Tribes, QMS, 
Jan., 1923. 


I. 1272 — Rose H. A,, Ma- 
nus «Mixed Castes», IA, Febr. 
1923. 


I. 1273 — BECKER C., Indisches 
Kastenwesen und chvristliche Ais- 


sion, VII + 164, Aachen, Xa- 


verius-Verlag 1921. 


I. 1274 — WooDbBURNE A. S,, 
Can India's caste system survive 
in modern Life? JR, II, 1922, 
525-537. 


I.1278$ — BextTON R. H., Z/ndian 
Moral Instruction and Caste Pro- 
blem-Solutions, London, Longmans 
Green and Co. 1918. 


I.1276 — LAKHMAN SARUP, Some 
aspects of Slavery. The historical 
asfect of some Himalayan customs, 
JPHS, VIII, 1923, n. 2. 


I. 1277 — Rov Rao Bahadur 
SARAT CHANDRA, Man in India, 
Vol. I, 1, pp. 88, Ranchi « Man 
in India Office» 1921. — Rec.: 
JRAS, 1923, 149-150 (H. W. B.). 
(LM). 


- 1.1278—MEkyER JOHANN JacoB, 
Das Weib im Altindischen Epos 
Ein Beitrag zur indischen und zur 


vergleichenden @Kulturgeschichte, 
Leipzig, Heims 1915, pp. XVIII 
+ 440. — Rec.: ZDMG, LXX, 


1910 (JARL CHARPENTIER). 


I. 1279 — WINxTERNITZ M., Die 
Frau in den indischen Religionen 
I Teil: Die Frau tm Brahmanis- 
mus, Leipzig 1920. —  Rec.: 


— 209 — 


Aevum - Anno I - 14 


BALLINI - INDIA. I. 1279-1292 


religione, la donna nel culto Brahmanico; 2° matrimonio di fan- 
ciulli; 3° bruciamento delle vedove; 4° la vita della vedova; 59 eu- 
genetica brahmanica. 

Il Rothfeld (I 1280) distingue le donne indiane in tre categorie 
principali (dell’aristocrazia, della classe media e le lavoratrici ed 
aborigene); ne sceglie alcuni tipi per esprimere « l'atmosfera essen- 
ziale e il costume » loro. Fa notare come ogni atto delle donne in- 
diane di qualsivoglia grado, ogni loro pensiero, siano improntati 
dalla religione. Se la cultura superiore, come è intesa in Occidente, 
manca generalmente alla donna indiana, per un complesso di circo- 
stanze (anche per la giovane età in cui vengon celebrati i matrimoni) 
è notevole invece il suo spirito di sacrificio, il suo ideale di altruismo, 
l'inesauribile amore per i fighi. 

Della donna nell’antica India s’'occupa pure Clarissa Bader (I. 
I28I). 
Altre pubblicazioni di indole sociologica indiana «sono ap- 
parse (I 1282-1298). 

FR, 1922, 67-71 (A. M. Pizza- I. 1286 — Roy SARAT CHANDRA, 


GALLI). (MA). Birth and Childhood, Ceremonies 


l amongst the Oraons, JBORS, I, 
I. 1280 — ROTHFELDO., Women 1916, pt. I. 


of India, Painted by M. V. DuHu- _ 
RANDHAR, pp. 222, 48 tavole co- I. 1287 — KEAY FE Ancient 
lorate, Londra, Simpkin Marshall Indian Education. An Inquiry into 
1921. — Rec.: JRAS, 1923, 129-  ?fs Origin, Develohment and Ideals. 
131 (R. C. CuLLINnG CARR). (LM). Oxford, Univ. Press 1918. 


I. 1288 — GERKE P. J., The 
System of Education in Dutch 
East India, AR, october, 1921. 


I. 1281 — BADER CLARISSE, 
Ilomen in Ancient India; Moral 
and Literary Studies, transl. by 
M. E. R. MARTIN, 1925. I. 1289-—Law NARENDRA NAT H, 

«Ancient Hindu Coronation and 


I. 1282 — WISHWANATH, d ncient allied Ceremonials, IA, June 1919. 
Royal Hindu Marriage Custonis, 
J. Anthr. T, 1917. I. 1290 — G. L. DicKInsoN, An 


essay on the Civilization of India, 

I. 1283 — MEHTA S. S., Some China and Japan, London, Dent 

purificatory rights of the Hindus 1914. — Rec.: IJE, 1915, 424-426 
at the time of marriage, JASB, (STELLA BrowNE). 


NII, 1922, n. 4. 
I. 1291 — LovETT V., 7le pre- 
I. 1284 — Das GuPTA H., 4 sent position of India, AR, October 
Short note on Polvandry in the 1920. 
Juttal State (Simla), IA, May 1921. 


I. 1292 — GLasENAPrP H. von, 

I. 1285 — CHATTERJEE NIRMAL Der Arva Samaj. Eine religiòs- 

CHANDRA, Primogeniture în An- soziale Reformbewegune im  mo- 

cient India, JPASB, NVIII, 1922,  dernen Indien, NO, IIl, 1918, 
n. 7. 5/9-573- 


— 210 — 


XXV. ETNOGRAFIA. I 1293-1301 


Il Crooke ha parzialmente rifatto il libro di un Musulmano 
dell'India Meridionale, Ja'far Sharif (I 1299) sulle credenze e sulle 
usanze di quella contrada, già tradotto dal Dr. Herklots, che vi 
aveva anche aggiunto un'appendice contenente notizie sulle paren- 
tele, pesi e misure, vesti, gioie, ecc. 

Il Keith (I 1300), presa in esame la teoria del Reinach sull'ori- 
gine dei sacrifici, che non sarebbero una forma di offerta, bensì 
un rito di comunione in cui, parte essenziale, vien mangiato l’animale 
che è considerato il fofem per costituire un legame di unità fra il 
lolem e la sua tribù, critica di questa e d'altre teorie l'applicazione 
universale, ed esamina la spiegazione di alcune credenze, come quella 
di Sansone e del leone, di Fetonte, in relazione al sacrificio di ca- - 
valli, di Prometeo e dei simboli rappresentati dall’aquila, criticando 
la recente teoria del Frazer sul totemismo, che egli crede una peri- 
colosa forma di ragionamento «a friori. 

Il Parker (11301) presenta una collezione di racconti popolari, 
da lui stesso raccolti dalla viva voce degli abitanti dell'isola di Cey- 
lon, divisa in due parti: nella prima sono contenuti i racconti nar- 
rati da membri della casta colta, nella seconda quelli da componenti le 
caste più umili. Queste narrazioni sono in gran numero parallele a 
quelle di collezioni note dell'India continentale, come il Parca- 
lantra, lo Hitopadega, il Kathasaritsagara il Kathakoga, il Jataka, ecc. 
L'A. ritiene che alcuni dei racconti sieno stati trasportati da immi- 
grati dall'India meridionale. 


I. 1293 — GrasenaPP H. VON, “ome and abroad, AR, october 
Der Brahma Samaj. Die Geschichte 1921. 


einer indi 
NO, ii na | I. 1299 — JA'FAR SHARIF, /s/ane 
) CA in India, or the Quaniun-u-Islam. 
I. 1294 — FARQUHAR |]. N, Composed under the direction of 
Praythana Samaj, ERE, 1918,  4/d translated by G. A. HERKLOTS, 
151-152. M. D. New edition, vevised and 


rearranged with additions by \VIL- 
I 1295 — SiastrI A.M., Social LIAM CROOKE, C. I. E., XL -- 374, 
Reform in the Light of Hindu _ 27 tavole, Oxford, Universitv Press 
Scriptures Advar-Madras, Theo- 1921. — Rec.: JRAS, 1923, 635- 
Sophical Publishing Hom. 037 (F. NovcF). (LM). 


I, 1296 — CrooKkE W., /ndian I. 1300 — KEFEITH BERRIEDALE, 
Fostitution, ERE, 1019, 406-408. A. M. Reinach's Theorie of Sa- 
crifice, JRAS, 1910, 542-535. (LV). 
I. 1297 — Hopson T. C., The 


rimitive Culture of India, 1022. I 1301 — PARKER H., Village 
Folk Tales of Ceylon, 3 vol., Lon- 
I. 1298 — SARVATHIKARY DEva dra 1910-14. — Rec.: JRAS, 


RASAD, Education of Indians: at 1916, 385-300 (E. MvELLER).(LM). 


“= dle 


BALLINI - INDIA. 


I 1302-1318 


Uno studio di folklore d’arte, tradizioni, canti, feste del Bengala 
ha pubblicato B. K. Sarkar (I 1302). 
C. A. Kincaid (I 1303) traduce quattordici racconti, di diversa 


origine. 


Il Przyluski (I 1304) disserta sul tema dello svayamvara nel fol- 


klore e nelle letterature orientali. 


Varî altri argomenti folkloristici sono stati trattati (I 1305- 


1323). 


I. 1302 — SaARKAR B. K., The 
Folk-Element in Hindu Culture. A 
contribution to Socio-Religious Stu- 
‘ dies in Hindu Folk-Institutions, 
1917. 

I. 1303 — Kincarp C. A., Tales 
of Old Sind, 140, 8 tavole, Oxford: 
University Press 1922. — Rec.: 
JRAS, 1923, 454 (J. CHARPEN- 
TIER). (LM). 


I. 1304 — J. PRzyLUSRI, Le pro- 
logue-cadre des Mille et une nuits 
et le thème du svayamvara. Con- 
tribution d l’histoire des contes 
indiens, JA, 1924, 101-137. 


I. 1305 — Jackson A. M. T. 
and R. E. ENnTHovEN, Folklore 
Notes, Vol. I, Gujarat, pp. IN-159, 
Bombay, 1914. — Not.: JRAS, 


1915, 552-554 (M. LonGWoRTH 
DAMES). 
I. 1306 — CooMARASWAMY A. 


and ARUN SEN, Tridyapati: Ban- 
guja Padabali. Songs of the Love 
of Radha and Krishna. Translated 
into English with Introduction and 
Notes, XII, 192, London, The 
Old Bourne Press 1915. — Rec.: 
Ath, 1915, I, 312. 


I. 1307 — GEIGERW., Hiniyam. 
Ein Bettrag zur Volkskunde von 
Ceylon, FK, 1910, 185-192. 


I. 1308 — SinGH HARMAN, 7ales 
from Sikh History, Lahore, 1917. 


I. 1309 — SaARKaR B. K. and 
H. K. RAKSHIT, The Folk Element 


in Hindu Culture, 366, London, 
Longmans 1917. 


I. 1310 — CoLpsTREAM _W,, 
Labour songs in India, ]RAS, 1919, 
43-40. 

I. 13}1 — GuptE B. A., Hindu 
Holidays and Ceremonials, with 
dissertations on origin, folk-lore, 
and symbols. 2 edition revised, 
Calcutta and Simla, Thacker Spink 
a. Co. 1919. — Rec.: FI, 168-169 
(CROOKE). 


I. 1312— Dass VIKMALI, Songs 
of Sidra, London 1920. 


I.1313— SCHEFTELOWITZ, Gleich- 
klangzauber in Indien und in ]u- 
dischen  Volksglauben, ZDMG, 
LXXVIII, 1924, I106-I10. 


I. 1314 — BucH C. H., Faiîths, 
Fairs and Festivals of India, 
Calcutta, Thacker Spink and Co. 
1917. 


I. 1315 — CrookE W., ZTle 
Dasahra: an Autumnal Festival 
of the Hindu, Il, 1915, 28-59. 


I. 1316 — Roy CHANDRA, Corn 
Spirit and Tree Spirit in Chota- 
Nagpur, JBORS, Vol. I, 1916, 
pt. I. 


I. 1317 — Roy CHANDRA, Pro- 
bable Traces of Totem Worship 
amongst the Oraons, ]BORS, vol. I, 
1916, pt. I. 


I.1318—CHANDRA MITRASARAT, 
The Village Deities of Northern 


— 212 — 


XXV. ETNOGRAFIA - XXVI. EPIGRAFIA. I. 1318-1329 


XXVI. Epigrafia. — Il Rice (I 1324) pubblica l’edizione ri- 
veduta del vol. I dell'’Epigraphia Carnatica. 

Il Boyer (I 1325) a proposito dell'iscrizione in caratteri Kha- 
rosthi scoperta dal Marshall (JRAS, 1914, parte IV, 1915, p. II) fa 
alcune considerazioni, suggerendo una diversa interpretazione delle 
parole. 

F. W. Thomas (I 1326) pubblica criticamente, traduce ed il- 
lustra un'iscrizione in alfabeto Kharosthi, redatta nell’anno 28, 
quasi certamente dell’era di Kaniska, e trovata ad un miglio dal 
villaggio di Hidda «thubammi » cioè in uno stupa. Da ciò si può 
desumere che in quell'anno la dinastia di Kaniska estendesse il suo 
regno pure a Hidda (luogo a cinque miglia da Jalalabad)\. L’ortografia 
è sanscritizzante. 

Il Wickremasinghe (I 1327) pubblica nella 18 e 2 parte del 
II volume della sua Epigraphia Zevlanica un buon numero di iscri- 
zioni, per lo più inedite, appartenenti al X e XI secolo. 

Di due iscrizioni, una brevissima del N sec. circa d. C., e una 
del XII, pubblica il testo e la traduzione il Barnett (I 1328). Lo stesso 
(I 1329) descrive e riassume un'iscrizione sanscrita in cui, tra l’al- 
tro, si nomina Choda-Ganga, re di Kalinga-nagara, incoronato nel 
1078 d. C. 


Bengal, Hindust. Rev., 1922, 140- 
148. 


I. 1319 — WHITEHFAD H., 7he 
Village Gods of South India, RHR, 


1917. 
I. 1320 — WHITEHEAD H., The 


Village Gods of South India, 2 ed., 
176, London, Milford 1921. 


I.1321 Moses S. T., Fish and 
fteligion in South India, QJMS, 


Jan 1923. 
I. 1322 — CHANDRA MITRA SA- 
RAT, Further note on the custoni of 


offering human sacrifices to uwsater- 
spirits, QJMS, Jan. 1923: 


I. 1323 — BLoomrieLD M., The 
Dohada ov Craving of Pregnant 
Women, JAOS, 1920. 


I. 1324 — Rice B. LEWIS, Coorg 
Inscriptions (revised edition): E pi- 


graphia Carnatica, vol. I, pp. 114, 
12 tav., una carta. Madras, printed 
by the Superintendent Govern- 
ment Press 1914. — Rec.: JRAS, 
1915. 502-560.(].F.FLEET).(GBP). 


I. 1325 — BovEr A. M., L'in- 
scription en Kharosthì du 15 Asà- 
dha 136, JA, 1915, 281-298. 


I. 1326 — Tuomas F. W., d. 
Khayosthi inscription, JRAS, 1915 
91-96. (GBP). 


I. 1327 —WICKKREMASINGHE Dom 
MARTINO DE ZILVA, £Epigraphia 
Zeylanica, Vol. II, Pts. I, 11. — 
Rec.: JRAS, 1015, 107-172 (E. 
MUELLER). (GBP). 


I. 1328 — Barnett L. D.,, /Zn- 
scriptions in the Victoria and Albert 
Museum, JRAS, 1915, 337-339. 
(GBP). 


I. 1329 — BarnETT L.D., San- 


«0 


BALLINI - INDIA. a I. 1329-1336 


L’editto di Agoka, trovato presso Bairat nel Rajputana, prova, 
secondo l’interpretazione di B. M. Barua (I 1330), che nel III sec. 
a. C. già esisteva il canone buddhistico come l’abbiamo ora. 

Il Pandit Rao Sahib H. Krishna Sastri pubblica frammenti 
di un altro editto di Agoka, scoperti sulla roccia presso Maski nel 
distretto di Raichar dei Dominions del Nizam. Il Senart (I 1331), 
dopo varie considerazioni ed interpretazioni, ne dà la traduzione. 
Conclude che l’importanza di tale editto consiste nel fatto che que- 
sto contiene il nome del suo autore Acoka in tutte lettere. 

Il Rice (I 1332) studia il significato del nuovo interessante editto 
di Agoka scoperto a Maski, che ha il merito di toglier ogni dubbio 
sull'identità di Devanampiya nel cui nome è emanata la maggior 
parte degli editti e conferma, per la località in cui fu trovato, l'o- 
pinione che l'impero di Agoka si estendesse sul Dekkan, cioè sulla 
provincia conosciuta poi come Kuntala. 

Il Thomas (I 1333) studia e descrive due iscrizioni Kharosthi di 
Taxila, di cui dà anche la riproduzione in una tavola a parte. 

Un notevole lavoro epigrafico con importanti documenti come 
il Rapnath (editto di Acoka), le iscrizioni Eran di Samudragupta 
ecc. ha pubblicato Hira Lal (I 1334). Egli da pure notizia di un sug- 
gello babilonese di circa 4000 anni fa, del periodo della 1* dinastia 
di Babilonia. 

T. A. G. Rao (I 1335) dà il testo e la traduzione di dieci « Grants » 
incisi su rame appartenenti al Monastero di Kumbakonam cono- 
sciuti col nome di Kama-koti-pitha. Sono scritti in Sanscrito, Tamil, 
Telugu, ecc. e sono di varie epoche a partire dal 1260 circa. 

Il Venkateswara (I 1336), a proposito delle divergenze dei dotti 


skrit inscription of the Royal Asiatic Kharosthi Inscriptions from Ta- 
Society, JRAS, 1915, 505-506. xila, JRAS, 1910, 279-285. 


(GBP). 
I. 1334 — Lat Hira, B. A, 
I. 1330 — Barva B. M,, A note Descriptive Lists of Inscriptions 
on the Bhabra edict, JRAS, 1015, 1% the Central provinces and Berar, 


805-810 (GBP). Nagpur, Gov. Press, 1916. — Rec.: 
JRAS, 1918, 325-320 (L.D. BaR- 
I. 1331 — SENART E., Notes NETT). (MA). 
d'épigraphie indienne. Un nouvel 
édit d’Agoha è Maski, JA, 1910, I. 1335 — Rao T. A. GoPINATHA 
425-442. (MA). Copper-Plate Inscriptions belon- 


gine to the Sri Sankaracharva oi 

I. 1332 — Rick L., The New the Kamakoti-Pitha. Madras, 1917. 

Asoka Edict at Maski, JRAS, — Rec.: JRAS, 1918, 135-130 
1010, 838-309. (LUMI). (LD. BARNETT). (VA). 


I. 1333 — Trniomas F. W., Two I. 1336 — VENKATESWARA S. V., 


79 

fed 

PI 
Ù 


XXVI. EPIGRAFIA. I. 1336-1340 


su un editto di Acoka per l’identificazione di « Safivaputra » afferma 
che Pandya, Chola, Keralaputra e Satiyaputra dell’editto stesso 
corrispondono a Pandva, Chola, Kerale e Kafichipura di Pataùjali 
e che quest’ultima era la capitale dei Satvaputra. 

Lo Smith (I 1337), a proposito dell'iscrizione non ancora deci- 
frata del re Kharavela trovata nel sotterraneo dj Hathigumphà 
(Orissa), dà i seguenti cenni. L'iscrizione è documento delle imprese 
compiute in pace e in guerra in tredici anni di regno dal Re Kharavela, 
della dinastia Chetà, zelante seguace del Jainismo. Fu re potente e 
conquistatore molto noto nell’India. L'iscrizione è in data 105 della 
èra Maurya (=170 a. C.). | 

A. M. Boyer, il Rapson e il Senart pubblicano alcune iscrizioni 
Kharosthi scoperte dallo Stein nel Turkestan Cinese. Queste iscri- 
zioni (I 1338) non sono veramente ciò che comunemente s'intende 
come tali, ma sono documenti di affari legali o privati, lettere del re 
a subordinati locali, liste di nomi, ecc. Il Thomas osserva che « there 
is some inconvenience in the separate issue of the texts without 
introduction, translations or notes ». 

L’ultima parte delle « Iscrizioni dell'India Meridionale » di H. 
Krishna Castri (I 1339) contiene 117 iscrizioni Tamul; sono in 
gran parte brevi iscrizioni dedicatorie. Fra esse è notevole l’iscri- 
zione N. 128, che fu descritta per la prima volta trent'anni fa dallo 
Hultzsch nel suo Report, e quella, più lunga, N. 151, del tempio 
di Konerirajapuram. 

Il Catalogo del Museo di Safichi (1 1340) contiene le illustrazioni 
dei più importanti oggetti in esso raccolti, ed una esatta, benchè 
frammentaria, trascrizione delle sue iscrizioni. 

Il Vol. III della 7ravancore Archacological Series. contiene 


Miscell. Comm., J]RAS, 1918, 541- 
542. (MA). 


I. 1337 — SMITH ViNncENT AÀ., 
Miscell. Comm., JRAS, 1918, 5.43- 
547. (MA). 


I. 1338 — Klarosfhi inscriptions 
discovered by Sir Aurel Stein in Chi- 
nese Turkestan; part I, text of inscr. 
discov. at the Niva site, 1921; 
transcribed and edited bv A. M. 
Boyer, E. S. Rapsoxn and E. 
SENART, Oxford, Clarendon Press 
1920, 153. — Notizia: BSL, NXII, 
1921, 199-200 (|. BrocH). — Rec.: 


JRAS, 1921, 277-81 (FE. W. Tuo- 
MAS). (If .A4). 


I. 1339 — Sastri H. KRISHNA, 
South Indian Inscriptions, Vol. III, 
Pt. III, 439, 19 tavole (= Archaceo- 
logical Survey of India, Vol. 209) 
Government Press, Madras 10920 
Rec.i JRAS, 1923, 141-142 
(J. Atran). (LM). 


I. 1340 — Archaeological Survev 
of India: Catalogue of the Museum 
of Archeology at Sanchi, Bhopal 
State, pp. 73. 21 tavole, Calcutta, 
Superintendent Government Press 


SOIT - INDIA. I. 1340-1345 


trentatrè brevi iscrizioni, interessanti per gli studiosi di storia 
dell'economia e di filologia dell'India Meridionale (I 1341). 

J. Bhatt (I 1342) pubblica il testo con traduzione sanscrita e 
hindi e note hindi degli editti di Acoka. In una introduzione in 8 
capitoli (prolegomena in Hindi) e in un'appendice (pure in Hindi) 
tratta dell’origine della scrittura indiana, di grammatica pali, ecc. 
Il volume, di spirito nazionalistico, ha una prefazione di Narendra 
Deo sull’importanza di Agoka quale divulgatore e autore, per dir così, 
di ideali nazionali e del concetto della unità dell'India. 

K. Aivangar (I 1343) continuando la discussione sull’identifica- 
zione del Satiyaputra degli Editti di Agoka, nega di avervi, in una 
sua precedente nota, ravvisato con precisione i Nayars di Ma- 
labar, come afferma l’autore di altro articolo (apparso in JRAS, 
1922, pag. 84) il Subramanyam, che cita anche contro di lui Cankara. 
Contesta la soluzione proposta dallo stesso Subramanyam, che iden- 
tifica il Satiyaputra coi Kogar di Kongu Nadu. 

Il Narasimhachar (I 1344) ci dà una completa trascrizione, 
traduzione e copia in lingua parlata non solo delle iscrizioni com- 
prese negli elenchi del Rice, che eran state trovate nel centro Jaina di 
Cravana-Belgola, ma di molte altre minori, e le studia analiticamente 
nell’introduzione che apre il volume. 

Il Gupte (I 1345), esaminando quattro lastre di rame che gli 
erano state date da decifrare, ha trovato che pur essendo tutte im- 
portanti, una particolarmente è degna di nota, come quella che si 
riferisce a Prabhavatigupta, figlia di Candragupta II, la quale chia- 
ma se stessa madre del Maharà}a Cri Damodarasena Pravarasena. La 
lastra porta per data l'anno diciannovesimo del regno di Pra- 
varasena. 


1922. — Rec.: JRAS, 647-49 (J. 
ALLAN). (LM). 


I. 1341 — Travancore Archaeolo- 
gical Series, Vol. III, Part I, 
158, 26 tavole. Trivandrum. Su- 
perintendent Government Press 
1922. — Rec.: JRAS, 1923, 047- 
048 (J. ALLAN). (LM). 


I. 1342 — BHATT JANARDAN, 
AsSOR-Ré Dharm-lekh, VIII + 500, 
Benares, 1923. — Rec.: JRAS, 
1925, 184 (L.D. BARNETT). 


I. 1343 — ArvANGAR S. KRISH- 
NASWAMI, The Kosar of Tamil 


Literature and the Satiyaputra oi 
the Asoka Edicts, JRAS, 1923, 
609-013. (LM). 


I. 1344 — NARASIMHACHAR R., 
Epigraphia Carnica, Vol. II. In- 
scriptions at Cravana-Belgola. Ill 
+ 610, 77 tavole. Bangalore, Mvy- 
sore Government Central Press 
1923. — Rec.: JRAS, 1924, 138- 
139 (R. SEWELL). (LM). 


I. 1345 — GUPTE ]. R., A grant 
of the Vakataka Queen Prabha- 
vatigupta: the yeay mineteen of 
Pravarasena II, ]RAS, 1924, 94-90. 
(LM). 


— 216 — 


XXVI. EPIGRAFIA. I. 1346-1351 


Il testo (in caratteri latini) con glossario delle iscrizioni di Acoka 
è uscito per opera di A. C. Woolner (I 1340). 

L'edizione da molto tempo attesa delle iscrizioni di Agoka, da 
parte di E. Hultzsch è apparsa di recente, ad inestimabile utilità degli 
studiosi di epigrafia, lingue, antichità dell'India. L’opera, notevole 
pure per le ben riuscite riproduzioni, contiene: descrizione delle 
iscrizioni; cenni su Agoka, autore delle iscrizioni; sul suo impero; su 
la conversione; sul dharma di lui. Dà una traccia di gramma- 
tica degli editti scolpiti in pietra di Girnar, Kalsi, Shahbargarhi, 
Dhauli, Jangada, e di altri minori (I 1347). 

K. V. S. Aiyar (I 1348) illustra (con osservazioni di indole pure 
geografica e linguistica) alcune iscrizioni in pietra e su tavole di 
bronzo scoperte nel Travancore. 

Il Finot (I 1349) chiude le sue Notes d’'épigraphie (I 1350) descri- 
vendo le iscrizioni del Museo di Hanoi (XIV), del re di Champa, 
Java Paramesgvaravarman (XV), di Sdok Kak Thom (XVI) dello 
stipite di Vat Phu (XVII), di cui molte sono in Sanscrito, altre in 
Siamese o in Khmer, alcune, parte in una e parte in un’altra lingua. 
Parla pure di una nuova e brevissima inscrizione di Prakaga- 
dharma (NIN). All'ultimo capitolo (XX) che contiene la storia 
della epigrafia indocinese, segue tra l’altro una bibliografia, nella 
quale sotto il titolo d'ogni opera si legge un breve riassunto delle 
iscrizioni che vi sono pubblicate. 

Il Duroiselle (I 1351) ha classificato le iscrizioni trovate in Bir- 
mania, che erano già state pubblicate in un corfws di iscrizioni di sei 
grossi volumi; esse ammontano a 1457 e sono nella maggioranza 
scritte in Birmano e in Pali, o in queste due lingue combinate. 


I. 1346 — WoOOLNERAÀ. C., In- graphie, NIV-XX, BEFEO, XV, 
scriptions of Asohka Text and Glos- 1915, n. 2, pp. 213. (GBP). 
sary. With Introduction. 1924. 
$ I. 1350 — Fixot L., Notes d'épi- 
I. 1347 — HutLtzscH E. Corpus graphie in BEFEO, Il, 111, IV, 
Inscriptionum Indicarum, Vol. I. 1X, XII, 2. 


Iunscriptions of Asoka. New ed. 
1925. I. 1351 — DurolsELLE CHaS., 
È ij — Ande RK Wise A List of Inscriptions found în 
BRAHMANYA 7Travancore Archaeolo- Sa a d, GAIA Luson 
gical Series, Vol. IV, Part. I, ptions, arranged in the order of their 
pp. II + 115, 6 tavole, Trivan- Dates. Compiled and edited by. Ci 
drum, Government Press, s. d. — Di Superintendent, Archaeological 
Rec: JRAS, 1925, 118 (T. Gra- Survev, Burma Circle. Superinten- 
HAmk BAILEY). (LM). dent Government Printing, Ran- 
goon, 1921. — Rec.: JRAS, 1923, 
I. 1349 — Fixot L., Notes d'épi- 403-404 (R. P. DewuHursT). (£.M). 


i 
70 
fed 
e) 


BALLINI - INDIA. I. 1352-1367 


e  emnm0eeetnl@ke@nq®n8n— tt. e I e —_ —— __ ] 


I voll. III, VI, VII delle « Verspreide Geschriften » del Kern 
(I 1352) contengono l’identificazione e la decifrazione di iscrizioni 
sanscrite del Camboja, di Giava, Sumatra, Borneo, ecc. 

Il Duroiselle e il Blagden (I 1353) pubblicano « fotografie, tras- 
crizioni e traduzioni con note delle iscrizioni poliglotte, trovate circa 
37 anni or sono presso la Pagoda Myarzediì nelle vicinanze di Pagan 
(Birmania sett.) », undici iscrizioni Mon ed altre, appartenenti alla 
Pagoda Ananda a Pagan. Il Duroiselle « s'occupa dei testi birmani 
e pali, il Bagden di quelli in Mon (o Talaing) e in una lingua ignota ». 

Numerose altre edizioni e studî di documenti epigrafici sono 
apparsi (I 1354-1415). 


I. 1352 — KERN H,, Verspreide I. 1359 — Barnett L. D., An 
Geschyiften, ’s Gravenhage, Mar- aramaic inscription from Taxila 
tinus Nijhoff (voll. I-IX, 1913-20). JRAS, 1915, 340-342. 

— Rec.: 1923, 447-451 (C. O. 


BLaGDEN). (LM). I. 1360 — CowLEyY A., The first 


aramaic inscription from India, 
I.1353 — Epigraphia Birmanica, @JRAS, 1915, 342-347. 
Vol. . by TAW SEIN K d 

E I. 1361 — AivANGAR S. Krisn- 


Chas. DUROISELLE, 1919; Vol. 1, 
> NASWAMI, Agnishandha and the 


2 C. O. BLagpbeN, Zle Farly Ar 
Mon Iuscriptions, 1920; Vol. 11, 1 SORA CCR O A (000, LR, 
19015, 521-527. i 


and 2, 1921; Vol. III, 1, 1923. 
Rangoon, Superint. Government I. 1362 — THiomas F. W., Notes 
Printing (Archaeological Survey on the Edicts of Asoka, 12 Vivasa, 
of Burma). — Rec.: JRAS, 1025, JRAS, 1910, 113-123. 
145-148 (R.G.B.). 
I. 1363 — Jackson V. H., 7wo 
I. 1354 — Fixor L., Deux nou- new Inscriptions from the Barabar 
velles  inscriptions indochinoises, Hills and an identification of Go- 
BEFEO, NVIII, 1918, n. 10, ratha Giri, JBORS, I, 1916, pt. II. 


13-10. | 
I. 1364 — Kumar S., The 1x- 


I. 1355 — THomas IF. W., Mr. scriptions of Asokachalla, IA, Vol. 
Marshall's. Taxtla  Inscription, NLIX, 1916. 


RAS, 1015, 1535-50. 
J 015. 15505 I. 1365 — SENART E., Notes 


I. 1356 — FLEET J. F., The d’épigraphie indienne. L’inscrip- 
Taxila scroll of the vear 136, JRAS, tion du vase de Wardak, JA, 1010. 


SESIA I. 1366 — NANJUNDAYYA H.V\.,, 

I. 1357 — Tuomas F. W.,, Sir Some Aspects of Ethnographic 1n- 
J. H. Alarshall's Kharosthi in- vestigations, ]PASB, Vol. IX, 1910, 
scription from Taxila, ]RAS,1915, fasc. 3-4, 5-0. 


“ai I. 1367 — BiLL H. C. P. and 

I. 1358 — THuÒpomas I° Wi, Notes A. M. GUNASEKHARA, Keé/lani Va- 
on the Edicts of Acoka, ]RAS, Nhara and its Inscriptions, CALR, 
IOI5, 097-112. I, 1910, pt. III. 


2 DIN -- 


‘4 


XXVI. EPIGRAFIA 


I. 1368-1390 


—_— 


V. I 84 per il valore di vivasdy e alcune altre espressioni ri- 


correnti in epigrafi. 


I. 1368 — DESIKACHARIT. DIVAN 
BAHADUR, Sonth Indian E pigraphy 
and Numismatics, Madras, I9IO. 


I. 1369 — MAzumDbAR B. C,, 
Sonpur Plates of Kumara Somes- 
varadeva, EI, VII, 1910, pt. 4. 


I. 1370 — Lar Hira, Sanskrit 
and Hindi Inscriptions of Dik- 
paladeva, Samvat 1760, EI, XII, 
1910, pt. 6. 


I. 1371 — FLEET ].E., Bhandup 
Plates of Chhittarajadeva, A.D. 
1026, El, XII, 1910, pt. 6. 


I. 1372 — Barnett L. D., In- 
scriptions at Yewur, EI, NII, 
1910, pt. 6. 


I. 1373 — Inscriptions from Po- 
lonnasuva, EZ, II, 1916, pt. 3. 


I. 1374 — SPooNER D. B., The 
Bodh Gava Plaque, ]JBORS, LI 
19I0, pt. I. 


I. 137585 — Tuomas F. W., Notes 
on the Edicts of Asoka, JRAS, 
I9QIO, 113-123. 


I. 1376 — HuttzscH E., Fin 
ktirzlich entdechtes Edikt des Kò- 
nigs Acoka, ZDMG, 1916, 539-541. 


I. 1377 — Fixor L.., Les dates 
de l’inscription de Nagara ]um, 
BEFEO, XVI, 1916, n. 3, 23-27. 


I. 1378 — Sastri R. S. K,, 
South Indian Inscriptions, Vol. Il, 
5. Pallava Copper - Plate Grants 
from Velurpalavam and Pandan- 
tottam, Ed. and transl., Madras, 
1917. — Rec.: JRAS, 1919, 104 
(L. D. B.). 


I. 1379 — Gite REv. A., A 
record of the Inscriptions at the 
Catholic Church at Patna Bihar, 


and Orissa. Introd. and notes bv the 
Itev. H. Hostui S. J., Patna 1917. 


I. 1380 — MitRA SAILENDRA- 
NATH, Identification of Vinavasa- 
mukase in Acoka's Bhabra Fdict, 
IA, January, 1919. 


I. 1381 — RapHa Govinba Ba- 
SAK, The words nivi and vinita as 
used in Indian Epigraphs, 1A, Fe- 
bruary 1919. 


I.1382— VENKATESWARA S._W., 
Sativaputta in the Rock - Edict II 
of Acoka, IÀ, February, 1919. 


I. 1383 — CHANDA RAMAPRASAD, 
Inscriptions on two Patna Statues 
in the Indian Museuni, 1A, March 
I9IO9. 

IT. 1384 — MAJumbar N. G., 
Patna Museum Inscription of Ja- 
yasena, IA, April, 10919. . 


I. 1385 — JavaswaL _K. 1°, 
The Jogimarà Cave Inscription, 
IA, July 1019. 

I. 1386 — MAJUMDAR N. G,., 
Second note on the Hathigumpha 
Inscription of Kharavela, 1À, Oc- 
tober 1919. 


I. 1387 — NMAJUMDAR N, Gi, 
Epigraphic Notes, IA, November 
1919. 

I. 1388 — Arvar K. G. S,, 7 he 
Panamalai Rock - Temple Inscrip- 
tion of Rajasimha, IA, Decem- 
Der 1919. 


I. 1389 — Satiyaputra of the 


Asoka Edicts. — Rec.: JRAS, 
1919, 581-584 (S. KRISHNASWAMI 
AIYAR). 

I. 1390 — HucrtzscH E., Zur 


Inschrift der WN ardak-Vase, ZDMG, 
LXNIII, 1919, 224-228. 


-- 219 -- 


BALLINI - INDIA. 


I. 1391-1410 


XXVII. Numismatica. — W. H. Valentine (I 1416) si oc- 
cupa delle monete del Nord-Ovest dell'India dall’XI sec. circa. 
Interessante la serie delle sue monete dei Sikh e dei Durrani. 


.I. 1391 — Archaeological Survey 
of India, Vol. XXIX. South In- 
dian Inscriptions. Edited and trans- 
lated by Rao SAHIB H. KRISHNA 
SastRI, Madras 1920. 


I. 1392 — CHANDA R., Taxila 


Inscription of the year 136, JRAS, . 


1920, 319-324. 


I. 1393 — MAJUMDAR N. G,, 
Maner copperplate of Govinda- 
candra, JPASB, XVIII, 1922, n. 1. 


I. 1394 — MAJUMDAR S. C.' 
Krishnaraja of the Balsana Tem 
ple Inscription, IA, February, 1921. 


I. 1395 — Gupra K. M,, Land 
system in accordance with epi- 
graphic evidence, with notes on 
some of the inscriptions and on 
some terms used in them, IA, 
April 1922. 


I. 1396 — Gupta K. M., The 
Dhupi copperplate of Ramasimha, 
JPASB, XVIII, 1922, n. I. 


I. 1397 — MaJjumpar N. G,, 
Notes on Kharosthi inscriptions, 
JPASB, XVIII, 1922, n. 1. 


I. 1398 — PaRcITER F. E., The 
Inscriptions on the Bimaran Vase, 
EI, XVI, 1922, 3-4. 


I. 1399 — MAaJjumpar R. C,, 
Dates of the votive inscriptions on 
the Stitpas at Safichi, JPASB, 
xVIII, 1922, n. 4. 


I. 1400 — GorixatHa Rao T. A- 
and VARAKHEDI BAPU ACHARYS» 
Srisangani plates of Horihara-Rava 
Udaivar (III), Saka 1330, EI, XVI, 
1022, N. 5. 


I. 140! — RayCHANDHURI Hrm- 
CHANDRA, Zhe Mahabharata and 


the Besnagar inscription of Heli- 
odoros, JPASB, XVIII, 1922, n. 5. 


I. 1402 — BANERJI R. D. and 
VIsHNU S. SUKTHANKAR, Three 
Kshatrapa inscriptions, EI, XVI, 
1922, N. 5. 


I. 1403 — BANERJI R. D., The 
Sanchi inscription of Svamin ]i- 
vadaman: the 13th year, EI, XVI, 
1922, N. 5. 


I. 1404 — KRISHNAMACHARLU 
C. R., The Penuguluru Grant of 
Tirumala I: Saka 1493, EI, NVI, 
1922, N. 5. 


I. 1405 — HariDpas MITRA, dA 
note on the newly discovered Bogta 
Stone Inscription, JPASB, XVIII 
1922, N. 7. 


I. 1406 — SUBRAMANYAM, Satli- 
yaputra of Asoka’s Edict, N. 2, 
JRAS, 1922, 84-86. 


I. 1407 — Hyderabad Archaeo- 
logical Series, N. 5, Munirabad 
Inscription of the Thirteenth Year 
of Tribhuvanamala (Vikramaditya 
VI). 12, I tavola. Nizam's Govern- 
ment 1922. — Rec.: JRAS, 1923, 
647-048 (J. ALLAN). 


I. 1408 — THomas FT. W., Note 
on the Hathigumpha inscription, 
JRAS, 1922, 83-84. 


I. 1409 — Konow STEN, Sonne 
problems raised up by the Khara- 
vela inscription. Act. O, I, 1922, 
12-42. 


I. 1409a — Konow STEN, The 
royal dates in the Nuja inscrip- 
tion. Act. O, Il, 1923, 112-141. 


I. 1410 — Archaeological Survey 
ot Cevlon, £pigraphia Zevlanica 


0 -- 


XXVII. NUMISMATICA. I. 1410-1421 


C. J. Brown in 2 volumi (I 1417) descrive una delle più vaste 
raccolte di monete degli Imperatori Musulmani. Circa 6000 monete 
sono illustrate e annotate. Un glossario di parole e frasi delle monete, 
una lista di nomi, ecc., seguono l’accurato catalogo. 

Il Henderson (I 1418) descrive un mezzo migliaio di monete, 
con paragrafi introduttivi e note storiche; illustra chiaramente il 
complicato sistema di date di Tipu, di cui difende anche un po’ la 
figura tanto maltrattata. z 

Il Whitehead (I 1419) pubblica una breve opera, dedicata 
ai lettori non specialisti della materia, sulle monete premusulmane 
dell’India nord-occidentale, nella quale descrive le varie circolazioni 


monetarie del Punjab, dalla conquista greca al decimo secolo. 

Il Brown (I 1420) descrive in ordine storico ed evolutivo tutte 
le serie di monete coniate in India, facendo quasi un commento nu- 
mismatico della storia Indiana politica ed economica. 

Altre pubblicazioni di numismatica sono uscite (I 1421-1428). 


being Lithic and othey Inscriptions 
of Ceylon, Vol. I, part 1, Vol. II, 
part 5, 1904-1925. 


I. 1411 — Sankara IK. G., Some 
Pallava inscriptions; Some lvrics 
from the Purra-Manurru, QMS, 
1923, January. 


I. 1412 — WartueseRr M., Das 
Edict von Bhabra, pp. 20, Leipzig, 
Harrassowitz 1923. 


I 1413 — NARASIMHACHARYA 
Rao Bahadur, Sasana Padya 
-Marijari, or poetical Extracts from 
Inscriptions, pp. IV, 4, 3, 300, 


Bangalore, Guruvilas Printing 
Works 1923. 
I. 1414 — Koxow StEN and 


W. E. van WIJK, Ye Gras of 
the Indian Kharosthi Inscription. 
Act. O., III, 1924, 52-91. 


I. 1415 — SHARMAN T. T., Kan- 
nada Poets mentioned in Inscrip- 
tions. Arch. Survey of India N. 13, 
1924. 


I. 1416 — VALENTINE W. H, 
The Copper Coins of India. Pt. II: 
The Panjab and Contiguous Na- 


tive States, London, Spink a. Son, 
1920. — Rec.: JRAS, 1921, 477 
(J. ALLAN). (MA). 


I. 1417 — BrowNC.]., Catalogue 
of Coins în the Provincial Museum, 
Lucknow Coins of the Mughal 
Emperors, Vol. I-II, Oxford, 1920. 
— Rec.: JRAS, 10921, 475-77 
(J. ALLAN). (MA). 


I. 1418 — HENDERSON |. R., 
The Coins of Haiday Ali and Tipu 
Sultan, 124, 9 tavole, una carta 
geogr., Madras, Government Press 
1921. — Rec.: JRAS, 1923, 6051- 
052 (J. ALLAN). (L_M). 


I. 1419 — WHITEHEAD R. B,, 
The Pre-Mluhammedan Coinage of 
North-Western India, 56, 14 tav., 
New York, 1922. — Rec.: JRAS, 
1923, 051 (J. ALLAN). (LM). 


I. 1420 — Brown C. J., The 
Coins of India, (= Heritage of 
India Series), pp. 120, 12 tavole, 
Londra, 1922. — Rec.: JRAS, 
1923, 051-652 (J. ALLAN) (LM). 


I. 1421 — DiksHit K. N., Some 
Rare Coins in the Bombay Branch 
R.'A.S., JRAS, XXIV, 1916, n. 2. 


991 — 


BALLINI - INDIA. I. 1422-1432 


——— ccmPv__—---— o —_ ———— +-+ 


XXVIII. Archeologia. -— Il Le Coq (I 1429) narra il viaggio 
compiuto nell'Asia Centrale (e particolarmente a Chodscho, antico 
capoluogo politico della regione del Turfan, attiguo all'odierna bor- 
gata Astàna-OQara Chodscha); da un riassunto della storia « di Cho- 
dscho e de’ suoi abitanti e l’esposizione tecnica degli scavi da lui ese- 
guiti ». Fornisce poi (pubblicando pure 75 tavole, di cui 45 a colori) 
« documenti archeologici e artistici che egli giudica i più importanti 
fra quelli da lui raccolti nella campagna del 1904-1905 » (Kgl. 
Preuss. Turfan-Expedition). Si tratta di « pitture su seta e su carta, 
miniature, ceramiche, motivi ornamentali, suppellettili domestiche e 
votive, pitture murali delle più diversa origine », 

Lo stato di Hyderabad, importantissimo per la sue antichità, 
ha deciso di fondare un dipartimento archeologico sotto la dire- 
zione di G. Yazdani. La relazione del primo anno (I 1430) accenna 
ad importanti lavori compiuti e riproduce fotografie interessanti. 

R. Narasimbachar (I 1431-1432) dà importanti illustrazioni ar- 


I. 1422 — Numismatic Supple-. pp. 184, 10 tav., Cambridge, Dacca, 


ment, XXV, XXVII, JPASB, XII, 
IVIO n. 2-3. 


I. 1423 — ConrIncGTON H. W.. 
«“ Heavy », « Light» and « Indian » 
Money, CALR, I, 1916, pt. II 


I. 1424 — TrmrLe R., Notes 
on Currency and Coinage among 
the Bummese, 1A, April-May-]uly- 
September 1919. 


I. 1425 — DiksHiT K. N., Numi- 
smatic Notes, IA, July 1919. 


I. 1426 — BrowxC. J., Catalogue 
of Coins of the Guptas, Maukhavis, 
etc., in the Provincial Aluseum, 
Lucknow, pp. 45, Allahabad, 1920. 
— Rec.: JRAS, 1923, 6351-52 (|. 
ALLAN). 


I. 1427 — BHANDARKARMI. De- 
VADATTA R., Lectures on ancient 
Indian numismatics, Carmichael 
Lectures, pp. 229, Calcutta, 1021. 
— Rec.: JRAS, 1923, 651-032 
(G. ALLAN). 


I. 1428 — BHATTASALI N. K,, 
Coins and chronologv of the carlv 
independent  Sultans of Bensgal, 


1922. — Rec.: JRAS, 1923, 051I- 
665 (J. ALLAN). | 


I. 1429 — LE Coo A. vox, 
Chodscho. Facsimile - Wiederga- 
ben dey wichtigeren Funde der 


ersten Kòniglich Preussischen Expe- 
dition nach Turifan in Ost-Tur- 
kistan. Berlin, Reimer 1913. — 
Rec.: GSAI, XXIX, 1919-20 (1921 
179-184 (IL. SUALI). 


I. 1430 — YVAZDANI G., Annual 
Iteport of the Archaeological De- 
partement of His H. the Nizam's 
dominions, 1914, 65. — Rec.: 
JRAS, 1917, 412 (L.D. BARNETT). 


I. 1431 — NARASIMHACHAR R., 
Annual Report of the Mvsore Ar- 
chaeological Department for the 
year 1914-15. pp. 71, 22 tavole 
—  Rec.: JRAS, 1910, 384-385. 
(FRANK PETER). 


I. 1432 — NARASIMHACHAR R,, 
Annual Report of the AMvysore 
Archaeological Department for the 
vear 1915-16. — Rec.: JRAS, 
1917, 4It (L.D. BARNETT). (VA). 


XXVIII. inicnioesan _ I. 1433-1437 


cheologiche nel Report del dipartimento archeologico del Mysor per il 
19I4-I5 e nel seguente, sulle antichità di Turuvekere e Cringeri, le 
quali ultime racchiudono la famosa abbazia fondata da Cankara 
Acharya nel 1365. 

Il Fleet (I 1433), pur approvando l’idea di fare serie e sistema- 
tiche ricerche nel territorio del Nizam, notoriamente ricco di avanzi 
architettonici e di iscrizioni, e facendo rilevare l'interesse che suscita 
il primo numero del giornale della Società Archeologica del Nizam, 
critica in alcuni punti la 12 delle Series, che sono l'organo del Dipar- 
timento Archeologico, consistente in uno studio di H. Krishna 
Sastri (I 1434) supra la recente importante scoperta archeologica (v. 
l 133I-2) della prima epigrafe nota sin qui, nella quale il grande 
imperatore Acoka venga ricordato con questo suo nome e non con 
i consueti appellativi Devanampriva o Privadarcgin). 

Lo Smith (11435) ha dato notizia degli scavi del Dr. Spooner 
nell’area del monastero « in the east ». La più interessante scoperta 
è quella di 211 «stone panels » meravigliosi e tutti differenti fra 
loro. 

A. H. Longhurst pubblica una relazione sul forte e sui templi 
di Udavagiri ( Nellore district ), una sul tempio di Krishna a Vi- 
jayanagar, una sui monumenti buddhisti di Guntupalle ( Kistna 
district ) ed una breve nota sulle antichità di Coorg. È bene illustrata 
ed ha una lunga prefazione (I 1430). 

Il Narasimhachar (I 1437) da notizie di molti templi, della 
grande Svamis di Madhva, di molte epigrafi, iscrizioni, ecc. 

Un Report dà notizia del lavoro di archeologia indiana com- 
piutosi durante tre anni (1916-19), notevole nonostante le diffi- 
coltà causate dalle condizioni di guerra e dalla scarsità di fondi, 
e inteso ad impedire il deterioramento e a migliorare le condizioni 
di monumenti importanti non solo nci centri storici più noti come 


I. 1433 — FLEET J.F. Archaeolo- 
gical Work in Hvderabad, Deccan, 
JRAS, 1916, 572-575. 


Annual progress report of the Ar- 
chaeological Survey Department, 
southern Circle, Madras for 1016- 
17, Gov. Press, Madras 1917. — 


I. 1434 — SastRI H. KRISHNA, Rec: JRAS, 1918, 335-336 (H. 
The new Asokan Edict of Maski, A. R.). (MA). 
Hyderabad, 1916, (= Hyderabad 
Archaeological Series, N.1). (LM). I. 1437 — NARASIMHACHAR R.,, 


I. 1435 — SMITH V. A.,, Mi- 
scell Comm., JRAS, 1917, 154-55 
(MA) 


I. 1436 — LoxGcHURSsT A. II, 


233 


Annual Report of the Mysore Ar- 
chaeological Departm. for the vear 
1917. Bangalore Gov, Press 1918. 
— Rec.: JRAS, 1918, 584-585 
(L.D. BARNETT). (3/4). 


BALLINI - INDIA. I. 1438-1448 


Agra, Sikandra, Lahore, ecc., ma in molti altri meno celebri 
(I 1438). 

L'Ayyar (I 1439) descrive centinaia di templi dell’India Meri- 
dionale ed i tesori in essi contenuti, e dà notizia dei culti e delle 
tradizioni locali. 

Il Jouveau-Dubreuil (I 1440) descrive alcune antiche tombe 
scavate nella roccia, nel distretto di Malabar, che sembra abbiano 
conservato le caratteristiche delle tombe ariane del periodo Vedico, 
e le mette in relazione colla casa vedica, trovando negli scavi del 


Malabar perfino una sopravvivenza dell’agnidhriya vedico. 
Gli Annual Reports dell’Archaeologital Survey of India iniziati 
da Sir J. Marshall e D. Brainerd Spooner, sin dal 1902, continuano 


ad offrire preziosi 


contributi all’archeologia, 


epigrafia, cultura 


storica, civile, religiosa dell’India (I 1441). 

Il Report del 1919-20 (I 1442) ci dà conto di importanti lavori 
di conservazione e restauro, come quello delle tombe della dinastia 
Adil Shah a Bijapur, e di notevoli scoperte archeologiche. 

Molte altre pubblicazioni di archeologia sono apparse (mono- 
grafie, cataloghi, Reports) (I 1443-1490). 


I. 1438 — Progress Report of 
the Superintendent, Archaeological 
Survev of India, Muhammadan 
and British Monuments, Northern 
Circle, for the years 1916-17, 
1917-18, 1918-19, I1 tavole, Go- 
vernment Press, Allahabad 1921. 
—_ Rec.: JRAS, 1923, 3400-61 
(R. P. DEWHURST) (LM). 


I.1439— Avvyar P.V. JAGADISA, 
South Indian Shrines, pp. 263, 
116 tavole, Times Publishing Co. 
1920. — Rec.: JRAS, 1923, 14I- 
142 (J. ALLAN). (LM). 


I. 1440 — JouveAU-DUBREUIL 
G., Vedic Antiquities, pp. 29, Pon- 
dicherry, 1922. — Rec.: JRAS, 
1923, 442 (L.D. BARNETT). (LM). 


1I.1441 — Archaeological Survey 
of India, Annual Reports from the 
conimencement in 1902 fo 1922. 
Edit. bv Sir J. MARSHALL and 
D. BraIxERD SPoONER. With ge- 
neral Index to the vears 1902 to 
1916, dv R. G. KAYE, 21 voll, 
Calcutta, 1904-1914. 


I. 1442— Archaeological Survey 
of India, Annual Report 1919-20, 
pp. 63, 25 tavole, Calcutta, Super- 
intendent Government Press 1922. 
— Rec.: JRAS, 1923, 647-58 (J. 
ALLAN). (LM). 


I. 1443 — Cousens H,., Bijapur 
and its Architectural Remains, with 
an historical outline of the Adil 
Shahi Dynasty, Bombay, 1916. 


I. 1444 — YAZDANI G., The 
scope of Archaeology in the Hyde- 
rabad State, JHAS, 1916, n. 1. 


I. 1445 — YAZDANI G., The An- 
tiquities of Warangal, JHAS, 1916, 
n. I. 

I. 14460 — Strinivas T., The 
Antiquittes of Kulpak, JHAS, 1916, 
n. I. 


I. 1447 — Rao T.A._GoPpiINATHA, 
Some memorial Stones found in 
India and Ceylon, CALR, 1, 
1916, pt. II. 


I. 1448 —Mopi Dr. J.J., Ancient 


ai 


XXVIII. ARCHEOLOGIA - XXIX. ARTE. 


I. 1448-1469 


XXIX. Arte. — Due sono le cause della degenerazione del- 
l'iconografia indiana: l'influenza delle teorie mistiche, per le quali 


Pataliputra. Dr. D. B. Spooner's 
Recent Escavations and the question 
of the Influence of Ancient Persia 
upon India, ]BBAS, XXIV, 1916, 
n. 3. 


I. 1449 — LoncHuRrsT A. H,, 
Hanipi Ruins, descr. and ill., Ma- 
dras, 1917. 


I. 1450 — NARASIMACHAR R,, 
The Kesava Temple at Belur. — 
Rec.: JRAS, 1920, 252-254 (R.S.). 


I. 1451 — JouveaUu-DUBREUIL 
G., Pallava Antiquities, Pondi- 
cherrv, 1918. 


I. 1452 — MARSHALL ]., Conver- 
sation Manual. A Handbook for 
the use of Archaeological. Ufficers 
and others entrusted with the care 
of ancient monuments, 1923. 


I. 1453 — Archacological New- 
Imperia! Series, Vol. XLI. Tile- 
Mosaics of the Lahore Fort, bv 
]. P. VocEL, ed. bv Sir J. Mars- 
HALL, Calcutta 1920. 


I. 1454 — BHANDARKAR D. R.,, 
The Archaeological Remains and 
Excavation at Nagari, (Arch. Sur- 
vev of India n. 4), 1920. 


I. 1455 — CHANDA RAMAPRA- 
sap, Archaeolology and Vaish- 
nava Tradition, (Arch. Survey of 
India n. 5) 1920. 


I. 1456 — Archaeological Sur- 
vev of India, Western Circle, 
Bombay 1920. 


I. 1457 — Hasan M. ZASAR, 
Mosque of Shaikh Abdu-n Nahi 
(Arch. Survey of India), 1921. 


I. 1458 — Catalogue of the photo- 
graphic negatives in the Office of 
the Director-general of the Archae- 


“= 


ologia in India-Simla, Calcutta, 
Superint. Governm. Printing 1921. 


I. 1459 — MaAaRsHALL ]J. Fxca- 
vations at Taxila. The Stupas and 
Monasteries at Jaulian (Arch. Sur- 
vey of India n. 7) 1921. 


I. 1460 — DixsHim K. N., Six 
Sculptures from Mahoba. (Arch. 
Survey of India n. 8) 1921. 


I. 1461 — SHASTRI H., The Ori- 
gin and Cult of Tara (Arch. Sur- 
vey of India n. 20) 1925. 


I. 1462 — Hasan M. ZASAR, A 
guide to (the Tomb of) Nizamu-d 
Din (Arch. Survey of India n. 10) 
1922. 


I. 1463 — Arvar K. V. Su- 
BRAHMANYA. .firchacological De- 


partment Series, Travancore, Vol. 
III, pt. 1, Trivandrum 1922. 


I. 1464 — Archaeological De- 


partment.  (iwaltor State, Fort 
album, Gwalior 1922. 
I. 1465 — VYAZDANI G., The 


Temples at Palampet, (Arch. Sur- 
vey of India n. 6) 1422. 


I. 1466 — Archaeology in India, 
1919-20, Calcutta 1922. 


I. 1467 — KAK RAM CHANDRA, 
Antiquities of Bhimbar and Raia- 
uri, (Arch. Survey of India n. 14) 
1923. 

I. 14608 — Cevlon Journal of 
Science. Section G. Archaeology, 
Ethnology, etc. Edited by A. M. 
HocaRT, Archaeological Commis- 
stoner Cevlon, Cevlon, The Archae- 
ological Commissioner, July 1924. 


I. 1469 — MaxsHaALI. Sir J. H., 
Ammual Report of the Archaeolo- 


RE 


Aevum - Anno I - 15 


BALLINI - INDIA. 


I. 1469-1490 


gli attributi divini si rappresentarono per mezzo di moltiplica- 
zioni e deformazioni di membra, e la stilizzazione tecnica; ciò 


gical Survey of India Part. I, 


1912-13, Calcutta, 1915. 


I. 1470 — MARsHALL Sir J. K. 
Archaeological Survey of India, 
Annual Report 1913-14. Calcutta 
1917. 

I. 1471 — Archaeological Survey 
of India, Annual Report, 1915-16, 
Calcutta, 1917-18. — Rec.: JRAS, 
1919, 104-106 (L. D. B.). 


I. 1472 — Annual Report of the 
Archaeological Survey of India, Eas- 
tern Cicle, for 1916-17, Calcutta, 
1918. 


I. 1473 — 4mnnual Progress Report 
of the -Superintendent, Hindu and 
Buddhist monuments, Northern Cir- 
cle, for the Year ending March 31, 
1917, Lahore, 1919. — Rec.: ]RAS, 
1919. 106-107 (L.D. BARNETT). 


I. 1474 — NARASIMHACHAR. R. 
BAHADUR R., Amnual Report of 
the Mysore Archeological Depart- 


ment for the Year 1918. pp. 
71, 13 tavole, Bangalore 1919. 
—  Rec.: JRAS, 19109, 432 (L. 
ID. B.. 


I. 1475 —— Jammu and Kashmir 
State Archaeological Dept. Annual 
Progress Report, 1017-18, Jammu 
1919. 


I. 1476 — Archaeological Dept, 


Jammu and Kashmir State, An- 
nual Ieport, Jammu 1919. 
I. 1477 — NARASIMHACHAR R,, 


Annual Report of the Mvsore Ay- - 


chaeological Department fov the 
Year 1919, pp. I -;- II + 55, 
Bangalore 1019. — Rec.: JRAS, 


1920, 379-380 (L. D. B.). 


I. 1478 — Archaeological Survey. 
Frontier Circle, 1919-20, Pesha- 
War 1920. 


I. 1479 — Archaeological Survev 
Report, Burma, 1919-20, Rangoon 
1920. 


I. 1480 — Archaeological De part- 
ment, Hyderabad, Annual Report, 
1918-19, Calcutta 1920. 


I. 1481 Archaeological Survey 
of India. Annual Rep. 1917-18, 
Pt. I, Calcutta 1920. 


I. 1482 — Archaeological Survey 
of India. Annual Rep. 1914-15, 
Calcutta 1920. 


I. 1483 — Archaeological Depart- 
ment, Mvsore, Annual Report, 1920, 
Bangalore 1921. 


I. 1484 — .irchacological Sur- 
vey of India. Central Circle, An- 
nual Report, 1919-20. Supplement, 
Illustrations, 1918-19. Patna 1920. 


I. 1485 — Archaeological Re- 
port, Hindu and Buddhist Mo- 
numents Northern Circle, to March, 
3I, 1919, Lahore, 1920. 


I. 1486 — .irchaegological De- 
partment, Progress Report, W'es- 
tern Circle, 1919-20, Calcutta 1921. 


I. 1487 — Hvderabad. Arch 
Department, Annual Report, 1329 
F., A. D. 1919-20, Calcutta, 1022. 


I. 1488 — Reports of the Superin- 
tendent, Archaeological Survev, Bur- 
ma, forthe vears ending 3I1st, March 
1922, and the 3Ist, March 1923, 
Rangoon, Supt. Government Prin- 
ting 1923. — Rcc.: JRAS, 1923, 
148-9 (R. G. B.). 


I. 1489 — Archaeological De- 
partment, Surver, India,  Pro- 
gress Report, Western Circle, to 


gIst March T92I1, Bombav 1022. 


I. 1490 — 4irchacologico! De- 


LITI 


XXIX. ARTE. I. 1490-1499 


_— _____+Y 0 Tr — — n > Ai _ùò@—="— nni 


secondo Gopinatha Rao (I 1497), il quale raccoglie e illustra i più 
importanti termini e testi tecnici, e descrive le immagini relative 
ai culti di Ganapati, Visnu-Garuda, degli Ayudhapurusa, degli 
Aditya, di Devi. 

O. C. Gangoly (I 1498), in un’opera su la scultura e su l’icono- 
grafia dell'India meridionale, tratta, anzi tutto, in due capitoli, 
della storia della coltura e della religione dell'India meridionale 
in generale. Nel terzo parla dei caratteri fondamentali che gover- 
nano gli artisti indigeni, nel quarto delle scuole di scultura gcivaite 
a cominciare dal VI sec. e dell’arte visnuitica; nel quinto illustra e 
difende i principî estetici dell’arte Indiana. 

Il Coomaraswamy (I 1499) illustra e descrive i bronzi Indiani 
e Singalesi del museo di Colombo, raffiguranti divinità (Civa, Civa 
e Parvati o altre mogli di Civa, Karttikeva, Ganesa, ecc.) ed animali. 
Non si tratta di oggetti solo di bronzo, ma pure di rame, ottone, 
talora d'oro e d’argento, quasi tutti antichissimi e di grande valore 
artistico. 


partment, Gwalior State .Mysore, oi Burma (13 Annual Reports); 

Annual Report, 1922, Bangalore 1907-24. 

120 I. 1496 — Archaeological Survey 
I. 1491 — drchacological De- of Mysore, 16 annual Reports, 

partment, Survey, Burma, Re- 1907-25. 


port uf the Superintendent, for the 


vear ending March 1922, Rangoon 
1922. 


I. 1492 — Archaeological De- 
partment, India, Ann. Progress 
Report Northern Circle. Muham- 
madan and British Monuments, 
1920-1, Allahabad 1922. 


I. 1493 — Annual Report of the 
Archaeological Department of H, 
E. H. the Nizam's Dominions. 
Dp. 32, 12 tavole, Calcutta, Baptist 
Mission Press, 1922. — Rec.: 
JRAS, 1923, 6047-48 (J. ALLAN). 


I. 1494 — NARASIMHACHAR R. 
Annual Report of the Mysore Ar- 
chaeological Department for 1020-22 


3. voll., Bangalore, 1921-2. — 
Rec.: JRAS, 1923, 438-39 (L. DD. 
BARNETT). 


I. 1495 — Archaeological Survev 


I. 1497 — Rao Gopinata T. A. 
Elements of Hindu iconography, 
vol. I, in-4, XXXIII+ 59+ 400 
45+71+160+29. 143 tavole. Ma- 
dras, Law Printing House 1014. 
— Notizia: JRAS, 1915, 304-300 
(L.D. BARNETT). (GBP). 


I. 1498 — Gancory O. C., Soutk 
Indian Bronzes: a historical survey 
of South Indian sculpture, with 
iconographical notes based on ori- 
ginal sources, with an introductory 
note by]. C. WoobRoFFE, pp. 
XIII + 8o, tavole 260 + 95 In- 
dian Society of Oriental Art, Cal. 
cutta 1915. — Rec.: JRAS, 1010, 
174-706 (L.D. BARNETT). (£M). 


I. 1499 — CooMaraswamvy A 
NANDA .Vemoirs of the Colomto 
Museum, Series A, No. 1: Bron- 
zes from Cevlon, chieffv in the Co- 
lombo Museum, Universitv Press, 


BALLINI - INDIA. . I. 1499-1502 


Elizabeth Culton Spooner (I 1500) cerca di spiegare chi rappre- 
senti la strana figura, chiamata Vajrapani, dal fulmine che tiene in 
mano, che appare in tutte le scene scolpite della Scuola del Gandhara 
in costante associazione con l’imagine di Gautama Buddha. Respinge 
l'ipotesi che si tratti di Mara (Griinwedel e Burgess), e l’ipotesi 
del Cunningham, che ravvisa nel misterioso personaggio il cugino 
malvagio del Buddha, Devadatta; quella dello Smith (che pure 
in alcuni punti s'accorda del resto con l’Autrice) che vede in lui 
uno Yaksa, e la poco diversa del Foucher, e infine quella del Vogel 
che identifica Vajrapani col Dharma. La Spooner, fissate le prin- 
cipali caratteristiche della strana figura, cioè la sua essenza divina 
(segnata dal fulmine), l’invisibilità che l’artista vuol fare apparire 
convenzionalmente, l’inseparabilità da Gautama Buddha, ec la iden- 
tità delle emozioni che in tutte le scene hanno espressione intera- 
mente parallele nelle due figure, afferma la probabilità che Vajra- 
pani sia una specie di mistico duplicato di Gautama; e poichè ncn v'è 
traccia, nel pensiero Indiano puro, della personificazione dello spirito 
protettore, dell’angelo custode, crede ad una sopravvivenza di 
fede Zoroastriana, grazie alta quale Vajrapanisarebbe uno « specchio 
dell'anima », il Fravashi degli antichi Persiani. 

Il Macdoneli (I 1501) pubblica una comunicazione già apparsa 
nella Festschrift Ernst Windisch nel 1914, e poi rielaborata e letta 
nel 1915 in una seduta della Royal Astatic Society. In essa studia l’ori- 
gine e lo sviluppo dell’iconografia Indiana nei varî periodi, fissando 
la 22 metà del 1° sec. d. C. quale periodo in cui fu introdotta l’inno- 
vazione della molteplicità delle braccia e delle teste e ne afferma 
l'origine prettamente Indiana, che può farsi risalire sino alle espres- 
sioni figurate dal più antico Veda, spicgandola col proposito iniziale 
di far sorreggere i simboli proprî alle varie divinità da mani aggiunte 
quando quelle naturali erano occupate nell'azione o nel gesto. Dalla 
frequenza di tali rappresentazioni si sarebbe giunti a considerare la 
molteplicità delle braccia, e, meno spesso, delle teste, una caratte- 
ristica delle divinità. 

Il Coomaraswamy (I 1502) pubblica un eccellente studio d’arte 
Indiana. Il primo volume contiene il testo; il secondo le illustrazioni. 
Nella prima parte del testo parla delle scuole Rajput; nella seconda 


Oxford, 1914, pp. 31, tavole 28. I. 1501 — MAacDoNELL A. A,, 

—_ Rec.: JRAS, 1915, 176-177 The Development of Early Hindu 

(L.D. BARNETT). (LV): Iconography, JRAS, 1916, 125-130. 
I. 1500 — SroonER ELISABETH (DM). 

CoLtoNn, The Fravashi of Gautama, I. 1502 — CooMARASWAMY A- 

JRAS, 1916, 497-504. (LM). NANDA, Rapput Painting, Oxford 


— DR 


i 


XXIX. ARTE. I. 1502-1505 


discute i soggetti delle pitture; nella terza parla delle arti affini 
odierne. 

Il Vogel (I 1503), esaminando 1 due bassorilievi riprodotti sul 
frontespizio del libro del Rawlinson « Intercourse between India 
and the western world » (Cambridge 1916), sostiene che è falso il 
titolo « A Hindu Ship arriving at Java » dato dall’autore, che segue 
le conclusioni dello Havell. Il Vogel afferma invece che le mera- 
vigliose sculture adornanti lo stupa di Boro-Budur sono di carattere 
religioso ed illustrano nella parte superiore la vita di Cakyamuni, 
nell’inferiore, varie storie, nidana e jataka. Il Foucher, crede che 
le riproduzioni dello Havell e del Rawlinson si riferiscano ad una 
parte del Rudrayanavadana. Nel lavoro dello Havell «Indian 
sculpture and painting » (London 1908) troviamo riprodotte due 
teste del tetto del tempio giavanese Chandi-Bhima. Lo Havell 
suppone che siano due teste di Bhima e che il tempio fosse dedicato a 
questo eroe. Il Vogel non crede che il tempio sia dedicato a Bhima, 
perchè i nomi eroicì sono spesso « popular names» senza valore 
d’indicazione d'origine o di storia. Che poi le teste siano di Bhima 
niente lo prova, poichè tali decorazioni sono comuni a molti 
templi. 

Una delle principali opere di Akbar fu l’’Ibadat-khana (House 
of Worship) da lui eretto nel 1575 sopra la cella di un celebre monaco 
con lo scopo di raccogliere numerosi-sapienti e teologi per discussioni 
religiose. Lo Smithi(I 1504) si riferisce molto a Badaoni, scrittore del 
tempo di Akbar che fu spesso presente alle discussioni, per cercare 
di ricostruire idealmente il magnifico « hall ». L’A. coi dati ottenuti 
crede di poter affermare che l’’/badat-Rhana era un vasto rettangolo, di 
cui ogni lato costituiva una separata sezione per ogni scuola di sapienti 
musulmani. La costruzione poteva contenere parecchie centinaia 
di persone e sorgeva nei giardini del palazzo di Akbar, il quale, 
poi. aveva la suprema decisione nelle dispute. Quando Akbar cominciò 
a propendere verso le pratiche Indù allora le discussioni finirono e 
l'’I[badat-Rhana fu abbandonato. 

Il Coomaraswamy (I 1505) discute l'autenticità di alcune ri- 
produzioni di ritratti di Akbar e di altri illustri personaggi. 


Un. Press 1916. — Rec.: JRAS, A&kkars « House of Worship >» or 

1918, 338-340 (H. A. R.). (V4). /badat-Khana, JRAS, 1917, 715- 
I. 1503 — VoceL ]J.PuÙ., Ph.D. 72° (M-4). 

Tio notes on Javanese Archaeolo- È id: — Caos A 

gv. JRAS, 1917, 307-370. (MA). Miscell. Comm., JRAS, 1918, 5306- 
I. 1504 — SMITH VINCENT A. 540. (MA). 


ra 


BALLINI - INDIA. _L 1506-1511 


Il Venkateswara (I 1500), rispondendo ad altro scritto del 
Macdonell (JRAS, 1917, pag. 592-002; v. il già citato I 1501) 
a proposito dell’Iconografia Indiana discute i varî argomenti e con- 
clude: 1° che non si sa se gli dèi fossero iconograficamente 
rappresentati nella prima età vedica; 2° che gli dèi con quattro 
mani son ricordati nel Ramayana e nella Bhagavadgità e sulle monete 
del 1° sec. d. C. e con otto o dodici braccia si trovano nel 200 
d. C.; 3° che lo scopo di queste rappresentazioni era d'impressionare 
il credente con un apparato di forze sovrumane corrispondenti alla 
tradizione; 4° che i particolari iconografici si spicgano coi principi 
del simbolismo indiano, l’adattazione e l'effetto artistico religioso. 

Il Macdonell (1 1507), a sua volta, discute gli argomenti del 
Venkateswara e conclude: 1° che se anche gli dèi non sono rappre- 
sentati nella prima età Vedica, pure è evidente l’uso d'immagini 
dall'ultima età Vedica in poi; 2° che dèi di otto o dodici braccia da- 
tano da prima del sesto sec. d. C.; 3° che l'aggiunta di braccia fu fatta 
perchè gli dèi portassero tutti i simboli loro proprî; 4° che l'origine 
e l'evoluzione dell'iconografia indiana dev’essere piuttosto uno 
studio storico che non una deduzione da un argomento a priori. 

Ramaprasad Chanda (I 1508) pubblica una sua conferenza 
sulla scultura medioevale nell'India Orientale. 

È uscita una descrizione delle costruzioni Qutb Shdhî nella città 
di Hyderabad e nei suoi sobborghi. Una corrispondenza pubblicata 
nella prima appendice fa sperare che i famosi affreschi di Ajantà 
siano presto puliti e restaurati da specialisti italiani, e quindi resi 
noti con riproduzioni fotografiche in tricromia (I 1509). 

B. C. Bhattacharya (I 1510) si occupa in forma piuttosto tecnica, 
dell'iconografia nell'India settentrionale, e pubblica trenta magni- 
fiche tavole. 

Il Narasimhachar (1 1511) pubblica otto tavole che illustrano 


I. 1506 — VENKATESWARA S. V., Archaeological Department of the 
Miscell. Comm., JRAS, 1918, 519- Nizam's Dominions, 1918-19. Bap- 
520. (MA). tist Mission Press, Calcutta 1020. 


— Rec.: JRAS, 1923, 460-601 (R. 
I. 1507 — MAacpboNeELL A. A., P. DEwHURST). (L.M). 


Miscell. Comm., JRAS, 1918, 526- 
535. (MA). I. 1510 — BHATTACHARYA BRIN- 
DAVAN C., M. A, Indian Images. 
I. 1508 — /ournal of the Depart- Part I: The Brahmanic Icono- 
ment of Letters of the Universitv  graphy, pp. XXXVII + 79, Cal- 
of Calcutta 1920. — Rec.: JRAS,  cutta, Thacker Spink and Co. 
1023, 6024-25 (]J. ALLAN). (LM). 1921. (La). 


I. 1509 — izzal Report of the I. I5SII — NARASIMHACHAR R. 


— 230 — 


NXIX. ARTE. __T 1511-1515 


l'architettura singolare del tempio di Kecava di Belur ed il Hoy- 
salecvara di Halchid, ed un facsimile, con trascrizione, dell'iscri- 
zione, recentemente scoperta, di Kudlur, del re della dinastia Ganga 
Marasimha, figlio di Butuga II, datata GCaka 884, documento 
di 198 righe in versi e prosa sanscriti, di grande importanza 
storica. Infine pubblica altri documenti di minor valore ed al- 
cuni manoscritti. 

Il Creswell (I 1512) in una bibliografia dell’architettura musul- 
mana in India, costituisce pochi vasti gruppi, come quello dei nomi 
di autori e dei nomi dei luoghi, dedicando speciale cura alle notizie 
individuali. La bibliografia pubblicata ora dal C. dovrebbe formare 
parte di una più vasta bibliografia dell’ architettura, arti e mestieri 
dell'Islam, da pubblicarsi quanto prima. 

Nella pubblicazione che contiene le riproduzioni delle opere 
artistiche legate da Lady Wantage al Museo Vittoria e Alberto 
(I 1513), appaiono, fra le altre, opere di Balchand, Bishanda, Ma- 
nohar e Mansur, "Abd al Rashid. L'introduzione e le note sono di 
Stanley Clarke. 

Il Vogel (I 1314) presenta una serie di bellissime tavole colo- 
rate, riproducenti le piastrelle smaltate dei muri del palazzo imperiale 
di Lahore. Nella introduzione tratta dei mosaici indiani in genere, 
della storia del forte di Lahore e della data di questi mosaici in 
ispecie. Giunge alla conclusione che essi appartengono al decennio 
1620-30, cioè alla fine del regno di Jahangir e al principio di quello 
di Shahj)ahan. 

B. C. Bhattacharya (I 1515) ci da undici tavole rappresen- 
tanti antiche statue di dèi e di dèe trovate nella parte meridionale 


Rao Bahadur. Ania! Iteport of and Albert Museum. With intro- 
the Mysore Archaeological Depart- duction and text bv C. STANLEY 
ment for the Year, 1921, pp. 37, CLARKE, pp. 4, 24 tavole, London, 
I1 tavole, Bangalore, 1922. — 1922. — Rec.: JRAS, 10923, 048- 
Rec.: JRAS, 10923, 280-81 (LD. 6050 (J. ALLan). (LU). 


BARNETT). (LV). 
di I. 1514 — Vocet ]J. Pu., PH.D. 


T. 1512 — CreswreLi K. A. C.,  Tile Mosatcs of the Lahore Fort, 
Hon. A. R. TI. B. A. A Provisional — 80. tavole. Superintendent  Go- 
Bibliography of the Muhammadan  vernment Printing, Calcutta. — 
Architecture of India, IA, 1922, Rec.: JRAS, 1923, 460-602 (R. P. 


81-108, 1065-79. — Riprodotto: DEwnURST). (LM). 

Bombay, British India Press 1922. 

— Rec.: JRAS, 1923, 123-24 (A. i I. 1515 — BHATTACHARYA B. 

R. Guest). (1). ° C., Benares Iconographical  No- 
tes, pp. 7, II tavole. — Rec.: 


I. 1513 — Indian Drawings in JRAS, 1923, 480-81.(]J. Linbsay). 
the Wantage Bequest in the Victoria. (LM). 


mp 


BALLINI - INDIA. I. 1516-1524 


di Benares, e le descrive succintamente. La scultura più notevole è 
un'immagine di Visnu a quattro braccia. 

L. Binyon (I 1516) riproduce e W. Rothenstein illustra alcuni 
esemplari di scultura indiana appartenenti al British Museum. 

Un volume di architettura dravidica di G. Jouveau-Dubreuil, 
rappresentata specialmente nei templi dei distretti di Chingleput, 
North Arcot e South Arcot, pubblica K. Aiyangar (I 1517). 

Il Griinwedel (I 1518-1519) illustra gli affreschi portati a Ber- 
lino dal Turkestan cinese (Museum fiir Volkerkunde di Berlino), 
quella parte, cioè, di essi che non era stata compresa nella sontuosa 
edizione di Chodscho del von Le Coq (1913). Il Griinwedel si occupa 
degli affreschi raccolti nella regione di Kutcha (Alt-Kutcha) 

E. B. Havell (1 1520) dimostra che in India non si svolsero forme 
architettoniche proprie di questa o quella religione, ma che vi fu solo 
un'arte indo-aria che servì alle religioni successivamente o contem- 


porancamente dominanti. 


Altre pubblicazioni d’arte indiana sono apparse (I 1521-1546). 


I. 1516 — BiNnvon LAURENCE, 
Examples of Indian Sculpture at the 
British Museum selected by B. In- 
troduction by WILLIAM ROTHEN- 
, STEIN, pp. 12, 12 tavole, London 
India Society, 1923. — Rec.: 
JRAS, 1925, 117-119 (T. GRAHAME 
BAILEyY). 


I. 1517 — JouvraUu-DUBREUIL 
G., Dravidian Architecture. Ed. with 
pref. and motes bv S. KRISHNAS- 
WAMI AIYANGAR, pp. II + 47, 
Madras, S. P. C. kh. Press 1917. 
— Rec.: JRAS, 1918, 134 (L. D. 
BARNETT). (Md). 


I. 1518-1519 — GRUNWEDEL AL- 
BERT, Alt Kutscha, Arkdologische 
und religions-geschichtliche Forsch- 
ungen an Tempera-gemalden aus 
buddhistichen Hohlen der ersten 
acht Jarhunderte nach Christi Ge- 
burt, Berlin, Otto Llsner Verlag- 


sgesellschaft 1920. — Rec.: JA, 
1922, III (PELLIOT). (ZC). 
I. 1520 — Haveccr FE. B., Ze 


Ancient and Medieval Architec- 
ture in India: a study of Indo- 
aryan Civilisatton, London, John 


Murray 1915. — Rec. : BEFEO, 
XIX, 1919, n. 5, 41-49 (H. Par- 
MENTIER). (GBP). 


I. 1521 — Ajanta Fyescoes: being 
reproductions in colour and mono- 
chrome of Frescoes in some of the 
caves at Ajanta, after copies taken 
in the years 1909-1911 by Lapy 
HERRINGHAM and her assistants. 
INith introductory Essavs bv va- 
rious members of the Indian Society, 
Oxford, University Press 1915. 


I. 1522— ANESAKI M., Buddhist 
Art in tits Relation to Buddhist 
Ideals, with special yeference to 
Buddhism in Japan, 1916. 


I. 1523 — Cousens HENRYyY, 
Bijapuyr and its Architectural re- 
mains, etc., Gov. Central Press, 
Bombay, 1910. — Rec.: JRAS, 
1918, 330-338 (II. A. R.). 


I. 1524 — FOUcHER A., L'Art 
Gréco-Buddhique du Gandhara, To- 
me II, 1 fasc.: Les Images, Paris, 


Imprimerie Nationale 1918. — 
Rec.: JRAS, 77-91 (M. Loxc- 
WORTH DAMES). 


— 232 — 


NXIXN. ARTE. 


I. 1525-1543 


Di antichi monumenti architettonici, stùpa, templi di varie 
età e luoghi (Chalukya, Kanara Sett., Gujarat, Kathiavar, Dekkan) 


scrive H. Cousens (I 1547). 


I. 1525 — Brown P.,, /ndian 
Painting, pp. 117, Calcutta, As- 
sociation Press 1918. 


I. 1526 — 
Alleced Saigunaga 
March 1919. 


MAJUMDAR_ R. C., 
Statues, 1A, 


I. 1527 — Rao GoOPINATHA 
T. A., Talamana or Iconometrv 
{Archaeological Survey of India, 
Memoirs N. 3) Calcutta 1920. 


I. 1528 — Haveir E. B., d 
Handook of Indian Art, pp.NVI 
+ 222, 79 tavole, London, John 
Murrav 1920. — Rec.i JRAS, 
1922, 454-457 (STELLA KRAMRISCH) 


I. 1529 — DiksHIT K. N, Stax 
Sculptures from Mahoba (Archae- 
ological Survey of India, Me- 
moirs N. 8) Calcutta 10921. 


I. 1530 — Bisxvonxn L. and AR- 
NoLD T. W., The Court Painters 
oi the Grand Moguls, London 1921. 


I. 1531 — Mirton E. G., Tie 
lost cities of Ceylon, London, John 


Murray 1910, pp. 236. — Rec.: 
BEFEO xix, 1919, n. 5, 64 (H. 
PARMENTIER). 


I. 1532 — CLARCKE C. STANLE y, 
Indian Drawings. Mogul Pain- 
lines illustratine the Itomance of 
Anur Hamzah. Victoria and Albert 
Museum Portfolios, London 1921. 


I. 1533 — CoHN W., /idische 
Plastik, VII + 87, Berlin, Cas- 
Sirer. — Rec.: NO, VIII, 1921, 
è7 (Vv. GLASENAPP). 


I. 1534 — SARKAR B. IC, Zindu 
4rt, New York, Huebsch 1921. 


I, 1535 — SHASTRI HIRANANDA, 
Some recently added Sculptures in 


the Provincial Museum, Lucknow 
(Archaeological Survey of India 
n. 11) Calcutta, 1922. 


I. 1536 — Siraram «€@ K. N, 
Some Aspects of Indian Archi- 
tecture, chiefly Hinduistic, AR, 
July 1922. 


I.1537 — AyRTox E. K., Note on 
one of the Amaravati Sculptures in 
the Colombo Museum,I1A,May 1922. 


I. 1538 — SHUTILEWORTH HI. 
L. H., dun imscribed metal mask 
discovered on the occasion of the 
Bundha Ceremony at Nirmand. 
Act. O, I, 1922, 224. i 


I. 1538a — VocEL ]., Notes 
on the Nirmand mask inscription. 
Act. O, I, 1922, 230. 


I. 1539 — HaveLt E. B., Eleven 
plates representing works of Indian 
Sculpture. London, Probsthain s. d. 
— Rec. BEFEO, NIX 1919, n. 5, 
53 (H. PARMENTIER). 


I. 1540 — JouveaAUu-DUBREUIL 
G., Pallava painting, IA, March 
1023. 


I. 1541 — Loncuurst A. H,, 
Pallara Architecture, Part. I Lar- 
ly Period (Archaeological Sur- 
vey of India n. 17) Calcutta, 1924. 


I. 1542 — Brown P., /ndian 
Painting under the Musghals, A. D. 
1550, A. D. 1750, 1924. 


I. 1543 — CODRINGTON R. DE B,, 
Aucient India. With a mote in 
the Sculpture bv W.ROTHENSTEIN. 
Berng Volume 1° of a work on 
Indian Art in three volumes, edi- 
ted by R. nE B. CODRINGTON and 
WILLIAM RoTHENSTEIN, Professor 
of Civic Arch. at Scheffiela Uni- 
versitv, 192. 


a I 


BALLINI - INDIA. I. 1544-1553 


[W. Foster (I 1347 a) descrive minutamente le opere d’arte e gli 
oggetti di particolare interesse che la Royal Asiatic Society ha rac- 
colti in cento anni di esistenza, e che ornano le sale della sua sede: 
fra essi, numerosissimi, i ritratti di studiosi di cose orientali che hanno 
fatto parte della Socictà]. 


XXX. Musica. — E. Clements (I 1548) si propone di conci- 
liare la moderna musica Indiana colle antiche teorie musicali. In 
un importante capitolo interpreta anche antichi libri di testo, tra- 
ducendo notevoli passi del Natyagastra di Bharata e del Sangitara- 
tnakara di Carnigadeva coi commenti musicali dell'autore. Tratta 
pure di questioni musicali pratiche (la modificazione degli spazì 
su cui si scrivon le note, ad uso indiano: una descrizione dell’ar- 
monio indiano e l'adattamento di istrumenti a chiave alla musica 
indiana). | 

Altre pubblicazioni di musica indiana sono uscite (I 
1553). 


I. 1544 — HaxncHÙix E. H. 7he 
Draicing of Geometric Patterns in 


1549 


RASWAMY, London, Longmans, 
Green and Co. 1913, pp.IX+104. 


Saracenic Art (= Archaeol. Survey — Rec.: JRAS, 1910, 107-174 
of India, N. 15) Calcutta, 1925. (E. J. THomas). (LM). 

I. 1545 — Bixyox LAURENCE, I. 1549 — FeELBER ERWIN, Die 
Astatic Art in the British Museum indische Musik der vedischen und 
(Sculpture and Pictorial Art). OÎ der hklassischen Zeit, nach den 


letterpress and 64 {full page collo- Platten des Phonogramm-Archives 


type plates în double tint, containing 
107 illustrations, Paris and Brus- 
sels G. Van Oest 1925. 


I. 1546 — PrzvyLtuski J., Za 
legcende de Rama dans les bas- 
reliefs d’Anghor Vat. Arts et Ar- 


chéologie khmers (Paris, Chal- 
lamel ed.), 1, tasc. 4°, 1923, 
319-330. 


I. 1547 — Cousens H., Archt- 
tectural Antiquities Western India, 
1920. 


[I. 1547a — Foster W., The 
Pictures etc. of the Roval Astatic 
Societv. JRAS, 1924, 81-91]. 


I. 1548 — CLEMENTS E.. 7ntro 
dutction to the Studv oî Indian 
Music; Foreword bv A. K. Cooma- 


der kais. Akfademie, SBAW, CLNN 
Abh. VII, Wien, 1912. — Notizia: 
JRAS, 1915, 578-580 (E. J. THo- 
MAS). 


I. 1550 — StraxgGways A. H. 
Fox, The music of Hindostar. 
Oxford, Clarendon Press 1914, 
N-364. — Notizia: JRAS, 1013. 
578-580 (E. J. THomas). 


I. 1551 — CLEMEN1S E., /udian 
Music, ERE, 1917, 43-48. 


I. 1552 — PorpLey H. A., Tle 
Musical Heritage of India, IRM, 


1921, 223-235- 


I. 1553 — PorpLey H. A, Ze 
Music of India, X + 173, London, 
Oxford Univ. Press 1921. 


- 291 


XXIX. ARTE - XXX. MUSICA - XXXI. GIURIS. POL. ECON. 


XXXI. Giurisprudenza. Politica. Economia. — \. 
Pisani (l 1554) riconosce nel Manavadharmagastra l’opera d’un 
poeta «specializzatosi nel diritto, il quale raccolse leggi e norme 
di ogni scuola e setta per farne un codice per tutti gli Ani dell'India ». 
Ciò posto, esamina — fondandosi sul Biiller e su altri — il primo 
libro del trattato e cerca di dimostrare l’ipotesi di una doppia re- 
dazione di tale libro, quale dovesse esser presso a poco il suo contenuto 
in una prima redazione e quale fosse la parte aggiunta dal compila- 
tore della seconda redazione. La ragione del rifacimento va cercata 
nella natura stessa degli Indiani (che si rivela maggiormente nella 
epoca epico-puranica), che tende ad ampliare e a rimpinzare opere 
gia esistenti. Il compilatore poi di questo libro era vedantista e sic- 
come il suo predecessore era seguace della scuola SamAlya ed aveva 
escluso le dottrine del Vedanta dal suo lavoro, così egli sente il bi- 
sogno di aggiungerle. E poi che Manu aveva gia esposto le dottrine 
Samkhya, egli, dal canto suo crea il personaggio di Bhrgu (parente 
di Manu) per esporre le sue teorie. Così con un nuovo personaggio, 
con la riduzione di qualche verso e con una leggenda vecchia 
(l’arrivo dei Savi presso Manu), il compilatore ci dà un testo che 
da più di 1500 anni è assai venerato dagli Indiani. Il Pisani dà, 
in fine, una sommaria bibliografia sull'argomento e traduce è com- 
menta il I libro. 

Nuove edizioni e traduzioni del AManavadharmacastra sono 
uscite (I 1555-1550). 

Altri studi sono apparsi, particolari e generali, sul diritto in- 
diano (I 1557-1565). 


I. 1554-1561 


I. 1554— Pisani V., // primo libro 
di Manu, FR. II, 1923, 1, 17-31; 
2, 30-53. (MA). 

I. 1555 — Jua GANGA-NATHA, 
Manu-Smrti. The Law of Manu, 
with the Bhasva of Madhatithi, 
Vol. I, part 2, N + 256. Uni- 
versity of Calcutta 1921. 

I. 1556 — MAcFIE J. M., Ze 
Laws of Manu, Madras, Christian 


Literat. Soc. for India 1921. — 
Rec.: IRM, XI, 1922, 303-305 
(URQUHART). 


I. 1557— MAZZARELLA GIUSEPPE, 
L’incapacità naturale di contrattare 
nell'antico diritto indiano, Roma, 
Rivista Ital. di Sociologia 1015. 


I. 1558 — MAzzarELLA GIUSEP- 
PE, Gli elementi irriducibili dei 
sistemi giuridici. N. 8, I. La de- 
compozizione dell’antico diritto in- 
diano in elementi irriducibili, Ca- 
tania, Giannotta 1918. 


I. 1559 — RAMANATHAN A. V., 
Administration of criminal ju-- 
stice in ancient India, 1915. 


I. 1560 — HorFmanxn Rev. Fa- 
ther ]., Principles of Succession 
and Inheritance among the Mun- 
das, JBORS, I, 1916, pt. I. 


I. 1561 — CampRELL Hon. and 
Rev. A., Rules of Succession and 
Partition of Property as observed hy 
the Sautals, ]BORS, I, 1010, pt. I. 


985 -. 


BALLINI - INDIA. I. 1562-1572 


Il Thomas dà la prima edizione e traduzione del primo trattato 
politico noto sin quì nello stile dei stra (I 1566); Bhagni Datta ne 
cura la ristampa in caratteri devanagarici (I 1567). 
| Otto Stein (I 1568) studia con analisi acuta l’Arthagastra 
attribuito a Kautilya, confrontandolo col racconto di viaggio del- 
l'ambasciatore di Seleuco Nicatore alla corte di Candragupta, 
Megastene. L’accurato e importante studio conduce ad una con- 
clusione negativa: le concordanze tra i due testi sono poche e vaghe 
in confronto alle discordanze in argomenti vitali e significativi. 
L’A. conclude che Kautilya, (il retore) non può essere il ministro 


di Candragupta, Visnugupta o Canakya. 
Lo Jolly continua i suoi studî sul Kautiliyarthasastra (I 1569) e 


ne traduce il libro I (I 1570). 


A. Vallauri ha tradotto il I libro dello stesso Arthagastra (I 1571). 
Il Meyer (I 1572) ha iniziata la pubblicazione della versione 
illustrata un ampio commento, del Kautiliyarthacastra. 


I. 1562 — FERNANDO C. M., The 
Laws and Constitution of the Sin- 
halese Kingdoni, CALR, I, 1910, 
pt. III. 


I. 1563 — CrooKE W., Indian 
Possession, ERE, 1918, 130-131. 


I. 1564 GHOSsE NAGENDRANATH, 
Comparative Administrative Law, 
Tagore Lectures, 1915. Butter- 
warth a. Co., Calcutta 1919. — 
Rec.: ]JRAS, 1920, 242-248 (A. 
BERRIEDALE KEITH). 


I. 1565 — SEN PRIYANATH, Ze 
General Pyinciple of Hindu ]Juris- 
prudence, Univ. of Calcutta, 1918. 
— Rec.: JRAS, 1920, 118 (F. 
Ei Pi 


I. 1566 — Tunomas F. W., A 
Brhaspati siittra M., III sér., T. 
I, n. 2, 1910. — Rec.: RSO, 
VIII, 1910-18, 525 527 (C. For- 
MICHI). 


I. 1567 — BriHaspati Stra 
on the science of politics according 
to the school of Brihaspati, ed. with 
an introd. and an english trans. 
by Dr. F. W. THiiomas. The De- 


vanagari text preparated from his 
edition (in roman script.) with 
introductory remarks and indexes 
by BHAGAVAD DATTA. Lahore, Moti 
Lal Banarsi Dass 1921, 20 + 
+ 31 + 30 (Punjab Sanskrit 
Series N. 1). — Not.: RSO, X,. 
1923-1925, 717-778 (G. TUCCI) 


I. 1568 — STEIN OTTO, Megaste- 
nes und Kaufilya, SBAW, CXCL, 


‘1922 4 + 336 — Rec.: JA, 1923, 


136 (BLOCH). 


I. 1569 — JoLLv JuLius, 7ext- 
kritische Bemerkungen zum Kau- 
tuliva @Avthacgastra, ZDMG, LXX, 
1916, 547-554; LXXI, 1917, 227- 
235; LNII, 1918, 209-223. 


I. 1570 — Joxty ]., Das erste 
Buch des Kautiliva Arthacastra, 
aus den Sanskrit tiberset:t, ZDMG, 


1920, 321-355. 


I. 1571 — VALLAURI M., Il I 
Addhikarana  dell’Arthagastra di 
Kautilva. Traduz. ital. con note 
RSO, VII, 1916, fasc. IV. 


I. 1572 — MkvER JOHANN Ja- 
cor, Das altindische Buch von 


— 236 — 


XXXI. GIURISPRUDENZA. POLITICA. ECONOMIA. I. 1572-1576 


In due conferenze (1 1573) il prof. K. V. Rangaswami Aiyangar 
discute l'autenticità, la cronologia dei trattati politici indiani, 
parla della grande importanza dell’Arthagastra di Kautilya. Esa- 
mina le vecchie forme di governo, specialmente indiane, la teoria 
dell'origine dello Stato e l'osservanza del Dharma che ne è la base. 
Le dette conferenze sono scritte con chiarezza e la critica ne è acuta 
ed incisiva. 

Il Law (11574-1575) ci presenta un lavoro di antica politica india- 
na: uno studio sull'ultima metà dell’Arthagastra di Kautilya, per illu- ‘ 
strare le relazioni fra gli Stati: relazioni non intese nel senso nostro 
attuale, ma consistenti nella conquista o nella difesa di uno Stato 
— ammesso che ogni Stato è nemico di ogni altro Stato limitrofo. 

Kalidas Nag (I 1570) nella prima parte di un suo studio sulle 
« teorie diplomatiche nell'India antica» traccia un quadro dell’evol- 
versi progressivo delle idee politiche e costituzionali nell’India dal- 
l'età vedica al periodo buddhistico ed epico. Nella seconda parte, 
in cui si parla dei «veri e propri principî politici » ispirati a ciò 
che noi potremmo chiamare un machiavellismo senza scrupoli » 
(caratteristiche della ni indiana), si può dire che il N. dia la ver- 
sione e il commento accurato del libro VI e VII del Kautiliyartha- 
castra. Nell'appendice, poi, egli sostiene doversi il Kawutilivartha- 
gastra nella sua interezza, più che al primo ministro di Candragupta, 
«ad una scuola di nîti, che riconosceva come suo fondatore Canakva ». 
Dopo aver esaminato i veri fattori della potenza di uno Stato, il 
Law enumera 6 « courses » di politica: 1° trattati di pace e d’alleanza, 
stratagemmi, ostaggi, ecc.; 2° guerra; 3° « halt »; 4° attacchi; 5° pro- 
tezioni di altri; 6° alleanza con uno, guerra con un altro. 


Welt- und Staatsleben. Das Ay- and authenticity of the Arthacastra 
tacastra des Kautilya. Aus dem of Rautilva, by R. MookERII, 
Sanskrit iibersetzt und mit Ein-. Vol. 1, New York 1914. 


leitung und Anmerkungen versehen 


Hannover, Heinz Lafaire 1023- I.1575— Law NARENDRA NATH, 
1920. i Inter-State Relations in Ancient 
India, Part I (Calcutta Onien- 
I. 1573 — Arvangar Raxga- tal Series N. 4, E. 1). London, 
SWAMI K. V., Considerations on. Luzac 1920. — Rec.: JRAS, 
Some Aspects of Ancient Indian 1921, 6014-16 (A. YUSUF-ALI). 
Polity. Madras, 1916. — Rec.: (MA). 
R OA n 
di OA I. 1576 — NAG KALIDÀAS, Les 


I. 1574 — Law NN, Studies 
in ancient Hindu polity (based on 
the Aytacastra of Kaufilva with 
an introductorv essav on the age 


théories diplomatigues de l’Inde an- 
cienne et DArthacastra, Paris, Jean 
Maisonneuve et fils 1923, pp. 143. 
— Rec.: RSO, X, 1023-1925, 718- 
719 (G. TUCCI). 


Re 


BALLINI - INDIA. I. 1577-1589 


E. Bartoli pubblica un secondo codice fiorentino inedito 
di Canakya (= N. 94 Florentine Sanskrit Manuscripts).(I 1577- 
1578). 

Pramanath Banerjee (I 1579) scrive un saggio sul Diritto Inter- 
nazionale nell’India antica. 

Il Sarkar (I 1580) fa uno studio comparato delle istituzioni e dei 
concetti politici Indiani, per il quale atferma aver tratti gli elementi 
esclusivamente da iscrizioni, monete e rapporti contemporanei, 
escludendo i trattati sanscriti e pracriti. 

Un'opera ampia e comprensiva intorno alla scienza e all'arte 
politica dell'India antica ha pubblicato lo Hillebrandt, ben noto 
anche per i suoi studî su l’Arthagastra di Kautilya (I 1581). 

Anche V. Ghoshal (I 1582), fondandosi su una larga documenta- 
zione delle fonti indigene, espone i principî delle concezioni politiche 
e costituzionali dell'India e la loro storia. Lo studio del Gh. abbraccia 
un periodo di quasi ben 3000 anni. 

Altri scritti di politica indiana sono usciti (1583-1590). 


I. 1577-1578 — BartoLI E., Un RSO, X, 


1923-1925, 


secondo codice fiorentino inedito di 
Canakva, RIGI, III, 1919, fasc. 
3° e 4°, 151-166; IV, 1920, fasc. 
3° e 4°, 129-133; V, 1921, fasc. 
3° e 4°, II5-119. (LR). 


I.1579— /ournal of the Depart- 
ment of Letters of the University 
of Calcutta, 1920. Vedi I. 1508. 


I. 1580 — SARKAR KUMAR BE- 
xovy, The Political Institutions and 
Theories of the Hindus, pp. 242, 
Leipzig, Markert & Petters 1922. 
— _ Rec.: JRAS, 10923, 484-85 
(FP. E. P). (LUMI). 


TI. 1581 — IHLLEBRANDT A, 
Altindische Politik, NII + 209. 
Jena, Gustav Fische 1923. — 
Rec.: ]RAS, 1025, 178-9 (LD. 
BARNETT). 


I. 1582 — GHosHar U., A Kki- 
storv of Hindu Political Theories 
from the earliest Fimes to the end 
of the first quarter of seventeenth 
Centurv 4. D., Oxford, Universiry 
Press 1923, pp. NI -i- 19060. — Rec. 


720-722 (G. 
TUCCI). 


I.1583— HILLEBRANDT ALFRED, 
Zum altindischen  Kònigsrecht. 
ZDMG, LXX, 1910, 41-48. 


I. 1484 — Law B. C., Aspects 
of Ancient Indian Polity. With a 
foreword by A. BERRIEDALE KEITH,. 
Rec.: JRAS, 1923, 635-636 
(F. NovycE). 


I. 1585 — Gwyrxx J. T., /ndian 
Politics. A_ Survey. With an intro- 
duction by LoRp MESTON, 1924. 


I. 1586 — Morony E. A., Farly 
Hindu Polity in Kashmir, AR., 
Julv 1921. . 


I. 1587-1588 — SARKAR BENOIT 
KUMAR, Zhe positive Background 
of Hindu Sociologv I. II. (= The 
Sacred Books of the Hindus) Al- 
lahabab 1914, 1921. 


I.1589 — Varpyva CH., An histo- 
rical View of the political Unity of 
Iudia, AR, Julv 1921. 


LS 


NNXNXI. GIURISPRUDENZA, POLITICA. ECONOMIA. I. 1590-1595 


A. Arnone (I 1591), giovane valoroso immaturamente strappato 
da morte agli studi indologici, attinta materia dal Mbh., Ram, dai 
Dharmasitra e dai Dharmagastra, ha esposto la teoria del diritto di 
guerra nell'India antica. Nell'ultima appendice del lavoro ha pubbli- 
cato e tradotto un brano inedito della Yogaydatra, che fa parte di un'e- 
sortazione che il re rivolge ai soldati prima di iniziare la battaglia. 

Il Moreland (I 1592) all'opinione dello Smith che i lavoratori 
vivessero meglio ai tempi di Akbar che non ora, perchè l'aumento 
dei prezzi attuali non va d'accordo con quello dei salari, oppone 
non esservi diversità sensibile. Dimostra questo con l'esame dei 
prezzi delle merci più usate e dei corrispondenti salari dati nella 
A'int nirkh-t ajnas. -- Discute, poi, in altro studio il valore del 
denaro alla corte di Akbar (I 1593). Dopo varie considerazioni e 
paralleli dei prezzi circa i generi alimentari, le stoffe, i metalli, 
ecc. conclude: 1° la moneta valeva sei volte più del presente 
(ante-guerra); 2° la differenza ridondava a beneficio delle alte 
classi; 3° gli operai mangiavano allo stesso prezzo, ma com- 
peravano poche vesti e non avevano utensili di metallo; 4° i 
contadini stavano peggio d'ora per tutti gli articoli che dovevano 
comperare. 

È. apparso un volume di studî sulla situazione economica di 
varî villaggi. G. Slater aggiunge al lavoro dci suoi allievi la intro- 
duzione e molte osservazioni (I 1594). 

P. Ranerjea, (11595) esamina tutta la pubblica ammini- 
strazione in India dalle origini all'invasione Maomettana, ferman- 


I.1590 — LanpEF.et N., Manuel 
de droit indou applicable dans les 


Study, London, Macmillan 1920. 
— Rec.: RAS, 1920, 380-381 (W. 


etablissements francais de lInde, V.). (MA). 
2 édition, corrigée et augmentée, . l 
Ù a I. 1594 — Some South Indian 


Pondicherry, A. Saligny 1919. = _ . i : 
i 5 SEA Villages, Vol. I of Economic Stu- 


I. 1591 — ARNONE ALFONSO, 
Il diritto di guerra nell'India an- 
tica. RSO, 1916-1918, 029-601. 


I. 1592 — MorkLanD W. H., 
Miscell. Comm., JRAS, 1917, 815- 
825. (MA). 


I. 1593 — MorELAND W. H,, 
The value of money at the court 
of Akbar, JRAS, 10918, 375-383. 
V. pure: 

MoRrELAND W. H., India at the 
Death of Akbar. An Economic 


dies of the Univ. oi Madras. Ed. 
bv Prof. GILBERT SLATER, Oxford 
Univ. Press 1918. —  Rec.: 
JRAS, 1921, 437-38 (W. H. M.. 
(MA). 


I. 1595 — BAxERJka PRAME- 
SHANATH M. A., Public Admini- 
stration im Ancient India, London, 
Macmillan a. Co. 1910. — Rec.: 
JRAS, 1017, 150-102 (F. E. P.). 
— V. pure: 

BaNERJFA P., Ad study of in- 
dian economics, London 1915. 


_ 999 — 


BALLINI + INDIA. — I. 1596-1606 


dosi principalmente sul periodo dal 500 a. C. sino al 500 d. C. Questo 
libro, che deve considerarsi fondamentale sarà molto utile agli stu- 
diosi della vita pubblica dell’antica India. 

Una traduzione hindi abbreviata della « Economic History of 
British India » di Romesh Chunder Dutt, che forma il N. 16 della 
serie /riana-mandala, ha scritta Kesavadeo Sahariya (I 1590). 

Un accurato saggio di economia politica indiana hanno pub- 
blicato P. A. Wadia e G. N. Joshi (I 1597). 

Altri studi d'economia indiana scrivono J. C. Jack (I 1598), 
Ch. Majumdhar (I 1599), il Pillai (I 1600), G. Keatinge (I 1601), 
S. A. Khan (I 1602). 


XXXII. Matematica. Astronomia. Sistema metrico. 
-- Sulla matematica indiana scrive il Kaye (I 1603). 

Il Fleet (I 1604) ha costruito le tavole per trovare la longitudine 
media di Saturno secondo il primo Aryasiddhanta e i due S&ryasi- 
ddhanta. 

Il Fleet (I 1605) osserva che il termine ratri-divasa « notte e 
giorno » è piuttosto strano per l’India, giacchè l’inizio del giorno ivi 
si considera dal sorger del sole, non dal suo tramontare. Ciò dato, 
egli pensa che gli indeclinabili naktamdivam e ratrimdivam, ricor- 
dati da Panini (V. 4, 77), debbano essere originati da considerazioni 
eufoniche, ricorrendo nei libri brahmanici espressioni del tipo 
aho-ratra, dina-ratri, dyu-nica, etc. 

Il Keith (I 1606) non crede di associarsi all'opinione del Fleet, 


I. 1596 — SAHARIYA K., Bri- I. 1601 — KEATINGE G., Zn- 
tish Bharat-Ka Arthik Itihas, pp. dian Economics. AR, January, 
XXII + 216, Benares, 1922. — — 1922. 


Rec.: JRAS, 1923, 442-43 (L.D. 
BARNETT). (LM). 


I. 1597 —- Wanpra P_A. and G. N. 


I. 1602 — KHAN S.A, Tlie East 
India Trade in the XVIIth Cen- 
turv in its Political and Economic 


JosHi, The Wealth of India, 1925. 


I. 1598 — Jack J. C., The Eco- 
nomical Life of Bengal District, 
Oxford 1916. 


I. 1599 —f MAJUMDHARCHANDRA, 
Corporate Lije in Ancient India, 
Calcutta, 1918. — Rcc.: JRAS, 
1920, I14 segg. (PF. E. P. 

I. 1600 — Fictar P. P.,, B. A,, 
B. L., Ph. D., Economic conditions 
in India. With Introductorv Note 
by GiLBERT SLATER 1925. 


Aspects, 1923. 


I. 1603 — KavE G. R., Indian 
Mathematics, Calcutta and Simla, 
ThacFer Spink a. Co. 1915. 

I. 1604 — FLEET J. F., Tables 
for finding the mean place of the 
planet Saturn, JRRAS, 1915, 741- 
756. (GBP). 

I. 1605 — FLErT J. F., JRAS, 
1015, 218, n. 4. (LM). 


I. 1606— KEITH A. BERRIEDALE, 


XXNXI.GIURISP. POLIT. ECON. - XXXII. MAT. ASTR. SIST.METR. I.1606-1610 


osservando anzi tutto che frasi in cui la notte è citata prima del giorno 
ricorrono nella letteratura brahmanica. Sostiene, poi, che spesso giorno 
e notte dovettero esser tenuti separati come due elementi distinti, 
costituenti ciascuno di per sè un’unità di tempo, e che il concetto 
della precedenza della notte, comune ad antichi popoli Indo-Europci, 
può esser sopravissuto anche quando prevalse concezione diversa. 

Il Fleet (I 1607) risponde alle critiche mossegli dal Keith, e a 
ribadire la sua tesi che in India il giorno considerato come periodo 
di 24 ore, abbia inizio all’aurora, fa osservare come nei pochi casi 
in cui la parola molte precede la parola giorno (ratry-ahan), ciò possa 
spiegarsi o col significato speciale di quel dato passo o con esigenze 
metriche. Cita invece numerosi passi dai quali il concetto della pre- 
cedenza del gicrno alla notte gli appare definitivamente dimostrato. 

Il Keith (I 1608) ribatte gli argomenti addotti dal Fleet per di- 
mostrare la precedenza del giorno alla notte nel concetto indiano, 
contraddicendone le interpretazioni che sembrano a lui, Keith, strana- 
mente errate, come quella della parola jviyasva: in un passo del 
Reveda, e in un ditro dell'espressione dti ksapal. e sostenendo che 
il termine ahoratra, di cui si vale il Fleet come d’argomento favore- 
volissimo, sl spiega con ragioni d’eufonia e con la maggior importanza 
indipendentemente dalla precedenza, data al giorno in confronto alla 
sorella notte. 

Il Fleet (I 1609) risponde nuovamente al Keith, insistendo 
vivamente sulla propria interpretazione dei passi contestati, citando 
a sua difesa altre autorevoli voci, e rifiutando, alla fine, di la- 
sciarsi condurre dal Keith sul terreno della ancor più remota 
concezione Indo-Europea, poichè soltanto l'India e i testi Indiani 
sono oggetto della polemica. 

Il Fleet (I 1010) sì sofferma a studiare l’esatta interpretazione 
dell'espressione fraficravana-pirvam naksatrani, nel Mahabharata 
(I, 71, 2914 segg.) la dove si descrive il grande e terribile Vi- 
evamitra e la riconnette colla storia di Vigvamitra e Satyavrata 
(i. e. Triganku), contenuta nel Ramayana (I, 57-00, Bombay, 1888), 
e alla creazione di una nuova costellazione (le sette stelle della grande 
Orsa) e di un nuovo gruppo di naksatra per opera di Vicvamitra. 


Day and night in India, JRAS, The Indian Day, JRAS, 1916, 555- 
1916, 143-146. (LM). sor. (LM). 


I. 1607 — FLEET J. F., The I. 1609 — YLELET J. F., The 
Indian Day, JRAS, 1916, 356- Indian Day, JRAS, 1916, 561- 
3602. (LM). 567. (LM). 


I. 1608— KEITH A. BERRIEDALE, I. 1610 — FLEET J. F., Prati- 


Aevum - Anno I - 16 


BALLINI - INDIA. I. 1610-1613 


Coll’ausilio anche di un altro passo del Makabharata (XIV, 44, 1213), 
il Fleet nell’espressione in esame, riconosce in gravana il nome di 
quel naRsatra. Al prati dà poi, il significato di « duplicato » come 
ad esempio in pratisiryah. Ciò dato, egli traduce: «il quale creò 
naksatra capitanati da un secondo cravana ». 

Al Flect che (JRAS, 1916, pp. 5067-70) aveva voluto dimo- 
strare per mezzo dell’Epica che quando certe parti della medesima 
furon composte, il solstizio d’inverno «had travelled westwards 
from the firts point of Cravistha, its place, in the Jyotisa, to the 
preceding Naksatra Cravana », il Keith (I10r1I1) -- dopo aver 
ricordato che pur lo Hopkins avea raggiunto lo stesso risultato 
pensando alla possibilità di un mese di 27 o 28 giorni — sostiene 
come sia impossibile sciogliere tale questione per mezzo della lettera- 
tura Indiana. 

I primi duc dei nove volumi delle opere del Kern usciti fra il 
1913 e il 1920. che concernono molteplicì argomenti, quali soltanto 
la sua vasta erudizione poteva abbracciare, contengono le traduzioni 
della Yogayatra e della Brhatsamhità di Varàahamihira, oltre a molti 
saggi su soggetti Indiani (I 1612). 

G. R. Kaye (I 1013), descrive gli osservatori astronomici di 
Dehli, Jaipur, U)}}ain, Benares, fondati da Jai Singh II (nato nel 
1086, morto nel 1743), sovrano malaraja dello Stato, « la cui capitale 
prese da lui il nome di Jaipur o Jainagar, nel Rajputana ». Jai Singh 
era stato governatore delle provincie di Agra e Malva; aveva dato 
prova di abile politica e s'era occupato fruttuosamente di astronomia, 
fondando oltre i detti osservatori, pure quelli di Mathura. Nella sua 
illustrazione, il IKaye descrive pure gli strumenti che nei quattro 
osservatori — da lui visitati nel 1915-16 — erano adoperati e aggiunge 
«un quadro degli studî astronomici di Jai Singh, con notizie sulle 
tavole composte sotto la sua direzione e chiamate Zig-1-Muhammad 
Sahî, in onore dell’imperatore mongolo Muhammad Shah Nasir ad- 
din, in nome del quale aveva governato le provincie di Agra e Malva. 


sravana - purivani Nakshatrani, VIII + 320, VIII + 324, VIII + 

JRAS, 1916, 507-570. (LM). 316. ’s Gravenhage, Martinus NiJ- 

hoff 1913-20. — Rec.: JRAS, 

I. 161I-KEITH À. BERRIEDALE, 1923, 447-451 (C. O. BLAGDEN). 
Miscell. Comm., JRAS, 1017, 135- (LA). 

139. (MA). i 

I. 1613 — KAYE G. R., The 

I.1612— KERN H., Verspreide Astronomical observatories of Jar 

Geschriften, 9 vol X + gro, Singh. Calcutta, Superintendent 

VITI + 320, VIII + 323, VIII. Government Printing 1018, VIII 

+ 344, VIII + 323, VIIL + 319 + 151 + (3), 26 tavole (Ar- 


XXXII. MATEMATICA. ASTRONOMIA. SISTEMA METRICO. I. 1013-1623 


i LL _—_m 


Lo stesso (I 1614) dà minute notizie su tre astrolabî ed una sfera 
celeste di ottone. acquistati recentemente per il Musco di Delhi. 
La sfera porta la firma dell'artefice e la data A. H. 1087 (1670-7 
d. C.): gli astrolobî non hanno la data segnata, ma il Kayc as- 
segna i due più antichi approssimativamente agli anni 1280 e 1495 
d. C., il terzo, scritto con caratteri devanàgarici, alla fine del XVII 
secolo. 

Il Fleet (I 1015) studia l’orologio ad acqua (jala-, ambu-, toya- 
vantra, kapalaka, ghati o ghattka, ghati-vantra) indiano, nella sua forma 
più antica, che serviva a misurare un sessantesimo del giorno di 
24 ore, cioè una ndadika (nadî, naliha, ghati, ghatika: 24 minuti). 

R. Sewell corregge 11 suo Indian Calendar in corrispondenza con 
gli anni 507-8, 751-2, 1490-7 d. C. (I 1010). 

Del modo col quale nell’antica India si misurava ordinariamente 
il tempo, e se ne nominavano le divisioni, tratta il Pargiter, fondan- 
dosi su alcuni passi del Kautilivarthasastra, della Jyotisaratnamala 
(Bodl. Mss. 1531 del catalogo Winternitz e Keith), del Muhdria- 
gaunapati (Bodl. Mss. 1357-$), della Midirtamarijari (Bodl. Mss. 1560), 
del Divyavadana, del Sarapannattisutta, e della iscrizione di Ma- 
nikiala (I 1017). 

Di astronomia (calendario, misurazione del giorno ecc.) scri- 
vono ancora il Kaye (I 1018-1021), il Jacobi (I 1622), il von Bressens- 
dorf (I 1023), R. Sewell (I 1024), A. S. Geden (I 1624a), B. Fad- 
degon (I 1025). 


. 
chaeological Survey of India, New telling of time in ancient India, 


Imperial Series, vol. NL). —  JRAS, 10915, 609 715. (GBP). 
Rec.: RSO, VIII, 1019-20, 443- 
4410 (C. A. NALLINO). I. 1619-1618 — Kaye GR, 


Hindu Astronomical Deities, 


I. 1614 — KavyE G. R., Astro- JPASB, 1020. 


nomical Instruments in the Delhi 
Musei (Memoirs of the Archaceo- I. 1620 — Kaye G. R. The 
logical Survey of India, n. 12), 
5 tavole. Superintendent  gover- 
nment Printing, Calcutta 1021. 
Ber Joe 40000 e > agio ida 
Sb IDEMECKSI a WI): Astronomy (Archacol. Survey of 
I. 1615 — FreEr J. T., The an- India n. 18), Calcutta 1024. 

cient Indian ivater-clochk, JRAS, 

1915, 213-230. (GBP). I. 1622 — Jacozi H,, Lintei- 
lung des Tages und Zceitmessung 


I, 1616 Ta SERWELE R., 210015 im alten Indien, ZDMG, LNXIV, 
rection in the Indian Calendar, SMETTE 
da /UNe DE 


JRAS, 10915, 335-330. (GBP). si 


I. 1617 — Parorrer F. E., Ze I. 1623 — BRESSENSPORF O. von, 


Nakshatras and procession, IA, 
February 1021. 


BALLINI - INDIA. —. I 1623-1631 


Gabriel Ferrand (I 1626) dà un esteso e minutamente preciso 
conto di quelle che furono le antiche misure e pesi e monete in uso 
nei principali porti orientali che il Medioevo occidentale conobbe. 
L’importante studio è impostato sul « Lyvro dos pesos da Ymdia, e 
assy medidas e monedas escripto em 1544 da Antonio Nunez »; libro 
che il Ferrand riporta quasi per intero e commenta. 

W. Evan Wijk (I 1627) pubblica alcune «tavole decimali per 
calcolare i momenti esatti astronomici e varî fili, Rarana, naksatra 
e yoga, secondo il Sarva-Siddhanta ». Tratta inoltre di argomento 
vario di cronologia indiana. 

Su le nozioni astronomiche e matematiche dell’India antica 
scrive il Vallauri (I 1028-1629). 


XXXIII. Mineralogia — Metallurgia. — Una versione del 
Kautiliyarthagastra II, 12, 1-17, ove si parla dei minerali e del loro 
trattamento dà il Vallauri (I 1630). 


XXXIV. Medicina - Eugenetica - Zooiatria. — La 
Samhità di Bhela (I 1631), uno dei sei discepoli di Atreya cui, 
secondo la tradizione, sarebbe stato affidato il compito di tras- 
mettere alla posterità la scienza medica del saggio Maestro, viene 
per la prima volta pubblicata, grazie a Sir Asutosh Mookerjee, che 
ebbe una copia nagari del manoscritto. Dci sei discepoli, oltre a 


Die Grundzige der Hindu-Astro- I. 1627 — Wijk W. Evan, On 
logie, 67, Munchen, Barth 1921. Hindu Chronology, Act. O, I, 1922 
200-223. II, 1923, 55-62; 235-240. 
III, 10924, 235-249. IV, 1925-20, 
55-80. 


I. 1624 — SEWELL R., The Sid- 
dhiantas and the Indian Calendar; 
being a contribution of the Author's 
« Indian Chronografhy » with an 1.1628-1629 — VALLAURI MARIO, 
article by the late Dr. J. F. FLEET L'India e la storia delle Scienze. 
on the Mean Place of the Planet ASSc IV, n. 3., 1923, 210-233 
Saturn 1924. (213-215). 


I. 1624a— GEDEN A. S., Hindu I. 1630 


v RI: — VALLAURI MARIO, 
Sun, Moon and Stars, ERE, 1921, 


La Scienza nell'India antica, in 
83-85. Apo MieLi, Manuale di storia 

I. 1625 — FappegGon B., The della Scienza, Roma, Casa ed. 
thirtheenth Month in ancient Hin-. Leonardo da Vinci, 1925, 535- 
du Chronology. Act. O., IV, 1923, 545 (253-528). 


124-133. I. 1631 — 7le Bhela Samhita, 

I. 1626 — FERRAND GABRIEL, Le Sanskrit text, II + VIII + 272 
poids, mesures et monnates des (University of Calcutta, Journal 
imers du Sud au AVI et AVTII of the Departnient of Letters, 
stécle, JA, 1920?, 5. (IC). vol. VI), Calcutta, 19021. — Rec.: 


to 

(I 

I 
| 


XXXIV. MEDICINA. EUGFNETICA. ZOOIATRIA. 


_T. 1631-1638 


Bhela, soltanto Karaka ci aveva tramandato una Samhità, che ap- 
pare più antica di quella ora pubblicata, benchè entrambe, seguendo 
le stesse divisioni, contengano gli insegnamenti di Atreya. 

Il Vallauri, affermato che la medicina indiana ha «una sua 
propria antichissima tradizione e che essa, nel corso dei secoli, svol- 
ge, per una gran parte, germi autonomi dei quali è già traccia sicura 
nel più antico periodo letterario indiano, nel periodo vedico », sì 
propone di dare «una succinta ricostruzione metodica del sistema 
medico indiano ». Nel primo de’ suoi saggi (I 1632) tratta dei fonda- 
menti gencrali della medicina indiana. Parla, cioè, dei « trattati medici 
indiani, nei quali si raccolgono le dottrine riguardanti la medicina 
in generale »; accenna alla teoria umorale (fondamentale ed antichis- 
sima, risalente già al Rgreda), alla « teoria relativa alla classificazione 
delle malattie », all'importanza « assegnata dagli Indiani all’igiene, 
nella conservazione del benessere fisico dell'organismo, ai « principî 
generali di terapeutica » e alla chirurgia Nel secondo saggio il Val- 
lauri tratta della somatologia e dell’anatontia indiana (I 1033-1634), 
cui fa seguire (I. 1635) la riedizione, versione e illustrazione dci cin- 
quantaquattro gloka della Sarigadharasamhiità (opera che tratta 
di terapeutica), che concernono l'anatomia. Nel terzo saggio il V. 
(I. 1636) espone le caratteristiche, le classificazioni, etc. concernenti 
la patologia indiana; nel quarto (I 1037), parla della terapeutica. 

Il Pizzagalli (I 16;*), opponendosi all'affermazione del Win- 
ternitz (Die Frau in den Indischen Religionen, Arch. fiur Frauenkunde 
und Eugenetik - Bd. II, Leipzig 1920), per cui « non si può parlare 
di Eugenetica nel vero senso della parola nell'India », mostra 
tutti gli elementi che il Vedismo, il Brahmanesimo propriamente 
detto, il Buddhismo e il Jainismo possono offrire ad una efflcace 
propagazione della stirpe. 


JRAS, 1923, 277 (L.D. BARNETT); 
RSO, X, 1023-1925, 712-713 (G. 
Tucci). (LuM). 


I. 1632 — VaLLrauri Marro, 
I fondamenti generali della medi- 
cina indiana (Saggi sulla medici- 
na Indiana I), ASSc. IT, 1921, 
70-88. 


I. 1633-1634 — VALLAURI MA- 
RIO, La somiatologia e l'anatomia 
indiana, ASSc, II, 1922, 309-331. 


I. 1535 — VALLAURI Marito, 
Il brano della Sarngadharasamhità 


sull’anatomia, AAT, LVIII, 1923, 
555-604. 


I. 1636 — Vartauri Marro, 
La Patologia Indiana. (Saggi sulla 
medicina indiana III), ASSc., IV, 


N. 4, 1923, 347-308. .. 


I. 1637 — VALLAURI Mario, La 
terapeutica indiana. (Saggi sulla 
medicina indiana IV), ASSc., V, 


n. 4, 1924, 350-377. 
I. 1638 — PIZZAGALLI ANGLLO 


MARIA, L'Eugenetica e le Religio- 
ni Indiane, Atti del I Congr. 


— 249 — 


BALLINI - INDIA. I. 1638-1646 


Di medicina indiana scrivono pure G. Mukhopadhyaya (I 1639), 
M. Liacre-de St. Firmin (I 1640), S. C. Mitra (I 1641), K. R. Kir- 
tikar (I 1042). 

Il Vallauri (I 1643) pubblica un saggio intorno all’ifpiatria 
indiana, « toccando brevemente l'origine mistica di essa, il prototipo 
dei testi ippiatrici e le sue derivazioni, i rapporti fra medicina umana 
ed ippiatria. Passa quindi ad esporre i principî fondamentali 
dell'ippologia e dell’ippiatria », sulla guida dell'Agvavardyaka (1p- 
piatria) di Jayadatta e dell’Agvacikitsita (cura dei cavalli) di Nakula. 


XXXV. Pali. — Il Geiger (I 1644) ha pubblicato una storia 
della letteratura pili e una grammatica del Pali. 

Per opera del compianto Rhys Davids e di W. Stede (11645) si è 
intrapresa la pubblicazione di un nuovo dizionario pali, aggiornato, 
di cui si sentiva grandemente il bisogno, poichè l’opera magistrale 
del Childers, non avendo potuto tener conto della vasta letteratura 
resa accessibile agli studiosi solo in questi ultimi tempi, non bastava 
ormai alle nuove ricerche. | 

Altre opere concernenti lingua e letteratura pali sono uscite 
(I 1646-1651). 

Per il valore della parola d/liamma nel canone pali, v. I 538 a. 


ital. di Eugenetica sociale. Milano I. 1643 VALLAURI MARIO, 
20-23 sett. 1924, pp. 15. L’Ifpiatria Indiana, Riv. Crit. di 
Sc. mediche e Naturali, XII, 1-4,, 
1921, IS. 


I. 1644 — GEIGER W., Pali Li- 
teratur und Sprache (Grundriss 
der indo-arischen PRilologie, I, 7). 
dern European Surgeons, 1913-  Strassburg, W. de Gruyter, 1916, 
14. pp. IV + 183. — Rec.: BSL. 


1920, 55-50 (A. MEILLET). 
I. 1640 — Sr. FIRMIN M. LIACRE 
DE, Médicine et Lésendes Bouddhi- I. 1645 — Davinps Ruvyvs T.W. 
ques de l’Inde, Paris 1910. and \VILLIAM STEDE, The Pali 
Text Society’ s Pali-English Dictio- 
NaAry, pp. 174, Chipstead, Surrey, 
1921. — Rcc.: (per la 18 e la 28 


I. 1639 — MUKHOPADIHYAYA G., 
The Surgical Instruments of the 
Hindus, with a Comparative Study 
of the Surgical Instruments of 
the Greek, Roman, Arab, and mo- 


I. 1641 — Mitra S. C., North 
Indian Folh Medicine for Hvdro- 


phobia and scorpion Sting, ]PASB, 
vol. XI, N. VII-VIII. 


I. 1642 — IKirtikar K. R.,, 
Indian Medicinal Plants: Botanical 
Descriptions, Habitats, Vernaculay 
Names, Properties and Chemical 
Compositions, Testo 2. voll., il- 
lustrazioni 4 voll., IVI. 


puntata) JRAS, 10923, 4535-50 (J. 
CHARPENTIER); JRAS, 1925, 185, 
187 (L. D. BARNETT). (LM). 


I. 1646 — SEFIDENSTUCKER K,, 
Handhuch der Pali-Sprache (Ele- 
mentarerammatii, Texte, Glossar) 
Teil I: Jlementargrammatik (Laut- 
und Formenlehre) der Pali-Sprache 


XXXVI. PRACRITI. I 1646-1654 


XXXVI. Pracriti. — Il Woolner (I 1652) prende come base 
alla sua Introduzione ai dialetti prakritici, la Cauraseni-M aharastri 
e tratta separatamente poi del Pal:, della Magadhi, dell'A pablramea 
ecc. Le prime 80 pagine del libro contengono un'introduzione, una 
relazione delle tre fasi del Pracrito, Pali, Medio Pracrito, e ultimo 
Apabhramga — e una descrizione delle forme letterarie e delle loro 
caratteristiche. Seguono alcuni capitoli sulla fonetica, sui dialetti, 
sulla letteratura. La seconda parte è un libro di lettura di brani 
pracriti: comincia con la Cauraseni e procede con tutti i dialetti, 
non escluso il Pali. Abbondanti note, un indice e una bibliografia 
rendono perfetta l’opera. 

Il Grierson (I 1053), ci offre ampie notizie circa i Vibhasa 
dei grammatici pracriti a cui accenna brevemente il Pischel nella 
sua grammatica. Esamina i varî significati dati alla parola dai gram- 
matici pracriti e sanscriti. Cominciando da Panini (secondo il quale 
vibhasa significherebbe « option », arbitrio), esamina successivamente 
i testi di Bharata, Prthvidhara, Markandeva, Harigcandra, ecc. V1- 
basa è una forma arbitraria di un dialetto classico, usata per uno 
scopo speciale; è un discorso «of manifold sorts», come dice Prthvi- 
dhara. Vibhdsa non è un dialetto letterario; appare solo nelle com- 
medie come un discorso usato da ubbriachi, contadini o stranicri, 
quindi differisce dall'Afpablramga. Esso partecipa alla classe delle 
Cakari, Candali, Cabariî, Andhri, e Abhiri (degradazioni della Mda- 
gadhi, e della Caurasenî) e a quella della Takki (compresa la Dra- 
vidi). Insomma i Vibhasa sono sul palcoscenico una « corruption 
personal to the speaker ». 

Il Lesny (I 1654) dimostra che i pracriti dei nuovi drammi di 


1916. — Rec.: ZDMG, LXX, 1916 
(FE. HuLrzscH). — Teil. II: Pali- 
Texte, 1923; Teil. III: Pali-Glos- 
sar, 1925; Harrassowitz, Leipzig. 


I. 1647 — Sastri S. M., Ze 
dative plural in Pali, s. 1. s. d. 


I. 1648 — Vocetr ]J. PH., The 
Sign of the Spread Hand or Five 
. Fingertohen (Pancàùguliha) in Pa- 
liliterature, VMA\V, 1920, 218-235. 


I. 1649 — LAWBURIALACHARAN, 
Taxila as a seat of Learning in 
the Pali Literature, ]PASB, 1910, 
n. I 


I. 1650 — SEN D. N, 7Trans- 


Himalavan Reminiscences in Pali 
Literature, IA, May-June 1921. 


I. 1651 — G. CoEDÌS, Note sur 
les outrages palis composés en 
pays thai, BEFEO, XV, 1915. 
n. 3, 39-40. 


I1.1652— WooLNER C. ALFRED, 
Introduction to Prakrit, Publ. by 
the Univ. of the Panjab, Lahore, 
1917. — Rec.: JRAS, 1921, 0633-35 
(G. A. GrIERSON). (VA). 


I. 1653 — GRIERSON G.A., The 
Prakrit Vibhasas, JRAS, 1918, 
489-517. (MA). 


I. 1654 — Lesxy V., T3vofory 


— 247 — 


BALLINI - INDIA. I. 1654-1660 


Bhasa sono intermedîì tra quelli dei frammenti drammatici di Acva- 
ghosa e quelli di Kalidasa. 

Il Grierson (I 1655), fondandosi sull'articolo del Konow (JRAS, 
I92I, 2.44 segg.), comincia con l’affermare che egli aveva posto il nidis 
della Pa:igaci nel Nord-Ovest dell'India, intorno a Kekaya, donde 
era probabile si fosse estesa anche fino ai monti Vindhya. Ma la 
differenza di opinione tra il G. e il Konow non era nel luogo dove 
fosse parlata la Paigaciî, ma dove fosse il suo vero « home ». Così, dopo 
aver lungamente distinto tra i dialetti dell'est e dell'ovest, conclude 
che non si può sicuramente ammettere che la B/itabhasa del- 
l'occidentale Rajagekhara sia la stessa della Bhafabhasa di Bana 
e quindi, secondo la testimonianza di Rajagekhara, la Brhatkatha 
fu scritta in una lingua parlata, «or favoured, in the West Central 
India ». 

Ad una nota del Barnett (I 1656) in cui si afferma una « variety 
of view » nel riconoscere da un lato confusione dei temi maschili 
e neutri in -d nel Brhaspati-Stittra (NIV sec.) e dall'altro gli accusat. 
plur. masch. in -4n: nel pracrito di Bhasa (data indeterminata), 
il Thomas (I 1657) si oppone, affermando che tale connessione indica 
mancanza di distinzione di due fenomeni differenti e di due distinte 


lingue. — Il Barnett (I 1058) replica sostenendo il proprio pensiero, 
ma non rimediando — a parere del Thomas — alla primitiva confu- 
sione. --- Il Thomas (I 1659) perciò replica a sua volta, dimostrando 


che l'-@ri dell'accus. plur. m., come in Bhasa così in altri scrittori 
di drammi si trova (Agvaghosa) e nei dialetti orientali e pur nella 
Ardhamagadli dei Jaina; che non si tratta cioè di confusione dei 
temi m. n. in -d. 

Di un grande vocabolario Ardlamagadhi con equivalenti 
sanscriti, gujarati, hindi e inglesi ha iniziata la pubblicazione Sh. 
Shri Ratnachandraji (I 1660). L'opera è ampia per quantità di 


stupen’ ndreci prakrtskych v dra- I. 1656 — ]JRAS, 10924, 293. 
matech bhasovych a urceni blasovy 


doby, Praha, 1917, in-8, 48. — I. 1657 — JRAS, 1924, 449-50. 


Rec.: BSL, NXNII, 1020. 50. (A. I. 1658 — JRAS, 1924, 655-6. 
MEILLET) V. pure: ° 
LeEsnv V., Die Entwickelungs- I. 1659 — Tuniomas F. W., Blasa 


stufe des Prakrits in Bhasa's Dra- and the accusatives plural mascu- 
men und das Zettalter Bhasa's, line in -ani, ]RAS, 1925, 104-107. 
ZDOMG, LXXII, 1918, 203-208. 


(GB?) I. 1660 — RATNACHANDRAJÎ 
SHATADHVANI Tue Jarxa MUNI 
I. 1655 — < GRrIiErsoNn GG. A., Suri, da illustrated Ardha-Ma- 


Rajasekhara and the Home of gadhi Dictionary, Literary, Phi- 
Paisaci, ]RAS, 1921, 424-28.(M/A). losophic and Scientific with Sans- 


Di 


vocaboli compresi e per la dichiarazione letteraria e storica di essi. 
Alcune tavole illustrano particolari argomenti. 

Pandit H. D. Shet (I 1601) pubblica un vocabolario Prdacrito- 
Hind, con gli equivalenti sanscriti. L'opera contiene abbondanti 
citazioni dall'ampio ambito della letteratura più antica e una gran- 
dissima quantità di vocaboli, dichiarati in Zindi. 

Altre pubblicazioni concernenti dialetti pracriti sono apparse 


(I 1602-1669). 


XXXVII. Lingue e dialetti neo-indiani. — 1. Bengali. 
Dinesh Chandra Sen (I 1070) pubblica in due volumi una anto- 
logia della poesia bengali dall’ottavo alla metà del dicianno- 


vesimo secolo. 


J. Das (I 1671) ha compilato il miglior dizionario bengali 
sinora esistente. Egli ha adottato una scrittura speciale per trascri- 


Rrit, Gujrati, Hindi and English 
equivalents, references to the texts 
and copious citattons. With an 
Iutrod. bv A. C. WooLNER, Aj- 
mer, faina Conference 1923. 


I. 1661 — SHET PANDIT Ha- 
RAGOVIND Das, Paitasaddamaha- 
nnavo. A comprensive Praknit Hin- 
di Dictionary with Sanskrit equi- 
valents, quotations and con:plete 
references. Calcutta, 1923-1925, 4 
voll. 


I. 1662 — RANGANATHASWAMI 
À., Paigachi Prakrit, IA, Novem- 
ber 1919. 


I. 1663 — MAJUMDARC., Avanti 
Prakrit of the Karpitra-maniari, 
IA, March 1921. 


I. 1664 — GRIERSON G. A, Tie 
Apabhramga Stabahas of Iama- 
Sarman (Tarkacazisa), IA, Ja- 
nuary 1922. 


I. 1665 — BANERJI-SASTRI A- 
NANTAPRASAD, Evolution of Ma- 
gadht, Introduction, Oxford Uni- 
versity Press 1922. 


I. 1666 — DHANArALA, Bhari- 
sattahaha. Partly ed. by C. D. 


DALAL and completed with intro 
duction etc. bv P. D.GuNE, Gae- 
Ewad's Or. Ser., No. 20. Ba- 
roda 10923. 


I. 1667 — Banarst Das Jain, 
Ardha Magadhi Ieader, p. NV + 
1So, Lahore 1923. 


I. 1668 — Grikrson GEORGE 
ABRAHAM, The Prakrit Dhatv-adesas 
according to the Western and the 
Lastern Schools of Prakrit gram- 
marians (Memoirs of the Asia- 
tic Society of Bengal, vol. VIII), 
Pp. 77-170, Calcutta, Asiatic So- 
cietv ot Bengal 1024. 


I. 1669 — GRIERSON G. A., Pra- 
Rritica, JRAS, 1925, 215 230. 


I. 1670 — SEN DixEsH CHhan- 
DRA, Fangea Sahitva Parichaya or 
Ivpical selections from old Ben- 
gal Literature, 2 voll., Calcutta, 
1914. — Notizia: ]JRAS, 1915, 
554-538 (LP. E. PaRGITER). (GBP). 


I. 1671 — Dis JNANENDRA Mo- 
HAN, Vangiva Bhasar Abhidhan, 
Calcutta, Indian Publ. House 
19017. — Rec.: JRAS, 1918, 326- 
332 (J. D. A.). (VA). 


BALLINI - INDIA. I. 1672-1678 


vere la pronuncia di Calcutta che è il centro del dialetto Bengali. 
Il libro è utilissimo agli studiosi per l’interpretazione della più antica 
poesia bengali. Per riparar, poi, all’insufficiente dizionario Ben- 
gali-Inglese dell’Haughton (1833) se ne sta pubblicandone uno a 
Dacca, di cui sono già usciti due volumi. 

Secondo il Banerji (I 1672), la scrittura bengali s'è sviluppata 
indipendentemente dalla nagari. 

Il Sen (I 1673), in un’opera sulla letteratura popolare ben- 
gali, mette a raffronto alcuni racconti popolari Europei con corri- 
spondenti racconti bengali, facendone notare le singolari somi- 
glianze. 

S. K. De si occupa di storia della letteratura bengali (I 1674). 
Egli divide il suo lavoro in 4 parti: 1° la letteratura retrospettiva 
1760-1800; 2* i principî della letteratura moderna: 1800-1825; 3° epoca 
di transizione: 1825-58; 43 lo sviluppo della nuova letteratura: 
1858-94. L’opera tratta specialmente il secondo periodo. Il sec. XIX 
si apre con la fondazione del College a Fort William. Il De narra come 
si sia svolta la vita dei panditi di quel College, dei loro lavori, delle 
traduzioni, ecc., il che tutto servì a preparare il secondo periodo della 
letteratura bengali. 

L’Anderson (I 1675) pubblica una grammatica elementare della 
Bengali, seguita da una scelta di testi d'ogni epoca. 

Il Journal of the Department of Letters (I 1676) dell’Università 
di Calcutta, vol. V, contiene nove saggi, di cui otto in Inglese ed uno 
in Bengali, su soggetti Indo-Ariani. 

Suniti Kumar Chatterji scrive sulla pronunzia bengali di 
Calcutta (I 1677-1678) e sul passivo bengali (I 1679). 


I. 1672 — BaxERJi R. D., The I. 1675 — AxnDERSON ]J. D., A 


Origin of Bengali script. Calcutta, 
19019, VIII + 112. (GBP). 


I. 1673 — SEN Rar SAHEB Di- 
NESH CHANDRA, The Folk Literatu- 
re of Bensal, pp. 362, University of 
Calcutta, 1920, pp. IN + 302. — 


Rec.: JRAS, 1923, 134-136 (H. 
W. B.). (LM). 
I. 1674 — Dre SusHit KUMAR, 


History of Bengali Literature in > 
tie NIX Century 1800-1825, Uni- 


versity of Calcutta, 1919, pp. XXI 
+ 509. — Rec.: JRAS, 192I, 
Oro-11 (Jo E. Po (4), 


manual of the bengali language, 
Cambridge, University Press 1920, 
XVIII-178. — Rec.: JRAS, 
1920, 615-018 (G. A. GRIERSON); 


BSL, XXII, 1921, 202-203. 
(GBP). 
I. 16076 — Journal of the 


Department of Letters, Vol. V, 
Nine Essay by various W'riters, 
404, Calcutta: University Press 
I92I. — Rec.: JRAS, 1923, 
4738-79 (James Linpsav). (LU). 

I.1677-1678 — CHA1TERJI SUNI- 
TI KUMAK, Bengali Phonetics. Bul- 


lfglucai 250 SE 


XXXVII LINGUE E DIALETTI NEO-INDIANI. I. 1678-1691 


Di Bengali scrivono ancora l’ Anderson (I 16S0), il Sen (I 1681 
1082), B. Mazumdar (I 1683), G.S. Kumar (I 1684) e il Pargiter 
(I 1655). 

Sono uscite edizioni di opere di Rabindra Nath Tagore 
(I 1686-1689). 

E. Beccarini - Crescenzi (I 10690), mossa dal contenuto della rac- 
colta di canti 7he crescent Moon di R. N. Tagore, tutta dedicata al- 
l'infanzia (canti di cui da alcuni saggi in versi italiani), percorre la 
letteratura classica dell'India, ove si hanno tratti soavissimi di 
poesia esaltatrice del bambino (Rgveda, Bralmana, epica, drammatica, 
gnomica, Gitagovinda ctc.). 

Il Belloni - Filippi (I 1691) scrive sulla vita e sulle opere di 


letin of the School of oriental dramas in Nepal, JPASB, NVIII, 


studies, London Institution, Lon- 1922, n. 4. 
don, Luzac 1921, 176. — Rec.: È ù 
BSL, XXII, 1921, 182 (Mernrer). - _T- 1685 — ParcitEr F. E. 
(GBP). l'ocabulaury of peculiar vernacular 
Bengali words, 1923, 321-430, 
I. 1679 — CHATTERII SuniITIO Asiatic Soc. of Bengal. (Memoirs 


KUMAR, The Passive in Bengali, n. 5), 


s.l. s.d. (Calcutta 1924). _ 
I. 1686 — Tagore RABINDRA- 


I. 1680 — Axnperson ]J. D., Les NATH, Chitra. Drama in eine Auf- 
colx du verbe bengali, M, I, 1910, cuge. Deutsche Uebersetzung, Leip- 
N. II. zig I0I5. 


I. 1681 — SEN R. SAHEB DINES I. 1687 — TaAGORE RARINDRA- 
CHANDRA, Zhe Bengali Ramayanas. xAaTH, Der zunehmende Mond. 
(being Lectures delivered to the Cal-  Uehers.v. H. EFFENBERGER, Leip- 
cutta University in 1910, as Ram- zig 1915. 
tanu Lahiri Research Fellow in 
the History of Bengali Language, I. 1688 — Tagore RarinpRAa- 
and Literature), pp. XXX + 304. NATH, Das Postamt, ein Bilnen- 
Published by the University of spiel. Uebertragenvon H.LACHMANN 


Calcutta, 1920. — Rec.: JRAS, und G. LANDAUER, Leipzig 1918. 
1022, 135-I GEORGE A. Gri- 
o i I. 1689 — TacoRE RABINDRA- 


NA1H, Gesammelte Werhe, herausg. 

I. 1682 — SEN DINESH CANDRA, von H. MevER-BENFEY nd HE- 

Bengali prose style, 1800-1857, LENE MEvER-FRANCK, 8 Bde, 250, 

Calcutta, 1921, NV + 153. 350, 329, 210, 630, 409, 387, 343, 
Miinchen, Wolff, 1021. 


I. 1683 — MazumDpar Bijay- 
CHANDRA, Zle history of the Ben- I. 1690 — BECCARINI-CRESCEN- 
galî language, Calcutta, 1920, zi E., Il bambino mella. lette- 
XVIII + 298. ralura indiana. Riv. d'It. 1910- 
372-388. 
I. 1684 — KUMAR GANGANANDA 
SINHA, Discovery of Bengali (?) I. 1691 — BrttoxI - FILIPPI 


BALLINI - INDIA. I. 1691-1700 


R. N. Tagore. — Lostesso (1691 a) parlando de La Casa e il mondo di 
R. N. Tagore, accenna al Bande mataram («lodo la madre ») l'inno na- 
zionale indiano che può chiamarsi la Marsigliese del Bengal. Parla 
pure della versione inglese prosastica del Gitanjali, dovuta al poeta 
stesso, il quale dà in essa più che una traduzione, un rifacimento 
dell’opera poetica originale. | 

Amulya Chandra Aikat (I 1692), come chiusura del suo ciclo 
di conferenze tenute all'Università di Calcutta su R. Browning, 
parla della poesia di R. N. Tagore, cercando di tracciar un 
paragone tra il poeta bengali e il poeta inglese — e mettendo 
in luce i tratti comuni di ambedue, il loro idealismo, le loro preoccu- 
pazioni metafisiche, la novità e la freschezza del loro stile, e le dif- 
ferenze tra i duc grandi spiriti. | 

Il Thompson (I 1693) in un’opera su R. N. Tagore, dedica duc 
capitoli alla vita del poeta; e due alla sua opera. Studia il problema 
se questo poeta debba esser considerato un filosofo. Nell'ultimo capi- 
tolo l’A. prende in esame le condizioni politiche dell’India. 

Su R. N. Tagore e la sua opera di pocta, pensatore e apostolo 
scrivono A. Schuring (I 1694), H. Meyer Benfey (I 1695), E. Engel- 
hardt (I 1696), M. Kaubisch (I 1697), H. v. Glasenapp (I 1698), S. Ra- 
dhakrishnan (I 1699), W. W. Pearson (I 1700). 


FERDINANDO, Tagore. Roma, For- Rabindranath Tagore, Berlin, Bran- 


miggini 1920. dus 1921. 

I. 1691a — BELLONI-FILIPPI I. 1696 — ExcELuARDT F., Ra- 
F., Notizia letteraria Tagoriana, bindranati. Tagore als. Mersch, 
NA 16, Maggio 1922. Dichter u. Philosoph., VII + 445. 


Berlin, Furche-Verlag, 1921. 2 
Aufl., IN + 424, Berlin Furche- 
Verlag, 1922. 


I. 1692 — AIKAT AMULYA CHAN- 
DRA, On the poetry of Mattew 
‘irnold, Robert Browning and Ra- 


bindranath Tagore, Calcutta, 1921, I. 1697 — KAUBISCH M., Radbin- 
in-8, 340. (IC). dranath Tagore, PrJ, 182, 1$1- 
I. 1693 — THÒoxrson E. J., Ra- si 

bindranath Tagore, his Life and I. 1698 — GLASENAPP H. von, 
Work, NI + 112, Calcutta, As- Tagore und Gandhi, Voss. Zeitung, 
sociation Press 1921. — Rec.: 10921, Nr. 505. 

JRAS, 142-143 (JAMES LINDSAY). 

(LAM). I. 1699 — RADHAKRISHNAN S., 


The Philosophy of Rabindranath 

I. 1694 — ScHURING A,, Tagore, Tagore, London, Macmillan 1918. 
Seine PersOnlichkeit, seine W'erke, 
seine Weltanschauung, 222. Dres- 
den, Reissner, 1921. 


I. 1700 — Prarson W. W,, 
Shantiniketan. The Bholpur School 
of Rabindranath Tagore, London, 
I. 1695 — MevER-BExFEY H., Macmillan 1917. 


XXXVII. LINGUE E DIALETTI NEO-INDIANI. I. 1701-1703 


2. Marathi. R. Paradkar (I 1701) pubblica, con un’introdu- 
zione in Sanscrito di L. P. L. Vaidya, il nono volume delle opere 
del celebre poeta maratha Moropant (1729-1794), tradotte in san- 
scrito nella collezione che consterà di 12 volumi. Queste opere non 
hanno carattere di popolarità e mentre altri che, come lui, hanno 
adottato come argomento le grandi cpopce sanscrite, usano un lin- 
guaggio simile alla lingua parlata, Moropant ha ricercato più della 
semplicità la nobiltà, la purezza, l’elevatezza ricercata dello stile. 
:2 Il Turner (I 1702) si propone di spiegare alcune corrispondenze 
fra parole del Sanscrito, della Gujardti e della Marathi, con speciale 
attenzione all'influenza dell’accento nello sviluppo delle moderne 
lingue Indo-Arie. Esamina e critica, a tal fine, le tre diverse opinioni 
del Pischel. del Jacobi e del Bloch, trovando in ciascuna di esse, 
tuttavia, una parte di verità. Il Turner ritiene che, per quanto 
concerne le lingue su cui ha esercitato la propria influenza l’accento 
indo-germanico, si debbano fare due categorie; da un lato le lingue: 
Gujarati, Sindhi, Panjabi, Hindi, Singalese e forse Bengali, dall'altro 
la Marathi, che mostra gli effetti di un accento derivato da quello 
sanscrito. 

Il Bloch (I 1703) scrive sulla formazione della lingua Marathi. 
Nell’introduzione l'A. passa ad una ad una in rassegna tutte le 
forme conosciute, antiche e moderne, del linguaggio ariano del- 
l'India. cercando di stabilire le relazioni storiche che intercedono fra 
loro, e di determinare il valore che hanno i loro documenti per lo 
studio della formazione della lingua » Marathi « La parte centrale 
dell'opera studia analiticamente l'organismo di questa lingua, dap- 
prima ne’ suoi elementi fonetici (.43-173), quindi nelle suc forme 
grammaticali (175-262) e nelle peculiarità essenziali della sua sintassi 
(263-274) concludendo con alcune osservazioni generali sulle caratte- 
ristiche che distinguono la Marathi e sul posto che essa occupa ri- 
spetto alle lingue affini » (275-282). L'opera del BI. è, secondo il 
Grierson la più importante che si sia avuta dopo la pubblicazione 
della Grammar of the Gadian Languages dello Hoernle. Il Grierson, 
dopo aver molto lodata l’opera stessa per la profondità, la dottrina, 
l'accuratezza, accenna ad alcune divergenze di opinioni con l'A. 

, 

I. 1701 — (ri Mavitra-Samskr- Indo-Germanic Accent in Marathi, 
takavyani, edit. by RAMKRSNA Pa- JRAS, 1916, 203-551. (LM). 
RADKAR, Poona, caka 1838 (1910), 
in 12, XIV +4 418. — Rec.: JA, I. 1703 — BrocH JuLes, La 
1023, 132-133 (J. BLocK). formation de la lavgue mavathe, 

Paris, Champion 1920, pp. NV + 

I. 1702 — TurxnER R. L., The 432 (Bibl. de l’Fcole des hautes 


— 253 — 


I. 1703-1709 


BALLINI - INDIA. 


in materia di dialetti — specialmente riguardo l’Apabhramga — 
allo « stress-accent » ecc. 

Una traduzione di storie dei santi maratha, vissuti in una citttà 
santa nel distretto di Sholapur, pubblica C. A. Kincaid (I 1704). 
Le storie originali furono scritte in lingua Marathi da un poeta di 
nome Mahapati. Piuttosto uniformi sono questi racconti, benchè 
qua e là contengano notizie interessanti. 

S. N. Sen pubblica la sua traduzione (I 1705) con note e appendice 
di una famosa cronaca di Anant Sabhasad, un servo del figlio di 
Sivaji, che probabilmente scriveva per il suo padrone ignorante. 
La cronaca riguarda la vita eroica di Sivajt, e il Sen afferma 
essere stato Anant Sabhasad l’unico cronista contemporaneo di 
Sivaji. 

La storia dei Maratha del Grant Duff (I 1706) riveduta ed'an- 
notata da S. M. Edwardes in recente edizione, è un’esatta cronaca 
degli avvenimenti dal 1323 al 1819. Le note riassumono i risultati 
delle ricerche storiche, archeologiche ed etnologiche degli ultimi 
sessant'anni sulla storia dcl Deccan e dell’Indostan, e l’Introduzione 
contiene saggi sull'origine dei Maratha e della loro letteratura. 

Di storia e letteratura marathi scrivono pure il Kincaid e Pa- 
rasnis (I 1707), il Macnicol (I 1708), J. E. Abbot (I 1709). 

3. Paîijabi. Nella seconda parte del.volume IX del Linguistic 


EpwaRrDES, C. S. IT., C. V. O,, 
late of the Indian Civil Service, 
2 vol., NCTI -> 5835, XXI + 3572, 
Oxford University Press 1921. — 
Rec.: JRAS, 1923, 113-114 (F. 
NovCcE). (LM). 


Etudes, 225). — Rec. GSAI 
NXIX, 1919-20 (1921). (G. CIARDI- 
Duprt); RIGI, 1022, fasc. III-IV, 
171-172 (LA Terza); JRAS, 10921, 
251-203 (G. A. GrIERSON). (VA). 


I. 1704 — Kixcarmp C. A., Tales 
of the Saints of Pandharpur, Hum- 
phrey Milford Publisher, Oxford 
University Press 1919. — Rcec.: 
JRAS, 1921, 131-133 (H. BEVE- 
RIDGE). (MA). 


I. 1707 — Kixcarp C. A. and 
Parasnis D. B., A History of 
the Mayratha People, Oxford Uni- 
versity Press, 1918. — Rec.: JRAS, 
1920, 235-238 (H. BEVERIDGE). 


I. 1705 — SENSARENDRA NATH, 
Extracts and Documents relating 
to Maratha Historv, Vol. I: Siva 
Chhatrapati, Calcutta 1920. — 
Rec.: JRAS, 1021, 445-418 (H. BE- 
VERIDGE). (MU). 


I. 1706 — GRANT DUFF JAMES 
CUNNINGHAME, dd History of the 
Mahrattas. Revised annotated edi- 
tion, with an introduction by S. M. 


I. 1708 — MacxicoL N., Psalimns 
of Maratha Saints, (Heritage of 
India Series), 906, London, Oxford 
Univ. Press 1019. — Rec.: JRAS, 
1920, 622-027 (MacHICHAN); IRM, 
9, 1920, 298-300 (UNDERHILI.). 


I. 1709 — ABBOTT ]. E., 7Zle 
Maratha Poet - Saint Dasopant Di- 
gambar, JAOS, vol. 42, part 3-4. 
1922. 


— 254 —- 


XXXVII. LINGUE E DIALETTI NEO-INDIANI. I. 1710-1713 


Survey of Indra i} Gricrson (I 1710) parla del dialetto Purijabi per ec- 
cellenza, parlato da circa 30 milioni di uomini. Il G. lo suddivide in 
due dialetti: la Panjabi propriamente detta e la Dogri, ed annovera i 
vari dialetti derivati da questi. Anche questo volume è notevole 
per la maestria con cui sono studiate le differenze grammaticali dei 
dialetti e dei subdialetti ed è di capitale utilità per gli studiosi 
dei Pracriti e della filologia in generale. 

H. A. Rose pubblica contributi al lessico pafijabi (I 1711). 

Il Bloch (I 1712) studia l'origine e gli etietti (iniziali sonore > 
sordc) della intonazione, di cui, in epoca moderna, sono diventate 
suscettibili le vocali dei dialetti settentrionali della Parjadi, del 
Lalhnda, della Pahari (v. I 1739). 

4. Gujarati. R.L. Turner (I 1713), premesso che la Gujarati di- 
scende da un dialetto della Cauraseni, forse attraverso l'A fpublhramya 
di Hemacandra, dichiara la natura dei suoni nasali in Ved:co e in 
Gujarati (la quale possiede #, n, », m,), e studia minutamente il 
trattamento delle nasali indo-arie in Gwujardti, risalendo alle forme 
scrr. I risultati sono riassunti in uno schema. 

Per molteplici ragioni i dialetti dell'India sono commisti fin 
dai più antichi tempi, così che riesce impossibile stabilire la lingua 
parlata da un dato popolo in un dato paese. Il dialetto Gujarati 
è il linguaggio che appare più genuino e che fu parlato in una zona ab- 
bastanza isolata c di stabile governo. La sua letteratura poetica 
pare risalga al tempo di Narsingh Metà (d. C., 1413) o forse al 1300. 
Il Grierson pensa che furono gl'invasori Gurjaras del 400-600 a por- 
tare molte delle caratteristiche del detto dialetto. Ciò osservato, 
il Turner procede dividendo in grandi periodi — dall’Indo Euro- 
peo alla 0/4 Western Rijasthani — il linguaggio, studia poi i termini 
presi a prestito o da altri dialetti indiani contemporanei o dalla 
lingua letteraria (Sanscrito, Pali, Pracrito jainico) o da altre lingue 
(Persiano, Arabo, Francese, Portoghese). Dopo di che studia dettaglia- 
tamente il sistema delle vocali, degli accenti, della nasalizzazione, 
l'epentesi, l'anaptissi, la dieresi, ecc. 


I 1718 — Grirerson G. A., Lin- I. 1712 — BrocH ]J., L'intonation 
guistic Survev of India. Vol. IX, en Penjabi: une variante astatique 
Part I Western Hindi and Pa- de la loi de Verner in Melanges 


nrabi. Calcutta, 1016, pp. NIV+  ULineuistiques offerts à M. J. Ven- 
823.— Rec.: JRAS, 1018 (T.GRa-  drves, Paris, Champion, 1925, 57: 


HAME BAILEy). 07. (GBP). 

I. 171t — RosE H. A., Contri- I. 1713 — TURNER R. L., The 
butions to Panjahi lexicosraphv, indo-arvan nasals in Gujarati, 
Series IV, IA, March 1023. JRAS, 1015, 17-34. (GBP). 


I) 051 SI 


BALLINI - INDIA. I. 1714-1718 


In altro articolo, lo stesso Turner (11714), passa a trattare delle 
consonanti. Ne fa la storia, fermandosi particolarmente al loro svi- 
luppo nel dialetto Gujarati (aspirate, gutturali, palatali, cerebrali 
e dentali, labiali, nasali, liquide, sibilanti; consonanti iniziali, 
finali, intervocaliche; gruppi con n, +, r, , v, con una sibilante). 
Termina con un sommario dei suoni della Gujarati in rapporto ai 
suoni primitivi indiani. 

Lc Hertel (I 1715) pubblica il Paricakliyanavarttika, importante 
testo novellistico in antica Gujarati. 

5. Hindi. Il primo a dar notizie di Kabir fu il Wilson nel 
suo « Sketch of the Religious Sects of the Hindus ». Tuttavia gli scritti di 
K. e dei discepoli non erano stati ancora tradotti. L’opera principale 
della sua scuola è il Bijak o «carta del tesoro», decreto che risale al 1404 
ed è composta in vernacolo. Il Bija& ora pubblicato nel testo e tradotto 
da Ahmad Shah, è una collezione di versi in vari metri. La religione 
di Kabir (misto di Induismo, Sufismo e Cristianesimo) diede origine 
ad un gran numero di sette. Ostile ai sei sistemi di filosofia indiana, 
il Kabirismo è però fondato su basi essenzialmente indiane. 

È uscita una nuova edizione del dizionario hindi del Rev. ]J. 
D. Bate (I 1717). 

Nel nono volume del grande Linguistic Survey of India, Parte I, 
il Grierson (I 1718) tratta dci dialetti Hindi, Urdi e Indostano. I 
dialetti ariani dell'India non riconoscono come capostipite il San- 
scrito ma un’altra lingua affine al Sanscrito, madre dei Pracriti 
La Hindi occidentale è il più puro ed il più sanscritico rappresentante 
del gruppo Indo-ariano perchè disceso dall’.1padlramya, dialetto 
corrispondente alla Caurasent il più vicino al Sanscrito dei Pracriti. 
Il Grierson la divide in cinque dialetti. 


I. 1714 — TURNER R. L., Gu- 
jarati Phonology, JRAS, 1921, 
3209-65; 505-44. (MA). 

I. 1715 — HERTEL JOHANNES, 
The Pancakhvana varttika. Part 
I containing the teat. (For- 
schungsinstitut fùr Indogermani- 
stik, Indische Abtellung N. 3). 
Leipzig, MarFert und Petters 1922, 
65. — Rec.: RSO, IX, 1921-23, 
617 (G. Tucci). 


I. 1716 — The Bijak of Kabir. 
Ed. bv the Rev. AHMAD SHAH, 
Cawnpore, Igirr. — Id. Transl. 
into Eng. by the Rev. AHMAD 


SHAH, Hamirpur, 1917. — Rcc.: 
JRAS, 1018, 151-160 (GEORGE A, 
GRIERSON). (MA). 


I. 1717 — Bate Rev. J. D, 
Dictionarv of the Hindee Language, 
Second Edition, 810 pp., Alla- 
habad, Indian Press 1016. — 
Rec.: JRAS, 1925, 116 (T. GRA- 
HAME BAILEy}). 


I. 1718 — GRIERSON G. A., Lîn- 
guistic Survey of India, Vol. IX, 
Part I. Western Hindi and Pa- 
nah. Calcutta, 1916, pp. XIV -823. 
— Rec.: JRAS, 1918, 605-616 (T. 
GRAHAME BalLEv). — V. I. 1710. 


— 256 — 


NXXVII. LINGUE E DIALETTI NFO-INDIANI. 


I. 1719-1724 


Il Dewhurst (I 1719) presenta una lista completa delle parole 
di origine persiana o arabica che si trovano nel pocma hindi (termi- 
nato nel 1662) di Bihari Lal. 

Il Carpenter (11720) dà esatta notizia delle idee religiose di 
Tulsi Das, quali sono espresse nel suo Ramavana hindi. La 13 parte 
è introduttiva, la 28 tratta del Dio Supremo, della Triade, Brahma, 
Visnu e Civa, di Rama e della sua incarnazione, della biak/ e della 
maya, del peccato e della redenzione. L'autore crede che la dot- 
trina della bhakt, benchè originale dell’Induismo, abbia fortemente 
risentito dell'influenza del Cristianesimo. 

In uno studio, cui il Greaves (I 1721) vuol mantenere il carattere 
di schizzo, si parla dì circa 150 scrittori. di cui alcuni, come Tulsi 
Das, vengono esaltati, altri, come Bihari Lal (che l'A. definisce 
«un manipolatore di versi, un bravo versificatore con più cervello 
che anima >) e Dev Datt, criticati senza riguardo. 

Lo stesso Greaves (I 1722) in una sua grammatica sulla mo- 
derna Hindi da larga parte alla sintassi, che non viene trattata 
separatamente, ma studiata di mano in mano che l'occasione se ne 
presenti. Vi sono capitoli sulla Bra] e sulla prosodia, sulle misure 
di quantità, spazio e tempo, ed indici completi tanto in Inglese 
che in Zindi. 

Hira Lal Kavyopadhyava (I 1723-1724) dà una grammatica del 
linguaggio prettamente indiano delle popolazioni dravidiche delle 
alte valli del Cona e della Narmada (la Chatfisgarhî). Osservazioni 
e studî dimostrano la purezza di questo dialetto essenzialmente 
pratico e popolare, conservatosi miracolosamente immune dall’in- 
fluenza dei linguaggi letterarii, sempre in progresso, che lo attorniano. 
Il Grierson ha fatto compilare questa grammatica, e l’ha tradotta. 
A lui si deve anche questa nuova edizione del lavoro. Notevo- 


I. 1719 — Dewnurst_ R. P., terature Society for India. — Rec.: 
I. C. S, Persian and Avrabic JRAS, 1923, 140-147 (T. GRAHAME 
words in the Satsaì of Bihari Lal, BarLev). (LM). 

TRS 4000, 00877 AGRA): I. 1722 — Grraves Epwin, 

I. 1720 — CarpENTER J. N., Mindi Grammar, London Missio- 
The Theology of Tulasi Das, VII nary Society, pp. XIII + 512, 
+ 202, Madras, Christian Lit. Soc. Allahabad, Indian Press (s. d.). 


for India 1918. — Rec.: JRAS, — Rec.: JRAS, 1923, 145-140 
10923, IIo-112 (T. GRAHAME Bar- 0 (T. GRAHAME BaAILEv); RSO, N, 
LEv). (LM). 1023-1925, 150-157 (G. TUCCI). 
I (LM). 
»- 1721 — GREAvES EDWIN, A 


Sketch of Hindi Literature, pp. I. 1723-1724 — Hira Lar KA- 
VII + 112, Madras, Christian Li-. vropapbHvAva, 4 Grammar of the 


ro 
SI 


=1 


Aevum - Anno I - 17 


BALLINI - INDIA. I. 1724-1734 


le l'osservazione che su questo fresco e autentico linguaggio 
sono palesi e vive le influenze brahmaniche attraverso il veicolo 
sanscrito, e le influenze delle lingue moderne, dovute però a sczole 
e quindi influenze di indole puramente intellettuali e non dovute 
a contiguità geografiche. Così anche in questo dialetto si può osser- 
vare il lento processo, ma artificioso, di miscuglio cui vanno soggette 
tutte le lingue indo-ariane. 

Altre pubblicazioni di lingua e letteratura hindi sono uscite 
per opera del comp. Tessitori (I 1725), del Grierson (I 1726-1727), 
dello Hertel (I 1728), Keavy (I 1729), L. S. Ram (I 1730). 

Per un vocabolario pracrito-hindi v. I 1001. 

6. Hindustani. R. Pershad (I 1731) pubblica una gran- 
matica elementare della Hindustani. 

Un manuale di Hindustani pubblica il Phillott (I 1732). 

7. Nepali. Il Turner dà contributi alla conoscenza della 
Nepalt (I 1733-1733 a). 

8. Kacmiri. Il Grierson (I 1734) ha pubblicato e tradotto varie 

novelle e canzoni in Kagmirt, fedelmente riprodotti da Sir Aurcl 


I. 1730 — Ram LALA SITA, Se- 


Chhattiscarhi dialect of Eastern 
lections from Hindi literature, 1. 


Hindi.... translated by Sir GEORGE 


GRIERSON, revised and enlarged  Bardic poetrv, II Krishna cult 
dbv PanditLocHax Prasanp NavvyA- of Vraia, Calcutta, 1921, 345, 
ViNnoD twder the supervision of 381. 

RAI BAHADUR Hira LAL, Calcutta, 

British Mission Press 1021, IN + I. 1731 — Ram PERSHAD, 7 he 


Elements oi Hindustani Grammar, 
2 + 75 pp., Ajmer, The Author, 
19016. — Rec.: JRAS, 1925, 116 
(F. GRAHAME BAILEY). 


225. — Recc.: JA, 1923, 133-134 
(J. Brocn); JRAS, 1923, 444 
IBARNETT). (LV). 


I. 1725 — Tessitori L. P.,, 


Tulast Dasa come apostolo e come I. 1732 — PauirLtoTt Lieut. Col. 


poeta, AAAN, 1915, 93-I21. 


I. 1726-1727 — GRIErson G.À., 
Tulasi-Dasa, ERE, 1921, 469-473, 


I. 1728 — HERTEL JOHANNES, 
Die Akhlag-e hindi und ihre Quel- 
len, ZDMG, LXXII, 1918, 65-80; 
LXXNIV, 1920, 95-117, 129-200. 


I. 1729 — Kray F. E, Hindi 
Literature (Heritage of. India 
Series), X + 1I1I10, Oxford Univer- 
sity Press 1920. — Rec.: JRAS, 
1922, 203-207 (DEWHURST). 


D. C., Hindustani Manual, Third 
Edition, pp. NNVI 350, Cal- 
cutta, published by the Author 
1918. — Rec.: JRAS, 1010, 435- 
437 (GRIERSON GEORGE A.). 


I. 1733 — TURNER R. L., Spe- 
ctmens of Nepali, IA, March 1921. 


I.1733a — TURNER R.L., Fur- 
ther Specimens of Nepali, IA 
April 1922. 


I 1734 — HATtIM ‘’s Tales. Ka- 
smiri Stories and Songs recorded 


ca diga 


I. 1734-1736 


—_— —— ru 


NXXVIT. LINGUE E DIALETTI NEO-INDIANI. 


Stein, con l’aiuto del pandita kagcmiriano Govind Kaul, dalla viva 
voce di Hatim, novellicre di professione del Kacgmir. 

9 Dialetti varî ariani. Nella quarta parte del vol. 
IN del Lingiistie Survev of India, il Grierson (I 1734 a) tratta 
delle lingue Ariane parlate nell'Himalaya da Darjiling ai confini 
del Kacmir. La Palari è divisa in tre gruppi: orientale, centrale, 
occidentale. Quest'ultimo è diviso in serie di sei dialetti almeno. Il 
Grierson fa distinzione di suoni e di pronuncie, con relazioni ad 
altre lingue, con disquisizioni filologiche, fonologiche, riferendosi 
spessissimo ai linguaggi Picdca. 

IF. W. Skemp (I 1734 b) raccoglie e traduce storie del dialetto 
Multin (sud-ovest, Panjab). I versi sono così puri come lo sono 
generalmente i versi fan7abdi, e la prosa illustra l'attitudine dell'India 
verso l'autorità. 

I bardì di Rajputana usarono due linguaggi: il Diiga/a ed il 
Pingala. Un importante studio del Tessitori (11735) getta luce sulle 
due scuole dei Rijput (Chaàranas e Bhatas) e sulla storia di Rajpu- 
tana e paesi limitrofi. 

Il Grierson (I 1730) scrive sui « Dardice or Piyaca Languages ». 
T. Grahame Bailey, dopo aver molto lodato il lavoro, fa alcune 
osservazioni sui dialetti Sud circa le cerebrali, le aspirazioni e gli 
accenti. ll libro del Grierson dà 104 pp. a 6 dialetti Aafir, ai Alioiwcar 
16, 84 pp. per la discussione sul dial. Stra, 44 per 3 dialetti Ao/istani, 
17 pp. al dial. Burushaski. La Aaymiri e ì suoi dialetti prendono 
mezzo volume. 


PANDIT I. 1735 — Bibliotheca Indica, N. 
AUREL  S., n. Bardic and Hist. 


cith the assistance of 


Govinp  KAUL dby Str 
Srein and edited with a transla- 
tion, linguistic analysis, vocabula- 
rv, tndeves etc. by Sir GEORG. 
(RIERSON dollh a note on the folk- 
lore of the ‘Tales by W. CROOKE, 
London, J. Murray 1923. 


I. 1734a — Grierson G. A., 
Lineuistic Survey of India, VoL.IN, 
Part IV: Pahari and Gujuri. — 
Rec.: JRAS, 10918, 015-022 (T. 
GRAHAME BarLev). (MH). 


I. 1734b — Miltani Stories, coll. 
and trans, by F.W.SKEMP, M. ÀA., 
I. C. S., Lahore, Sup. Gov. Print. 
Punjab 1917. — Rec. JRAS, 
1918, 620-028 (H. A. R.). (MA). 


I 400: 
Survevof Rajputana, Sect. 1: Prose 
Chronicles: Pt. 1: Sodhpur state. 
n. Iyit: Tacanika Rathora Ra- 
tana Stoghaji ri Mahesadasota ri 
Nhiriva Yaga ri Kahi, Pr IT: Dis- 
gala text bv Dr. L. P. TESSITORI, — 
Rec.i JRAS, 1918, 628-030 (H. 
AR. (V.1). 


I. 1736 — GRIERSON G. A., Lin- 
guistic Sutriwvev of India: The Dar- 


dic or Picacha Langnages, Cal- 
cutta Government Press 1019. — 


Rec.: JRAS, 1021, 4067-71 (T. 
GRAHAME BArLEv),. (MV.1). 

V. pure: GRIERSON G. A., Once 
on Sina Cerebrals, JRAS, 
205-314. 


1025, 


—— 259 — 


BALLINI - INDIA. I 1737-1741 


Il Lorimer (I 1737), riferendosi alle opinioni del Grierson sul 
linguaggio Sin4, e alla critica fattane dal Bailev, dà notizia degli 
studî da lui compiuti sul sito sul dialetto Gilgit (Sind) e special 
mente sulla sua fonetica. 

Il Turner (I 1737 a) fa alcune osservazioni per dimostrare che il 
linguaggio Sind, per quanto si riferisce alla cercbralizzazione, man- 
tiene le primitive condizioni Indo-Arie immutate, eccetto nei gruppi tr, 
dr, e possibilmente ré, rf. Rimangono dentali -n-, -/-* n rimane cere- 
brale. Si trovi solo o in gruppi consonantici, pure s si conserva. 

Il Grahame Bailey (I 1738) pubblica una grammatica della 
lingua Stra. 

Il Grierson scrive sui dialetti Sindhî e Lalnda (I 1739) che for- 
mano il gruppo Nord-Ovest del ciclo «outer» delle lingue Indo- 
Ariane: essi sono in diretta parentela con i dialetti Dardici 0 Pigaci. 
Il Lalhnda è — secondo il Grierson —- «a tone language ». 

È apparsa una breve relazione che tratta del Sanscrito e di 
quattro dei principali vernacoli moderni indo-ariani, coll’inten- 
dimento che si eviti l’uso, invalso presso i grammatici, di adoperare 
termini contradditori per esprimere idee simili. Viene così qui appli- 
cata a vernacoli moderni la complessa terminologia del Latino, 
Greco e Sanscrito (I 1740). 

B. Mazumdar (I 1741), dopo aver negato recisamente la teoria 
del Grierson sull'origine dei vernacoli ariani (v. I 1718), sostiene 
la loro derivazione dal linguaggio vedico e spiega le loro variazioni 
come dovute all’influenza del linguaggio non ariano, specialmente 
dravidico. 


I. 1737 — LorIimEr D. L. A,, 
C. I. F., M. R_ A. S., Notes on the 
Phonetics of the Gilgit Dialect of 
Shina, JRAS, 1924, 1-42, 177-212. 
(LM). 


I. 1737a — TURNER R. L., Note 
referring to «cerebraliczation in 
Sindhi », JRAS, October 10924. 
JRAS, 1925, 80-87. 

I. 1738 — BarLevy T. GRAHAME, 
Grammar of the Shina Language. 
Roval Asiat. Soc. Prize Public. 
Fund, VIII, Londra 1924. — 
V. osservazioni del MoRGENSTIER- 
NE, Act. Or., IV, 1925, 116-117. 


I. 1739 — GrIERSON G.A., Lin- 
guistic Survey of India. Sindhi 


and Lahnda, Calcutta, Governm. 
Press, 1019. — Rec.: JRAS, 1021, 
471-75 (TI. GRAHAME BAILEy), 
(MA). 


I. 1740 — lIteport on the Termi- 
nology and Classifications of Gram- 
mar, pp. 38, Oxford, Clarendon 
Press 1920. — Rec.: JRAS, 1923, 


147-148 (T. GRAHAME BAILEY). 
(LM). 

I. 1741 — MAZUMDAR BRijay- 
CHANDRA, The History oi the 
Bengali Language, Universitv 
of Calcutta, XVIII -- 2098, Cal- 
cutta, 1920. — Rec.: JRAS, 
1923, 443 (L. D. BARNETT). 
(LM). 


— 260 — 


NNXNVII. LINGUE E DIALETTI NEO-INDIANI, I. 1742-1746 


T. G. Bailey completa con un secondo volume (I 1742) lo studio 
dei dialetti (per lo più arii) dell'Himalaya dall’'estremità settentrio- 
nale del Penjab alla frontiera del Garhwal e del Tibet, oltre Simla, 
cominciato nel 1908 con The languages of the northern Himalayas 
(As. Soc. Monogri.). 

Una collezione di canti, composti nel sec. NIV dalla poetessa 
kacmiriana Lal Ded, hanno pubblicato il Grierson e il Barnett (I 1743). 
Si tratta di canti d'importanza notevole per gli studiosi, non solo 
sotto l'aspetto filologico, ma pure religioso. Lalla o Lal Ded fu, 
di fatti, un'asceta, devota seguace del culto Caiva Yoga. 

Il Konow {I 17.44), fondandosi su due stanze della Aavyami- 
misi di Rajagcekhara — crede di poter affermare che nel IN s., 
nella località della catena dei Vindlva, si doveva parlare il vecchio 
dialetto della Brhatkatha (Bhatabhasa) e che la parola Pargaci «has 
been transferred, by later grammarians, to forms of speeck wkick 
are different from the old tongue in which the original Brhatkatha 
was composed ». Secondo Bana la Brlatkatha fu scritta in Bhita- 
bhasa. E la Patgacî era una lingua familiare alla gente dell'India 
Centrale occidentale. | 

Il Grierson (11745) in un volume, preparato da Sten Know, de- 
scrive i linguaggi dei « bohemiens » dell'India, e cioè le parlate di 
tutte le tribù nomadi e non degli Zingari propriamente detti. Si com- 
prende però che ciò che si viene a sapere sui nomadi dell’India può 
gettar luce anche sulla conoscenza del linguaggio e dei costumi dei 
nomadi usciti dall'India ed è notevole l'osservazione su vocaboli 
che si credevano esclusiva caratteristica degli Zingari i quali invece, 
secondo il Grierson, si trovano anche presso 1 nomadi dell’India. 

Il Bodding (I 1740) ci dà un'analisi completa della fonologia 
Santali, con un’esatta determinazione del carattere deci varî suoni. 


I. 1742 — BarLey T. GRANAME, 
Linguistic studies from the Hima- 
lavas, betng studies inthe grammar of 
fifteen Himalavan dialects, Asiatic 
Society monographs, NVIII, Lon- 
don 1920, XVII + 277. — Rec.: 
JA, 1024, 102-3 (J.BLocH). Noti- 
zia: BSL, NXII, 1921, 150 (MEIL- 
LET). (GBP). 


I. 1743 — Lalla-Vakyani, on The 
Wise Sayings of Lar Deb a 
mystic poetess of Ancient Kashmir. 
Edit. with Translat., Notes and a 
Vocabol. by Sir GEORGE GRIERSON 


and LioxELT. D. BARNETT (= Asia- 
tic Society Monographs, VoLNVII) 
London 14921. 


I. 1744 — Koxow STEN, /a7a- 
sechkhara on the Home of Patsaci, 
JRAS, 1021, 244-40. (MA). 


I.1745— GrirERrsoNn G. A., Lîn- 
guistic Survey of India, Vol. NI: 
Gipsy languages, Calcutta 10922, 
N-213 pp. — Rec.i: TA, 1023, 
134-136 (Bloch). 


I. 1746 — Boppixc P.0,, Ma- 
terials for a Santali Grammar, 


— 261 — 


BALLINI - INDIA. 


I. 1746-1762 


Il Wijesinhe (I 1747) fa la confutazione di una conferenza pub- 
blicata tre anni prima sull’Origine del linguaggio Singalese, in cui si 
affermava esser il Singalese una lingua Dravidica. 

Altri scritti sono usciti su linguaggi vari dell'India Ariana (1748- 


1700). 


XXXVIII. Lingue e dialetti dravidici (Tamu!, Canarese). 
Civiltà dravidica. — M. Srinivasa Aivangar (I 1761) dà «a 
complete bird’s-cve view of Tamil culture and civilization ». 

Il Fleet (11762) sostiene contro il parere del Narasimbachar 
a proposito dell’iscrizione Nagai, che la parola upfayana non può 


I. Mostly phonetic, Dumka, 1922. 
—  Rec.: JRAS, 1023, 313-315 
(STEN Konow). (LM). 


I. 1747 — WijesiNHE C.A., The 
Sinhalese Aryans, pp. t10, Co- 
lombo, W. E. Bastian and Co,, 
1921. — Rec.: JRAS, 1923, 485 
(Pi de. Poz (E40; 


I. 1748 — CHATTERIEE AKHIL 
KUMAR, 7raipur Bhasha Pari- 
chaya, ov Primer of the Tippera 
Language, 1910. 


I. 1749 — Tisssiiori L. P., Pro- 
posed Bardic and Historical Sur- 
vey of lItajputana. Progress Re- 
port for 1915, JPASR, vol. NII, 
1916, N. III 


I. 1750 — GriERrsON G. A., The 
North-W'estern Group of the Tndo- 


Adryvan Vernaculars, IA, NLIX, 
1910, pt. DLX - DLNI. 
I. 1751 — Trssirori L. P.,, 


Grammar of Western Rajasthani, 
IA, NLIX, 1910, pt. DLVIII. 


I. 1752 — CHnexnEevix C. G, 
Granimar of Gondi as spoken in 
the Betul District, Central Provinces, 
India, mith Vocabulary, L'olktales, 
Stories, and Songs of the Gonds. 
Vol. I: Grammar. Printed by the 
Superintendent, Government Press 
Madras 1919. — Rec.:  JRAS, 
1920, 607-610 (STEN Koxow). 


I. 1753 — GriERrsoN G. A., /n- 
dex of Language Names, Lingui- 
stic Survey of India, Calcutta, 
Superint. Gov. Print. 1920, pp.218. 


I. 1754 — MAZUMDAR Bijav- 
CHANDRA, Zypical selections from 
Oriva literature, I (1450-1508) 
Calcutta, 10921, XXVII -:- 495. 


I. 1755 — Grierson G. A., Zsh- 
kashmi, Zebaki and Ya:rehulami, 
1921. 


I. 1756 — JORGENSEN HAxnSsEN, 
Ein Beittrag cur Kenntnis des 
Nevari, ZDMG, LXNNV, 1921, 213- 
230. 


I. 1757-1758 — GRIERSON G. 
A., Spontaneons Nasalization in 
the Indo-Arvan Languages, JRAS, 
1922, 381-388. 


I. 1759--1760 — KRaAUSsE C,, 
Nasaketari Katha; an Old Rajasth- 
ani Tale. Edited with notes, a 
grammar and a glossary, 1925. 


I. 1761 — ArvangaR M. SRINI- 
Vasa, Tamil Studies or Essays on 
the Historv ot the Tamil People, 
Language, Religion and Literature, 


Madras, 10914. — Rec.: JRAS, 
19015, 172-174 (R. W. FRAZzER). 
(GBP). 


I. 1762 — FLEET J.F., Miscel- 
lanceous. Communications, ]JRAS, 
1917, 115-116. (MIA). 


— 262 — 


XXXVIT. LIN. E DIAL. NEO-IND. + XXXVIII. LIN. E DIAT.. DRAV. T. 1763-1771 


essere che una corruzione di appfavana (sospensione di viaggio 
= halt). 

Pure il Ieet (I 1763) riportandosi all'iscrizione Nagal (1002 AD.) 
si sofferma sopra una data che è fra i più vecchi esempi indicanti 
il martedi col nome di Marngalavara «the auspicious day » per evitare 
il nome significante tal giorno di un pianeta malefico. 

Sempre nella iscrizione Nagai il Fleet (I 1704) osserva che la 
parola yuvard]a, usata come sinonimo di principe ereditario, figlio 
o nipote del Re, ivi ha il significato quasi di titolo onorifico e non 
riguarderebbe persona di sangue reale. 

Il Kingsbury ed il Phillips (I 1765) hanno tradotto in Inglese 
gli inni dei santi Givaiti tamul, mettendo a fianco della traduzione 
la versione tamul, e intramezzando gli inni con paragrafi esplicativi. 
L'opera si divide in quattro capitoli, comprendenti rispettivamente 
gli inni di Sambandar, Apparswaàmi, Sundaramarti, Manikka Va- 
sahar. Seguono duc appendici ed un indice, 

Sono usciti altri scritti di lingua, letteratura, filosofia tamul (I 
1700-1709). 

Il Flcet (I 1770) dice che il significato di mnele-vidu nelle 
iscrizioni kanaresi è di accampamento. Il significato invece di afpa- 
vana e ufpavana vidu sarebbe di posto di accampamento di minore 
importanza. 

L. D. Barnett (I 1771) è d'accordo nel significato della parola 
grahe usata in un'iscrizione canarese di Orissa. — dato dal Ileet 
(Ind. Ant. vol. 18, pag. 38) dapprima e poi notato dal Kielhorn 
(ibid., vol. 23, pag. 224). Grahe significherebbe quindi «un anno ». 


I. 1763 — FLEET J. F., Miscel- I. 1767 — BLocH ]., Tie inter- 
laneous Communications, JRAS,  vocalic Consonants in Tamil, IA, 
1917, 119-120. (MA). october, 10919. 

I. 1764 — FLEET J. F., Miscel- I. 17608 — THAYUMANAVAR, 
laneous Communications, JRAS, A, Tamil Mystic. A Transla- 
1917, 121-122. (3/1). tion of 103 Stanzas from the 


Poems of T., pp. 60, London, 


I. 1765 — Kixos8ury F., B. A. Fovle, 1920. 


and G. EF. PÙiLLips, M. A., /1vinnS 


of the Gaivite Saints, VI + 132, I. 1769 — CARPENTER J. E., 
5 tav., Calcutta, Association Press Saints and Philosophers among the 
10921. — Rec.: IRM, AI, 1922, Tamil Qaivas, HJ, 1920. 

305-306 (Hooper); JRAS, 1923, 
481-82 (J. Linpsav). (LM). I. 1770 — FLEET J. F., Miscel- 


lancous Communications, JRAS, 
I. 1766 — Vinson ]., Notes sur 1917, 117-119. (MA). 


la prosodie tamoule, JA, Serie NI, 
Tome V, N. III. I. 17701 — BarxrtTt L. D,, 


n 
= Mii 


BALLINI - INDIA. _I. 1771-1780 


R. Narasimhachar pubblica testi canaresi (I 1772-1774). 

S. K. Chatterji (I 1775) parla della civiltà dei Dravidi e del suo 
influsso sulle civiltà indo-aria. | 

Di elementi dravidici (sud-indiani) nella cultura indiana, scri- 
vono G. Slater (I 1776), S. K. Aiyangar (I 1777). 

J. E. Abbott scrive su opere di Th. Stevens concernenti arte 
e lingua canaresi (I 1778). 


XXXIX. Giavanese. Malese. Andamanese. Birmano. 
— Un volume (I 1779) delle opere del Kern contiene vari studî 
sulla letteratura giavanese antica e moderna, e sulla lingua e gli 
scritti delle Filippine. 

Il Blagden (I 1780), a proposito della confusione dei due titoli 
malesi Shahbandar e Bendahara, determina il vero significato di ognu- 
no. Bendahara — di origine sanscrita, indicante « magazzino, bottega » 
— divenne il titolo malese indicante il più alto ufficiale di Stato. Shak- 
bandar indica, invece, un subordinato di un subordinato appartenente 
ad un Bendahara, il cui principale dovere era « the bazaar regula- 
tions » e che aveva a che fare con mercanti, col porto della città, ecc. 


Miscell. Communications, JRAS, I. 1775 — CuaATtTERJI SUNITI 
1917, 132-133. (AZ A). KUMAR, Dravidian Origins and 
the Beginnings of Indian Civili- 

I. 1772 — NARASIMHACHAR  sation. MR, 1924, 665-679. 


- R., Kaynataka-Kavi-Charite, or 

Lives of Kannada Poets. Vol. I to I. 1776 — SLATER G., The Dra- 
the end of the fourteenth centurv,  vidian Element in Indian Culture, 
Revised edition, pp. XXIII + 23. With a iercword by H. J. FLEURE, 
+ 453, Bangalore City Press 1024. 1924. 


I. 1773 — NARASIMHACHAR I. 1777 — AIvANGAR S. KRISsH- 
R., Bhattakalanka-Deva's Karna-  NASWAMI, Some contributions of 
taka-cabdanucasanam with its Vrit-. South India to Indian culture, 


ti or gloss named Blasha-mafijari, Calcutta 1923. 
and Vyvahkhvaorcommentarvthereon, 
called Marjari-makaranda, pp. II 
+ IV + 204- 550 Bangalore 1923. 


I. 1778 — A5pRottT Justin E,, 
The « Arte de Lineua Canari » the 
« Doctrina Christiana» and the 
«Adi» and «Deva Puran» of Tho- 


I. 1774 — NARASIMHACHAR R. 
"mas Stevens, BSOS, III, 1923. 


Karnataka-Kavi-Charite, or Lives 
of Kannada Poets. Vol. II: from I. 1779 — KrerN H., Verspreide 


the fifteenth century to the cnd the Geschriften. Tiende Deel. Vedi I. 
seventeenth, Mysore University 1612. 


Publication, in-8, pp. 19 + 22 

+ 34 + 583, Bangalore City I. 1780 — BragGpren C.0., Shak- 
Press. 1919. — Rec.: JRAS, dandar and Bendahara, JRAS, 
1920, 376-378 (T.. D. BARNETT). 1021, 246-48 (MA). 


Oh 


XXXIX. GIAVAN. MAT. ANDAM. BIRMANO - XL. TIBETANO. T.1781-1786 


E. H. Man ha intrapresa la pubblicazione di un dizionario 
Andamanese (I 1781). 

Sul Birmano scrivono S. Z. Aung (I 1782) e J. Stewart (1 1783). 

Per studistoricie letterari di argomento birmano, v. I1188-1159. 


XL. Tibetano. — Un'opera (I 1783 a) contenente oltre ad altri 
testi grammaticali, il Si-tuhi-siwn-rtags, che consiste nel Sun-cu-pa 
e nel /ttags-kAvi-hing-pa di Thon-mi Sambhota (il quale introdusse 
nel Tibet l'alfabeto e la grammatica) e insieme in uno studio sulla 
grammatica tibetana di Situ Panchen, pubblica Chandra Das. In 
essa v'ha pure un passo assai importante in rapporto alle recenti 
conclusioni dello Hoernle sul paese in cui Sambhota acquistò il suo 
alfabeto. Secondo Situ Panchen i maestri di Sambhota furono i Panditi 
Lha-rig-pahisen-ge e Bram-ze-li-bi-ka-ra, « il Brahlmano Lipilkara ». 

Il Bacot traduce tre rappresentazioni teatrali dei monasteri 
del Tibet. Tchrimekundam (la storia della penultima esistenza di colui 
che dovea rinascere Cakya-Muni), Djroazanmo (piuttosto un raccunto 
di fate che un mistero religioso) e Nansal (un quadro dei costumi 
tibetani e dramma filosofico) (I 1784). 

Il Toussaint traduce i cap. II-NI della « histoire en teneur in- 
tegrale des existences du Guru d'Oddiyàna Padmasambhava », 
testo buddhistico tibetano (I 1785). 

La collezione del barone Schilling, morto nel 1836, della quale 
J. Bacot pubblica il catalogo (I 1780), contiene, (perla parte tibetana), 


I. 1781 — Man E. H., Dictionary I. 


of South Andaman Language, IA. 
Supplement 1919, May 10920, Sup- 
plement 1921, January 1922. 


I. 1782 —f AUNG SHIVE ZAN, A 
Philological Study of the Burmese 
Language, ]JBBRAS, VI, 1917. 


I. 1783 — STEWART ]. A., Bur- 
mese prose style, ]BRS, NII, pt. II, 
1922. 


I.1783a — DAS SARAT CHANDRA, 
C. I. E., An Introduction to the 
grammar of the Tibetan Language, 
with the texts of Situhi-sum-rtags, 
Dag-je sal-wai mé-long, and Si- 


tuhi shal- Viù, in-4, pp.12, NXNVII. 


+62 + 57+88+28 + 35, Darje- 
eling, 1915. — Rec.: JRAS, 1916, 
856-57 (E. J. THomas). {LM). 


1784 — Bacor ]J., Représen- 
tations théatrales dans les monastè- 
res du Tibet. Trois mystères tibé- 
tatns: Tchrimehkundan, Djroazan- 
mo, Nansal, traduits avec intro- 
duction, notes et inder. Bois gravés 
d'après les dessins de VicrtoR Go0- 
LOUBEW, 10921 (T. HI de la Coll. 
« Les classiques d’Orient »), Paris, 
Bossard. —  Rec.: JA, 1922, 
115 (G. FERRAND). (ZC). 


I. 1785 — TOUSSAINT GUSTAVE- 
CHARLES, Le Padma Thaù Yig, 
chapitres II dà XI, JA, CCIII, 1923, 
257-328. (GBP). 


I. 1786 — Bacor Jacours, Za 
colliction  tibétaine Schillinge von 
Canstadt a la Bibliothèque de V’1n- 
stitut, JA CCV, 1924, 321-348. 
(GBP). 


200 


BALLINI - INDIA. _T. 1787-1794 


quarantotto opere in settantanove volumi, quasi tutte tradotte dal 
Sanscrito in Tibetano e d’'argomento buddhistico. 

Il Franke scrive sulla Vetalapanicavimeatifa tibetana (I 1787). 

Sulla versione tibetana del Nagananda di GCriharsa, contenuta 
nel Tan}ur nero, Mdo. XCII, foll 259 r-293-r (copia del British Muscum) 
e nel Tanjur rosso foll. 269r-304r (Bibliothèque Nationale) scrive 
il Morgenstierne (I 1788). 

Il Laufer (I 1789) pubblica il testo e la traduzione tibetana del 
Citralaksana, «una della quattro opere che concernono le arti plastiche 
e figurate, conservate nel Tanjur ». 

Contributo alla bibliografia del Tibet dà J. v. Manen (I 1790). 

XLI. Notizie personali (Biografie. Necrologie). — Il Pa- 
volini (I 1791) e il Crescini hanno commemorato E. Teza del 
quale C. Frati ha dato la copiosa bibliografia (I 1792). 

Il Lignana è commemorato dal Pullé (I 1793), il quale dà ampia 
notizia di quanto — dovuto alla penna dell’illustre orientalista, che 
tenne la cattedra di Sanscrito e di lingue iraniche e l’incarico della 
glottologia classica nella R. Università di Roma — giace ancora 
inedito. Si tratta di una serie notevole di articoli (circa quaranta) 
di argomento iranico, indiano e glottologico. Essi dimostrano vera- 
mente « una dottrina varia » e contengono « osservazioni geniali ed 
acute », le quali meriterebbero d’essere riesaminate e certo in buona 
parte date in luce. 

L'’Oltremare (I 1794) commemora affettuosamente Auguste 
Barth, rievocandone brevemente la vita e gli studî, e facendo rile- 


I. 1787 — FRANKE A. H., Zur 


tibetischen  Vetalapalcavimcatikà 
(Siddhiktr), ZDMG, LINNVIII, 
1923, 239-254. 


I. 1788 — MORGESTIERNE GEOR- 
GE, The Tibetan version of the Na- 
gananda. Act. O., II, 1923, 39-54. 


I. 1789 — LAUFER }}., Documente 
der indischen Kunst: I. Heft: Ma- 
lerei. Das Citralarshana, nach dem 
Tibetischen Tanjur herausgegeben 
und tberset:t. Leipzig, O. Harras- 
sowitz 1913, MI + 193. — Rec.: 
RSO, VIII, 1915-20, 851-850 (G. 
Tucci). — V. pure KikstE, Zuni 
Citralaksana. ZDMG, LNNIV, 
1920, 270-273. 


I. 1790 — MANEN JoHAN VAN, 
A contributions to the Bibliography 
of Tibet, JPASB, XVIII, 1922, 
n. 8. 


I. 1791 — PavoLIxI P. E., Emi- 
lio Teza, SIFII, IX, 1913, VII- 
IN. 


I. 1792 — CRESCINI VINCEN- 
zo, Emilio Teza, AIV, 1914. 


I.1793 — PutLrÉ F.L., Giacomo 


Lignana, SIFII, IX, 1913, XI- 
NVII. 
I. 1794 — OLTREMARE PAUL, 


Auguste Barth, )RAS, 1916, 633- 
039. (LI). 


— 266 — 


XL. TIRETANO - XLI. NOTIZIE PERSONALI. 


I. 1795-1806 


vare il generoso e disinteressato aiuto dato dal Maestro ai giovani 
che si avviavano per la stessa sua strada, i consigli, gli incoraggia- 
menti, il dono della propria esperienza e del proprio lavoro. Si com- 
piace della ristampa dell’opera /eligions de l'Inde e della raccolta 
di tutti gli scritti, sparsi in periodici varî, decisa per volonta di amici 
del Maestro. 

Il Formichi (I 1795) commemora Alfonso Arnone, spentosi gio- 
vanissimo in Roma il 29 sett. 1917 (era nato in Cosenza il 21 Dic. 
1893), poi che aveva dato del proprio avvenire, nell'ambito degli 
studi indologici, le migliori speranze. 

L. Casartelli ha commemorato (I 1790) L. H. Mills, morto il 
29 gennaio 1918: il Grierson (I 1797) commemora August Friederich 
Hoernle, morto il 12 novembre 1918; il Macdonell (I. 1798), Julius 
Eggeling, morto nel marzo 1918. Tutti tre fanno seguire all’ elogio 
funebre la bibliografia degli scritti dei commemorati, apparsi nel 
JRAS. 

Dal Thomas (I 1799) è commemorato il Frazer; dal Macdonell 
(I. 1800) e da R. Flower (I 1801) il Windiîsch, 

Sono pure commemorati M. S. Vidyabhausana (I 1802) e E. 
Kuhn (I 1803). 

Su Vijava Dharma Suri, apostolo del Jainismo, operosis- 
simo, sommo erudito e grande pensatore scrivono il Tessitori 
(I 1804), il Tucci (I 1805), A. F. Sunavala (I 1806) e il Konow 
(I 1807). 


I. 1795 — FoRMIicHI CarLO, 4/- 
fonso Arnone, RSO, VIII, 1910- 
1918, 909. 


Esnst Windisch, JRAS, 1919, 303- 
300. 


I. 1802 — AMahamahopadhv- 
ava Satischandra Vidhyabhusana, 
JRAS, 1920, 673. 


I. 1803 — Frust Kuhn, JRAS, 
1920, 074. 


I. 1804 — Trssirori P. L., V1- 
java Dharma Siri A Jain Acha- 
rva of the present day, B©lavnagar 
1917. 


I. 1796 — CASARITELLI L., L. 
H. Mills, JRAS, 1919, 104-113. 


I. 1797 — GrIERSON G. A., dt 
gustus Frederic Hoernle, |JRAS, 
1919, II$-124. 


I. 1798 — MacpnoxeLr A. A., 
Julius Eggeling, JRAS, 124-128. 


I. 1799 — THomas F.W., Zobert 


Watson Frazer LL.B., JRAS, 1422, 
140-147. 

I. 18060 — MacnpoxELL A. A,, 
Prof. Ernst Windisch, JRAS, 1919, 
299-300. 


I. 1801 — FLowER RoBIX, Prof. 


I. 1805 — Tucci G., Cri-lT'ijava- 


Dharma-Suri, Necrologio, FR, I, 
1922, iasc. 3-4, 78-79. 
I. 1806 — SUNAvaLa A. F., 


Vijava Dharma Siri, his life and 
work. With a prefatorv note by 
F. W. Tliomas, Cambridge, 1922, 


— 267 — 


BALLINI - INDIA. 


I. 1806-1815 


Il Tessitori è commemorato dal Ballini (I 1808-1809); segue 
all’elogio del T. una bibliografia completa degli scritti del giovane e 
valorosissimo indianista, così immaturamente rapito alla vita. Il 
Tessitori è commemorato anche da A. Bonetto (I 1810). 

Il Formichi (I 1811) commemora Mabel Kate Haynes Bode, 
donna colta, studiosa del Buddhismo, profonda conoscitrice del 
Pali. Curò l’edizione del Sasana Vamsa e collaborò col Geiger alla 
traduzione del Maltavamnsa e all’ opera monumentale Pal Dictionary 
edito dal Rhvs Davids e da Williams Stede (v. I 1645). C. M. 
Ridding pure commemora la Bode (I 1812). 

È apparsa (11813) un’ampia e degna commemorazione del 
Rhys Davids, morto il 27 Dicembre 1922, nellà quale vengono ri- 
cordate le opere di lui, si dà speciale rilievo alla formazione della 
Pali Text Society, si segnalano alcune delle sue migliori traduzioni 
(come quella del Diga Nikaya), le sue « Introduzioni » ai Swutta, le 
opere storiche, e si parla del tentativo, che occupò gli ultimi anni 
della sua vita, di formare una Lega delle Nazioni pali. 

Si ricorda in un breve cenno necrologico (I 181.4) la vita del Re- 
verendo John Drew Bate, con ammirazione per la sua attività di 
missionario e di studioso, specialmente noto agli orientalisti come 
autore del Dizionario Hindi, pubblicato nel 18753. 

Vald. Schmidt (I 1815) espone sommariamente la vita e le opere 
del grande linguista Rasenas Kristian Rask (1787-1832), che fu, 
tra l’altro, il primo studioso della grammatica singalese. 


85. — Rec.: FR, II, 1923, fasc. I, 
59 (G. Tuccr); RSO, X, 1923- 
1925, 156 (G. Tucci). 


I. 1807 — Koxow STEx, Vijaya 
Dharma Stitri, Obituary Act O, 
I, 1922, 238-243. 


I. 1808 — BALLINI AMBROGIO, 
Luigi Pio Tessitori, RSO, VIII, 
1919-21, 807 Sgg. 


I. 1809 — BarLIiNI AMBROGIO, 
Per la storia dell'Indianismo in 
Italia. Un esimito cultore italiano 
gi dialetti moderni dell'India (Lui- 
gi Pio Tessitori), AIV, LXXX, 


1920-21, 95-103. 
I. 1810 — BoxETTO ATTILIO, 
Luigi Pio Tessitori, Accademia 


di Utline, 1925. 


I. 1811 — ForvwicHi C., Mabel 
Kate Havnes Bode, Necrologia, 
FR, I, 1922, fasc. 3-4, 79-80. 


I. 1812 — Rippixc C. Mary, 
Mrs. Haynes Bode, JRAS, 1922, 
307-308. (MV). 


I. 1813 — C., Thomas William 
Ithvs Davids, JRAS, 1923, 323-328. 
(LM). | 


IT. 1814 — GRIERSON G. A., 7he 
Itev. John Drew Bate, JRAS, 1923, 
330-332. 


I. 1815 — SCHMIDT VALDEMAR, 
Les essais de dichiffrement du 
perse cundtiforme en Suède, en 1822, 
et la deicouverte forte aux Indes 
par le Danois Kvristian Rask, 
JA, CCII, 1923, 98-103. (GBP). 


— 265 — 


XLI. NOTIZIE PERSONALI - XI.IT. VARIA. I. 1816-1823 


Sono apparse commemorazioni di V. A. Smith (I 1810), di ]. 
Kennedy (I 1817), del Longworth Dames (I 1818). 


XLII. Varia. — Il Jacobi (I 1819) studia lo sviluppo dell’idea 
di Dio in India. Egli dimostra come la concezione di un onnipotente 
Icvara già assai per tempo si sia sviluppata fuor della cerchia dei 
sacerdoti sacrificanti e dei filosofi e in connessione con l’ascetismo 
del Yoga. Alla fine dello studio il ]J. riproduce e traduce i passi 
principali contenenti discussioni intorno all'esistenza di Dio. 

Il de la Vallée Poussin e il Thomas (I 1820) ci danno la trascri- 
zione e l’interpretazione di tre testi incisi sopra uno strumento 
nepalese di protezione contro divinità malvagie o irate, nitidamente 
riprodotto a fianco del testo. Le tre iscrizioni contengono invocazioni 
e formule mistiche; sono importanti per la forma antiquata dei ca- 
ratteri, alcuni dei quali mancano nelle tavole del Bihler e del Bendall. 

W. S. Urquhart (I 1821-1822) scrive su l’opera del Frazer, 
Indian Thought, Past und Present (London Fischer Unwin 1915), 
e sull'opera del Nivedita « Religion and Dharma ». 

Il Keith (I 1823) riticne ancora insoluto il' problema dell'origine 
del nefasto numero 13; nè gli':sembra fondata l’opinione recentemente 
espressa dal Reinach, il quale precedentemente aveva affermato 
lo stretto legame fra il carattere nefasto del 13 e la tradizione della 
ultima cena, ed ora vorrebbe tale carattere far risalire ad un'epoca 
più antica, dicendo d’averne trovato traccia nella letteratura indiana 
della bassa epoca. Il Keith cita e critica anche gli studi del Bòklen, 
che vede la tradizione del 12 e del 13 connessa nella sua origine 
alle fasi lunari, e le spiegazioni del MORALI a proposito del 30, nu- 
mero degli dèi Indiani. 

A Tagaung, in Birmania, trovasi una trave la cui parte superiore 


I. 1816 — F. E. P.,, Vincent Leipzig, Kurt Schroeder Verlag 
Arthur Smith, JRAS, 1920, 391- 1923. — Rcc.: Act. O., II, 1923- 


395. 24, 313-310 (STEN Koxow}). 
I. 1817 — F. E. P., James Ken- I. 1820 — Poussin L. DE LA 
nedy, JRAS, 1920, 395-390. VaALLÉE and F., W. THomas, 4 
Nepalese Vajra, ]RAS, 1910, 733- 


— NGTON DR. 0. 

Na 1818 CopRINGTON DR. O, 735. (LM). 
M. Longworth Dames, JRAS, 1921, 

303, Segg. I. 1821-1822 — UrovHarTt W. 

S., Three Books on India, IRM, 


I. 1819 — JacoBI HERMANN, 1916, 323-327. 
Die Entwicklung dev Gottesidee 
bei den Indern und deren Be- I.1823— Krertu.A.BERRIEDALE, 


weise fiiv das Dasein Gottes. Origi- The unlucky number 13, JRAS, 
nal und Uebersetzung. Bonn und 1916, 350-355. (L4M). 


— 269... 


BALLINI - INDIA. I. 1824-1829 


è scolpita e coperta d'oro, protetta da una costruzione in legno e 
rappresentante un’orribile testa, oggetto di venerazione. Il Brown (I 
1824) riferisce la leggenda raccontatagli da uno del paese intorno a 
questa immagine e trova che tale favola assomiglia in molti trattia 
quella di Asmodeo nel libro di Tobiolo. La leggenda ed il nome di 
Asmodco che appaiono di origine Babilonese « are fully dealt with 
in the Jewish Encyclopedia, pagg. 217-220». 

Degli influssi religiosi dati e ricevuti dall'India scrive O. Wecker 
(I 1825). 

Il Pargiter (I 1826) descrive una carta montata su stoffa, dipinta, 
e miniata in oro artisticamente, che fu presentata alla Royal Astatic 
Society nel 1831 e rappresenta un gioco Indiano chiamato Cielo 0 
inferno. Egli studia lo svolgimento del gioco, quale si può ricostruire 
in base alle iscrizioni sanscrite della carta, della quale dà il diagramma, 
Fa, inoltre, risaltare il significato morale ed educativo del gioco 
stesso, che vuol insegnare come la fede in Visnu conduca alla eman- 
cipazione finale. | 

Il P. Dahmen (I 1827) pubblica uno studio su Roberto de No- 
bili SJ. Descrive la sua opera di missionario e di studioso della lingua 
e letteratura sanscrita. Il Caland (I 1828), riferendosi allo scritto del 
Dahmen, dà precise notizie (su materiale messogli a disposizione dal 
P. Dahmen stesso) della grande conoscenza della lingua e letteratura 
sanscrita da parte del celebre missionario, che passò buona parte 
della sua vita in India. Espone pure il sistema di trascrizione usato 
dal de Nobili per il Sanscrito e identifica molti dei passi indiani ci- 
tati da lui. 

J. Mesrovb Seth (I 1829) parla delle comunità mercantili armene 


I. 1824 — Brown R. GRANT, Tie des internat. Inst. fir Missions- 
Dragon of Taganng, JRAS, 1917, wissenschaftl. Forschungen. Mis- 
741-751. (MA). i sionswinensch. Abhandlungen und 

Texte N. 6). V. pure DAHMEN 

I. 1825 — WECKER O., Zrdia, Pierre S. J., Un Jésuite Brahme: 
RE, 1916, IN, 2, 1204-1325. Robert de Nobili S. J. 1577-1656, 
Missionaire au Maduré, Bruxel- 
les, Bevaert 1925 (Museum Les- 
sianum) N -;- I0I. 


T. 1826 — ParciTERr F. E., An 
Indian game: Hearen or Hell, 
JRAS, 1910, 530-542. (LU). 

I. 1828 — CALAND W., ARober- 

I. 1827 — DAHMEN P. Dr. PE- to de Nobili and the sanskyit Lan- 
TER, Itobert De Nobili SJ. Ein suage and Literature. Act. O., 
Beitrag sur Geschichte dev Mission- III, 1924, 38-51. 
methode und der Indologie. Miin- 
ster in Westphalen, Aschendorft- I. 1829 — SktH MxisrovB ]., 
sche Verlagsbuchhandlung 1024, History of the Armenians in India, 
NII + 82 (Verotfentlichungen Calcutta, publ. by the Author at 


XLII. VARIA. I. 1829-1833 


nel centro dell'India. Egli trovò le fonti del suo materiale storico 
sulle pietre tombali dei cimiteri armeni di Calcutta, Agra, Gwallior, 
Bombay, Patna, ecc. Fa risalire alla metà del 1500 circa le relazioni 
commerciali dell'Armenia con l'India e narra come Akbar fabbri- 
casse una chiesa per il culto cristiano in Agra nel 1562. 

Lo (ri Bhlarat Dharma Mahimandal (la Società delle religioni 
dell'India) pubblica (I 1830) un’opera chiamata « un contributo spi- 
rituale al tempio di tutte le religioni ». Ideata dal Manda, l’opera 
mira all’affratellamento dei popoli. Essa espone i principi del Sa- 
natan Dharma, che nasce da un sincretismo religioso per cui tutte le 
dottrine non opposte all'ortodossia sono accolte. Tratta dell’uni- 
versalità della religione, della legge del Aarnia (unico principio cosmi- 
co) del culto all'Essere supremo (1fdsana) — di cui il Yoga è parte —, 
della conoscenza, ed espone 6 o 7 sistemi filosofici indiani. La tratta- 
zione si chiude con la difesa dell'assetto dell'India ariana, delle isti- 
tuzioni avite (caste, doveri della donna, educazione, ecc.), e d'altro. 
Questo libro dà un'idea chiara del pensiero ortodosso moderno in- 
diano. È arricchito da una glossario e da quadri simbolici colorati. 

Lo Schmidt (I 18}1), in un libro di piccola mole, ma denso di 
notizie e ricco di bibliogratia, parla della storia, (1-50) delle religioni, 
(51-90), della letteratura (097-224), dell’arte, del commercio (225- 
279) dell'India antica e moderna. 

Il Colonnello Hodson (I 1832), occupandosi delle colture primi- 
tive dell'India, ricercando quali tribù dell'India mantengano una for- 
ma di coltura che possa considerarsi « primitiva », sembra attribuirla 
a quei gruppi ancora esistenti che non praticano l'agricoltura, igno- 
rano le armi che non sieno pietre e archi, e per i quali il dominio della 
natura è ancora assoluto. 

F. A. DCruz si adopra a confortare la tradizione, secondo la 
quale S. Tommaso ebbe il martirio a Mailapur nell'India Meridionale. 


(I 1833). 


Un cenno su Dnyaneshwar e su altri scrittori moderni della 


11 Welleslev Square, London 1913. cHarp, Das alte und  nioderne 
—  Rec.io JRAS,. 1021, 457-070 Zrdien, Bonn ou. Leipzig, Kurt 
(G. HacoPian). (MAH). Schroeder 1010, 275. 


I. 1830 — Tie World's Eternal I. 1832 — Hopnson T. C., The 
Religion, publ. bv the Publication  Primitive Culture of ludia. — 
Department of the Sri Bhlrarat Dhar- Rec.:i JRAS, 1923, 122-123 (W; 
ma Mahamandal, Benares, 1920. CROOKE), 

— Rec.: FR, I, 1922, fasc. 3-4, 172- 


173 (].BeLLonI-Finirp1). (MM 4). I. 1833 — D'CRUZ IA. A., St. Tho- 


mas, the L1postle, in India, 70, 
I. 1831 — ScumiDpT Dr. RI- 24 tavole, Madras, Ioe a. Co. 


GALLINI - INDIA. I. 1833-1839 


India occidentale si legge in una comunicazione di J. E. Abbott 
(1 1834) I 

Il Pavolini (I 1835) traduce in sanscrito versi dci seguenti 
scrittori inglesi: Shakespeare, Cooper, Shelley, Keat, Tennyson, 
Browning, Swinburne, A. Lang, Lodge, F. W. Bourchellon, E. Row- 
land S:ll, H. Trench, A. E. Housman, A. Noves, e della poetessa 
e oratrice indiana Sarojini Naidaù. 

Il Ballini (I 1830) ha pubblicato un messaggio redatto in san- 
scrito, rivolto alle Università dell'India per invitarle alla celebra- 
zione del VII centenario dell’Università di Padova. 

S. K. Chatterjce (I 1837) ha redatto a nome dell'Università di 
Calcutta un messaggio augurale, diretto all’Università di Padova, 
in occasione del VII centenario (1922) della sua fondazione. Nel 
detto messaggio egli accenna pure alle antiche Università dell'India 
e all'opera culturale degli antichi saggi. 

Il II vol. dell’Oxford Survey of the British Empire (I 1838) ci 
dà, per opera di varî insigni studiosi, notizie comprensive delle condi- 
zioni geografico-fisico- geologiche, climatiche e meteorologiche, 
della flora e della fauna, dell’agricoltura, industria, economia, geo- 
grafia politica, e finalmente delle lingue e delle religioni dell'India 
moderna. i 

M. M. K. Mundaliyàr (I 1839), con la collaborazione di P. V. 
Jagadica Aiyar, pubblica una piccola guida al celebre san- 
tuario Tirukkalu-Kunram, a 9 miglia a S-E. della citta di Chin- 
gleput. 


1922. — Rec.: JRAS, 1923, 453 
(J. CHARPENTIER). (LM). 


Antoniana 1022, pp. 278-280. 
Trad. di A. BALLINI, ib. 280. 


I. 1834 — ABpotT Justin E., I. 1838 — Zhe Oxford survey 
The Poet-Saints of Western India, °f the British Empire edit. by 
JA, CCII, 1923, 89-90. (GBP). A. J. HERBERTSON and O. J. 
R. HowarrtH. v. II. Asia inclu- 
dins the Empire and Dependan- 
cies, Cevloa, British Malava and 


I. 1835 — Pavonini P. E. Cre- 
tadvipagathamaliha. GSAS, XXVI. 


XXVII, 1916-17, 107-177. 


I. 1836 — Acta Universitatis 
Patavinae Septima Saecularia Ce- 
lehrantis. Padova, coi tipi della 
Tipografia Antoniana 1922, p. 30. 
Trad. di G. B. PicHuI, ib. 3I. 


I. 1837 — Acta Untversatatis 
Patavinae Septima Saecularia Ce- 
lebrantis. Padova, coi tipi della Tip. 


Far LFustern Possession. Oxford, 
Clarend. Press 1014, X + 505. — 
Rec.: RSO, VII, 1916-18, 278- 
286 (A. BALLINI). 


I. 1839 — MuNnDALIYAR M. M. 
KUMARASAMI, Tiru Kalukunrani 
(Pakshi-tirtham), pp. III + 67, 
32 tavole, Madras, Diocesan Press 
1023. — Rec.: JRAS, 1925, 183-4 
(L. D. BARNETT). 


. 
— 


NUIT. VARIA. 


I. 1840-1849 b 


Un volume di viaggi sui paesi himalavani ha pubblicato Sir 


Fr. Younghusband (I 1840). 


R. Hoernle (I 1841) ha rilevato come nella scrittura khotanese, 
derivata da un antico alfabeto indiano, il segno dell’a sia adoperato, 
al modo dell’alef semitico, in unione coi segni abbreviati vocalici. 

R. E. Hume (I 1842) cspone sil contenuto di undici delle più 
importanti religioni del mondo, alle quali egli pensa si possa dare 


il nome di «viventi ». 


R. Rolland (I. 


18.43) descrive la vita e l’opera di Mahatma 


Gandhi, del quale H. Hart traduce alcuni dei principali scritti 


(I 1844). 


Il Bonucci pure (I 1844 a) parla di M. Gandhi. 
Molti altri scritti di argomenti indologici varî sono apparsi 


(I 1845-2026). 


I. 1840 — YoUNGHUSBAND SIR 
Francis, The Wonders of the 
Himalava, I +. 210, London, 
Murrav 1924. — Rec.: JRAS, 
1925, 117 (T. GRAHAME BAILEyv). 


I. 1841 — HoerxLE A. F. Ru- 
DOLF, A peculiaritv of the Kho- 
tanese scripture, ]RAS, 1015, 487- 
493. (GBP). 


I. 1842 — Hume RoBERT ER- 
NEST, The World's living Reli- 
gions, pp. 298, New York, Scri- 
bner's 1924. — Rec.: JRAS, 1025, 
110 (T. GRAHAME BAILEY). 


I. 1843 — RoLLAND ROMAIN, 
Mahatma Gandhi. Paris, Librairie 
Stock 1924. 


I.1843a— RoLLanDR., .Vahatma 
Gandhi, tibersetst von E. RONIGER, 
pp. 146, Erlenbach-Zi-ich, Ro- 
tapfet-Verlag 1023. # 


I. 1844 — GaxpHI, La pjeune 
Inde. Trad. par HrLéxe HART. 
Paris Libr. Stock, 10924 (con introd. 
di Romain ROLLAND). 


I. 1844a— Boxnuccr A., Malatma 
Gandhi, RSTR, 4, 1923, 203-209. 


I. 1845 —- SkaL BRrRAJIENDRA- 


NATH, The positive sciences of the 
ancient Hindus, London 1915, 
304. 


I. 1846 — BALLINI A., L'anima 
indiana nei suoi rafporti con la 
civiltà occidentale, AIV, 1915-10, 
159-188. 


I. 1847 — NMACNICOL, 
Theism, from the Vedic 
Muhammadan Period (The  re- 
ligion Quest of India, London, 
1915, 308. — Rec.: JRAS, 1015, 
833-841 (A_BERRIEDALE IKEITH), 


Indian 
to the 


I. 1848 — COOMARASWAMY A,., 
The Taking of Toll, being the 
Danalila of lItajendra, translated 
into English, pp. VI + 8, London, 
The Old Bourne Presse 10915. 


I. 1849 — RoceErIUs A., De 
open-deure tot het verborgen Hev- 


dendorn (1051) uttgeg. door \W. 
CALAND, NNXNIX, 203, ’so Gra- 


venhage, Nijhott 1915. 


I. 1849a — RAM Sirà, The hi- 
storical Position of Ramananda. 
JRAS, 1921, 239-41. 


I. 1849bD — FARQUHAR ].W., Ze 
Historical Position of Ramananda. 
JRAS, 1022, 373-380. 


— 273 — 


Acvum - Anno I - 18 


BALLINI - INDIA. 


I. 1849c — Ramanuja and Melu- 
kRote, by M. T. NARASIMHIENGAR. 
Note by J. F. FLEET. JRAS, 


1915, 147-52. 


I. 1849d — HIrivanna M,, Sw- 
resvara and Mandana-Misra. ]RAS 


1923, 259-263. 
I, 1850 — KEITH A. B., 7he 


Saturnalia and the Mahavrata, 
JRAS, 1915. 
I. 1851 — HILLEBRANDT A,, 


Hindu Light and Darkness, ERE, 
1915, 60. 


I. 1852 — GEDEN A. S.,, Indian 
Mercy, ERE, 1915, 556-559. 


I. 1853 — GEDEN A. S., Hindu 
Monasticisn, ERE, 1915, 802-805. 


I. 1854 Ow A. Brahma- 
Wodan, Indogermanische Zusam- 
menhange, III, 79, Verlagsanstalt 
vorm. Manz. 1915. 


I. 1855 — PRATT ]. B, India 
and its Faîiths, XV + 482, Boston, 
Houghton Mifflin Co. 1915; Lon- 
don, Constable 1916. 


I. 1856 — Rose H. A,., Indian 
Magic, ERE, 1915, 289-293. 


I. 1857 — BoscH F. D. K,, 
De Legende van Jimitavahana 
in de Sanskhrit-Litteratuur, NI, 


205, Leiden, v. Doesburgh. 1914. 
— Rec.: Mm, 1915, 328-331 (DE 
Cock). 


I. 1858 — Davins A. F. RHys, 
Moksa, ERE, 1915, 770-774. 


I. 1859— Ot10 R., Von indischer 
Frommigkeit, Chr. W., 1916, 255; 
348-350, 423-420, 571, 727-729, 
755. 

I. 1860 — NEGELFIN ]J., Zur 
Herkunft und W'anderung des in- 
dischen Traumaberglaubens, ZVV, 
IVQIO, 247-257. 


I. 1849c -1872 


I. 1861 — Ahkirbudhnya Samhità 
of the Paticaràtra Agama, Edited 
for the Adyay Library by M. D. 
RAMANUJACARYA, under the su- 
pervision of F. OTTO SCHRADER, 
2 voll., Advar 1916. 


I. 1862 — FEHLINGER H., Die 
Religionen in  Britisch-Indien, 
KolR, 1916, 245-249. 


I. 1863 — Crestomazia Kerba- 
Reriana: 1 Veda - Epica - Gnomica - 
Drammatica indiana. 2 traduzioni 
dal Goethe. A cura di E. LA TERZA, 
F. RiBEzzo, R. NOBILE. Napoli, 
Cozzolino, 19I6. 


I. 1864 — CAMPRELI. A., Super- 
stitions of the Santals, ]BORS, I, 
1916, p. II. 


I. 1865 — Roy S. C., Some Re- 
mains of the Amcient Asuras in 
the Ranchi District, JBORS, I, 
1916, p. II. 


I. 1866 — NARAIN PANDITSHEO. 
Pahul! (Sikh Baptism), JPHS, IV, 
n. I. 


I. 1867 — GCVYAMAGASTRY R., 
Orientation of Sacrificial Halls, 
SR, vol. I N. 1. 


I. 1868 — SASTRI H.K., South- 
Indian Images of Gods and God- 
desses, 19106. 


I. 1869 — MAssiEN ]J., Le Népal 
et les pavs Himalavens, 288, Paris, 
Alcan 1914. — Rec.: JA, VII, 
1916, 352 (VINSON). 


I. 1870 — Konow STEN, Zndc- 
skvthische Beitrage, Pamphlet, Ber- 
lin I9IT0. 


I. 187I — Maxn H. H. and S. 
R. ParaANJPE, The Hot Spring 
of the Ratnagiri District, ]BBRAS, 
XXIV, 1910, N. II. 


I. 1872 — MITRA S. C., Demon 
Cultus in Mundasi Children's Ga- 
mes, JASB, XII, 1916, III. 


NLII. VARIA. 


I. 1873 — BLoxay G. DE, 4 per- 
cu sur l’Etat de l'Indianisme, Paris 
et Neuchàtel 1915. 


I. 1874 — RanaDE R.D., Greek 
and Sanskrit, SR, I, 1916, II. 


I. 1875 — SMITH A. A., Where 
East and West meet, AR, 1916, 
Jan. e Febr. 


I. 1876 — WHiTwoRTH G. C., 
Hindus and Muhammadans, AR, 
1916, Febr. 


I. 1877-1878 — ScHmIDT RIr- 
CHARD, Ein Sanshkrit Panegvrikus 
auf Deutschland, ZDMG. LXX, 
I9I6, 201-262. 


I. 1879 — Griswokp H. D,, 
Indian Pessimism, ERE, 1917, 
811-814. i 


I. 1880 — GRIMM G., Das Leiden 
u. seine Ueberwindung im Lichte 
der altindischen W'eisheit, 42, Da- 
chau, Einhorn-Verlag 1917. 


I. 1881 — GEDEN A. S., Indian 
Persecution, ERE, 1917, 762-765. 


I. 1882 — HILLEBRANDT A,, Der 
freiwillige Feuertod in Indien und 
Somawethe, SBAM, Philos.-philol. 
KI., 1917, 8 Abh. — Rec.: LZBI, 
1919, 1877 (SCHMIDT). 


I. 1883 — Horxkins G. W., /n- 
dia and Indian Religions Parallels, 
JAOS, XXXVIII, 1917, pt. I. 


I. 1884 — CALAND W.,, Een onbe- 
hRend Indisch tooneelstuhk, Amster- 
dam, J. Miiller 1917. 


I. 1885 — Batpareus P. Der. 
Algoderije der Oost-Indische Hevy- 
denen opnieuw uitgegeven door A. 
I. DE Jonc, Inaug. Diss., VIII 80, 
230 s'’Gravenhage, Nijhoff. 1017. 
— Rec.: Mm 1917, 25, 100-109 
(VAN ROXKET). 


Lo 
CI 
i] 
, 


I. 1873-1896 


I. 1886 — MacxicoL N., The 
Indian Poetry of Devotion, H], 
1917, 74-88. 


I. 1887 — ‘WinternITz M,, 
Neuere Literatur zur indischen Re- 
ligionsgeschichte, OZ, 1917, 160- 
168. 


I. 1888 — KEITH A. B., Hindu 
Ordeal, ERE, 1917, 522-524. 


I. 1889 — KEFITH A. B.. Om, 
ERE, 1917, 490-492. 
I. 1890 — Mopr ]J: J., Asiatic 


Papers. Part II: Papers read be- 
fore the Bombay Branch of the 


Roval Asiatic Society, Bombay, 
1917. 
I. 1891 — Mann H. H,, Life 


and Labour in a Deccan Village, 
1917. 


I. 1892 — DeUSsSsEN PAUL, Veber 
das Devadaruvanam, ZDMG,LX XI, 
1917, 119-120. 


I. 1893 — MARTNIEAU ALFRED, 
Les Origines de Mahé de Malabar, 
Paris, 1917. — Rec.: JRAS, 1021, 
648 (M. LonGwoRTH). 


I. 1894 — Otto R,, Religiose 
Stimmen der Volker, herausge- 
geben von V. WALTER OTTO. Die 
Religion (sic) des alten Indien III. 
Aus dem Sanskrit ibertragen von 
RupoLe OTTO. Visnu-Naravana, 
Texte zur indischen Gottesmystik. 
I, Jena, Diederichs 1917. — Rec.: 
ZDMG, LXXII, 1918 (JARL CHAR- 
PENTIER). 


I. 1895 — FORMICHI C., Cenni 
sulle più antiche religioni dell’Imn- 
dia, Bil, 1917, 70-82. 


I. 1896 — LEKKERKERKER T. C., 
Hindoerecht in Indonesie, Amster- 
dam 1918. 


BALLINI - INDIA. 


I. 1897 — OLDENBERG H., Neue 
indologische Entdechkungen, GGN, 
Geschiftl. Mitteil.. 1918, 87-108. 


I. 1898— JoHansson K.F., Uber 
die altindische Gòttin Dhisana und 
Verwandtes. Beitrige zum Frucht- 
barkeitshultus in Indien (Skrif- 
ter utg. af HumanistisFka Veten- 
skaps. Samfundet i Uppsala 20, 1). 
Uppsala Atad. boFh.; Leipzig, Har- 


rassowitz 1917, pp. 170. — Rec.: 
Mm, XXVI, 1918, 204 (CALAND); 
GGA, 1919, 347-364 (OLDEN- 
BERG). 


I. 1899-1900 — Poussin L. DE 
LA VALLEFE, Indian Religious Or- 
der, ERE, 1918, 713-718. 


I. 1901 — CrooKkE W., Indian 
Pilgrimage, ERE, 1918, 24-27. 


I. 1902 — CHARPENTIER ]., Hei- 
lige Fussabdriiche in Indien, I, 
OZ, VII, 1918, 1-30. 


I. 1903 — GriERrson G. A, 
Prapti-màrga, ERE, 1918, 151. 


I. 1904 — GRIERSON G. A. 
Radhavallabhis, ERE, 1918, 559. 


I. 1905 — GRIERSON G. A, 
Ramanandis, Ramawats, ERE, 1918 
509-572. 


I. 1906 — RHEIEM, Hanna, Die 
Dew Samadsch oder (ottesgesell- 
schaft, AMZ, 1918, 209-220. 


I. 1907 — VASTUPALA, Narana- 
ravanananda (on the Friendship of 
Arjuna and Krishna). Ed.in Sans- 
krit with English Introd. bv C. D. 
DaLaL and R. A. SHASTRY, (Gac- 
Fward's Or. Ser. N. 2), London, 
Probsthain 1918. 


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Die Seelenwanderungslehre in In- 
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Die Bevòlkerung Britisch-Indiens, 
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Svastika. Son histoire; ses sioni 
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qui s'v vattachent, (Extrait du 
Bulletin Trimestriel de la Sociètè 
Bayonnaise d'Etudes Régionales), 
Bayonne, 1918. — Rec.: JRAS, 
1919, 107-108 (W. J. PERRY). 


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Kultuy (trad. da GRUNBAUM) pp. 
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and D. RAGHUNA1HASWAMY IvEN- 
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—_--=- —— ©_——__r—_—< --- 


I. 1931 — LAnMaAN G. R., Zndia 
and the West, JAOS, 1920. 


I. 1932 — CRooKE W.,, /ndian 
Stones, ERE, 1920, 871-870. 


I. 1933 — Pixar H,, L’étude 
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I. 1934 — L'Ecole lrangaise 
d'Extréime-Orient depuis son ori- 
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merie d’'Extreme-Orient, 1922. 
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N. 4, 155-177. 


I. 1938 — CrookE W., /ndian 
Saints and AMartyrs, ERE, 1920, 
59. 

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Series, 270, London, Oxford Uni- 
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Orfeus og Eurydike. Et indiansk 
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I. 1941 — Rosk H. A., SiA/S, 
ERE, 1920, 507-511. 

I. 1942 — RAMAKRISHNA PARA- 
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I. 1945 — Hartoc P. ]J., Zhe 
work of the Calcutta University 
Commission, AR, october, 1920. 


I. 1946 — BLooMrIELD M,, 
The Dohada or Craving of Pregnant 
Women: A motif of Hindu Fiction, 
JAOS, vol. 40, fasc. I. 


I. 1947 — SCHEFTELOWITZ, Srfî- 
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I. 1948 — FARQUHAR ]J. N, 
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of the Religious Literature of In- 
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India), Humphrey Milford, Oxford 
University Press 1920, XXVIII 
+ g451. — Rec.: JRAS, 1920, 
627-629 (A. BERRIEDALE KEITH); 


ZDMG, LXXV, 1921, 282-283 
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I. 1949 — HERTEL JOHANNES, 
Die betrogene Betriiger, ZDMG, 
LXXIV, 1920, 458-460. 


I. 1950 — MEston Lord, In- 
dia at the Crossways, Cambridge, 
1920. 


I. 1951 — Stevenson M. S.. 
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+ 474, London, Milford, — Rec.: 
IRM, 10, 1921, 276-8 (MARETT). 


I. 1952 — BANERJEE GAURANGA 
NATH, ZHellenism in Ancient In- 
dia, 2 ed., Butterworth a. Co. 
Calcutta a. London 1920, V + 344, 
gr. 8. — Rec.: ZDMG, LXXV, 
1921, 280-287 (]OHANNESHERTEL). 


I. 1953 — BHATTASALI NALINI 
KANTA, Surya, the Sun-God, Ru- 
pam, No. 5, 1921. 


I. 1954 — OEPKE A., Moderne 
Indienfahrer und Weltreligionen. 
Eine Antivort an WALDEMAR Bon- 
SELS, HERMANN HESSE, Graf HER- 


I. 1944-1965 


MANN ICEYSERLING, 3I, Leipzig, 
Dòorffling u. Franke 1921. 


I. 1955 — CARPENTER ]. ESTLIN, 
Theism in Mediaeval India (= Hib- 
bert Lectures, Second Series), 
pp. XII + 552, London, \Wil- 
liams a. Norgate 1921. 


I. 1956 — LEUMANN E,, Die 
Nonne. Ein neuer Roman aus den: 
alten Indien, 107, Miinchen-Neubi- 
berg, Schloss 1921. 


I. 1957 — VIVEKANANDA SWANI, 
Neue Vortràage, 104, Lauenburg 
192I. 


I. 1958 — CHARPENTIER ]J., Zi- 
diska fòrestaliIningar om univer- 
sum, NT, 1921. 


I. 1959 — CRaokE W., Indian 
Water, W'ater-Gods, ERE, 1921, 
716-719. 


I. 1960 — GEDEN A. S., Hindu 
Syvmbolism, ERE, 1921, 141-143. 


I. 1961 — KLAssnER R., Der 
indische Gedanke. Von den Ele- 
menten der menschlichen Grosse, 
rii, Leipzig, Inselverlag 1921. 


I. 1962 — KRokER ]., Die 
Sehnsucht des Ostens, 74, Wern- 
gerode a. H., Licht dem Osten 
1921. 


I. 1963 — RIEGLER R,, Capri- 
mulgus und Verwandtes, WOrter u. 
Sachen 7, 130-144, 1921. 


I. 1964 — RIEGLER R., Tierna- 
men zur Bezeichnung von Geis- 
tesstorungen, \Vòrter u. Sachen, 
7, 129-135, 1I92I. 


I. 1965— ZACHARIAE TH., K/eine 
Schriften zur indischen Philologie, 
zur  vergleichenden  Ltiteraturge- 
schichte, cur vergleichenden Volks- 
kRunde, VIII+ 400, Bonn, Schroder. 
— Rec.: LZBI, 1921, 99 (HILLE- 
BRANDT); NO, VIIT, 1920, 1106 
(KNIRFEL). 


— 258 — 


XLII. VARIA. 


I. 1966 — Kout A,, Life sketch 
of Laleshwari, a great Hermitess 
of Kashmir, IA, December 1921. 


I. 1967 — Muusses M. A,, 
Koekultus bij de Hindoes — Rec,: 
Mm, 28, 1921, 130-134 (FADDE- 
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I. 1968 — Gupte B. A,, Tatu 
Marks in Burma, IA, March. 
I9ZI. 


I. 1969 — SANDBROOK ]|]. A,, 
A Hundred Years of Journalism 
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I. 1970 — WiLrson ]J., Zhe In- 
dian Reforms in being, AR, July 
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I. 1971 — Gigson J. P., Karma, 
IRM, 1921, 305-320. 


I. 1972 — GLASENAPP H. von, 
Der Hammer der Torheit. Ein 
altindisches philosophisches Gedicht, 


An heiligen Ufern, 1921, 20-23. 
I. 1973 — BARTH A., Religions 
of India, 5 ed., 309, London, 


Routledge 1921. 


I. 1974 — Hopkins E. W., The 
Religions of India, London, Mil- 
ford 1921. 


I. 1975 — Wickixson R. ]., 
Papers on Malay Subiects: A 
History of the Peninsular Malays 
with Chapters on Perak and Se- 
langor, 2 ed. revised, Singapore, 
Relly and Walsh Ltd. 1920. — 
Rec.: JRAS, 1921, 643-040 (C. 
O. BLAGDEN). 


I. 1976 — GarBE R., Indian 
Transmigration, ERE, 1921, 434-5. 


I. 1977 — EBERHARDT P., Brah- 
man. An heiligen Ufern, 10921, 
14-19. 


I. 1978 — ADELMANN-HUTTULA 
Wi. Einfhrung in die okkulte 


—-- 


I. 1966-1988 


Seelen Kunde und die psychischen 
(seheimschulung Indiens, pp. 01, 
Pfullingen Baum, 1922. 


I. 1979 — JOHNSTON CH., Karma 
and Liberation, H]J, 21, 1922, 
95-100. 


I. 1980 — Hopson Cor. T. C., 
The primitive cultuve of India, I.-G. 
Forlong Fond, Vol. I., The Royal 
Asiatic Society, London 1922. 


I. 1981 — RENÉ GROUSSET, 
Histoire de l’Asie, Paris, G. Gréès 
et C.ie, 1922, 3 vol. — Notizia. 
JA, CCVI, 1925, 339-340 (L. 
BOUVAT). 


I. 1982 — ScHERMAN L. und 
CHRISTINE, Fratenleben 1m bud- 
dhistischen Birma, ZB, 4, 1922, 
73-104. Anche separatamente col 
titolo: Im Stromgebiet des Irra- 
waddy. Birma und sein Frauen- 
welt, pp. 132, Miinchen-Neubiberg, 
Schloss 1922. 


I. 1983 — FORMICHI C., La re- 
ligiosità dell’India, Bil., 1922, pp. 
15. 

I. 1984 — UNnpErHiILL M. M,, 


The Hindu Religious Years, pp. 194 
London, Milford 1922. 


I. 1985 — WooDpRoFFE Sir ]J. 
The Garland of Letters. Studies, 
tn the Mantra-Shastra, London, 
Luzac 1922. 


I. 1986 — WooDROFFE Sir ])., 
The World as Power, 3. voll, 
London, Luzac 1922. 


I. 1987 — ChauveroT R., L’/In- 
de muystérieuse. Les rajahs. Les 
brahmes. Les fakirs, pp. 222, Parts, 
Chapelot 1920. 


I. 1988 — CHauvELOT R., My- 


sterious India: its Rajahs; tits 
Brahmans; its Fakiys. Translated 
by E. St. Brooks, Philadelphia 
1922. 


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I. 1991 — Gray L. H., The 
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I. 1992'— Rice STANLEvy, The 
« Sibylline Books » of India, AR, 
July 1922. 


I. 1993 — BexxETT TH., The 
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I. 1994-1995 — NIMNEDAJU C., 
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I. 1996 — YOUNGHUSBAND O, 
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January 1922. 


I. 1997 — PoLLrEN ]J., The La- 
quor Question in India, AR, Ja- 
nuary 1922. 


I. 1998 — RicÈ S,, Indian Sym- 
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I. 1999 — Rice S., Witt and 
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I. 2002 — De SusHiL KUMAR, 
Someccara, JRAS, 10922, 577-579. 


I. 2003 — ENtHoven R. E. 
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1922, 533-530. 


___I 1989-2017 


I. 2004 — KEvSsERLING Graf 
HERMANN, Das Reisetagebuch ei- 
nes Philosophen. Darmstadt 1922, 
2 voll. di compless. pp. XXXII + 
886. — V. per quanto si riferisce 
all'India, pp. 33-410. 


I. 2005 — RADHAKRISHNAN S,, 
The Hindu Dharma, IJE, 33, 
TIO22, “1322. 


I. 2006 — Oriental Conjerence, 
Poona, Proceedings and Trans- 
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I. 2007 — BRrEASTED ]|J. H, 
The Oriental Institute, University of 
Chicago 1922. A beginning and a 
program. Ristampa: Chicago 1922. 


I. 2008 — GILASENAPP H. Von, 
Die Ueberwindung des Polvtheismus 
in den indischen Religionen, D. 
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I. 2009 — Dumoxt P. E., Sur 
le jeu de dès dans l’Inde ancienne. 
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I. 2010 — WooDpg56urxe A. L,, 
The Present Religions Sitnation in 
India. JR, 3, 1923, 387-397. 


I. 2011 — RICHTER ]., /teligiòse 
Grenzuerschiebungen in British ITn- 
dien, AMZ, 1923, 105-113. 


I. 2012 — Roy S.C., Religion and 
Modern India, NXXVI -< 365, 
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I. 2013 — SarKkar B. K., Die 
Lebensanschauungen der Inder, VII 
+ 62, Leipzig, MarFert und Pet- 
ters 10923. 


I. 2014-2016 — SHarp H, 
Dehli, its History and Buildings, 
London, Miltord 1923. 


I. 2017 — ScHovEeRrus H. \., 
Indien in Deutschland, EMM, 1923, 
49-52: 82-89, 102-III, 131-141, 
199-207. 


280) — 


XLII. VARIA. 


I. 2018 — YOUNGHUSBAND SIR, 
The Gleam, London 1923. — Rec.: 
IRM, 12, 1923, 598-600 (McNICcOL). 


I. 2019 — SCHMIDT N., Farly 
oriental Studies in Europe and the 
Work of the American Oriental 
Society, 1842-1922, JAOS, vol. 43, 
part 1°, 1923. 


I. 2020 — Si.x SURENDRANATH, 
Siva Chhatrapati. Being a trans- 
lation of Sablasad Bakhar with 
extracts fron Chituis and Siva- 
digoyayva, XII + 272, Calcutta 
University 1921. 


I. 2021 — CALAND W, 7he 
scientifical stahes of Isapur. Act. 
O., III, 1924, 93-93. 


1. 2018-2026 


I. 2022 — Miuxe L., 7he Home 
of an Eastern Clan. A Study of 
the Palaungas or the Shan States, 
1924. 


I. 2023 — Harris F. R., Tala 
Jamsetji Nusseruanji, A Chronicle 
of his Life, 1925. 


I. 2024 — CHARPENTIER JARL, 
Sakara, JRAS, 1925, 237-240. 


I. 2025 — Dev SRI MUKUL CHAN- 
DRA, My Pilgrimage to Ajanta 
and Bagh. With Introduction by 
LAURENCE BINYON, 1925. 


I. 2026 — Forgses-LEITH F.A. 
C., By Car to India, 1925. 


Aix 


PUBBLICAZIONI DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE 


Serie Prima: SCIENZE FILOSOFICHE. — Volumi 11. 
Serie Seconda: SCIENZE GIURIDICHE. — Volumi 10. 
Serie Terza: SCIENZE SOCIALI. — Volumi 3. 


Serie Quarta: SCIENZE FILOLOGICHE. 

Vol. I. — GiusEPPE GHEDINI, Lettere cristiane nei papiri greci del III e IV 
secolo. Vol. in-16 di pag. 376, L. 18. 

Vol. II. — CEssi Camicro, Le origini della letteratura greca: Appunti. 
Vol. in-8 di pag. 52, L. 3. 

Vol. III. — LuiGi SoRRENTO, Italiani e Spagnuoli contro l'egemonia intel- 
lettuale francese nel settecento. Dissertazione proemiale. Vol. in-8 di 
| pag. 58, L. 5. 

Vol. IV. — Giovanni BatTtISTA PicHI, Il proemio degli Annali di Quinto 
Ennio. Vol. in-8 di pag. 52, L. 4. 


Vol. V. — GiusepPE GHFDINI, La lingua greca di Marco Aurelio Antonino, 
Vol. in-8 di pag. 90, L. 10. 


Serie Quinta: SCIENZE STORICHE. 


Vol. I. — Giovanni Soranzo, La Lega Italica (1454-1455) (Esaurito). 

Vol. II. — Silvio Vismara, Il concetto della storia nel pensiero scolastico 
(Esaurito). 

Vol. III. — Pietro BELLEMO, Concetti e compiti della Geografia Economica. 
Vol. in-8 di pag. 68, L. 4. 

Vol. IV. — Pietro BELLEMO, Attraverso la Padania Orientale nei tempi 
antichi (Appunti di Geografia Economica). Vol. in-8 di pag. 28, L. 2. 

Vol. V. — GIanNELLI GiuLIo, La spedizione di Serse da Terme a Salamina 
(Saggi di cronologia e di storia). Vol. in-8 di pag. viri-84, L. 6. 

Vol. VI. — ARISTIDE CALDERINI, Saggi e studî di Antichità. Vol. in-8 di pa- 
gine vIri-304 con 24 tavole fuori testo, L. 25. 


Vol. VII. — Pietro BELLEMO, I fattori geografici nella localizzazione delle 
industrie. Vol. in-8 di pag. 48, L. 3. 


Serie Sesta: SCIENZE BIOLOGICHE. — Volumi 3. 
Serie Settima: SCIENZE RELIGIOSE. 


Vol. I. — UmBeRTO A. Papovani, Vito Fornari. Saggio sul pensiero religioso 
in Italia nel sec. XIX (Esaurito). 

Vol. II. — Mariano Corpovani, Il Rivelatore (Esaurito). 

Vol. III. — ANNA CRISTOFOLI, Il pensiero religioso di Padre Gioacchino Ven- 


tura. Vol. in-8 di pag. 1v-260, L. 10. 
Serie Ottava: STATISTICA. — Volumi 2. 


Vol. I. — MarceLLo BoLprisI, Sviluppo corporeo e predisposizioni merbose. 
Contributi statistici alla conoscenza della medicina costituzionale. Vo- 
lume in-8 di pag. x11-236 con tavola fuori testo, L. 20. 

Vol. II. — MarcELLO BoLpRINI - ALBino UGGcÈ, La mortalità dei Missio- 
nari. Volume in-8 di pag. 67, L. 5. 


Essendo limitato il numero di queste pubblicazioni 
si presa di affrettarne le ordinazioni ele prenotazioni. 
Dirigere commissioni e vaglia alla-Società Editrice ‘“ Vita e Pensiero ,, Via S. Agne- 


se, 4, Milano (108), aggiungendo il IO °|, per spese postali e L. 0,50 se si desidera 
la raccomandazione. 


CAMILLO CESSI 


Prot. di letteratura greca nella Università cattolica del S. Cuore 


LETTERATURA GRECA* 


(1923-1925) 


PARTE 13 


A - GENERALITÀ: 
I. Scopo della Filologia - Caratteri della lettera- 
tura greca e sue forme . . 2027-2059 
II. Vita storica della Grecia e suo influsso sulle 
forme letterarie: 
I. STORIA . . LL... + + +. 2060-2081 
2. RELIGIONE . . . + + +. + 2082-2097 
3. LINGUA COME DOCUMENTAZ. STORICA 2098-2104 
III. Storia della cultura ed in particolare della 
letteratura greca .......... 2105-2140 
IV. Sussidi filologici: 
I. BIBLIOGRAFIA . . .0..... +. + 2141-2144 
2. LESSICI — . . 0.0... + ‘2145-2149 
3. MANOSCRITTI... .. 0.0... . 2150-2153 


V. Valore della cultura classica . . ...... 2154-2172 


B.- POESIA EPICA: 


I. Storia della poesia epica . ......... 2173 
II. Omero: 


I. TESTO E VERSIONI . . . . .... 2174-2228 

2. TRASMISSIONE DEL TESTO . . . . 2229-2235 

3. CRITICA DEL TESTO . . . . .. . 2230-2243 

4. L'ARTE OMERICA  . . .. .. +. +. 2244-2280 

5. LINGUA OMERICA . . . . . .. +. 2281-2302 
6. QUESTIONE OMERICA: 

) Questioni generali . . .... 2303-2323 

b) Argomenti storici e culturali . . 2324-2344 

x c) Studi su episodi omerici . . . 2345-2302 


d) Geografia omerica. . .... 2303-2309 


(*) In questa rassegna che comincia dal 1923, sono ricordate solo eccezional- 
mente le opere pubblicate anteriormente al 1923, quando abbiano avuto un in- 
flusso notevole sul moderno indirizzo degli studi nostri, e si possano o si debbano 
considerare come fondamentali per le ulteriori ricerche. Le opere concernenti que- 
stioni grammaticali saranno recensite in rassegna speciale. Si farà cenno nell’ap- 
pendice dei lavori di cui abbiamo avuto diretta conoscenza quando la presente 
rassegna era composta, Saremo grati a chi ci vorrà aiutare a colmare le lacune 
inevitabili in lavori di tale natura. 


— 283 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA. TIT. 


e) Citazioni omeriche . ..... 2370 

f) Omero e le letterature orientali . 2371-2374 

g) Omero ed il ciclo . ..... 2375-2382 

TE ANNE Giri die o i È A MR A 2383 

TI. Esiodo . . .. 0.0.0... +++ + 2384-2395 
IV. Poesia storica. . . . 0.0.0... 2396 
Ne Euclide. << g.8 Pe è i 2397 
VE: Matrone:' 2 <a Go ba a e Ra 2398 
NEI: AF -. Lo li ea e e È Se 23092400 
VIESRIADO: Li ant 2401 
NIX. Apollonio Rodio . ............. 2402-2407 
DO: TINICENELO: i. i ud LE e 2408 
XI. Anonimi ellenistici . . . ....... 0... 2409-2411 
XII. Euforione  . . 0.0.0... 2412 
XE: Nicandro: . <. ls lle Le a 2413 
XIV. Doroteo di Sidone . . ........... 2414 
XV. Dionisio Periegete . . ......0..... 2415 
XVI. Poemi orfici . |... 2416 
SVI: “Nonno: > pui EL e SI 5222 
NVIII. Quinto Smirneo .. 0... 2423 
NIX. Trifiodoro —. . .....0.0.0.0. 2424 


A - GENERALITÀ. 


I. Scopo della Filologia — Carattere della letteratura 
greca e sue forme. — Contro la filologia classica s'era da tempo 
mossa grave guerra quasi fosse elemento inutile nella vita moderna e 
non avesse più alcuno scopo nello sviluppo della civiltà nostra. L’indi- 
rizzo pratico della società contemporanea da un canto, dall'altro lo ste- 
rile fanatismo di taluni filologi che limitavano il valore dei nostri studi 
proprio e solo a quei campi di ricerche che meno hanno contatto con la 
realtà della vita presente fecero diffondere e raffermarel’opinione pub- 
blica della inutilità degli studi classici. Ma voci autorevoli sono sorte da 
tempo a dimostrare quale aiuto spirituale, quale fermento di vita ap- 
portino gli studi classici quando si determini il vero scopo che essi sì 
prefiggono, specialmente per noi Italiani come eredi diretti di quella 
vecchia civiltà, che ha dato i germi della civiltà nuova e continua 
in mille modi a darne alimento vitale. Per questo è doveroso ascol- 
tare la voce di chi ci richiama al nostro dovere — sentito oggi altresì 
come dovere nazionale oltre che morale e civile — ritornando allo 
studio sereno e proficuo dei classici, non per una semplice e conven- 
zionale ammirazione di un passato che non può ritornare nella sua 
intera complessità, non come un passatempo di eruditi, assorti nella 
contemplazione di un lavoro lontano affatto dai bisogni e dalle esi- 
genze pratiche della vita nostra, ma per trovarvi fonte precipua di 


— 284 —- 


GENER. I: SCOPO DELLA FILOLOGIA, ECC. I. 2027-2030 


nuova inspirazione per procedere più sicuri per la via del progresso. 
Achille Beltrami (I 2027) ha chiaramente dichiarato questo dovere 
della nuova generazione affermando essere « necessità pratica conser- 
vare e diffondere il beneficio dell'eredità classica, per essere pari alle 
nazioni che ebbero i più bei rigogli dalla nostra coltura e dall’an- 
. tica ». Riafferma così quanto altri filologi, e nostrani e stranieri, ave- 
vano gia intuito ed espresso sia presso di noi — come il Romagnoli 
in più articoli — sia presso le altre nazioni — come il Wilamowitz 
stesso nel quadro che dà della filologia classica e del suo valore 
nell’introduzione all'Einleitung in die Altertumicissenschaft pubbli- 
cata da Norden e Gercke (vol. I. 1, Geschichte der Philologie, pp. $0, 
Leipzig, 1921) ed in particolare nel discorso tenuto al congresso dei 
filologi tedeschi (I 2028) fino dal 1921 quando sosteneva che «la miseria 
dei tempi non deve impedire le imprese di opere di lunga lena ». A 
questo indirizzo appunto di rinnovamento anche negli studi classici 
ha rivolto a buon diritto le sue cure il nostro Governo proponendosi 
la restaurazione dello spirito nazionale attraverso il classicismo tanto 
nell’insegnamento quanto con la pubblicazione di un'edizione naziona- 
le delle opere classiche greche e latine. Ed auguriamo con tutto il cuore 
felice esito a tale impresa grandiosa, il cui compimento affrettiamo 
coi voti più fervidi. Ma conviene che in tale lavoro di revisione della 
vita antica si proceda con cautela e prudenza per discernere quanto 
è realmente proficuo e scientificamente esatto ed utile. Tanto più 
che bisogna guardarsi dalle esagerazioni in cui per troppo amore 
dell'antichità si può incorrere, come qualche esempio si trova nella 
opera del Mahaffy (I 2029) che contiene d’altra parte tante utili osser- 
vazioni ed acuti raffronti riguardo allo studio dell'antichità rispetto 
alla vita presente nelle sue varie forme d’arte e nelle sue esplicazioni 
scientifiche, particolarmente con frequenti confronti con la più recente 
letteratura inglese— Il Pareti (I 2030) dà larga dimostrazione delle pre- 
cauzioni che filologi e storici debbono avere nell’uso degli antichi docu- 
menti che spesso possono condurre ad una falsa ricostruzione del pas- 


I. 2027 — BELTRAMI ACHILLE, ELENA CASELLA), 237, Palermo, 
Classici e Scuola: La Parola, Sandron, 1923. 
SAB a RA: I. 2030 — PARETI L., Per lo 
I. 2028 — WiLaMowiTtz, v. studio delle leggende e della pseu- 


MoELLENDORF Up., Die Zukunft-  dostoria greca e romana. Li 1 radi. 

aufgabe der Philologie: Verh. d. orale, Carmi epici e ricostruzioni 

Vers. D. Philol., LuHI, I92I. erudite. II: Falsa interpretazione 

di documenti: A e R, 1924, 09-50- 

I. 2029 — MaHarry J.P., Che II: Reduplicazione fittizia. \V: 

cosa hanno fatto gli antichi (irecì per Concentramento storico e leggenda: 
la civiltà moderna (trad. ital. di M. 4 e R, 1924, 165-184. 


—- 289 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA. 1. I. 2031-2033 


sato e far rappresentare come fatto storico quanto è pura leggenda. 
Esamina il valore che hanno le tradizioni orali e come da queste 
si vengano formando quei nuclei storici che danno base ai carmi 
epici ed alle narrazioni storiche, offrendo occasione frequente di errate 
interpretazioni. Studia quindi come nel corso del tempo le leggende 
subiscano modificazioni e trasformazioni per il carattere stesso natu-. 
rale dello spirito umano, per cui o si reduplicano i fatti sdop- 
piando figure storiche ed avvenimenti reali, o si concentrano 
in caratteri e personalità tipiche e leggendarie personaggi storici 
diversi le cui azioni si assommano in una sola tradizione, incar- 
nandosi in un tipo astratto. Con larghe testimonianze il Pareti mette 
quindi in guardia gli studiosi perchè la voce.del passato abbia a ri- 
suonare a noi nella sua sincera e limpida verità. Allora soltanto la 
filologia classica, ci ripete il Valgimigli (I 2031) darà i suoi frutti 
veri ed i maestri di filologia classica assurgeranno al loro officio 
alto e nobile che è quello di essere Maestri di Storia e di quella par- 
ticolare storia dove l’uomo ritrova e riafferma le più alte testimonianze 
della sua umanità. Quindi a proposito ci giungono i consigli e le os- 
servazioni del Rostagni (I 2032), che, combattendo il gretto filo- 
logismo, per cui la storia letteraria è confusa con la storia della cul- 
tura soffermandosi soltanto all'ambiente storico, eccita a considerare 
con nuovo spirito la vita antica con largo sguardo sintetico, « dal tutto 
ricavando i mezzi per giudicare le singole parti », ricostruendo « l’u- 
nità della vita antica, non più adunandone i materiali dal di fuori 
ma ricavandola dall’intimo». Ottimi precetti, purchè non si vada anche 
per questa via all'esagerazione, poichè solo dal felice contempera- 
mento della valutazione dei materiali estrinseci e del loro influsso 
sullo spirito dell'uomo, può derivare l'elemento vero e più sicuro di 
giudizio. Conviene quindi esaminare nello spirito di una nazione i ca- 
ratteri suoi naturali e considerare quali effetti abbiano prodotte le 
condizioni esteriori e materiali nello sviluppo della vita materiale e 
morale ad un tempo del popolo, e quindi quale valore spirituale per 
l'umanità abbiano questi frutti dell'intelligenza, dell’arte. — Il Cessi 
(I 2033) ha tentato con larga sintesi di cogliere questi caratterì 
universali della Ellade antica quali si manifestano nelle opere d’arte, 


T. 2031 — VALGIMIGLI MANARA, Va storia della letteratura greca: 
La filologia classica in Italia negli RFCI., ul, 1925, 1-20. 
ultimi cinquanta anni (Prolusione 
all'insegnam. della lingua e lett. I. 2033 — CEssi C., Ellade e- 
greca nell'Univ. di Pisa, letta il ‘e"9 (Prolus. al corso di lett. 


18 genn. 1924): GcFI, 1924, pp. 16,  Breca nella Univ. Catt. del 9. 
Cuore pronunc. il 12 gennaio 


I. 2032 — RosrTacnI auc., Per 1924): Ann. della Univ. Cattol. 


— d80= 


GENER. 1: SCOPO DELLA FILOLOGIA, ECC. I. 2034-2037 


mettendo in luce le attitudini particolari degli Elleni alla ricerca 
delle ragioni dei fenomeni accanto alla sensibilità artistica che li 
commuoveva alla prima espressione che era pur motivo alla ri- 
cerca razionale. In questa fusione di sentimento e di razionalismo, 
di idealità e realtà, di valore estetico e morale e civile di ogni mani- 
festazione della vita trova il Cessi una delle più profonde ragioni della 
eterna vitalità dell’arte greca, perchè esse sì sprofondono nell’essenza 
stessa dell'umanità. Vita ideale e vita pratica, adunque! E per i 
(rreci in particolare non si possono staccare queste due forme della 
vita umana, quando se ne consideri la realta storica e non la si rap- 
presenti in una astrazione irreale. 

E per ciò della vita e dello spirito greco ad un tempo, come 
quadro della civiltà greca, ci ha dato il La Rue van Hook (I 2034) un di- 
segno generale studiando tutti gli aspetti della vita e della evoluzione 
intellettuale greca. Peril caso nostro particolarehannoimportanza spe- 
ciale i capitoli X-XV che trattano della letteratura, in genere della 
drammatica (tragedia e commedia). Se vere e proprie novità non si tro- 
vano in queste ricerche del La Rue van Hook, abbiamo però nel libro 
un quadro organico della vita greca nelle sue espressioni spirituali che 
sono appunto quelle che hanno il maggiore influsso sulla storia della 
civiltà e sovra tutto dello svolgimento del pensiero umano. — Il Toyn- 
bee Arnold (I 2035) avea già disegnato in tutto il suo corso storico dalle 
origini ad Eraclio questo sviluppo della vita ellenica nelle sue principali 
caratteristiche, apportando tradotti i brani di antichi autori che 
l'attestano e l’opera del Toynbee ora si presenta con nuove aggiunte 
per opera del Murray, insieme con l’altra opera del Toynbee (I 2036) 
che più particolarmente intendeva dimostrare il carattere peculiare 
della civiltà greca e lo svilupparsi della società greca come si pro- 
poneva in generale l’opera ormai famosa del Mahaffy sulla vita 
antica — Come lavori generali introduttivi indichiamo ancora 
quelli del Mills (I 2037) e del Otto (I 2038). L'uno considera lo 


del S. Cuore, I. 1924, Milano, Vita 
e Pensiero 1925, 49-05. 


ly transl. by G. Murray, London- 
Toronto, 1924. 


I. 2034 — La RUE van Hook, 
Greek Life and Thought. A Por- 
trayal of Greek Civilization, XIV- 


I. 2036 — TovyNBEE ARNOLD, 
Greek Civilisatton and character: 
the self-revelation of ancient Greek 


329, New York, Columb. Un. Societv, Introd. and transl., Lon- 
Press 1923. don - Toronto, 1924. 
I. 2035 — ToyNxBLEE ARNOLD, I. 2037 — Mixus D., The Book 


Greek historical Thought fron Ho- 
mer to the age of Heraclius. Introd. 
and transl., with two pieces new- 


of the ancient Greeks. An intro- 
duction to the history and citvi- 
lisation of Greece from the coming 


cre OR 


CESSI. LETTERATURA GRECA, I. I. 2038-2041 


| sviluppo della vita greca dalle origini al 146 a. C.; l’altro consi- 
dera i più recenti lavori sulla cultura greca secondo le moderne 
intuizioni. — Nè possiamo non ricordare ancora l’opera di H. 
Oakeley (I 2039) che ricerca il carattere etico del pensiero gre- 
co fino agli Stoici, coi quali esso si rafferma in sistema rigido, deter- 
minato. — Ma più generale lavoro che abbraccia tutto il pensiero 
greco nella sua essenziale natura e nel suo valore storico è quello del 
Robin (I 2040). È una sintesi artistica di tutta la storia della filo- 
sofia greca che il Robin ci presenta con linguaggio chiaro, semplice 
e suggestivo. Il Robin mette in luce la tendenza del popolo greco 
ad assurgere dal particolare al generale, a ricercare nel fenomeno 
singolo la causa suprema per cui le sue conclusioni assumono un 
valore universale, perenne. La speculazione filosofica si fonde con 
la ricerca scientifica e determina una via dalla quale non può più 
scostarsi l'umanità nel suo sviluppo avvenire. Questo svolgimento 
e processo di svolgimento coinvolgono tutto lo spirito greco, essen- 
done la sua stessa natura, e però tutte le forme della vita si sviluppa- 
no con un’ armonia mirabile, tendendo inconsciamente ad una sola 
mèta. — Questo carattere particolare dell’indirizzo speculativo e pra- 
tico dei Greci è messa in speciale rilievo dal Pohlenz (I 2041). Non tutto 
i Greci hanno scoperto od inventato. Dalle relazioni con gli Orientali e 
con gli Egizi i Greci hanno appreso molto non solo nella pratica ma an- 
che nell'interesse teorico; però i Greci danno un’impronta particolare, 
tutta propria all'indirizzo di ricerca, al metodo di discussione, conci- 
liando sempre la realtà naturale con l'osservazione subbiettiva, non 
perdendo mai di vista nella speculazione teoretica il fatto naturale e 
specialmente uniformando tutta la loro attività ad una ricercasistema- 
tica cd obbiettiva per cui si nota in ogni corrente di idee un graduale 
svolgimento dal subbiettivismo di impressione all’obbiettivismo razio- 
nale senza che venga meno, nel periodo creativo ed originale della 
vita ellenica, il calore dell’inspirazione artistica. — A questo ha contri- 
buito sovratutto quel profondo senso religioso che investe tutta la 
vita greca, sì che ogni manifestazione sì informa ad un medesimo 
indirizzo rispondente ad una unità psichica che ferma e mantiene 


of the Grechks to 146 b.C., London, 
1925. 


I. 2038 — Otto \\., Aultur- 
geschichte d. Altertums. Ein Ue- 
berblick it. neue Erscheinungen, x- 
175, Munchen, Bech 1925. 


I. 2039 — OaxELEv H., Greek 


ethical Thought from Homer to the 
Stoics, London, — Toronto, 1925. 


I. 2040 — RoBin L,, La pensée 
grecque et les origines de l’esprit 
scientifique, xX1-480, Paris, La 
Renaiss. du Livre 1923. 


I. 2041 — PoxÒÙenz M.,, Der Geist 


ga 


GENER. IT: SCOPO DELLA FILOLOGIA, ECC. I. 2042-2045 


il carattere del popolo. È un sentimento religioso che si trasforma 
o si fonde col senso del dovere della vita, di una missione morale 
e civilizzatrice, di una inconscia necessità per la conservazione 
della nazione stessa. È quel sentimento per cui tutti gli Elleni si 
sentono collegati da un vincolo profondo che non possono distrug- 
gere neppure gli odii, le gelosie politiche, i contrasti naturali nella 
lotta per la vita materiale. È quel sentimento che pervade tutta la 
storia della nazione, per cuì la storia si trasforma in mito ed il mito 
diventa documento storico, per cui lo spirito dell'individuo cerca 
conforto in un’'astrazione ideale superiore alle contingenze della pra- 
tica quotidiana e le forme d'arte assumono una unità profonda 
nazionale non ostante le differenze di mezzi materiali o di caratteri 
etnografici. La storia generale di questa religione ellenica ci dà il 
Nilsson (I 2042). Un nuovo quadro di questo movimento essenziale 
della vita greca ci offre il Cornford (I 2043) studiandolo nel pensiero 
stesso — che ne è la più alta manifestazione — dall’età d'Omero 
a quella d’Alessandro, per tutto il periodo veramente ellenico, men- 
tre il Moore (I 2044) ne persegue lo sviluppo e la trasformazione 
fino al trionfo del Cristianesimo. Ed il Méautis (I 2045), soffermandosi 
a più particolari punti, nota alcuni aspetti non pienamente considerati. 
dagli studiosi recenti della religione ellenica in rapporto all'arte greca 
e in particolare alla musica ed al pensiero filosofico che diventa pen- 
siero religioso ed artistico. Il sentimento naturale della musica porta 
alla creazione del dio apollineo, ed il dio apollineo comprende tutta 
la vita intellettuale e morale dei Greci; incarna essenzialmente lo 
spirito ellenico, ne è il fondamento nella espansione civilizzatrice 
e politica. Ma col sentimento religioso ed in parte filosofico si unisce 
quel senso indefinibile di terrore e di angoscia che apporta l'ignoranza 
dell’al di là e delle forze occulte che sembrano dominare nella vita. 
Di qui la profonda superstizione che mano mano si fa anche raziona- 
listica, distinguendo le varie forze, cercando di indovinarne le virtù 
segrete, catalogandone i generi con quelle determinazioni che più, 


der griech. W'issenschaft, Berlin, mer to the Age of Alexander, 
Weidmann 1923, estr. da SGIVG. New York — Oxford, 1924. 


I. 2042 — Niusson M. P., A I. 2044 — Moore CL. HERScH., 
history of greeh Religion transì. The religious Thought of the Greek 
from the swed. by F. J. FiEL- from Homer to the Triumph of 
DEN, with a preface by Sir J. (C(’ristianitv (2% ed.), Cambridge, 
is. FRAZER, Oxford, Univ. Press. Harward Univ. Press 1925. 


1925. 
359 I. 2045 — MFEAUTIS G., Aspects 


I. 2043 — Cornrorp F. N,, ignorés de la véligion  grecque, 
Greek veligious Thought from Ho- 171, Paris, De Boccard 1925. 


— 289 — 


Aevum - Anno I - 19 


CESSI. LETTERATURA GRECA. TI. I. 2046-2049 


o meno si sono perpetuate fino ai nostri giorni, come si apprende 
dall’accurato e minuto studio del Réhr (I 2046). — Ma ben altro indi- 
rizzo ebbe il pensiero filosofico puro nella sua essenza e nella sua fun- 
zione morale, che è poi funzione religiosa, e che si fissa nell’insegna- 
mento socratico. Una delle manifestazioni speciali di tale progressivo 
sentimento filosofico è quella che riguarda il concetto che della donna 
ebbero gli antichi ed i suoi rapporti con la società. Il sentimento 
di venerazione e rispetto verso la donna dei tempi preistorici si andò 
oscurando nell’età ellenica e solo per opera dei filosofi e specialmente 
all’età di Socrate (cfr. ZUCCANTE, Fra il pensiero antico e il moderno 
Milano, Hoepli, 1908, pp. 51-141; Za donna nella dottrina di So- 
crate; La donna nella dottrina di Platone) si andò sviluppando nuova- 
mente con riflessi speciali nella letteratura come nella vita politica. 
Tale sviluppo è largamente studiato da F. H. Wright (I 2047), che lu- 
meggia l’importanza di questo lato della vita greca per ben com- 
prendere tutto lo svolgimento dell’ideale ellenico. 

Di questo ideale, che apparisce come conciliazione fra le due ten- 
denze fondamentali cioè della unità nella varietà e dell’universalità 
in lotta continua fra il principio individualistico personale e quello 
generale che si confonde nell’interesse della comunità, tenta di fermare 
i caratteri precipui il Jordan (I 2048). Questi delinea la colorita va- 
rietà delle forme con cui si inizia la vita greca, segue l’ideale cavalle- 
resco, che, predominante nell’Iltade, si differenzia secondo le stirpi 
e le età, finchè si perde col decadere dell'elemento aristocratico nella 
prevalenza della vita democratica. Nota quell’ideale di cultura con- 
ciliante l'emancipazione intellettuale con la morale religiosa che ap- 
pare già in Senofane e si conferma con Isocrate, mentre si arricchisce 
della nozione di coscienza con Platone, prendendo poi colorito scientifi- 
co con Aristotile. Onde ci sì presenta più chiaro per le ricerche del Jor- 
dan quello sviluppo graduale dell’attitudine personale alla vita, e dello 
ideale di civiltà ellenica in rapporto anche alle condizioni geografiche e- 
storiche in mezzo alla quale si svolse e che il Greene (I 2049) avea dise- 
gnato con maggior larghezza di documentazione e più larga ed appro- 
fondita trattazione. A più ristretto campo di ricerche si limita il 


I. 2046 — RoHKR ]., Die Ok- 
kulte Kyraftbegriffe im  Altertum, 
IV-133, Leipzig, Dieterich 1923. 


I 2047 — WRIGHT F. H., Femi- 
nism in greeh Literatur from Homer 


ideale im Altertum: HG., 
1924, 57 SER. 


XXXV, 


I. 2049 — CHASE GREENE V\., 
The Achievement of Greece. A 
chapter in human Experience, vi- 


to Aristotle, 222, Routledge 1923. 
I. 22 —.JoRDAN BR, Bwdungs- 


334, Cambridge U. S. A., Har- 
ward Univ. Press 1923. 


-- 290 — 


GENER. I} SCOPO DELLA FILOLOGIA, ECC. I. 2050-2053 


Kranz (I 2050) nello studiare il rapporto fra l’autore e la sua creazione 
artistica nell’antica letteratura ellenica. Lavoro questo d’indole psico- 
logica con fondamento storico e che aiuta a far intendere lo sviluppo 
della vita spirituale greca. L’attività produttrice dei primi tempi è ton- 
data sull’impressionabilità dell’Elleno e sul suo bisogno di tradurre que- 
ste impressioni, onde in seguito deriva il desiderio di agire sul verisimi- 
le, di esprimere poi e di diffondere la verità scoperta illustrandola con 
proprie osservazioni di modo che l'artista inconscio diventa a poco a 
poco mezzo di diffusione della creazione ed infine creatore cosciente. 
L'artista da prima non si riconosce creatore ma un essere che riceve, 
sì che egli domanda all'inspirazione materia e forma (Omero nel- 
l'arte, Parmenide nel campo filosofico); di poi l’artista sente di 
essere il mezzo, il rappresentante della divinità, della Musa, e canta 
egli stesso e suggerisce e insegna ciò che ha appreso (Esiodo da un 
canto, Empedocle dall'altro), infine l'artista ha coscienza di sè, 
sente di essere 1l creatore, e lo esprime nella forma: «io canto, 10 
voglio cantare » (il poeta della Piccola Iliade e l'i0 isolato eracliteo). 
Così l’autocoscienza ed il razionalismo penetrano nella vita ellenica 
ed attraggono in sè la conoscenza. Ma l'intuizione vi ha sempre 
parte predominante come dimostra il Walzel (I 2051) essendo la ra- 
gione prima della vita artistica. — Quello greco è un razionalismo spe- 
ciale, ben lontano dal razionalismo moderno. Questo è il problema che 
tratta il Hoffmann (I 2052) nella 28 edizione del suo lavoro divulgativo; 
ma ancor più largamente il Geffcken (I 2053) che ne studia le varie 
fasi da Solone e Senofane ai più tardi sofisti, mettendo in luce il feno- 
meno importante della coscienza razionale che si svolge accanto 
all’inspirazione artistica nei più eletti spiriti. Di problema in pro- 
blema si sviluppa il pensiero greco: l’individualismo apporta la de- 
terminazione dell’arte, l'artista si fa critico: Ictino scrive un trattato 
sul Partenone, Policleto detta un canone, Sofocle tratta del coro! 
Si comprende come si sia venuta formando anche una teoria dell’arte 
e come questa abbia avuto influsso capitale anche nelle età posteriori, 
anzi in queste, più che nell’età contemporanea, poichè in queste, 
mancando il fuoco inspiratore, si sostituiva l’intuizione con l’osser- 
vazione, il sentimento con la ragione, ed i mezzi tecnici assurgevano 


I. 2050 — KRranz W.,, Das Ver- raturwiss. I.), 409, \ildpark-Pot- 
haltniss des Schopfers zu seinem  sdam, Athenaion 10923. 
Werk in der althellenischen Lite- i 
ratur: NJP., 1924, 65-80. I. 2052 — HorFMann O., Die 
Aufklarung i. 5 Jahrh. v. Chr., 
I. 2051 — WarzeL OsK., Ge-  Gott. 1925. 
halt und (Gestalt im Kunstwerk 
des Dichters (= Handb. d. Litte- I. 2053 — GEFFCKEN ]., Die 


— 2491 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA, I. I. 2054-2057 


quasi a fondamenti costitutivi dell’opera d’arte. Tale sviluppo della 
teoria degli antichi sulla Poetica e sulla Storia dell’arte dalla ca- 
duta della vita politica antica fino all’età del Goethe e di v. Hum- 
bold con cura meticolosa e acuta visione ha perseguito Carlo Bo- 
rinski (12054) in un’opera considerevole la cui seconda parte è stata 
di recente pubblicata per cura di un affezionato discepolo, il Newald, 
dopo la morte dell'autore. Anche questa seconda parte che tratta 
del periodo del Barocco all’aprirsi dell’età nostra dimostra come lo 
spirito antico non sia soltanto una parte storica della nostra cultura, 
ma ne sia il substrato essenziale, come qualche cosa di immanente 
in essa. Il Martini (I 2055) invece tentò di presentare le leggi dello 
sviluppo artistico nella storia della letteratura, in rapporto ai criterì 
fondamentali seguiti nello studio dell'antica cultura, notando che in 
fondo si riducono a due le tendenze principali: la corrente obbiettiva 
(rappresentazione reale) e la corrente subbiettiva (sentimento, af- 
fettività) dalle quali derivano le due direttive fondamentali nella vita 
nostra cioè il classicismo o umanesimo o realismo, ed il romanticismo 
o impressionismo. 

Più minute ricerche istituisce il Frankel (I 2056) per determinare 
la peculiarità dello stile dei primi artisti greci e per disegnarne le ca- 
ratteristiche fondamentali, concludendo che gli scrittori del periodo 
preclassico, o meglio preattico, si sforzano di aggiungere o connettere 
ogni membro della frase o pensiero al precedente senza preoccuparsi 
di quella armonica proporzione nella costituzione del periodo che 
sarà vanto precipuo dell’età attica. Così egli nota come nei primi 
poeti (Saffo in particolare) lo stile sia vario secondo la materia; 
come lo stile pittorico di Alceo e di Alcmane in rispondenza alla prosa 
di Ecateo e di Erodoto si manifesti nella dichiarazione dei fatti in 
serie e per serie; come presso i gnomici si sviluppi lo stile di discus- 
stone (Solone, Simonide), che sente l'influsso delle discussioni gram- 
maticali e si vada componendo in uno stile compassato e regolare, 
preludendo a quello dei grandi maestri dell’età attica — Alla tecnica 
particolare degli ellenisti si rivolge il Perrotta (I 2057) che studia i 


Griech. Aufklarungi NJ., XXVI, I. 2055 — MaRTINI W,, Entwick- 
1923, I, 15-3I. lungsgeselze in der Geschichte des 


Schrift.: NJ., XXVI, 1923, 107-128. 


I. 2056 — FRAFENKEL H., Fin 
Stileigenheit der  friihgriechischen 
Literaturi NGIWG., 1924, 63-127. 


I. 2057 — PERROTTA G., Arte 


T. 2054 — BORINSKI K., Die An- 
tihe in Poetik und Kunsttheorie 
vom Ausgang des klassischen Alter- 
tums bis auf Goethe und WWW. +. 
Humboldt, II Aus dem Nachlass 


hrsg. v. Dr. R. NEWALD, XV-413, 
Leipzig, Dieterich 1924. 


e tecnica nell’epillio alessandrino 
AeR., 1923, 213-229. 


— 202 — 


GENER. IH: VITA STORICA, ECC. I. 2058-2060 


caratteri dell’epillio, quali però erano già stati messi in luce in gran 
parte da quanti sì sono occupati della letteratura ellenistica. — In 
generale poi sarà necessario consultare pur la storia della critica presso 
gli antichi Greci l'opera del Denniston (I 2058). Nel campo del- 
l’arte figurativa invece ci trasporta il Waltson (I 2059) con lo studio 
del tipo classico quale egli ravvisa nell’efebo classico con derivazione 
dall’acrobata minoico attraverso l'evoluzione dovuta all’influsso 
della palestra e dell'educazione degli efebi fino ai due tipi principali 
nella prima metà del sec. V, cioè l’argivo attico e l’attico puro. E non 
è chi non veda quale importanza abbia a tale riguardo anche la ri- 
cerca archeologica per bene spiegare lo svolgimento delle forme let- 
terarie, quando si consideri l'intimo legame che unisce nella vita gre- 
ca tutte le forme dell’arte. 


II. Vita storica della Grecia e suo influsso sulla forma 
letteraria. — Non si può negare l’infiusso che la vita politica ha eser- 
citato ed esercita sempre sullo sviluppo della vita spirituale dei popoli, 
specialmente dei popoli antichi quando non si poteva nè si sapeva 
concepire un distacco fra vita politica e vita intellettuale. Accen- 
neremo pertanto qui alle opere storiche che hanno più diretto rap 
porto anche con la storia letteraria, cioè quelle che riguardano la 
vita greca nel suo rispetto: I. politico; 2. religioso (mito) e riguardo 
ai mezzi materiali d’espressione cioè: 3. la lingua. 

I. StoRIA. — L. E. Lord (I 2060) ritorna sulla questione del valore 
che devesi dare alla tradizione storica. Abbiamo notato come il Pa- 
reti (I 2030) abbia tentato di penetrare il valore interno delle tradizioni 
secondo la loro formazione storica, con ricerche che possono in- 
durre a soverchia diffidenza dell’antica tradizione. Il Lord invece, 
considerando che gli storici contemporanei possono essere più auto- 
revoli testimoni dei fatti che non le discussioni razionalistiche dei 
critici moderni, è trascinato a dare alle vecchie attestazioni una 
fiducia molto maggiore di quanto non conceda alle ricostruzioni 
critiche moderne. Tanto più che le ricerche archeologiche possono 
dare motivo a giudicare con maggior serenità dell’attendibilità di 
tali notizie. Però notiamo che non conviene correre agli eccessi e 
se non possiamo sempre accettare come indiscutibili le vecchie 


I. 2058 — DENNISTON ]J. D., in Greek Art: JHS., 1924, 223- 
Greek Literary Criticism, Oxford, 253. 


1924. NS: 
ca I. 2060 — Lorp L. E., The hi- 


I. 2059 — WaLTtsoN CH., Tlie  storical value of tradition: Cl]., 
establishement of classical tvpe  x1Xx, 204-281. 


— 293 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. 


____I. 2061-2064 


testimonianze, non dobbiamo loro negare del tutto fede, poichè con- 
tengono sempre un nucleo storico, quale va ricercando, come ve- 
dremo più sotto, persino nelle leggende mitiche il Wilamowitz. 
Un canone rigido assoluto non ci si può prefiggere. E lo dimostrano 
le larghe ricerche di A. Jardé (I 2061) le quali ci convincono che le 
investigazioni storiche, archeologiche, etnografiche, morali, lettera- 
rie si integrano vicendevolmente mentre ciascuna, limitata ad un 
proprio campo, conduce di frequente a conclusioni inaccettabili, 
spesso contradditorie. Lo Jardé studia l’Elleno nel suo paese, 
nelle sue condizioni storiche attestate non solo dalla tradizione ma 
anche, e più, dalle documentazioni paleoetnologiche e archeologiche. 
Disegna a grandi linee gli stadi successivi della vita greca dalle prime 
invasioni degli Elleni, fino allo stabilimento completo dell'elemento 
nuovo sugli aborigeni in tutto il territorio ed alla determinazione 
delle varie stirpi o famiglie secondo le attitudini originarie e le con- 
dizioni storiche. Seguiamo le vicende della vita ellenica attraversoi vari 
grandi movimenti etnograficie ne risultano le ragioni prime dei futuri 
dissidi, delle grandi lotte che condurranno alla rovina politica e morale 
tutta la nazione. Intravediamo la più antica vita attraverso il mito e 
le leggende, quella vita che ora le inscrizioni ittite, egiziane, assire ecc., 
a poco a poco ci svelano. Ed è importante anche per lo studioso della 
storia letteraria e specialmente per chi si occupi della formazione dei 
poemi omerici, ascoltare la voce dei nuovi popoli che vengono alla luce 
recando strane sorprese allo spirito nostro, abbattendo tante curiose 
ricostruzioni critiche più fantastiche della fantasia degli antichi, che 
nelle loro finzioni meravigliose aveano saputo conservare la freschezza 
e la verità della storia. — Il Barbagallo (I 2062) studia invece lo spirito 
intimo della vita ellenica e ne rintraccia le cause che hanno condotto 
alla rovina la nazione, cioè la schiavitù, l'imperialismo, la guerra 
continua, ecc. Ed accanto all'opera del Barbagallo dobbiamo ricor- 
dare quella classica del Pòhlmann (I 2063) che si presenta in una 
nuova edizione per cura di F. Oertel. — Il Vetter (I 2064), richia- 
mandosi alle inscrizioni decifrate dal I'orrer, ci ricorda i re Achei nel 
sec. NIV a. C. in Pamfihia, nel sec. XIII in Cipro e nella Caria, primi 


I. 2061 — JaRrDÉ A., La for- 
mation du peuple grec. Avec sept 
cartes dans le texte, xVI-425, Pa- 
ris, La Renaiss. du Livre 1923. 


I. 2062 — BarBagatto C., // 
tramonto di una civiltà e la fine 
della Grecia antica, XXHI, 2224221, 
Firenze, Lemonnier 1924. 


I. 2063 — POHLMANN R.,, Ge- 
schichte d. sozialen Frage u. d. 
Sozialismus i. d. ant. Welt, 28 Auf. 
b. F. OERTEL, Munchen, 1925. 


I. 2064 — VETTER E., Achatsche 
Grosshonige der 14 Jahrh. v. Chr. 
in d. hethitischen Keilschrifturkuwn- 
den: WBIFA., 11, 1924, 185-108. 


- - 294 — 


GENER. IT: VITA STORICA, ECC. 


I. 2065-2067 


RE pal) e +, e  ——_ —.- 


pionieri della espansione e colonizzazione greca, e ci dimostra come 
la caduta di questa potenza rigogliosa politica dovuta da un canto 
agli Achei di Orcomeno, dall'altro a quelli di Micene sia stata opera dei 
Dori che procedendo da nord a sud hanno soffocato la vecchia ci- 
viltà ellenica primitiva. Orcomeno ed i Minii, Micene e gli Achei 
ritornano viventi e potenti nel canto dei poeti celebranti le imprese 
degli Argonauti e le glorie degli Achei nella guerra troiana! Seguendo 
le scoperte del Forrer anche il Weber (I 2065) studia l’espandersi 
degli Achei verso l’impero ittita ed il loro dominio sul Mediterraneo 
nel periodo 1250-1239 a. Cr. Cfr. anche I. 2325. 

Non tutto, è vero, è ancora dimostrato in tale campo, ma le più 
recenti ricerche tolgono sempre più quella nebbia di diffidenza che 1l 
Costanzi (I 2006) non credeva inopportuno di spargere attorno all’en- 
tusiasmo suscitato dalle prime scoperte e dalle prime avventate ipo- 
tesi ricostruttive. Ma è fuor di dubbio ormai che strette relazioni siano 
state fra Ittiti ed Achei nel secolo XIV, XIIl: che re Achei abbiano 
posto piede nell'Asia Minore e che varie vicende di guerra, ora fortu- 
nate ora infelici, ne abbiano ora allargato ora ristretto il dominio 
politico e l'influsso spirituale; che questi contatti abbiano lasciato 
traccia anche nella cultura degli Achei, i quali appresero e mantennero 
con gli elementi di vita culturale parole che ne erano gli esponenti 
e l'espressione diretta. Così, seguendo le tracce del Levy che già dal 
1893 avea (Die Semitischen Fremdiwbrter in Griechischen) riconosciuto 
più di mille parole semitiche nel vocabolario greco, H. Grimme (I 2067) 
determina l'origine ittita di taluni fenomeni glottici, particolarmente 
nella modificazione in greco di alcuni suoni, ad es. & da un sem. 
g, n per de poi t per d, È per RA; ti per ph, ecc. 

Ma gli Elleni venuti nel territorio greco durante la loro espansione 
sì trovarono da prima a più diretto contatto oltre che con gli Abo- 
rigeni (Cari, Lelegi, Pelasgi, ecc. della tradizione) con gli Egei e 
con la cultura minoica che irradiava da Creta. E la storia di Creta ha 
avuto influsso molto notevole sullo sviluppo storico dell'Ellade, 
come lasciavano intuire antiche leggende e non disconoscevano 
nel tempo storico i Greci stessi. Le recenti scoperte a Creta ed in 
tutte le isole dell'Egeo e nei vari centri di cultura greca, sia sulle coste 


I. 2065 — WEBER W., Die Achei in una tavoletta haittita: 


Staatenwelt des Mittelmeers in der 
Frithzeit des Griechentums, 25, 
Stuttgart, Kohlhammer 1925. 


I. 2066 — Costanzi V., La pre- 
lesa menzione di Atreo re degli 


AeR., 1924, 207-270. 


I. 2067 — GrIMmMmE H., Zethi- 
tisches im griech. W'ortschatze: Gl., 
NIV, 1925, 13-25. 


eL'O0nse 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2068-2072 


———_— 


sia anche nell’interno, hanno messo in piena luce questo elemento 
storico fondamentale nella vita greca. Un lavoro complessivo, scritto 
con vivacità di stile e con passione forte e senso d’arte sulla civiltà 
egea è quello del Glotz (I 2068) che, nonostante certe manchevolezze 
o talune arrischiate affermazioni, è quello che ci rappresenta meglio 
d'ogni altro tutta la civiltà preellenica nelle sue forme più varie, sì 
che riesce più facile dedurre quanto e come gli Elleni ne abbiano 
derivato. Forse il Glotz, innamorato del suo argomento, corre talvolta 
oltre i confini che esige la prudenza storica, ma se talune ipotesi 
si dovranno ridurre a più modesti limiti, indubbiamente il materiale 
raccolto in questo volume è di massima utilità ad ogni studioso 
dell'antichità. — Più succinto e sintetico quadro della vita generale di 
Creta è quello del Muttelsec (I 2069). — Ma tali nuove ricerche acuivano 
sempre più l'interesse e facevano sentire il bisogno di studiare quale 
fosse la vera condizione della Grecia prima dell’influsso egeo e della 
venuta degli Elleni; la Grecia cioè degli Aborigeni. Le ricerche ge- 
nerali e fondamentali, già da tempo iniziate dagli archeologi e dagli 
etnologi, ad es. il Ridgeway, furono continuate per le singole regioni. 
I. P. Harland (I 2070) investigò le condizioni del Peloponneso nell'età 
del bronzo concludendo che la popolazione neolitica del Peloponneso 
fu vinta circa il 2500 a C. dalla civiltà egea sulla quale si sovrappose 
quella dei Minii, i primi indoeuropei, (potremmo dire le prime on- 
date degli Achei) i quali alla loro volta cedettero verso il 1400 all’in- 
flusso di nuovi Achei (forse la civiltà micenea?) di cui le ultime on- 
date verso il IIoo (le invasioni dei Dori?) mettono fine all’età del 
bronzo. In queste sovrapposizioni non tutti gli elementi precedenti si 
possono distruggere: anzi sì infiltrano nella nuova civiltà, persistono 
e si mantengono imprimendo nuovo carattere alla civiltà stessa 
vincitrice. Così rimangono nella cultura peloponnesiaca, e special- 
mente spartana, traccie della civiltà egea, pur trasformate in varia 
guisa. Il Laum (I 2071) ne da esempio studiando la moneta spartana 
di ferro che crede di riconoscere nella nota falce dedicata spesso ad 
Orthia, foggiata su quella cretese per influsso del culto del toro proprio 
della civiltà egea e che si diffuse nell'antichità fino all’Etruria ed alla 


I. 2068 — GLOTz G., La civilisa- I. 45 — HARLAND PENROSE ]., 
tion égéenne, VIII-471, Paris, La The Peloponnesos in the Bronze 
Renaiss. du Livre 1923. Age: HSCIPh., XXIV, 1923, 

I-OI. 


I. 2069 — MUTTELSEE M., Zur 
Verfassungsgeschichte Kretasim Zei- I. 2071 — Laum B.,, Das Li- 
talter des Hellenismus, 72, Gliicch-  sengeld der Spartaner, 55 con 14 
stadt u. Hamburg, J. Augustin  illustr., Braunsberg, Verlag d. 
1925. Staatl. Akad. 1925. 


— 296 — 


GENER. II: VITA STORICA, FCC. I. 2072-2076 


Spagna. Il lavoro del Laum, per quanto possano sembrare arri- 
schiate talune conclusioni, ha quindi una grande importanza non 
solo per gli studiosi dell’archeologia ma anche per quelli che si de- 
dicano alla storia religiosa: sebbene sia da notare che in tale 
ordine di studi spesso la passione trascina inconsapevolmente lo stu- 
dioso ad esagerazioni facendo vedere in fenomeni od espressioni di vita 
naturali, e quindi analoghi, come analoghe sono le condizioni di vita, 
talune relazioni di dipendenza e di causalità che sono insussistenti o 
rapporti che dipendono da altre più remote e ben diverse cause. 
Ma non è da dubitare che di sommo interesse ad ogni modo siano le 
ricerche di queste sopravvivenze di età passate, 

Il Reinach (I 2072) nella leggenda deisacrifizi umani ad Artemide 
in Patras, di cui ci lascia testimonianza Pausania, trova ancora 
il rapporto fra le nuove età ed i tempi preistorici in cui era predo- 
minante il culto delle divinità ferine. Nè soltanto negli usi lasciano 
traccie le civiltà precedenti, ma spesso ancora nel linguaggio per cui 
le parole perdono col tempo il senso primitivo acquistando nuove 
significazioni, ma conservando — chi lo sappia ben intravedere — 
sempre qualche cosa dell'originario valore. — Così il Kretschmer 
(I 2073) si studia di dimostrare come la voce &puo)6g tradisca l’origine 
rurale primitiva del popolo ellenico, avendo nel suo senso vero il 
valore di «ora del mungere », considerando quindi questa come 
il punto culminante della giornata e l'occupazione più importante 
della vita dell'Elleno — Alla Tessaglia hanno rivolto le loro cure 
lo Stàhlin (I 2074) che dà uno schizzo etticace, complessivo della storia 
della Tessaglia ellenica, ed il Van der Velde (I 2075) che ne persegue 
le vicende seguendo le traccie dialettali nella loro diffusione topo- 
grafica. — Locri invece attrasse l’attenzione di W. A. Oldfather (I 2070) 
e Locri infatti ha un'importanza speciale nella storia della civiltà 
ellenica. Locri fu centro di poesia nell’età epica; ein Locri trovò svol- 
gimento nuovo e originale la lirica lesbia; a Locri apportò riflessi 
profondi la poesia esiodea; in Locri la musica si rinnovò nelle sue 
forme artistiche e si affermò in canoni scientifici; Locri ci dà il diti- 
rambo eroico, introduce nell'arte i temi della poesia pastorale e 
della novellistica; in Locri Zaleuco codifica le leggi del costume, 


I. 2072 — REINACHS., /S., xI- I. 2075 — VAN DER VELDE R,, 
XII, 17 ott. 1924. T'hessalische DialeRtgeographie, Nij- 


I. 2073 — KREISCHMER P.,, megen-Utrecht, 1924. 


ARAR10S: 01 Sl 924-100; I. 2076 — OLDFATHER W. A,, 
I. 2074 — STAEHLIN FR., Das Locris and early greek Civilisa- 


hellenische Thessalien,Stuttg.,1924. tion: PAO., 1924, 1-22. 


— 297 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA, 1. I. 2077-2079 


mentre in Locri l'espansione commerciale ellenica trova suo punto 
d'appoggio e ne forma suo emporio importante. 

A poco a poco pertanto di sulle civiltà aborigena ed egea si 
afferma quella ellenica e gli Elleni hanno coscienza della loro supe- 
riorità morale sugli altri popoli. Di qui quel senso di riservatezza 
per cui si vogliono distinguere dagli altri popoli non elleni, che con 
l'andare del tempo si tramuta in senso di dispregio verso di loro, 
quasi esseri di natura inferiore. E quella caratteristica di « barbaro » 
che da prima indicava solo una differenza di pronunzia acquistò 
a poco a poco un valore morale e politico. Lo svilupparsi di questa 
significazione rispondentemente al sentimento popolare delle varie 
età è appunto l'argomento del lavoro del Jiithner (I 2077) che raccoglie 
coscienziosamente e discute serenamente le attestazioni antiche per 
le quali sotto nuova luce ci appariscono per taluni riguardi la vita 
greca e le sue concezioni nazionali e politiche nei vari tempi. 

Ricerche più particolari sono quelle dello Schoch (I 2078) sulla 
storia culturale e commerciale di Delo pur avendo anche notevole 
interesse per la storia e la condizione generale della Grecia, offren- 
doci notizie curiose sulle condizioni dei lavoranti, sui prezzi di vita, 
e sovra tutto sulla trasformazione della vita interna di Delo dopo il 
166 per la prevalenza dell’ elemento ateniese, e poi di quello ro- 
mano che domina nel 2° sec. a. C. finchè la guerra mitridatica, e la 
guerra dei pirati non determinarono la piena rovina dell’isola. Lo 
studio dello Schoch si basa sulla raccolta delle inscrizioni dal 484 
a. C. al go d. C. e traccia la storia dei tre periodi principali della 
vita di Delo, cioè quello della 1% e 2% lega navale delio-attica (476- 
315-4), quello dell’indipendenza del 315-4 al 166 a. C., e quindi del 
secondo periodo ateniese dal 166 a. C. in poi, quando Roma restituisce 
Delo ad Atene. Esso ci dà ragione di talune tendenze che si fanno 
sentire nella vita letteraria e sono determinate dall'indirizzo commer- 
ciale del tempo. — La leggenda dell’oro del Pattolo, che trovò così 
larga diffusione nella letteratura da Archiloco a Strabone e Filo- 
strato, è studiata dallo Shear (I 2679) che notò come le pagliuzze d'oro 
nelle terrecotte di Sardi siano soltanto di mica. La leggenda della 
ricchezza di Creso deriva pertanto da tali proprietà del Tmolo e 
delle sabbie del Pattolo a causa delle foglioline di mica che si 


I. 2077 — JUETHXER Jut., Hel-  d. hellenistischen Delos: NJ., XXVI, 
lenen und Barbaren, 1v-105, Leip-. 1923, 77-88. 
zig, Dieterich 1923. 
I. 2079 — SuÙecar E. L,, Ze 
I. 2078 — ScHock P., Aultur-. Gold Sand of the Pactolus: CIM., 
und W'irtschaftsgeschichtliches aus XVI, 1924, 186. 


— 298 -- 


GENER. II: VITA STORICA, ECC. I. 2080-2081 


riconoscevano nelle terrecotte di Sardi e furono ditfuse dal commercio 
per il mondo greco dopo Creso. I sedimenti aurei furono trovati 
posteriormente. 

Il popolo ellenico è studiato pertanto con preferenza in tuttii suoi 
momenti più gloriosi dagli amatori dell'antichità classica. Ma anche 
il problema della caduta del popolo greco ha trovato nel Miinzer 
(I 2080) il suo indagatore appassionato e diligente. Il Miinzer domina 
con largo sguardo la materia che gli offre agio di fare confronti e paral- 
leli anche con la vita presente, dimostrando col fatto l’utilità di tali 
ricerche del passato. L'autore segue le vicende dell’ellenismo nelle 
sue fasi ultime, considerando tutta la vita greca come quella di un 
grande stato vivente a sè, indipendente pur con forme tanto varie, 
fino alla caduta sotto il dominio romano. Sono gli ultimi baghiori di 
una vita gloriosa, che non viene però del tutto soffocata, chè si 
tramuta per vincere i vincitori stessi. E la chiusa di una civiltà 
secolare che da Omero andò sempre più svolgendosi fino a Socrate, 
quando tocca il culmine della propria grandezza morale e creatrice. 
Periodo splendido di vita che con ardore e valore ci fa rivivere nel 
suo complesso ancora una volta il Birt (I 2081) il cui lavoro qui 
ricordiamo appunto come quadro di sfondo di questi brevi cenni 
degli studi sulla storia greca in rapporto allo spirito del popolo 
ed alle sue manifestazioni letterarie. 

2. RELIGIONE. — Tutta la vita greca era perfusa da un 
profondo senso religioso che diviene il substrato di ogni espressione 
affettiva, intellettuale. Tale sentimento si concreta in concezioni 
sensibili, materiate per quel carattere particolare dei Greci che li 
conduce a considerare ogni manifestazione della vita interiore cd 
esteriore come forme viventi, reali. Per questo il mito domina tutto 
il mondo spirituale greco, dà il fondamento materiale ad ogni rap- 
presentazione d’arte. Ma la religione, libera espressione dello spirito 
per i Greci, non contenuta da norme rigide, fisse, sì presenta nelle 
più svariate forme, nelle più diverse concezioni e però la ricchezza 
di tali concezioni mitiche ha bisogno di larghi repertori nei quali 
tale materia sia in certo qual modo sistematicamente raccolta. 
L'aveva fatto il Preller con la sua Griechische Mythologie ma in pochi 
anni il lavoro era invecchiato e si presentava insufficiente. Vi ri- 
mise mano C. Robert ampliando, rifacendo, compiendo il lavoro 
del Preller, lavoro che ha assunto ampiezza considerevole, ed è una 


I. 2080 — MùxzER Fr., Die po- I. 2081 — Birt TH., Von Homer 
litische Vernichtung des Griechen- bis Sokrates, Leipzig, 1923. 
tums, Leipzig, Dieterich 1925. 


— 209 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2082-2083 


miniera inesauribile di notizie tratte da ogni campo della cultura 
antica. Nel 1923 del secondo volume dedicato alle Leggende erotiche, 
è stata pubblicata la II parte (le leggende nazionali) il cui terzo libro 
riguarda «la guerra troiana fino alla caduta di Troia » (I 208). Ac2- 
canto a questo lavoro che vuol essere complessivo, di carattere sin- 
tetico, continua a pubblicarsi — e volge quasi alla fine — l’Ausfwhrl. 
Lexicon der griech. u. rim. Mythologie (Leipzig, Teubner) iniziato 
dal Roscher, che aggruppa le notizie sotto le varie figure mitiche di- 
sposte in ordine alfabetico. Ma, data appunto la libertà dello spirito 
greco e la sua fecondità prodigiosa di concezioni artistiche, non 
basta raccogliere tutto il materiale, quasi che esso basti a dare il 
quadro vero della vita antica. Bisogna in queste rappresentazioni 
cogliere quello che è originario e fondamentale distinguendolo da 
ciò che è aggiunto posteriormente per varie ragioni, ciò che 
è espressione diretta del popolo e che per questa vive nel 
popolo e da questo è considerata realtà storica da quello che 
è innovazione di individui, siano essi pure Eschilo e Pindaro. 
Il Wilamowitz (I 2083) ha voluto tentare di dare un saggio di quello 
che dovrebbe fare lo studioso in questo campo. Anche la mitologia 
fu oggetto di studio, di osservazioni per gli antichi e perciò le leg- 
gende popolari si andarono trasformando secondo le condizioni 
dei tempi, dei luoghi e secondo lo spirito degli artisti; bisogna di- 
scutere il materiale e non soltanto ordinarlo per ordine cronologico 
nel suo svolgimento, chè voci recenti spesso mantengono più pura 
l’eco sincera di documenti più antichi, ma già adattati ai nuovi tempi. 
La leggenda è la letteratura non scritta ed ha quindi valore impor- 
tantissimo per la storia letteraria chè attorno alla leggenda, consì- 
derata o la storia reale della nazione o la espressione concreta del 
suo spirito, si svolge tutta la vita artistica. Il Wilamowitz adunque 
tenta con l’aiuto anche dell’arte arcaica di riconoscere le forme 
prime del mito risalendo attraverso le attestazioni posteriori alle 
concezioni originarie e ne dà prova fermandosi alle leggende di 
Meleagro, Oinone, Borea, Arpalice, Lino, Teseo, Achille, Ettore, ecc. 
Tanto più che come nella vita pratica erano continuate a rimanere 
nel popolo greco costumanze, abitudini ereditate dai popoli prece- 
denti, così nella vita religiosa tale influsso si fece naturalmente sen- 


I. 2082 — PRELLER L., Griechi- 
sche Mvythologie, 1v Aufl. erneuert 
v. C. RoBERT, II Bd. mi Abt.; 
Die Heldensage, 3° Buch: Der 
troische Kreis bis zu Ilions Zer- 


storung, VII-969-1289, Berlin, Weid- 
mann 1923. 


I.2083 — WiLAMOWITz v. MoEL- 
LENDORF  UDp., Die griechische 


— 300 — 


GENER. II: VITA STORICA, ECC. I. 2084-2089 


tire più forte. Tali sopravvivenze studia M. P. Nilsson (I 2084) perse- 
guendo nei vecchi centri di cultura micenea le traccie appunto 
di credenze, riti non ellenici, specialmente micenei (Argolide, Bcozia, 
Attica, Laconia, Tessaglia, Pilo). Influsso miceneo si fece sentire 
particolarmente sulle coste della Grecia; nell'interno ebbe minore 
effetto, perchè forse i Greci stessi furono nell'interno gli introduttori 
della cultura micenea. Queste sovrapposizioni, fusioni e accostamenti, 
e svolgimenti paralleli di culture varie hanno apportato nello spirito 
greco resultati strani, concezioni spesso contradditorie, in generale 
non bene definite e con caratteri diversi, sì che anche le espressioni 
che più dovrebbero parere elleniche si presentano offuscate da 
colorito estraneo che rende perplesso lo studioso. 

Di qui l'incertezza dei ricercatori di determinare le originarie 
caratteristiche e la vera natura di talune divinità. Ad es. anche 
per Apollo, vi ha chi dubitò e dell'origine ellenica del dio e, quindi, 
della sua vera natura anche nelle più antiche rappresentazioni, 
come l’omerica. Contro la non ellenicità di Apollo e la sua provenienza 
dall'Asia Minore tratta il Bethe (I 2085) dimostrando che le ragioni 
addotte dagli avversari non hanno che ben debole sostegno. Ma 
non può del tutto negare che nel tipo apollineo si fondano elementi 
derivanti dalla cultura egea e preellenica (Wilamowitz, Aly, Harrison). 
Preellenica pure è la concezione della dea della terra che rivisse, 
secondo lo Harbillon (I 2086) nella figura di Artemis Triclaria di Patras 
(cfr. Reinach I 2072) cui si facevano sacrifizi umani, e che originaria- 
mente dea delle acque a poco a poco si trasforma in dea della ve- 
getazione, quindi protettrice degli uomini, e poi della vita politica, 
della castità, ecc. Anche Poseidon, secondo il Carnoy (I 2087-2088) 
è originariamente dio delle acque per l'etimologia del nome, 
mentre altri lo riconosce come un antico dio peloponnesiaco mediter- 
ranco, signore dei terremoti. — Dal culto della vegetazione proviene 
per H. J. Rose (I 2088) la leggenda di Anchise ed Afrodite, leggenda a- 


Heldensage: SPAW., 1925, 41-02, I. 2086 — HERBILLON |J., Arte- 
214-242. mis Triclaria: MB., XXVIII, 1924, 
I: 
I. 2084 — Nitusson M. P., Der 3 SER l 
Mvhenische Ursprung der griech. I. 2087 — CARNOY A., Le nom 


Mvthologie: “Avidwpov. Festschr. de Poseidon: MB., XXVII, 1924, 
J. Wackernagel, 137-142, Gotting., 175-180. 


1924. I. 2088 — Carnov A., Efymo- 

I: 2068. bis E, dll 0 e e a e 
der Hellene: ’Avridowgov. Festschr. CIANI Mg 1024,/39073918: 
J. Wackernagel, 14-21, Gotting,, I. 2089 — Rose H. J., Anchises 
1024. and Aphrodite: CIO., 1924, 11-10 


e; ()) 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2090-2094 


siatica, appartenente al circolo rituale della Gran Madre. Così il Rose 
spiega il carattere di Anchise, quale apparisce anche nella leggenda 
antica (omerica), per la grande freddezza nelle sue relazioni con Afrodi- 
te, non comune esempio di relazioni spontanee di divinità femminili 
con uomini nel mondo olimpico greco. — La nota leggenda di Tetie Pe- 
leo, nella quale la relazione fra divinità femminile e personaggio umano 
non è spontanea, ma imposizione di volonta superiore, è illustrata da 
Davis Rushworth Kennard (I 2990); leggenda importante per i suoì 
riflessi letterari da Omero a Pindaro ed ai più tardi poeti. — 
Divinità veramente non elleniche sono Dioniso ed Ares. Di 
Dioniso rappresentato con la doppia ascia, indizio del culto 
primitivo, si occupa il Minto (I 2091), che nelle rappresentazioni 
artistiche del dio riconosce le traccie della diffusione del culto 
del dio nella Grecia, dove la originaria figura è andata assumendo 
a volta a volta colorito ed espressione diversa. Di Ares, origina- 
riamente dio della vegetazione, di cui è nota l’unione del culto con 
quello di Afrodite, con caratteristiche diverse nei vari paesi, 
finchè si presenta come dio della guerra assumendo caratteri forestieri, 
ci tratteggia la storia singolare lo Schwann (I 2092) dal culto di Tilfusa 
e quello tebano a quello peloponnesiaco, ed a quello più recente attico. 
--- Importanza particolare ebbe, specialmente per la stirpe dorica, 
Eracle, che trova le sue origini nella vita micenea, come dio della 
vegetazione (Tespi, Micalesso, Tebe), od anche come demone infer- 
nale (Creta, Mileto, Fenicia), finchè con l'invasione dei Dori è l'eroe 
nazionale degli invasori. Ma non si trasforma così da non lasciare 
ancora traccie del suo vecchio carattere, quale ha riconosciuto il 
Picard (I 2092) in un rituale arcaico trovato a Taso, del principio del 
V secolo. Il culto eracleo, con l’espansione dorica, si diffuse 
in tutto il mondo ellenico e del suo culto nella Sicilia e nella Magna 
(srecia ci dà un saggi notevole il Capovilla (I 2094). 

Per chi voglia considerare come del materiale mitologico sì 
siano serviti gli antichi poeti epici (Omero - Esiodo), lirici (lirica 
corale), drammatici (parti corali) come elemento di confronto o di 


I.2090— KENNARD Davis RusH- I. 2093 — PicAaRD CH., Un ri- 
WORTH., Peleusand Thetis, Oxford, tual archaique du culte de 1° Héra- 
1924. klès Thasien trouvé a Thasos: 

BC H., XLVII, 1923, 24I. 

I. 2091 — Minto A,, Dionysos: I. 2094 — CAPOVILLA G., Era- 

Adeft., 1923, 1-17. cle in Sicilia e nella Magna Gre- 


cia, con un'appendice: Ercole a 
I. 2092 — ScnwExN FR., Ares: Roma, 86, Milano, « Aegvptus » 
A/tel., XXI, 224-245. 1025. 


1 pre 


GENER. II: VITA STORICA, ECC. I. 2095-2099 


paragone per la vita reale, sarà utile guida lo studio di R. Ochler 
(I 2095) che ne dà esempi numerosi. 

Fra i lavori speciali sulle leggende mitiche anche per i rapporti 
con la storia letteraria ricordiamo l’opera del Bacon sul viaggio 
degli Argonauti (I 2096), in cui si trova ampia trattazione di tutta la 
leggenda, con illustrazioni e carte, ed è importante lavoro per lo 
studio dell'elemento epico in rapporto ad Omero e ad Apol- 
lonio, ma ancor più alle attestazioni storiche rimaste dalle quali 
sì tenta di trarre luce per la storia più antica della espansione 
ellenica. 

Da ultimo, poichè interessano e per la vita generale della Grecia 
antica e per le ricerche letterarie, ricordiamo le note di Eugene 
Stock Mc. Cartney (I 2097) sulla fortuna del pomo nell'antichità come 
simbolo d'amore (rafforzando la tesi del Foster contro il Gaidoz 
che negava il valor simbolico del frutto) a cominciare da quello di 
Paride fino a quelli della più recente letteratura. È però da notare 
la mancanza in tale lavoro del ricordo della favola di Aconzio e 
Cidippe illustrata dai recenti papiri callimachei. 

3. LA LINGUA COME DOCUMENTAZIONE STORICA. — La lingua fu 
il documento cui si domandò il sussidio maggiore per confermare le 
scoperte archeologiche o aiutare le investigazioni e ricostruzioni 
storiche. Nei lavori del Glotz (I 2008) e del Jardé (I 2061) la lingua 
primitiva dei Greci è studiata come documento storico, ma, 
fra tutte, di importanza capitale è l’opera del Meillet (I 2098) 
che studia lo sviluppo storico della lingua dalla sua probabile 
unita nei tempi primitivi ai suoi ulteriori svolgimenti nei vari 
dialetti in rapporto alle condizioni storiche del popolo  elle- 
nico fino alla relativa unità dei tempi cllenistici. L'influsso delle 
civilta anteriori lasciò nella lingua ellenica traccie più chiare che 
non nelle altre manifestazioni o documentazioni storiche, e con- 
tinuò a mantenersi anche nei tempi storici tentando di diventarne 
elemento naturale ed originario. Gli studiosi recenti si studiarono 
di discernere questi elementi stranieri. Li ravvisò e N perseguì 
C. Autran (I 2099) nei nomi propri, facendo notare quali rap- 


I. 2095 — OEnGLEr R., Mvtlo- 
logische Exempla in der dlteren 
griech.  Dichtung, 124, Aarau, 
Sauerlànder 1925. 


I. 2096 — Bacon J. R., The 
Vovage of the Argonauts, viri-187 
con 6 illustr. e 3 carte, London, 
Methuen 1925. 


I. 2097 — CARTNEYv Euc. STOCK 
Mec., How the Apple Becamethetoken 
of Lowe:TPAPhA.,LVvI,1925,70-81. 

I. 2098 — MEILLET A., Aper- 
cu d'une histoire de la langue 
grecque (2% ed), xv-254, Paris, 
Hachette I9zo0. 


I. 2099 — AUTRAN C., Intro- 


ca 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2100-2102 


porti frequenti e stretti siano fra le stirpi greche e le popolazioni 
aborigene dell’Ellade e dell'Asia Minore. Specialmente i nomi topo- 
grafici e di persona resistettero alle imposizioni delle nuove e più 
recenti culture e l’Autran dopo aver nelle linee generali dichiarato 
le ragioni ed il metodo della sue ricerca ne da le prove studiando 
i singoli nomi che riporta in ordine alfabetico. Per ora sono usciti 
i primi fascicoli dell’opera, e siamo alle prime lettere dell’alfabeto. 
Occorrerà aspettare che l’opera sia compiuta per darne un giu- 
dizio complessivo e determinare il valore reale di cotali ricerche 
le quali possono facilmente condurre anche a conclusioni esagerate. 
Per ora constatiamo che per l’Autran nessun nome proprio, o quasi, 
si salva da un battesimo preellenico. Più limitato è l'ambito in cui 
si sofferma Ed. Hermann (I 2100), il quale parte dall’affermazione che 
le parole greche che non presentano una etimologia possibile deri- 
vano da età precedenti ed in particolare ricorda i nomi in-vd0%, 
quelli con v od 1, oppure —xc0g, ed in dentale + 7: quindi le parole 
riferentisi all'arte musicale (tauBos, dpiauBoc, StvpauBoc, ecc.) di 
origine frigia, ed altre quali XXv090<, ecc. 

Ma più audacemente era proceduto per questa via il Huber (I 2101) 
— che dobbiamo qui ricordare per l’importanza dei resultati — 
per spiegare il mistero dei popoli preellenici. come ha faito il Grimme 
citato sopra (I 2067). Ed il bagaglio accennato dal Meillet, Glotz, 
Hermann, ecc. si accresce, e non poco, pur in mezzo ad incertezze del- 
le quali non avea mancato di rendersi conto il Huber stesso. È 
indubitato che, se anche non si dovrà accettare ogni conclusione per 
vera, il principio fondamentale storico seguito dal Huber è esatto, 
sì che la lingua ci può essere la più sicura testimonianza della natura 
di un popolo e delle sue attitudini. Essa lo segue in tutto il suo svol- 
gimento, nelle sue espansioni e trae il suo materiale dalle condi- 
zioni storiche in cui vive. Seguendo questo criterio, ammesso dai 
più illustri storici e linguisti (basti ricordare il Pictet, lo Schrader, 
Is. Taylor, Hirt, ecc.), ed applicandolo ad un particolare campo 
di ricerca, Fr. G. Allinson (I 2102) dagli epiteti, comparazioni, 
descrizioni, riconosce nella poesia greca il sempre maggiore 
influsso che vi ha esercitato la vita sul mare, e segue l’espan- 


duction d l'etude critique du nom 
propre grec, fasc. 1-11, Paris, Geu- 
thner 1924. 


I. 2101 — HuBER ]J., De lin- 
gua antiquissimorum Graeciae în- 
colaruni, 47, \iennae, Fromme 


: 1921 (= Comment. Aenip. ix). 
I. 2100 — HLiRManN ED., Kurze 


Bemerkungen cur Sprache der Vor- 
bewohmner Griechenlands: Gl., XI, 
1923, I50-152. 


I. 2102 — ALLINSON FR. G., The 
colonization of greek poetry: TP 
APNA., 1922, p. XVI. 


— 3041 — 


GENER. III. STORIA DELLA CULTURA, ECC. 


I. 2103-2107 


sione, per tutto il Mediterraneo, della poesia e quindi della cul- 
tura ellenica. 

E di tale espansione è prova anche l’influsso esercitato dalla lingua 
greca sul volgare latino nei nuovi paesi conquistati moralmente; 
influsso palesatosi non per mezzo della lingua greca diretta- 
mente, ma attraverso il linguaggio etrusco e le parlate ellenizzate 
d'Oriente come dimostra E. H. Sturtevant (I 2103), riprendendo la 
tesi gia sostenuta dal Frank in A./J.Pà., XNLV, 1924, 161-175. I Ro- 
mani ebbero piena coscienza di tale influsso del greco sulla loro lingua, 
ne notarono le affinità considerando l'eolico come loro lingua madre. 
Di tale questione si occupa largamente Teresa Cupaiolo (I 2104). 


III. Storia della cultura ed in particolare della lettera- 
tura greca. — Anche in questi ultimi anni non sono mancate le opere 
generali di illustrazione alla cultura greca. Ricordiamo per la parte no- 
tevole che vi è riserbata alla letteratura, la seconda ediz. (1924) della 
Antike Kultur di Fr. Poland, E. Reisinger e R. Wagner, la quale 
sì presenta anche in veste italiana per opera di L. Arditi presso l’edi- 
tore Vallecchi di Firenze (I 2105) e l’112 edizione della non meno nota 
Hellas del Wagner, Baumgarten e Martin (I 2160), accanto alla nuova 
edizione (terza) dell’Etnleitung in die Altertumuissenschaft di Gercke- 
Norden (I 2107), al cui compimento manca solo il fascicolo riguar- 
dante la Metodologia del Gercke. 

E poichè quest’opera è il manuale più pregevole ec più diffuso 
che tratti in generale della filologia classica nelle sue forme più varie 
non sembri inopportuno darne qui l’elenco del contenuto nei singoli 
volumi, tanto più che il primo volume è pubblicato in fascicoli 
separati per comodità degli studiosi. 

Vol. I: 1°. Wilamowitz, Geschichte der Philologie (1921); 3°. Grie- 
chische Literatur, v. E. Bethe u. M. Pohlenz (1924) di pp. 1099; 4.° Rò- 
mische Literatur v. E. Norden (1923); 5.° Christliche Literatur v. H. 


Lietzmann (1923, pp. 30); 06.0 Sprache v. P. Kretschmer (1923, 


I. 2103 — STURTEVANT F. H,, 


2° Aufl. 1924. — La civiltà antica, 
Influence of Greek on Vulgar Latin: 


trad. di L. ARDITI, 390 con 110 


TPAPhA., LVI, 1925, 5-25. 


I. 2104 — Curaroto T., La 
teoria della derivazione della lingua 
latina dall’eolico, 69, Palermo, tip. 
Boccone del Povero 1025. 


I. 2105 — Poranp FR. Rri- 
SINGER, E. WacxNER R, Die an- 
Zike Kultur in ihren Hauptziigen, 


— 


ill., 5 tav. fuori testo, e 2 cart. 
geogr. Iirenze, Vallecchi 1924. 


I. 2106 — \VAGXER, BAUMGAR- 
TEN, MARTIN, Zfellas. Die alten 
(oriechen und ihre Kultur, XL Auf., 


VII-406, 215 AbDbild., 3° Beilag, 
Berlin 1923. 
I. 2107 — GeERcKE- NORDEN, 


305 — 


Aevum - Anno I - 20 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2108-21 10 


pp. 121); 7.° Griech. Metrik v. P. Maas (1923, pp. 32); 8.° Romische 
Metrik v. Fr. Vollmer (1923); 9.° Griech. Epigraphik v. Hiller v. 
Gaertringen; Papyruskunde v. W. Schubart; Griech. Palacographie 
v. P. Maas (1924, pp. 81); 10.° Latein. Epigraphik v. H. Dessau; 
Latein. Palacogr. v. P. Lehmann (1925). — Vol. II: (1922), Grieck. 
u. rim. Privatleben v. E. Pernice; Mwnzkunde v. K. Regling; Griech. 
Kunst v. Fr. Winter; Griech. u. ròm. Religion v. S. Wilde-M. P. 
Nilsson; Exacte Wissenschaften u. Medizin v. J. L. Heiberg; Gesck. 
d. Philosophie v. A. Gercke. — Vol. III (22 ed., 1914): Griech. u. rom. 
Geschichte v. C. F. Lehmann-Haupt, K. ]J. Beloch, E. Kornemann; 
Griech. Staatsaltert. v. Br. Keil; Rom. Staatsalt. v. K. J. Neumann. 

Per importanza, come opera di diffusione e di consultazione 
più generale, accanto all'opera: dei Gercke-Norden dobbiamo se- 
gnalare anche quella della Kultur der Gegenwart per quanto niuna 
nuova ristampa in questo ultimo periodo sia stata fatta, del vol. 
VIII, 1 che fra l’altro contiene la storia della letteratura greca 
del Wilamowitz, della letteratura bizantina del Krumbacher, e della 
lingua greca del Wackernagel (I 2108). Nè dobbiamo dimenticare la 
continuazione della Real/-Encvklopddie, del Pauly curata da Wissowa- 
Witte (I 2109). 

Quanto alla storia letteraria tiene il campo principale fra le 
ultime pubblicazioni il compimento della nuova ristampa per cura 
dello Stahlin della Storia della letteratura greca del Christ (I 2110). 
Il volume manuale d’un tempo si è venuto allargando nella sesta 
edizione (di cui nel 1924 è uscita la 2% parte del II volume) in 
più volumi di considerevole mole e di prezioso contenuto. 
L’opera del Christ è ormai opera di consultazione più che un manuale 
pratico, quali erano invece, pur con indirizzo affatto personale e 


Finleitung in die Altertumwissen-  Mittelalter v. E. NoRDIN; Die 
schaft, nr Aufl., Leipzig, Teubner at. Sprache, v. FR. SKUTSCH 
1921, Segg. 
I. 2109 — PauLvy's, Real-Ency- 

I. 2108 — Die Kultur der Ge-  clopadie, n. Bearb., v. Wissowa- 
genwart, hrsg. v. HINNEBERG, via KroLL- K. WITTE, XXIII (1924), 
I, Die griechische u. Latetnische  xxiv (1925), Kynesioi- Libanon; 
Literatur u. Sprache. — Compren- 1 ser., Iv (1923) Selinuntia-Sila; 
de: Die griech. Literatur des Al-. Supplem. iv (1924), Abacus-Le- 
tertumis v. \WILAMOWITZ-MOELLEN- don. Stuttgart, Metzler. 
DORFF; Die griech. Liter. des Mit- 
telalters v. K. KRUMBACHER; Die I. 2110 — CHRIST (v.) W., Ge- 
griech. Sprache v. J. WackERr- schichte der griech. Litteratur, Vi 
NAGEL; Die rom. Liter. d. Al-- Aufl. v. STAEHLIN-ScHM1D, Miinch., 
tert. v. FR. LEo ; Die latein. Liter. O. Beek, 11, 11, Die Nachkl. Periode 
in Uebergang vom Altert. zum der Griech. Litteratur, 1924. 


:--- 306 — 


GENER. III. STORIA DELLA CULTURA, ECC. I. 2111-2117 


frutto di particolari ricerche quelli del Wilamowitz e di Bethe-Pohlenz 
giù ricordate. (I 2107, 2108). Manuale nel vero senso della parola è 
quello del Fowler (I 2111) nella sua nuova revisione, per le persone 
colte forse ancor più che per le scuole. Più limitato nelle sue pretese 
scientifiche, ma non privo di vedute originali, pur cercando di attenersi 
ai resultati sicuri delle più recenti ricerche, è il manualetto del Nestle 
(I 2112) che trattala storia letteraria dalle origini ad Alessandro Magno. 
Omero si presenta in un quadretto vivo, la figura profetica di Esiodo 
acquista una luce nuova, Demostene apparisce forse troppo idea- 
lizzato. Ma non conviene dimenticare che si tratta di operetta di divul- 
gazione, come è anche quella del Mader (I 2113) e la più recente dello 
Aly (I 2114) che ci tratteggia lo sviluppo delle correnti di pensiero e 
delle forme letterarie. Altra breve storia della letteratura greca scrive 
il Norwood (I 2115) delineando le figure principali con le caratteristi- 
che desunte dai tratti migliori delle loro opere. Fra le pubblicazioni 
nostrane ricordiamo la nuova (XX) edizione dell'ottimo compendio di 
V. Inama (I 2116) che il Bassi ed il Martini hanno aggiornato nella 
parte bibliografica, con aggiunte sulla letteratura cristiana e sulla lette- 
ratura greca degli ultimi tempi; il rifacimento per opera di Fr. Marinelli 
del bel Disegno Storico della letteratura greca di G. Setti (12117). Il Setti 
aveva fatto un lavoro perle scuole inspirato a quel concetto artistico che 
si rivela in tutte le altre sue opere e con grazia ed acume aveva cercato 
di presentare le figure dei grandi artisti dell'antichità greca nel loro 
valore d'arte; spesso la passione dell'artista aveva preso la mano 
al critico ed allo storico, specie nei riguardi della scuola. Il Marinelli 
cercò di ridurre il libro allo scopo reale che si era prefisso l’autore, 
adattandolo ai regolamenti scolastici, aggiungendo (questa è la parte 
nuova) notizie sulla letteratura cristiana, curando la bibliografia. 


I. 211! — FowLER H. N, A. 


history of ancient Greeh Literature, 
New and revised edition, x-503, 
New York, the Macmillan Compa- 


ny 1923. 

I. 2112 — NESILE VW, Gesch. 
der griech. Literatur (= Samml. 
Goschen), 137, Berlin-Leipzig, De 
Gruyter u. C. 1923. 


I. 2113 — Mapekr L., Gesch. d. 
griech. Liter., vii-126, Bielefeld u. 
Leipzig, Klaring 1924. 


I. 2114 — Ary W.,, Geschichte 
d. griech. L:teratur, xvI-418 (= 


Handbibl. d. Philol.), Leipzig 
1925. 

I. 2115 — NorwooDb G., The 
IHriters of Greece, 142, Oxford, 


Clarendon Press 1924. 


I. 2116 — INAMa V,, Lettera- 
tura greca, 20% ediz. rived. ecc. da 
D. Bassi ed E. MARTINI, XIX- 
355, Milano, Hoepli 1924. 


I. 2117 — SETTI G., Disegno sto- 
rico della letter. greca, 3* ediz. rin- 


nov. e accresciuta da FR. Mart- 
NELLI, VI-329 con 35 illustr., F1- 
renze, Sansoni 1424. 


— 307 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA, JI. I. 2118-2123 


Ma il libretto ha perduto la sua originale, se pur sì voglia considerare 
‘ difettosa, caratteristica dell’opera del Setti: più utile come guida 
a studenti di liceo, meno interessante nel riguardo della cultura par- 
ticolare della nostra nazione. Il Cessi (I 2118) tenta di dare un quadro 
storico della vita letteraria greca secondo una più larga visione; 
inquadrando cioè la vita letteraria ed artistica in quella storica e 
politica, cercando di mettere in luce piuttosto lo sviluppo generale 
delle grandi correnti di vita spirituale che non occupandosi delle 
minute notizie dei singoli autori, richiamandosi alle conclusioni 
più sicure delle più recenti ricerche filologiche e storiche, ma se- 
guendo un indirizzo ed una concezione sua speciale nella visione 
di tale sviluppo. Il libretto deve servire per le scuole liceali classiche, 
ma vuol essere anche una guida per chi voglia procedere un po’ 
più oltre nel campo degli studi letterari e però è data notevole parte 
alla bibliografia italiana in particolare, specialmente nel periodo 
classico. Il criterio informatore del libro è quello che il Cessi (I 2119) 
aveva esposto nel suo programma di studi e di ricerche pubblicato nel 
1924, come resultato delle sue lezioni accademiche. — Registriamo al- 
tresì una nuova tiratura del ben noto Manuale dei proff. Vitelli e 
Mazzoni, così diffuso, a giusta ragione, nelle nostre scuole (I 2120). 
A campi più particolari della storia letteraria appartengono i 
lavori del Bethe (I 2121) che ha iniziato una serie di fascicoli per illu- 
strare la poesia greca nel suo svolgimento artistico, sopra tutto 
con lo scopo di divulgare fra le persone di media cultura la cono- 
scenza della poesia greca; del Heinemann (I 2122) che dà un quadro 
breve ma compiuto dello sviluppo di tutta la poesia classica greca, con 
buon gusto e piena conoscenza; del Laurand (I2123) che offre il ma- 
teriale bibliografico riguardante l'antica eloquenza. — Favore speciale 
ha goduto in questi ultimi tempi la letteratura ellenistica il cui 
interesse è dovuto anche alla natura dci documenti letterari artistici 


I. 2118 —CFSssI C., Quadro storico 
della letter. greca, ad uso dei Licei 
classici, 383, Catania, Muglia 1925. 


I. 2119 — Cessi C., Le origini 
della letter. greca (= Pubbl. della 
Univers. Cattol. del S. Cuore; serie 
Iv, vol. II, p. 1, 50, Milano, Società 
Editr. « Vita e Pensiero » 1924. 


I. 2120 — VITELLI G. - Maz- 
zoNI G., Manuale della letteratura 
greca, XV tirat. e appendice, VIII- 
673, l'irenze, Barbera 1925. 


I. 2121 — BeTtHE E., Die grie- 
chische Dichtung,1 Heft, (= Handb. 
d. Literaturwiss. hrsg. v. Ost. 
Walzel, n. 20), 32, Wildpark- 
Postdam a ]., Athenaion 1924. 


I. 2122 — HEInEMannN k,, 
Die Rlassische Dichtung d. Grie- 
chen (= Kròners Taschenausgabe 
n. 15), Leipzig 1924. 


I.2123—LAURAND L.., Ponrcom- 
prendre l’eloquence antique. Biblio- 
graphie: MB., XXIX, 1925, 39-57. 


— 3508 — 


GENER. III. STORIA DELLA CULTURA, ECC. I. 2124-2126 


che l'Egitto ci restituisce quasi quotidianamente coi suoi papiri. 
Ne è del tutto estranea a tale propensione anche quell’intima ana- 
logia psicologica che lega l’età moderna con quella ellenistica. Il Le- 
grand, ben noto come fine studioso della letteratura ellenistica, scrive 
un breve quadro generale (I 2124) della vita letteraria ellenistica, illu- 
strandone le particolari caratteristiche: è un lavoro d’insicme scritto 
con brio e senso d’arte. Invece più particolari ricerche, per quanto 
non abbiano carattere peculiarmente erudito, instituiscono il Bury, il 
Barber, il Bevan e il Tarn nel presentarci gli aspetti vari della civilta el- 
lenistica (I 2125). Il Bury studiando la decadenza politica della vita gre- 
ca mette forse con soverchia acutezza e passionalità in evidenza la 
modernità dell'età ellenistica; il Barber si occupa della letteratura con 
cenni troppo fugaci; il Bevan tratta della filosofia che è forse il campo 
più fecondo e originale della cultura ellenistica; mentre il Tarn tratteg- 
gia la vita sociale nelle sue profonde e quasi improvvise trasformazioni 
dallo spirito classico ad uno spirito più largo, quasi universale. — 
Punti particolari della storia della poesia ellenistica illustrano i lavori 
che da lunghi anni il Wilamowitz ad essa dedica e che ora ha rac- 
colto in due notevoli volumi (I 2126). Le ricerche erudite parziali si 
assommano, per chi voglia ricercarla, anche in una visione generale 
di tutta l’arte ellenistica, chè l’autore risale di frequente dalle disqui- 
sizioni minute a più largo campo, trattando altresì questioni di na- 
tura politica, religiosa, sociale, morale. Il primo volume comprende 
uno sguardo alla vita politica dell'età ellenistica e studia il costi- 
tuirsi del regno macedonico, il suo estendersi, la sua natura, il suo 
influsso, e di poi le condizioni delle singole città della Grecia conti- 
nentale ed asiatica; quindi le forme peculiari dell’arte ellenistica cioè 
l'epos, l’idillio e l'epigramma, e da ultimo si sofferma su Alessandria, 
e, principale rappresentante della letteratura ellenistica, su Callimaco, 
di cui mostra l’influsso su pocti posteriori greci e romani. Il secondo 
volume (Interpretationen) discute alcune questioni speciali delle opere 
di Callimaco (Inni, Epinicio a Sosibio, Aitia, Ibis), di alcuni epi- 
esrammi, del Tolomeo e Talisie di Teocrito, quindi di Licofrone, 
Apollonio, Cleante, Arato, Catullo (c. 4, 34, 61, 62, 63, 64, 65) e 
della Copa. Ma tutti questi lavori richiedevano la necessità di una 
raccolta dei frammenti dei poeti ellenistici, e che ora il Powell sod- 


I. 2124 — LEGRAND PH., Za hellenistic civilisation, 1x-151, Cam- 
poésie alexandrine, 108, Paris, bridge, Univ. Press 1923. 


Payot 1924. I. 2126— \ViLamowITz v. MoOEL- 


I. 2125 — Bury ]. B., BARBERO LENDOKRFF Un., Hellenistische Dich- 
E. A., BEvaN Epw., TARN W. W.,  ung in der Zeit d. Kallimachos,vi- 
The hellenistic Age. Aspects. of 2444+ 338, Berlin, Weidmann 1924. 


— 309 — 


CESSI, LETTERATURA GRECA. I. 


__I. 2127-2131 


disfa col grosso e nutrito volume dei Collectanea Alexandrina (I 2127) 
che contiene le reliquie dei poeti epici, elegiaci, lirici, morali, riserban- 
dosi ad un secondo volume, che auguriamo prossimo, quelle degli 
epigrammatici. Lavoro questo del Powel capitale e fondamentale 
per chiunque si voglia occupare della letteratura ellenistica. 

Di carattere divulgativo invece è il libretto sulla poesia elle- 
nistica del Kérte (I 2128), pur non mancando di quei pregi particolari 
che derivano dalla conoscenza profonda quale della letteratura di 
quel periodo ha l'autore, specialmente riguardo alla drammatica. 

La cultura letteraria della società ellenistica ci è palesata dal 
lavoro dell’Oldfather (I 2129), lavoro interessante non meno per gli 
studiosi della storia letteraria che per i papirologi. Si dimostrano 
quali fossero le tendenze e le preferenze e dei lettori e degli studiosi 
dell'Egitto greco romano. Omero vi ha la parte principale, pur essen- 
do estesa l’attenzione degli ellenistici a tutto il campo degli studi. 

L’Hombert (I 2130) in particolare mostra come nel 2° secolo 
l'influsso dei sofisti porti un rinascimento negli studi e l’asianesimo 
sia motivo di rifiorimento della lirica fino al terzo secolo nel quale 
la lirica e la retorica, sopraffatte dalla passione erudita, decadono 
lasciando il campo agli studi grammaticali e dì carattere scientifico più 
speciale. È il periodo in cui più che il senso artistico domina il desiderio 
dell’erudizione, la tendenza alla sistemazione delle cognizioni: in cui 
anche l’arte è sottoposta a regole, ed a norme specialmente dopo l’o- 
pera aristotelica. Particolarmente tali questioni interessavano il mon- 
do degli studiosi e dei grammatici e la teoria dell'arte e la poetica in 
genere furono variamente discusse e trattate, divenendo quasi il fon- 
damento delle questioni filosofiche delle varie scuole. I frammenti 
di Neottolemo hanno riacceso di nuovo la questione fra i moderni 
riguardo alla concezione dell’arte presso gli ellenistici ed oltre i 
frammenti papiracei ce ne danno attestazione le affermazioni oraziane 
nell'epistola ai Pisoni, che fu tormentata in ogni modo per questo 
rispetto. Il Latte, fra i più recenti, ricerca (I 2131) nell’epistola le 


I. 2127 — Powett J. U., Col- The Greek Literary Texts from 
lectanca alevandrina - Reliquiae  Graeco-Itoman Egvpt. A Study in 
min. poet. graec. aet. Ptol,. 323-146 the history of civilization, VIII-104, 
a. C., xX-203, Oxford, Clarendon Madison, 1923. 


P 5. 
ress 1925 I. 2130 — HomBerT M., A 


I. 2128 — KGRTE A., Helleni- propos de lectures préfertes des 
stische Dichtung, 333 con 4 ill. Vettrés de l'Egypte préco-romaine: 
(= Kròners Taschenausgabe n. 47)  RBPA., 1924, 680-701. 

PDA 920: I. 2131 — LATTE K., Reste frith- 

I. 2129 — OLDpFATHER CH, H., Ahellenistischer Poctikà im Pisonen- 


— 210 — 


GENER. IIT. STORIA DELLA CULTURA, ECC. I. 2132-2135 


traccie della poetica ellenistica e non di fonte aristotelica, ma di 
quel primo ellenismo che si riconosce in Demetrio bizantino e di cui 
si hanno deboli traccie in Filodemo, per il quale non possiamo non 
ricordare qui, benchè di data alquanto più antica, i lavori del Ro- 
stagni (Sulle traccie di un'estetica dell'intuiz. presso gli antichi in 
AeR., 1920; Aristotele ed Aristotelismo nella storia dell’estet. antica in 
SIFCI. n. s. II, 1921, ecc.) cui hanno dato motivo le ricerche ca- 
pitali del Jensen (Neoptolemos u. Horaz in Abh. Berl. Ak., 1918). 

L'ellenismo ha importanza capitale nella storia dell'umanità; 
in questo periodo la cultura ellenica si trasforma in cultura univer- 
sale fondendo in un indirizzo principale tutte le tendenze e le aspi- 
razioni delle stirpi greche e dei popoli più vari coi quali i Greci vennero 
a contatto. La cultura greca si allargò dal territorio greco in quello 
delle regioni vicine d'Oriente, d'Occidente, a Nord ed a Sud, esten- 
dendo le sue radici profonde in tutto il mondo allora conosciuto 
e gettando le basi della civiltà moderna. Come l’ellenismo si sia andato 
diffondendo nel territorio straniero illustra B. A. v. Groningen (I 2132); 
quali siano stati gli effetti di questa diffusione per i caratteri che 
andò assumendo la nuova cultura e l’influsso che essa esercitò sui 
nuovi territori considerano da punti di vista diversi il Laqueur (I 21 33) 
ed il Meyer (I 2134). Il Laqueur esamina lo spirito nuovo informatore 
degli ordinamenti politici e sociali degli Stati particolari che si an- 
darono formando da Alessandro in poi; il Meyer persegue il rin- 
novamento apportato specialmente nell'Asia dalla vita ellenica, lo 
sviluppo artistico, oltre le concezioni politiche fino al loro affie- 
volirsi per la prevalenza dei nuovi elementi sorti dalla fusione e 
sincretismo dei tempi recenti. Un quadro poi vivo di tutto questo 
grande movimento, che apparisce quasi fantastico nella sua larghezza 
e nella grandezza e ricchezza di effetti, ci presenta il Birt (I 2135), in- 
tessendo sulla storia, accuratamente vagliata, dei grandi avvenimenti 
quasi un romanzesco racconto del periodo di vita da Alessandro 
Magno a Gesù Cristo, con vivacità suggestiva. 


brief des Hovaz.: H., LX, 1925, I. 2134 — MrevER Ep,, Bliite und 
1-13. Niedergang des  Hellenismus in 
Di Asien Kunst und Altertum (= Alte 


I. 2132— v. GRONINGEN B. A., Kulturen im Lichte neuer For- 
Hellenisme op vicemdon  bodem, schung. v), 82, Berlin, 1925. 


Groning, Noordoff 10925. 
I. 2135 — BIRT TH., Alexander 
T. 2133 — LaQuEUR R., Zelle- d. Grosse u. das Weltgriechentum 
nismus (= Schr. d. Hess. Hochsch. bis zum Erscheinen Jesu, II verb. 
Univ. Giessen, I), 36, Giessen  Aufl., 505 con 12 tavole, Leipzig, 
1925. Quelle und Meyer 1924. 


— 311 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA, I, 


aa 


I. 2136-2140 


La diffusione dell’Ellenismo nel territorio settentrionale fra 
popolazioni meno civili e non educate da una tradizione di cul- 
tura fu più lenta, incontrando più gravi ostacoli, ma non fu 
meno profonda e benefica. Il Paàrvan seguì la penetrazione el- 
lenica ed ellenistica nella vallata del Danubio (I 2136-137) dove 
la vecchia cultura caratteristica ionica rimase più a lungo perchè 
meno soggetta a quelle variazioni politiche che turbarono le 
regioni meridionali, come ne da esempio sovra tutto la colonia 
ionica di Istria (fondata nel VII sec. a. C.) all’estuario danubiano. 
Quivi gli scavi recenti hanno messo in luce molte epigrafi attestanti la 
condizione di vita economica, politica, religiosa della regione, non che 
il risveglio letterario per il ricordo di un Movoetov del 3° secolo e le 
relazioni con Cizico, la metropoli letteraria ed artistica del Ponto 
Eussino. — Delle più tarde manifestazioni della vita ellenistica trasfor- 
matasi nella cultura bizantino-cristiana si occupa lo Schemmel 
(I 2138-2139), tracciando a larghe linee la storia della scuola di Cesa- 
rea di Palestina, con notizie tratte da Gregorio Nazianzeno, Libanio e 
specialmente da Coricio, e di quella di Costantinopoli nei secoli XII- 
NV da Giovanni Itilo, successo a Psello, fino a Giacomo d'Angelo 
da Scarpario ed al Crisolora. 

Nè l'influsso diretto della vecchia cultura ellenica si è del tut- 
to perduto anche nella più recente vita greca. Nel rinnovamento 
della vita moderna non mancano legami col passato; il carattere 
del popolo è rimasto profondamente greco nonostante le infiltrazioni 
e modificazioni e ne conserva traccie specialmente la poesia popo- 
lare, traccie che il Morici (I 2140) va notando, con diligenza, ad es. 
la contesa dei monti, nei canti neoellenici, che risale a Corinna, il 
ciclo di Caronte, ecc. 


IV. Sussidi filologici. — I) BIBLIOGRAFIA. Padre della filo- 
logia nei tempi moderni è considerato F. A. Wolf, il quale per primo 


I. 2136 — PARVAN V., La péné- 
tration hellénique et  hellénisiique 
dans la Vallée du Danube: Aca- 
déemie Roumaine. Bull. de la sect. 
historique t. x., 25, Bucarest, Cul- 
tura Nationala 10923. 


I. 2137 — PARvan V., Zlistria 
VIII: Academia Romana, Memo- 
rij Sect. Istor., Sez. IM. Tom. 11, 
num. I, 133, x tav., Bucaresti, 
Cultur. National 1923. 


I. 2138 — ScHEMMEL FR,, Die 
Schule v. Caesarca in Palastina: 
PHKIV., 1925, 1279 SS. 


I. 2139 — SCHEMMFL FR,, D. 
Schulen v.  Konstantinobel vom 
12-15 fahrhund:: PhIV., 1925, 236- 
240. 


I. 2140 — MORIicI G., Poesia 
d'arte e poesia di popolo in Grecia: 
Aelt., 1924, 19-38. 


— 312 — 


GENER. V. SUSSIDI FILOLOGICI. I. 2141-2144 


cercò di dare un ordinamento organico ed una sistemazione scientifica 
agli studi filologici. L'ardito tentativo del Wolf fu seguito, modifi- 
cato dagli scolari suoi; trovò opposizioni e consensi vari, ma rimase 
sempre la base fondamentale della filologia classica dell’età nostra. 
A. Bernardini illustra largamente i criteri, la concezione storica e 
filosofica seguiti dal Wolf (I 2141) con ricerche che mettono in luce 
migliore il valore delle affermazioni del Wolf, la natura del suo spirito, 
e meglio cì fanno intendere il carattere e l'indirizzo del filologo e fi- 
losofo della filologia. Un manuale utile per i giovani filologi è quello di 
B. Raube (I 2142), non meno che quello di G. A. Piovano (I 2143) nel 
quale all'elenco alfabetico degli autori, con la dichiarazione biblio- 
grafica delle loro opere, è premessa una breve introduzione che dovreb- 
be servire ad orientare lo studioso italiano e forestiero (e forse più 
questo che quello!) nelle correnti degli studi di filologia greca in Ita- 
lia. Poichè lo scopo principale della raccolta cui appartiene il lavoro 
del Piovano è quello di dimostrare agli studiosi forestieri quanto 
lavoro abbia compiuto l’Italia nel campo degli studi greci sarebbe 
stato opportuno che nell’introduzione fossero studiati più chiaramente 
tutti gl'indirizzi, evitando lacune notevoli, e che nell'elenco degli 
autori e delle opere loro le indicazioni fossero più esatte. Il merito di 
un lavoro bibliografico consiste particolarmente nell’esattezza e nella 
precisione, sovra tutto poi quando deve servire alla diffusione e di- 
vulgazione all’estero del lavoro nostro nazionale! Comunque è pre- 
gevole il lavoro come il primo tentativo di una raccolta di materiale 
bibliografico italiano dai più ignorato e in generale disprezzato e 
quanto a torto! Degli indirizzi, disegnati a larghe lince dal Piovano, 
parla con criterio sintetico il Pasquali (I 2144) delincando le figure 
più caratteristiche dei nostri studiosi quali il Vitelli, il Fraccaroli, il 
Romagnoli, segnalando le traduzioni più importanti, indicando i com- 
menti al classici e le edizioni critiche dovute ad Italiani, accennando 
a tutto il lavoro fatto da Italiani nel campo della papirologia, gram- 
matica, metrica, della critica letteraria, della filosofia, e degli studi 
ellenistici. Neanche il lavoro del Pasquali si può considerare com- 
pleto, ma illumina meglio, nella parte generale, quello del Piovano. 


I. 2141 — BERNARDINI À., Sto- teratur Fithrer, n. 4), 123, Leipzig 
ria e scienza dell'antichità in F. A. Koehler u. VolcEkmar 1923. 


Wolf: RECI., 1925, 305-339. I. 2143 — Provaxo G. A.. Gli 


studi di greco (= Guide bibliogra- 
fiche ICS, n. 17-18), 185, Roma, 
Fondazione Leonardo 1924. 


I. 2142 — RaugGÒÙei B., Von der 
Antike. Ein Fiihrer durch die 
gemeinverstandliche Literatur vom 
klassischen Altertum (= Kleine Li- I. 2144 — PASQUALI G., Gli stu- 


— 313 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA. 1. 


i lie Li 


2. Lessici. — Il ben noto lessico dei Liddel-Scott (I 2145) si ri- 
presenta in una nuova edizione per cura di H. Stuart Jones e di Mc. 
Kenzie con aggiunte dovute ai recenti ritrovamenti papiracei ed 
epigrafici. Il primo fascicolo contiene le voci &-&roBatvo. — No- 
tevole pubblicazione nel campo degli studi lessicografici in questi ul- 
timi anni è la 2° ediz. del Dizionario etimologico della lingua greca 
del Boisacq (I 2140). 

Scolastico è il lessico del Gemoll (I 2147) che il Martini e il 
Bassi hanno tradotto ed adattato per le scuole italiane. 

Agli studiosi di filologia ed ai giuristi ad un tempo riuscirà utile 
il vocabolario delle parole greche del Codice giustinianeo compilato 
da Mariano S. Nicolò (I 2148). 

Non dobbiamo infine dimenticare il capitale M'òrterbuchk dei 
documenti papiracei del Preisigke (I 2149) giunto ormai alla parola 
cùvorda, con l’ultimo fascicolo pubblicato in questi giorni. 

3. MANOSCRITTI. — Per le ricerche dei manoscritti nelle biblio- 
teche d'Europa è necessaria ormai la guida procurataci dallo Schis- 
sel che dà notizia (I 2150) dei repertori bibliografici riguardanti le 
raccolte dei manoscritti. — Importanza notevole, come tutte le notizie 
che ci svelano a poco a poco i misteri del monte Athos, ha il Catalogo 
dei manoscritti greci del Monastero di Vatopedi che Eustratiades 
Sophronius ha potuto compilare (I 2151); non sono grandi novità 
per gli studi nostri essendo pochi i codici antichi riguardanti gli 
autori classici (Omero, Platone, Callimaco, Demostene, Eschine, 
Sofocle, ecc.) e di un valore filologico relativo, ma interessa il lavoro 


di di Greco: Leonardo, I (1925), 
201-205; IH, 1, 4-7. 


RoB. MayR, Pars altera (graeca) 
edita curis M. S. Nicotò, Pragae 
1925. 


I. 2149 — PrREISIGKE FR., Wér- 


I. 2145— LinpeL-Scotr's, Greek 
Engl. Lexicon. A new edit. reiis. 
a. augm. troughout by H. STUART ferbuch der griechischen Papvrus- 
Jones, with the assistence of R.  Runden, mit Einschluss der grie- 
Mc. KENZIE, etc. P. I, xLVI-192, ch. Inschriften, Aufschriften, O- 
Oxford, Clarendon Press 1925. straha, Mumienschilder usw. atts 


I. 2146 — Bolsaco E., Diction Aegvyvpten, con ritr. del PreisigFe, 


ctvmol. de la lang. grecque, 28 ed., 
Heidelberg 1923. 


I. 2147 — GEMOLL G., Vocabo- 
lario greco-ital. ad uso delle scitole. 
Trad. con aggiunte di D. Bassi 
ed E. MaArtINI, IV-880, Palermo, 
Sandron 1023. 


I. 2148 — S. NicoLò Marano, 
Vocabolarium codicis Justrniani ed. 


un cenno necrologico scritto da E. 
KIEssLING, e la tavola delle ab- 
breviazioni, I, 1-3, II 1, Heidvlberg 
1924 SEeg. 


I. 2150 — ScHissEL OTWM., Ka- 
talove Gvriechischen Handschriften, 
XII-84, Graz, Moser 1924. 


I. 2151 — EUSTRATIADES SO- 
‘PHRONIUS ARCADIOS, Catalogue of 


- - 314 — 


GENER. V. VALORE DELLA CULTURA, FCC. 


I. 2152-2155 


per la storia della cultura di quella curiosa regione. — La grande col- 
lezione dei codici degli astrologi greci si è arricchita del tom. X che 
contiene la descrizione dei codici ateniesi per cura del Delatte (I 2152); 
mentre quella degli alchimisti (I 2153) presenta due volumi, il primo 
con la descrizione di 19 manoscritti parigini e 15 ceranidi, il terzo 
con la descrizione dei quattro di Oxford, uno ceranide e due Leidensi. 


V. Valore della cultura classica. — Di interesse generale 
politico e morale ad un tempo è la questione sul valore che la cul- 
tura classica e greca in particolare ha nell’educazione e nella forma- 
zione della vita spirituale moderna. Di contro all'indifferenza ed all'a- 
patia o peggio all’avversione di pochi anni or sono, si nota, in par- 
ticolare dopo lo sconvolgimento della grande guerra, un rinnovamento 
dello spirito moderno ed una viva aspirazione alla cultura classica. 
E non solo per un feticismo del passato che pareva dovesse essere 
sepolto sotto le macerie della società soverchiata o distrutta dalla 
guerra fatale; ma per un intimo bisogno che sorge prepotente in 
mezzo alle più gravi angustie d'ogni genere, che urgono d'ogni parte 
la vita moderna. La cultura del passato risorge nel desiderio e nel 
sentimento comune come elemento di vita nuova, non solo per la 
società letterata ma anche per il popolo. Su questo insiste Ernst 
Horneffer (I 2154) sostenendo che appunto nel classicismo è la vera 
fonte della educazione del popolo. E già lo Stemplinger (1 2155) aveva 
dimostrato il valore pratico della cultura umanistica traendo do- 
cumento dai dati statistici dei congressi e delle votazioni indette a 
tale proposito specialmente nel ceto industriale e scientifico nel I9II 
in Francia, nel 1913 in Austria e nel 1910 in Germania, nel 1921 fra 1 


the Greek Manuscripts inthe library 
of the Monasterv of Vatopedt on 
Mt. Athos, Cambridge, 1924. 


I. 2152 — DELATTE A. M,, Ca- 
talogus codicum astrologorum grae- 
corum. Codices Athenienses, Tom. 
X, V1I11-291, Bruxelles, M. Lamertin 
1024. 


I. 2153 — Catalogue des mss. al- 
chimistes grecs publ. sous la di- 
rection de Bibez ]., CUMONT FR., 
HerBERG ]J. I.., et LAGERCRANTZ 
O., I: Les «parisini » décrits par 
H. LEBÈGUE en appendice les miss. 
des Coeranides et tables générales 
P. M. DerLcourT. III. Les mss. 


des Iles Britann. decrits par DOor. 
W. SINGER avec la collab. de ANNIE 
AxpERSON et W. |J. ANDERSON, 
en appendice les recettes alchimi- 
ques du Codex Holckhaminus édi- 
ties par O. LAGERCRANTZ, X- 
320-084, Bruxelles, M. Lamertin 
1024. 


I. 2154 — HorNEFFER ERXNST., 
Die Klassische Bildung als allge- 
meine Volkshildung, 20, Giessen, 
Topelmann 1925. 


I. 2155 — STEMPLINGER ÈE., Der 
praktische Wert. der humanisti- 
schen Studieni: N ]., XXVI, 1924 
IV, 23 SEU. 


-- 315 -- 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2156-2162 


medici svizzeri, e dalla Camera di Commercio di Lyon. Non si tratta 
di far risorgere le pure e semplici forme dell’antichità ma di sentirne 
lo spirito vitale, come appunto sostiene il Bruns (I 2156); bisogna 
trarre dall'antichità non un bagaglio storico ingombrante, ma ele- 
menti di vita nuova, come dimostra l’Immisch (I 2157) poichè il 
neoumanesimo deve mirare al rinnovamento del presente nella fu- 
sione dello studio delle lingue e della vita antica e moderna, far notare 
o meglio far sentire quello che di eterno e di perenne è nella cultura 
antica e l'influsso che l'antico ha sul moderno, Lo Stemplinger (I 215$) 
in più lavori si propose di mostrare praticamente questo fatto, metten- 
do in luce le relazioni tra il moderno e l’antico di cui ricerca l’attua- 
zione nello spirito di Arndt, Gutzkow, Schopenhauer, Méorike, Flaubert, 
Hebbel, Wagner, riconoscendo i motivi antichi nelle favole tedesche, 
l’effetto estetico ellenico nello stesso Cristianesimo. Sovra tutto i 
Tedeschi sì sono sforzati in questi ultimi anni di dimostrare l'utilità 
del ritorno al passato per lo spirito della stirpe, come pensa lo Spranger, 
(I 2159) e per l'educazione popolare, ritenendo nello studio del passato 
un fondamento della loro nazionalità e quindi più stretti e diretti 1 
rapporti fra cultura classica e germanica, come si propone di illustrare 
G. Neckel (I 2160). L’umanesimo, dichiara G. Némethy (I 2161), e più 
che tutto quello ellenico, dopo aver scossa l’Italia dalla cultura medie- 
vale e prodotto il Rinascimento, ha stimolato alla fine del sec. XVIII 
la scienza della antichità, che ha dato motivo alla filologia moderna 
ed è divenuta oggetto di scienza storica, avendo avuto il merito 
immenso di liberare il nostro spirito da gretti inceppamenti re- 
gionali e farlo librare in più vasti campi. E però e ovunque è au- 
spicato fra le nazioni civili il ritorno all’antichità e il grande mo- 
vimento nelle nazioni moderne da buoni frutti. Lo segue e lo di- 
mostra Edw. Greenlaw (I 2162), compiacendosi della nuova rac- 
colta iniziata dall'editore Harrap di Boston per le cure di S. D. 
Hadzsitz e D. M. Robinson col titolo Qur Debt of to Greece and 


“ 


Antihe und der deutsche Geist: 
BBIGSch., LXI, 1925, 193-204. 


I. 2160 NECKEL G., Germa- 


I. 2156 — Bruns, Die lebendige 
Krajt der Antike fiir die Gegen- 
warl: H(., 1923, 82 Sg. 


I. 2157 — Immisch O., Die hu- 
manistische Bildung und die Ge- 
cenwart: HG., 1923, 9-20. 


I. 2158 — STEMPLINGER E., Die 
Liwigheit der Antihe, 1506, Leipzig, 
Dieterich 1924. 


I. 2159 — SpraxceERr Ep., Die 


nische und IKlassische Philologie: 
N ]., 1925, 40-53. 


I. 2161 — NÉMETHY G., Hele- 
na und Faust: HG., 1924, 4-10. 


I. 2162 — GreEenxLaw Enpw,, 
The Return to the Classics: SIh., 
XXI, 1924, 049 SE2. 


— Jlb — 


GENER. V. VALORE DELLA CULTURA, ECC. I. 2163-2171 


Rome, il nostro debito cioè all’antichità classica; lo dimostra la 
nuova raccolta dei classici in Francia per opera della Société des 
belles Lettres, secondata dall'Association Guillaume Budé per man- 
tenere lo studio dell’umanesimo in Francia, di cui a lungo trat- 
ta L. Muriés (I 2163); e per cui lotta Bérard Léon (I 2104) mentre la 
Francia attende alla riforma dell’insegnamento secondario; lo atte- 
stano i resultati dell'inchiesta sugli studi classici agli Stati Uniti 
apportatici da C. A. (I 2165) nel Bollettino del « Musée Belge », e di- 
vulgati fra noi per opera di P. Bellezza e C. Pascal (I 2166). È una 
lotta iniziata e sostenuta non dagli studiosi di professione dell’anti- 
chità, chè si potrebbe in tal caso coonsiderare un movimento di inte- 
ressi personali, ma in particolare da chi vive in ambiente lontano dal 
classicismo e che appunto per questo nella vita pratica ne sente la 
mancanza. Ora è un medico che sente il bisogno della vecchia cultura 
per bocca del Knapp (I 2167), ora un industriale (I 2168), da ultimo 
uno psichiatra (I 2169), e fuori del paese che dovrebbe essere la sede 
naturale per tradizione ereditaria di tali studi. Però non è del tutto 
inopportuno il ménito del Jacoby (I 2170) per il soverchio interes- 
samento per la letteratura ellenistica, mentre non vale per gli Italia- 
ni la raccomandazione del Frinkel (I 2171) che teme l'abbandono 
in Germania dello studio del latino per l’esagerato amore dei filologi 
alla cultura ellenica. Certo in tale fervore di studio anche l’Italia 
non può mancare all’appello. Il Governo nazionale ha appunto que- 
st'anno a complemento di tutte le riforme in favore del ritorno al 
classicismo stabilito la pubblicazione dell'edizione nazionale dci clas- 
sici latini e greci, come abbiamo annunziato più sopra, in modo da 
gareggiare con le raccolte tedesche, inglesi, americane, francesi ed 


I. 2163 — MURifs L., L’effori 
francais pour le maintien de l'hu- 
manisme: Ét., CLXXV, 156-177. 


I. 2164 — Bérarp L., Pour la 
réforme classique de l'enseignement 
secondaiye, Paris, 1923. 


I. 2165 —C. A, Une enquite 
sur les études classiques aux États 
Units: BMB., XXIX 1925, 93-98. 


I. 2166 — Gli studi classici in 
America. Opinioni e dati statistici. 
Trad. dall’inglese da P. BetL- 
LEZZA con intr. di C. PAScar, 
Edito dalla Sezione milanese della 
Società «Atene e Roma », 1924. 


I. 2167 — KxapP CH., 4 phvsi- 
cian’s tribute to the classics: CIV. 
XVI, 1923, 73. 


I. 2168 — INNAPP CH., Classi- 
caleducation best basis for industria! 
work: CLIV., XVII, 1924, 184. 


I. 2169 — HocHE A.,, Dte hu- 
manistische Bildung: N J.P., 1924, 


1.48-159. 
I. 2170 — Jacosy FT. Grie- 


chische Moderne, Berlin, Weid- 
mann 1924. 


Die 
der hi- 


I. 2171 — FRAENKEL E,, 
Stelle des Romertums 1n 


tg 


CESSI. LETTERATURA GRECA, 1. I. 2172-2175 


ora anche spagnuole. — Da ultimo citiamo il libro dello Carpentier 
(I 2172) che ricerca le traccie dell’Ellenismo nella Spagna. 


B - POESIA EPICA. 


I. — Storia della poesia epica. — La storia delle origini 
della poesia epica da un punto di vista personale è trattata 
in particolare dal Murray (I 2173). La sua ipotesi del libro manuale 
e tradizionale si ripresenta quasi immutata in questa nuova terza 
edizione, nella quale il Murray tien conto degli ultimi studi, special- 
mente delle scoperte archeologiche per la ricostruzione dell'ambiente 
storico. Più brevemente, ma pure con vedute personali avea toccato 
della questione dell'origine della poesia epica, in questi ultimi tempi, 
il Cessi (I 2118 e più sotto 2213) recisamente affermandone la deriva- 
zione dai canti popolari religiosi da prima, profani di poi, in onore de- 
gli eroi, e determinanti dalle lotte fra le varie stirpi; canti nati nella 
terra greca e diffusi quindi sovra tutto nell’Oriente, con l'emigrazione 
degli Achei dalla madre patria sia per ragioni di espansione coloniale e 
politica sia anche per la pressione di altre popolazioni (doriche) che 
dilagavano nella Grecia cacciandone gli abitatori più culti e più civili. 


II. Omero. — 1. TESTO E vERSIONI. Edizioni generali delle opere 
omeriche in questi ultimi anni non furono pubblicate; l’ul- 
tima e più notevole rimane sempre quella di D. B. Monro e T. W. 
Allen, della collezione oxfordiense (I 2174) che ricordiamo, anche se 
oltrepassa i limiti di tempo impostici, per la sua importanza. Si è 
accresciuto invece il materiale papiraceo per quanto non ci siano 
pervenute notevoli novità. Da un papiro del 2° secolo d. C., con- 
servato all’Università di Oslo, il Rudberg (I 2175) trae un fram- 


manistischen Bildung, 54, Weid- I. 2174 — HomERI, Opera rec. 
mann 1926 (ma del 6 aprile 1925). D. B. Moxro and W. ALLEN, 
Ilas ed. alt. cur. T. W. ALLEN, 
1920; Odyssea ed alt. cur. T. W. 
ALLEN, 1917; Hvmni. Cyclus, etc. 
cur. T. W. ALLEN, IQII. 


I. 2172 — CARPENTIER RH., The 
Greeks în Spain, vini-180, Pennsyl- 
vania, Bryn Mawer Coll. 1925. 


I. 2173 — MurRRAY GILB., The 


Rise of the Greek Epic. VII. Edit. I. 2175 — RupRERG G., Il 2, 
revised and enlarged, xxIv-356, 190-224, 235-270: SO., II, 1925, 
Oxtord, Clarendon Press 1924. 20-25. 


— 318 — 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2176-2180 


mento del VI dell'Iliade (vv. 196-224, 236-276) ed il Boak ‘(I 21706) 
dalla collezione dei papiri dell'Università di Michigan ci presenta, 
traendoli da parte di uno stesso rotolo del III sec. d. C. i vv. 04. 
IV, 450-481; ZL I, 32-57; III 408-422; VI, 211-221; X, 192-212; 
NVII, 541-550; XVIII, 209-216, 220-241, 251-200, 275-281, 294-299, 
300-342, 437-617 più o meno mutili, senza considerevoli varietà 
di lezione. 

Più numerosa, come è naturale, la serie delle pubblicazioni 
scolastiche, in generale però senza un vero valore scientifico, quale 
neppure pretendono di avere, e che registriamo per comodità degli 
studiosi. Per l'Iliade ricordiamo i Passi scelti dall’Ottino (I 2177), 
l'edizione annotata ed illustrata (c. I) dal VanOuteghem (I 2178). Il 
Torta (I 2179) nella sua edizione del 1° libro premette una introduzione 
breve che tratta la questione omerica nel senso unitario; però non cre- 
de alla genuinità del canto XNXIV dell'Iliade, che reputa un'aggiunta 
posteriore, seguendo un'opinione antica. Anche P. Giardelli com- 
menta (I 2180) il I° libro. Il Cataudella fa buone osservazioni al 
L. III (I 2181); illustrato pure dal Rossi (I 2182), il quale annota 
anche il L x (I 2183), mentre il Cognasso (I 2184) illustra il libro 
XII. Si è ristampato il vol. VI del commento dell'Hiade dello Zuretti 
(I 2185) contenente i libri XXI-NXIV; ed infine il NXNII canto 
ha trovato un buon illustratore in A. Annaratone (I 2180). Testo 
e versione dell’Illiade ha curato per la ben nota collezione della 


I. 2176 — Boak A. EF. R., The dell'Iliade, con n. di O. CATAUDEL- 
University of Michigan Collection LA, 47, Torino, Paravia 1925. 
des do die SED: T. 2182 — Oxmkro, 72 20 III. 

I. 2177 — Omero, Iliade. Passi dell'Iliade, c. n. di S. Rossi (38 
scelti a cura di E. OnTINO, vII-  ed.), vI-37, Livorno, Giusti 10925. 
178, Torino, Paravia, 1023. : 

I. 2183 —+< Omzkro, 72 lg A. 

I. 2178 — HomÈrRE, Zliade ch. I. dell'Iliade, c. n. di S. Rossi (2% 

Préparation annotée et enrichée ed.), vI-44, Livorno, Giusti 1925. 


p. OUTEGHEM, 44, Lièége, Dessain i . 
1923. ì I. 2184 —f OMERO, Zliade c. NII, 


: a cura di L. Cocnasso, 34, Livorno 
I. 2179 — OxmEkro, // primo li- Giusti 1923. 
bro dell’ Iliade, con intr. e n. 


di M. TORTA, 97, Napoli, Perrella I. 2185 — OmERO, Iliade, comm. 
1925. da C. O. ZURETTI, vol. VI, 7. 
XXI-XxIv (Ristampa), x1-212, To- 
I. 2180 — OwxERro, Z2 2. I. rino, Chiantore 1425. 
dell'Iliade, c. n. di P. GIARDELLI, i 
53, Torino, Soc. ed. int. 1025. I. 2186 — Owrro, Iliade 1. 
° NANII, c. n. di \. ANNARATONE, 
I. 2181 — Omero, 72 libro III 38, Torino, Paravia 1923. 


— 319 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA. T. I. 2187-2195 


Loeb Classical Libr. A. T. Murray (I 2187), mentre il Griitzmacher 
di Berlino ci dà la versione tedesca del Trendelenburg (I 2188) ed il 
Beck di Monaco, quella dei primi due canti fatta dallo Hòlderlin 
(I 2189). Anche da noi si intensificò lo sforzo di volgarizzare Omero. 
L’ Iliade con traduzione originale in prosa e con note ha pubblicato, 
ornandola con disegni di F. Nanni e D. Cambellotti, il Festa (I 2190), 
mentre in versi ci danno l’Iliade quasi contemporaneamente il Fag- 
gella (I 2191) ed il Romagnoli (I 2192). Il Faggella vuole riprodurre 
l'armonia dell'originale con l’esametro italiano, cercando di mante- 
nere lo spirito del testo nelle determinazioni aggettivali, secondo il 
miodo di sentire e dci Greci antichi e di tutti i popoli primitivi, introdu- 
cendo anche rime ed assonanze nella versione quali amava Omero. 
In esametri parimente tentò l’arduo cimento il Romagnoli, e con uno 
spirito nuovo e con senso d’arte ci rende nell’Iliade quell’impressione 
che meglio ci avvicina all'originale. Nella prefazione il Romagnoli 
penctra non solamente il mistero dell’arte omerica (di cui da una 
finissima analisi) ma altresì della personalità storica del poeta che 
fa risalire oltre il tempo ellenico, nell’età micenea attenendosi in 
parte alle conclusioni dell’Inama (Omero nell'età micenca, Milano, 
Hoepli, 1913), risentendo nella parte più viva ed originale dell’arte 
greca l’influsso della civiltà aborigena, persino dei Pelasgi. Una 
scelta di brani di questa traduzione con note per le scuole ha curato 
L. Bianchi (I 2193). 

L'Odissea ha avuto due edizioni scientifiche per cura dello 
Schwartz (12194) e dello Scheindler (12195). Lo Schwartz ha compiuto 


I. 2187 — Homer, 7le Iliad I. 2191 — OMERO, Iliade. Trad. 


with a english Transl. by A. T. 
Murray, I-I1° (= Te Loeb Class. 
Libr.), XVII-579-044, London, Hei- 
nemann 1924. 


I. 2188 — HomkrR's, Zlias ver- 
deutscht v. A. TRENDELENBURG, 
Mit dem Bildnisse des Verf. nach 
einer BronzeplaFette, 152, Berlin, 
Griùtzmacher 10923. 


I. 2189 — IIomER's, Z/ias, Te- 
bers. d. ersten 2 Biich. v. FR. HòL- 
DERLIN, 36, Miinchen, Beck 1923, 


I. 2190 — OxmEro, Iliade, trad. 
ed ann. da N. Festa. Con disegni 
di F. Nanni e 1. Cambellotti, 
580, Palermo, Sandron 1924. 


di M. FAGGELLA, 1923, 1, l. I-XII 
Xx-209; 10924, II Ì. XIII-XXIV, 223, 
La Terza, Bari. 


I. 2192 — OxmzkRo, Iliade. Trad. 
di E. ROMAGNOLI, LV, 291+-31I0, 
Bologna, Zanichelli 1924. 


I. 2193 — OMERO, Passi scelti 
dall’Iliade trad. da E. ROMAGNOLI 
col riassunto di tutto il poema 


e n. di L. BIANCHI, 175, Bologna, 
Zanichelli 1924. 
I. 2194 — HoMmERri, ’Oduoozia, 


recens. Ep. SCHWARTz, 377, Mùn- 
chen, Bremer Press 1924. 


I. 2195 — HOMERI, Ilowuaxza, 
Text aus der Ueberlicferung her- 


AR 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2196-2206 


= ——__———__—y—yT—m——_——___mmmmmymm_m__r__r_r—__—_————— rr _---=-—————» >——Tt ————— 


con l'Odissea l’opera grandiosa — tipograficamente di valore eccezio- 
nale — iniziata dalla Bremer Press di Monaco, Il testo, rivisto accu- 
ratamente con ritorno alle vecchie originali edizioni e con note critiche, 
non si può dire però definitivo; come definitivo neppure può essere 
considerato quello dello Scheindler che non mancò di apportare il 
contributo personale dei suoi studi. Edizioni scolastiche sono quelle del 
L. I per cura di R. Onorato (I 2197) di A. Taccone (I 2198) (in que- 
st'ultima pero si trovano spesso osservazioni originali che illustrano 
accuratamente la questione omerica e l’arte del poeta) e di S. Rossi 
(I 2198). ID L II annotato dal Decia è riveduto dal Morino (I 2199); 
ill. VI è commentato da S. Rossi (I 2200) e da A. Annaratone (I 
2201). Il 1. VIII è illustrato da S. Rossi (I 2202), il XV dal Corradi 
(I 2203) il XXI dal Corradi (I 2204), il XXII da G. Boralevi 
{I 2205). 

Importanza eccezionale ha invece l'edizione con versione a 
fronte, in prosa, procurata da V. Bérard (I 2200) il quale fa precedere 
i tre volumi della versione col testo a fronte da tre volumi di introdu- 
zione in cui si trattano con larghezza e minuzia tutte le questioni rela- 
tive all’Odissea ed all’arte omerica in generale, e delle quali daremo 
maggiore resoconto in altra parte di questa nostra Rivista. 


gest.o v. Auc. SCHEINDLER, dell'Od., c. n. di A. ANNARATONE, 
"Oduvodeta XXIII 333, Wien, Oe- 34, Torino, Paravia 1926. 
sterr. Sauerdesverl, 1925. 
I. 2202 — OmERO, Odissea l. 
I. 2196 — OMERO, Odissea, LI VIII, con n. di S. Rossi (23 ed.), 
testo e note di R. OxoRraTO, 62, Fi- 40, Livorno, Giusti 1923. 
renze, Vallecchi 1924. 


I. 2203 — Omero, Il Z AV 

I. 2197 — OxmERO, Odissea LT. dell'Od., c. n. ed ill. di G. CORRADI, 

commentata da A. TACCONE, Iv- 1Vv-73, Torino Soc. ed. intern. 1920, 
€66, Torino, Soc. editr. intern. 

1925. I. 2204 — Oxmkro, I/ 2 ANI 

dell'Odiss., c. n. it. di G. CORRADI 

I. 2198 — OMERO, Il /. I. Ned lr Liv VR: E 

dell'Od., c. n. di. S. Rossi (3* IRIS IUS O 

ed.), vI-32, Livorno, Giusti 1925. I. 2205 — OmerO, Odissea 1. 

TI alod — Our, Odisssa i ANII con n. di G, BoRALEVI (2% 


II, c. intr. sul dial. omer. di G. Si; 30, OHIO» Giusti 1923. 


DecIa, a cura di T. Morixo, 51, 


1 I. 2206 — HomikrE, Odyssée, 
Firenze, Lemonnier 10925. 


Text etabli et trad. par Vict. 
I. 2200 — Omero, I I. VI BERARD, I, XL, 199 (doppic), 11, 
dell'Od., c. n. di S. Rossi, (4% XII-222 (doppie); III, XII-192 (dop- 
ed.), vi-32, Livorno, Giusti 1925. PI©), 211. Introduciton à l’Odyssce, 
4594 4474 4063, Paris, Sociét. edit. 

I. 2201 — Omero, I/ 2 VI «Les belles lettres» 1924-25. 


E) 


Aevum - Anno I - 21 


CESSI. LETTERATURA GRECA. 1. 


I. 2207-2213 


Con gli stessi criteri che abbiamo notato per la versione del- 
l’Iliade, ci hanno dato la versione anche dell’Odissea il Festa (I 2207), 
il Faggella (I 2208) ed il Romagnoli (I 2209) della cui versione il Bian- 
chi ha procurato un'antologia per le scuole (I 2210). Ma il Romagnoli 
non è solo traduttore; egli nell’introduzione, richiamandosi in gran 
parte alle ricerche del Bérard nella illustrazione dei viaggi di Ulisse 
per la storicità, a così dire, loro, e seguendo forse troppo fiduciosa- 
mente le conclusioni del filologo francese, ricerca la storia della com- 
posizione del poema. Il tema è attraente, non si può negare, e facil- 
mente induce a fantasticare, allontanandoci con le apparenze di una 
realtà storica, dalla vera natura e dalla vera origine del poema anti- 
co. La identificazione delle località descritte dal poeta non si può 
sicuramente affermare neppure dopo le ricerche del Bérard, come 
non si potevano accettare le conclusioni del Wilamowitz (Homer. 
Unters. Berl., 1894), come è dubbio se si possono del tutto accogliere 
le dimostrazioni che con gran lusso di illustrazioni ci dà il lavoro 
riunito di un filologo ed archeologo e di un artista quali sono il 
Dérpfeld ed il Riiter (I 2211). 

D'altra natura sono le antologie omeriche per le scuole, con 
brani scelti dai poemi collegati dal racconto dell’intero poema. 
e che hanno tutte uno scopo didattico. Dobbiamo ricordarne 
tre in particolare, notevoli per caratteri particolari. cioè l’an- 
tologia del Taccone che ci da versioni originali dell'Autore (I 
2212) con note anche critiche ed artistiche, quella del Cessi (I 2213) 
nelle versioni del Monti per l’Iliade, del Pindemonte, Cesareo, Ma- 
spero per l’Odissca, con note storiche, filologiche ed un'introduzione 
in cul l'autore espone il suo particolare modo di considerare la 
formazione dei poemi omerici (cfr. anche 2118, 2172) ed infine del 


I. 2207 — Omero, Odissea. Trad. 
ed ann. col testo a fronte, da 
N. FESTA, Palermo, Sandron 1923 


e segg. 


poema e n. di L. BIANCHI, 144, 
Bologna, Zanichelli 1924. 


I. 2211 — Die Heimkehr des O- 
dvsseus, herg. v. DOERPFELD WILH. 


I. 2208 — OwxERo, Odissea. Tra- 
duz. di M. FaccELta, I libri 
I-XII, VIN-173, Lo XII - XXIV, 109 
Bari, Laterza 1925. 


I. 2209 — OxmzkRo, Odissea: Tra- 
duz. di E. RoMAGNOLI, LXIH-2.7 
4- 243, Bologna, Zanicholli 1923, 


I. 2210 — OxmEro, Passi scelti 
dell'Odissea. Trad. da FE. Roma- 
GNOLI col riassunto di tutto il 


ilbers. v. RuTER H., xv, 335 con 
II tav. e XIV - 345 con I7 incis., 
Minchen, Berchenau u, Reichert 


1924. 


I. 2212 — TaccoxE AÀA., Epica 
Greca e latina. L’Iliade, l'Odissea, 
ecc, trad. e ann., vII-550, Torino, 
Soc. ed. int. 10924. 


I. 2213 — Cxssi C., Nel mondo 
degli Eroi. Antologia omerico- 


— 32 — 


POESIA EPICA: OMERO. 


e 


I. 2214-2226 


Longo (I 2214) in cui l’autore dà nuova testimonianza del suo fine 
gusto d’arte. Fra le altre ricordiamo: per l'Iiade nella versione del 
Monti l’ed. del Mestica (I 2215) e del Morino (I 2210); per tutti e 
due i poemi: la Cetra degli Eror del Pagano (I 2217), Grecia e Roma 
di D. Bassi ed E. Martini (I 2218), il Fiore ecc. di S. Sciuto (I 2219), 
l'antologia del Galletti e Szombathely (I 2220), quella dei proff. 
Petraglione e Tocci (I 2221), la Poesia eroica di A. Pellizzari (I 2222), 
le Pagine immortali del Giacobbe (I 2223), le Bellezze, ecc. pre- 
sentate da C. S. Giordano (I 2224) e dal Mestica (I 2225) e infine 
l’Antol. omer.virgil. del Tincani (I 2220). 


virgiliana, ad uso delle scuole 
secondarie con intr. comm. ed 
una appendice. (4 ed.), xVI-503, 
Catania, Muglia 10924. 


I. 2214 — Loxco G., Musa epi- 
ca. Canti e brani scelti da l’'Iliade, 
da l'Odissea, e da l’'Eneide col 
riassunto dei tre poemi, 308, 
Palermo, Priulla-Salemi 1923. 


I. 2215 — Oxmero, Iliade. Tra- 
duz. di V. MonTI con riscontri su 
le varie stampe e c. n. per cura di 
EF. MEsTICA (143 tirat.), x1-283, 
Firenze, Barbera 1924-25. 


I. 2216 — OMERO, /liade. Tra- 
duz. di V. Monti con note cel 
prof. T. Morino (38 ed.), con due 
appendici: I. Trad. della 7/eogo- 
nia di Esionpo; IH. La civiltà ome- 
rica, XIII-267 con tav., Roma, 
Albrighi-Segati 1925. 


I. 2217 — La Cetra degli eroi: 
libri interi ed episodi scelti dal. 
Il. Od. En., nelle rispettive tr. 
del MonTI, PINDEMONTE e CARO 
c. n. di A. Pagano, 475 con tav., 
Napoli, Federico e Ardia 1925. 


Grecia e Roma: età 
ecc. a cura di 
MARTINI, XI-429, 


1924. 


I. 2218 — 
eroica. Omero, 
D. Bassi ed E. 
Napoli, Casella 


I. 2219 — Il Fiore dell'Il., Od., 


ecc. nella versific. ital. del MoxtI, 


PINDEMONTE, ecc. c. note a cura 
di S. ScIuTO, (2* ed.), 342, Torino, 
Soc. ed. int. 1924 (3° ed. 1925). 


I. 2220 — Omero e Virgilio 
Antol. a cura di A. GALLETTI e 
M. SZOMBATHELY, XIV-432, Bolo- 
gna, Cappelli 1924. 


I. 2221 — Dai poemi di Omero, 
Estodo, Virgilio: episodi scelti, 
ecc. da G. PETRAGLIONE e V. 
Tocci, 478, Messina, Principato 
1924. 


I. 2222 — La Poesia eroica 
der Greci e dei Latini, ecc. a cura 
di A. PELLIZZARI (2% ced. riv.), 
595, Napoli, Perrella 10924. 


I. 2223 — Pagine immortali, a 
cura di O. GIACOBBE, 615, Milano, 
Mondadori 1025. 

I. 2224 — Omero e l'uirgilio. 
Ill. l'Od. e TEn. nelle loro 


bellezze, ecc. comm. da C. Giror- 
DANO (2% ed.), xri-3068, con 8 
tav. Roma, Albrighi-Segati 1925. 


I. 2225 — Bellezze delPIl. Od. 
En., ecc. c. n. di E. MESTICA, 
(NNI tirat.), v1-278, l'irenze, Bar- 
bera 1924. 


I. 2226 — Autologia omerico- 
virgiliana. Parti scelte dell’Il. Od. 
En. nelle migliori trad. ital. c. n. 
di C. Tixcanio (muova. tirat.), 
XI-320, Firenze, Sansoni 192. 


SIDE 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. ° I. 2227-2229 


Gli Inni ed i poemetti minori attribuiti ad Omero hanno trovato 
un appassionato e fine illustratore nel Romagnoli che ne ha dato 
un'artistica versione metrica, preceduta, per ciascun carme, da 
osservazioni personali (I 2227), artistiche del traduttore artista e 
filologo ad un tempo. — Una traduzione tedesca dei quattro mag- 
giori inni ha dato il Borchart (I 2228) che si è industriato nel tra- 
durre di interpretare nel loro valore etimologico e reale anche gli 
appellativi ed i nomi propri. Cf. anche I 2243, 2309, 2383. 

2). TRASMISSIONE DEL TESTO. — Di importanza considerevole so- 
no le ricerche dell’Allen (I 22209) il quale esamina ancora una volta le 
notizie tramandateci sulla vita di Omero, quindi sugli Omeridi come 
quelli che trasmisero i poemi omerici ed il rapporto fra Omero ed 
il ciclo epico e quindi il distacco dell'ambiente omerico dall’esiodeo. 
L'’Allen studia la lingua dei poemi e conclude per l’unità dei 
poemi e l’identità dell’autore, contro il quale non valgono le apparenti 
ragioni di contraddizioni storiche, quali esamina nel capitolo su 
« Argivi, Achei ed i Danai », e si sofferma sovra tutto a indagare 
le fonti donde è provenuta la materia dei poemi iliaci ad Omero 
e ne sente, per l'eco diretta nell'opera di Ditti Cretese, la derivazione 
da una vecchia cronaca della guerra troiana secondo la quale l’Allen 
sì studia di ricostruire lo schema della Iliade e della Odissea primi- 
tive. Le divergenze sono determinate dalle aggiunte che si sono fatte 
ai poemi, e l’Allen trattando più minutamente di tali questioni, ri- 
torna sulla discussione riguardante la redazione pisistratica e la costi- 
tuzione del vecchio testo omerico, quale attestano le antiche citazioni 
ed i ricordi ed i frammenti pervenuti dalle edizioni correnti fino al 300 
a. C. e sopra tutto i papiri, per stabilire quindi l’origine della volgata, 
per la cui redazione trova esempi di analogia nella costituzione 
anche dei libri del Vecchio Testamento. Sono in appendice interes- 
santi aggiunte e correzioni all'altra sua opera, così importante 
per la storia della origine del pocma epico The Homeric Catalogue 
of Ships with a commentary (Oxford, Clarendon Press, 1921, pp. 
XII, 192). 

Per la vita di Omero ha interesse particolare il papiro 2754 
dell’Univ. di Michigan (cfr. anche I 2176) pubblicato ora dal Winter 


I. 2227 -— OMERO MINORE, Znmi, 
Batracomiomachia, Epigrammi, 
Mayrgite, ecc. Trad. di E. Roma- 
GNOLI, con incisioni di A. De 
Carolis, 210, Bologna, Zanichelli 
10925. 


I. 2228 — BorcHarpT R., A/f10- 


nische Gotrerlieder unter den Namen 
Homers, 86, Minchen, Bremer 
Presse 10924. 


I. 2229 - ALLEN TT. MW, Homer. 
The Origins and the Transmis- 
sto, 358, Oxford, Clarendon Press 


1024. 


sia 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2230-2232 


(I 2230), proveniente dagli scavi fatti a Caranis sotto la direzione del 
Boack per l’Università stessa. È la colonna finale dell’opera nota sotto 
il nome di Certame e che definitivamente, a quanto pare, scioglie la 
questione della paternità dell’opera e dell’esistenza dell’opera su 
Umero di Alcidamante. La sottoscrizione lo dimostra. Il Winter 
oltre il testo, apporta la traduzione e largo commentario con una 
tavola fotografica. 

Alla vulgata omerica secondo le attestazioni papiracee volge 
la sua attenzione il Wecklcin (I 2231), ma egli si occupa quasi esclusi- 
vamente della correzione e delle rettifiche che si possono portare 
al testo secondo le lezioni dei papiri. Un lavoro di pura critica te- 
stuale. 

Invece la questione della trasmissione del testo è trattata lar- 
gamente dal Bolling (I 2232) il quale, studiando la natura delle inter- 
polazioni presunte in Omero, tenta di risalire al testo originario con- 
chiudendo che tutti i manoscritti discendono da un archetipo, donde 
derivala vulgata che era testo popolare basato sull’edizione aristar- 
chca, dipendente da una redazione ateniese. Le interpolazioni furono 
determinate dalla recitazione, per la tendenza all’accrescimento. 
All'evidenza interna di tali interpolazioni dà conferma anche quella 
esterna per mezzo degli accenni degli scoli e di altre attestazioni 
storiche. 

In tale campo arduo e spinoso è facile trascorrere anche a fan- 
tastiche ricostruzioni quale si può considerare in parte quella del 
Margoliouth (I 2233) che ricerca i criptogrammi coi quali, secondo 
che narra Diogene Laerzio a proposito di Eraclito, sì designava l’auten- 
ticità delle opere, specialmente dei tragici. Come nei primi trimetri 
delle tragedie egli crede di ritrovare acrostici e criptogrammi che 
serbano il mistero della creazione dell'opera, così nell’Iliade e nell’Odis- 
sea ricerca acrostici non solo orizzontali, ma anche verticali in modo 
che per due lettere della serie verticale si viene a costituire la notizia 
desiderata. Ed in Aristotile crede di trovare conferma di questo 
suo metodo, trattando della trasmissione dei poemi con gli stessi 
criteri che si usano per i poemi o opere letterarie deli nostri giorni. 
La critica non fece buon viso a tali ricerche: ma il M. non sì perde 


I. 2230 — \VintER J. G., dA New I. 2232 —MERVILLE BoLLING G., 
lragment on the Life of Homer: The external Evidence for Interpo- 
TPAPNA., LVI, 1925, 120-129. lation in Homer, xII-259, Oxford, 


FT: Clarendon Press 1025. 
I. 2231 — WECKLEIN N., Die 


Homervulgata und die aegvptischen I. 2233 — MaRGOLIOUTH 1). S., 
Papyrusfunde: RhKM., LxXiv, 1925, The Homer of Aristotle, VI-2,45, 


13-24. Oxford, Blackwell 1923. 


CESSI. LETTERATURA GRECA, I. I. 2234-2242 


d’animo e ritorna più fiducioso che mai (I 2234) alla sua tcoria contro 
il criticismo del Wilamowitz. — Utile è la nuova edizione della esegesi 
di G. Tzetze riguardo alle origini del poema omerico, curata da 
H. Felber (I 2235) e che si leggeva ormai solo in vecchia e non ben 
curata lezione. 

3) CRITICA DEL TESTO. — Commento necessario alla edizione delle 
opere omeriche curata dallo Scheindler sono le note critiche 
pubblicate dallo Scheindler stesso e in Wiener Studien ed in un volu- 
me a parte (I 2230-2237). Di tali lavori di critica del testo non è pos- 
sibile dare tutto il contenuto: basti qui ricordare che per lo Scheindler 
Omero è il poeta dell’Iliade e dell’Odissea, atfermando egli che 
quanto si è finora dichiarato contro l’unità artistica dei pocmi è 
disconoscenza dell'atto di creazione poetica, alla quale hanno por- 
tato nocumento le interpolazioni e mutamenti parziali introdotti 
dai rapsodi. — Ricordiamo altresì le ricerche particolari di Otmar 
Vanormy (I 2238) su alcuni versi omerici (x 114-118, e 203-21;) 
sia del lato filologico, linguistico sia da quello psicologico c che fan- 
no seguito agli studi omerici da lui iniziati con l'edizione iliaca come 
poema achilleo (I 2239). — N. E. Crosby (I 2240) legge in è, 530-7 
Sua è Alyio0o» e contrasta col Linforth per l’interpretazione di 
E, 885-887, mentre lo Schwartz (I 2241) ad illustrazione della sua 
edizione studia alcune correzioni all’Iliade (A, 19, 80, 349, B 291, 
797. E 118, 215, 219, 350; Z 285; I, 334, 504; II 415,; P 265, 395; 

Z 39; D 122, 504; 332, 333, 539, 048, 049, 792; Q 354, 500, 720, 721) 
e l’into inammissibile nelle forme presenti di #&y, e lo Shorev (I 2242) 


I. 2234 — MarcoLioutE. D. I. 2238 — Vaxormy Omm. 
S., The Colophons of the Iliad und = Pokus o vyklad nékterych mist 1. 
the Odyssev  deciphered with a = Homéra: LF., 1924, 1-3, 05-70. 
reply to some criticism of Ud. v. 
Wilamowit:, 21, Oxford, Black- 
well 10925. 


I. 2239 — VaxoRMy OTM., Ho- 
meros Achilleova pfpomsta, Laich- 
trovy Zné z. Literatur, 1023, 

I. 2235 — VELBER Hans, Quel- LVII, 190. 
len der Ilias. Exegesis des fohan- 
nes Tsetzes, 63, Zurich, Lemann u. I. 2240 — Crospy N. E., Odvss, 
C. 1923. IV, 530: CIPA., XVIII, Li 72. — 

Ib., IZ, v. 885, ibid., 74. 

I. 2236 — SCHEINDLER ALG, 

Zur Texthritih der homerischen Ge- I. 2241 — ScHWAaRTz E., Home- 
dichte: W'S., XLII, 1924., 204-211. rica: ‘Avridompov. Festschrift Jac. 
. Wackernagel, GoOtting., 1924, 02- 

I. 2237 — SCHEINDLER AUG., 


da REOsa 1A: 

Fextkritisch. Erlauterung. cur Ause. 

der homerisch. Gedichte, 1906, Wien, I. 2242 — Storevy P., On Zliad 
Ocsterr. Bundesverh. 1023. XXIII, 70: CIPA, XVII, 1923, 74. 


— 326 — 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2243-2248 


propone in Y 70 &x7Set5. — Da ultimo ricordiamo T. L. Agar (I 22.43) 
che presenta una lunga serie di correzioni all’inno ad Ermete (vv. 
112, II©, 119, 123, 125, I27, 129, 129, I32, 130, 143, 149, I55, 157, 
103, 173, 170, 187). Cfr. anche I 2227, 2228, 2309, 2383. 

4). L'ARTE. — Per orientare gli studiosi, non specialisti della 
questione omerica, che vogliano aver maggiori cognizioni intorno alla 
natura dei poemi omerici, alla loro storia, al loro valore è utile il 
compendio del De Brouwer e Slijper (I 2244). Le questioni princi- 
pali sono accennate sotto ogni riguardo; invece il lavoro di Thassilo 
v. Scheffer vuole presentarci (I 2245) Omero nella sua età in 
un quadro generale della vita storica dei primi tempi della Grecia, 
non dimenticando mai che il poema omerico deve essere considerato, 
come avea sostenuto altra volta nel suo libro Die Schònheit Homers 
(1921), quale opera d’arte. Le ultime ricerche della critica sono messe 
a profitto, ma non si ha originalità profonda chè la natura stessa della 
collezione cui il libro appartiene, ha costretto l'autore a tenersi nel 
campo divulgativo. Di carattere parimente divulgativo è il volu- 
metto del Samter (I 2246), non meno di quello dello Scott (I 2247). 
Ma il lavoro dello Scott, resultato delle personali ricerche dell'autore 
e pervaso anche da un softio vivo di passione e d’arte, acquista un 
carattere ed un valore scientifico speciale. Quale influsso abbia avuto 
la poesia omerica si presenta chiaramente nel suo effetto artistico in 
quest'opera meglio che non nei poderosi lavori eruditi ad es. del 
Finsler. È uno di quei lavori che meglio giovano alla diffusione 
della cultura classica ed a vincere presso il pubblico più largo la 
lotta contro la diffidenza e indifferenza verso il classicismo. 

Non direttamente a conoscere Omero, ma a conoscerlo attra- 
verso gli studi di uno dei più originali studiosi ed ammiratori serve 
il libro della Tibaldi-Chiesa (I 2248) che mette il critico suo — il Glad- 
stone — di fronte all'opera criticata e tenta di penetrare nello spirito 


I. 2243 — AgaRr T. L., The Ho- I. 2246 — SAMTER E., Volks- 
meric Hymmes: CIQ., xVIII, 1924, Aunde in altsprachlichen Unter- 
137-142. richt. Ein Handbuch, I. Theil; Ho- 

mer, VII, 185, Berlin, Wcidmann 


I. 2244 — DE BrROUWER O. C. - 1923. 
SLuijprer E., Vademecum  home- : 
ricum, Groningen, Wolters 1923. I. 2247 — Scott ]J. A., Homer 
and his Influence, vi-169, London- 


I. 2245 — v. SCHEFFER Tuas- Calcutta, S. Harrap, 1925. 
SILO, Homer und seine Zeit (= 
Menschen, Volker. Zeiten. Eine I. 2248 — Tipaupi-Chiesa M., 


Kulturgeschichte in Einzeldarstel- Omero e Gladstone con pref. di 
lungen, herausg. v. M. KEMMERICH, | E. ROMAGNOLI, XXXv-232, Bolo- 
n. 1), 178, Wien-Leipzig, K. Konig. gna, Zanichelli 1923. 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2249-2254 


del critico il processo intimo della intuizione storica sotto l'influsso 
delle visione artistica. Arguta la prefazione del Romagnoli, così 
fino intenditore dell’arte omerica, quale egli appare nelle sue ver- 
sioni (cfr. 12192, 2209) dalle quali prende motivo il Cessi (I 2249--2250) 
per mettere in luce uno dei caratteri particolari dell’arte omerica, 
cioè quella ingenua ed infantile calma e tranquillità dell’antico naria- 
tore epico che può fare meraviglia in un lettore moderno, il quale nella 
lotta vorrebbe sentire, od almeno si aspetta di sentire, sempre il tu- 
multo della passione, lo spasimo di uno sforzo supremo! Omero è narra- 
tore sereno, ed anche nel parossismo della passione mantiene una certa 
misura così che meglio d'ogni altro seppe esprimere il suo spirito 
ellenico, per cui fu chiamato il poeta per antonomasia, come sostiene 
A. M. Harmon (I 2251) contro lo Scott che aveva affermato (C. 
J. XVII, 1921, 330) non sempre essere ricordato solo Omero con l’ap- 
pellativo di è rmounzng. Certo il rom: per eccellenza è nello spirito 
dei Greci sempre Omero (e così è nell’uso di Plutarco e Galeno), 
ma non si può negare che talora qualche scrittore, pensando per il 
suo argomento ad altre forme letterarie, sia stato indotto a ricordare 
come « poeta » quello che si presentava più vivo in quella circostanza 
speciale alla sua fantasia, poichè neppure l’Harmon può negare che 
l'uso apparisce talore incerto, come ad es. negli ellenistici. 
Omero ebbe influsso su tutta l’anima greca: ne determinò i 
principali indirizzi ed anche, e precipuamente anzi, le rappresenta- 
zioni artistiche. In una serie di conferenze tenute a Meersburg di cui 
si ha resoconto nel periodico Human. Gymn. (I 2252), L. Curtius indi- 
ca quali relazioni siano fra i poemi omerici ed i monumenti che sono 
a noi pervenuti. — Esempio particolare di tali intimi rapporti artistici 
da ora E. A. Hahn (I 2253) riconoscendo che il gruppo di Atena e del 
giovane gigante del grande altare di Pergamo pare già inspirato 
dalla scena omerica in cui Atena trattiene Achille (A, 197 a segg.) dal 
lanciarsi contro Agamennone. — Da Omero in parte, oltre che da altre 
fonti, il Putortì crede derivate due pitture vascolari arcaiche del Mu- 
seo Civico di Reggio Calabria (I 2254). L'una rappresenta Febo rapito 


n iutOoVO 


I. 2249 — Cessi C., Il 
Omero: VP., luglio 1925. 


1.32250 — CEssi C., La sinfonia 
del Mediterraneo: Giornale dell’ I- 
sola, 1 ottobre 1923. 


I. 2251 — Harmon A. M., The 
poet z37 &20yfv: CIPh., XVII, 1923, 
353-717. 


I. 2252 — Currius L., Homer 
u. die Denkmdaler: HG., 1924, 183. 


I. 2253 — Haun E. A., Homer 
Il. I, 197 und the great Altar of 


Pergamoni CIW., XVII, 1924, 
207. 
I. 2254 — Purtortì R., Due 


frammenti vascolari arcaici del Mu- 


— 328 — 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2255-2259 


da Polluce, l’altra Troilo ed Elena alla fonte; il Putortì le illustra ser- 
vendosi di Licofrone, di Apollonio oltre che di Omero e dei suoi 
scoliasti. 

Ma il poeta va studiato sovra tutto come foeta ed è questo 
l'indirizzo che oggi predomina negli studi omerici. Ne dà esempio 
Thassilo v. Schetter nella comunicazione al Verein d. Freunde d. hum. 
Gymn. di Monaco (I 2255 cfr. I 2245) e riassunta nello Human. Gym- 
nas., tratteggiando in generale il valore artistico d'Omero. — P. Gan- 
szyniec ricerca più minutamente le origini dello stile personale nell’e- 
popea (I 2256), per conchiudere che l'Odissea lascia palesare uno stile 
speciale nelle parti riguardanti Menelao ed Alcinoo ma che nel- 
l'&r6X0%0s sl risente l'influsso anche dell’escatologia orfica che mo- 
difica in parte il carattere del poema. — S. Witkowski (I 2257) d'altro 
canto riconosce nei caratteri che il poeta presenta quello peculiare 
della nazione greca e sente nell'arte omerica tutto lo spirito e vi 
ritrova tutte le caratteristiche proprie della letteratura greca in ge- 
nerale. 

Importanza grandissima ha per lo studio della storia e dell'arte 
omerica quello della rappresentazione delle divinità. E così com- 
plesso il carattere della divinità omerica che diede occasione alle 
più varie interpretazioni e conclusioni. Per il Nilsson (I 2258), dalla 
divinità derivano i sentimenti umani in Omero. L'apparato divino 
è schema poetico. Gli dei hanno loro origine nella leggenda, ma si 
elevano ben presto sopra le loro determinazioni locali originarie. 
(ali uomini da prima li considerano come demoni, come « Mana », ma 
in un secondo momento gli dei assumono una caratteristica etica ed 
artistica superiore, ed essi allora vincono e dominano l’ attività 
umana. Il Maròt (I 2259) che riassume in un suo ultimo lavoro le 
conclusioni stabilite in una serie di monografie pubblicate in magiaro 
col titolo « Homerus  comparatus » e da prima inserite in varie 
riviste (Egvetemes Philologiai Kòzlony 1913-60, Etlmographia, 1917, 
ecc.) afferma che l’epos devesi considerare nel suo valore arti- 


seo ciuico di Reggio C.: RIGI., rum speculo: Eos, XXVI, 10923, 


VII, 1923, QI-III. 3ZI Sgg. 
I. 2255 — v. ScHEFFER Tuass,, I. 2258 — Nixsson P., Gétter 
Homer als Dichtung: HG.,1924,170. und Psvchologie bet Homer: A Rel., 
I. 2256 — Ganszyxiec P., Les NNIL 303 SER. 
origines du style personnel dans I. 2259 Marét KaroLv. Zur 


l'épopée: REG., 1923, 183-192. Religionsgeschichtlichen Wertung 


I. 2257 — WirKkowski S., De Homers (= Vetenshaps-Societaten 
Homero indolis et naturae CGraeco- Lund), Aorsbok, 1924, 159-109. 


2904 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2260-2262 


stico e contemplativo (religioso) ed erotico. Ma egli, partendo dal- 
la premessa che domini nell’arte solo fositiven Naiurlieben, segue 
solo il punto di vista artistico, e la «legge delle forme d’arte », 
che, per l’arte antica, dobbiamo in realtà considerare solo come 
un’astrazione. Il Maròt distingue la religiosità d’Omero da quella 
dell’età d’Omero e ricostruisce quest’ultima da cenni che va rin- 
tracciando in Omero in rapporto ad espressioni della vita popolare. 
Così dà interpretazione affatto personale di alcuni miti omerici, 
ad es. di Atlante per il quale risale ad un mito originario del mondo, 
in cui i progenitori (cielo e terra) erano fra loro staccati dal figlio. 
Lavoro interessante, sebbene l’astrazione trascini l’autore a conclu- 
sioni talora insostenibili. 

Di carattere generale sono le ricerche dell’Allmen (I 2260), il quale 
tocca solo in parte l’arte omerica, mentre va studiando l'influsso e- 
sercitato sul poeta narrativo, e da questo espresso nell’epos, dal mon- 
do infantile; argomento delicato, che richiede una fine sensibilità 
affettiva oltre che artistica ed estetica. — Più direttamente ad Omero 
ci riconduce l’Eberhard (I 2261) che ritorna alla vexata quaestio del 
fato omerico. Egli considera l'apparato divino come un « universale 
motivo poetico » e però a questo è subordinata anche la concezione 
di Fato, il quale domina tutti gli dei. Ma nei luoghi dove il Fato 
apparisce si trovano motivi speciali di composizione artistica più 
che esplicazione di un sistema religioso, poichè anche le Moirai di- 
pendono dal concetto di tempo nè si riconosce alcun legame loro 
col mondo degli dei. 

Altra legge artistica ricerca in Omero il Wendling (I 2262) per ciò 
che riguarda le «inserzioni ». Nella disposizione simmetrica delle 
parti del poema il Wendling nota come fra episodi principali siano 
inseriti episodi e fatti di natura secondaria, ora con inserzione sem- 
plice ora con doppia inserzione chiastica, che è la più importante, 
presentando i seguenti schemi principali: A[....a]B, A[b....] B, 
A[b....a]B, Af[a....b]B, schemi che il Wendling riconosce anche in 
altre opere d’arte (come in Euripide, in Virgilio, nel Pentateuco, 
nel « Faust »). In particolare si sofferma sulla Doloneia, riconoscen- 
do che essendo in © e A ricordate le due aurorc, si ha lo schema ©/ 
— I, 709 A, e B si palesa più, antico di O/ e A come il seguito im- 


I. 2260 — ALLMEN v. O., Das Homer, 80, Paderborn, Schòning 
Kind in der epischen Dichtung der 1923. 
Griechen, 07, Bern, Haupt 1924. 
I. 2262 — WeknpLlinc F., Das 
I. 2261 — EBERHARD E., Das. Gesetz der Einschaltung und die 
Schicksal als poetische Idee bei IHiasschichten. Mit einer Beilage: 


330 — 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2262-2266 


mediato di A. Altre inserzioni sono nella Atdg ari. Così egli rico- 
nosce nell’Iliade ben II strati di cui l’Achilleide sarebbe il primo 
ed il Catalogo l'ultimo. 

Che anche in Omero, come in tutta la poesia popolare, si deb- 
bano riconoscere degli artifici, specialmente formali, nessuno 
può negare, ma non dobbiamo allontanarci dal criterio fondamentale 
che tali artifici debbono essere connessi con la spontaneità, vorrei 
dire, spesso incoscienza artistica del poeta; artifici piuttosto gros- 
solani che non di arguta finezza e di recondita virtuosità come i 
critici troppo acuti vogliono far apparire. Talora talune disposizioni 
e composizioni sono fortuite più che non volute: certe leggi arti- 
stiche imposte dalle condizioni di sviluppo e della psiche del popolo 
e dai mezzi materiali di espressione. Ad es. l'usodicerte formule stereo- 
tipe, che il Bolling (I 2263) registra. Così pure avviene perquelconcetto 
della realtà tragica della vita che incombe oscuramente e paurosamente 
sulla coscienza dell'umanità e si palesa, suo malgrado, in tutte le con- 
dizioni della vita. Per questo forse troppo acute e sottili sono le ricerche 
del Griimunger (I 2204). il quale ci fa apparire un Omero più filosoto 
di quanto non sia nella realtà e quale piuttosto apparisce alla nostra 
sensibilità moderna. È vero il fatto riconosciuto, ma è da dubitare 
della coscienza diretta del valore del fatto stesso e della volontà 
del poeta nel rappresentarlo. Omero riflette direttamente il mondo 
esterno quale si palesa al suo spirito e però è il grande specchio 
della vita eroica, il tesoro ove sono depositati i materiali di quella 
vita, e però nello studio della società obbiettiva, reale è più facile 
che il critico trovi sicuri documenti. Così il Boucher (I 2265) può con 
maggior sicurezza riconoscere in Omero i principi essenziali della 
arte della guerra ed intuire il valore spirituale loro nell'uso di armi 
particolari (combattimento a corpo a corpo), nella fede della vit- 
toria anche nelle più disperate condizioni, nelle relazioni fra 1 com- 
battenti e nelle regole loro imposte quasi come leggi superiori e di- 
vine e però rispettate da tutti, con l’infamia pubblica e la esccra- 
zione divina per coloro che le violino. Altro artificio tecnico è quello 
studiato dal Wieniewski (I 2200) riguardo al modo di presentare o fare 


Die Schichten der Ilias, 28, Ti- momento trazico e la sua attenmna- 


bingen, Osianderschen Buchhandl. zione nell’Iliade:AeR., 1925, 095- 
1923. 138. 
I. 2263 — MELVILLE BoLLixuG I. 2265 — BoucHER A., L’ Ilia- 


G., Interpolation of certain For- 
mulas: CIPh., XVII, 1923, 170-177. 


I. 2264 — GRUNUNGER C., 7/ 


de et les lois éternelles de la guerre: 
CRAEG., 1923, LVII SE. 


I. 2266 — \IENIEWSKI IcGx., La 


—- 331 -— 


CESSI. LETTERATURA GRECA. T. I. 2267-2269 


intendere gli avvenimenti futuri. L'attenzione del lettore è tenuta so- 
spesa sempre nel racconto dei fatti presenti dal pensiero di ciò che do- 
vra avvenire e che il poeta tratto tratto lascia un po’ intravedere, ma 
non sì che non rimanga scossa la fantasia dell’ascoltatore. Dal proemio 
dell’Iliade e dell’Odissea, per tutto il corso dei due poemi, si indo- 
vina un evento futuro che spesso poi sfugge o si dilegua, ma che so- 
stiene il racconto e rende meno grave e pesante l'aspettativa. Altro 
motivo è quello della sparizione dell'eroe nel momento in cui la sua 
presenza turba Fazione generale. Il Gieselbusch (I 2267) nota come 
i mezzi tecnici (nuvole avvolgenti, artifici magici, rappresentazione 
di doppia figura, ecc.) ricorrono in Omero per quella parte che meno 
sente del meraviglioso, e sia meno lontana dalle apparenze reali della 
vita pratica. La magia, le arti soprannaturali, le metamorfosi sono 
piuttosto di età più evolute. Questi elementi, ad ogni modo nel poema 
omerico derivano da leggende particolari orientali che in modo spe- 
ciale influiscono col loro carattere fantastico per cui facilmente sì 
distinguono da quelle di origine ellenica. 

Aftine a tale ordine di ricerche è quello instituito dal Roeger 
(I 2208) riguardo al motivo della invisibilità, nel quale si risente un fon- 
do delle leggende popolari. Ma io credo che anche una più profonda 
ragione psichica si debba riconoscere, quale è comune a molte fiabe 
e credenze popolari di più genti per rappresentare un elemento che 
sorpassa la natura umana. Queste leggende che si protendono nello 
intimo della vita umana e trasportano col pensiero all’al di là con 
una ricca messe di immagini favolose, mostrano il bisogno dell'umanità 
di dare un conforto alla vita presente e dal criterio di questa si mo- 
dificano. Così (cfr. Lawson, Modern Greek Folklore and ancient Greck 
Iteligion, Cambridge, 1910) per il contrasto fra il concetto pelasgico 
ed omerico riguardo l’oltre tomba; per il concetto della nullità e della 
felicità quale nell’Odissea va ricercando la Coulter (I 2269) riconnet- 
tendolo a leggende più recenti c comuni al folklore europeo, e allar- 
gando le sue ricerche oltre che alla condizione dei I‘eaci felici alla 


‘ 


echnique d’annoncer les événements  barkeit in der homerischen  (e- 
futurs chez Homére: Eos, XXVI, dichten. Eine Sprachgeschichtliche 
1924, 113-133. mythologische Untersuchung, 53, 


I. 2267 — GiesELBUscH H., Die Graz, Leuschner-LubensFy 1925. 


literarische Form der griechischen 
Euntritchunesgeschichte 8, Ham- 
burg, Littenbauer 1923. 


I. 2269 — COULTER CORNRLIA 
C., The Happy Otherivorld and 
Fairy Mistress Themes in the 
I. 2268— RoEGER J., "Adoz xuven Odyssey: TPAPHR.A., LVI, 1925, 
. Das Marchen von der Unsicht- 37-54. 


— 332 — 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2270-2275 


figura dì Calipso, i cui rapporti col folklore moderno vanno studiando 
con criterî diversi, ma con eccessive conclusioni anche il Riess (I 2270) 
ed il Cox (I 2271). 

Sulle imprecazioni in Omero e Virgilio ci dà osservazioni rag- 
guardevoli il Keith (I 2272) riconoscendo che, pur seguendo da presso 
Omero, Virgilio le adatta più artisticamente alla psicologia dei suoi 
personaggi. La formula stereotipa in Omero acquista in Virgilio nuova 
vita. Flementi di vita storica e documentazioni di un’ età vissuta 
trovano negli epiteti omerici il Macurdy (I 2273) ed il Bulhart (I 2274), 
l'uno studiando le relazioni fra Troia, i Balcani e la Grecia del Nord 
quali appariscono negli epiteti particolari dei cavalli, l’altro sentendo 
nell’epiteto tutta la forza creatrice dell’artista in rapporto alla vi- 
sione stessa della realtà. 

Dovuto alla pietà del Belzner è il volume postumo del Roemer su 
Aristarco. (I 2275). È un lavoro sintetico in cui il Roemer raccoglie il 
frutto, e sistematicamente lo espone, delle sue lunghe ricerche parziali 
sulla natura dell’esegesi aristarchea. Il Roemer, fissati i caratteri ed i 
criteri della critica d’Aristarco, ne segue le traccie nel materiale 
lasciatoci dagli scoliasti e discerne acutamente quanto in quello 
ammasso, spesso di scorie, si debba all'opera del grande critico. Fu 
gia notato nel lavoro nel Roemer come difetto principale l’esclusi- 
vismo dell'autore rispetto al critico studiato, e quanto di troppo per- 
sonale al Roemer sia nella ricostruzione della figura d’Aristarco. 
Comunque l’opera del Roemer è sempre capitale e porta resultati im- 
portanti sia per lo studio del sistema aristarcheo nell’esegesi lin- 
guistica, sia in quella dei fatti storici e mitologici, ed in quella 
culturale e sovra tutto in quella estetica. Forse il Roemer, trascinato 
dalla passione per il suo autore, ha voluto vedere e provare troppo per 
darci un quadro completo della figura di Aristarco, come studioso 
ed artista. 

L’influsso esercitato da Omero è stato oggetto di ricerche par- 


I. 2270 — Rirss E., Studies  Horse-Taming Trojans: CIO., XVII, 


insuperstitionand Folklore: A JPh., 
XLVI, 1925, 225 Sg. 


I. 2271 — Cox E.G,, Classical 
traditions in AMediaeval Irish Li- 
teratur: PRO., 111, 1924, 281 Sg. 


IT. 2272 — KEITH A. L., The 
taunt in Homer and Virgil: CIJ]., 
XIX, 1923, 534-500. 


I. 2273 — Macurpy G. H., The 


1923, 50. 


I. 2274 — ButHKaRT V\., Home- 
rische Epitheta: XAapuoua, Festrahe 
zur 25]dhy. Stiftungsfeier d. Vereins 
klass. Philol. i, Wien, 1924, 5-12. 


I. 2275 — RoEMER A,, Die Ho- 
mevrexegese  Aristarchs in ihrev 
Grundziigen.... bearb.-und herausg. 
v. E. BELZNER, XIV-280, Pader- 
born, F. Schòning. 1924, 


— 333 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA: I. I. 2276-2282 


ticolari da parte del Patzig il quale ha fissato il suo sguardo sulla 
figura d'Achille come quella che assomma tutta la vita del poema 
omerico. Anzi il poema omerico si presenta per il Patzig quale la 
« tragedia di Achille », com’egli si compiace chiamarla (I 2276). 
Afferma che la definizione aristotelica della megirdzera elg Evaviiov 
deriva esclusivamente dalla visione di Achille; che la Menis è la 
peculiare creazione di Omero per cui nel poema si distinguono due 
leggende non troiane (Meleagreide e per questo cfr. anche I. 2317, 2351I 
-2352 e la leggenda popolare della vendetta gentilizia) che convergono 
in un nucleo primo, attorno al quale si svolgono azioni secondarie; e 
che l’ira d'Achille sì perpetua e si trasforma nelle leggende posteriori, 
le quali il Patzig segue nei racconti di Ditti Cretese, e in quelli 
che per influsso di Ditti si sono continuati nelle leggende bizanti- 
ne. Ricorda quali fonti Teucro, Sisifo di Cos donde derivano le in- 
venzioni di Malala e G. Antiocheno. — Accanto ad Achille, la fi- 
gura omerica che più ébbe vita nella coscienza tarda dei Greci fu 
Ulisse le cui vicende si trasformano mano mano che la sua figura va 
assumendo colorito e valore diverso, fino al racconto dantesco. Il Pa- 
rodi (I 2277) illustra appunto la persistenza delle leggende odissiache 
nella poesia medievale dopo di aver studiato con questo fine, quale 
era proprio del suo spirito critico, i rapporti di Ulisse e Penelope 
nelle ultime scene dell’Odissea. — Allo studio della fortuna omerica 
contribuisce quello sui traduttori che converrebbe fosse condotto su 
più larga base e compiuto sistematicamente. Buon saggio ne dà la 
De Luca (I 2278) trattando dell'Obsopeo. — All’età moderna ci 
conduce il Kerber studiando le relazioni fra Omero ed Hélderlin 


(I 2279). — Diamo solo notizia del lavoro di M. De Sanctis, (I 
2280) che non ci è stato dato di esaminare. 
5. LA LINGUA. — Ricordiamo anzi tutto il lessico omerico di 


R. J. Cunliffe (I 2281) per quanto limitato di mole. — Noi, Italiani, 
non dobbiamo dimenticare il Dialetto Omerico del Nazari (I 2282), 


I. 2276 — Parzio EDw., Die A- omerici: V. Obsopeo, 88, Palermo 
chillestragòdie dev Ilias tini Lichte tip. Boccone del Povero 1925. 


der Autiken und der modernen 1.2279— KerBER R., Holderlins. 


Tragih: NJ., XVI, 1925, II, 40-06. ana Ì 
siede Verhiltniss zu Homer: Ph., 1924. 


By. Z. XXV, 1925, 273-291. I. 2280 — DE Sanctis N., Studi 
I. 2271 — Paroni F.G, Poeti omerici, 96, Napoli, F. Ruzzi 1925. 
antichi e moderni, Studi critici, I. 2281 — CuNLIFFE R. J., A 
IV-350, Firenze, Sansoni 1923. Lexicon of the homeric  Dialect, 
1X-445, London, Blackie 1924 


NAZARI OR., // dia- 


I. 2278 — Dr Luca ADRIANA, 
I traduttori mmaristi dei poemi T. 2282 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2283-2291 


modesto ma utile contributo per le scuole, e del quale è uscito di re- 
cente una nuova ristampa. — Punti particolari della questione lingui- 
stica trattano il Bolling (I 228 3) con le ricerche ortografiche quanto al- 
la lezione ev per e0; 11 Pagliano (I 2284) che ritorna a discutere Per il 
F in Omero, concludendo che il digamma non fu pronunziato nel 
tempo omerico pur esercitando ancora un relativo influsso e che fu 
conservato per forza della tradizione e della tendenza all’'arcaismo 
mantenutasi anche dopo Omero, sì che il digamma non è elemento 
sufficiente per discernere i vari strati del poema omerico. — Del- 
l'accentuazione omerica si occupano il Grégoire (I 2285) il quale pro- 
va che raramente (rapporto 1:10) le enclitiche portano l'ictus es- 
sendo pronunziate con sottile emissione di fiato; il Vendryes (I 
2256) che si sofferma sull'accentuazione di *Ixoves e *’Iwveg dimo- 
strando che non v'ha contraddizione fra tali forme, essendo l’ultima 
la normale contrazione in attico secondo la legge della contrazione 
delle parole con la antipenultima breve; il Hermann (I 2287) che 
nell’omerico Xygevre riconosce una forma eolica. 

Quanto all’uso dei sostantivi astratti J. A. Scott (I 2288), con- 
trapponendosi al Bolling (C/ PA. XVIII, 1922, 272), afferma che non 
vi sono differenze notevoli fra l’Iliade e l'Odissea, trovando nella 
unità del linguaggio argomento forte per l’unità della composizione 
e dell’autore, e alla stessa conclusione arriva lo Shewan (I 2289) stu- 
diando le parole astratte in -{r, -0t15, -#75, — W. D. Hooper (I 2290) 
nota come un esempio di plurale di sostantivo astratto sia gia nel 
proemio dell’Odissea. 

Il Mcillet (I 2201) fa osservare che le forme rég0z0, x5200v sono 
forme arcaiche, non sostituite da quelle del verbo, rog0é%, sì che 
in M,15 rag0en (forma duplicata di =240e70) fu alterata di poi in 


letto omerico (2* ed.), rifus. ed aum. 
(ris.), 312, Torino, Chiantore 1925. 


IT. 2283 — BoLrLinc G. M., dd 
peculiarity of Homeric Orthogra- 
Phy: CIPh., XVIII, 1923, 170, 


I. 2284 — Pagliaro A,, Per il 
F in Omero: RFCI., 1925, 231-241. 


I. 2285 — A. GRÉGOIRE, L'ac- 
cent grec el les enclitiques homeri- 
ques: RBPh., 1924, 387-390. 


I. 2286 — VENDRYES I., L’ac- 
centuation de ’Imv loves: BSLP., 


n°, 70, 49. 


- I. 2287 — Hermann E., Homer 
dypetze i Gl., XIII, 309. 


I. 2288 — Scotrt ]J. AÀ., Homeric 
Abstrats and Thirtv-two per cent.: 
CIJ., XIX, 1923, 238. 


I. 2289 —SHEWANA,, Zhe homeric 
Abstracta: CIPh., xIX, 1924, 170. 


I. 2290 — Hooper W. D., Plu- 
rals of the Abstracts: CIJ, x1ix 


1923, 448. 
I. 229I — MEILLET A., Str un 


aoriste altéré che: Hom?re: BSLP., 
n° 706, IOI-2. 


= Ho = 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2292-2298 


rég0et0. A proposito di #X$tuevat vetoto Badelnc in K.353 il Wol- 
terstorff (I 2292) studia l’uso dell’avverbio attributivo nella sua 
trasformazione addiettivale. 

L’uso di vocaboli speciali in Omero e specialmente nel loro 
valore specifico è perseguito con cura meticolosa e novità di con- 
clusioni da P. Th. Justensen in una serie di monografie delle quali per 
ora ricordiamo (I 2293-2294), quelle sul valore di @vuég ed in partico- 
lare di gpnv che si deve riconnettere con gpéag (fonte), dacchè ne ema- 
nano tutte le forze e sostanze corporee, riferendosi al diaframma deter- 
minato anatomicamente da Omero con incredibile esattezza. Quanto a 
00uéc, esso ha la sede regolare nel torace, ma nelle grandi paure fa 
sentire il suo effetto anche più giù. In quest’ultima memoria, quale 
appendice, si trovano accenni riguardo all'uso di òèxprdopa. in- 
giuriare, r7$4% riguardante non il salto, ma movimento convulso; 
65005 per petto, e piXex riferito alle varie parti del corpo. Lo studio 
delle parole fa risaltare la esattezza di percezione dell’antico poeta 
nella osservazione dei fenomeni fisiologici. Il Bielchlawek (I 2295) 
studia l’uso di puéXreodar e di pormi in Omero e tutte le spiegazioni 
varie che dai più antichi grammatici fino ai lessicografi medievali, in 
Eustazio ecc. ci sono pervenute, dimostrando che dal senso originario 
di gioco, danze a poco a poco nella porri si è venuto comprendendo 
anche il valore di aùdi, goua ecc. — Il Frinkel (I 2296) si sofferma 
su A 4iopat, zIXTO, Ecc. 

Le questioni metriche sono toccate da J. A. Scott (I 2297) che 
esaminando il numero delle parole nell’esametro dattilico conclude 
che il verso omerico in media è composto di sei parole, che numerose 
sono le parole lunghe costituenti serie dattiliche (solo 4 versi in Omero 
sono di tre parole, ed i versi che ne hanno il maggior numero sono 
Z 440, a 2II, y 367); dal Debrunner (I 2298) che si occupa dell’abbre- 


I. 2292 — WOLTERSTORFF G., Ueberlieferungsgesch. der  antik, 


Attributives Adverbium zu Il, K. 
353: PDAIW., 1924, 1241 Sg. 


I. 2293 — JusTENSEN P. TH, 
The homeric thymos, 54 (copie a 
macchina), Banjoewangi (Giava), 
1925 (presso l’autore). 


I. 2294 — JustenseN P. TH. 
The homeric Phren, 25 (copie a 
macchina), Banjoewangi (Giava). 
1925 (presso l’aut.), 


I. 2295 — BIELCHLAWEK R.,, 
Miro nd uo. - Stud. itber 


homerisch. Bedeutuneslehre: WS., 
XLIV, 1925, 1-18, 125-143. 


I. 2296 — FRAFENKEL H., Ho- 
merische W'orter: * Aviidmpov, Fest- 


schr. J. Wackernagel, Goòtting, 
19024, 274-282. 
I. 2297 — Scott J. A., The 


Number of words in a Dactylic 
Hexameter: CIJ., XIX, 1923, 239- 
240. 


I.2298 — DEBRUNNERA,, Metri- 
sche Kiirzung bei Homer:'Avridwgov 


— 2336 — 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2399-2306 


viamento e dell’allungamento delle vocali, concludendo che più 
frequente è il secondo caso, e studia il trapasso probabile eseguito 
dalle parole dalla forma originaria alla più recente nel primo caso 
che è più raro; dallo Shewan (I 2299) che ricerca in Omero l’asso- 
nanza e l’allitterazione (I 2300) riconoscendo essere più frequente 
il caso dell’iato dopo v finale nella seconda o terza sillaba di dattilo 
in tesi, e, pur essendo possibili e leciti tutti gli iati. Omero non mo- 
stra nè propensione nè disdegno per l’iato; e infine dal Magnien 
(I 2301) che studia tutti gli artifici per cui nell'apparente sua mo- 
notonia l’esametro omerico ha tanto varietà. 

Questione interessante di grammatica e d’arte ad un tcnipò 
è quella affrontata dal Ammann (I 2302) riguardo alla serie delle 
parole, ed alla composizione delle proposizioni. Il verbo in questo 
fatto gioca la parte principale, ed è naturale, e con la collocazione sua 
speciale da un colorito grammaticale e artistico a tutto il pensiero, 
lumeggiando i punti più importanti su cui cade l’osservazione del 
pocta, o si sfoga la passione dell'animo o si presenta lo svolgimento 
dell’azione. 

6. QUESTIONE OMERICA. — a) Questioni Generali. La cosidetta 
«questione omerica » è sempre più viva che mai. l'ondamentali 
rimangono ad ogni modo i poderosi, se non in tutto accettabili, 
lavori comparsi negli ultimi anni quali sono quelli del Cauer (I 2303), 
del Drerup (I 2304), del Finsler (I 2305), del Wilamowitz (I 2306), del 


Festschr. J. Wackernagel, Goòtting, 
1924, 28-40. 


I. 2299 — SHEWAN A, Alli- 
leration and assonance in Homer: 
CIPh., XX, 1925, 193. 


I. 2300 —T Surewax A. Hialus in 
Homeric Verse: CIQ., XVII, 1923. 


IT. 2301 — MacnIENV., La variété 
dans le vers homérique: Mélanses 
linguistiques offerts a M. JT. Ven- 
drves par ses amis et ses élèves, 
Pp 229-250, Paris, Champion 1925. 


I. 2302 — AMmMANN H,, Unters. 
zur homer. Worlfolge und Satzstruk- 
tur mil besond. Beriicksichligung 
der Stellung d. Verbums. (= In- 
dogerm. Forsch.), 47, Freiburg i. 
Br., Boltze 1924. 


I. 2303 — CAUER P., Grundfragen 


der Homerkyritik, III Aufl. I° (1921), 
1-406; II (herausg. v. E. BRUHIN, 
1923), 407-709, Leipzig, Hirzel. 


I. 2304 — Drerup E., Homeri- 
sche Poetik. I: Das Homerpro- 
blem in der Gegenwart v. E. DRrE- 
RUP, Xv-511; III Die fapsodien 
der Odyssee v. FR. STURMER, XIII- 
632, Wurzburg, 1921. 


I. 2305 — FINSLER G., Homer. 
I. (3° aufl.), mit ein. Erganzung v. 


Ep. Tifcue, I. Vorfragen - Ho- 
merkritik, (1924), x1-234; II. Die 
homerische Welt - Die homerische 
Poesie (1924), xt11-281; — II. (2° 
autl.), Inhalt und Aufbau der 
Gedichte, (1918), xxII1-464, Leip- 
zig, Teubner. 


I. 2306 — WILAMOWITZ v. MoEL- 
LENDORFF UD., Die Ilias und 


= 


Aevum - Anno I - 22 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2307 


Bethe (I 2307). Anche se escono dai limiti di tempo impostici non 
si può non dar luogo loro in questa rassegna e perchè in parte rias- 
sumono tutto il lavoro critico compiuto fino ai giorni nostri e perchè 
le idee fondamentali e le conclusioni sostenute sono, debbono anzi 
essere, di base, pur in vario senso, alle future discussioni. Il lavoro 
del Cauer appare tutto, o quasi, rinnovato con nuove parti, fra le 
quali un capitolo sull’esametro e sull’arte d’Omero. Ma la morte 
interruppe il lavoro del Cauer ed il Bruhn, che ne raccolse l'eredità 
letteraria, potè aggiungere di sugli appunti lasciati dall’autore, 
solo una parte che comprese in un quarto libro nuovo dal titolo 
Die beiden Epen als Gegenstand der Kritik, riguardante i caratteri 
dei due poemi, i confini ed i diritti della critica e in parte 
‘ la composizione dell'Iliade. Il Drerup nel primo volume della 
sua Homerische Poetik tratta tutta la questione omerica, sotto 
i più vari punti di vista, quale si presenta fino ad oggi, lasciando 
intravedere il suo convincimento della insufficienza della critica 
storica quale in generale è tuttora seguita. Nel terzo volume dedi- 
cato all’Odissea (il 2° dedicato all’Iiade non è ancora pubblicato) 
lo Stiirmer, seguendo le idee del maestro, ricerca le rapsodie fonda- 
mentali (15) che si possono riunire in due principali cioè la ven- 
detta di Ulisse da un canto, i viaggi di Telemaco, quelli di Ulisse 
ed il ritorno dell’eroe dall’altro. — L’opera del Finsler, dopo la morte 
dell’autore, si presenta nella sua terza edizione per cura del Tièche 
che ha diviso in due parti il primo volume, conducendo fino ai giorni 
nostri la storia della critica omerica. Ma nel suo complesso l’opera 
rimane quale era nella seconda edizione (1912) c di questo il Tièche 
raccomanda che il lettore non abbia mai a dimenticarsi, tanto più 
che il Finsler non potè tener conto delle ricerche del Wilamowitz 
(Die Ilias u. Homer) che, pur essendo del 1916, debbono essere ricor- 
date come quelle che hanno avuto il maggiore influsso sull'indirizzo 
della critica omerica negli ultimi tempi. — Secondo il Wilamo- 
witz, Omero, un vero poeta, avea cantato il suo poema traendone 
la materia da precedenti poesie o poemetti, parte rimaneggiando, 
parte rinnovando, parte riunendo. Così il Wil. modifica in parte il 
concetto fondamentale delle sue Homer. Untersuchungen (1894). 
Di tali canti il Wilamowitz tenta di determinare il tempo conside- 
rando tutta la parte A-H 321 come veramente omerica e di cui fino ad 


Homer, vI-523, Berlin, Weidmann, 374; IT. Odvssee. Kyklos. Zett- 


1910. bestimmung, mit den Resten des 
troischen KyFlos und einem Bei- 
I. 2207 — Bretne E., Homer, trag v. FR. STUDNICZKA, X-392, 


Dichtung und Sage. I. Ilias, 1x- Leipzig, Teubner 1922. 


— 338 — 


POFSIA EPICA: OMERO i I. 2308-2309 


I e K fanno parte le canzoni più antiche di Omero (e le più antiche: 
E-A2, e canto di Ettore in .V-0); invece Z sarebbe contemporaneo ad 
Omero. Ma vi sono intruse parti più recenti nell'antico epos: ad es. K 
è più recente di Omero, ma anteriore ad Esiodo, mentre O è più re- 
cente di Esiodo. Fra le poesie conosciute da Omero, Z ed H sonole più 
tarde. L'episodio di Crise è stato interpolato prima della compo- 
sizione dell'inno ad Apollo pizio (circa 580 a. C.). Il Wilamowitz af- 
ferma la personalità d'Omero: ma non è certo quella della tradizione 
ch'egli studia nelle « Vite » e nelle attestazioni rimasteci, dopo aver 
chiarito come la leggenda abbia dato motivo ai canti e dall’epos, 
come il poeta abbia potuto comporre il suo poema. ll Wilamowitz 
tratta anche dell'Agone poetico fra Omero ed Esiodo, dell'inno 
Delio, e del proemio della Teogonia di Esiodo nelle aggiunte al suo 
volume. — ll Bethe continuando le sue ricerche sulla poesia omerica 
nel suo recente secondo volume (un terzo sull’Analisi della leggenda 
è promesso dall'autore, ma non si prevede quando uscirà) conchiude 
che l’Iliade e l'Odissea non sono poemi immaginari, bensì opere d'arte 
formate su un piano determinato, fisso. Ma nell'Iliade si hanno 
accenni cronologici dal secondo millennio al VI° secolo a. C., e il poema 
dovette essere composto dopo il 030, ed è di origine attica, mentre 
l'Odissea è più recente dell'Iliade, posteriore ad Esiodo, e le Ciprie, 
composte in Atene, risalgono alla seconda metà od alla fine del VII 
sec., mentre i Nostoi della prima metà del sec. VI sono anteriori 
all'Odissea. Il Bethe si appoggia nella sua ricostruzione a deter- 
minazioni archeologiche — che però possono essere, e sono anzi da 
altri spiegate in modo diverso — fra le quali la descrizione della 
Fibula d'Ulisse intorno alla quale to Studniczka scrive un breve 
articolo che chiude il volume. 

Contributo particolare alla questione generale con criteri perso- 
nali ha tentato di dare il Cessi nei lavori sopra indicati e quasi 
contemporaneamente lo Smith (I 2308) il quale però si restringe 
ancora alla teoria della successiva espansione dei poemi. Recentis- 
simamente il Marx (I 23009) ha ripreso in esame tutte le testimonianze 
intorno alla tradizione della personalità d'Omero, il cui nome è 
riaffermato come nome di persona. La patria del poeta sarebbe 
da riconoscere in Smirne, distinguendo un Omero, rapsodo anteriore 
ad Esiodo e cantore di inni a Delo, da un pocta Melesigene, autore 
dell'Iliade e dell’Odissea. Omero raccoglie i canti dei poeti anteriori, 

I. 2308 — SmitH R., The Solution I. 2309 — Marx F., Die Ue- 
of the homeric Question.The original  berlieferung itber die Personlich- 


Iliad and its successive Expansions,  keit Homers: RIAM., xXIV, 1025, 
22, London, Graffon, 1923. 305-431. 


— 339 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2310-2314 


e la composizione dei poemi si può ammettere solo al sec. VIII. 
Il Marx si occupa anche degli inni omerici dei quali riporta quello 
a Demetra (come quello ad Apollo Delio) al tempo di Solone, quello 
ad Ermete al tempo di poco anteriore ad Alceo (VII sec.), quello ad 
Afrodite ad età anteriore a quello per Ermete (Cfr. anche I. 2383). Sui 
più recenti lavori del Vitelli (R.A.L., 1921), dello Scott, del Drerup e 
del Wirkl parla nella « Cultura » N. Festa (I 2310) respingendo le esa- 
gerazioni dei divisionisti e di coloro che cercano solo nell’Oriente le 
fonti dei poemi omerici; ma la questione principale è appena sfiorata. 

Seguendo in parte le conclusioni del Wilamovitz, il Dahms(I2311) 
ricerca nel poema iliaco le parti duplici di cui consta: una Iliade 
ed una Achilleide, riaffermando così, la dichiarazione fatta prece- 
dentemente (I 2312) della mancanza di originalità creatrice nei 
compositori della nostra Iliade ed Odissea, la cui datazione non 
può risalire oltre il VII sec. essendo pur sempre l’Iliade anteriore 
all’Odissea, la quale è posteriore ad Esiodo, e più recente dei Nostoz. 
Non pare che il poeta dell'Iliade e dell’Odissea abbia conosciute le 
Ciprie e la Piccola Ilrade. 

La Odissea fu oggetto di studio particolare da parte dello 
Schwartz (I 2313) il quale completa così il disegno-della composizione 
del poema omerico tratteggiato già nello scritto Zur Entstehung der 
Ilias (Schrift. d. Wiss. Gesell. in Strassb., XXXIV, 1918) Lo Schwartz 
continua l’opera del Kirchhoff e del Wilamowitz da cui in gran parte 
dipende, concludendo che nell’Odissea è da riconoscere un più 
antico epos delle peregrinazioni e ritorno di Ulisse, cui seguì un 
secondo epos. Vi si aggiunge una Telemachia, con allargamenti 
dell’«Apologo» odissiaco ed altri episodi rifusi in nuove redazioni e 
riuniti in una certa armonica dipendenza in una redazione finale. 

Contro le conclusioni dello Schwartz, muove in parte il Belzner 
(I 2314) che, pur riconoscendo gli strati vari dell’O., mostra quali 
gravi difficoltà offra la ricerca. Ad es., i viaggi di Telemaco a-e de- 
riverebbero da una primitiva creazione del poeta come p. Ma tutta 
la rappresentazione subisce variazioni e mutamenti che sempre più 
affievoliscono l’originaria unità e l’interno sviluppo. 


I. 2310 — FESTA N., Omero: La 1923, 337. Recens. di E. BETHE, 
Cultura, II, 4 febbr. 1923. Homer. 


I. 2311 — DAHMS R,, Zlias und 1I.2313 —ScHWARTZE., Die Odvs- 
Achilleis. Unters. i. die Kompos. see, VI-343, Miinch., Hueber 1924. 


der Ilias, 80, Berl., \Veidmann sua 
Sin I. 2314 — BELZNER E, Beitrase 


19024. 
254 zum  Verstandniss der Odvssee: 
IT. 2312 — Daunvs R.: PAW, BBIGSch., LXI, 1925, 230-250. 


— 340 — 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2315-2319 


Il Peters (I 2315) riconosce nell’Odissea quattro parti fondamen- 
tali: Telemachia (a-3, sei giorni), mostos (e — v 184 = 28 giorni), 
episodio di Eumeo (v, 184 — &="1 giorno), tists (o — w ="sei giorni). 
In ciascuna di queste parti sono altre suddivisioni, le quali si presenta- 
no con un mirabile parallelismo, che si fonde ad un tempo con una 
struttura chiastica per cui nell’artista si nota una peculiare tendenza 
alla disposizione artificiosa affatto caratteristica delle parti maggiori 
e degli episodi. — Anche P. Haupt (I 2316) ricerca lo sviluppo del 
nucleo storico dell’Odissea ma traendone argomento da motivi arti- 
stici come l’assimilazione, la trasposizione delle parti, risalendo coi 
confronti al poema di Gilgamas. 

Per il Wecklein (I 2317) la tradizione della commissione pisistra- 
tica non è favola, ma riguarda un avvenimento storico necessario 
alla difesa e conservazione del testo. Fra le teorie varie intorno 
alla composizione dei poemi si deve dare considerazione maggiore 
a quella detta della « contaminazione » ed il Wecklein, mettendo a 
fondamento del poema iliaco una Iliade-Achilleide, ne trova un logico 
e psicologico sviluppo, che ne unisce intimamente le varie parti 
aggiunte anche di poi, le quali parti determinate dall'opera principale, 
furono fuse e rifatte in essa. Nella veechia Achilleide forse mancava 
l'episodio di Patroclo introdotto dal poeta come motivo della lotta 
con Ettore. L’eroe primo non fu Achille, ma Aiace nell’Iliade, ed è 
peculiare creazione omerica la lotta fra Achille ed Agamennone 
come anello di unione fra i due nuclei principali. La leggenda di 
Meleagro (cfr. anche più avanti n. I 2351-2352 e 2276) dava il fonda- 
mento dell’ira. L'unità artistica dei due poemi omerici, riconosciuta più 
o meno largamente dai più, anche dai divisionisti, conduce di necessità 
alla conclusione che Omero, un poeta insomma, sia autore dell'Iliade 
e dell’Odissea, quale sostiene con un breve scritto il Laurand 
(I 2318). Non ne è persuaso il Gyombay i cui Epilegomena (1 2319) 
sono una protesta contro gli estremi unitari, senza però ap- 
portare nuove ragioni, ma fermandosi piuttosto a disegnare 
lo stato presente della questione omerica. Il Gyombay studia 
anche i soliti iferata, la formazione dei discorsi ed il loro rap- 


I. 2315 — PrtERS H., Die Fin-  Rritisches zur homerischen Frage: 
heit der Odyssee: N ]., 1924, 20I-  SBAIW., 1923, 6 Abth. 


216. 
I. 2318 — Lauranp L., Potr 


I. 2316 — Hauprt P., Prhilolo- @Homère: CIPÀ., XVII, 1923, 152-5. 
gical and linguistic Studies: A JPh., 


XLVI, 1925. I. 2319 — GvromBay ]., Z:pile- 


gomena ad Homerum sive obser- 
I. 2317 — WECKLEIN N., Epi-  vationes ad elocutionem et compo- 


— 341 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2320-2323 


porto con la narrazione, i tipi, le figure retoriche, le descrizioni, 
le comparazioni, e l'influsso della tradizione linguistica sul merito 
artistico particolare del poeta, affermando che la vendetta non è 
nell’Iliade motivo inventato dal poeta; che 1 caratteri principali 
degli eroi sono incerti, come incerto il luogo d'azione; che l’arte 
dei poemi tradisce l'originario poeta nella «veritas» e «simpli- 
citas » mentre che « simulatio artificium praestigiae » sono le carat- 
teristiche dei redattori, che un redattore finale assomma nel poema 
giunto fino a noi. — Invece, dalle rassomiglianze di lingua e di stile 
parte il Bassett (I 2320) limitandosi pure ai proemi dei due poemi 
per dimostrare contro i corizonti l’unità intima dell’I. e dell'O. 

Una delle fonti che dettero motivo e materia ad Omero fu 
certo la tradizione argonautica in cui si afferma tutta la tendenza 
degli Elleni ai viaggi, all'espansione coloniale; i rapporti di tali tra- 
dizioni con Omero sono continui sia nell’I. sia -—— più ancora — nel- 
l'Odissea. Il Wilamowitz (1 2321) ritorna sulla questione della localiz- 
zazione della leggenda affermando che l’cpos ionico noto all’Odissea 
conobbe l’entrata degli Argonauti nel M. Nero, ma che la identif - 
cazione dell’Aia (per Omero nell'Oceano). con la Colchide è dovuta 
ai Milesi. Solo quando si constatò che il M. Nero era chiuso si fece 
passare la nave Argo per il Tanai e il Fasi nell'Oceano. In Cirene 
sì formò la tradizione del trasporto della nave per la Libia; ma 
l’epos corinzio avea posto il viaggio nell'Adriatico, finchè, conosciu- 
tosì anche questo come un mare chiuso, si pensò ad una derivazione 
o comunque ad una relazione col Danubio. Ma quanto più si estesero 
le cognizioni geografiche tanto più si modificò il viaggio per adattare 
la leggenda alla realtà, dalle storic di Timeo ai poemi di Apollonio 
ec del ps. Orfeo. 

Ma fondamentale e controversa rimane sempre la questione 
della datazione dci poemi. Però i più non discendono oltre l'VIII sec. 
nè risalgono oltre il X. Ne trattarono recentemente oltre il Wilamo- 
witz, Belke, ecc. già citati il Mey (I 2322), ed il Bates (I 2323) il 


sittonem Iliadis et ad quaestionem  nauten: SPAW., (15 maggio 1924). 


homericam, Budap., Kiadja a 
Mavar Tudomanyos AFademia, I. 2322 — MEyO., Die Zeit des 
1923. trojanischen Kvrieges: Homer und 


Ilias: HG., 1924, 177; Homer 
I. 2320 — BassetT G. E., The und Odvssce: ibid. 
Proems of the Iliad and the Odvs- 
sey: AJPR., XLIV, 1923, 339-348. I. 2323 — Bates MM. N, Notes 
on the Dating af the Homeric 
I. 2321—WiLramowiITzv.MorLL. poems: AJPh., XLVI, 1925 € 
Un., Ueb. die Riichfahrt der Argo- TPAPLA. LV, 1924, p. XXV. 


— 3412 — 


POESIA EPICA: OMERO. 


I. 2324-2329 


quale pensa al tempo della caduta di Micene (sec. XII) reputando 
omerica la lingua delle tavolette di Gnosso con scrittura lineare! 

b) Argomenti storici e culturali. — Anche per la determinazione 
storica e del materiale epico e della composizione dei poemi omerici 
danno maggiori e più sicuri documenti gli scavi archeologici in Asia 
Minore e le inscrizioni di Bogazkéi. Dobbiamo a tal proposito ricordare 
per le relazioni fra gli Achei e gli Ittiti i lavori, già menzionati, del 
Vetter (I 2064) del Grimme (I 2067), con i dubbi del Costanzi (I 2066), 
e pei rapporti con Creta l’opera del Glotz (I 2008) del Muttelsec (12069) 
ed in generale quella del Jardé (12001). Ma nuove e più notevoli ri- 
cerche ci conducono più addentro nei misteri dell'origine del popolo 
ellenico, sì che nuova luce acquista la questione della composizione 
dei poemi omerici che sempre più reali ci si presentano nella storicità 
della materia che trattano. Un nuovo ricordo delle città di Akh- 
khivawa (==Acaia) si ha in una tavoletta d’oracoli della città di 
Lozpa (=Lesbo) illustrata dal Savce (I 2324), e Lesbo è più volte ri- 
cordata nell’Iliade come punto di fermata delle scorrerie achec. 
Il Kretschmer (I 2325) riconosce l’’A%é7xv8z0< (= Paride) d’Ilio nello 
Alaksandus re di Vilusa che nel 1300 circa a. C. faceva trattati con il 
re ittita Mutalis (==MémA05?) [cfr. anche I. 2372]; il Haupt (I 2320) 
ritrova in Ta-ru-i-sa delle tavolette ittite(+=Tpwtoax), ricordata insieme 
con Acaia e con Eteocle, re di Orcomeno, il nome ittita di Troia; il 
Draheim (12327) spiega con l'origine e l’influsso ittita il fatto dei doppi 
nomi con cui persone e località si presentano in Omero, riconvscendo‘ 
che specialmente iCilici ebbero parte nella colonizzazione del territorio 
troiano. Tali ricerche sempre più larghe e profonde hanno permesso or- 
mail di tracciare nelle lince generali la storia dell'impero degli Egiziani 
e degli Ittiti, quale ci offre, per l’NI sec. circa, il Bury (I 2328) e più in 
particolare per l'impero acheo circa il sec. NIV a. C. il Cuny (I 2329), sì 
che l'elemento storico della tradizione omerica non si può più senz'‘al- 
tro negare. Occorre discernere ora quali elementi precllenici persistano 
nel poema omerico e perchè; e forse perseguendo questa via sol- 


I. 2324 — SAvYycE H., The I. 2327 — DRAHEIM H,, Home- 


Achaeans in the Boga:-Keui tables: 
CIR., 1924, 104. 


I.2325— KRETSCHMER P., A/ak- 
sandus Konig von Vilusa: Gl., 
XIII-205-214. 


I. 2326 — Haupr P., The hit- 


lite name of Trov: AJPh., XLV, 
1924, 252-235. 


rische Doppelnamen: PhIV., 1025, 
205. 


I. 2328 — Bury ]J. B., The Egv- 
ptian and Hittite Empires to c. 
1000 B. C. (= Zhe Cambridge 
Anc. History v. 11), Cambridge, 
Univ. Press 1924. 


I. 2329 — Cuxv A., L’empire 


Lo gola 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2330-2334 


tanto si potrà trarre dalla sfinge omerica la risposta che da tanti 
secoli e con tanto affanno vanno domandando e ricercando gli 
studiosi dell’antichità. 

Il Cessi (I 2330) ha brevemente notato come persistano elementi 
sovra tutto cretesi nell’Odissea, prendendo motivo dalle ricerche 
del Drerup, conchiudendo che l’Odissea, mentre nella sua composi- 
zione può essere posteriore all’Iliade, conserva invece un materiale 
storico anteriore. — Il Weber (I 2331) illustra i misteriosi oquata Wvyed 
della lettera di Proitos con i caratteri ideografici del disco di Phaistos, 
usati forse nelle relazioni ufficiali fra Achei e Lici (anche Pelope 
deriva dalla Licia) e non con la scrittura lineare cretese, richiamandosi 
per la forma del ntvaE (doppia tavoletta in cotto il cui scritto interno 
rimaneva ignoto al portatore) ad una scena’ceramica illustrata 
dallo Schmidt (Bellerophons Tablet and the homeric Question in the 
Light of Oriental Rescarch in TPAPhA LI, 1920, 56-70) in 
contrasto con J. H. Holwerda (RAM., LV, 1900, 476) che pensava 
alle inscrizioni geroglifiche dell'età micenea. 

Una delle basi pcr la determinazione storica della leg- 
genda omerica è sempre il catalogo delle navi: ma le conclusioni 
ricavate da premesse assolute e rigidamente applicate otfrono 
sempre delle strane sorprese. Non fa maraviglia quindi che con- 
tinui il contrasto fra gli studiosi. Il Leaf (I 2332) si contrappone al- 
l’Allen (CIR., 1922, 140); lo Schmid (I 2333) dichiara senz'altro 
‘il catalogo estraneo alla primitiva composizione dell'Iliade e che non 
se ne può riconoscere l’autore sia nel poeta delle Ciprie che era un io- 
nico, sia in un interpolatore pisistratico. Questa periegesi che pare for- 
mata con un disegno metodico (cfr. Allen, The homeric Catalogite 
of Ships, Oxford, 1921), dovette, secondo lo Schmid, essere composta 
fra il 600 ed il 560 a. C. in Attica con intendimento politico in seguito 
alle convenzioni navali di Atene con altri popoli. 

Studi particolari su alcuni punti del poema, riguardo a questioni 
culturali e storiche e artistiche sono quelli del Bolaffi (I 2334) che con- 


achéen au XIV siècl. av. notre  meric catalogue of Ships: CIR. 
ere: REA., XXVII, 1925, 76 Sg. 1923, 27. 


I. 2330 — Cessi C., Elementi pre- I. 2333 — ScHMID W., Der ho- 
ellenici nella civiltà omerica: AAP., merische Schiffskatalog und seine 
XL, 1924, 273-284. Bedeuntung fiir die Datterung der 

Ilias: Ph., LXXX, 1925, 07-87. 

I. 2331 — WEBER L., Znuata n 
\oypd: PW, 1925, 710-743. IT 2334 — BOLAFFI E.,, L imma- 
gine della lite nello scudo di Achille 


I. 2332 — Leav W., 7he ho-  (xviti, 497 segg.) in relazione al 


cod 


- at sii nm 


4 Agnelli ul'o 4 


4 
4 
é 


POESIA EPICA: OMERO. 


I. 2335-2343 


sidera il quadro della lite nello scudo di Achille in riferimento al 
diritto greco; del Gillies (I 2333) che dimostra essere la purificazione 
avanti il pranzo in Omero determinazione di una regola igienica, 
avendo essa solo più tardi un senso religioso; del Maròt (I 2336) 
che, seguendo le osservazioni di M. Meyer (4 Rel, 1912) 
e del Wendland (.\V/., 1916, 244) riguardo all'atto accompa- 
gnante le parole nel giuramento, accenna a tali atti speciali, cioè 
il prendere e il dare la mano, accennare con lo scettro, ecc.; dello 
Scott (I 2337) che nega potersi dedurre da a 261 l’uso delle saette av- 
velenate presso Omero; dello stesso Scott (I 2338) riguardo al fuoco 
acceso dal Ciclope nella caverna e che non avendo significato logico nel‘ 
racconto attuale dev'essere residuo di antica tradizione mantenuta 
dal poeta; infine del Rose (I 2339) per il quale l'eroe omerico non man- 
giava pesce non perchè questo fosse considerato sacro ma perchè era sti- 
mato nutrimento vile e proprio dei forestieri poveri, dacchè Omero co- 
nosce l’uso della pesca presso altri popoli ed il loro culto sacro del pesce. 
Contro lo Schwyzer (I 2340)il quale affermava che mancano analogie 
per la dichiarazione della frase omerica — sulle ginocchia degli dei 
— confrontando Tacito,, Sf. 3, 19, il Kunst (I 2341) dimostra che 
tale confronto nulla ha da fare con Omero, mentre l’Onians (I 2342) 
la considera una formula proverbiale derivata dall'idea del filare 
conirontando « 18 con Plat. Rep., N, GI0 c. 

Il Berard (I 2343) osserva che il megaron di Ulisse non poteva 
contenere più di 38 pretendenti, stando alle indicazioni omeriche, 
e quindi debbonsi sopprimere nell’Odissea l'intervento di Atena e 
le interpolazioni che portano a 1c8 le vittime d'Ulisse. Tale osser- 


diritto greco: RIGI., vi, 1922, 1923 I. 2339 — Rose H. J., Homer's 
p. 103 SE. Little Fisches Again: CIJ., XX, 
I. 2335 — Ginties MM. Puo 1994 49051 
rification in Homer: CIQ., XIX, I. 2340 — ScuwwyzEr G., Der 
1925, 71-75. Gotter Knie: ‘Avitdwgov, Festschr. 
9 Pa J. Wackernagel, Gott. 1924. 
I. 2336 — MaroTt K., Der Eid . 
als Tat (= Act. Litter. ac. scien*. I. 2341 — Kiéxst K., Oe@v Èy 


Reg. Univ. Francisco- Joseph., Sect.  Yovvaor xeizat : IVS., XLII, 1924, 
philol. hist. I, 1), 56, Szeged, 1924 215 seg. 


Leipzig, Si Db. 
(Leipzig, Simmel) I. 2342 — Oxiaxs_R. B., On 


I. 2337 — Scott J. A., The use the Knees of the Gods: CIR, 
of Poisoned Arrows in the Odyssev o XXXVI, 1924, 2-0. 


CIJ., XIX, 1923-4, 240. 
i SIA I. 2343 — BékarD V., Le mé- 


I. 2338 — Scott J. A., Why garon d’Ulysse et le meurtre des 
did the Cyclops buid a fire?: CIJ., prétendants: CRAFEFIG., 1923, 
XIX, 1923-24, 230-8. XLVI-XLVII. 


— 345 -- 


CESSI. LETTERATURA GRECA, I. 


I. 2344-2351 


vazione è rinnovata e ripresa nell'opera generale del Bérard sopra 
ricordata (I 2200). — Il Waltz (I 2344) dà uno sguardo alla vita del po- 
polo minuto in Omero: nota come i progressi dell’organizzazione eco- 
nomica abbiano fatte dell’artigiano un elemento indispensabile alla 
società e del lavoro manuale un mezzo normale di vita, evoluzione 
però cominciata solo verso il 500. 

c) Studi su episodi omerici — Ad episodi particolari, per trarre 
dallo studio loro nuovi argomenti riguardo alla composizione dei 
poemi omerici, rivolgono la loro attenzione il Mader (I. 2345) il quale 
sostiene l’autenticità del libro IX dell’Iliade essendo .4 ed / del 
medesimo poeta dacchè A 240-243, 338-348 ammettono le Azzi 
(però non si discute il duale in I, 182-189); il Thallon (I 2346), che 
osservando i rapporti fra la civiltà di Troia e quella del periodo di 
Hallstatt conclude che la leggenda di Antenore riposa su relazioni 
fra le due regioni determinate da migrazioni troiane lungo la valle 
del Danubio; il Hanemann (I 2347) che trova un nucleo iliaco in rap- 
porto al mito di Prometev; il Bassett (I 2348) che dicilara l’inesistenza 
di interpolazione nell'episodio di Glauco; il Malten (I 2349) che al con- 
trario sustiene la non renvinità dell'episodio di Bellerofonte derni- 
vato da leggende non omeriche, probabilmente licie e carie (cfr. 
I. 2331); il Fitch (I 2350) che fa dipendere il contrasto in Pindaro 
fra Aiace ed Ulisse non da Omero, ma dalla Etiopide, dalla Piccola 
Iliade e dalle Ciprie che Pindaro riteneva per omeriche. 

In particolare ha. attratto l’attenzione dei critici omerici in 
questi ultimi tempi la leggenda di Meleagro. Per E. Howald (I 2351) 
l'episodio meleagreo dà quasi la base del poema d'Achille, che si 
è formato quando le leggende greche erano passate con le colonie nella 


I. 2344 — \acLrz P., Les arti- 
sans et leur vie en (iréce des temps 
homerique dà lépoque classique, 
(vii-vi siécl.): RMH., CXLVI, 1924, 
101-204. 


I. 2345 — MADER L., Zum neun- 
sen Gesang der Ilias: Festschrift 
zur fahrhundertfeter d. Gvmn. am 
Buyrgplat: in Essen, 30-42, Essen 
a d. Ruhr, BaedeFer, 1024. 


I. 2346 — THALLON J. C., The 


tradition of Antenor auditso hi- 
storical possibilitv:i AJA., 1024, 
47-05. 


I. 2347 — HANEMANN TH, Ziin 


Kerngedichte der Ilias aufgebaut 
auf den Zusanmenhang der Ilias 
mit dem Prometheus-Mythos, 110 
Freiburg .. B., 1923. 


I. 2348 — BASssETT G. E., On 
Z 119-230: CIPh., XVII. 1923, 175- 
180. 


I. 2349 — MALtEN L., Bellero- 
phontes: JAATI., xL, 1925, 121-101. 


I. 2350 — FitcH, E., Pindar and 
Homer: CIPh., XIX, 1924- 57-00. 


I. 2351 — Howatp E.,, Melea- 
ger und Achill: RAM., LXXUI, 
1920-1024. 402-424. 


siga 


POESIA EPICA: OMERO. sa I. 2352-2357 


Asia Minore, dove poteva pervenire il motivo dell’ira, non la figura 
di Meleagro. La storia di Fenice è romantica; è motivo novellistico 
e nel poema originario gran parte del racconto deve essere attribuito 
a Patroclo. Contro la leggenda meleagrea tentata già nuovamente 
dal Howald, muove il Bethe (I 2352) sostenendo che l'ira non è il fon- 
damento della leggenda meleagrea come invece è per la leggenda 
Achillea, e che la leggenda narrata da Fenice non è antica bensi 
adattamento posteriore, essendo stato il motivo della mentis intro- 
dotto nel motivo di Mcelcagro dal poeta della « Presbcia », non po- 
tendo essere tale racconto (cfr. Robert, n. I 2082 = Heldens. I, 91) il 
modello della Iliade. Si cfr. anche n. I 2276. Di accenni della leggenda 
melcagrea sino fra i Lettoni da notizia W. Anderson (I 2353). 

Contro coloro che negano l’autenticità della seconda Nekyia nel- 
l’Odissca, il Bassett (I 2354) fa notare come essa sia necessaria con- 
clusione della lunga storia; come nella sua costituzione formale si 
trovino tre esempi del Sevzegov reé7epov che già Aristarco considerava 
come indizio di omericità e come la conclusione dell'Odissca sia 
l'epilogo dei due poemi, il che spiega la ragione dei due grandi discorsi 
e la gloria dei due eroi principali omerici dell'Iliade. 

Dal nome di Ulisse P. Haupt (I 2353) trac motivo per determinare 
il carattere del tipo dell'eroe, poiche Odisseo =' 0879965 come Odessa 
== 6dav:= esportare (collegato con 6355) donde Ulisse -= l’avven- 
turiero; non dunque, come i più hanno pensato, = l'eroe dell'ira. — 
Sulla scena degli amori di Ares ed Afrodite fa alcune osservazioni, no- 
tandone il carattere di recenziorità, il Radin (I 2350). 

Fra le parti dell'Iliade considerate non omeriche fino dall’an- 
tichità occupa un posto particolare la Dolonea e specialmente il 
racconto di Reso, allargato poi da Euripide; ma è incerto se omerico 
però lo dovesse considerare il tragico, ed il Mavkowska (I 2357) ancor 
una volta nota le deviazioni dall’Iliade, e ad un tempo il preva- 
lente colorito eroico nel racconto c la fermezza degli eroi di carat- 
tere tragico. 


I. 2352 — BETHE E., Zlias und 
Meleageri RAM., LXXiIv, 1925, 
I-12. 


I. 2353 — ANDERSON W., Die 
Meleagrossage bei den Letten: Ph., 
LXXIX, 1923, 222-24. 


I. 2354 — BASssETT G. E., Ze 
second Nekyia again: A JPh., xLIV, 
1923, 43-53» 


I. 2355 — Haupr P., The al- 
ventures of Odvsseus: A JPh., xLV, 
1924, 01-03. 


I. 2356 — RADIN M.,, An Olimi- 
pic Scandal: Odvyssee VIII, 2066- 
304: TPAPhA., LV, 1924, 14. 


I. 2357 — MavyKowSsKA M., De 
Phesi compositione: Fos,XXVI,10923, 
52-00. 


“sua 


CESSI. LETTERATURA GRECA. T. I. 2358-2363 


Pei Nostor O. Kern (I 2358) pensa che essi si chiudessero col tra- 
passo di Menelao nei Campi Elisi (8, 561 sgg.). | 

Il Marzell (I 2359) dopo aver dichiarato che della pianta moly 
Omero (x. 304) non da determinati contrassegni, per cui Teo- 
frasto e Dioscuride non hanno proceduto ad alcuna identificazione, 
conclude che verosimilmente si può riconoscere nell’Helleborus niger 
la pianta più nota nell'antichità contro gli incantesimi. | 

Il Bassett (I 2360) si sofferma sull’affermazione di Omero (P. 205) 
che Ettore ha macchiato la sua condotta nel togliere, come non 
conveniva le armi di Patroclo, per cui cade nello sdegno di Zeus, 
e conclude con Eustazio (1102, 46) che le armi dovevansi considerare 
da Ettore come spoglie opime di Febo, che realmente aveva ucciso 
Patroclo, e però l'eroe, ritenendole per sè, peccava di appropriazione 
di un onore indebito. 

Quanto alla genealogia di Areta e di Alcinoo lo Shewan (I 2361) 
crede che ogni difficoltà presentata dal testo omerico sia eliminata 
considerando in n 54 Sg. toxfieg == antenati, non genitori. — Varie 
interessanti questioni tocca il Weber (I 2362). A proposito di A, 265 
nota che nella lista dei Lapiti in Esiodo (Scut. 182) non apparisce 
conoscenza dell’epos omerico, ma che Clitias, il pittore del vaso 
Frangois — quindi non oltre il sec. VI — pare abbia letto il verso 
omerico, e che quindi la leggenda di Teseo è più antica di quanto 
non si voglia ammettere. Inoltre che intimi rapporti legano il Q con 
l'Odissea, sì che pare essere la composizione di £ posteriore all’Odissea 
ed avvenuta nell’Asia Minore, mentre la Telemachia sarebbe stata 
composta in Occidente; che nella antica Iliade doveva essere com- 
presa la narrazione dei funerali di Ettore e che il poeta dell'Iliade 
sì deve identificare col leggendario Omero. 

d) Geografia omerica. — La geografia omerica ha sempre at- 
tratto la curiosità degli studiosi, sia per la determinazione della loca- 
lità dell’azione iliaca, sia per le strane vicende di Ulisse. Il Cornelius 
(I 2363) ricerca nell’Odissca (specie riguardo ai Lestrigoni) traccie di 
conoscenza dei paesi settentrionali. In x, 87-94 si può riconoscere 


I. 2358 — KERNO,, Der Schluss I. 2361 — SHEWAN A., The Ge- 


der “Atperdov xadodos: N/., xxvI, mnealogy of Arete and Alkinous: 
1923, 604. | CIR., XXXIX, 1925, 145 Sg. 

I. 2359 — MAarzeLL H., Die I. 2362 — WegEer L., Ho- 
Zauberpflanze Moly : Der Na- merica: RhM., LXX1v, 1925, 387- 
turforscher, 11, 523 SQg. 343. 


I. 2360 — BASssETT G. E., Hec- 
tors Fault in Honor: TPAPhRA.,, 
LIV. 1923, 117-127. 


I. 2363 — CorxELIUS FR., Zur 
Geographie der Odyssee: RhM., 
LXXIV, 1925, 344-0. 


— 345 — 


POESIA EPICA: OMERO. I. 2364-2370 


la designazione delle Bocche di Cattaro, ma col ricordo di un fjord: 
in 82-86 il corso solare dei paesi norvegiani, sì che tenendo conto delle 
recenti ricerche etnografiche (Ziegfeld, Im Reiche des Meergotts, 
Stuttg., 1923) reputa che la geografia dell’Odissea si possa collocare 
nell'Oceano, Calipso nelle Canarie, e che dalle notizie sul mare del 
Nord e dell'Egitto si possa trarre argomento per distinguere le parti più 
recenti del poema. — Il Mayer (I 2364) si occupa della diffusione delle 
leggende rodiesi in Occidente seguendo quella di Elpenore nell'Apulia, 
quella di Elio vinta poi dal preponderante influsso del culto di Po- 
sidone, ricercando Scheria in Dulichio, i Cercenei nei Liburni, ed in 
ultima analisi in Rodi l'antica sede dei Feaci. Lo Shewan invece 
(I 2365) ci riconduce in Occidente identificando Same con Cefallenia, 
Zante con Zacinto, ma escludendo che Leucade possa essere Itaca. — 
Sulla stessa questione che da alcuni anni si agita viva fra gli studiosi, 
ritorna più largamente il Brewster (I 2366) ma non si arriva ancora 
a conclusioni definitive. — Anche per Corinto si mossero dubbi per la 
sua identificazione con Efira; sostenuta dallo Shewan, combattuta 
dal Leaf, e nuovamente affermata dallo Shewan (I 2367) il quale di- 
chiara altresì (I 2368) che Arkondi è la Krokyleia d'Omero e non la 
Asteris. — Alle peregrinazioni omeriche in Occidente si richiamano 
le ricerche del Benetti (I 2369) che segue le traccie di Omero nella 
Sardegna, o meglio della Sardegna in Omero. 

e) Citazioni omeriche: — Sulla incertezza della lezione del 
testo omerico nell'antichità da una nuova prova, secondo le ricerche 
del Morel (I 2370) anche una citazione di Plinio (H N., XIII, 91) dove 
si parla del 0vov in unione col larice, usato da Circe mentre in x 133 
non si parla che di 050y; l'isola di Calipso invece (e, 60) odorava 
di 9vov (cfr. Verg. Aen., VII, 19 ma quivi si parla di Circe). Forse 
Plinio leggeva in e, 60 xtd£0v revxedzoro non 7’eòdx. non essendo il verso, 
di sicura lezione come dimostra anche Macrob. 3, 19, 5 che legge 
Ivi drò xaXòv per dvi vigov. 


f) Omero e le letterature orientali. — Continuano sempre 


cenacan Corinth: CIR., 


1924, 05- 07. 


I. 2364 — MavER M.,, Rhodier, 
Chalkidier u. d. Odyssee: JdALI., 
XL, 1925, 42-85. 


XXXVIII, 


I. 2368 — SHEVAN A., Asteris 


I. 2365—SHEVANA., Megesand and the vovage of Telemachus: 


Dulichium: CIPh.,XITX,1924, 40-05. 


I. 2366 — BrREWSTER FR., Ztha- 
ca Dulichium and wooded Zacyn- 
thus: HSCIPA., XXXVI, 43-90. 


I. 2367 — SuHEWAN A,, Mr- 


CIPh., XIX 1924, 297-310. 


I. 2369 — Bixetti Ep., 0- 
mero e la Sardegna, 138, Sassari, 
Gallizia 1925. 


I. 2370 — Morkti \\., Fin Ho- 


Et 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2371-2376 


n ——————————_— —— AE) e e—e—_—.— —__— 


seducenti i tentativi di collegare Omero con le letterature orientali. 
L’Ungnad (I 2371) si richiama alle immigrazioni dall'Asia orientale che 
“apportano le cognizioni astronomiche, determinate dal nome delle co- 
stellazioni (ad es. il Carro di Boote el'Orsa), lacredenza nel Paradiso | 
quale è data nell’epos di Gilgamesch in confronto coni viaggi odissiaci. 
Più stretti ma forse più fantastici rapporti fra Omero ed il poema di 
Gilgamesch e la Bibbia crede di trovare P. Jensen (I 2372), per il quale 
la nazione giudaica serve di anello di congiunzione frala letteratura as- 
sirobabilonese e la greca, sì che Migail è confrontata con Elena, Davide 
con Menelao ed Achille, ma anche con Ulisse, come Saul con Tele- 
maco ma anche col Ciclope! Il rapimento di Ahinvan e Migail deriva 
da quello di Alaxandus (cfr. n. I 2325, 2064) che va a Sidone presso 
Mursattalis (a. 1310-1290 a. C.) mentre Davide è del 1055-1015. 
La leggenda ritorna in Omero in cui si nota non l’influsso diretto del 
poema orientale, ma della tradizione ebraica, con le osservazioni sulle 
stelle, sul corso dei pianeti che si riflettono nella Telemachia, la 
quale sta di mezzo fra l’Iliade e l’Odissea. 

Rapporti di Omero con l'Egitto riconosce invece il Moret (I 2373). 
— Quando poi non si riesce a trovare tali relazioni reali si ricercano al- 
tre formali, come fa il v. Dobschitz (I 2374) che trova relazione od a- 
nalogia fra la fortuna di Omero e quello della Bibbia nella tras- 
missione letteraria! 

g) Omero e il Ciclo. — Per lo Scott (I 2375) non si può dedurre 
. affatto da Paus. IX, 9, 5 che Omero fosse nel sec. VII considerato 
autore della Tebaide, qualunque sia la correzione che si voglia appor- 
tare alla lezione «Calaenus» del testo. Ed insiste (I 2376) dimostrando 
che nè Luciano, nè Longino, nè Giuliano Imper. conoscono la tra- 
dizione che fa Omero autore del ciclo, per la quale il Bethe può 
trovare appoggio solo in Fozio, Suida, Filopono, Atenco. 


merzitat beim altern Plinius: PhRIW., I. 2373 MoRET, Homère et lE - 
1925, 428 SE. gvpte in Rois et dieux d'Egypte, 


Pari | 
I. 237I — UxgGxan ALB., Die AT1IS, 1923 


ditesten Volkerwanderungen Vorder- I. 2374 — DoBsscHi!Tz v. E., Ho- 
asten Ursprung und W'anderung mey und die Bibel: N]J., 1925, 331- 
der Sternnamen - Das wtedergefun- 346. 
denen Paradies Gilgamesch - Epos 
und Odvssee, 32, Breslau, 1923. I. 2375 — Scott J. A., The Cal- 
linus of Pausanias IX, 9, 5: 
I. 2372 — Jrxsex P, Gilga-  CIPA, xvI, 1922, 358-360. 


mesch - Epos juddische National- 

sagzen, Ilas u. Odvssee (= Ex I. 2376 — Scott J. A., Homer 
Oriente lux III, 1), 68, Leipzig, and the epic cycle; CIJ., XIX, 
Pfeltter 102. 1023-24, 445-7 


— 350 -— 


POESIA EPICA: OMERO. 


I. 2377-2383 


Per Dione Crisostomo poi afferma (I 2377) che d'accordo con 
Aristotele, Aristarco, anche Dione non considerò Omero autore 
del ciclo. A favore del Bethe contro lo Scott, a proposito di 
Dione, scrive alcune osservazioni il Bolling (I 2378): ma la polemica 
non si può dire chiusa. Infatti anche per la interpretazione del ceu4yn 
riferito ad Eschilo rispetto ad Omero il Fitch (I 2379) sostiene 
che la Tebatde (cfr. I 270) era da Eschilo considerata omerica (se- 
condo Paus., IX, 9, 5) come aveva gia affermato negli Homerica 
(= CI. J. XVII, 1921-22, 94) contro lo Scott (Cl. J. XVI, 1920-21, 
302), che in parte è difeso dall'interpretazione del Radin, Homer and 
Aeschylus in CI. J. NVII, 1921-22, 332. Tutta la questione tratta 
ampiamente Albert Severyns (I 2380) ricercando quale posto dovea 
occupare nel ciclo l'Etiopide di Arctino, seguendo una sua teoria 
particolare per cui si debbono riconoscere da prima un’epopea di 
base, quindi epopce di accrescimento ed epopee dì raccordo onde 
deriva alla fine l’intero ciclo. 

Il rapporto fra i poemi omerici e la Tabula Iliaca nel suo valore 
didattico afferma il Volkmann (I 2381) dimostrando quale utilità si 
possa trarre dalla Tabula nella scuola per l'interpretazione del 
1° canto dell'Iliade. — Sul poeta Pisandro e la sua dipendenza dal 
Ciclo secondo una attestazione di Filopono nel commento ad Aristot. 
Sec. anal. 77 b. 31, dà cenni il Wilamowitz (I 2382). 

7). INNI. — Dell’inno omerico ad Apollo si occupa F. Altheim 
(I 2383) dichiarando che i due inni ad Apollo Pizio e ad Apollo Delio 
si sono sviluppati staccandosi dalla prima unità per ragioni di culto, 
ma poscia riuniti di nuovo. L'inno delio si è staccato per la panegiria 
delia, mentre il pizio rimase stretto al suo luogo d'origine. La ricla- 
borazione delia è del VII sec., la pizia risale non oltre il 590, forse 
verso il 548, seguendo il modello delio. La più tarda redazione del 


I. 2377 — Scott ]. À., Dio 
Chrysostom and the homeric Ort- 
gin of the Cycle: CIJ., XIX, 1023-4, 


du cvcle épique: RPh., xLIX, 1025, 
153-153. 


I. 2381 — VOLKMANN H.,, Die 


315-316. 


I. 2378 — Botrrinc G.M., Prof. 
Scott and E. Bethe: C!]., xIX, 


1923-4, 444. 


I. 2379 — FirtcH E., Zlie evi- 
dence for the homeric Thebais: 
CIPh., XVII, 1922, 37-43. 


I. 2380 — Severyvns ALR., L’F- 
thiopide d’Arctinos et la question 


V'erwendung der Tabula lliaca in 
Homerunterricht: N JP., 1024, 160- 
103. 


I. 2382 — \VILAMOWITZ v. Mort- 
LENDORFF U., Lesefriichte CNCTI: 
Fi; EN, TOSI 


I. 2383 — ALTHEIM FF, Die Ent- 
stehunesgeschichte des homer. A - 
pollonhvmmntsi: F., LIN, 1024, 430- 


440. 


-—- 351 -- 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2384-2390 


delio scende alla metà del sec. VI, presentandosi così circa un secolo 
di rielaborazione epica fino all’età di Solone con una cronologia relati- 
vamente sicura. La divisione dei due inni si nota al v. 178, ma nella 
più recente rielaborazione i vv. 177-178 si riconnettono col v. 140. 
È da notarsi che i vv. 136-138 (duplicato di 139) sono nei migliori 
manoscritti scritti in margine e dati come doppioni. — Per il tempo 
di composizione degli inni omerici è da studiare in generale la me- 
moria di H. v. Arnim, Die Entstehungsgeschichte d. homer. Hymn, 
Frankf., 1921-22. Cfr. anche n. I. 2309, 2227, 2228, 2243. 


III. Esiodo. — Ad uso delle scuole S. Delli (I 2384) pubblica 
un commento delle Opere e Giorni di Esiodo e P. Gobbi (I 2383) 
pubblica la traduzione del Chiappetti, scegliendo i tratti migliori 
collegati con l'argomento del poema intero. — Il Ragazzini (I 2380) 
pubblica alcuni passi della versione del Pozzuolo, I programmi 
ministeriali recentemente ne avevano consigliato la lettura nelle 
scuole classiche, ed a questo scopo ne presentò una nuova versione 
in prosa il Cessi (I 2387) con una prefazione e con annotazioni. 

Intorno ad Esiodo fiorirono i lavori critici non meno che in- 
torno ad Omero, poichè analoghe questioni si tentano muovere 
intorno al poeta beota. Il Trever (I 2388) studia la vita economica 
in Beozia di contro al poema omerico che ci fa vivere nelle città, 
mentre Esiodo ci trasporta in campagna: la vita economica esiodca 
rappresenta un progresso rispetto ad Omero. — Il Marchant (I 2389) 
si occupa del sentimento religioso nell'età esiodea, e da tale ricerca 
acquista luce particolare l’opera del poeta. — Il Munno (I 2390) rintrac- 
cia, nelle « Opere e Giorni », contro l’ipercritica recente, una linea di 


I. 2384 — Esiono, Le Opere ei Giorni, trad. (in prosa) ed ann. da 
Giorni, Intr. e note a cura di G.  C. Cessi (= Nel AMondo degli 
DELLI, 62, Lanciano, Carabba 1925 Eroi: cfr. I, Appendice I), Catania, 


Mugli 
I. 2385 — Esiono, Le Opere e i ugha 1924 


Giorni nella traduz. di A. CHiar- I. 2388 — TREVER A,, The age 
PETTI; estr. e colleg. con l'argom. 
del poema ed ann. per le scuole 
da P. GoBB8i, 37, Milano, Signo- 


relli 1924. I. 2389 — MARCHANT A. L,, 
I. 2386 — Esitobo, Le Opere Greek Religion in the Time of 

#4 i Cioni: Passi scelti. “TÈ di Hestod, Manchester, Shewatt a. 

L. Pozzuoto c. intr. e n. di V, Hughes 1923. 

RAGAZZINI, 62, Torino, Soc. ed. 

intern. 1925. 


of Hesiod. A Study in economic hi- 
story: CIPh., XIX, 1924, 157, SE8. 


I. 2390 — Muxxo G., La Com- 
posizione delle « Opere e î Giorni » 
I. 2387 — Esiono, Le Opere e i di Esiodo: NC., v. 1925, 4I. 


der 32 agri 


POESIA EPICA: ESIODO, EUCLIDE. I. 2391-2397 


pensiero intorno alla quale si svolgono le considerazioni del pocta, le 
singole parti e gli episodi del poemetto. Il concetto di Zeus onnipo- 
tente domina nel senso religioso e nel pensiero della vita greca: 
donde il concetto di giustizia e di lavoro come determinazione del- 
la economia domestica che suggerisce la trattazione dei lavori 
campestri, da cui non è affatto estraneo anche l’avvertimento sui 
viaggi di mare. Neppur l’ultima parte — che non è orfica — del poe- 
ma è contrastante col resto del poema. — Discrepanze invece ne tro- 
va H. G. E. White (I 2391) che riconosce nel poemetto varie re- 
censioni dello stesso testo, dovuto all'opera di un più tardo edi- 
tore che non si può far risalire oltre il VI sec., cui ci richiamano 
interessi politici, religiosi, letterari. La vulgata esce dal circolo 
culturale pisistratico. Contro le esagerazioni di tali conclusioni 
muove il De Franco (I 2392) il quale, in opposizione ad Ev. White 
tende a dimostrare che la descrizione esiodca dell'inverno nei vv. 494- 
495, 498-499 deriva dalla primitiva redazione esiodea, opera genuina 
di Esiodo che ha valore piuttosto morale che georgico naturalistico. 

Riguardo a punti particolari delle opere esiodee ricordiamo il 
confronto che E. Harrison (I 2393) fa tra 7eog. 297 e Plut. Crass, 32 
a proposito delle Echidne e Scilla; il richiamo a 7leog. 92 e Scut 35 
fatto da T. A. Sinclair (I 2394) perl’ A:30g esiodeo, la cui personifica- 
zione è in Of. 199-200; infine l'osservazione su vrertos, Bfgca, ecc. 
dello stesso Sinclair (I 2395). 


IV. Poesia Storica. — Sulla poesia storica parla, studiandone 
la natura e le espressioni, H. Schmitt (I 2396). 


V. Euclide. — L'Euclide di cui Arist. Poet. 1458 è porta un esa- 
metro è da identificarsi con l’Euclide deltempo di Pisistrato, ricordato 
da Ateneo I, 3 è, e possessore di una biblioteca. Così afferma il Wi- 
lamowitz (I 2397). 


I. 2391 — WHite H.G. E. 40 AIAOX, in Hesiod: CIR., xXXIx, 
Peisistratean Edition of the He- 1925, 157. 
e Cile MIE 024, I. 2395 — SINCLAIR T. A., On 
ESTOI certain words in Hesiodi: CIR, 

I. 2392 — DE Frasxco E., L'/n- 0 xxXxXIxX, 1925, 98-10I. 
ci di FRAC RA, I. 2396 — ScuHmITT HerM., De 
is dei Graecorum poesi historica quaest, 

I. 2393 — Harrison E., Plut.  selectae, 50, Gissae, Kindt 1924. 
Cc 1 3 {XXIX 5 
0 32: CIR. XXXIX, 1925, I. 2397 — ‘\VVILAMOWITZ v. 

>; MoreLcr. UD., Lesefriichte, cxc: H., 

I. 2394 — SixcLarr T. A., Ono LIX, 1924, 272. 


— 3093 — 


Aevum - Anno I - 23 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2398-2405 


VI. Matrone. — Del Deipnon di Matrone di Pitane, dell'età 
di Demetrio, e dei suoi frammenti tratta brevemente il Wilamowitz 


(I 2398). 


VI. Arato. — Il poemetto dei Fenomeni d’Arato con chiara, sem- 
plice versione in prosa (inglese) presenta G. R. Mair (I 2399) con una 
introduzione succinta che dà però tutte le notizie necessarie intorno 
alla vita del poeta, ai manoscritti, agli scoli del poemetto, ed una 
sufficiente bibliografia. L'introduzione particolare al poemetto offre 
una dichiarazione del contenuto dell’opera per orientare il lettore, 
il quale è aiutato anche da due cartine (emisfero boreale, emisfero 
australe) aggiunte alla fine del volume. — Quanto e come Virgilio 
abbia imitato Arato (spec. Georg. I, 351-463) mostra il Perrotta 
(I 2400), il quale afferma che Virgilio segue piuttosto il testo ori- 
ginale che il rifacimento di Varrone Atacino, e che egli compie sempre 
opera di poeta e non di erudito o di catalogatore. 


VIII. Riano. — Dell’età di Riano si occupa W. Klinger (I 2401) 
considerando che al v. 14 del frammento in Meineke, Anal. Alex. 199 si 
trova allusione a Demetrio Poliorcete il quale dopo la vittoria aveva 
portato la sua sede nell’opistodomo del Partenone. Perciò tale fram- 
mento è della fine del IV secolo, e la vita di Riano risale, come aveva 
affermato anche il Wilamowitz, ai tempi di Zenodoto e di Arato. 


IX. Apollonio Rodio.— Il Wilamowitz (12402) studia le varianti 
che ad Apoll. Rh., I, 7706-94 porta l Amherst Papyr., II, 16; e dimostra 
(I 2403) che Apollonio Rodio ebbe conoscenza diretta di Ferecide. — 
In Arg. 1,8 il Taccone (I 2404) mantiene la lezione Mettrerta tei v con 
riferimento ad Apollo. — M. M. Gillies (I 2405) illustra la palla (Arg. 3, 


I.2398—\VILAMOWITZ v. MOELL. I1.2402—\ViLAMOWITz v. MOELL. 


Ub., Lesefriichte, CLXXV: H., Up. Lesefrichte CLXXIV: H, 
LVIII, 1923, 73. LVIII, 1924, 73. 

I. 2399 — ARATUS, with an en- I.2403—WILAMOWITZ v. MOELI.. 
glish transl. by G. R. MAIRr (in- Up., Lesefriichte CCI: H., LX, 
sieme con Callimaco e Licofrone), 1925, 12. 


359-473, London, Heinemann 1921. 


I. 2400 — PERROTTA G., Vir- 
gilio e Arato: AeR., 1924, 1-19. 


I. 2401 — KLINGER W., Quan- 
do visse Riano (in polacco): Zos 
XXVI, 1024, 103. 


I. 2404 — TaccoxE A., Apol- 
lon. Ihod. Arg. 1, 8: BFCI., xxxI, 
1924-5, II2 Sg. 


I. 2405 — Gitries M. M., The 
ball of Eros: CIR., XXXVII, 1924, 
50. 


csv e 


POESIA EPICA: APOLLONIO, RODIO, NICENETO, ECC. I. 2406-2411 


135 sg.) che Afrodite promette ad Eros interpretando gli &yides 
come cerchi, archi, e 1 x3xXx come zone. — Curiosa ricerca è quella 
del Wendel (I 2406) sulle parole di chiusa — riprese (Kustoden) negli 
scoli per inserzioni di lettori o correttori e per la cui soppressione o 
secondo la cui indicazione si può costituire il testo originale. Se ne 
hanno esempi negli scoli a I, 69, 1177, 954; HII, 1086. 997; II, 234, 399, 
863, 177, 302, IV, 1, 272, 691, 6II, 1638. — Nel sasso rotondo di cui 
fa parola Apollonio Arg 2, 594 (cfr. Damsté, Advers. ad Apoll. 
Rhod. Arg., Traiect. ad Rh. 1922 che si richiama a Cic. d. fat. 18, 4 
con derivazione da Crisippo) il Volgraff (I 2407) vede accenno non ai 
sassi cilindrici che servono a spianare le strade, ma ai sassi rotondi che 
precipitano dai monti. La comparazione apolloniana è gia in Omero 
N. 136, in Esiodo Scut, 374, 437, e la stessa immagine ricorre 
in Marc. Aur., X, 33. 


X. Niceneto. — Di Niceneto (per cui cfr. anche C. Cessìi, De Nt- 
caeneto Abderita in Riv. St. Antic., NII, 1909, 514-520) si occupa 
R. Holland (I 2408), il quale ammette la lacuna al v. 6 del frammento 
del Lvrkos, (PARTH, NI) correggendo K>rgovin Kr e considerando 
la scena quale pacsaggio silvestre, prediletto da Niceneto come di- 
mostra l’epigr. III in confronto con le Taliste teocritee. Quanto ai ca- 
pri selvatici l'Holland ricorda che Strabone cita Capro e Lico come due 
affluenti del Mcandro e che i porci selvatici e lupi si presentano in altri 
poeti ellenistici nelle scene di caccia, in cul è rappresentato anche 
qui Careno (cfr. Nonn. Dion., XIII, 557). Niceneto è conoscitore delle 
antichità milesie: le sue descrizioni trovano riscontro in Ov. .4 A, 
III, 687 dove è dipinto il riposo del cacciatore Cefalo. 


XI. Anonimi ellenistici. — Sui due frammenti pubblicati 
dal Milne (A4P., VII, 1923) ed accennanti al mito del ritorno 
di Fracle da Troia (cfr. £ 250 sg.) si sofferma Fr. Hiller v. Gaer- 
tringen (I 2409). — Nel papiro di Ossirinco 601 (=vol. IV, 1904) il 
Maass (I 2410) riconosce una compilazione di più leggende locali riguar- 
danti il mito di Dictinna, mentre R. Holland (I 2411) non è disposto 


I. 240606 — WeixpEL C., Kustos- I. 2409 — HiLLER v. GAERTRIN- 
wiederholungen in den Apollonius- GEN FR., Herakles Itiickker von 
scholien: Ph., LXXXI, 1925-5, 18-25. Ilioni NGIVG., 1923, 24-27. 


I. 2407 — VoOLLGRAFF G., De la- I. 2410 — Maas E, Diktymua, 
fide cylindro: Mn., 1924, 207-211. H., LVII, 1923, 175-180. 


I.2408— HoLtLtanpR., Zu Nikai- I. 2411 — HoLLanD R.,, Brilto- 
netos von Samos: PhIW.,1924,302Sg.  martis: H., LX, 1925, 59-05. 


— 3509 — 


CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2412-2414 


ad ammettere una compilazione confusa di centoni ma una narra- 
zione chiaramente disposta ed ordinata, in stretta relazione con 
Callimaco, senza che si possa affermare che Nicandro se ne sia ser- 
vito (cfr. Knaack in RA. M, LVII, 1908, 128 seg.) e senza che si 
possa provare che la leggenda si riferisce proprio a Britomartis 
(cfr. Wilamowitz in GGA., 1904, 667 sg.). 


XII. Euforione. — Il Reitzenstein (Index lect. di Rostock, 1890- 
QI) trovò nelle glosse di Metodio in Etym. Gen. dei versi anonimi che 
il Wilamowitz reputò di Euforione (Berl. Klassikertext. V, 1, p. 59, I) 
e lo Scheidweiler rifiutò nella sua edizione (Euphor. fragm., 
Bonnae, 1908, 809). Ora il Wilamowitz (I 2412) ritorna alla 
sua opinione, congetturando che essi appartengano al Hyakinthos 
di Euforione. 


XIII. Nicandro. — Il Barwick (I 2413) studia i rapporti fra il 
racconto ovidiano del ratto di Proserpina e le Trasformazioni di Nican- 
dro. L’esemplare ovidiano dovette essere epico non elegiaco, e il 
Malten lo ricercava negli Aitia di Callimaco (cfr. invece C. Cessi, 
Sul rapimento di Core in Sicilia nella poesia ellenistica in Arch. 
stor. Sicil. orient., IX, 1912, 85-89 che pensa a Filita) mentre il 
Bethe (H., XXXIX, 1904) si richiamava a Nicandro. Il Barwick 
crede che tanto le Metam. (V, 341-661), quanto i Fasti ovidiani 
(IV, 419-618) derivino da Nicandro (V, 341-661), dacchè nelle 
Met. si nota qualche tratto epico che è trasparente nei Fasti 
per quanto trasformato in metro elegiaco, e risentendosi d'altra 
parte nelle Met. dei tratti di carattere elegiaco quali sono nei Fasti, 
oltre parti quivi mancanti. Però nelle Metam., col criterio della 
composizione e contaminazione, Ovidio fa delle aggiunte alla 
leggenda. 


XIV Doroteo di Sidone. — A Doroteo di Sidone A. E. Hou- 
smann (I 2414) attribuisce il secondo dei due frammenti esametrici 
dati dal cod. paris. graec. 2425 (=Cat. cod. astr. gr., VIII, IV, 1922, 
233, I3-9), mentre il primo (10:d., p. 222, 12-14) offre analogie con 
Manetone, Apot., 222-4. 


I.2412—WiLaMmowiTtzv. MoELL. pina und Nikanders ‘“Eteporobpeva 
UDp., Lesetriichte CLXNXXIII, H., PA. LXXX, 1925, 454-405. 


LIX, 1924, 262. 
I. 2414 — HousMann A. E.., Do- 


I. 2413 — BarwicKk K., Ovrds  rotheus Once More: CIO., XVII, 
Erzahlung vom Raub der Proser- 10923, 53. 


— 356 — 


POESIA EPICA! DIONIGI P., NONNO, ECC. 


e __———_——_—_-- 


I. 2415-2424 


XV. Dionigio Periegete — Il Lene (I 2413) cerca di compor- 
re l’acrostico nella Periegesi di Dionigi e che ci richiamerebbe 
all'età di Adriano. 


XVI. Poemi orfici. — L'aggettivo yaXaxatog dato al faggio in 
Orph, Arg. 762 (Abel) è spiegato dal Rudberg (I 2416) come = 
amante dell’acqua. 


XVII. Nonno. — Dei frammenti nonniani nel pap. 273 del Brit. 
Museum si occupano contemporaneamente il Milne (I 2417) ed il Wila- 
mowitz (I 2418). Note critiche al resto presentano P. Maas (I 2419) che 
apporta altresì nuovi argomenti per collocare Nonno nella seconda me- 
tà del sec. V (le note critiche sono a X, 303; XVI, 318; XX, 5; XXV 
409, 424; XXX, 165, XLVIII, 404); Tiedke (I 2420) che corregge 
IX, 270; XII, 329; XIII, 275 sg.; XVIII, 8 seg.; 344 ea; XX, 235, ecc. 
e R. Keydell (I 2421). 

Il Maas (I 2422) inoltre fa osservare che in Nonno i versi ter- 
minanti con parole monosillabiche hanno cesura bucolica come in 
Callimaco e che la chiusa delle proposizioni è soltanto in deter- 
minati luoghi del verso. 


XVIII. Quinto Smirneo. — Il Bassett (I 2423) riconosce 
come fonti dell'episodio di Laocoonte in Quinto Smirneo i carmi di 
Bacchilide e l’Epitome di Apollodoro. Ma il colorito ed in parte la 
forma il poeta l'avrebbe desunto dalla tragedia di Sofocle. 


XIX. Trifiodoro. — Il Lumb (I 2424) propone correzioni 
al v. 92 e 372 del poemetto di Trifiodoro. 


I. 2415 — LENE G., Noch einmal 
die Akrosticha in der Periegesis 
des Dionystos: H., LX, 1925, 207. 

I. 2416 — RuDBERGG., yaXxtatog 
Er., xXI, 1923, 13 Sg. 

I. 2417 — MILNE H. I. M., Dio- 
nystaca: AP., VII, 1923, 3-10. 

I.2418—WILAMOWITZ v. MOELL. 
U., Zu den Dionysiaca: AP., VII, 
1923, II-I6. 

I. 2419 — MaasP., Nomniana: 
BNJ., 1923, 265 Sgg. 


I. 2420 — TiebkE H.,, Zur 


Textkritik der Dionysiaca des Non- 
n0s, LVVIII, 1923, 305-321. 

I. 2421 — KeEyDELL R., Zur 
Nonnos Textkrisches: BN J., 1924, 
14 Sgg. 

I. 2422 — Maas P., Nonniana: 
BN]J., 1924, 12 Sgg. 

I. 2423 — BASsETTG. E., The 
Laocoon episode in Quintus Smyr- 
maeus: AJPh., XLVI, 1925. 

I. 2424 — LumB T. W., Notes 
on Tyryphiodorus and others: CIlt., 
XXXVIII, 1924, 113 SQg. 


— 357 — 


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l 


GIOVANNI SORANZO 


Prof. di storia moderna nell'Università Cattolica del Sacro Cuore 


STORIA DEL PAPATO" 


(1923-1926) 

I. Parte Generale... 0.0.0... + a 2425-2431 
II. Evo Antico... 0.0.0... ++ 2432-2444 
III. Alto Medio Evo . . . .......... 0. + 2445-2480 
IV. Basso Medio Evo . . . . ........ 0... 2481-2539 
V. Età Moderna. . ....0.0.0.+ +++ + + + 2540-2555 
VI. Età Contemporanea . .......... 0... 2550-2508 

I. Parte generale. — ll Richard fa una singolare sintesi 


della storia del Papato: la missione di questo è sopratutto rivolta 
ai beni spirituali; eppure esso ha avuto cura anche degli interessi 
temporali propri e del mondo cristiano, in quanto questi servivano 
di strumento al conseguimento dei primi; studiare come in questo 
duplice governo la Chiesa Romana si sia condotta attraverso i secoli, 
ecco ciò a cui mira il R. e a tale intento ricostruisce per sommi capi 
la storia del dominio temporale della Chiesa dalle origini al suo 
compiuto sviluppo, cioè sino ai tempi del concilio di Trento; ri- 
partisce la sua trattazione in questi quattro capitoli: le origini del 
potere temporale; il potere temporale e il nepotismo; la coalizione 
contro Roma; il papato e il partito nformista (I 2425). — In occasio- 
ne del 65° anno di età di Paul Kehr a cura di colleghi e amici, è 
stata pubblicata una ricca miscellanea di monografie interessantis- 

*. — Perchè il presente bollettino non presentasse troppe lacu- 
ne bibliografiche, si convenne di registrare anche semplici titoli di que- 
gli articoli o di quei lavori, che non si poterono esaminare. Nei futuri 


bollettini sì torranno queste deficenze e questo verrà il più possibile 
completato. 


I. 2425 — RicHarp P., La mo- xx, fasc. 3-4 (luglio-ottobre 1924), 
narchie pontificale jusqu@au con- 413-450. 
cile de Trento: Rev. Hist. Eccl., 


SORANZO. STORIA DEI. PAPATO I. 2426-2428 


eo ———___—_———_T ——_————+ ————————— 


sime sulla storia del Papato e dell'Impero, di cui faremo cenno 
a mano a mano più innanzi (I 2426). Il P. Jos. M. March. d. C. d. G. 
professore al Collegio Massimo di Barcellona, ha avuto la ventura 
di scoprire un eccellente codice del Liber Pontificalis tra i manoscrit- 
ti della cattedrale di Tortosa e promette di dare presto una nuova 
edizione; a simile impresa già aveva posto mente il compianto mons. 
L. Duchesne e si dice vi attenda D. Henri Quentin benedettino, erede 
letterario del defunto monsignore e possessore del ricco materiale 
critico ed illustrativo raccolto dal medesimo allo scopo. Sarà desi- 
derabile che tra 11 P. March e D. Quentin corra in precedenza un'’in- 
tesa. Intanto il primo pubblica un saggio dell'importante codice, e 
precisamente la vita di Papa Onorio II, dovuta al biografo Pandolfo, 
della quale non restavano che frammenti, rimaneggiati da Pierre 
Guillaume ; il M. ammette col Duchesne che detta vita fosse un libro 
di parte a favore di Anacleto II antipapa e ciò spiega la scomparsa 
quasi completa di quella. Il P. March, che ha curato una collazione 
minuziosa di tutto il Liber sul codice Tortosano, aggiunge ancora il 
testo della vita di Pasquale II, di Gelasio II, di Callisto II, illustran- 
dole; egli dissente dal Duchesne, che attribuisce ancor queste a Pan- 
dolfo suddetto, e sostiene che quella di Pasquale II, se non anche 
le altre, sono di diverso autore. La pubblicazione del P. March con- 
tiene infine un Memoriale Ecclesiarum Romae, redatto nel 1382 da 
un benedettino e conservato in codice prezioso dell'abbazia di Mon- 
serrat; al Memoriale sono aggiunte due piante di Roma dei secoli 
XIII e XIV (I 2427). — Alla quarta edizione, in parte migliorata e 
aggiornata nelle indicazioni bibliografiche, è giunto il manuale delle 
fonti della storia del Papato e del Cattolicismo del Mirbt (I 2428). — 
« Una corrente di devozione e di affetto », verso il Romano Pontifi- 
cato e in particolar modo verso gli ultimi successori di San Pietro 
vivifica il volume sui Papi, che M. Trivulzio Della Somaglia ha pub- 
blicato; dei papi, passati in rassegna sotto l’ordine alfabetico, l’À. 
narra i fatti principali senza sfoggio di erudizione e senza critiche 
discussioni; intorno agli ultimi pontefici sono utilizzati qua e là 


I. 2426 — Papsttim und Kai- ber Pontificalis prout extat in codice 
sertum. Forschungen zur politischen —Dertusensi, in-8°, 261, due tavole, 
Geschichte und Geisteskultur des Barcellona 1925. 

Mittelalters, Festgabe Paul Kehr 

zur 63° Geburtstage dargebracht, I. 2428 — MIRRT CARL, Quellen 
hrsg. von A. Brackmann. Mi- zur Geschichte des Papsttum und 
chen, Verlag der Minchener Dru- es romischen Katholizismus, IV 
cke 1926, in-8° vI11-707. Aufgabe, in 89, xxxII, 650 Tu- 


I. 2427 — Marck Jos. M., Li-  binga Mohr 1924. 


— 360 — 


I. PARTE GENER. -° II. Evo ANTICO. I. 2429-2432 


documenti o memorie inediti, alcuni di notevole valore (I 242). 
— La preziosa opera dei Regesta Pontificum Romanorum del Kehr 
(Italia Pontificia) si è arricchita di un nuovo volume, comprendente 
la Venezia e l’Istria, diviso in due parti: la prima, che riguarda la 
Provintia Aquileiensis con le antiche diocesi di Aquileia, Concor- 
dia, Ceneda, Belluno e Feltre, Treviso, Vicenza, Padova, Vero- 
na e Mantova; la seconda concerne la Provintia Gradensis coi vesco- 
vadi di Grado, Caorle, Cittanuova (Heracliana), Jesolo, Altino- 
Torcello, Malamocco-Chioggia, Olivolo-Castello per la Venezia, coi 
vescovadi di Trieste, Capodistria (Zustinopolis), Cittanuova (Aemona), 
Parenzo, Pola, Pedena per l’Istria. In tutto 1292 registri di docu- 
menti pontifici, dei quali solo 673 erano nei Regesta del Iaffè (I 2430). 
— Sommaria esposizione delle vicende, a cui andò soggetto attra- 
verso 1 secoli il sistema di elezione del Sommo Pontefice è in un arti- 
colo di E. Magnin (I. 2431). 


II. Evo antico. — ]J. P. Kirsch passa in rassegna le diverse 
feste degli Apostoli PIETRO e PaoLo nelle diverse chiese e nel corso 
dei tempi: la festa comune ai due apostoli al 29 giugno fu quasi 
dappertutto costante; non così la festa della cattedra di San Pie- 
tro, che si solennizzava in Roma al 22 febbraio nel IV secolo, nelle 
Gallie dapprima al 18 gennaio, dal VI secolo in poi al 22 febbraio; 
a Roma dopo il VI secolo non ha più importanza o almeno non 
appare registrata nei Sacramentari del VII e VIII secolo; nel secolo 
IX si riprende in Roma al 22 febbraio; a questa data compare pu- 
re nella 1 redazione del Geronimiano; nella redazione gallica del marti- 
rologio del 600 assume il carattere della commemorazione della catte- 
dra in Antiochia; la festa della Conversione di San Paolo al 25 gennaio 
è di origine gallica orientale, ignota alla liturgia romana anti- 
ca; la festa di San Pietro in Vincoli, di origine orientale, fu ce- 
lebrata nella basilica dei Santi Apostoli all'Esquilino, dove dal 
V secolo si venera una catena di San Pietro (I 2.432). — Mons. Lanz- 


I. 2429 — Trivutzio DELLA I. 2431 — Macxin E, L'e- 
SomagLria M., / papi. Cenni e  lection du Souverain Pontife dans 
notizie, in 8° con 128 illustra- /e passé et dans la discipline ac- 
zioni in gravure. Milano, Be-  suelle: Can. 48, 438-449, Paris 


stetti - Tuminelli 1920. 1925. 
I. 2430 — KEHR P. F., Regesta i 
Pontificum Romanorum, vol. vit I. 2432 — KIRSCH ]J. P., Le 


(Venetia et Histria). Pars. 1: feste degli Apostoli San Pietro e 
Provincia Aquileiensis (Berlino, San Paolo nel Martirologio Je- 
1923). Pars. II: Provincia Gra-  ronimiano: Riv. Arch. Cr., 1925, 
densis (Berlino 1923). fasc. 3-4. 


— 361 — 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2433-2439 


n 


zoni cerca di spiegare le varie origini dei 25 titoli presbiterali di 
Roma del secolo VI, riportando le leggende, che ad essi si riferi- 
scono; dice come alcuni fossero dati in memoria di chi aveva ce- 
duto la casa propria per le funzioni cultuali, o di chi fornì il ma- 
teriale o i mezzi finanziari per la costruzione della chiesa o di chi 
ne fece la costruzione, oppure dal nome dei santi o dei martiri, ivi 
in particolar modo onorati o dei quali si conservano importanti, 
venerate reliquie; alla fine del secolo VI erano tutti ricordo di un 
santo. (I 2433). — Il Marucchi ritorna sul famoso sarcofazo n. 74 del 
Museo Late:anense; mentre il Wilpert interpreta la scena del lato 
sinistro come la rappresentazione del ba tistero lateranense con la 
basilica e palazzo Papale, il M. vede nella medesima il gruppo del 
Calvario, del martyrium di Gerusalemme, l’atrio del grande sacer- 
dote, dove avvenne la negazione di Pietro. La promessa a San Pietro 
sarebbe rappresentata sul lato destro, in relazione col miracolo del- 
l’emoroissa (12434). — L’Harnach fa un commento della nota formola 
cristologica adoperata da papa ZEFFIRINO (aa. 199-217) (1 2435). — 
Il Kirsch discorre brevemente del santo papa CorNELIo per la men- 
zione, che se ne fa nel catalogo romano del 4° secolo (I 2436). — DI 
S. CALLISTO e della sua attività apostolica tratta il Coccolo (I 2437). 
— A proposito del più antico catalogo dei romani pontefici il Caspar, 
considerata la più antica tradizione delle fonti, che cì riconduce alla 
metà del IV secolo, studia la scissione che la lista episcopale dopo 
d'allora subì in quella secondo Eusebio (canone Geronimiano) e 
nel calendario pubblico romano detto catalogo liberiano (I 2438). — 
Di una lettera apocrifa inedita di San Girolamo a papa DAMAaSso si 
occupa G. Morin (I 2439). — Del prestigio ecumenico di Roma crì- 
stiana dalla fine del secolo IV a mezzo il V secolo tratta il Battifol 


I. 2433 — Laxzoxni F., Z titoli 
presbiteriali di Roma antica nella 
storta e nella leggenda: Iiv. Arch. 
Cr., 1925, fasc. 3-4. 


I. 2434 — MarucceHi O., Un in- 
signe sarcofago cristiano latera- 
nense, relativo al primato di San 
Pietro e al gruppo dell’antico La- 
terano: Itiv. Arch. Cr., 1924, 84-98. 


I. 2435 — HarNacK v., À., Die 
dlteste uns im Wortlaut bekannt 
dogmatische Erklarune eines romi- 
schen Bischof (Zephirin bei Ip- 
polvt. Refut., 1x, n): Sitzb. AR. 
Berl., 1923, 51-57. 


I. 2436 — KirscH ]J. P., Der 
hl. Papst Kornelius in ròmischer 
Festverzeichnis des 4 Jahrhunderts: 


Rom. Quart., XXXI, 1923, 70-70. 
I. 3437 — Coccoto L.., $. Cal- 
listo I: Sc. Catt., V, 1923, II, 


705-774. 853-804. 
I. 2438 — Caspar E., Die al- 


teste romischen Bischofsliste: Fest- 
gabe P. Kchr, 1-22. 


I. 2439 — Morin G., Une let- 
tre apocriphe inedite de Jerome au 
pape Damase: Rev. Ben., XXXV, 
1023, 121-125. 


ei 


Il. EVO ANTICO 2 HI. ALTO MEDIO EVO. I. 2440-2444 


(I 2440). — Il medesimo studia l'origine, il significato, la diftusione 
della espressione apostolatus, sedes apostolica e papa nei documenti, 
nelle opere: la voce apostolatus appare la prima volta in una lettera di 
Paolino diacono milanese a papa ZosImo (a. 417); in quel tempo risul- 
ta usata a Ravenna e nella Gallia Romana; più tardi fu usata da Giu- 
stiniano, ma non dai vescovi d’Oriente; il termine sedes apostolica, 
come la sede del vescovo di Roma, è più recente della espressione 
cathedra Petri o sedes Petri; è dei tempi di papa Damaso (aa. 306-384) 
in Italia e in Ispagna; in Oriente è usata col concilio di Efeso; la 
voce papa, come riferita solo al vescovo di Roma, fu pronunciata, 
pare, la prima volta nel concilio di Toledo (a. 400) e riservata solo 
al vescovo di Roma al principio del VI secolo; i greci però, scrivendo 
al vescovo di Roma, lo chiamano padre, mai papa (I 2441). — Il P. 
Silva Tarouca, facendo la storia della nota lettera di LEoNE MaGNO 
papa sulla controversia religiosa suscitata dall’eresia eutichiana 
in Oriente tra gli a. 448 e 460, ha modo di risalire allo studio delle 
varie collezioni di lettere del grande pontefice, e specie alla collezione 
greca relativa agli atti del Concilio di Calcedonia e alla collezione 
conservata nel codice vaticano latino 5751, che verosimilmente ci 
tramanda la collezione latina tratta dall'originale greco. Chiude la 
monografia un elenco cronologico delle lettere del pontefice (I 2442). 
— Interessanti osservazioni sulla biografia dello stesso papa nel 
Liber Pontificalis fa l’Hiisen. (I 2443). — Bruno Brusch tratta della 
suggestio o scriptio primicerir notariorum Bonifacit ad Johannem 
papa (I) de rattone paschali; illustra il codice di Oxford che la contiene, 
dice delle altre redazioni e infine pubblica la suggestio stessa secondo 
il detto codice sotto il titolo Exemplum suggestionis etc (I 2444). 


III. Alto Medio Evo. — Lo Schnirer opina che l’incorona- 
zione dell'imperatore Giustino fatta nel 5206 in Costantinopoli da pa- 
pa GIOVANNI I non fu un’incoronazione avente carattere ufficiale, 
quasi necessaria al riconoscimento dell'autorità del sovrano, ma 


I. 2440 — BarriroL P. Mons., testen Papstbriefsammlungen: Fest- 


Le siège apostolique (aa. 395-451): 
Rev. cr. H. Lit., 15 aprile 1925.- 


I. 2441 — Ib., Papa, Sedes A po- 
stolica, Apostolatus: Riv. Arch 
Cr., 1925, fasc. 3-4, 098-110. 


I. 2442 — Silva Tarotca K,, 
Die Quellen der Briefsammlungen 
Papst Leos des Grossen. Ein Beitrag 
zur Frage nach den Quellen der dl- 


gabe P. Kehr., 23-47. 

I. 2443 — HusEN C., Osseriazio- 
ni sulla biografia di Leone nel 
Liber Pontificalis: Iend. P. Acc. 
Arch.,1(1923), 109-119. 

I. 2444 — BruscH B., Lin Be- 
richt der pdapstlichen Kanzlei an 
Papst Johannes I von 520 und die 
Oxforder Hs. Digby 03 von 814: 
Festgabe P. Kehr, 48-58. 


— 3963 - — 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO I. 2445-2450 


soltanto una cerimonia religiosa (I 2445). — Harnach considera di 
origine tedesca papa Boniracio II, che sedette dal 530 al 532; per- 
ciò lo dice il primo papa tedesco; sottopone a critica il noto passo 
Bonifacius natione romanus ex patre Sigivuldo. Illustra poi il noto 
praeceptum papae Felicis, cioè la costituzione di papa FELICE IV 
relativa alla designazione del successore nel pontificato, e Bonifacio 
II fu appunto, come è noto, il designato di papa FELICE, e discorre 
quindi della Contestatio Senatus del 530, di un successivo decreto del 
medesimo circa detta designazione e degli avvenimenti che seguirono 
in causa della novità introdotta (I 2446). — Per ora segnaliamo solo 
il volume di Mons. Duchesne su la Chiesa nel sesto secolo (I. 2447). 
— Di GrecorIo Macno papa fa un succoso profilo l’Ermini (I 2448). 
— Alcune osservazioni espone il Gay sulle relazioni tra la Chiesa 
romana e l’impero d’Oriente nel quarantennio, che va dal 675 al 715 
in rapporto alle origini della controversia iconoclastica. L'autore pensa 
che più che per particolare attività dalla corte bizantina, per mezzo 
dei religiosi e dei monaci, che si rifugiavano oltre i confini occidentali 
dell'Impero a cagione dei dissidi in materia politico — ecclesiastica, 
si compisse nei paesi finitimi una considerevole opera di ellenizzazio- 
ne. (I 2449) — Breve nota fa il Leich intorno al termine Communitas 
in una lettera di GREGORIO II del 732(12450).— Il viaggio in Francia di 
papa STEFANO II non era destinato a risolvere solo il conflitto tra il pa- 
pato e la corte dei Longobardi, ma anche a consolidare le fortune poli- 
tiche di Pipino il Breve, che, alla sua volta, aveva bisogno dell'aiuto 
papale, nel contrasto col fratello Carlomanno, non alieno dal favorire il 
longobardo Astolfo. Come più tardi nel 773, così nel 754 fu in gioco a 
Ponthion non tanto l'esaltazione del potere papale, quanto un interes- 
se dinastico. La donazione di Quierzy fatta a Stefano II era il compen- 
so del favore, che la S. Sede avrebbe largito a Pipino e ai figli di lui 


I. 2445 — ScHNURER GUSTAV, 
Die erste papstliche Kaiserkronung 
O. u. F. Gorresges., Sez. scienze 
giuridiche e sociali, XL, 1923, 2I11I- 
Î17: 

I. 2446 — HARNACK v. AÀ., Der 
erste deutsche Papst (Bonifatius IL, 
530-532) und die beiden letzen 
Iekrete des ròmischen Senatus: 
Sttzb. AR. Berl., Phil. hist. kl. 
19024, 2II-242. 

I. 2447 — DucHesxe L. 
L'Eglise au VI siècle, in 8°-vI1i- 
603, Paris 1925. 


I. 2448 — ERMINI FILIPPO, Gre- 
gorio Magno, Collezione Profili 
n. 68, in 16, 58, Roma, For- 
miggini 1924. 

I. 2449 — Gay ]J., Quelquesre- 
marques sur les papes grecs et 
svriens avant la querelle des Ico- 
moclastes: Or. Byz., Melanges of- 
ferts à M. Gustave Schlumber- 
ger, Paris Geuthner 1924. 

I. 2450 — LEIcH G. S. 4/l ter- 
mine Communilas in una lettera 
di Gregorio II (732): Bulletin Du 
Cange, I (1924), 171-177. 


— 3604 — 


Il. ALTO MEDIO EVO. 


I. 2451-2453 


(I 2451). — Questa tesi, secondo la quale le ragioni dinastiche influiro- 
no potentemente sulle relazioni tra Pipino e la Santa Sede si incontra 
anche in una dissertazione di Carlo Gruber (I 2452). — Illustrando le 
stesse vicende, in particolar modo il trattato di Ponthion del 734, 
l'’Heldmann si attiene alla teoria di W. Gundlach e di J. Haller sulla 
commendatio di papa Stefano II a Pipino (I 2453). — Il Levison si 
occupa della donazione di Costantino e della Leggenda di papa Silve- 
stro; egli dimostra anzitutto in quale errore sia caduto il Gaudenzi, so- 
stenendo la tesi della priorità del testo greco del Constitutum Costan- 
tini e presumendone l'origine al tempo di papa GREGORIO II, mentre i 
più l’attribuiscono al penultimo venticinquennio dell'ottavo secolo; 
poi passa a dire degli Actus Silvestri, che sono la fonte precipua della 
falsa donazione, degli innumerevoli manoscritti (e sono circa 300), 
nei quali quelli sono contenuti, ne fa la classificazione riducendoli a due 
gruppi, i cui capostipiti chiama A e Be li crede non del tutto indipen- 
denti fra loro; B sarebbe posteriore, deriverebbe da A attraverso 
un intermediario, usato molto liberamente. Come furono composti 
gli Actus Silvestri ? Il L. dimostra che una stretta parentela è tra 
gli Actus e gli scritti di Arnobio il Giovane; parecchi raffronti riescono 
assai suggestivi, così per la redazione di A come per B. Si sarebbe 
quindi avuta una doppia successiva influenza degli scritti di Arnobio 
nelle due diverse redazioni degli Actus; si vedono cioè in questi 
tracce evidenti del Conflictus, dei Commentarit Psalmorum, del Praede- 
stinatus, tracce non solo nelle idee, ma anche in frasi insignificanti 
comuni; altre tracce si possono scorgere nella Passito Matthaet, 
nella Passio Simonis et Judae, nella Passio Bartholomaei, scritti 
che per avere punti di contatto con quelli di Arnobio, furono pure 
a questo autore attribuiti. Il L. per conto suo non ritiene improba- 
bile che Arnobio possa essere l’agiografo autore delle Passtones e 
degli Actus. Continuando ad esaminare in quale misura gli Actus 
hanno influito sulla formazione del Constitutum, il L. pensa che 
sino al $ 8 di questo si è utilizzata la redazione A, dal $ g in poi la 
redazione B con una demarcazione abbastanza netta. Una chiara 
recensione di questo suo studio fece lo stesso Levison nel bollettino 


I. 2451 — RobENBERG CARL., miss zur frankischen und romischen 
Pippin, Karlmann und Papst Ste- Kirche, Marburg 1923. 


phan II: Eb. Hist. St., n. 152, ; 
117, Berlin 1923. I. 2453 — HELDMANN KARL, 


Vertrage von Ponthion von 754: 
I. 2452 — GruRER KARL, Pip- Mitt. Inst. Vest. Gesch., NNNVIII, 
Pin als Politihen in seinen Verkilt- 1920, 541-570. 


e Ba 


I. 2454-2460 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO. 


dei Monumenta Germaniae (I 2454). — Il Levison sotto il titolo di 
Amnalecta Pontificia dà notizia di alcuni frammenti della nota colle- 
zione Quesnelliana, trovati nella civica biblioteca di Diisseldorf 
e di altri frammenti o di cenni di storia ecclesiastica, di privilegi 
ottenuti dalla Chiesa di Syburch da papa LEONE III (I 2455). — Il 
Kampers notando che le espressioni Roma aeterna, Sancta Dei Eccle- 
sia Reitpublicae Romanorum, che ricorrono nel Constitutum Constan- 
tini, sì leggono già nelle lettere di papa Stefano II, crede di poter sta- 
bilire tra queste e quello una relazione e opina anzi che questo papa co- 
noscesse il documento (12456). — Il malcontento di Carlomagno per la 
cerimonia del Natale dell’800, quale fu fatto conoscere dallo storico 
Eginardo, è oggetto di discussione da parte del P. Himmelreich, 
che ritiene il novello imperatore crucciato per riguardo a Bisanzio. 
Questo ritenne anche l’Halphen nei suoi £tfudes critiques sur l’hi- 
stotre dv Charlemagne, pp. 219-238; se non che questi suppose che il 
presunto malcontento. fosse una tardiva trovata della corte franca, 
mentre quello pensa che in realtà era stato espresso da Carlo e conforta 
le sue asserzioni con un esame critico filologico del passo dello storico 
(I 2457). — Perel illustra una lettera di papa Nicotò I ad Incmaro 
arcivescovo di Reims e un privilegio dello stesso papa relativi ad una 
controversia tra le chiese di Le Mans e St. Calais (I 2458). — In conti- 
nuazione alla pubblicazione delle lettere di Nicolò I fatta dal Perels 
e di GIiovaNNI VIII curata dal Caspar, il Perels stesso ha prepa- 
rato l'edizione delle lettere di papa Apriamo II (I 2459). — La 
lettera di papa Giovanni VIII a Williberto, arcivescovo di Colonia, 
gia pubblicata frammentariamente dall’editore delle Epistolae dello 
stesso papa nei M. G. H. (Epistolae VI, 30) con la data approssimativa: 
circa I settembre 873, è ora integralmente edita dal Borghezio con la 
data accertata 28 novembre 873 (I 2460). — La Chiesa nel secolo IX 


I. 2454 — Levison W., MNon- I. 2457 — HIMMELREICH L., Die 


stantinische Schenkung und Sil- Kaiserkronung Karls des Gros- 
vester Legende: Misc. Ehrle, 11, sen in Jahre 800, Miinchener 
159-247, Roma 1924 — Rec.:  Dissertation, Kerkrade 1923. 


del medesima in N. Arch. Ges. 


deutsche Gesch., XLVI, 1925, 227. 


I. 2455 — LEvIson W., A nalec- 
ta Pontificia: Festgabe P. Kehr, 
138-145. | 


I. 2456 — Kampers FR., Roma 


aeterna ‘und Sancta Dei Ecclesia 
rerpublicae Romanorum:  Hist. 
Jahrb, 1924, 240-2149. 


I. 2458 — PERELS E., Papst N1- 
kolaus I in Streit zwischen Le 
Mans und St. Calais: Festgabe 
Kehr, 145-162. 

I. 2459 — PerELS E., Hadriani 
II papae epistolae: Mon. Germ. 
Ilist., Epistolae vI, p. IMI (1923). 

I. 2460 — BorcHEzIO Gino, Il 
testo integrale della lettera di papa 


- - 366 — 


I. 2460-2464 


ampliò assai ì suol poteri, rendendosi quasi completamente indipen- 
dente dall'autorità civile, così nelle elezioni episcopali, come nell’ac- 
quisto e possesso dei beni ecclesiastici, nelle immunità giudiziarie del 
clero, nella convocazione e celebrazione dei sinodi, nella incoronazione 
dei re, ecc. Uno degli episodi delle lotte sostenute tra le superiori 
autorità ecclesiastiche e civili, per raggiungere questa indipendenza, 
studia l’Ehrenforth e precisamente illungo dibattito tra i due poteri per 
l'elezione vescovile di Noyon (879) e quella di Beauvais (881) (I 2401).. 
— Un lodevole sforzo di riabilitare la memoria di quello che fu papa 
FoRrMoso, specialmente nell'attività di costui anteriore al pontifica- 
to è lo studio del compianto P. Domenici della C. di G. (I 2462). — Mons. 
Angelo Mercati pubblica e illustra i frammenti di un diploma imperiale 
a favore della Chiesa romana, rinvenuti in un papiro del Sancta Sanc- 
forum, già non bene identificati dal Grisar e dal Lauer, da questo 
ultimo anzi editi in modo inesatto. Il diploma fu riconosciuto come 
una rinnovazione delle donazioni imperiali alla Chiesa; messo a con- 
fronto col Privilegium Ludovict dell'817 e con quello di Ottone I 
del 962, manifesta sue proprie particolarità, pur riportando tormole 
del primo e del secondo. Il documento non è originale della cancelleria 
imperiale. La scrittura ha le caratteristiche della minuscola carolina 
della fine del IX. Pen il M. che si tratti del Pactum degli impera- 
tori Guido e Lamberto con papa I‘ormoso (primavera 892); non 
esclude però che altre attribuzioni si possano fare, essendosi avuti 
altri sei patti conformi tra l’817 e il 962 (I 2403). — La « Cessto do- 
nationum», attribuita a papa LEONE VIII a favore di Ottone I impera- 
tore, è una falsificazione operata dal celebre polemista Pietro Crasso, 
per appoggiare le pretese dell’imperatore Enrico IV e dell’arcivescovo 
di Ravenna: questo dimostra lo Schneider (I 2464). — Il medesimo 
crede di poter provare con l’aiuto delle fonti (e in special modo con 
la testimonianza di Martino di Troppau, che in argomento gli sembra 
attendibile, e col privilegio di papa GIovaNnNI XV datato da Sutri 
106-120, 518- 


Giovanni VIII a Williberto, arci-  Catt., 75 (1924), 1, 


vescovo di Colonia (28-x1-873), 538; 11, 121-135. 
Roma, tip. Vatic., 1923. I. 2463 — MeErRcaTI Mons. AN- 
I. 2461 — EHRENFORTH M. G GELO, Frammenti in papiro di un 


diploma tmperiale a favore della 


Hinkmar von Reims und Lud- e . A 
Chiesa Romana : Festg. P. Kehr., 


wig III von Westifranken: Zettschr. 
Kath. Th., NLlV, 1625, 065- 
08. 


I. 2462 — Domenici G. S. ]J., 
Il papa Formoso (891-890): Civ. 


103. 


I. 2464 — Scuxnriper F., Eine 
antipapstliche Falschung des Inve- 
sittursireits und Verwandtes: Alisc. 
Finke 84. 122. 


48672 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2465-2469 


del 4 aprile 995, che l’a. a differenza di altri critici ritiene genuino, 
pur notando in esso l’influenza dei formulari imperiali) che la venuta 
dell’imperatore Ottone III è in relazione con la cacciata del papa 
da Roma, avvenuta per opera del partito nazionale romano, di cui 
era capo Giovanni Crescenzio, e della fuga di lui nella Tuscia Pon- 
tificia, donde invocò l’intervento di Ottone III. Tratta infine della 
supposta tomba del detto pontefice nell’antico San Pietro e prova 
che l’iscrizione sepolcrale non riguarda quel papa, ma il cardinale 
di Santa Anastasia, Giovanni, che viveva nello stesso tempo (I 24065). 
— E. Schramm fa un interessante trattazione dei rapporti tra l’im- 
pero d'Occidente e l’impero d'Oriente e il Papato al tempo degli 
Ottoni. Appoggiandosi alle lettere dell'ambasciatore bizantino Leone 
degli aa. 997 e 998 egli mette in nuova luce la personalità di Giovanni 
Philagathos (l’antipapa Giovanni) e la parte avuta dall’ambasciatore 
greco nella rivoluzione romana del 997. Notevole quanto è scritto 
intorno alla politica di Ottone III sotto l'influenza di Gerberto 
d’Aurillac per la Renovatio dell'antica Roma e ciò che si dice intorno 
al documento, nel quale Ottone afferma che la donazione di Costan- 
tino è una falsificazione (I 2466). — Oggetto di studio per il San- 
tifaller sono le modificazioni, che il formulario del Liber Diurnus, 
usato dalla Cancelleria pontificia, ha subito 2 partire dalla seconda 
metà del secolo VIII sino a mezzo il secolo XI (I 2467). — Impor- 
tante contributo alla storia dello scisma orientale ci dà il Michel. 
Egli mette sopratutto in rilievo il concorso dato, ad impedire lo 
scisma, dal cardinale Umberto di Moyenmoutier, al quale Leo- 
NE IX aveva commessa la direzione degli affari orientali (I 2468). 
— Il Brackmann tratta delle origini del celebre convento tede- 
sco di Hirsau, che si riconnettono ai primordi della riforma del- 
la Chiesa nel secolo XI, all’attività riformatrice in particolare di 
papa Leone IX (I 2469). — Avendo trovato nel fondo della cancelleria 
della Nunziatura di Venezia (Archivio Segreto Vaticano) documenti 


I. 2465 — ScCHXEIDER F., Papst von der Mitte des 8° bis in die 
Johan AV und Ottos TTI Romfahrt: Mitte des 11° Jahrh: Abh. Mitt. 
Mitt. Inst. Vest. Gesch., NXNIX, Neuer. Gesch., Misc. Finke. 
1923, 218. 


I. 2466 — ScHRAMM P. E, 
Kaiser, Basileus und Papst in der 
Zeit der Ottonen: Hist. Zettschr., 
CXXNIX, 1924, 424-475. 

I. 2467 — SANTIFALLER L., Ue- I. 2469 — BRACHMANN ALBERT, 
ber die Verwandung des Liber Diur- Die Anfdange von Hirsau: Festg. 
nus in der papstlichen Kanzlei Kehr, 215-232. 


I. 2468 MicHEL A., Humbert 
und Kerullarios. Studien. I: Q. u. 
F. Gorresges., fasc. 21, Paderborn, 
Schòning 1925. 


— 3068 — 


III. ALTO MEDIO EVO I. 2470-2473 


del soppresso convento di San Giorgio in Braida, relativi all’antipapa 
Caparo, il Cenci può illustrare alcuni punti controversi relativi al 
casato e al curriculum vitae di costui (I 2470). — L'Holtzmann studia 
la politica orientale-normanna dei papi, che si susseguirono da Leone 
IX a UrBANnO II; mette in relazione i tentativi di riunione della Chiesa 
d'Oriente e di quella d'Occidente con la idea e la preparazione della 
prima crociata (I 2471). — Il Caspar, che ha curato l’edizione delle 
lettere di GrEGORIO VII per i M. G. H. (Epistolae Selectae, II), in un 
suo scritto nota come il carattere del grande pontefice emerga da 
quelle; tra l’altro osserva come il ricordo di papa Gregorio Magno . 
ricorra spesso nelle lettere di Gregorio VII e come le manifestazioni 
canonistiche siano molto frequenti, evidente segno di quei tempi 
di vivacissime polemiche sull'estensione e sui limiti dei due sommi 
poteri del mondo (I 2472). — A. Fliche, oltre un acuto studio sulla pro- 
mozione al romano pontificato del grande Ildebrando, pubblica due 
volumi, in cui studia la riforma della Chiesa nel secolo NI, che si suole 
attribuire in gran parte a Gregorio VII e perciò è detta riforma Grego- 
riana; il F. rettifica questa comune diffusa opinione e sostiene che Gre- 
gorio VII non è l’inventore delle cosidette idee gregoriane, bensì l’as- 
sertore tenace della tradizione ecclesiastica, che rivive di fulgidissima 
luce nel secolo XI durante la grande lotta per le investiture; così il F. 
ha modo di dimostrare che la riforma gregoriana non è effetto delle 
riforme di Cluny, che sono in particolar modo monastiche e non di 
carattere generale, e non si occupano punto della liberazione della 
Chiesa dalla servitù laicale, nè dell'esaltazione del potere pontificio 
sopra ogni altra potestà spirituale o temporale. Egli pensa che, se 
mai, le origini della riforma gregoriana si debbano ricercare piut- 
tosto nei monaci e nel clero di Lorena, parecchi dei quali venuti 
con Leone IX e sotto i seguenti pontefici a Roma influirono attiva- 
mente in questo senso (I 2473). — La prosecuzione e le alterne vicende 


I. 2470 — CENCI P., Documenti 


Ip., Gregorii VII registrum- 
inediti su la famiglia e la giovinezza 


Pars II: Mon. Germ. Hist., E pi. 


dell’antibapa Cadalo: Arch. Stor. 
Prov. Parm., n. Ss. 23 (1023). 


I. 2471 — HOLTZMANN WALTER, 
Studien zur Orientpolitià des Re- 
formpapstums und zur Entstehung 
des ersten Kreuzzuges: Hist. Viert. 
3. schr., XXII 1924, 107-199. 

I. 2472 — Caspar E., Gregor 
VII in seine Briefe: Hist. Zettschr,, 
CXXXI 1924, 1-30. 


stolae Selectae, II. 


I. 2473 — FLICHE A,, L’election 
de Grégoire VII: Moven Age, ser. 
2,20 (1924-5) 71-90. — La ré- 
forme grigorienne: I. La formation 
des idées grégoriennes. II: Grégoire 
VII, 1, in 89, XII-425; II, in 80, 
VIII-4060,: Sp. Sacr. Lov., 6, 9, 
Paris, Champion 1925. 


1 ee 


Aevum - Anno I - 24 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO Den I. 2474-2477 


della riforma della Chiesa, quali sì ebbero sotto e per opera dei suc- 
cessori del grande Gregorio sino a papa URBANO II studia lo stesso 
Fliche in altre due suoi scritti autorevoli (I 2474). — Il Fliche illustra 
pure il breve pontificato di Vittore III (1086-1087). Già abate di 
Montecassino, non era costui fra coloro che papa Gregorio VII aveva 
indicato come degni della successione e non aveva le qualità di un 
continuatore dell’opera gigantesca di Gregorio VII; tuttavia, come 
gia alla sua abbazia, aveva reso buon servizio alla Chiesa Romana, 
riconciliandola coi Normanni. Le fonti sono discordi nel giudicare 
“come giunse al papato: la cronaca di Montecassino del diacono 
Pietro ne fa un santo, che a lungo cercò di evitare la tiara; il Chro- 
nicon di Ugo de Dies lo presenta come un truffatore, un traditore 
della causa gregoriana e fautore di Enrico IV: l'A. pensa che in ambe- 
due le testimonianze la verità sia alterata, se mai più nella prima 
che nella seconda L'A. scusa il papa, per essersi ritirato a Monte- 
cassino otto giorni dopo la consacrazione; ciò fece, egli dice, per le 
difficili condizioni di Roma. Egli riconosce che la politica di Vittore 
III fu debole, incerta, ma ritiene che il papa in complesso non inten- 
desse venir meno alle tradizioni politiche dei suoi immediati pre- 
decessori, come ebbe a dichiarare al concilio di Benevento. (I 2475). — 
Sull’antipapa fatto eleggere a Bressanone da Enrico IV pubblica 
una monografia il Francabandera (I 2476) — Come si siano orien- 
tati i rapporti religiosi tra la chiesa Romana e i popoli slavi in 
seguito allo Scisma d'Oriente e sopratutto di fronte alla ne- 
cessità da parte di Bisanzio di rendere questo meno aspro e me- 
no completo, quando si profilò per l'Impero Greco la speranza 
o la velleità di riprendere le sue antiche terre di Siria e Palestina 
in occasione della crociata bandita da papa Urbano II, fa acuta 
disamina il Leib (I 2477). — C. Santoro ripubblica il presunto pri- 
vilegio di PASQUALE II al monastero di San Salvatore in Cremona, 
non datato, custodito presso l'archivio Civico di Milano; il S. ritiene 
che non si tratti di un documento originale, ma sia imitazione di 
un privilegio pontificio, imitazione molto accurata e assai bene 


I. 2474 — FLICHE A., La crise Gutiberto, arcivescovo di Ravenna, 
religieuse depuis la mort de Gré-. Milano 1923. 
goire VII jusqu'a l’avenement d’Uy- I. 2477 — Leis B.. Rome. Kiew 
bain II (1085-1088): Rev. Cours. i 


sai et Bvzance da la fin du XI siècle: 
Conf., 24 (1922-23). rapports religieux des Latins et 
I. 2475— Ip.,, Le pontificat de des Greco-Russes sous le pontift- 
lucro 11 .(1080-1087)? Jgee. His 00 Crogu 7, !(0989-t000) an 
Lccl., XX 1924, 387-412. so, XXNVII-350, Paris, Picard 1924. 
cir. rec. N. Arch. Ges. deutsche 

TI. 2476 — Francabandera O.,  Gesch., NLVI, 1926, 354-555. 


— JH,C — 


III. ALTO MEDIO EVO. - IV. BASSO MEDIO EVO I. 2478-2483 


riuscita, compiuta in Cremona nella prima metà del sec. XII da per- 
sona, che aveva buona conoscenza degli usi della Cancelleria pontifi- 
cia (I 2478). — Secondo ]J. M. March la patria del papa Pasquale II è 
da ricercarsi nella borgata di Bieda presso Galeata e Santa Sofia nella 
Romagna Toscana a sud-ovest di Forlimpopoli (I 2479). — Ci limitia- 
mo a segnalare lo studio del Gay sui papi del secolo XI, in attesa di 
poterlo esaminare con agio (I 2480). 


IV. Basso Medio Evo. — Il Caspar fa oggetto di suo studio le 
due bolle per la Crociata emanate da papa EUGENIO III, una in data 
I dicembre da Vetralla, l’altra con la data 1 marzo da Trastevere; 
manca per ambedue l’anno; non si conosce nemmeno in qual tempo, 
il papa fu in Vetralla. Dopo un raffronto dei testi delle due bolle 
giunge alla conclusione che quella del dicembre è da assegnarsi al 
1145, l’altra al 1146. Da ciò l'A. viene a dire la sua parola sulla que- 
stione se l'idea della crociata sia stata promossa prima dal papa 
o dal re di Francia e conclude che effetto della bolla papale fu 
la missione affidata dal detto re a San Bernardo di Chiaravalle di 
accordarsi col papa per la predicazione della crociata e conseguenza 
di questo accordo fu la bolla del marzo 1146. In appendice è ri- 
prodotta integralmente quest'ultima (I 2481). — Dei libri lasciati 
in dono a Città di Castello, sua patria, da papa CELESTINO II trat- 
ta il Wilmart (I 2482). — Il Kehr pubblica e illustra una lettera 
originale dell'antipapa VittoRE IV del 17 novembre 1101 al con- 
te Raimondo di Provenza e alla consorte di questo, parente del- 
lo stesso papa, intrattenendoli sul papa, per lui illegittimo, ALES- 
saxpro III, che lo aveva avversato particolarmente nel concilio 
di Lodi, e sullo sfortunato esito di sue pratiche con Pisa e Genova. 
Il K. conferma che l’antipapa appartiene alla famiglia dei Conti di 
Monticelli (12483). — Il Giiterbock, premesso un cenno sull’importanza 


I. 2478 — SantoRO C., Un privi-  Kreuzzugsbullen Eugen III: N. 
legio di Pasquale II presso lL’Ar- Arch. Ges. deutsche Gesch. 1024, 


chivio Storico Civico di Milano: 285-305. 
Arch. St. Lomb., 1923 I, 443-452 
con riproduzione fotografica. I. 2482 — \WILMARTA., Les li- 


vres lesues par Celestin IT a Città 


ta + Ma; D h a 5 
I. 2479 MarcH J. M., Sobre di Castello: Rev. Bén., 35 (1923), 


la patria y la familia de papa Ò . 
Pascual IÎ: Est. Eccl., Madrid, II, 998-102. cfr. rec.: N. Arch. Ges. 
1923, 107-I10. deutsche Gesch. NEXE 1920, 3550. 


I. 2480 — Gay J., Les papes du I. 2483 — Keur P., Zur Ge- 
NI siècle et la chrettenté xu-428 0 schichte Victor IV (Octavian von 
p. Paris, Gabalda 1020. Monticelli): N. Arch. Ges. deutsche 

I. 2481 — Caspar FRIicH, Die Gesch., NLVI, 1025, 53-84. 


— dl — 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO I. 2484-2488 


delle Cronaca faentina del Tolosano (RR. II. SS. XIV, 1084), sot- 
topone ad esame il passo di detta cronaca all’a. 1167 (16 febbraio), 
in cui sì accenna alla discordia tra Federico Barbarossa e papa Ales- 
sandro III e in particolare al giuramento di fedeltà richiesto dall’im- 
peratore a tutti i laici ed ecclesiastici, pena il bando. Era stato sol- 
levato il dubbio da altri sulla data dell’anno; l’a. ritiene di doverla 
confermare e così giustifica nelle sue parti il racconto del Tolosano; 
nel resto del lavoro esamina la condotta dei vescovi di Romagna e 
dell'Emilia verso l'imperatore e verso il papa. (I 2484). — Sotto il 
titolo di Anedocta Veronensia l’Holtzmann pubblica cinque docu- 
menti che riguardano in pari tempo la storia di Verona e privilegi 
largiti alla chiesa veronese dai papi (fine del secolo XII e XIII) 
(I 2485). — Di GrEcORIO VIII, che fu papa per 57 giorni nel 1187, il 
Kehr studia la vita avanti il pontificato e in particolar modo illustra 
la bolla Cum ex iniuncto, con la quale il papa prende sotto la pro- 
tezione della S. Sede le chiese di Sant'Andrea di Benevento e Santa 
Trinità di Palazzolo e i frati nelle medesime officianti secondo l’isti- 
tuzione fattane da Alberto, cardinale del titolo di San Lorenzo 
in Lucina e cancelliere papale, approva l’adozione della regola di 
Sant'Agostino e gli statuti a loro dati dal medesimo. In appendice 
pubblica la bolla secondo l’originale dell’Archivio Capitolare di Be- 
nevento (I 2486). — Il Manaresi pubblica e illustra due bolle di CELE- 
stINO III in favore del monastero di San Bartolomeo in Strada di 
Pavia, datate dal Laterano il 27 maggio 1191 e 16 marzo 1197 e 
una in favore del convento di San Salvatore di Pavia (Laterano, 
28 maggio 1196) (I 2487). Un chiaro riassunto dello sviluppo delle 
idee gregoriane sull’autorità spirituale e temporale del romano pon- 
tefice dal tempo del grande Ildebrando a quello di Innocenzo III 
fa il Carlyle (I 2488). — Il Wenck studia la condotta dei papi, 


Strada di Pavia depositate dalla 
famiglia Castelbarco mnell’Archivio 
di Stato di Milano: Arch. St. Lomb., 


I. 2484 —GUTERBOCK F., Zum 
Schisma unter Alexander III. Die 
L’eberlieferung des Tolosanus und 


Stellungnahm der Romagna und LI, 1924, 295-339. — Ip., Una 
Em:lia:; Festg. Kchr., 376-397. bolla inedita di Celestino Il;: 
Boll. Soc. Pav. S. P., XXIV, 


I. 2485 — HOLTZMANN WALTER, 


Anedocta Veronensia: Festg. Kehr, 
309-375. 

I. 2486 — KEHR P.,, Papst Gre- 
gor VIII als Ovrdengriinder, ibid., 
248-275. 

I. 2487 — MANARESI CESARE, Le 
pergamene di San Bartolomeo in 


1924, 221-225. 


I. 2488 — CARLYLE A. ]J., The 
development of the theory of the 
authoritv of the spiritual over the 
temporal power from Gregor VII 
to Innocent III: Tijdschrift voor 
Recht geschidnis V, 1924, 33-34. 


— 372 — 


I. 2489-2492 


IV. BASSO MEDIO EVO. 


successori di Alessandro III e predecessori di Innocenzo III, verso 
l'Impero negli ultimi anni del Barbarossa e durante il regno di Enrico 
VI, negli anni cioè della battaglia di Legnano, della pace di Costanza, 
del matrimonio di Enrico VI con Costanza di Altavilla, della con- 
quista del regno di Puglia e di Sicilia da parte di quest’ultimo e della 
fine immatura del medesimo, avvenimenti, nei quali i papi tentarono 
di conciliare con equanimità gli interessi della S. Sede con quelli 
delle necessità politiche correnti. Nell'ultimo capitolo si tratta della 
designazione del successore di papa CELESTINO III, tentata nel Natale 
del 1197, pochi giorni avanti la morte del medesimo, e della parte 
che in quella circostanza ebbe il cardinale di Giovanni Colonna 
(I 2489). — Georgina Tangl pubblica i Regesti di papa INNocENzO III, 
che riguardano la controversia per la successione al trono di Ger- 
mania e all'Impero, testimonianze chiare e perspicue della condotta 
seguita dal grande pontefice durante quel conflitto: l'edizione è 
preceduta da una sobria e chiara esposizione dci caratteri 
dell’ epistolario di papa Innocenzo e delle vicende, che all’A. preme 
di mettere di nuovo in luce (I 2490). — L’Haller sottopone a rigoroso 
esame critico il giuramento prestato l'8 giugno 1201 al papa Inno- 
cenzo III da Ottone IV re dei Romani, (M. G. H. LL. IV, tomo II, 
27-28) e il testo del medesimo che si ha nel Registrinn de nesotio 
imperit di Innocenzo III; ii duplice esame permette all’H. interessanti 
considerazioni intorno alla condotta del papa nella controversia 
per la corona di Germania (I 2491). — Il Lenners si pone la questione 
se il papa Innocenzo III riconobbe come autentico il sinodo di To- 
ledo del 675 (I 2492). — Quando sorgevano ferventi di spirito di apo- 
stolato gli ordini religiosi di San Francesco e di San Domenico, 
l'ordine benedettino pareva decadente o inefficace a prestare alla 
Chiesa quel concorso, di cui essa aveva bisogno; tuttavia ad esso 
pure rivolse appelli, affidò missioni di fiducia papa Oxorio III: 


I. 2489 — WENcK K., Die rò-  tausg., Bd. xcv, in 89, xxxv- 
mische Pdpste zwischen Alexander 256 p., Leipzig, Dvk 1923. 
III und Innocenz III und der 
Designationversuch im Weihnach- I. 2491 — HALLER ]J., Znmnocenz 
ten 1107: Festg. Kehr, 415-474. III h. Otto IV: Fesig. P. Kchr., 


I. 2490 — TANGLGEORGINE, Zn- 4157474. 
nocenz ITI (Innocentius III papa). slice da ai 
Das Register Innocenz III iiber I. 2492 LexNERS H., NH ide 


die Reichsfrage 1198-1209 (Regi- 
strumi. Nach d. Ausgabe von von Innocenz III als «autentisch»ev- 


Baluze, E pistolarum Innocentii III A/art: Zeitschr. Rath. Th., NLVITI, 
Gesch. Deutsch. Vorz., 2, Gesam- 1924, 322-324. 


die 14 Synode von Toledo (075) 


— 373 — 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2493-2499 


questi incarichi illustra il Berlière (I 2493). — L’Eichmann disserta 
intorno ad uno degli Ordines d’incoronazione imperiale, che sono 
riferiti nel Liber Censuum, di quello cioè detto di Cencio II, delle origi- 
ni del quale poco si sa, mentre dell'altro detto di Cencio I si conosce la 
tradizione, che rimonta al sec. XI; l’E. ne stabilisce il valore e ri- 
pubblica il testo dell’Ordo secondo una più autorevole redazione 
(I 2494). — Delle origini e dello sviluppo dell'abbazia di Monte Mir- 
teto nei Volsci, fondata da papa GREGORIO IX, tratta il P. Cassoni 
(I 2495). — Nei suoi studi diplomatici il Baumgarten esamina vari argo- 
menti, riguardanti anche la storia pontificia, tra l’altro una lista 
di cardinali e di funzionari della corte papale dal 1227 al 1241, che 
gli permette di correggere e di completare in quella parte la Hie- 
rarchia dell’Eubel. Lo studio diplomatico propriamente detto ri- 
guarda le bolle pontificie, la loro datazione, il modo della loro spe- 
dizione, registrazione, etc. (I 2496). — Il P. Van den Vingaert pub- 
blica due documenti a favore dei terziari francescani, uno di pp. Gre- 
gorio IX in data 30 aprile 1239, l’altro da INnocExNzo IV del 1244 
(I 2497). — A cura di Pietro Fedele sotto gli auspici del Conmne di 
Roma, si vengono pubblicando regesti di bandi, editti, noti- 
ficazioni e provvedimenti diversi relativi alla città di Roma e allo 
Stato pontificio: è uscito già il 2° volume, che riguarda il periodo 
che va dal 1233 al 1265 (I 2498). — Di papa CLEMENTE IV, delle sue 
relazioni con la Casa di Francia, della parte avuta con Carlo d'Angiò 
ad abbattere definitivamente la già scossa potenza sveva, della po- 
litica seguìta nei confronti dell’Impero greco e della Terrasanta 
corsa oltre che da Saraceni dai Mongoli, discorre l’Horn (I 2499). — 
La sperata riunione dellae Chiesa Greca alla Chiesa romana, che 
sembrava approdata a buon termine per merito di Gregorio X e 


I. 2493 — BERLIÈRE U., Hono- 
rius III et les monastères bénedic- 
tins (1216-1227): /Itev. Bén., 1923, 
207-205, 461-485. 


I. 2494 — FicHMmanx ED., Die 
Kaiserkronungsordo « Cencius Il » 
Miscell. Ehrle II, 322-337. 


I. 2495 — Cassoxni M., La ba- 
dia ninfana di Sant'Angelo del 
Monte AMirleto nei Volsci: Rass. 
St. Ris., XIV, 1023, 170-180, 
252-203; XV (1924), 51-77. 

I. 2496 — BAUMGARTEN P., Mi- 


scellanea Diplomatica, III: Rom. 
Ouart., NNNILR 1024, 37-81. 


I. 2497 - VAN DEN VINGAERTO. 
F. M., Duo documenta pontificia 
in favorem terttariorum data 1239 
et 1244: Arch. Fr. Hist., XVI 
1923 03-70. 


I. 2498 — Regesti di bandi, editti, 
notificazioni e provvedimenti di- 
versi relativi alla città di Roma e 
allo stato pontificio, vol. 11, in 8°, 
VII-302, Roma, Cuggiani 1925. 


I. 2499 — Horx E,, Le séle po- 
litique de Clement IV: Rev. 2 M., 
fasc. I maggio 1925. 


— Si — 


IV. BASSO MEDIO EVO. I 2500-2504 


ccl favore delle circostanze, al concilio di. Lione, mise a dura prova 
gli inviati pontifici alla corte di Bisanzio; ristabilire la cronologia 
di queste missioni è il lavoro precipuo del Grumel. (I 2500). — 
La cosidetta « autobiografia» di CELESTINo V è probabilmente un 
frammento di una biografia composta da un monaco vissuto nell’en- 
tourage di Pietro Morrone, il papa monaco (I 2501). — Ad ampia disa- 
mina Armida Monti Gennaro sottopone la nota satira di Jacopone 
da Todì « O papa Bonifatio mult’aj iocato el monno »; essa la ritiene 
autentica, ma interpolata; una parte sembra scritta da chi sentiva 
ancora trionfante il prestigio politico di papa BoxIFracio VIII, l’altra 
da chi aveva l'impressione, abbastanza recente, dello schiaffo d'Ana- 
gni, della fine miseranda del pontefice e dell'incipiente servitù della 
Chiesa (I 2502). — L'azione considerevolissima spiegata per oltre qua- 
rant'anni a servigio del Papato in numerose legazioni in Italia e 
fuori, l'influenza grande esercitata nella Curia Romana dal cardinale 
Matteo Rosso Orsini sono largamente rappresentate dal Morghen: il 
cardinale apparve e fu capo di quel gruppo di cardinali e uomini 
di Curia, che volevano la netta indipendenza della Chiesa da qualsiasi 
esterna influenza politica; fu perciò magna pars nei conclavi, dai quali 
uscirono successivamente papi Celestino V, Bonifacio VIII, Benedetto 
XI, Clemente V; la sua azione, per forza ineluttabile di eventi, non 
ebbe fortuna; per l’asservimento della Chiesa ad opera della Casa 
di l’rancia egli visse gli ultimi anni in grande pena e disagio (1 2503). 
— Una trattazione di diplomatica pontificia dal secolo XI al XIV 
è il lavoro del Kattenbach e del Peitz_ sulle firme dei papi e dei car- 
dinali nelle bolle maggiori: il lavoro è accompagnato da sei tavole 
(I 2504). — Sull’espressione « Papa-Deus » che appare in certi scritti 
medievali disserta il Rivière: ricordato che la bolla Znter corporalia 
di papa Innocenzo IV ha fornito occasione a taluni teologi di dire 
che in certi atti di alta giurisdizione spirituale il papa interviene 
«im quantum quodammodo Deus est » 0 semplicemente «in quantivn 


I. 2500 — GRrUMEL V., Les I. 2503 — MorcGHEN R., Z/ car- 


aibassades pontificales è Bysance 
aprés le II® concile de Lyon (1274- 
1280). Notes chromologiques: Echos 
d'Orient XXVII, 1924, 438 e seg. 


I. 2501 — HoLLuSsTEINER J., «Au- 
tobiographie » Coelestin Vi Rom. 
Quart., NNNI, 10923, 29-40. 


I. 2502 — Monti GENNARO À., 
Una satira di Jacopone da lodi 
contro Bonifacio VIII: Miscell. 
Ehrle III, 67-87. 


dinale Matteo Rosso Orsini: Arch. 


Soc. Rom. S.P., XLVI, 1923, 271- 
373: 

I.2504 — KaTTENBACH Bruxo 
O. F. M. - Pertz WiLck. MARIA 


S.J., Die Unterschriften der Pdpste 
und Kardindle in der Bullae ma- 
1ores von II bis 14 SJahrh. (mit 6 
tafeln):  Miscell. Ehrle iv, 177- 


27% 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO. 


_I. 2505-2508 


Deus », aggiunge che queste espressioni sono tutt'altro che rare 
(e adduce molti esempi), ma dimostra altresì che si tratta di una 
leggendaria tradizione; molte di quelle espressioni sono dovute alla 
pietà di mistici o alla dialettica di canonisti, altre sono adattamenti 
di espressioni tolte dal Vecchio Testamento. Più eccedettero in 
proposito canonisti come Agostino Trionfo, lo stesso Baldo (del quale 
sì ricorda il passo: Reservata papae non facit papa, tanquam homo, 
sed tanquam Deus), e più d'ogni altro lo spagnuolo Alvarez Pelayo, 
per cui il papa è Deus Pharaonis, Deus Imperatoris. Nell'ultima 
parte sostiene l’inverosimiglianza di espressione conforme attribuita 
al canonista del secolo XIV Zenzelino, che avrebbe scritto: ....Do- 
minum Deum nostrum papam, come quella che cozza contro la pura 
tradizione cattolica (12505). — Per far luce di tra i numerosi documenti 
liturgici rappresentanti o che si ritiene rappresentino la tradizione 
romana, l’Andrieu fa conoscere i libri, di cui ci si serviva nella cap- 
pella papale del Laterano verso la fine del secolo XIII e cioè il Mîs- 
sale tramandato nel codice 100 della Biblioteca d’Avignone e il 
Vaticano Ottoboniano 356; aggiunge che al principio del secolo XIII 
là si usava un Sacramentario poco differente da quello che fu pubbli- 
cato sotto il nome di Missale Lateranense Vetus; dopo la riforma 
liturgica di Innocenzo III si compilò un Ordinarium, che fu larga- 
mente diffuso e dal quale derivò più tardi l’Ordo XIV (I 2500). — 
Il Baumgarten fornisce interessanti spunti storici sul conferimento del 
pallio; cita il passo del Liber Censuum relativo a questa cerimonia; 
ricorda la Forma dandi palleum desunta dai Registri di papa OnorioIV 
e altre testimonianze posteriori, tratte dai regesti dei papi, di cui 
l'ultima è del marzo del 1566 (I 2507). — Delle vicende subìte durante 
il secolo XIII dalla cancelleria papale, della sua riorganizzazione, 
delle riforme apportate in essa dalla costituzione di Innocenzo III, 
del riordinamento instauratovi in seguito al IV Concilio Lateranense, 
tratta largamente l’Heckel (I 2508). — Sulle origini e vicende delle de- 
cime pontificali nelle antiche diocesi belghe nei secoli XIII e XIV 


I. 2505 — RIVIÈRE J., Sur l'ex- 
pression « Papa Deus» en Moyen 
Age: Miscell. Ehrle 11, 276-289. 

I. 2506 — ANDRIEU MicHEL, Le 
Missel de la Chapelle papale è la 
fin du NII siècle: Miscell. Ehrle II, 
343 e segg. 

I. 2507 — BAUMGARTEN PAUL 


MARIA, Beitrige zur Geschichte 
des « Palleum »: Miscell. Ehrle 1, 
338-347. o 

I. 2508 — HEcKEL v. RUDOLF, 
Die Aufkommen der stàndigen Pro- 
kuraloren an der Papstlichen Kurie 
im 13 Jahrh.: Miscell. Ehrle, 
290-321. 


— 376 — 


IV. BASSO MEDIO Evo. 


VO — I. 2509-2516 
disserta il Berlière. (I 2509). — Un privilegio di papa CLEMENTE 
V concernente il terzo ordine francescano circa l’interpretazione della 
regola fa conoscere e pubblica l’Oliger (I 2510). — Il Lizerand, ben 
noto per il suo lavoro su Clemente V e Filippo il Bello fa un'oculata 
scelta dei documenti più significativi del famoso processo dei Tem- 
plari, dai quali risulta la narrazione dell’avvenimento in forma chia- 
ra e continua (I 2511). — A cura del Mollat continua la pubbli- 
cazione dei regesti o del testo delle lettere comuni di papa GIOVANNI 
XXII conservate nei registri detti d’Avignone e del Vaticano (I 2512). 
— Il Salomon aggiunge nuovi argomenti a quelli già addotti dal 
Mollat, per dimostrare che la seconda vita di Benedetto XII e la 
terza di Clemente VI si devono attribuire a Giovanni Porta da An-. 
noniaco (I 2513). — P. Lugano disserta dell'ordine di Montoliveto 
e della conferma ad esso concessa da papa CLEMENTE VI (12514). — 
Nella serie Analecta Vaticano-Belgica V'Isacker e il Berlière hanno 
iniziata la pubblicazione delle lettere di papa Clemente VI per gli 
aa. 1342-1346 (I 2515). — Il Borghezio fa conoscere una supplica del 
cardinale Niccolò de Besse (novembre 1347?) a CLEMENTE VI a favore 
del prete anconitano Marco Giacomo per la concessione di un cano- 
nicato a Moncalieri (I 2516). — L’incoronazione di Stefano Aubert, 
gia cardinale vescovo di Ostia, eletto papa INnocENZO VI, celebrata 
nel palazzo papale d’Avignone il 30 dicembre 1352, è illustrata da 
P. Guidi ; sulla scorta della serie Zntroitus et Exitus e delle Collecloriae 
dell'Archivio Vaticano l'A. può informarci minutamente sui prepa- 


I. 2509 — BERLIERE U., Les I. 2513 — Saromon R.,, Die 


decimes pontificales dans les anciens 
diocèses belges aux XIII et XIV 
stécles: Ac. R. Belg. Bull. cl. Lettres 
1925, 99-125. cfr. N. Arch. Ges, 
deutsche Gesch. XLVI, 1920, 557. 


I.2510—OLIcER L., Privilegium 
Clementis V pro lectione regulae ITI 


Ordinis latine et italice: Arch. 
Fr. Hist., XVI, 1923, 252-254. 
I. 2511 — LIZERAND G.,, Le 


dossier de l’Affaire des Templiers, 
In 169, XXIVv-229, Paris, Champion 
1923. 


I. 2512 — MoLLaT G., Jean 
XXII (1316-1334). Lettres commu- 
nes, analysées d’après les registres 
dits d’'Avignon et du Vatican: 
Bibl. éc. fr. A. R., vu, in 4°, 
193-402, Paris, Boccard 1924. 


Papstbiographien des Johannes Por- 
ta de Annoniaco: N. Arch. Ges. 
deutsche Gesch, NLV, 1023, 112- 
119. 


I. 2514 — Lucaxo P., L'ordine 
di Montoliveto e la conferma aposto- 
lica di Clemente VI: Rio. St. 
Bén., NVI, 1925, 233-250. 


I. 2515 — ISACKER PHIL. VAN - 
BerLièreE U., Lettres de Clemens 
VI (1342-1352). Zextes el analyse, 
An. Vat. belg., I, in 89, vI-803, 
Bruxelles-Paris 1924. 


I. 2516 — BorcHezio G., Una 
supplica a Clemente VI per un 
canonicato a Moncalieri da parte 
di un Anconitano (1347): Boll. 
St. Bibl. Sub., XXXVI, 1924, 381- 
384. 


“= 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO 


e — — T —- Sta 


I. 2517-2522 


rativi all'uopo fatti, sulle spese ‘incontrate e sulle cerimonie, compiute 
con uno sfarzo veramente grandioso, ad onta della fama che il papa 
fosse « assai economo ». In appendice si pubblicano i documenti 
relativi (I 2517). — Di passaggio per Apt nell’ottobre del 1365 papa 
UrBANO V avrebbe donato la vetrata, che mutila sì vede dietro l’'altar 
maggiore della basilica di Sant'Anna: in ogni modo, la vetrata ha. 
delle raffigurazioni allusive al prossimo ritorno del papa in Roma 
(I 2518). — Trattando della « grande Tesoreria » papale d’Avignone 
il Colombo risolve sopratutto un problema di topografia e propone 
al lettore questa conclusione: la tesoreria grande, chiamata altresì 
maggiore, in stretta connessione col tesoro inferiore e con la camera 
del Consiglio occupava nel palazzo apostolico d'Avignone la parte 
a nord della torre degli Angeli e parte dell’ala orientale degli apparta- 
menti privati (I 2519). — Nella stessa collezione, in cui, come sopra 
si è detto, l’Isacker e il Berlière pubblicano le lettere di Clemente VI, 
l’Hanquet pubblica i testi e regesti relativi allo scisma d'Occidente; 
nel 1° tomo sono compresi gli atti curiali di CLEMENTE VII antipapa (I. 
2520).— Come prima parte d'uno studio sulle risorse finanziarie dei papi 
al tempo del grande scisma, il Goeller esamina le fonti e i sistemi di 
pagamento (obbligationes, solutiones) in uso presso la curia papale 
specialmente al tempo di Bonitacio IX (1389-1404) (I 2521). — Le 
ripercussioni dello Scisma d'Occidente sulla provincia anglica del- 
l'ordine di Cluny studia il Graham (I 2522). — Puyg de la Bellacasa 
tratta della bolla « Sacrae religionis », con la quale papa Bonifacio VIII 
concede all’abbate di Santa Osyth in Essex, diocesi di Londra, 
dell'ordine di Sant'Agostino il diritto, estensibile anche ai successori 
e ai canonici dello stesso monastero, di conferire gli ordini sacri 
minori e maggiori, bolla, che potendo offrire materia di acri polemiche 


I. 2517 — Guini P., La coro- ments relatifs au Grand Schisme. 
nazione di Innocenzo VI. (Docu-  Textes et analvses, tomo 1. Suppl: - 
menti velalivi alle spese fatte in ques de Clement VII (1378-1379): 
questa occasione): Festg. Kehr. An. Vat. belg., in 8° gr., XXXVIII- 


571-500. 692. Rome, /ust. Hist. Belg., 
1924. 

I. 2518 — TurocLEes HEXNRI, 29 
Le vitrail d'Apt et le retour de la I. 2521 — GOELLER ERN., Aus 
papauté d’Avignon à Rome, in der Camera Apostolica der Schismia- 
80-52, Avignon, Seguin 1924. pdpste: Itom.Quart., XXXII, 1924, 

2-147. 

I. 2519 — CoLomBe DR., La 3 Vo 
«Grande Tresorerie » au Palais 4- I. 2522 — GRAHAM R., The AS 
postolique d' Avignon: Miscell. Ehrle pal schism of 1378 and the english 
504-523. * ° province of the order of Clunv: 


Engl. Hist. Rev., NNNVIIT, 1923, 
I. 2520 — Haxouer K., Doctt- 481-493. 


cio Uri 


IV. BASSO MEDIO EVO. 


rela lati iO OLI 
l'A. aveva da tempo tenuto nell'ombra; ma dopo che altri, per es. 
il P. Foti ne aveva fatto menzione nella « Scuola Cattolica» (1924, 
p. 179), ritiene di dover uscire dal riserbo, ed espostolo stato attuale 
della questione, passa a discorrere della autenticità della bolla e 
la illustra, facendone la storia, mettendo in evidenza lo stile della 
Curia Romana e istituendo raffronti con altri documenti conformi (I 
2523). — Il Puig y Puig ricostruisce l’itinerario dell’antipapa BENXE- 
DETTO XIII (Pietro de Luna) da Perpignano a Tarragona dal 10 lu- 
glio 1409 al 25 luglio 1410, pubblicando dieci privilegi o indulgenze 
dal medesimo accordati a chiese o a comunità religiose visitate du- 
rante quel suo viaggio (I 2524). — Recensendo il lavoro dello stesso 
Puig y Puig, Pedro de Luna, ultimo papa de Avinion, la Civiltà Cat- 
tolica lo integra largamente pubblicando numerosi documenti, però 
senza utilizzarli per la trattazione dell'argomento stesso: tuttavia 
la figura dell’antipapa non esce da quelli riabilitata; lumeggiata 
sopratutto è la resistenza di Benedetto XIII ai Concili di Pisa e 
di Costanza, come il tentativo di trasformare la questione delle sue 
pretese al papato in una questione di amor proprio e di onore nazio- 
nale per i Catalani; dai documenti risultano pure la simulazione 
dell'avvelenamento e appare precisata la data della morte di lu, 
come avvenuta il 3 giugno 1423, morte tenuta per alcun tempo 
celata dai cardinali a lui favorevoli, per impadronirsi del tesoro 
lasciato dal defunto (I 2525). — La posizione assunta dall’antipapa 
GIOVANNI XXIII a riguardo del Concilio di Costanza è lumeggiata 
dal Finke (I 2526). — Di Filippo il Buono di Valois e GrEGORIO NII, 
papa legittimo, tratta il Neélis (I 2527). — Il Goeller si occupa dei 
cubiculari pontifici dal sec. NII al XV e in appendice pubblica le 
norme, secondo le quali nel 1409 erano regolate le mansiuni dei cu- 
biculari, le formule della loro receftio al tempo di Giovanni NXIII 
antipapa e di Martino V e il giuramento, che dovevano prestare 


I. 2523 — Puig DE La Betta-  cumenti: Civ. Catt., LANIV, 1023, 
cASA ]J., La bula « Sacrae reli- 233-240, 332-344. 
gionis » de Bonifacio IN: Est. RE, 
Ecc., (Madrid), Iv, 1925, 13. I. 2526 — FIxKE H., Zur Cha- 
rakteristik des Hauptankldagers Jo- 
I. 2524 — Puig v Puig SEeB., Alamnis NAZII aut dem Kostan- 
Itinerario del papa Luna de Per-. zer Kownzil: Miscell. Ehrle, III, 
pignano a larragona, 10 de Julio 157-103. 
siae ei FIOGRIGERIETUNO. — iper Reale H., Philippe 
le Bon et le pape romain Grésornre 
I. 2525 — Pedro de Luna (Be- XII (11 oct. 1412): Rev. Bén,, 
nedetto XIII) secondo nuovi do- Ph. H., IL, 1923, 95-08. 


— 3,549 — 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2528-2533 


(I 252N). — Una bolla di Martixno V in favore di un antico convento 
francescano dell'osservanza presso Lanciano fa conoscere e pubblica 
il P. D'Agostino (I 2529). — Il Quera ferma la sua attenzione sul 
decreto papale Exw/tate Deo, che consacrava il 22 novembre 1439 
l'unione degli Armeni con la Chiesa Romana, decreto sollecitato 
da una commissione di armeni, venuta al papa in Firenze, dove si 
era radunato il noto concilio e si era operata un’effimera unione 
tra la Chiesa Greca e la Chiesa Latina (I 2530). — Il Martorell fa cono- 
scere l’inventario della biblioteca lasciata da Cartisto III, tipico 
rappresentante in pieno Umanesimo della tradizione canonistica 
medioevale; « una sola impresa lo incita — dice l'A. — la crociata 
contro 1 Turchi, una sola disciplina lo interessa, il diritto », nel quale 
era competentissimo. Poche biblioteche del tempo possono gareg- 
giare con quella di Alfonso Borgia rispetto ai libri di diritto. In ap- 
pendice sono pubblicati il catalogo dei libri posseduti dal papa e 
un breve indice dei manoscritti dello stesso (12531). — In questo 
più che succinto bollettino non si può adeguatamente parlare delle 
nuove edizioni, che in questi ultimi tre anni si sono fatte di varie 
parti della storia dei Papi del Pastor: i nuovi volumi migliorano no- 
tevolmente il pregio dell’opera per documentazione, per ricchezza 
di bibliografia, per esposizione (I 2532). — Dell'architetto Baccio 
Pontelli fiorentino, che fu ai servigî di papa Sisto IV e che collaborò 
a parecchie illustri opere edilizie promosse dal papa, discorre il La- 
vagnino (I 2533). — Il Pacifici pubblica il carme biografico di Sisto 
IV in versi esametri e in due libri, dal titolo Lucubratiunculae T1- 
burtinae. Il panegirico fu composto da un anonimo protonotario 
in Roma intorno al 1477 per controbattere le denigrazioni della 


I. 2531 — MARTORELL FRANC, 
Un'inventario della Biblioteca di 
Callisto III: Miscell. Ehrle, 160- 


I. 2528 — GOELLER E., Die Ku- 
bikuldire im Dienste der pipstli- 
chen Hofverwaltung von 12 bis 


15 Jahrh.: Festg. Kehr., 622-647. 


I. 2529 — D'Agostino Hyvac,, 
Bulla papae Martini V pro quo- 
damn antiquo conventu fratrum mi- 
morum Obserivantiae prope Anxa- 
nun (Lanciano) in pago Frisiae 
(Frisa): Arch. Fr. Hist., NVI, 1923, 
257-200. 


I. 2530 — QUERA M., E/ decreto 
de Iugenio IV para los Armenios 
v el Sacrament del Ordeni: Est. 
Ecc., Madrid, Iv, 15 aprile, 15 
luglio, 1925 nn. 14-15. 


19I. 


I. 2532 — Pastor v. L., Ge- 
schichte der Pipste seit dem Aus- 
gang des Maltelalters, vol. 11, 2, 
in 89, LXX, 658; xVII-659, Fri- 
bourg in Br., 1924. — uf. s., vol. 
1, in 89, LX, 388, Fribourg H. 
10925. — ut. s., vol. 11, 8° e 9° ed 
riv. Fribourg, 1925-20. i 

I. 2533 — Lavacsxixo E., L’'ar- 


chitetto di Sisto IV (Baccio Pun- 
telli fiorentino): L’Archig., XXVII, 


10924, 4-13. 


le BS 


I. 2534-2541 


memoria del pontefice scritte dall’Infessura; forse l’A. del carme è 
Angelo Mancini Lupi, divenuto poi vescovo di Tivoli e morto nel 
1485 (I 2534). — Delle concessioni di indulgenze alla Chiesa tedesca 
durante il pontificato di Sisto IV tratta il Goeller (I 2535). — Nuovo e 
copioso materiale documentario per la storia di papa ALESSANDRO 
VI e del suo tempo raccoglie e pubblica il De Roo (I 2536). — Il 
Mohler con più larga ricerca di fonti ricostruisce la figura e la atti- 
vità di quell'eminente prelato che fu il Bessarione; fa conoscere 
e pubblica gli originali greci di parecchi scritti di lui, sinora cono- 
sciuti solo attraverso le traduzioni; degno di nota che il M. nega al 
Bessarione la paternità degli Acta Graeca del Concilio di Firenze; 
col Fròhmann li attribuisce a Doroteo di Mitilene (I 2537). — Interes- 
santi risultati delle sue ricerche trai documenti finanziari dell'Archivio 
papale dei tempi della rinascenza presenta il Goeller (I 2538). — Il 
Lauschert ripubblica il trattato sul primato della S. Sede, composto 
nel 1521 dal cardinale Tommaso De Vio in risposta alla 13 tesì contro 
il primato stesso sostenuta da Lutero contro Eck; segue l’ edizione 
dell'operetta sulla scorta dell'edizione romana del 1521 (I 2539). 


V. Età moderna. — Delle statue dei papi LEONE X, Paolo 
III, Paolo IV, Gregorio XIII, Sisto V, Urbano VIII, Innocenzo 
X e Clemente XII, conservate nel palazzo Capitolino fa un’artistica 


rassegna lo Steinmann (I 2540). — Di buftoni, parassiti e cortigiani 
alla corte di Leone X tratta il Cesareo (12541). — Il Goeller esamina 


a qual grado fosse giunta la venalità degli uftici nella Curia Romana 


I. 2534 — Pacirici Vixnc., Un I. 2538 — GOELLER E., L'uter- 
carme biografico di Sisto IV del suchungen iiber das Inventar des 
1477, in 8°, xiv-71, Tivoli 1924. Financzarchivs der Renaissance- 

pdpste (1447-1521): Miscell. Ehrle., 

I. 2535 — GOELLER E., Deut- V. 227-272. 


sche Kirchenablisse unter Papts 1. 2539 — Triomas DE Vio Cale- 
Sixtus IV: Rom. Quart., XXXI, taNus O. Pr., De divina insti- 
1923, 55-70. tutione Pontificatus Romani, edidit 
I. 2536 — DE Roo P., Material F. Lauschert: Corpus VAFRONco: 
for a historv of pope Alexander at, fasc 10, ia he: xl, Io 
. . si Niba Miinster Ashendorft 1025. 
VI, his velative and his life, vol. n 
5, in 8°, Bruges Desclée 1924. I. 2540 — STEINMANN E., Die 
Statuen der Pipste auf dem Capitol: 
I. 2537 — MoxÙier L., Kard.  NMiscell. Ehrle, II, 480-503. 
Bessarion als Theologe, Humanist I. 2541 — Cesareo G. A., Buf- 
und Stattsmann: Q. u. F. Gòrres-  joni, parassiti e cortigiani alla 
ges., 20, in 8°, viti-432, Pader- corte di Leone N: N. Riv. St., VII, 
born Schòning 1023. 1023, 73-30. 


ig 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2542-2546 


. e illustra le misure prese da papa ADRIANO VI, per torre in materia 
i più gravi abusi, (I 2542). — Il De Recalde si occupa di un breve 
segreto di Clemente VII (I 2543). — Il Capasso sulla scorta di un ma- 
teriale ricchissimo rintracciato negli Archivi Farnesiani di Parma e 
di Napoli, negli Archivi del Vaticano, di Simancas, di Madrid, di 
Parigi, di Bruxelles, di Vienna ricostruisce largamente la storia del 
puntificato di papa Paoto III, e con questo illustra le lotte tra Carlo 
V e Francesco I, le vicende della lega cristiana del 1538, del Concilio 
di Trento, avvenimenti nei quali si consumarono le sollecitudini 
e l’attività del grande pontefice (I 2544). — Più che di papa PaoLO 
IV Carafa, come parebbe dal titolo del lavoro, Gennaro Monti si 
occupa del Carafa quale vescovo di Chieti e cardinale; quanto qui 
viene messo in rilievo, annuncia nel futuro papa il rappresentante 
della tendenza rigida nell’incipiente generale riforma della Chiesa; 
come tale il Carafa fu uno dei consiglieri più ascoltati di Paolo III; 
tenace e vivace fu la sua attività contro la diffusione dell’eresia, 
in ciò aiutato dall'amico Matteo Giberti, vescovo di Verona; interes- 
santi le relazioni del Carafa con la sorella Maria, fondatrice del mo- 
nastero della Sapienza in Napoli. Una parte del lavoro è dedica- 
ta al Carafa papa, per esempio alla guerra di lui contro gli Spa- 
gnuoli. Il M. ripubblica il Memoriale del 1530 contro gli eretici, 
caratteristico documento della controriforma e dell’animo del Ca- 
rafa; a costui l’A. vorrebbe attribuire il Consilium de emendanda 
Ecclesia (1537), ma la dimostrazione non appare in tutto ben fondata 
(I 2645). — Del palazzo di Pio IV sulla via Flaminia si occupa U. Jan- 
dolo (I 2546). — Combes de Patris studia la figura e l’attività di Gu- 
gliclmo de Patris, abbate de la Grasse, (antica abbazia dell'ordine 
benedettino del Narbonese), grande vicario del conte d’Armagnac 
nel contado Venessino. L’abbate agli occhi della curia romana avreb- 
- be avuto il torto di aver, contrariamente alle istruzioni ricevute, 
cercato di far estendere ai sudditi dissidenti avignonesi le libertà, 


I. 2542 — GoELLER M., Hadrian 
VI und der AHAemterkauf an der 
papstlichen Kurie: Miscell. FinFe. 

I. 2543 — RECALDE (DE) J., Au- 
tour d'un bref secret de Clement 
VII, in 129, 123, Paris, Libr. 
Mod. 10924. 

I. 2544 — Capasso C., Paolo III 
(1534-1540), vol. due: I in 8° 
hoy; Il in 89, 732, Messina, Princi- 
pato 1925. 


I. 2545 — MontI GENNARO M,., 
Ricerche su Papa Paolo IV Ca- 
rafa (con 108 documenti inediti), 
in 89, 358. Benevento, tip. Cooper. 
1925 (cfr. Arch. Soc. St. Sann., 
I-II, 1923-25. 


I. 2546 — Jaxpoto U., // pa- 
lazzo di Pio IV sulla via Flaminia, 
in 8°, 49, con illustrazioni, Roma, 
Bestetti, 1023. 


OS2 -— 


V. ETÀ MODERNA. I 2547-2551 


che erano state concesse altrove agli eretici, di essersi fatto mediato - 
re poco equanime nella lotta tra cattolici e ugonotti nello stato pa 
pale di Francia con pregiudizio dei primi, di aver ceduto infine 
Avignone al re di Navarra; per questa e per altre colpe, divenuto 
sospetto e inviso, sarebbe stato fatto sopprimere dal generale Gri- 
maldi con l'approvazione di papa GREGORIO XIII (I 2547). — Di 
studi e pubblicazioni canonistiche fatti durante il pontificato e 
sotto l'influenza di GreEGoRIO NIII specialmente intorno al de- 
creto di Graziano, tratta Carlo Schellhass (I 2548). — Una breve 
biografia di Sisto V ha pubblicato P. Sparacio (I 2549). — La neces- 
sità di costituire un antemurale alle sette dissidenti, di restaurare 
quanto non era del tutto perduto e insieme di invigilare sul movi- 
mento politico e religioso dei pacsi vicini determinò la Santa Sede 
alla fondazione della nunziatura di Fiandra, la quale fu affidata 
ad Ottavio Mirto Frangipani. La giurisdizione del nunzio si esten- 
deva di nome a tutti i Paesi Bassi e all'antica contea di Borgogna, 
ma in realtà comprendeva anche la Gran Brettagna. Questo si ap- 
prende dall’'introduzione alla pubblicazione della corrispondenza del 
nunzio curata dal Van der Essen; segue la biografia del nunzio, 
illustrata tra l’altro anche da uno scritto contemporaneo, pure 
pubblicato con altri documenti, dovuto al segretario del nunzio 
Enrico Stravio (I 2550). — Delle relazioni tra la Francia e la Santa 
Sede durante le guerre di religione tratta ampiamente il Rocquain, 
v. rec. Riv. Hist. Eccl. gennaio 920, p. 142 (I 2551). — Il Leman oftre 
un riassunto della prima parte del suo lavoro, di prossima pubbli- 
cazione dal titolo: Urbain VIII et la rivalité de la France et de la 
Maison d'Autriche de 1635 da 1641 e precisamente espone il risul- 
tato delle sue ricerche intorno all'opera pacificatrice di Urano VIII 
negli aa. 1634-1636 fra le potenze cattoliche, coinvolte nella guerra 


I. 2547 — ComBis DE PatriIs 
B., Une victime de la diplomattie 
pontificale au XVI si%cle: Guillau- 
me de Patris, abbé de la Grasse 
(1535-1580) d'après des documents 
inédits lirés des Archives du Vati- 
can: Rev. Hist., CXLIXN, 1025,1-32. 


I. 2548 — ScHELLHASS KARL., 
Vissenschaftliche Forschungen un- 
ler Gregor XIII. Fur die neue Aus- 
gabe des  Gratianischen Dekrets: 
Festg. Kehr., 674-600. 


I. 2549 — Sparacio Dom. M,, 


Papa Sisto V, in 169, 194, Perugia, 
tip. COOp. 1923. 


I. 2550 — Van DER Essen L,. 
Correspondence  d'Ottavio Mirto 
Frangipani, premier nonce de Flan- 
dre (1590-1600), 1, Lettres (15906- 
98) et annexes: An. Vat. Belv., 
2% serie: Nonciature de Flandye IL,, 
in 89, LXXXII-452, Bruxelles, Im- 
breght, 1924. i 


I. 2551 — RocQuain F., Za 
France et Rome pendant les guer- 
res de religions, in 89, xXx-554, 
Paris, Champion 1924. 


-- 383 -- 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2552-2557 


iii ini 


dei trent'anni e in special modo per ottenere la convocazione del 
Congresso di Colonia del 22 ottobre 1636, da cui si sperò, ma invano, 
1] ritorno della pace (I 2552). — Il Dubruel passa in rassegna le con- 
gregazioni straordinarie, istituite in occasione del grande dibattito 
con la Chiesa Gallicana al tempo di papa Innocenzo XI: la contro- 
versia era complicata dall’estensione, che dalla corona di Francia 
era stato fatto del diritto di regalia (regale) su tutti i vescovadi, 
diritto che dapprima era limitato ai vescovati di vassallaggio diretto 
della monarchia (I 2553). — Il De Recalde pubblica, illustrandolo, 
l'originale latino, la traduzione francese delle bolle « /mmensa pa- 
storum » e « Ex quo singulari » di BENEDETTO XIV l'una relativa alll’af- 
francamento degli indigeni del Paraguay, l’altra per dirimere il 
vecchio dibattito sui riti cinesi (I 2554). — ll March ci informa che 
la ragione, per la quale Pro VI non si assunse il compito di rista- 
bilire la Compagnia di Gesù, fu perchè nel conclave del 1775, dal 
quale laboriosamente dopo tanti e tanti scrutini uscì eletto papa, 
egli aveva preso l'impegno di non ristabilirli (I 2555). 


VI. Età contemporanea. — Il partito austriaco essendosi 
accordato nel conclave di Venezia del 1800 col partito romano, ne 
uscì eletto con onore papa Pio VII. Con la scorta dei documenti 
la Civilta Cattolica ci illustra ancora altri momenti interessanti 
l’illustre pontificato, come il ripristino dei Gesuiti, le relazioni coi 
potentati esteri, e con Luigi XVIII in modo particolare per la 
restituzione delle opere d’arte prese da Napoleone in Italia, e la 
buona amministrazione interna dello Stato della Chiesa (I 2556). 
— In occasione del primo Centenario della morte del grande Pio 
VII fu pubblicato un interessante numero unico con brevi ma scel- 
ti scritti del Bechini, del Baldiserri, dell’Apollonio, del P. Rinieri, 
del Crispolti, del P. Silva Tarouca, dell’Aurelli, del car. Gasquet, 
del Noberasco, del Lanzoni, del Fornari, di D. Dazzi, del P. Bri- 
carelli (I 2557). — Il Rava fa conoscere un breve di Pio VII del 


I. 2552 — LEMAN Auc., Urbain 
VIII cet les origines du congrès 
de Cologne de 1636: Rev. Hist. 
Eccl., NIN, 1923, 370-383. 


I. 2553 — DUBRUEL M., Les con- 
gregattons des affaires de France 
sous le pape Innocent NI: Rev. 
Hist. Eccl., NXII, 19206, 273-311. 


I. 2554 — RECALDE ]J. (DE), Be- 
noit NIV. Bulles « Immensa pa- 


storum» et «Ex quo singulani, 
in 8°, 128, Paris, Libr. mod., 1925. 

I. 2555 — MarcH M., Pourquoi 
Pie VI n’a-t-il pas voulu retablir 
les Jesuites: Rev. Q. Hist., gen- 
naio 1925. 

I. 2556 — — Pio VII (1800- 
1823): Civ. Catt., LXNIV, 1923, 
280-303, 395-409, 498, 505. 

I. 2557 — Centenario (numero 


Hilton 


V. ETÀ MODERNA. I. 2557-2563 


26 ottobre 1815 ad Antomo Canova, per ringraziarlo del felice esi- 
to della missione affidatagli di ottenere la restituzione delle opere 
d’arte, tolte a Roma dai Francesi (I 2558). — Valendosi di un fascio di 
interessanti lettere del cardinale Rivarola legato a latere in Romagna 
(1824-26), dirette al fratello March. Stefano Rivarola, l’Oxilia riabilita 
alquanto la triste fama creata intorno al legato, lo libera dalla tac- 
cia di perversità che gli fu data; conferma che fu un reazionario 
e nulla più; fu, se mai, piuttosto incline alla moderazione e all'equità 
(I 2559). — Sulla scorta di documenti editi ed inediti contemporanei 
Alzago Novello ricostruisce la storia del conclave, dal quale uscì 
papa Gregorio XVI e pubblica una fedele Relazione inedita dello 
stesso conclave, conservata nella Biblioteca Vaticana, raccolta Bar- 
berini lat. 4662 (I 2560). — Non possiamo che semplicemente 
segnalare i lavori dello Stok sugli Stati Uniti in relazione con papa 
Pio IX, del Tischleder e dello Stutz su papa LEONE XIII come uomo 
di Stato (I 2561-2563). — Il De la Brière, illustrato l’interessamento 
degli ultimi pontefici in favore degli istituti, diretti a stabilire una 
migliore convivenza tra le nazioni, richiamato l’ideale dci catto- 
lici, secondo il quale essi reclamano che la S. Sede abbia la sua 
parte d'azione sull'organizzazione giuridica internazionale cioè sulla 
Società delle Nazioni, passa ad esaminare 1 lavori di questa, i di- 
battiti d’ordine ideale là svoltisi, le questioni più salienti affron- 
tate; esposti ancora i problemi internazionali, d'interesse specifica- 
tamente cattolico, come ad es. il nuovo aspetto della questione 
romana, l'a. viene a queste conclusioni: la Societa delle Nazioni ha 
in sè elementi, che ispirano delle legittime inquietudini, che biso- 
gna sorvegliare e contrastare, ma sarebbe ingiusto non riconoscere 
che essa rende alla causa dei rapporti internazionali dei servizi tan- 


primo) della morte di Pio VII, I. 2561 — Stock L. F., The 

1323, 20 agosto, in 4°, 87, Raven- United States at the courts of 

na, tip. Salesiana, 1923. Pius IX: Cath. Hist. Rev., 28 
ser., II, 1923, IO3-123. 


I. 2558 — Rava Luici, Antonio 


Canova ambasciatore: L'Arch., Bo- I. 2562 — TiscHLEDER P., Die 


logna, XVIII, 1923, 27-43. 


I. 2559 — OxiLia U., Z/ cardi- 
nale Rivarola e l'attentato del 1820: 
Rass. St. Ris., XIII, 1920, 1, 273- 
304. 


I. 2560 — ALzaco NoveLLO 
L., Il conclave di Gregorio AVI: 
Arch. Ven. Trid., vi, 1925, 08- 
114. 


Staatlehre Leon AIII: Eph. Th. 
Lov., in 89, xviI-538, Gladbach, 
Volksverein Verlag, 1925. 


I. 2563 — STUTSU,, Die papst- 
liche Diplomatte unter Leo XIII 
nach den Denkwurdigheiten des 
Kardinals Domenico Ferrata: Abh, 
AR. Berlin., Phil. hist. KI. 1925, 
abh. 3-4 in 4°, 154, Berlin, Gruy- 
ter, 1920. 


— INI —— 


Aevum - Anno I - 25 


SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2564-2568 


gibili. La Società delle Nazioni ha bisogno sopratutto di possedere 
una grande forza morale, di cui in verità difetta. Questa deficienza 
può essere colmata da una collaborazione tra Roma e Ginevra, la 
quale varrà bensì ad accrescere il prestigio del Papato, ma ridon- 
derà assai più a vantaggio della Società delle Nazioni, o, ciò che 
più preme, alla causa della pace, dell'ordine, del diritto delle genti, 
che quella si propone di salvaguardare (I 2564). — Il Bierbaum dis- 
serta pure sull’assetto internazionale e sulle particolari sollecitudini 
in merito degli ultimi pontefici da Pio IX a Pio XI (I 2565). — 
Il Battifol si intrattiene sulla vigente questione del riconoscimento 
del primato della Chiesa romana agitata in scritti del Kattenbusch, 
del Glubokowsky, del Gou, del Pulles (I 2566). — Jean Carrère fa 
rivivere in un suo volume le dure vicende e le glorie del Papato at- 
traverso la storia nci suoi momenti più caratteristici e finisce col 
proporre le difficoltà della questione romana (I 2567). — A cura 
della Sacra Congregazione del Ceremoniale fu pubblicato il Proto- 
collo per il solenne ricevimento dei Sovrani di |Spagna, nella visita 
che le LL. Maestà fecero a Sua Santità Pio XI il 19 novembre 1923 
(I 2568). | 


I. 2564 — DE LA BRIÈRE YvES 
L’organisation internationale du 
monde contemporaine el la papauté 
souveraine, in 8°, 318, Paris, ed. 
Spes 192 4. 


I. 2555 — BIERBAUM M., Paps- 
tum, christliche Staatsordnung t. 
christliche Vòlkerversohnung. Kund- 
cebungen der letzen Pdapste Pius 
IX bis zu Pius NI, in 89, 32, 
Paderborn, Schòning 10925. 


I. 2566 — BATTIFOL P., Catho- 
licisme et Papauté. Les difficultés 
Anglicaines el russes, in 8°, 1206 
Paris, Gabalde 19253. 


I. 2567 — CARRERE ]|J., Le pape, 
in 129, 11-326, Paris, Plon 1924. 


I. 2568 — Visita delle loro 
Maestà il Re e la Regina di Spagna 
a Sua Santità Pio XI, in 4°, 37. 
Roma, tip. Vatic. 10923. 


— 356 — 


RECENSIONI 


C. F. KUMANIECKI. Quo temporis ordine Vergilius singulos Aeneidos 
libros elaboraverit, in Archivum Filologiczne Polskhiej Akademji 
Umiej, Cracovia 1420. 


Il giovane studioso Polacco Kumaniecki ha voluto tentare anch'egli 
la vessata questione del come Virgilio compose l’Eneide, e specialmente 
in che ordine stese i varii libri. Giacché è noto che il nostro poeta nello 
svolgere in versi la materia ordita prima in prosa, non seguì l’ordine di 
essa ma tentò via via quelle parti che meglio rispondessero alla sua ispi- 
razione, riservandosi poi 1] compito di raccordare le varie parti con col- 
mare le lacune e ricucire nel miglior modo possibile brano con brano, sì da 
ridurre all'unità voluta il poema. Ma è pur noto che questo lavoro non 
lo potè finire; e colto da mortale malattia, voleva si desse alle fiamme il 
suo manoscritto; cosa non permessa per fortuna da Augusto, che af- 
tidava a Tucca e Vario l’incarico di pubblicare così com'era l’opera 
virgiliana. E in quest'opera così giunta a noi vi sono evidenti difetti 
e imperfezioni: versi lasciati a mezzo, ripetizioni, sconcordanze di pen- 
sieri e di tradizioni ecc. Era naturale che nascesse nei lettori e inter- 
preti la curiosità di indovinare come fosse il primitivo disegno di com- 
posizione del poema, quali modificazioni avrebbe introdotto Virgilio 
stesso se ne avesse avuto il tempo. Il problema interessò vivamente i 
filologi dell'età nostra, e basta citare i lavori del KrkoLt (vol. Suppl. 
1902 dei falrbiicher Adi Ileckeisen), dell’Heinze (Virgils Epische Teh- 
nik 23 ed. 1025), del GERCKE (Die Entstehung d. Aenets, 1913) per rile- 
vare quanti tentativi sì son fatti per risolvere il problema e con che 
diversi risultati e ipotesi. Va da noi ricordato specialmente il SABBA- 
DINI, benemerito e autorevole studioso del testo virgiliano in note edi- 
zioni critiche ed esegetiche. In uno studio intitolato « Primitivo disegno 
dell’Eneide », frutto di un’analisi minuziosa e paziente di tutto il poe- 
ma, studio riprodotto ancora da lui in testa alla sua ultima edizione 
Leoscheriana, egli ha espresso l'ipotesi che in una prima redazione del 
poema il racconto del terzo libro fosse non messo in bocca ad Enea, 
come continuazione del racconto contenuto nel secondo, ma esposto 
dal poeta stesso; stesura narrativa, com’egli dice, contrapposta alla 
Stesura drammatica preferita poi; e che il V libro, il libro dei giochi 
funebri in Sicilia, seguisse immediatamente, riferendosi al primo sbarco 
in Sicilia e alla morte di Anchise; sicché l'ordine primitivo dei libri 
sarebbe stato III, V. I, IT, IV, VI, VIE-NII. In una nuova redazione 
Virgilio avrebbe ricomposto l’ordine nella maniera pervenuta a noi; 
ed in seguito avrebbe voluto in un terzo modo rimpastare la sua espo- 


— 357 — 


RECENSIONI 


sizione, ma a ciò gli sarebbe mancato il tempo. Quest’ipotesi del Sabba- 
dini a me non sembra da accogliersi; sono troppo scarsi e non conclu- 
sivi gli indizi e gli argomenti sui quali si fonda. Qui non devo entrare 
in particolari; ho voluto ricordare l’ipotesi del Sabbadini per metterla 
poi a confronto con quella dello studioso Polacco, la cui dissertazione qui 
si recensisce. Il Komaniecki adunque ha creduto di aver scoperto alcune 
leggi del comporre virgiliano, e ne argomenta in che ordine i libri sia- 
no stati composti. Le leggi sarebbero questre tre: a) lex contractionis; 
Virgilio sarebbe solito a contrarre in più breve formola cose dette ante- 
cedentemente; bd) lex conglomerationis, aggrupperebbe in nova iunciura 
parole ed espressioni usate prima sparsamente; c) lex comparationis 
ex descriptione pelitae, argomenti di paragoni sarebbero tolti da pre- 
cedenti descrizioni. Quali prove s’adducono di queste tre consuetudini 
che sarebbero state care a Virgilio? Si citano varii luoghi delle opere 
virgiliane dal cui confronto il Kumaniecki crede appariscano all’evi- 
denza le dette leggi. Ad es., poichè nel primo delle Georgiche il poeta 
aveva invocato la protezione celeste e usato l’espressione « Dique Deaeque 
omnes » (I. 21), e a Cesare da doversi presto annoverare fra gli Dei di- 
ceva: Terrarumque velis curam et te maximus orbis Auctorem frugum 
tempestatumque potentem accipiat (I. 26), e conchiudeva più giù: da 
facilem cursum atque audacibus adnue coeptis, appresso quando nel 
terzo dell’Eneide al v. 528 metteva sul labbro di Anchise giunto in vista 
d'Italia la calda gioiosa preghiera: Di maris et terrae tempestatumque 
potentes Ferte viam vento facilem et spirate secundi, il Kumaniecki sen- 
tendo nella seconda frase un'eco della prima: confestim perspicimus, 
dice, his verbis versuum libri I Georgicon seriem brevius retractatam esse. 
Ma non è vero nulla; sono atteggiamenti diversi di invocazioni agli 
Dei, ben diverso è il sentimento che ispira l’una e l’altra preghiera; 
non c’è, se mai, che il fempestatumque potentem, frase consueta e finale 
d’esametro che facilmente ritornava sulle labbra del poeta, senza bi- 
sogno l'una volta di copiare e riprodurre ciò che aveva scritto l’altra. 
Qui davvero non apparisce nessuna lex abbreviatonis seu contractionis. 
E adduce altri esempi, ma nessuno persuasivo. Così dall’ aver Virgilio 
nella parlata di Proteo (quarto delle Georgiche, episodio del pastor 
Aristeo, v. 485 e sgg.) ricordato Orfeo che iam pedem referens casus 
evaseral omnes, e che reddita Eurydice superas veniebai ad auras e nel 
6.° dell'Eneide avendo fatto fare dalla Sibilla l'osservazione che è fa- 
cile la discesa all'inferno, ma che poi revocare gradum, superasque eva- 
dere ad auras, hoc opus hic labor est, ritiene il K. che qui ci sia una voluta 
reminiscenza delle Georgiche, e soggiunge per di più che il veniedat di 
G. IV, 486 fu manifestamente mutato in evadere di En. VI, 128 per via 
dell’evaserat di G. IV, 485. Ma niente affatto; altro è il superas evadere 
ad auras unito con revocare gradum dall’abisso infernale, altro è il superas 
veniebat ad auras di Euridice che seguiva Orfeo; non v'è di simile che 
il superas ad auras frase identica, ma ricorrente sulle labbra a ogni 
bisogno, ed espressione del tutto comune. — Vediamo se è meglio giu- 
stificata la seconda legge detta dall’A. nel suo non classico latino /ex 
conglomerationis. Ecco un esempio da lui addotto. Nel 3.° delle Georg. 
parlando del fosso da praticare per piantar viti o altre piante, dice il 
poeta: ausim vel tenui vitem committere sulco, altior at penitus terrace 
defigitur arbos, aesculus in primis, quae quantum vertice ad auras aethe- 


— 388 — 


RECENSIONI 


rias, tantum radice in tartara tendit. E nel 4.° dell’Eneide descrivendo 
l’inflessibilità di Enea alle preghiere della desolata Didone gli vien fatto 
di paragonarlo a una valida quercia che per soffiar diventi non si sradica, 
anzi haevret scopulis, et quantum vertice ad auras aetherias tantum radice 
in tartara tendit. Là nelle Georgiche dell’ischio seguitava a dire che 
neque flabra neque imbres convellunt, e che immota manet; qui di Enea 
soggiunge che non si smuove dalle voci che hinc et hinc gli giungono 
all'orecchio, ma che la sua mens immota manet, e lacrimae volvuntur 
inanes. Il K. è persuaso che Virgilio scrivendo il mens immota manet 
di Enea ha ante oculos eadem vocabula ad aesculum velata, e che quest’e- 
spressione era voci mens asseruit, ed esclama trionfando: en habemus 
manifestissimum exemplum, quomodo Vergilius sua poemata lucratus 
sit! Eadem enim vocabula alio sensu atque prius usurpata erant cum aliis 
vocibus eas copulans transcripsit. Ma proprio Virg. componendo il 4.9 
dell’En. aveva bisogno di trascrivere l’immota manet dalle sue Geor- 
giche? Ma non è questa la naturale espressione del pensiero? l’infles- 
sibilità qui dello spirito, là il rimanere abbarbicata la pianta nel suo 
suolo per la profondità delle radici, hanno un’espressione identica: 
immota manet, ma tale che si presenta spontanea allo spirito di chi parla 
o scrive. Rimane evidente, tra i due passi, l’identica descrizione d'una 
quercia (anche l’ischio è della famiglia delle quercie) che quantum ver- 
tice ad auras aetherias tantum radice ad tartara tendit, formola, a dir 
così, stereotipa che Virg. ripete, come ha ripetuto tante volte gli stessi 
versi a designare cose comuni o analoghe. Dunque il manifestissimum 
exeniblum d'una lex conglomerationis sfuma manifestissimamente; e 
così gli altri addotti dall'autore polacco. — E la lex comparationis? Ecco 
un esempio, I Troiani che s'affrettavano a scendere da Cartagine alla riva 
per allestire le navi e preparare la partenza di Enea sono dal poeta nel 
4.° (v. 402 e sgg.) paragonati alle formiche quando ingentem farris acer- 
vum populant, hiemis memores, tectoque reponunt, e segue quella bella 
descrizione del nigrum agmen che va su e giù praedamque per herbas 
convectant calle angusto, parte portatrici, parte agmina cogunt casti- 
gantque moras. Ora delle formiche aveva più d'una volta fatto cenno 
nelle Georgiche; (I. 185) parlando della necessità di assodar bene l’aia 
per evitar inconvenienti di topolini, di talpe, ecc., ricorda anche il fat- 
«to che populat ingeniem farris acervum curculio, atque inopi metuens 
formica senectae. E più giù al v. 379, tra le previsioni della prossima 
pioggia ricorda: Saepius et tectis penetralibus extulit ova angustum for- 
mica terens iter, et bibit inges arcus, et e pastu decedens agmine magno 
corvorum increpuit densis exercitus alis. Il K. s’impressiona di questi 
echi di parole, l’angustum iter di G. I. 380 ripetuto in fraedam convectant 
calle angusto di En. IV, 405; il populat ingentem farris acervum di G. 
L. 18; riecheggiato in ingentem formicae farris acervum populant di 
Aen. IV, 402; e l’agmine magno delle G. che però si riferisce ai corvi, 
pare al K. aver suggerito l’agmina di pars agmina cogunt En. IV, 400. 
Ne conchiude: nell’Eneide duos Georgicorum locos brevius retractatos 
esse; e: comparationem ex locutionibus, quae in prioribus Vergilii carmi- 
nibus occurruni, contaminatam esse; e ancora: eandem his esse observa- 
tam legem...: AGMINIS notionem quae G. I. 381 cum corvorum notione 
coniuncta erat hic ad formicas a Vergilio translatam esse. Ora qui si con- 
fonde evidentemente come copiato e trascritto quello che è espressione 


— 359 — 


RECENSIONI 


spontanea e ovvia, come l’agmen detto d’una schiera d’esseri vivi in 
marcia, l’angustum iter della stretta linea percorsa dalle formiche, ecc.; 
ed il paragone nell’Eneide non è niente affatto ricavato dalle allusioni 
ripetute delle Georgiche, bensì pensato e cesellato apposta per descri- 
vere con più evidenza l’andar e venire dei Troiani affaccendati nei pre- 
parativi della partenza. Viene in mente una volta al K. il rischio di 
vanas unibras sectari (p. 9), ma si persuade con esempi accumulati di 
avere scorto la verità. Purtroppo gli esempi hanno tutti lo stesso valore 
(En. v. 137: exsultantia haurit corda pavor pulsans, laudumque arrecta 
cupido, paragonato con G. III, 105, spes arrectae iuvenum exsultantiaque 
haurit corda pavor pulsans, qui è una vera ripetizione, e con 112: tan- 
tus amor laudum; En. IV, 69 Didone paragonata a cerva colpita di 
saetta che corre via e si/vas saltusque peragrat, delle api G. IV, 53, aveva 
detto lo stesso: il/ae continuo saltus silvasque peragrant; è ripetizion di 
frase in final d’esametro, certo spontanea e ovvia, ecc. ecc.). 

Son dunque vane ombre le supposte leggi che il K. ha creduto 
stabilire co' suoi confronti virgiliani. Ed essendosi poi basato su questi 
presupposti per indovinare l’ordine di composizione dei libri dell’ Eneide, 
ognun vede come tutto deve essere messo in quarantena. Pur vediamo i 
ragionamenti del K. Egli si è persuaso che il libro NI sia stato il primo 
di tutti a essere steso dal poeta. Come? proprio il penultimo libro, il 
libro della tregua chiesta dai Latini ad Enea per seppellire i cadaveri, 
del corteo funebre di Pallante, del nuovo urto delle schiere nemiche, 
e delle eroiche gesta e della morte di Camilla, proprio questo libro avrebbe 
dovuto essere steso per il primo, cioè avanti il racconto della caduta di 
Troia, e delle vicende di Enea, e dell'incontro con Didone, ecc.? Ecco 
la ragione per cui il K. si è indotto alla sua affermazione. A. III, 558, 
iniziando il racconto dell’aneddoto di Achemenide che si presenta nella 
terra dei ciclopi ai Troiani e n'è salvato, scrive Virgilio: 


Postera tamque dies primo surgebat Eoo 
Humentemque Aurora polo dimoiverat umbram. 


Nell’XI a principio sì legge la descrizione famosa: 
Oceanum interea surgens Aurora reliquit. 
Adeneas, quamquam et socits dare tempus humandis 


Prazcipitant curae, turbataque funere mens est, 
Vota Deum primo victor solvebat Eoo. 


E poco più giù, al v. 210 si legge: 
Tertia lux gelidam caelo dimoverat umbram. 


Evidentemente, esclama il K., la descrizione del III è un riassunto 
secondo la /ex contractionis di quella dell'NI (HIT, 589 tolto da NI, 
210, e III, 588 modellato su NI, 4; il III 580 ripetuto poi tal quale a 
IV 7: postera Piioebea lustrabat lampade terras humentemque Aurora polo 
dimoverat umbram); dunque NI è stato scritto prima del IH e del 
IV. Ma proprio un cenno analogo della descritta aurora, luogo comune 
che può essere stato lavorato a parte, autorizza una conclusione rela- 
tiva a tutto un libro? Non esiste nè il fatto della contractio, nè i gio- 
chetti di scambi di parole che il K. sogna, né alcun indizio sulla prio- 
rità di un libro sull'altro. Analogamente a. dimostrare la priorità del 
quarto libro rispetto al primo, it K. confronta la descrizione di Dido- 


ng a 


RECENSIONI 


ne che nel I. 496 si avanza verso il tempio magna stipante caterva, 
paragonabile a Diana cacciatrice circondata dalle Oreadi, incedente 
maestosa colla faretra sulle spalle, colla descrizione della stessa Didone 
nel IV, 136 che pure frogreditur magna stipante caterva con una faretra 
d'oro pronta per la caccia, a cui s'aggiungono subito i Phrvgit comites 
e il /aetus Iulus ed Enea ante alios pulcherrimus paragonabile ad A pol- 
lo quando visita con numeroso corteo la nativa Delo. Per il K. in pro- 
patulo iacet (!!) che la narrazione del 1.9 libro è derivata e contratta 
dal IV°, donde son ricavate anche le parole incessit = incedunt, pul- 
cherrimus = pulcherrima; e il paragone di Enea con Apollo ha suggerito 
quello di Didone con Diana; a I, 498 si menzionano i 2uga Cynthi (mon- 
te dell’isola di Deto), ciò da IV 147 dove Apollo iugis Cynthi graditur. 
Ma qui se analogia v'è, evidente, tra i due luoghi, ma nessuna ragione 
di preporre in ordine di tempo il IV© libro al I°. Così è tutto incerto 
quel che il K. atferma. Egli suppone, in genere quest'ordine di composi- 
zione: NI, III, IV, I-IT, VIE X, VI, IX, VIII, V, XII. Si osservi come 
qui il Vo che per il Kroll (Vol. supp. 1900 dei Jalrb. f. cl. Phil.) e per 
il Sabbadini (prefaz. all’ediz. 1923 p. XII) sarebbe stato il primo di 
tutti, sarebbe invece più che tardivo, il penultimo. Le ragioni sono 
le solite. Nel Vo Enea dopochè l'ombra d'Anchise apparsagli s'era 
svanita, cinerem et sopitos suscital ignis Pergameunique larem et canae 
penetralia Vestae Farre pio et plena supplex veneratur acerra; ciò ricorde- 
rebbe e deriverebbe dalle parole di Ascanio a Niso nel IN (258): per- 
magnos, Nise, Penates, Assaracique larem et canae penetralia Vestae 
obtestor, e da quel che nell'VIII (542) dicesi di Enea che nella reggia di 
Evandro, primum Herculeis sopitas ignibus aras excitat hesternumque 
Larem pervosque Penates laetus adit. Per il K. l’espressione sofitos su- 
scitat tanis del Vo accorcia l’altra sofitas aras Herculeis ignibus excitat 
dell'VIII, e il canae penetralia Vestae dal IXN° è stato travasato pari 
pari nel V°; dunque il V°, dice, è stato scritto dopo it IX e l’VIIl. Ancora 
Turno è descritto alla fine del nono in gran fatica di battaglia, pieno 
lo scudo di colpi e di infitte saette, tutto sudore e scosse le membra 
da un aeger anhelitus. La descrizione ha dei riscontri nella pittura che 
di Aiace fa Omero (II, 102 e sgg.). Ma poichè nel Vo 198 i compagni di 
Muesteo in una regata certamine summo procumbunt, e: vastis tremitt 
ictibus aerea puppis, tum creber anhelitus artus aridaque ora quatit, su- 
dor flIuit undique rivis, il K. trova argomento di dir le ultime pennellate. 
derivazione e contrazione delle prime, e di confermare quindi la poste- 
riorità del V© libro rispetto al IX e all'VIII. No, non siamo persuasi per 
niente affatto delle derivazioni qui proclamate, e però nessuna posterio- 
rità o priorità ci è dato consentire. Con quanta maggior finezza ragio- 
nava il Sabbadini per dichiarare, il canto V°, come racconto del primo 
e unico sbarco in Sicilia, doversi supporre composto subito dopo il IHT°, 
o la narrazione degli errores di Enea dei quali sarebbe il seguito im- 
mediato. Pure anche gli indizi e le ragioni del Sabbadini ci lasciano 
incerti. Sembra a lui che i giochi funebri istituiti da Enea in onor del 
padre al nono giorno (s: nona Aurora almum diem mortalibus extulenit, 
V, 64) ricordando i /udi novendiales e il banchetto funebre o sacrifici 
iovendiale soliti celebrarsi all'ottavo giorno dopo la morte, siano una spia 
dell'essere stata la cosa pensata in origine dal poeta subito dopo la mor- 
te d’Anchise, e non al ritorno in Sicilia dopo le vicende di Cartagine. 


— 301 — 


RECENSIONI 


Poì quei Siciliani che accorrono in folla ai giochi e /eto complebant li- 
tora cetu, visuri Aeneadas (v. 108) paiono ai Sabbadini indizio che i 
Troiani fossero nuovi ancora a quegli spettatori, perciò si tratterebbe del 
primo sbarco in Sicilia. Ciò non ha fondamento di probabilità; non sareb- 
bero accorsi anche al secondo sbarco per vedere quei forti Eneadi nelle 
loro solenni gare di forza e di destrezza? Apcora: dopo l’incendio delle navi 
Enea è detto nel V° (v. 700) che tutto angustiato e preoccupato stava per- 
sino incerto Siculisne resideret arvis, oblitus fatorum, Italasne capesseret 
oras. Al Sabbadini ciò sembra impossibile qualora il IV®© libro fosse 
stato composto prima, dove così chiaramente è espressa l’intenzione di 
Enea di seguire il volere dei fati viaggiando alla volta dell’Italia. Ma 
quanto è invece fine e poetica l’incertezza attribuita ad Enea dal poeta, 
il quale sapeva bene che di fronte ai contrasti e alle disgrazie anche 
l’uomo più risoluto ha le sue incertezze e oscillazioni d'anima! Infine 
dopo i funebri giochi si racconta che l’intervento di Giunone venne a 
turbare gli animi col suggerire alle donne l’incendio delle navi; questo 
brano è introdotto col v. 604: hic primum Fortuna fidem mutata nova- 
vit. Il Sabbadini sente nella solennità di tal verso che con esso viene in- 
trodotto per la prima volta nell’azione l’intervento ostile di Giunone; 
il che non sarebbe giusto se avesse preceduto il I° libro dove Giunone 
interviene sì tumultuosamente ai danni di Enea. Io non sento questo 
senso così pregnante nel v. 604; esso mi dice cho dopo tante funebri 
celebrazioni riuscite con soddisfazione di tutti, interviene un fatto tri- 
ste per suggerimento della solita Giunone, cioè la decisione delle donne 
di dar fuoco alle navi. Così com'è il libro V° a me pare stia molto bene 
dopo il IV° a celebrare l'anniversario della morte di Anchise e la mossa 
definitiva verso l’Italia. Il Sabbadini a restituire il Vo libro secondo il 
supposto primitivo disegno, non solo gli toglie il prologo (vv. -1-34) e 
l'epilogo (827-871), ma suppone varie altre cose: a) che non ci fosse il 
brano 286-361 relativo alle corse nel circo, e ciò perchè il circo già men- 
zionato al v. 108 poi sì descrive con maggiori particolari al 287-290; 
ragione che a me persuade precisamente il contrario, perchè appunto 
le corse sono presupposte dalla menzione fatta già prima del circo ove 
esse hanno luogo. 6) Per il Sabbadini non v’era nella prima stesura nep- 
pure il /udus Trotae 545-602 perchè non è menzionato nel programma 
dei giochi 66-70; ma riconosce lui stesso che si doveva trattare di una 
sorpresa (v. 547 fidam fatur ad aurem), ed è del tutto arbitrario il dire 
che questo fu appunto l’artificio immaginato dal poeta per operare 
l’incastro. c) Altre aggiunte suppone il Sabbadini fatte al libro che era 
II° e doveva poi diventar V°, e ciò per legarne il racconto colla fine del 
IV® e connettere poi con quello del VI°, Come esempio egli cita l’appa- 
rizione dell'ombra del padre (vv. 721-745) per giustificare la partenza 
verso Cuma dalla Sicilia e non da Cartagine come doveva essere prima. 
E un’altra allusione a Cuma sarebbe stata innestata nel discorso di 
Nettuno in risposta a Venere, là dove (v. 813-15) dice: nunc quoque 
mens eadem perstat mihi... tutus quos optas portus accedet Averni; dove 
è strano il quos optas perchè Venere nella sua preghiera a Nettuno non 
aveva parlato dei poeti cumani, ma solo aveva chiesto: liceat  Lau- 
rentem attingere Thvbrim (797). Già Servio aveva detto si dovesse vir- 
golare così: Tutus quos optas portus accedet, unendo poi Averni col se- 
guente gurgite. Quest'osservazione di Servio toglie probabilità all'idea 


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RECENSIONI 


di un innesto non conforme al complesso delle idee esposte. Insomma 
sì ha qui nel Sabbadini un gruppo di osservazioni fini, se non del tutto 
persuasive: e se proprio il V°© libro ha da ritenersi uno dei primi, ecco 
cade la ricostruzione del Kumaniecki che lo pone fra gli ultimi. 

A raccor tutto e conchiudere, è estremamente difficile il ricostrui- 
re in qual ordine sono stati stesi via via da Virgilio i libri dell’Eneide, 
e le ipotesi fatte finora lasciano scettici. Riconosciamo tutti che vi sono 
delle imperfezioni, dei disaccordi, delle ripetizioni (molte volte sono 
interpolazioni da escludere dal testo), delle evidenti distrazioni come ne 
troviamo anche nei nostri poeti epici ed eroicomici, ma il volere arguirne 
dati precisi di primitivi disegni e di correzioni introdotte poi, e peggio 
il voler indovinare come il poeta avrebbe corretto lui se fosse vissuto, 
è tentativo inutile, secondo me anche irriverente e dannoso alla sicura 
intelligenza del testo com'è a noi giunto. 

FELICE RAMORINO. 


SoFIia DoLENZ. Le commedie latine di Suor Rosvita. Prima traduzione 
italiana con un Proemio. Libreria Editrice Esquilina, Roma, 1926, 
(Collezione: coltura Medievale, n. 1). 


Salutiamo con una vera soddisfazione questo primo fascicolo d'una 
collezione di cose medievali. L’Italia finora ha lavorato assai scarsamente 
in questo campo: pure la letteratura medievale è così ricca di pregevoli 
opere che non merita l’oblio in cui è stata tenuta finora, anche nell'inse- 
gnamento ufficiale. Il merito di questa iniziativa è dovuto a uno dei pochi 
che si son dedicati a questi studi, il prof. Ermini di Roma, di cui son noti 
molti pregevoli lavori, tra gli altri quel Saggio su poeti epici latini del X 
secolo che vide la luce nel 1920 (Istituto Calogerà, Roma). Il primo fra 
ì poeti epici qui ricordati e illustrati è appunto quella Hrotsvit o Ro- 
svita, monaca di Gandersheim (ducato di Brunswick, diocesi di Hilde- 
sheim) vissuta dal 935 circa sin verso la fine del secolo X; autrice di 
otto poemetti agiografici, di sei commedie a imitazione di Terenzio, e di 
due poemi in esametro, i (resta Othonis e ì Primordia coenobit Gander- 
shemensis. Il primo a pubblicare questi lavori era stato l’umanista Cor- 
rado Celtes (Protucius. ted. Meissel), che ne scoperse il manoscritto 
archetipo nel convento di S. Emmerano a Ratisbona (ora a Monaco), 
e ne curò l'edizione nel 1501. Poi molti altrì attesero a questa cura (la 
Patrologia del Migne 1853, riproduce l'ediz. settecentesca del Schurz- 
fleisch e in parte quella del Pertz nel IV° tomo dei Monmumenta Germaniae 
historica); ultimamente il Winterfe/d pubblicò le cose di Rosvita presso il 
Weidmann di Berlino (1902), e lo Strecker riprodusse nella Teubneriana 87- 
blioteca Scriptorum medii avi (1900). L’Ermini nel suo volume non riportò 
che alcuni brani dei poemetti agiografici. Ora la Dolenz pubblica tradotte 
le sei commedie, premessa una accurata notizia sui codici e le edizioni, 
e uno studio assai ben fatto sul tempo degli Ottoni, sul rifiorire della 
coltura letteraria nei conventi d'allora, specie in quello di Gandersheim, 
e sulla figura della poetessa. Dei drammi, avanti la traduzione, dà una 
minuziosa analisi, rilevandone i pregi. Anche questi drammi traggono 
l'argomento da ricordi agiogratìici; ad es. il Gallicano sceneggia l’amore 
di questo generale di Costantino per Costanza figlia dell’imperatore, 


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RECENSIONI 


votatasi a verginità, e la conversione finale di Gallicano dopo i suoi 
trionfi guerreschi, per cui rinunziando a Costanza si ritira anche lui a 
vita devota. Così il Du/cizio ci riporta ai tempi di Diocleziano e alla 
persecuzione e martirio delle tre sorelle Agape, Chionia, lrene, colla 
buffa scena di Dulcizio persecutore che volendo godere l'amore delle tre 
fanciulle, improvvisamente impazzito abbraccia e bacia pentole, pa- 
delle e caldaie, insudiciandosi il viso da esserne poi canzonato e deriso. 
L'Abramo sceneggia la caduta d'una Maria, nipote di quest’eremita, 
che dopo due anni di vita meretricia, poi da Abramo stesso fu indotta 
a pentirsi, e fra lagrime e dure penitenze si purificò dalle sue colpe, ecc. 

La traduzione della Dolenz è buona c la stampa ne è anche illustrata 
dasilografieriproducentila scena principale d’ognidramma. Ci auguriamo 
che questo volumetto sia seguito da altri sì che se ne avvantaggi la coltura 
di cose medievali, che ormai in Italia devono prendere il loro posto nella 
serie dei prodotti intellettuali fatti oggetto di attenzione e di studio. 


Milano, novembre 1920 I°. RAMORINO. 


LuiGI PARETI. - Le origini etrusche. 1: le leggende e î dati della scienza. 
Con illustrazioni e tavole fuori testo. Pubblicazioni della R. Uni- 
versità di Firenze; sezione di Filologia e Filosofia, N. S. vol. AI. 
In 8°, di pp. XIl-350. Firenze, R. Bemporad e Figlio editori, 
1920. 


Di rado, io penso, un congresso fu così pieno di significato come quel 
Convegno Nazionale Etrusco che, nella passata primavera, si tenne a 
l'irenze e si continuò poi in alcune delle sedi più famose della civiltà 
etrusca; pieno di significato, perchè non fu quella una delle solite assem- 
blec di studiosi, ricorrente a intervalli fissi, e che si svolgono di frequente 
in un ambiente di scarso interesse; quel congresso rispondeva invece 
a una situazione di fatto veriticatasi, in questi ultimi tempi, in quel campo 
di studi: alla vivace ripresa, cioè, delle ricerche e delle discussioni intorno 
all'origine e allo svolgimento della più antica civiltà degli Etruschi; 
ripresa a cui i recenti scavi del Minto alla Marsiliana d’Albegna e a Po- 
pulonia, e le relative pubblicazioni, dettero uno dei più validi impulsi. 
In codesto convegno, la questione dominante non poteva essere che una, 
quella, cioè, dell'origine e della provenienza degli Etruschi: questione 
viva e assillante, specie da che il De Sanctis, riprendendo e riedificando 
su solide basi l’antica tesi della provenienza europeo-retica degli Etruschi, 
aveva scosso la dittusa apatia con cui si preferiva dai più adagiarsi nella 
comoda e rispettabile tradizione dell'origine lidia, nonostante i bruschi 
risvegli che di quando in quando arrivavano a scuoterla; da quelli, or- 
mai lontani, del Fréret, del Niebuhr, del Mommsen, ai più recenti dello 
Helbig, del Pigorini, del Mever. Durante il convegno, tutti gli argomenti 
pro e contro luna e l’altra teoria furono rimessi in discussione, ripresen- 
tati dai loro fautori nel modo più e'ficace e sotto l'aspetto più seducente, 
Così nelle comunicazioni fatte nelle varie sedute come in speciali pubbli- 
cazioni allora di recentissima data o di imminente edizione (e cito l'£fr- 
ria antica di PiricLE Ducati, e il libro, di cui ora ci occupiamo, di 


— 304 — 


RECENSIONI 


L. PARETI, del quale appunto si iniziava la stampa e il cui contenuto fu, 
nelle sue linee generali, fatto conoscere ai congressisti) (*). 

Ora, io contesso che le discussioni e le letture di quei giorni, il rie- 
same, che m’imposi, di tutta la complessa questione, mi confermarono 
— e, ho ragione di credere, non me solo — in questa convinzione: che gli 
studiosi dei due campi avevano assai più buon giuoco nel confutare la 
tesi avversaria che nel sostenere e dimostrare la propria; più precisa- 
mente, che, se l’insostenibilità della teoria « lidica » rimaneva allora, come 
era prima, facilmente evidente, la tesi « retica »_ non andava, a sua volta, 
immune da obiezioni di notevole gravità. A liberarci da questa specie di 
ingrato e forzato nichilismo viene oggi a proposito l’opera del Pareti. 

La prima parte è destinata all'esame critico delle leggende relative alle 
origini etrusche; le quali sono tre: una indigena, due greche. Gli Etruschi 
consideravano se stessi autoctoni nel paese che abitavano in epoca sto- 
rica, e alla prima età dell’esistenza del loro popolo — cioè, secondo i loro 
calcoli, alla metà, circa, del N sec. — ascrivevano la fondazione anche 
delle città transappenniniche; delle due leggende greche, l'una (Ella- 
nico) identificava gli Etruschi coi Pelasgi, l’altra (Frodoto) li rappresen- 
tava come emigranti venuti dalla Lidia per sfuggire alle conseguenze di 
una lunga e fatale carestia. La genesi e i successivi stadi di sviluppo della 
prima leggenda (presso gli antichi, ma anche presso 1 moderni) sono 
magistralmente analizzate dal Pareti: l’omofonia del nome di Cortona 
con quello di altre città « pelasgiche » indusse anzitutto storici antichi, 
quali Ecateo ed Erodoto, a condurre i Petasgi nel centro dell'Etruria; 
poco dipoi Ellanico, conscio (e, in ciò, a ragione) che non si potevan di- 
stinguere, come aveva fatto Erodoto, gli abitanti di Cortona dal restante 
popolo dell'Etruria, qualificò per Pelasgi tutti quanti i Tirreni d'Italia; 
di conseguenza, la denominazione di « Tirreni » divenne equivalente 
a quella di « Pelasgi », e si potè parlare di Tirreni nella varie regioni del 
mondo greco ove si erano ormai localizzati i Pelasgi; ma particolari 
attinità fra i Pelasgi, cioè Tirreni, d’Italia, e i Pelasgi di Lemno non son 
note agli antichi; ed esse sono piuttosto l’ultimo stadio, quello moderno, 
della leggenda, il quale cerca di dimostrare — contro ogni verosimighan- 
za storica — la derivazione degli Etruschi da Lemno ovvero l'opposta 
migrazione dall'Italia in quell'isola, senza addurre alcun argomento pro- 
bante; chè tali non sono certamente i due testi epigrafici di Lemno, piut- 
tosto affini al tracio e al frigio che non all'etrusco. 

La seconda leggenda, quella erodotea, si svolge intorno ad un motivo 
mitico (la migrazione per mare dei Lidi dall'Asia Minore) che al Beloch 
è sembrato non dissimile dalla leggenda di Enea. Più che avere insistito 
sulla inverosimiglianza e sulla insostenibilità storica di questa tradizione, 
del resto non antica perchè ignota e Ecateo e ad Ellanico non meno che a 
Nanto di Lidia, ignota ai Lidi stessi come agli Etruschi, è merito gran- 
de del Pareti aver mostrato, nel modo più convincente, lo spunto donde 
l'ipotesi erodotea prese le mosse: poichè nessun argomento v'è così 
persuasivo per demolire una leggenda come il riuscire a svelare il segreto 
della sua origine. Né poteva in tutto sodisfare la spiegazione, generalmente 


{*) Sono lieto di poter rimandare il lettore agli Affi del 1° Convegno Nazionale 
Etrusco pubblicati in questi giorni (Firenze 1926), con lodevole sollecitudine, a cura 
del COMITATO PERMANENTE PER L'ETRURIA, in due volumi (pp. 144 @ ISO, tav. 25 
@ 15 tueri testo e una carta geugral.). 


— 399) — 


RECENSIONI 


seguita dal Momsen in poi, che la tradizione, o l’ipotesi erudita, pog- 
giasse su una spiegabile confusione tra il nome di Tirreni degli Etruschi 
Italici e quello di Torrebi, e anche Tirreni (come ottimamente fa vedere il 
Pareti), portato, nell’uso dei Greci, dai Lidi o da una parte di essi: re- 
stava infatti sempre da chiedersi come mai i Greci avessero dato tal 
nome agli Etruschi che, com'è noto, chiamavano se stessi non Tirreni 
ma Rasena. A tale questione, sostanziale per l’analisi della leggenda ero- 
dotea, il P. risponde in modo esauriente. Come avranno i Greci chiamato 
gli Etruschi, quando vennero, in un primo tempo, conessia contatto? 7ur- 
senoi, evidentemente, com'è la forma più antica e genuina del nome, la cui 
etimologiae il cuisignificato ben possiamo spiegare richiamandoci a Tipo 
(lat. turris): i Rasna furono cioè, per i Greci, gli abitanti delle città forti, 
delle acropoliinespugnabili, diculavevanocostellatotuttal’Italiacentrale. 

Mostrati dunquela genesi e gli sviluppi delle tradizioni che correvano 
fra i Greci intorno all’origine degli Etruschi, essendo d’altra parte in- 
concepibile una migrazione marina per un popolo così poco marinaro 
come i Lidi — tanto nel XIII secolo quando nell’VII o nel VII — nè 
potendo l’ipotesi di una migrazione di pochi elementi guerrieri (Mo- 
DESTOW-DUcaTI) spiegare la conquista di un impero esteso a così va- 
sta regione e la totale sostituzione della nuova lingua e della nuova 
coltura a quelle indigene, non più che il crescere dell’antichità e dell’im- 
portanza dei centri abitati dalla costa verso l’interno, non resta altra 
scelta che indicare la via di terra, la via delle alpi, come quella per la 
quale il popolo etrusco penetrò nella Penisola. Io non posso qui che ri- 
mandare il lettore alle magistrali confutazioni, che il Pareti ci ha dato, 
degli argomenti linguistici, religiosi, antropologici, folkloristici, epigra- 
fici, addotti dai vari studiosi in appoggio alla tesi della provenienza egea 
degli Etruschi; e del tutto probante mi sembra, in particolare, quanto 
il P. scrive contro una recente ipotesi del GRENIER, che l’alfabeto etru- 
sco non derivi da quello delle colonie calcidesi della Magna Grecia, ma 
sia un alfabeto arcaico portato direttamente dall’Egeo. lo penso però 
che, su questa parte almeno della questione etrusca, specialmente ora, 
dopo il libro del Pareti, non si dovrebbe più tornare a discutere. 

Veniamo ora all’altro aspetto del problema, il quale costituisce 
appunto la seconda parte della tesi sostenuta e sviluppata dal P.: se gli 
Etruschi non possono essere penetrati in Italia che scendendovi dalle Alpi, 
è possibile riconoscere la via da essi percorsa, indicare l’epoca della loro 
discesa, identificarli con alcuna delle genti che dettero vita ad una delle ci- 
viltà preistoriche o protostoriche dell'Italia che le scoperte archeologiche 
ci hanno rivelato? L'ipotesi del FRERET, diventata teoria col NIEBUHR 
e col MoMMSEN, credè cdi poter rispondere alla prima di queste domande, 
prendendo le mosse dall’apparente legame fra il nome di Rasna e quello 
di Reti e richiamandosi a un luogo di Livio (V 33) ov’è asserita la comune 
origine dei Reti e degli Etruschi; d’altra parte, le ulteriori indagini dei 
moderni hanno rivelato nella toponomastica retica e nelle epigrafi pre- 
romane di quelte vallate un innegabile carattere etrusco; sicchè il DE 
SANCTIS ha potuto, nel primo volume della sua Storia dei Romani, pro- 
cedere alla soluzione degli altri due quesiti, identificando i Reti-Etru- 
schi, che nettamente si distinguono, per lingua e facies di civiltà, dalle 
altre popolazioni italiche indo-europee, coi terramaricoli, rappresen- 
tanti in Italia della civiltà del bronzo. 


— 390 — 


RECENSIONI 


A questa tesi si possono opporre varie obiezioni, anche senza essere 
sostenitori della teoria lidica. 

Si è fatto osservare, cioè, che le epigrafi retiche di carattere etru- 
sco sono tutte posteriori alla metà del III secolo; che Livio, mentre 
considera la colonizzazione etrusca a nord dell'Appennino come posteriore 
a quella a sud della catena stessa, allude ai Reti come a un nucleo di 
Etruschi separati dal grosso della loro stirpe, evidentemente in sonseguen- 
za dell'invasione dei Celti, e inselvatichiti poi nelle impervie valli alpine, 
nelle quali si erano rifugiati; che, infine, ascrivendo agli Etruschi le 
ferramare e quindi la successiva civiltà di Villanova, non sì spiega l’iato 
che ci si presenta, verso la fine del VI secolo, tra questa civiltà e quella 
posteriore («etrusca » nel senso più ristretto, classico della parola), 
della Certosa di Bologna. Orbene, a siffatti argomenti, che pure hanno 
ben altro peso di quelli addotti in difesa della tradizione erodotea, che 
mi hanno fatto a lungo dubitare se nella ricostruzione della verità sul 
problema delle origini etrusche si sia ancora giunti allo stesso grado di 
sicurezza di cui ci sentiamo in possesso nella demolizione delle leggende 
e delle false teorie da esse derivate, a siffatti argomenti, dico, toglie 
oggi gran parte del loro, se posso esprimermi così, preoccupante valore, la 
seconda parte del libro del P. 

L’esame più obbiettivo della tradizione ci presenta i Reti come una 
gente di parlata etrusca, estesa originariamente a tutta la vasta zona 
delle Alpi Settentrionali, ridotta poi via via in regioni più ristrette dalle 
conquiste di altre genti e specie per opera della penettazione celtica; 
d'altro lato, una lunga serie di dati linguistici è lì a mostrarci che gli 
Etruschi, se non furono nè Ariani nè Italici, ebbero però con questi lun- 
ghi e diffusi contatti nella Penisola « sì da impregnare la loro lingua e la 
loro onomastica umana e divina di elementi italici e la lingua e le onoma- 
stiche italiche di elementi etruschi »; dovunque gli Etruschi impianta- 
rono il loro dominio in epoca recente, non riuscirono ad assorbire del tutto 
la preesistente popolazione, la quale invece nella Padana media e nella 
Toscana centrale non lasciò traccia di sè; gli alfabeti etruschi della Pa- 
dana non derivano da quello in uso in Toscana, bensì da un alfabeto 
arcaico, anteriore alla conquista del VI secolo, a cui risalgono già i segni 
dei testi bustrofedici di Bologna, e la grande diversità del linguaggio 
e dell’alfabeto nord-etrusco da quelli di Toscana non potrebbero spie- 
garsi con una rapida e vasta corruttela, inverosimile in un popolo non 
analfabeta, ma sì spiegano invece se « i dialetti nord-etruschi erano non 
discendenti ma paralleli di quello della Toscana, parlati da una pro- 
paggine del popolo etrusco rimasta sulle Alpi, lungo la via seguita dai 
Tirreni venendo in Italia »; un'analisi minuta ed esauriente di tutti i dati 
archeologici c’induce a riconoscere, nelle necropoli dell'Etruria propria- 
mente detta, uno sviluppo evolutivo continuato, senza interruzioni, dal 
periodo villanoviano all’età classica; le affinità che ci si rivelano fra gli E- 
trusco-Villanovianie gli Italici della seconda ondata (gli Italici dì « Pianel- 
lo ») si spiegano agevolmente con l’intlusso culturale da questi ultimi subì- 
to; la civiltà della Certosa del VI secolo, portata dagli Etruschi nella Pada- 
na, è dovuta alla conquista politica che gli Etruschi meridionali operarono, 
in quel lasso di tempo, a danno dei loro stessi consanguinei rimasti ad abi- 
tare la regione fra le Alpi e l'Appennino, non diversa da quella che i Latini 
compierono, nei secoli successivi, a danno dei loro affini di stirpe italica. 


— 307 — 


RECENSIONI 


Questa, per summa fastigia rerum, la vigorosa; metodica, serrata 
dimostrazione del P. A questo volume sappiamo che ne seguiranno, in 
breve volger di tempo, altrì, destinati ad illustrare la discesa dei Proto- 
Etruschi dai laghi alpini alla Toscana, lo sviluppo e la decadenza della 
loro civiltà, il retaggio ch’essa lasciò dietro di sè (**): non so come il 
Pareti vorrà risolvere l'altra, non poco dibattuta questione dell’influsso 
esercitato dagli Etruschi sulla prisca civiltà romana; ma quale che sia 
per essere la risposta che dall’ulteriore svolgimento del suo lavoro re- 
sulterà come la più probabile, noi possiamo aspettarla, con impazienza, 
sì, di studiosi, ma sgombri da ogni ansia « nazionale »: chè tutto quanto 
dovrà riconoscersi piuttosto etrusco che latino nell’origine della gente 
e della potenza di Roma, non sarà per questo meno indigeno, meno e- 
spresso dal suolo della patria, non sarà per questo meno «italiano ». 


GIULIO GIANNELLI. 


Forma Italiae. Reg. I: Latium et Campania. Vol. I. Ager Pomptinus; 
pars I. Anxur-Tarracina descripsit Jos. LUGLI, in 4° pp. XXVII- 
218: 3 carte e numerose illustrazioni, Roma, Danesi, 1926. 


Non è esagerato affermare che accanto al Corpus Vasorinm Anti- 
quorum, apparso da non molti anni nelle sue prime puntate, l’inizio della 
Forma Italiae rappresenta uno dei più importanti e dei più significativi 
avvenimenti della storia attuale degli studi di archeologia. Dopo il 
Corpus inscriptionum infatti nessun'altra collezione di materiali anti- 
chi si propone la raccolta e l'esposizione di una più vasta mole di do- 
cumenti, nessuna richiede una somma più grande di energie e di fa- 
tiche da parte di ricercatori e di studiosi e un più grave dispendio di 
mezzi: nessuna d’altra parte pare più urgente da attuare, non solo 
per l'incremento dei nostri studî, ma anche per la stessa tutela e con- 
servazione di quanto è finora venuto alla luce. 

Cominciamo perciò a compiacerci toto corde che la proposta. pre- 
sentata già dal Lanciani alla Union Académique Internationale a Brux- 
elles nel 1919, che fosse aftidata alla R. Accademia dei Lincei la parte 
italiana della Forma Romani Imperii abbia trovato le più degne acco- 
glienze e soprattutto ci compiacciamo che attraverso l'interessamento 
della Direzione generale per le Belle Arti e per essa dei suoi capi, prima 
Corrado Ricci, e poi Arduino Colasanti, la proposta sia entrata nella 
sua fase esecutiva e abbia trovato nella fondazione (novembre 1923) 
dell'Unione Accademica Nazionale l’Ente morale autonomo più adatto 
per il suo sviluppo e per la sua attuazione. Non sarà poi da dimenti- 
care che l'impresa si è veramente assicurato il suo primo successo in- 
contrando in Giuseppe Lugli l’esccutore più preparato a questo genere 
di studi e disposto a quella gran somma di sacrifici che una pubblica- 
zione di questo genere richiede da chi vi si dedichi col proposito che rie- 
sca degna degli ideali a cuì si aspira. e 

Questo primo fascicolo del I volume ha per noì grande importanza, 


(**) È annunziata una seconda parte del volume, dal titolo: a Z Proto-Etruschi 


dai laghi alpini alla Toscana» ed altre due opere, la prima su L’esemonia e la de- 
cadenza etrusca, Valtra su ZL0ercdità degli Etruschi. 


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RECENSIONI 


anche perchè presenta per la prima volta in atto il metodo che si in- 
tende adottare per tutta la raccolta, permette di osservarne i pregi e 
gli eventuali difetti e di discuterne, come del resto l'autore esplicita- 
mente dichiara di desiderare (col. VI), i criterî ed i mezzi. 

Sarà perciò quanto mai opportuno che gli studiosi si facciano un 
dovere di esprimere liberamente le proprie idee in proposito e presentino, 
ove occorra, eventuali proposte di modificazioni in modo tale che l’au- 
tore di queste prime parti e chi lo segua nella preparazione di altre, ne 
possano tenere quel conto relativo che la loro competenza specifica 
e la realtà pratica sarà loro per suggerire. 

Una questione fondamentale è stata quella che riguarda la divi- 
sione topografica del lavoro: fu fissata quella delle XIV regioni augu- 
stee, che è destinata però a subire modificazioni suggerite da ragioni 
pratiche e contingenti: così già a proposito di questa prima puntata 
si è dovuto confessare (vol. VI, n. 2) che una parte del territorio che 
spetterebbe a Terracina, è stato riservato per ragioni amministrative 
alla carta di Fondi. Penso allora se non sarebbe stato più opportuno 
di rinunciare senz’altro nell'edizione delle carte a divisioni che non 
siano quelle, ormai consacrate dall'uso, dei fogli dell'Istituto Geografico 
Militare, nel modo più rigoroso e più assoluto. Si sarebbe così evitato 
di applicare ai residui preistorici, o dei monumenti repubblicani, o di 
quelli medioevali la divisione Augustea che non ha per essi alcuna ra- 
gione di esistere; inoltre non avrebbero dato motivo di imbarazzo agli 
organizzatori talune oscurità e incertezze che abbiamo intorno ai pre- 
cisi confini di molte regioni Augustce. Si sarebbe infine avuto già a 
priori lo schema ed il piano esatto di tutto il lavoro, senza pericoli di 
mutazioni successive, piano assal semplice che potrebbe essere attuato 
senza un ordine di pubblicazione obbligatorio, ma saltuariamente se- 
condo la maggiore o minore possibilità di procedere luogo per luogo ai 
necessari rilievi. 

E passo ad una seconda osservazione: dichiara il Lugli che la de- 
scrizione delle antichità della Forma Italiae comprende tutti i residui 
delle età preistoriche al medioevo; e la cosa sta, mi pare, assai bene; 
se non che egli aggiunge che nel nuovo Corpus sarà data la prevalenza 
all'elemento romano. Non c'è dubbio che l'A. ha aftermato tali prin- 
cipî, come del resto egli dice (col. II), soprattutto in ossequio al piano 
internazionale della forma Itomani Imperit, su cui peraltro a questo 
proposito molto ci sarebbe da discutere. Nel caso pratico però confesso 
di non intendere che cosa significhi in un inventario, che vorrebbe es- 
sere esauriente, il termine « prevalenza », perchè o l'inventario è com- 
pleto e allora non si può parlare di prevalenza, o non è completo ed allora 
non è quell'inventario di tutte le antichità che il Lugli vuol darci e che 
mi pare egli abbia fatto. Meglio riflettendo, si conclude che altra fu la 
ragione per cui l’A. si indusse a dichiarare prevalente l'elemento ro- 
mano nell'opera sua, e questa fu che Il suo non è un semplice inventario, 
ma già una trattazione in parte completa del materiale raccolto. Sotto 
il quale rispetto è dato rilevare in tutto il lavoro una grande incertezza, 
quasi un continuo omdeggiamento dell'A. fra questi due fini diversi: 
quello da una parte di limitare l’opera a una descrizione succinta e 
puramente oggettiva di materiali archeologici e topografici, e quello 
d'altro lato di ricavare già fin d'ora per la parte romana quelle conclu- 


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RECENSIONI 


sioni che lo studio e la competenza specifica del Lugli ci dà affidamento 
che possano senz'altro raggiungersi (I). 

A mio modesto avviso si sarebbe potuto invece risolvere questo 
dissidio, che non potrà a meno di accentuarsi in volumi successivi e 
quando varî siano gli autori delle varie parti dell’opera e quindi varie 
le tendenze e le competenze, col fare la carta descrittiva puramente 
oggettiva e con criterî di assoluta uniformità, chiamando eventualmente 
a collaborare specialisti diversi, e col creare, poi, accanto ai volumi 
puramente descrittivi, un'appendice di monografie che accompagnassero 
via via la compilazione della Forma e ne fossero il commento più vero 
e maggiore; tali monografie avrebbero poi, s'intende, ciascuna un altro 
vantaggio, che la Forma non può avere, quello di compendiare in sè 
gli elementi di parecchie parti o fascicoli della Forma a tutto vantaggio 
dell'economia generale del lavoro; tale potrebbe essere una trattazione 
esauriente e ormai non più difficile su Terracina romana, in sostituzione 
del volume del De la Blanchère; tale in seguito potrebbe essere la trat- 
tazione scientifica di altre singole città antiche, tale per es. uno studio 
conclusivo e completo su ciascuna delle principali arterie stradali antiche, 
come l’Appia, la Flaminia, l'Emilia, ecc. 

Il fascicolo che ho dinnanzi è diviso in questo modo: precede una 
«introduzione », alla quale seguono le descrizioni topografiche delle 
sei zone in cui l’A. ha creduto bene di suddividere la sua trattazione; 
in appendice poi a ciascuna delle sei parti sono o descrizioni di monu- 
menti, com? quella degli acquedotti alla punta di Leano, di cui si sa- 
rebbe perduta la visione complessiva quando se ne fosse trattato spar- 
samente qua e là nelle descrizioni precedenti, o monumenti raccolti 
in varî musei, e soprattutto in quello di Terracina, senza che sia noto 
da qual punto esatto del territorio studiato provengano. 

La introduzione storica, data l’indole del lavoro, avrei voluto che 
fosse meno ampia e soprattutto più schematica; a mio avviso avrebbe 
potuto essere più opportunamente uno schema storico-cronologico, 
preceduto da una opportuna bibliografia; avrei voluto cioè innanzi a 
ciascuna parte di volume, come questa, anzitutto una serie bibliografica 
che comprendesse le fonti storiche e archeologiche, le trattazioni cri- 
tiche moderne, in cui per esempio le varie puntate delle Notizie degli 
scavi che contengono materiali utili fossero elencate accanto ai riferi- 
menti del Corpus o del Supplementum, ai libri come quelli del De la 
Blanchéère e del Rossi, ecc.; avrebbe potuto seguire una breve trattazione 
storica, quasi annalistica, della regione studiata, in cui fosse fatta equa 
parte alle notizie preistoriche o a quelle medioevali; essa sarebbe sta- 
ta utile così come introduzione ad una trattazione topografica gene- 
rale più ampia di quella che l’A. non abbia fatto. E’ ben vero che l'A. 
ha sentito la necessità di una tale trattazione topografica generale, 
tanto che al riassunto storico ha fatto seguire «notizie topografiche » 
ma appunto perchè il riassunto storico è stato troppo più ampio di quan- 
to non dovesse, certi elementi che meglio avrebbero trovato posto nella 


(1) Talvolta l'A. non resiste alla tentazione di dire veramente tutto: p. es. a 
col. 192 n. 2 a proposito della illustrazione zona V fig. 10 egli non rinuncia a 
presentarci il costume delle donne di Terella e a dirci come qualmente i Terellesi 
accorrano numerosi a Terracina e vi trovino lavoro; ma non si capisce come tutto 
ciò abbia a che tare con la Forma Ifalrac. 


— 400 — 


RECENSIONI 


seconda parte, sono sparsi nella prima e solo si possono scoprire da chi 
legge minutamente tutto il contesto, mentre non appaiono perspicui 
alla consultazione, che è, ricordiamolo bene, l’uso a cui devono servire 
in gran parte queste serie di volumi, quando siano completi. 

Il passo famoso di Orazio, p. es. (Sat. I. 5. 24): fmpositum saxis 
fate candentibus Anxur, così caratteristico per illustrare l'aspetto di 
Terracina romana, è nascosto a col. XIV. fra altre considerazioni pre- 
valentemente storiche; e le questioni squisitamente topografiche sulla 
via percorsa secondo Livio (IV. 59) da C. Servilio per dare l’assalto ad 
Anxur nel 406 (col. XII), o quelle intorno al luogo dell'aggressione di 
Lucio Vitellio nel 69 d. C. (col. XVI), sono comprese nella trattazione 
storica piuttosto che chiaramente indicate sotto il titolo di speciali 
paragrafi nella trattazione topografica della materia. In questo modo 
anche più largamente e compiutamente che l'A. non abbia fatto, si 
sarebbe potuto con divisione schematica da conservarsi come modello 
anche per altri volumi, rispondere a queste domande: quate risulta 
l'aspetto e la condizione dei luoghi nella preistoria? quale in periodi 
varî dell’età storica, la volsco-romana, la romana-repubblicana, la 
imperiale, la goto-bizantina? e sotto la trattazione di ciascun periodo 
avrebbe potuto trovar posto la presentazione e la risoluzione di parziali 
problemi, come quelli a cui si è alluso ora. 

Aggiungo che a questa parte generale avrebbe dovuto seguire su- 
bito la descrizione metodica e completa di tutti quei ruderi che rappre- 
sentano costruzioni distese per un largo tratto di paese e che logicamente 
male si prestavano ad essere comprese nella descrizione parziale delle 
varie zone. La necessità cli una tale trattazione generale è stata sentita 
dall'A. allorquando ha creduto dì descrivere, come s'è detto, a parte gli 
acquedotti alla punta di Leano (col. 13 e sg.) o quello di S. Lorenzo dell’A- 
maseno (col. 45 e sg.) (1), maa mio giudizio altro e più c'era da fare, descri- 
vendo p. es. a parte anche le tracce delle vie antiche (2) e facendo quelle 
considerazioni d’insieme sulla rete stradale antica, secondo i diversi 
tempi, che sarebbero giovate assai a coordinare le descrizioni parziali 
e a dare utili elementi per trovamenti o ricerche successive. Secondo 
invece il sistema seguito dal Lugli, in questa prima puntata sì trovano 
preziose considerazioni su questi importanti problemi quasi nascoste 
dove assai difficilmente colui che ha bisogno di interrogare il volume 
per cotesta questione specifica può mai sperare di trovarle: vedasi per 
esempio quanto egli dice a col. 2-3 circa la rete stradale della I zona a 
proposito della descrizione di un rudero tombale. 

Il sistema adottato dal Lugli per Ia descrizione zona per zona dei 
ruderì superstiti, mi pare assai lodevole; e consiste nel dare un numero 
d'ordine a ciascun rudero, numero riprodotto nelle carte, nello stampa- 
re in grassetto il nome e la qualità dell’edificio a cui appartenne, e nel 
porre in margine anche alcuni segni convenzionali opportunamente 
scelti che sono riprodotti pure sulle carte e che facilitano assai la con- 
sultazione. Ma appunto perchè, come bene ha inteso sopratutto in 
questa parte l’A., si tratta di un volume di consultazione, oso suggerire 


(1) Per le paludi lA. (col. XXII) promette una speciale trattazione nella 
carta di Sezze. 


(2) Ora l'A. ne ha trattato, assai male a proposito, accanto al più vicino ru- 
dere superstite d'ogni altra natura. 


cuoidlifi ae 


Aevum - Anno I - 26 


RECENSIONI 


alcune modificazioni o meglio sviluppi del metodo lodevolmente seguito. 

E anzitutto mi permetta l’A. di osservargli che a mio avviso il 
sistema di numerazione che ricomincia per ogni zona è troppo compli- 
cato ed ingenera confusione già nel fascicolo ora presentato, giacchè 
p. es. i numeri delle fotografie riferite ai singoli ruderi delle sei zone 
qui descritte debbono essere considerati in funzione della zona, il che 
riesce scomodo assai, anche perchè spesso per ovvie ragioni tipografiche 
la fotografia che si riferisce ad una zona è già inclusa nella parte del 
volume che appartiene alla descrizione della z4ha suteessiva. o vice- 
versa. il e © dati 
Ogni riferimento a cotesta numerazione di ruderi dovrà portare 
tre cifre: quello della Regione, quello della'zona, quello del rudero. 
Quanto più opportuno sarebbe stato ‘adottare un numero progres- 
sivo per ciascun volume o meglio per ciascuna carta dell’Istituto Geo- 
grafico Militare, con esempio analogo a quello adottato nel Corpus 
delle iscrizioni e che a me pare molto semplice e molto pratico (1). 

Dirò anche che desidererei fossero elencati e enumerati, sia pure 
con un segno convenzionale che segnasse una distinzione, p. es. il nu- 
mero tra parentesi, quei ricordi di edifici scomparsi e di ruderi scavati 
e interrati o distrutti, che spesso per il ricercatore. non hanno accanto 
ai ruderi superstiti minore importanza di questi. If! Lugli invece è in- 
certo nel modo di elencare tutte coteste preziose. indicazioni (che 
effettivamente egli include e molto lodevolmente nel suo lavoro), sic- 
chè talvolta esse compaiono in nota tal’altra sono nominate a proposito 
di altri monumenti, non mai in ogni modo sono così sistematicamente 
elencate, che il ricercatore possa essere sicuro di averle tutte considerate 
senza leggere con la massima cura tutto il volume in ogni suo parti- 
colare. A tale enumerazione sistematica di edifici scomparsi dovrebbe 
essere poi naturalmente esteso il sistema dei segni convenzionali mar- 
ginali che accompagnano la descrizione dei ruderì superstiti e che non 
so perchè l'autore abbia di proposito escluso dalla descrizione dei 
ruderi e dei monumenti cittadini, limitandoli ai ruderi delle zone cam- 
pestri, quasi che p. es. chi cerchi la serie, poniamo, dei ponti, o delle 
fontane, o delle case private possa fare a friori una distinzione fra cit- 
tà e campagna. ì 

Così vorrei incluso nel rango degli altri monumenti la menzione 
delle torri fra Terracina e il tempio di Feronia, di cuì parla Plinio (NH. 
II. 146) e che sono oggi scomparse (col. 2), dell'arco abbattuto nel 1891 
che era presso l’attuale stazione ferroviaria di Terracina (col. 3), e il 
sepolcro disegnato dal Labruzzi (col. 4) ed ora scomparso, e la villa 
rustica di cui a col. 8, e vorrei portata all’onore del testo la menzione 
del ninfeo, già esistente presso la stazione ferroviaria, che ora è citato 
in nota (a col. 5); e vorrci pure che comparisse nel testo la menzione 
dello scavo fatto nel 1907 presso la punta di Leano (col. 12 n. 3); e 
bastino questi esempi fra i molti per illustrare il mio pensiero. 

Giacchè poi siamo a parlare dei segni convenzionali, dirò che il 
sistema lo vorrei vedere anche moltiplicato ed esteso, con non dubbio 


(1) Si noti che J'A. stesso è stato costretto a continuare la numerazione della 
descrizione della zona IIl, IV, V (col. 125 nota) perchè si tratta dell'unica pianta 
della città; e allora tanto valeva estendere tale numerazione progressiva a tutto 
il volume. 


— 402 — 


RECENSIONI 

«mantaggio- per la consultazione (1); perchè p. es. non adottare un se- 
gno marginale che indichi al lettore le pitture o le decorazioni pittori- 
che degli ambienti che ne conservano tracce, e le statue, e le ceramiche 
e le epigrafi? Ove gli‘organizzatori della Forma entrassero in questo 
ordine di idee, potremmo avere tutta una serie di segni convenzionali 
utilissimi per le ricerche parziali, assai più e meglio di qualunque in- 
dice per materie che si potrà anche mettere alla fine del volume, ma che 
in parecchi ‘casi dovrebbe richiedere la necessità di risalire faticosamente 
da una moltitudine di numeri alle singole pagine con una non indiffe- 
rente perdita di tempo. 

:‘::  «Desidererei-dunque di vedere in ogni descrizione parziale di zona 
elencati sotto un'unica numerazione costruzioni superstiti e ricordi di 
costruzioni scomparse, notando in margine i segni convenzionali che 
li contraddistinguano; e apponendo poi accanto a ciascuno di essi anche 
la bibliografia specifica, senza ricorrere alle note e ai richiami generali, 
e seguendo in ciò l’esempio del Corpus delle iscrizioni, dove ciascuna 
iscrizione è riportata, sia o non sia scomparsa, con la indicazione della 
rispettiva bibliografia. Così non sempre si vede bene quali sono i mo- 
numenti che già il De la Blanchère ha descritto e quali no, come non 
sempre, accanto alle iscrizioni ricordate è indicato il volume del Corpus 
o di altre raccolte ix cui l'iscrizione già compare (2). È ovvio poi soggiun- 
gere che là dove VA. presenta monumenti dei Musei si desidere- 
rebbe il numero, di catalogo o di inventario, utile per eventuali raf- 
fronti. > 

E qui vorrei insistere per un momento ancora intorno all'uso delle 
iscrizioni che il Lugli fa nel volume, e alla immissione di esse fra i ruderi 
ricordati nella Forma. Opera indubbiamente utilissima è stata la sua 
anche nei riguardi della epigrafia della regione che egli ha esaminato, 
tanto che più di una volta egli corregge le lezioni del Corpus, come fa 
p. es. (col. 86) nel tipico esempio di CIL. X. 6306, che è l’epigrafe ca- 
ratteristica del Foro di Terracina, e come fa in altri notevoli casi (p. es. 
col. 28, 188). 

Egli inoltre con manca qua e là di accennare a iscrizioni, nelle 
note p. es. o anche nel contesto; e talvolta ne nomina anche nelle ap- 
pendici, là dove si descrivono le pietre conservate nel Museo di Terra- 
cina, non riferibili a località ben determinate. Di fronte a così abbon- 
te uso di materiale epigrafico è lecito desiderare che l’Autore dichiari 
nell’introduzione quali limiti si sia imposto all'uso dì tale materiale; 
in mancanza di tali dichiarazioni bisogna dedurne la notizia dall’esame 


(1) Osservo che l'A. ha già nel presente fascicolo intensificato e perfezionato 
l'apposizione dei segni convenzionali; basti fare il confronto fra il sistema seguito 
in principio del volume e quello seguito dopo le col. 37-38. 

(2) A col. 64 allude, senza citarne il raffronto, a CIL, X, 6380; pare però 
prenda la citazione del Matranga, correggendola coll’epigrafe superstite; se non che 
il lettore vorrebbe saperne di più perchè la lezione del Lugli lascia qualche pro- 
blema insoluto, come si puo vedere accostando le due lezioni: 


CIL, X, 6380: Lugli: 
Naevia . P. P. Naevia P. L.... 
Mel pomen'e] Melpo.... 


«Anche a col. 81 è riportato CIL, X, 6339 senza la citazione di questa raccol- 
ta; così non ho avuto tempo di controllare se le iscrizioni citate a col. 189, 190, 
I9I sono nuove o riportate anche nel Corpus o in altre raccolte. 


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RECENSIONI 


del volume stesso, che come si è visto, non dà in proposito una risposta 
esauriente. . 

In linea di massima sarebbe utile che le iscrizioni di interesse to- 
pografico fossero tutte regolarmente elencate ognuna a suo luogo nella 
Forma, e che tutte le altre delle quali in luogo esistoho gli esemplari 
fossero rigorosamente, anch'esse al posto loro, enumerate. In tal modo 
si procederebbe caso per caso a una revisione anche del Corpus delle 
iscrizioni che, come spero di avere presto occasione di dimostrare per 
qualche regione italiana, è urgente e quanto mai indispensabile. Si può 
invece discutere, se sia utile accennare a proposito della Forma a tutte 
le altre epigrafi, quelle senza interesse artistico, come pare talvolta 
voglia fare il Lugli (p. es. a col. 119), o se sia più opportuno affidarle 
intieramente al Corfus e ai suoi supplementi o rifacimenti (1). 

Mi sia consentita anche qualche osservazione sopra la descrizione 
dei resti archeologici dei Musei, non riferibili a un esatto luogo di ri- 
trovamento a noi noto, e che il Lugli raccoglie con una nuova numera- 
zione in appendice alla descrizione di ciascuna zona. Descrizioni ben 
fatte, enumerazione opportuna, corredo talvolta copioso di fotografie, 
salvo qualche irregolarità di distribuzioni fra le prime e la ultime parti 
del fascicolo. A opera compiuta la Forma sarà così un repertorio pre- 
zioso anche p. es. di statuaria locale. Se non che mi sono persuaso che 
seguendo questo metodo è dato un posto prevalente al materiale dei 
Musei che si trova nella condizione che s’è detto, in confronto di quello 
di cui il Lugli parla a proposito del luogo esatto da cui venne scavato; 
spesso infatti tale materiale passa in seconda linea di fronte al primo, 
con nocumento non piccolo, mi pare, dell'economia del lavoro e... della 
giustizia, se di giustizia si può parlare nei confronti di pietre. . 

Cito un esempio tipico: a col. 188 n. 1 di un’ara conservata nel 
Museo Civico di Terracina e scavata presso la via Appia, sì fa menzione 
in nota, perchè si sa il luogo preciso d'onde venne; penso che se cotesta 
provenienza non si sapesse, la descrizione di quest’ara anzichè essere 
relegata in una parte del libro così poco in vista, figurerebbe con un 
numero d’ordine progressivo e un’ampia trattazione e magari con un'i- 
magine fotografica nelle ottime appendici. 

Ancora qualche dubbio e qualche modesta proposta; dichiara il 
Lugli in più luoghi a proposito di Terracina che in case moderne della 
città esistono mosaici che egli non ha potuto vedere, ma di cui ha 
notizia attraverso informazioni di altri (col. 70, 71, 77): non risulta se 
l'impossibilità dell'esame sia stato tale per mala volontà dei proprie- 
tarî, nel qual caso si può per il vantaggio della scienza invocare l’inter- 
vento coattivo delle autorità statali, o se invece sia stato causato da 
lavori di costruzione o di ricostruzione che abbiano ormai reso impos- 
bile il recupero di tali antichità. In questo secondo caso si domanda se 
non sarebbe opportuno athidare ad ogni singola commissione incaricata 
di preparare parti della Forma una somma di denaro sufficiente per fare 
eseguire eventualmente scandagli e piccoli scavi, onde la nuova pubbli- 
cazione non venisse privata di qualche notizia preziosa. 


(1) A col. 81 dove l'A. riproduce CIL., X, 6339 senza ricordarne la citazione, 
osservo che il Lugli ha invocato a quel proposito il confronto CIL. X, 915*, ma 
non ha ricordato, cosa che fa il Corpus, un V. PoliofAschitectus del cod. barb. 
29.148 che sarebbe convenuto assai bene al caso suo. 


-— 404 —- 


RECENSIONI 


La copia dei disegni e delle fotografie che accompagnano il volu- 
me è veramente abbondante, se non sempre nitidissima e generalmente 
è molto bene trascelta: vi figurano disegni antichi del Peruzzi p. es. o 
di Antonio di San Gallo, quadri con riproduzioni di ruderi, del Labruzzi 
piante del secolo XVII e XVIII, disegni moderni del Gismondi, già 
così benemerito tra l’altro degli scavi di Ostia, e fotografie prese da terra 
e anche prese da bordo di aeroplani, nè mancano cartine parziali di 
edifici, sagome di cornici e di capitelli ecc. 

Due cose desiderei a questo proposito; che la descrizione dei ruderi 
fosse accompagnata più frequentemente da un rilievo schematico in- 
grandito dei singoli tratti di via che si descrivono, all'incirca come 
avviene nelle descrizioni del Della Corte per gli scavi di via dell'Abbon- 
danza a Pompei (1); vorrei inoltre che l’atlante, per così dire, cioè le 
fotografie e le tavole e le carte topografiche, e le piante, e specialmente 
queste ultime, fossero raccolte e pubblicate in volume staccato dal testo 
o fossero legate in fondo al volume in modo, come si usa, di poterle 
aprire di fianco, così che l’esame della carta o della illustrazione e la 
lettura del brano di testo che vi si riferisce possano essere fatti insieme. 

E con ciò ho toccato anche della confezione tipografica del volume, 
che mi è parsa veramente ottima, ove la si consideri come un semplice 
contributo di studio fra qualche anno superato o superabile da libri 
più recenti, non mi ha invece pienamente soddistatto quando ho pensato 
che la pubblicazione così iniziata è destinata a continuare per decenni 
e decenni e a divenire il repertorio topografico e monumentale dell’Italia 
antica e medioevale. 

Il Corpus Vasorum e 1 Corpora delle iscrizioni, anzi gli stessi .Vo- 
numenti Antichi dei Lincei mi pare presentino sia nel formato, sia nella 
stampa, e nelle carte, e nelle tavole maggior decoro e maggiore soli- 
dità (2). Nè giova invocare l’alto costo attuale della stampa, ché nes- 
sun acquirente, soprattutto se è italiano, vorrà dolersi di versare poche 
diecine di lire in più per ogni volume, quando questo sia per la maggiore 
dignità del nostro paese. Sed de hoc satis. 

Concludo col dire che la lettura del volume è di quelle che confor- 
tano assai, sia perchè dimostra i grandi progressi fatti dal nostro paese 
in questa materia durante gli ultimi decenni, sia perchè è la prova 
di una fiducia nel nostro avvenire, tale che non può essere che conso- 
lante per tutti. Certo è, e tutti lo sentiamo, che anche solo trent'anni 
or sono una pubblicazione di questo genere, sarebbe stata non solo 
inattuabile ma neppure concepibile fra noi. con torze ed uomini esclu- 
sivamente italiani, mentre sappiamo che se circa cinquant'anni addietro 
il Corpus delle nostre iscrizioni si era fatto lo si era fatto per opera o 
sotto la direzione degli stranieri. 

S'aggiunga che nel volume ci sono vere e proprie rivelazioni (3), e 


(1) Non so perchè a col. 87 non ci sia p. es. una carta topografica grande 
del Foro di Terracina, riveduta e corretta, s'intende, nei contronti con quelle (V, 
a-b). del De la Blanchére. 

. (2) Ho notato qua e là talune mende topografiche: p. es. nella carta II, NO 
invece che NZ; a col. NX dotazione per datazione; a col. 125 tostuoso per tertuoso 
e qualche altro; la forma italiana è talvolta un po’ affrettata e pedestre: si veda 
p. es. la chiusa del capitolo a col. XXIII. 

(3) Potrei spigolando rilevarne moltissime che consigliano anche la lettura 
completa dell’opera: mi accontento di richiamare l’attenzione sopra la trattazione 


odia 


RECENSIONI 


più ce ne saranno certamente nelle parti che seguiranno, tanto più 
che esse toccheranno talvolta delle antichità di regioni mal note e poco 
esplorate e che conservano certamente ancora reliquie preziose. 

Un vivo sentimento di riconoscenza dobbiamo dunque ai valorosi 
uomini di studio che si sobbarcarono a non lievi disagi in paesi tal- 
volta malarici per compiere sul posto i necessari rilievi;-a Giuseppe 
Lugli, all’architetto Gismondi, agli ispettori oriorari di‘‘Tetracina e 
delle Paludi Pontine, pei quali il sacrificio non certamente piccolo nè 
breve avrà avuto largo compenso nella coscienzà di compiere un alto 
dovere nazionale. Con la medesima coscienza, ina certamente con ben 
piccolo sacrificio, mi sono io ora dilungato a' presentare queste osserva- 
zioni al Lugli e ai suoi collaboratori, perchè nel loro illuminato eri- 
terio vedano se qualcuna di esse per la parte II (S. Felice Circeo) già 
completa nel rilievo e per la III (Sezze) in lavorazione, come per le 
parti successive, possa giovare a rendere anche migliore quell'opera, 
che è, prima ancora che loro, MigiCR: e segnacolo del PIOgresso dell'o- 
dierna scienza italiana. 


Avevo già scritto quanto precede, quando ricevetti gli Atti del I° 
Congresso Nazionale Etrusco (Firenze 1926 vol. II pp. 123 e seg.) in cui 
sono riportati i verbali delle discussioni colà avvenute a proposito dei 
lavori preparatorî per la carta archeologica d’Italia; il dibattito assai 
interessante anche perchè i valorosi contendenti erano appassionati e 
convinti sostenitori ciascuno di una tesi che aveva molti lati appro- 
vabili, si può riassumere così: essendo tutti d’accordo sulla opportu- 
nità e l'urgenza di costituire o di completare presso le RR. Soprin- 
tendenze Archeologiche gli schedari Archeologici, corredandoli di quei 
documenti topografici che sembrino indispensabili, proponevano gli 
uni, con a capo il compianto prof. Olinto Marinelli di promuoverne 
la pubblicazione provvisoria corredandola di una carta, del tipo di un 
saggio edito dal dott. Bianchi Bandinelli per la zona di Chiusi nella 
scala di 100.000; obiettavano gli altri con a capo il Lugli che tale 
impresa rappresentasse un inutile doppione con la Forma Italiae. La 
discussione finì come doveva necessariamente finire, colla nomina cioè 
di una commissione per l’edizione archeologica della Carta d’Italia al 
100.000, in cui furono inclusi i principali paladini delle due parti in 
causa, sotto la presidenza del Generale Nicola Vacchelli e finì secondo 
il mio modesto parere, senza quel plauso incondizionato e cordiale al- 
l’opera del Lugli e alla grande impresa della Forma Italiae che sa- 
rebbe stato doveroso e veramente meritato. Anzi vorrei dire che os- 
servazioni e discussioni sopra il volume già edito, e che già il Luglì 
(p. 126) dichiarava « molto vecchio » e « sorpassato dagli eventi » sa- 
rebbero state necessarie (1) per contribuire meglio al perfezionamento 
di coteste opere indubbiamente notevoli dell’archeologia italiana. 

Ora ignoro quanto praticamente si deciderà di fare, ma temo 


degli acquedotti, su quella delle mura di Terracina, sulla casa di via dei Sanniti 
(col. 71); ottimo il capitolo su Jupiter Anxur (col. 166) e sul porto (col. 126). 

(1) Noto solo il voto del Mochi (p. 131) che la parte paletnologica fosse 0 
tralasciata o meglio sviluppata; e quello del prof. Peleo Bacci, di cui si fa eco 
l’Antonelli, perchè anche sulla carta al 100000 e nello schedario si tenesse conto 
della parte medivevale. 


— 406 —- 


RECENSIONI 


assai che le due imprese parallele si intralcino a vicenda senza nessun 
utile comune; converrà dunque addivenire certamente ad un accordo, 
il che forse si potrebbe ottenere decidendo fin d’ora quali regioni siano 
prossime ad essere così bene conosciute da fornire nel giro di una 
ventina d’anni altrettanti volumi della Forma, riservando il riassunto 
o la pubblicazione preliminare Marinelli a quelle altre regioni per le 
quali la Forma sia mplto al di là da venire. 

Comynque vorrei che lo scetticismo con cui il povero prof. Ma- 
rinelli e il collega Baratta giudicarono l’impresa della Forma non tro- 
vasse praticamente consenzienti coloro cui spetta di prendere le ini- 
ziative e di eseguirle, perchè appunto per volerci proporre mete troppo 
vicine -e per non sapere guardare con serenità e con fede all’avvenire 
anche lontano noì Italiani abbiamo troppo spesso lasciato nella storia 
degli studî recenti che altri più pazienti e più tenaci ci precorresse 
nell’organizzazione e nella preparazione di lavori di gran mole, anche 
di quelli che più da vicino interessavano il nostro paese; e l'esempio 
del Corpus e del Thesaurus insegni. 


ARISTIDE CALDERINI. 


— 407 — 


NOTIZIARIO 


1.— A proposito delle prime stampe in Italia. — Recentemente 
Corrado Haebler ha prospettato che il primo libro stampato in Italia 
debba risalire al 1462, anteriormente quindi a quelli che si sono sempre 
creduti i primi incunaboli usciti tra il 1464 ed il 14065 a Subiaco. 

Come elemento di fatto che può servire anche a chiarire la questione 
delle prime stampe in Italia vale la pena di ricordare quanto segue. 
| Il primo che abbia desiderato di trasportare in Italia, e precisamente 
a Roma, l’arte che allora allora era nata in Germania fu il Cardinale 
di Cusa. 

Nella sua biblioteca di Cues egli ebbe modo di riporre accanto ai 
preziosi manoscritti che gli furono tanto cari, anche perchè tanto stu- 
diati, un incunabolo del 1460 (Incun. 84) uscito dall’officina di Gutemberg, 
che è molto probabile, come cì dice il Vansteerberghe (Le Cardinal Ni- 
colas de Cues, Paris, 1920, pag. 30) ch'egli abbia conosciuto di persona. 

È certo, in ogni caso, che il Cusano ebbe famigliarità con un altro ti- 
pografo, pure di Magonza, Giovanni Guldenschaiff, il quale ebbe in quel 
tempo ad aprire una stamperia a Colonia. Ciò cì è detto dal Cusano stesso 
nella sua Apologia doctae ignorantiae (Ed. Basilea, 1565, pag. 71) 

lì Lambinet (MRecherches historiques, littéraires et critiques sur l'o- 
rigine de l'imprimerie, Bruxelles, Anno VII, pag. 104) espone l'ipotesi, 
con non poco fondamento dì verità, che il Cardinal di Cusa non sia stato 
estraneo alla venuta in Italia di Corrado Sweynheim, Arnoldo Pannartz, 
entrambi usciti dalla tipografia di Magonza, ecclesiastici tutti e duc che, 
in Italia, alla preparazione dei loro primi lavori scelsero, grazia alla li- 
beralità del Cardinale Torquemada, abate commendatario di Subiaco, 
la tranquilla sede dell’antico cenobio precisamente in Subiaco, ove si 
offriva loro anche la compagnia e l’aiuto dei molti connazionali che lì 
vestivano l'abito Benedettino. 

A proposito però del Cusano, e del suo interesse a che anche in Italia 
sorgesse la sancta ars della stampa, vi è una testimonianza non dubbia 
in se stessa ed interessantissima per quel che ci dice, ed è quella di Gio- 
vanni Andrea de Bussi, suo segretario dì un tempo, poi suo amico devoto 
e fedele. 

È noto che il Bussi, che fu poi vescovo di Aleria in Corsica, curò, 
oltre che di altre opere, anche la stampa delle lettere di S. Gerolamo, 
uscite appunto nel 1408-70 dalla stamperia Corrado Sweynheim ed Ar- 
noldo Pannartz. 

Orbene nella dedica a Paolo II, premessa a tale pubblicazione, 
egli scrisse : Digne honoranda seculisque omnibus magni facienda fro- 


— 408 — 


NOTIZIARIO 


fecto Germania est, utilitatum inventrix maximarum. Hoc est quod semper 
gloriosa illa et coelo digna anima Nicolai Cusensis, Cardinalis S. Petri 
ad vincula, peroptabat, ut haec sancta ars, quae oriri tunc videbatur in Ger- 
miania, Romam deduceretur (A. M. Quirini, De optimorum scriptorum 
editionibus, Lindaugiae, 1761, pag. 110). 

Siamo assolutamente sicuri della verità di quanto con tali parole 
atferma il Bussi, che fu anche segretario della Biblioteca Vaticana; per 
convincerci di ciò basterebbe leggere la prefazione, indirizzata anch'essa 
a Paolo II, da luì premessa all’edizione di Apuleio uscita in Roma nel 
1464, nella quale egli parla a lungo del Cardinale di Cusa, facendo di 
esso un elogio magnifico su dati di fatto che, riferentisi dapprima all'amore 
dei libri vivissimo in lui, come dell’altro suo degno amico, il Cardinale 
Bessarione, a cui pure il Bussiì si riferisce, a poco a poco si allargano a 
tutta quanta la vita del Cusano, cuius, come dice il Bussì stesso, nos 
ipsi in gratissimo nobis et utilissimo fuimus sex continuos annos obsequio 
(A. M. Quirini, op. cit. pag. 218). 

Prof. PAoLO ROTTA. 


2. — La critica del testo nelle iscrizioni antiche. — Va 
segualato fra gli scritti più recenti della Linguistico Society of America 
una monografia del prof. Roland G. Kent dell'Università di Pensilvania, 
il quale presenta con metodo nuovo alcune interessanti osservazioni 
intorno ai criterî che devono essere seguiti nella critica del testo delle 
iscrizioni, criterì che necessariamente differiranno da quelli assai noti 
usati per la critica dei testi d'autore. 

Il volume (he fextual criticism of inscriptions 8° pp. 70 = Language 
Monographs pubbl. by the Ling. Soc. of Am. n. 2, dic. 19206) prende in 
esame sei specie diverse di iscrizioni in cinque differenti lingue: antico 
persiano, greco, osco, umbro, latino, e fra le varie iscrizioni sceglie le 
più solenni e importanti e quindi quelle che furono presumibilmente 
meglio curate: e cioè l'iscrizione reale di Dario I; due trattati fra Nan- 
patto e i Locresi, fra gli Cantei e i Calei; la fabula Bantina, le tavole 
Eugubine; la /ex fulta Municipalis; Veditto di Diocleziano in tre copie 
differenti, egiziana, stratonicea, plateese. 

Conclude rilevando le caratteristiche comuni di omissioni, di 
aggiunte, di alterazioni, caratteristiche che acquistano particolare valore 
appunto perchè vengono studiate attraverso lingue differenti e in tempi 
talora assai lontani ; la ricerca perciò mi pare abbia valore linguistico, 
epigrafico ed anche psicologico. 

A.C. 


3. — Pubblicazioni in preparazione dell’Università Cattolica 
dell'Ovest (Angers). — Dalla segreteria di questa Università ci vengono 
segnalate le seguenti pubblicazioni che sono in corso di stampa: 


GRy Mons. LEON, Rettore, Le [IV livre d'Esdras. ; i i 

LEGENDRE Mons. ALpH., Decano della Facoltà di Teologia, Le pays 
biblique. 

PLESssIs abbé Jos., Superiore del Seminario Accademico, Baby/one et 
la Bible (Dictionn. de la Bible. Supplém. Paris). 

Dis chan. AUG. prof. alla I di lettere, Autour de Platon, Essais 
de critique et d’histoire, in 8, pp. 9600 circa, Paris, Beauchesne. 


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NOTIZIARIO 


Dits, Oeuvres complètes de Platon, tom. IX: I. Le Politique, II. Le Philèbe . 
(nella collezione Les Universités de France). — L’autore vi ha già 
pubblicato nel tom. VIII: I. Le Parménide (1923); II. Le Théététe 
(1924); III. Le Sophiste (1925). 


4. Necrologie. — Sia deposto un fiore di mesto ricordo sulla 
tomba di Carlo Pascal, latinista esimio, professore di Letteratura latina 
all’Università di Pavia per tanti anni, e recentemente trasferito alla R. 
Università di Milano; dove però non ha avuta tempo a iniziare il suo 
insegnamento, perchè, sottoposto nel settembre scorso;a un’operazione 
chirurgica, per l'improvviso aggravarsi delle sue condizioni, moriva il 
22 settembre. Pe eg Gi 

Molto notevole la sua operosità scientifica e un numero stragrande 
di monografie, raccolte poi in volumi, attesta la quantità dei problemi 
letterarî e di antichità a cui volse la sua nobile mente. Sia ricordata 
specialmente l’opera sulle Credenze d’ Oltretomba nelle opere letterarie 
dell'antichità classica, di cui una seconda edizione in due volumi vide 
recentemente la luce presso la Ditta Paravia; opera diligente ove son 
raccolte tutte le notizie concernenti l’argomento dell’oltretomba. 

Era una tendenza tutta propria del Pascal il formulare ipotesi, a volte 
ardite, su alcuni punti di dottrina, e accumulare poi argomenti su argo- 
menti per sostenerle, anche contro le più serie opposizioni. Ebbe così una 
eco in tutta Europa la monografia del Pascal sull’incendio di Roma del 
64, che egli credette dover attribuire alla comunità Cristiana, proprio a 
quei non molti fedeli che Pietro aveva istruito, e con cui aveva avuto 
contatto, pure dal suo biennale carcere, il grande Apostolo delle genti. 
A sostenere l’ipotesi dei cristiani incendiari, il Pascal accumulò citazioni e 
argomentazioni, interpretando anche a suo modo il famoso passo del 
XVo degli Annali Tacitiani, ove si parla della persecuzione Neroniana. Al 
Pascal si oppose un buon numero di studiosi, e volumi intieri si dedica- 
rono al problema dimostrando all’ evidenza che aveva ragione Tacito 
nel ritenere casuale la prima origine dell’incendio. 1l Pascal non si 
diede per vinto, e mantenne sempre fede alla sua non dimostrata ipotesi. 

Ma lasciando le particolarità, va ricordata l’attività del Pascal come 
promotore e direttore di collezioni preziose; ad es. di quella Biblioteca, 
Storia e Pensiero, che conta già varî volumi; e sopratutto di quel Corpus 
Scriptorum Latinorum Paravianum, che pur colle sue mende, fa bellissimo 
riscontro alle collezioni estere di Lipsia e di Oxford, e merita di essere 
continuato e migliorato, e accompagnato anche da un Corpus scriptorum 
graecorum. Possano i successori del Pascal afferrare con salda mano la 
fiaccola accesa di tanto nobile attività scientifica, e trasmetterla sempre 
viva alle generazioni future. 


Altro doloroso lutto ha colpito testè la classe dei filologi con la 
morte di Ermenegildo Pistelli d. S. P. Era insegnante di lingua 
Greca e Latina nel R. Istituto di Studi Superiori, ora Università di 
Firenze. Allievo dell’Illustre Girolamo Vitelli, lavorò da giovine su 
Giamblico della cui opera principale pubblicò un'apprezzata edizione 
critica nella Raccolta Lipsiese del Teubner; e appresso si occupò anche 
di papirologia, recandosi egli stesso in Egitto per acquistare papiri, e 
portandone buon numero a Firenze; papiri che furono poi illustrati 


— 410 — 


NOTIZIARIO 


e pubblicati dal Vitelli e da lui. — Ma il Pistelli era in fondo più 
artista che filologo, più abile maestro che scienziato. E come per 
molti anni tenne fra gli Scolopii al cui ordine apparteneva, l' insegna- 
mento di classi ginnasiali, lasciando traccie indimenticabili della 
sua nobile maniera di cattivarsi le anime dei discepoli, così, passato 
all’Università, fu per molti anni il vero preparatore dei futuri insegnanti 
di cose classiche colle sue lezioni chiare, efficaci, illuminate da squisito 
senso d’arte, ricche di’ #ommenti e osservazioni preziose; onde era dai 
discepoli molto apprezzato e amato. Fuori della Scuola collaborò in gior- 
nali scritti per l'a' gioventù, e son famose le « Pistole » scritte col pseu- 
donimo di Omero Redi, figùrando uno scolaro intelligente e di gran buon 
senso che commenta a suo modo e insegnamenti e maestri, e sa giudicare 
assai bene e anche'a criticare a suo tempo gli uni e gli altri. Raccolte in 
volume queste « Pistole » costituiscono un lavoro originale che ha, si può 
dire, arr vero valore pedagogico. 

Scoppiata la grande guerra il Pistelli. per sincero amor di patria, 
fu tra i più ferventi nazionalisti fiorentini, insieme col compianto collega 
prof. Parodi, e poi passò al partito fascista, e ne divenne un convinto 
assertore, com'è prova la prefazione testè dettata dal Mussolini stesso 
all'opera sua postura curata da Enrico Bianchi, uno de’ suoi prediletti 
allievi. i 

“tri 

Gravissimo lutto infine della scienza italiana è stata la morte di 
Domenico Comparetti avvenuta a Firenze pochi giorni dopo quella del 
Pistelli. Destinato nella sua prima giovinezza dalle condizioni di famiglia 
alla modesta occupazione di farmacista, aveva però dato già tali prove di 
buoni studi nelle cose classiche, specialmente coll’epistola a Federico Ritschl 
De Liciniani annalium scriptoris etate (1858, aveva 23 anni d’età) da esser 
designato ben presto a occupare una cattedra universitaria a Pisa. Di qui poi 
passò all’Istituto di Studi Superiori di Firenze creato nel 1872, dove rimase 
fino al 1883, nel qual anno si fece collocare a riposo, viceversa continuando 
a lavorare fino alla tarda età di quasi novantadue anni. — I suoi lavori se- 
gnarono un’orma incancellabile sia nel campo della filologia classica, 
sia in quello dell'archeologia, e specialmente della epigrafia. Il suo capo- 
lavoro, la nota opera su « Virgilio nel Medio Evo (! 1872, 2 1896), espo- 
sizione dotta ed elegante della fortuna del gran poeta mantovano e della 
sua sopravvivenza a traverso i secoli, fu veramente oggetto di ammira- 
zione per studiosi di tutto il mondo e servì di modello a tanti altri studi 
fatti poi da altri. — La questione omerica che appassionò tanto la gene- 
razione passata ebbe anche nel Comparetti uno studioso profondo e 
geniale. Il suo lavoro sul Ka/evala, o poesia tradizionale dei Finni, poesia 
messa insieme raccogliendo canti popolari epici, lirici e tragici, e strin- 
gendoli come in unica opera, a cura del Finlandese Lònnrot, servì più 
che uno studio diretto a risolvere la questione relativa ai poemi omerici 
creduti derivati anch'essi da una giustaposizione e contaminazione 
di canzoni staccate; mentre l’unità organica dell'Iliade e dell'Odissea 
è cosa diversissima dalla abile composizione finlandese, supponendo 
l'opera veramente geniale di un vero cantore o poeta. — Basti poi ricor- 
dare altri lavori, come l'’ illustrazione della biblioteca trovata nella villa 
dei Pisoni ad Ercolano (1870), la dimostrazione dell’autenticità dell'e- 
pistola ovidiana di Saffo a Faone (1870), la recente edizione critica con 


— 411 —- 


NOTIZIARIO 


traduzione della Guerra Gotica di Procopio, e il secondo volume dei Pa- 
piri Fiorentini, quelli letterari ed epistolari (1911). 

Nel campo archeologico, è dovuta a lui la iniziativa degli scavi ita- 
liani nell’isola di Creta, scavi che furono fecondi di risultati importan- 
tissimi per lo studio della civiltà minoica. E una delle prime scoperte 
tu quella del prezioso monumento di Gortina, con iscrizione arcaica con- 
tenente una serie completa di leggi sul diritto privato e civile. Il Com- 
paretti ebbe occasione qui di mostrare tutta la sua abilità come epigra- 
tista; il suo grande volume su tali leggi (1893) fu considerato giustamente 
unico nel suo genere. Tale genialità Egli rivolse poi a illustrare altre 
epigrafi; ricordiamo. le Laminette Orfiche di Sibari (1910), l’Iscrizione 
greca arcaica di Cuma; le iscrizioni latine del vaso Dressel (1885), della 
Colonna Traiana (1906); la Iscrizione bustrofedica del Foro romano 
sotto il /apis niger (1899), le Defissioni di Selinunte e di Cuma; le iscri- 
zioni di Gonfi in Tessaglia; e, recentissime, le iscrizioni dell’antro di 
Farsalos e quelle dell’antro dell’Imetto in Attica (Annuario della Scuola 
d’Atene, 1924-26). Anche in fatto d'arte ebbe intuizioni geniali, e furono 
apprezzate e studiate le sue spiegazioni di dipinti pompeiani, la sua inter- 
pretazione della bellissima statua detta «la fanciulla d’Anzio » ecc. ecc. 

Non si dimentichi infine il suo contributo a studi folkloristici col 
vecchio lavoro su « Edipo e la Mitologia comparata » (1867), colle Novel- 
line popolari italiane illustrate (1875) e altri scritti. Insomma il Compa- 
retti fu un dotto di straordinaria operosità ed efficacia e il suo nome vivrà 
immortale nella storia dell'erudizione classica italiana, e dovrà essere 
considerato come uno dei più grandi uomini della seconda metà dell’ot- 
tocento e del primo quarto del secolo presente. 


FELICE RAMORINO. 


5. — I programmi annunciati dei corsi della nostra Università e 
altre notizie accademiche rimandiamo per mancanza di spazio al pros- 
simo fascicolo; nel quale sarà compreso il manoscritto inedito di un’im- 
portante opera geografica del Moleti pubblicata per opera del prof. Paolo 
Revelli, il Bollettino di lingua e letteratura etiopica per cura del Prof. 
Carlo Conti Rossini, il bollettino Virgiliano per cura del prof. Camillo 
Cessi; nei numeri successivi saranno pubblicati un manoscritto inedito 
del Baronio, bollettini di altre lingue e letterature orientali, di storia 
antica, di antichità classiche, di lingue e letterature neolatine, di storia 
dell’arte, ecc. 


Rimandiamo pure la rubrica 


LIBRI RICEVUTI 


avvertendo che di ogni volume che riceveremo, soprattutto se ci 
giungerà in copia doppia, daremo subito un breve annuncio nel 
fascicolo immediatamente successivo, impegnandoci a farne una 
ampia recensione nell’apposita rubrica. — I libri da esaminare 
devono essere inviati direttamente alla Direzione di AEVUM, 
presso Il’ Università Cattolica del S. Cuore. Via S. Agnese, 4, 
Milano (108). 


— 412 


ABBREVIAZIONI ® 


AAP = Atti R. Accademia di Padova. 

A A(S) T = Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino. 

A BA(W) = Abhandlungen der baverischen Akademie der Wissenschaften. 
Abh Ak Berlin = Abhandlungen der preuss. Akad der Wissenschaften. 
Abh Mitt Neuer Gesch. = Abhandlungen zur mittleren u. neuer. Geschichte. 
Act O = Acta Orientalia. 

Ae = Aegyptus. 

Ae R = Atene e Roma. 

ATA The American Journal of Archaeology. 

A J Ph = The American Journal of Philology. 

AJ Th = The American Journal of Theology. 

AK = Aufsitze zur Kultur und Sprachgeschichte E. Kuhn gewidmet. 
A KM = Abhandlungen fiir die Kunde des Morgenlandes. 

AMG = Annales du Musée Guimet. 

A MZ = Allgemeine Missionszeitschrift. 

An Vat Belg = Analecta Vaticano - Belgica. 

AO = Der alte Orient. 

A P_= Archiv fiir Papyvrusforschung. 

A R = Archiv filr Religionswissenschaft. 

Archig = Archiginnasio (L') 

Arch Fr Hist = Archivum Franciscanum Historicum. 

Arch St Lomb = Archivio Storico Lombardo. 

Arch Stor Prov Parm = Archivio Storico per le provincie Parmensi. 
Arch Soc Rom S P = Archivio della Società Romana di Storia Patria. 
Arch Soc St Sann = Archivio della Società Storica del Sannio. 

Arch Ven Trid = Archivio Veneto-Tridentino. 

A Rel = Archiv fiir Religionswissenschaft. 

ARW Pn = Archiv fiir Rechts- und Wirtschaftsphilosophie. 

As Rev = Asiatic Review. 

A SSc = Archivio della Storia della Scienza diretto da Aldo Micli. 

Ath = Athenaeum. 

B BI G Sch = Baver. Blitter f. d. Gwmnasial Schulwesen. 

BCH = Bulletin de Correspondance hellenique. 

BI Cl = Bollettino di filologia classica. 

Bibl Ec fr AR = Bibliothèque des Ecoles Frang. d'Athénes et Rome. 


BJ = Bonner Jahrbiicher. 
Bil = Bilvchnis. 
BKO = Beitrige zur Kenntnis des Orients. 


BLAB = Blletins de la classe des lettres et des sciences morales et politiques de 
l’Academie rovale de Belgique. a 

BMB = Bulletin bibliographique du Musée Belge. 

B NJ = Byvzantin. Neugr. Jahrb. 

Boll Soc Pav SP = Bollettino della Società Pavese di Storia Patria (Pavia). 

Boll St Bibl Sub = Bollettino Storico Bibliografico Subalpino. i 

BR = Buddhist Review. 

BSG = Berichte der sàchsischen Gesellschaft von Wissenschaften. 

BSL = Bulletin de la Sociéte de Linguistique de Paris. 

BSOS = Bulletin of the School of Oriental Studies. 


* Riporteremo alla fine dell'annata la lista completa delle abbreviazioni; per 
ora pubblichiamo il presente prospetto in servizio di questa prima puntata. 


— 413 — 


ABBREVIAZIONI 


BTLUNI = Bijdragen tot de tael-, land- en volkenkunde van nederl. Indiè. 
Bvz Z = Byzantinische Zeitschrift. 
Can = Canoniste (Le) (Paris). 
Cath Hist Rev = Catholik (The) Historical Review. 
Ch Qu Rev = The Church Quarterly Review. 
Chr W = Die Christliche Welt. 


Ciencias Tom = Ciencias Tomista. i 

Civ Catt = Civiltà Cattolica. jb -* 

CI J] = The Classical Journal. i gd 4 
CI Ph = The Classical Philology. o Aus Ca 

C1Q = The Classical Quarterly. è. Wi ssa 

CI R = The Classical Review. sx "/ i 

CI W = The Classical Weekly. i t, 


CRAEtGr = Comptes rendues de l’Assoc. pour l'encourag. des 6t. grecques. 

DE = Deutsch-Evangelisch. i SE 

DLZ = Deutsche Literaturzeitung. ° î 

D Ru = Deutsche Rundschau. 

Eb Hist St. = Ebering Historischen Studien. ; Dr 

E MM = Evangelisches Missions-Magazin. 

Engl Hist Rev = English Historical Review. , 

Eph Th Lov = Ephemerides Theologicae Lovanienses. 

E RE = Encyclopaedie of Religion and Ethics. 

Est Ecl = Estudios Eclesiasticos (Madrid). va 

Et = Études. sg 

Expt = The Expository Times. Pa Ri 

Festg Kehr PKehr = Papstum und Kaisertum. Forschungen zar: polit. Geschichte u. 
Geisteskultur d. Mittelalters. Festgabe Kehr zur 65. Geburtstage dargebracht 
hgg. A. Brackmann, Miìnchen 1926, 

FK = Festschrift Adalbert Kuhn gewidmet. 

Fl] = Folklore. 

FR = Alle fonti delle Religioni. 

FW = ’Avtidwpov, Festschrift J. Wackernagel gewidmet, Gòttingen 1924. 

G = DeGids. 

Gc FI = Giornale critico della Filosofia italiana. 

Gesch Deusch Vorz = Geschichtschreiber (die) der deutschen Vorzeit. 

GGA = Goétting. Gelehrte Anzeigen. 

GGN = Géottingische Gelehrte Nachrichtén. 


Gl = Glotta. 
H = Hermes. 
HG = Das humanist. Gymnasium, 


H]J = The Hibbert Journal. 

Hist Jahrb = Historisches Jahrbuch (Miinchen). 

Hist Viert J Schr = Historische Vierteljahresschrift (Leipzig). 
Hist Zeitschr = Historische Zeitschrift. 

HSCI Ph = Harvard Studies in Classical Philology. 

HThR = The Harvard Theological Review. 

IA = The Indian Antiquarry. 

JAnthr = Journal of Anthropological Institute. 

JAOS Journal of American Oriental Society. 

JASB = Journal of the Anthropological Society of Bombay. 
JBBAS = Journal of Bombay Branch of the Roval Asiatic Society. 
IJIBRS = Journal of the Burma Researèh Society. 

TD -— Inaugural Dissertation. 

Jd AI -= Jahrbuch d. Deutsch. Archiolog. Instit. 


IF = Indogermanische Forschungen. 
JHS = Journal hellenic Studies. 
IJE — International Journal of Ethics, 


— 414 — 


ABBREVIAZIONI 


IMWKT!= International Monatschrift fiir Wissenschaft. Kunst und Technik. 
Inst Hist Belg = Institut historique Belge (Roma). 

JPHS = Journal of the Panjab Historical Society. 

JR = The Journal of Religions. 

JRAS = Journalof the Royal Asiatic Society of Great Britain and Ireland. 
IRM = Theinternational Review of Missions. 

JS = Journal des Savants. 

Kath = der Katholik. 

LF = Listv Filologické. 

LZB = Literarisches Zentralblatt. 

MAL = Memorie della R. Accademia dei Lincei. 

MB = Musée Belge. 

M Bibl. = Mythologische Bibliothek 

Misch Ehrle = Miscellanea in onore di S. E. il Card. Ehrle. 

Mitt Inst Oest Gesch = Mitteilungen des Instituts fiir Oesterr. Geschichtsforschung. 
Mm = Museum. 

Mn = Mnemosyne. 

Mon Germ Hist = Monumenta Germaniae historica. 

NA = Nuova Antologia. 

X Arch Ges deutsche Gesch. = Neues Archiv der Gesellschaft fiir Altere deutsche 


Geschichtskunde. 
NaG = Aus Natur and Geisteswelt. I 
NC = Nuova Cultura. 


NGWG = Nachrichten d. Gesellsch. d. Wiss. zur GOttingen. 
XJ = Neue Jahrb. klass. Philol. 

N J = Das neue Jahrhundert. 

NJP = Neue Jahrb. f. Paedagogik. 

N Riv St = Nuova Rivista Storica. 

N Ru = Die neue Rundschau. 

NT = Nordisk Tidskrift. 

NThT = Nieuw thedl. Tijdskrift. 

OLZ = Orientalistische Litteraturzeitung. 
OMO = Osterreichische Monatschrift fiur den Orient. 
Or Byz = Orient Bvyzantin. 

OZ = Ostasiatische Zeitschrift. 

PB = Pastor bonus. 

Ph = Philologus. 

PhQ = Philological Quarterly. 

PhW = Philologische Wochenschrift. 

Pr J = Preussische Jahrbiicher. 

Pr M = Protestantische Monatshefte. 

PrTh R = The Princeton Theological Review. 
QMS = The Quarterly of the Mytic Society. 
ORG = Quellen der Religionsgeschichte. 


Q u F Géorresges = Quellen und Iorschungen aus dem Gebiet der Geschichte in 
Verbindung mit dem histor. Instit. in Rom hgg. v. der Gérresgesellschi.ft. 
RA = Revue archéologique. 


RAL = Rendiconti R. Accad. Lincei. 

R Antr = Rivista di Antropologia. 

Rass St Ris = Rassegna storica del Risorgimento. 

R B Ph(H) = Revue belge de Philosophie et d’Histoire. 

RC = Revue critique. 

REA = Revues des études anciennes. 

REG = Revue des études grecques. 

Rend PAcc Arch = Rendiconti Pontificia Accademia di Archeologia. 
Rev Belg Phil = Revue Belge de philologie et d'histoire. 

Rev Bén = Revue Bénédictine de l’abbaye de Maredsous. 


— 415 — 


ABBREVIAZIONI 


Rev Cours Conf = Revue de cours et conferences. 

Rev Cr H Lit = Revue critique d’histoire ed de littérature. 
Rev 2 M = Revue des deux mondes. 

Rev Exp = The Review of Exposition. 

Rev Hist = Revue historique. 

Rev Hist Eccl = Revue d'histoire Ecclesiastique (Louvain). 
Rev O His = Revue des Questions hiStorigues: 


RFCI = Rivista di filologia classica. 
RG = Religion und Geisteskultur. 
Rh M = Rheinisches Museum. 
RIGI = Rivista-Indo-greco-italica. 
RIS = Rivista italiana di Sociologia. 


Riv Arch Cr = Rivista di Archeologia Cristiana. 

Riv St Ben = Rivista Storica Benedettina. 

Rim Quart = Rémische Quartalschrift. 

R Ph = Revue de Philologie. 

RS = Revue Sémitique d’épigraphie et d'histoire ancienne. 


RSFR = Rivista di Studi filosofici e religiosi. 

RSO = Rivista degli Studi Orientali. 

SBAB = Sitzungsberichte der Akademie zu Berlin. 

SBAM = Sitzungsberichte der Bayerischen Akad. der Wissensc haften zu Miinchken. 
Sc Catt = Scuola (La) Cattolica. 

SGWG = Sitzungsberichte d. Gesellsch. d. Wiss. zu Gottingen. 

SHAWopp.SAH = Sitzungssberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften. 
SIC = Studî italiani di filol. classica. 

Sitzb Ak Berl = Sitzungsberichte der preuss. Akademie der Wissensch. 

SPAW = Sitzungsberichte d. preuss. Akad. d. Wiss. 


SPCh = Society for the promotion of christian knowledge. 
S Ph = Studies in Philology. 
Sp Sacr Lov = Spicilegium Sacrum Lovaniense. 


St Z = Stimmung der Zeit. 

Th Bg = Die Theologie der Gegenwart. 

Th L BI = Theologisches Literaturblatt. 

Th LZ = Theologische Literaturzeitung. 

TITLV = Tijdschrift van indische taal-, land- en volkenkunde. 

TP = Toung Pao. 

TPAPhA = Transactions and Proceed. of the Amer. Philol. Association. 
VA W = Verhandelingen der K. Akademie van Wetenschafen te Amsterdam. 
Verh d Vers D Philol = Verhandl. d. Vers. deutscher Philologen, 


VMAW = Verslagen en mededeelingen der K. Akademie van Wetenschapen, te. 
Amsterdam. 
VP = Vita e pensiero. 


W BI F A = Wiener Blatter des Fr. d. Antik. 
WS = Wiener Studien. 


Z Ass = Zeitschrift fiir Assvriologie. 
Z Buddh = Zeitschrift fur Buddhismus, 
ZDMG = Zeitschrift fiir die deutsche morgenlindische Gesellschaft. 


Zeitschr Kirch Gesch = Zeitschrift fiir Kirchengeschichte (Gotha). 
Zeitschr Kath Th = Zeitschrift fiir Katholische Theologie (Innsbruck) 
ZEthn = Zeitschrift fiir Ethnologie. 

ZInd = Zeitschrift fiir Indologie. 

ZMR = Zeitschrift fiùr Missionskunde und Religionswissenschaft. 
ZTh K = Zeitschrift fiir Theologie und Kirche, 

ZVUV = Zeitschrift des Vereins firr Volkskunde, 


n _ ————————t-6@€ A 1 Lr IIuErr————OÒ)Eh*é....r..,/rr.r[[J/,./.., JJ, 


Pio Bondioli, direttore responsabile 
Unione Tipografica — Milano «Il 4), Corso Roma, 98. 


— 416 — 


| 
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i 


ANNO I. - FASC. 3 OTTOBRE 1927 


AEVUM 


RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE 


LINGUISTICHE E FILOLOGICHE 


PUBBLICATA PER CURA DELLA FACOLTÀ DI LETTERE 
DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE 


DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA S. AGNESE, 4 - MILANO (108) 
Conto corrente postale 


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AEVUM 


RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE 
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE 


Esce in 4 fascicoli annuali di complessive pp. 800 in-8.0 


DIREZIONE e AMMINISTRAZIONE 
presso la Università del S. Cuore in Milano (108), via S. Agnese, 4 


ABBONAMENTO ANNUO - Italia e Colonie L. 50,30 Estero L. 70,30 
NUMERO SEPARATO - ” » » 20,00 » » 30,00 


SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO 


Inedita ei yara: 


PaoLo REVELLI, Un trattato geografico-politico di Giuseppe Mo- 
leti: « Discorso che il re cattolico sia il maggior principe del 


mondo » [1580-81] con 2 illustrazioni . . . - . . . +. pag. 417 
Augusto MANCINI, Inventari di librerie imianistiche e da e » 455 
Bollettini bibliografici: 
Carro Conti Rossini, Etiopia (1915-1917) . . . ...... » 459 
CamiLto CEssi, Virgilio (1919-1925)... » S2I 
Recensioni: 
CHARLES BaLLy, Le langage et la vie (G. B. Pighi) . ....  » 683 
J. B. HOFMANN, Lateinische Umgangssprache (G. B. Pighi). ; » 589 


A Manual of Navaho Grammar. Arranged by Fr. BERARD HAILE 
O. F. M. of the Cincinnati Province La St. sii the ua 
(A. Ballini) La n 592 


Notiziario: 1. Ancora per la tradizione delle opere del Columella 
(J. Trotzhi) — 2 «Historia» Studi storici per l’antichità 
classica, fondati da Ettore Pais, nuova serie (Aristide Cal- 
derini). — 3. Le onoranze al Prof. Felice Ramorino — 4. 
La scienza del linguaggio. — 5. A proposito del testo del 
De docta ignorantia del Cusano (Paolo Rotta). — 6. Pom- 
pei e i Cristiani (A. Calderini). — 7. L'esplorazione di 
una fortezza dei Crociati in Palestina (A. C.). — 8. Il 
Congresso geografico di Milano (Paolo Revelli). — 9. Con- 
gresso di linguisti all’Aja nella primavera 1928. — 10. Con- 

| gresso geografico internazionale di Cambridge. — 11. Pro- 
grammi dei corsi di lettere dell’Università Cattolica del Sa- 
cro Cuore per l’anno scolastico 1927-1928. — 12. Isidoro 
Del Lungo (Carlo Calcaterra). — 13. Walter (ERRE (Pie- 
tro Romanelli). — 14. Luigi Ceci . . deg: AGE 803 


To ATENE 


INEDITA ET RARA 


PAOLO REVELLI 


o 
Professore di geografia nella Regia Università di Genova 
e incaricato nella Univ. Cattolica del S. Cuore 


UN TRATTATO GEOGRAFICO-POLITICO 
DI GIUSEPPE MOLETI: 


« DISCORSO CHE IL RE CATTOLICO SIA IL 
MAGGIOR PRINCIPE DEL MONDO» [1580-81] 


CON 2 ILLUSTRAZIONI 


1. — Fonti per lo studio della concezione geografico-politica 
nel Cinquecento: un'opinione erronea sul dominio del Tuico. 

Per seguire lo sviluppo, all’inizio dell'età moderna, di deter 
minati concetti di geografia fisica (nell'ampio senso della denomina 
zione: morfologica; climatologica; biologica) dobbiamo ricorrere 
particolarmente ad opere che rientrano in quell’orbita di studi che 
fu indicata un tempo col nome di « filosofia naturale » 1). Analoga- 
mente, l'elaborazione, attraverso il Cinquecento, di determinat 
concetti di geografia umana, più che nci trattati « geografici » de! 
tempo, i quali hanno, come la notissima Cosmografia di SEBASTIANO 
MUNSTER (1537-1541) 2), a loro principale scopo la descrizione 


I) K. KRETSCHMER: Die Physische Erdhunde im christlichen Mittel 
‘alter («Geograph. Abhandlungen», IV, 1), Wien, HOlzel, 18809: p. IV 
150 in-8, ill.; S. GUNTHER, Gesch. d. Erdkunde, Leipz. und Wien, Deu- 
ticke, 1904, cfr. p. 120; R. ALMAGIA’: Le idee geo-fisiche di BERNARDINO 
TeLESIO («Scritti in onore di G, Dalla Vedova », Firenze, Ricci, 1908); 
Ip.: La geografia fisica in Italia nel Cinquecento (« Bollettino della So- 
«cietà Geografica Italiana », 1909, VII, p. 710-739). 

2) Si considera, generalmente, come prima edizione quella, tedesca, 
«del 1544; ma l’opera compare già, in un primo abbozzo, sette anni prima. 


— 417 — 


Aevum - Anno I - 27 


PAOLO REVELLI 


corografica, e serbano carattere enciclopedico 3), va rintracciata 
in lavori d'altra natura e, per non piccola parte, negli scritti che 
hanno determinati fini politici 4). 

Di particolarissimo interesse per la storia della concezione 
geografico-politica nel Rinascimento sono, notoriamente, le relazioni 
sui vari Stati d'Europa — con eventuali accenni ai dominii spagnuoli 
e portoghesi extraeuropei, specialmente in terra d'America — det- 
tati da residenti e ambasciatori, fra cui hanno un posto cospicuo i 
veneti, come appare dalla collezione dell’ALBÈRI 5). Composte 
attraverso una faticosa ricerca personale di dati statistici (produzione 
e scambio di ricchezza; forze di terra e di mare: bilanci), di accenni 
alle varie correnti dell’opinione pubblica, alla formazione e alla 
forza dei partiti, a particolarità e segreti della vita delle varie Corti, 
e quindi tessute in grandissima parte di elementi che escludono l’in- 
tento della divulgazione, non poche di quelle relazioni, che possono 
dirsi abbozzi di trattazioni geografico-politiche sui singoli Stati, 
presentano ben presto un interesse così vivo da suggerire l’idea di 
una raccolta destinata, mediante la stampa, a un vasto pubblico di 
lettori. 

La potenza del Turco, non fiaccata a Lépanto (5 ott. 1571), è 
oggetto, negli altri Stati d'Europa, di preoccupazione generale, più 
o meno viva, a seconda della rispettiva posizione geografica. Si com- 
prende quindi come, dandosi particolare importanza, per il pericolo 
che esso rappresenta per l'Europa cattolica, al dominio turco nel 
bacino del Mediterraneo, vada acquistando credito un’opinione de- 
stituita di fondamento: la credenza, cioè, che il dominio del Gran 
Signore sia la più vasta unità politica del tempo. Questo presuppo- 
sto, ammissibile soltanto per chi prescinde, non solo dall'esistenza 
dell'Impero Cinese, ma anche da quella del dominio coloniale spa- 
gnuolo in America, viene ben presto validamente combattuta. Da 
chi? 


3) L'ipotesi, solo apparentemente paradossale, di CAMILLE VALLAUX 
(Les sciences géographiques, Paris, Alcan, 1925: pp. VIII-413: cfr. p. 23), 
per cui la perfezione raggiunta dalla tecnica cartografica nella rappresen- 
tazione di elementi di vario genere distribuiti sul terreno contribuisce 
ad ostacolare la concezione dell'unità scientifica della Geografia, trova 
conferma nel fatto che le minute descrizioni di carattere corografico 
risalgono allo stesso tempo in cui si forma la carta moderna dei vari 
Stati. 

4) P. REVELLI: La Geografia nel Cinquecento (« Bollettino della R. 
Società Geografica Italiana », 1913, II e III, pp. 63). 

5) E. ALBERI: Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, 
Firenze, 1830-63, 15 voll. in 8° gr. I sci volumi della Serie I compren- 


— 418 — 


GIUSEPPE MOLETI 


è 
* * 


2. — llu Discorso... della grandezza de’ Stati, Domini de cinque 
frà li più potenti Regi e Signori dell'Universo », stampato nel 1590 
e attribuito a Orazio Malaeuzzi. 

È noto da tempo agli studiosi uno scritto che deve la sua dif- 
fusione al fatto di essere stato compreso nella prima edizione della 
continuazione di una notissima raccolta di trattati, relazioni e me- 
morie d'’indole politica, di vario valore e di vario interesse: il 7Aesoro 
politico che vede la luce, in uno scorrettissimo testo italiano, con la 
falsa data di Colonia, nel 1598 6). 

Lo scritto, che si propone di graduare, secondo l'ampiezza del- 
l’area, 1 cinque maggiori Stati terrestri, appare — non però per la 
prima volta — nella continuazione della raccolta, già annunciata 
nella prima edizione dell’opera, stampata a Milano nel 16001: « La 
seconda parte del Thesoro politico nella quale si contengono trattati, 
discorsi... Di nuovo raccolta ad istanza di Girolamo Bordone ec Pietro 
Martire Locarni » (dedica in data 14 ottobre 1601 a Lodovico Ricci 
« dei Sessanta del Consiglio Generale della Città di Milano »: in-129; 
pp. 520 num. + 12 n.n., in principio). Esso comprende 15 pagine, 
(p. 86-100) del 2.0 volume dell'edizione del Bordone 7), e porta il 
titolo seguente: «Discorso dell’Ill. Sig. Horatio Malaguzzi gentil'huo- 
mo Regiano, nel quale sotto buone regole dei moderni Geografi, 
vien fatto diligente paragone della grandezza de Stati, Domini de 
cinque fra li più potenti Regi e Signori dell'Universo... ». 

Questo Discorso, in cui il doniinio del Re di Spagna è procla- 
mato, a ragione, il più vasto del mondo [verso la fine del Cinque- 


dono relazioni dei varî Stati europei, esclusa l’Italia; i cinque volumi 
della Serie II relazioni sui varî Stati italiani; i tre volumi della Serie IlI 
relazioni sull'impero Ottomano - Segue un volume, come « Appendice ». 

6) La prima edizione che ha per titolo: Thesoro Politico (cioè Relatio- 
ni, Trattati, Discorsi varî d'ambasciatori, pertinenti alla cognitione, et 
intelligenze delli Stati, interesse et dipendenza de’ più gran Principi de 
moncdo), reca le seguenti note tipografiche: « Nell'Accademia Italiana 
di Colonia l’anno 1598... In Colonia per Alberto Coloresco, stampatore 
dell’Accademia, l’anno 1597 » [corr. in 1598) (in-8°, come si direbbe ora). 
Colla data del 15098 abbiamo una terza ristampa (in 10°) di questa prima 
parte dell’opera che si ha ragione di ritenere stampata effettivamente 
in Italia, e precisamente a Milano, al pari della sua continuazione. 

7) IVI volume, che reca, in data 20 maggio 1000, la dedica a Ghe- 
rardo Basso, s'intitola: La prima parte del T'hesoro Politico (in Milano, 
Appresso Girolamo Bordone, e Compagni. L’anno del Santissimo Giubi- 
leo M D C: pp. n. n.12+ 051). 


—— 419 — 


PAOLO REVELLI 


cento], viene riprodotto in edizioni successive della nota raccolta, 
da quella di Bologna del 1633 a quella di Francoforte del 1617 8): 
esse manca però all'edizione di Vicenza del 1602 9). Il testo è sempre 
quello dell'edizione milanese del 1601, la quale non è se non la ri- 
produzione di uno scritto a stampa apparso collo stesso titolo, e 
collo stesso nome di autore, nel 1590, in Ferrara, a integrazione della 
versione italiana di un trattato politico dovuto a un diplomatico 
savoiardo, legato di Carlo Emanuele I di Savoia alla corte di Enrico 
II di Francia nel 1586, e plenipotenziario, dello stesso Duca di Savoia, 
unitamente al conte d’Arcona, per la conclusione del trattato di 
Lione (1602). L'edizione originale, francese, col titolo: De la naissance, 
durée et cheute des Estats di René de Lucinge o Lusinge [Lusynge] 19) 
fu pubblicata a Parigi nel 1588; ma il trattato, che fu tradotto anche 
in inglese e in latino, fu generalmente noto sotto un titolo posteriore 
(Progrès et déclin de l’Empire des Turcs), lievemente modificato nella 
versione italiana che porta precisamente questo titolo: « Dell’origine, 
conservatione. et decadenza de gli Stati... Del Signor Renato di Lu- 
singe... Tradotto dal Sig. Girolamo Naselli, dalla lingua Francese 
nell’Italiana. Con un discorso del S. Conte Horatio Malaguzzi sopra 
i Cinque Potentati maggiori del Mondo » 11). Questo ultimo scritto 


8) Continuazione del Thesoro politico, Bologna, Giov. Rossi, 1603: 
cfr. p. 79-92, Cap. X1; PHILIPPI ONORII, Thesaurus politicus... «opus 
coll. ex italicis cum publ. tum manuscr. variis...». Ed. postr., 1017, 
Fr. N. Hoffmann - testo ital. e vers. lat. in 2 colonne: cfr. 547-558. 
Il Discorso fu riprodotto anche nel Turcici Imperii Status.... (Leida, 
Elzevir, 1634, p. 156-163: 18 ed., 1630). 
| 9) Tesoro politico: Vicenza, per Giorgio Greco: ff. num. 430 in - 32°. 

Io) René de Lucinge, signore di Alimes e di Montrosat, n. nel 1553, 
m. in Francia, esule, intorno al 1615, era figlio al capitano Charles e 
ad Anna de Liobard. Dal 1572 al 1582 militò contro i Turchi, sotto le 
insegne di Carlo di Lorena, Duca di Mayenne. Autore di Le premier 
loisir (Paris, 1586), che contiene la sua versione francese del Disprezzo 
del mondo di Giovanni Botero, fu, dopo il trattato di Lione (che diede 
al Duca di Savoia Saluzzo, in cambio di La Bresse e Bugey) sconfessato 
dal Duca Carlo Emanuele I; ed ebbe, per un suo opuscolo sull’argo- 
mento (1603), confiscati i beni dal Parlamento di Chambéry. 

11) In Ferrara, Appresso Benedetto Mamarello," MDXC. Carte 
numcr. IoI + II n.n. (in - 32°). La dedica dello stampatore, al conte 
Hercole Bevilacqua, è in data I° giugno 1590. 

GIOVANNI BortERoO, nelle sue Relazioni universali, di particolare 
importanza nella storia della geografia politica, dopo di aver notato che 
il dominio del Prete Gianni «non corrisponde veramente in effetto 
{benchè sia amplissimo) alla fama », ricorda lo scritto stampato col nome 
del Malaguzzi: « Horatio Malagucci in un suo certo discorso della gran- 
dezza degli Stati d’hoggidi, vuole ch'egli abbia dominio maggiore d'ogni 


— 420 — 


GIUSEPPE MOLETI 


(c. 93r. IVI v.) ha questo titolo preciso: « Discorso dell’Illustre Sig. 
Horatio Malaguzzi gentiluomo Reggiano. Nel quale, sotto buone 
Regole de’ Moderni Geografi, viene fatto diligente Paragone della 
grandezza de’ Stati. Dominj de’ cinque fra li più potenti regi, et 
Signori dell'Universo; cioè del Potentissimo Re Catholico; del Prete 
Janni; del Gran Cane di Tartaria, del Soff, ouero Re di Persia, et 
del Gran Turco; misurando gli Stati e parti di ciascuno a ragione di 
miglia quadre italiane, e calcolandole con regole di Geografia, Ma- 
thematica, e Arithmetica » 12). 

Al « Discorso », il quale giunge alla conclusione che il più vasto 
Stato terrestre è quello del Re di Spagna, esteso su un area di circa 
8.074.000 miglia quadre italiane di cui più di 7 milioni nel conti- 
nente americano (dal computo sono escluse, deliberatamente, le 
isole), noi potremmo assegnare una data intermedia fra il 4 agosto 
1578 {data della morte di Re Sebastiano) e il 31 gennaio 1580 
(data della morte del Reggente, Enrico di Braganza, Cardinale), 
e, con approssimazione, la data del 1579. In esso, effettivamente, 
leggiamo: « al re Giovanni [III: m. l’II giugno 1557], ultimo di 
questo nome di Portugallo, auo del Re Sebastiano ultimamente 
morto dell’anno 1578 » (carta 99 r.); « non essendo il Regno di Por- 
togallo della ragione del Re Catholico » (carta 101 r). 

Ora, poichè sappiamo, anche da una nota del Tiraboschi 13), 
che il conte Orazio Malaguzzi (Maleguzzi per il Tiraboschi, e per 
altri biografi) fu ambasciatore di Alfonso II d’Este alla corte di 
Filippo II di Spagna dal luglio 1576 al maggio 1580 14), e 
il « Discorso » risulta indirizzato a un Re (« Dovendo io venire al 
punto di quello che V. M. desidera sapere da me »), il quale non 
può essere che il Re di Spagna del tempo, parrebbe a tutta prima 
pienamente accettabile l'affermazione di un tardo biografo del Ma- 
laguzzi, il Crispi, che scrive nel penultimo decennio del Settecento. 


altro Prencipe, fuor che del Re Catholico » (Parte II, libro III: ediz 
1598, p. 102). 

| 12) Nella Seconda Parte del Tesoro Politico seguono le parole: 
«e si conchiude che il primo è il Re Catolico ». 

13) Biblioteca Modenese, Modena, Soc. Tipograf., II91:S, 6 voll.: 
cfr. vol. VI, p. 132. 

14) Le lettere del M. relative alla sua legazione nella Spagna 
portana queste date estreme: 16 luglio 1576 - 29 maggio 1580 («Itegistro 
delle lettere d'Orazio Malaguzzi »: Mscr. estense a. S. 8. 12; sec. XVI- 
XVII; ff. scritti 204; cm. 30,3 X 21 3. Leg. in cartone e pelle. Sulla 
costola, in oro: « Maleguzzi. Lettere ». Copie della Cancelleria estense). 
Sono grato alla cortesia del comm. Fava, Direttore dell’Estense, che 
mi permise di consultare con ogni agio.il manoscritto. 


ch 


PAOLO REVELLI 


Achille Crispi, a cui noi dobbiamo quanto si legge intorno agl 
scrittori reggiani nella Biblioteca Modenese del Tiraboschi (1781-6), 
e quindi l’articolo su « Maleguzzi Valeri (Conte) Orazio » apparso nel 
vol. III (p. 123-7) di essa, scrive espressamente: « Mentre il Conte 
Orazio era alla corte di Filippo Il, ad istanza di questo Principe 
scrisse un Discorso sopra 1 cinque Potentati maggiori del Mondo, che 
è annesso al Trattato dell'origine, conservazione e decadenza degli 
Stati di Renato di Lusinge... e poi fu anche inserito nella Parte II 
del Tesoro Politico stampato in Milano nel 1601 e in una Raccolta di 
Dissertazioni Politiche Latine stampate in Francoforte nel 1615». 
Quali elementi abbiamo per porre in dubbio questa affermazione? 
Vediamo di raccogliere, specialmente da quanto scrive lo stesso 
biografo, le notizie essenziali sulla vita dell’autore a cui è stato fino 
a leri attribuito, senza discussione, il Discorso che ci interessa. 
Orazio Malaguzzi Valeri, figlio ad Annibale, nato a Reggio 
intorno al 1530, appartiene a una nobile famiglia reggiana, che ha 
dato, e dà tuttora, pregiati cultori agli studi (Veronica, 1630, 1630- 
1690); Ippolito, 1776-1854; Ippolito (1857-1905); Francesco) ed è 
nota anche a chi ha una conoscenza elementare della biografia dei 
nostri classici maggiori 15). Nel 1559, quando ancora non era 
trentenne, fu tra gli ambasciatori che Reggio inviò a Alfonso II 
d'Este, nuovo Duca di Ferrara. Nominato nel 1565 Conte Pala- 
tino dall'Imperatore Massimiliano II, fu Cameriere d'onore di 
Papa Pio V (Michele Ghislieri: Papa dal 7 gennaio 1566; m. il 1° 
maggio 1572), di cui scrisse, come ricorda PaoLo FATIcA (Vita di 
Pio V, 1664), la biografia in latino e italiano ad istanza del nipote, 
Cardinale. Quattro anni dopo la morte del Pontefice, di cui egli ebbe 
tutta la fiducia, fu da Alfonso II d'Este inviato ambasciatore nella 
Spagna, alla corte di Filippo II. Morì in Padova nel suo 53° anno, 
come ricorda l'iscrizione sepolcrale nella cattedrale reggiana, nel 
1583: il suo testamento — rogito di Fabrizio Fabiam — porta la 
data del 17 giugno 1583. 
Dottore in filosofia e teologia, coltivò particolarmente gli studi 
di filosofia aristotelica. Ebbe consuetudine con varî studiosi d’Ari- 


15) « Bella nei patrii fasti risplende l’antica e nobile famiglia reg- 
giana dei Malaguzzi, dalla quale discese quella Ilaria che poi doveva 
onorare il mondo e la patria nostra, dando la vita a quel grand’epico 1- 
taliano che fu l’'Ariosto. Di ben dodici uomini illustri di questa rispet- 
tabile famiglia fa menzione il Tiraboschi nella sua Biblioteca Modenese, 
1 quali si distinsero nelle scienze, nelle lettere e nelle arti» (EnRICO MAN- 
ZINI, Memorie storiche dei reggiani più illustri nelle lettere e nelle arti 
dal 1768 al 1877, Reggio nell'Emilia, Degani e Gasparini, 1878, pp. AV, 
719 în 10: cfr. p. 359 e segg). 


— 422 — 


GIUSEPPE MOLETI 


stotele, fra cui il Sigonio, che a lui dedicò la sua versione latina 
della Retorica, apparsa a Bologna nel 1565. Attese special- 
mente a studi sulla Poetica di Aristotele, rimasti forse incom- 
piuti, e, ad ogni modo, non pervenuti a noi. Oltre alla biogra- 
fia di Paolo V, il cui testo era conservato un tempo presso la famiglia 
Malaguzzi, e a un trattato dal titolo: Considerazioni per bene acqui- 
tare le maggiori dignità, il cui manoscritto, forse autografo, fu pos- 
seduto dal suo biografo (il Conte Achille Crispi di Reggio, dimorante 
in Ferrara), lasciò, come si è visto, varie lettere, relative alla sua 
legazione nella Spagna, di cui l’Estense ci conservò il « Registro », 
‘ossia la copia autentica (cfr. la nota 14). Cosicchè la parte essen- 
ziale della sua produzione può dirsi d'interesse filosofico (estetice- 
morale) o politico. 

Veramente, il trattato di cui ci occupiamo, quautunago sia 
d'interesse politico, presenta un carattere notevolmente diverso da 
quello offerto dagli altri lavori del Malaguzzi, che presuppongono 
essenzialmente, nel loro autore, una determinata preparazione filo- 
sofica, storica e letteraria. Esso presuppone, evidentemente, una 
particolare consuetudine con gli studi geografici, e, più precisamente 
l'abito di consultare carte geografiche e di trarre da queste gli ele- 
menti atti al calcolo dello sviluppo della linea di costa e dell’area delle 
varie regioni terrestri, quali sì possono ricavare, con relativa facilità 
e speditezza — più che da una serie casuale di carte particolari, a 
scala diversa, rappresentanti, nel loro insieme, la totalità della su- 
perficie terrestre --- da un atlante, o meglio ancora, da un globo a 
scala relativamente grande. Ma questa considerazione non basta, evi- 
dentemente, da sola ad escludere che il « Discorso » possa essere opera 
del Malaguzzi, poichè tra gli scrittori della seconda metà del Cinque- 
cento si noverano non pochi poligrafi e poichè, soprattutto, la cul- 
tura geografica che doveva costituire una base necessaria all’in- 
dagine in questione era assai comune fra i letterati italiani, nell'età 
del Bembo e del Fracastoro e in quella immediatamente successiva. 

La ragione per cui noi ci induciamo ad affermare che il Discorso 
apparso col nome di Horatio Malaguzzi in Ferrara nel 1590, cioè 
circa sette anni dopo la morte dell'autore, non è del Malaguzzi, è 
diversa, ed ha ben altro carattere probativo. 


3. — Un apografo ambrosiano di Giuseppe Molett. 

Nella Biblioteca Ambrosiana (Milano), a’ segni P. 145 [Sup.], 
si conserva una cartella (cm. 32 x 23,3) che contiene roscritture, della 
fine del secolo XVI o del principio del XVII: tra le scritture « di 
vario sesto, legate separatamente, in condizioni buone o mediocri 


— 423 — 


PAOLO REVELLI 


di conservaziorie », quella contrassegnata dal numero 3, che consta 
di 6 fogli scritti-(cm. 30,9 X 21), porta il seguente titolo, di mano di G. 
V. Pinelli [m.'nel 1601]: Di G. Moleto, sullo stato del Turco, acui segue 
questo altro sottotitolo, di mano diversa, e posteriore: Discorso che il 
Ke Catolico sia sl maggior principe del Mondo. Di questo Discorso può 
considerarsi copia un’altra scrittura 16) conservata in un altro codice 
ambrosiano (S. 96 [Sup.], f. 327 -- 41 v) che porta il seguente titolo, 
anch'esso di mano dell’eruditissimo Pinelli (1535-1601), noto mecena- 
te di studiosi, la cui casa in Padova accolse, ai primi di dicembre del 
1592, Galileo Galilei che il 7 dicembre pronunciava il suo discorso 
inaugurale allo Studio di Padova come lettore di matematica — cat- 
tédra, tenuta fino al giorno della morte, avvenùta circa quattr’anni 
prima, da Giuseppe Moleti (Moleto, Moletti, Molezio) 17). 

La scrittura ambrosiana che, dall’attestazione del Pinelli — dot- 
tissimo cultore degli studi geografici, il quale meditò probabilmente 
di pubblicare una raccolta di trattati contemporanei d'interesse 
geografico-politico 18) — sappiamo essere opera dell’insigne mate- 
matico, astronomo e geografo messinese che fu legato al Pinelli (a 


16) PaoLo REVELLI: Terre d’America e Archivi d'Italia (Publ. 
in occasione del XXII Congresso Internazionale degli Americanisti), 
Milano, Treves, 1926, pp. VIII - 187 in 8° gr., con 8o ill. e 1 busta conte- 
nente tre grandi tavole: cfr. p. 72 e l’ill. 42. 

17) Opere di G. GALILEI, Edizione Nazionale, Vol. X, p. 51-53. 
1 Galilei aveva aspirato alla «lettura di Matematiche rimasta vacante 
nello studio di Padova per la morte di Giuseppe Moletti » fin dal 1589 
(cfr. X, 42; p. II del Regesto biografico galileiano di Antonio Fàvaro, 
Firenze, Barbera, 1907), cioè prima ancora che gli venisse conferita la 
cattedra di matematica nello Studio di Pisa (luglio 1589: Opere, XIX, 
P. 39, 43, 94, 605, 638; Regesto cit., pag. 12); ma solo il 26 sett. 1592 ve- 
niva eletto alla cattedra dal Senato Veneto « per quattro anni di fermo 
e due di rispetto, con la provvisione di annui fiorini 180 » (Reg. cit., 
pag. 13). 

Il favorevole giudizio dato dal Moleti sul giovane Galileo, nel 1587 
(« buono, et esercitato geometra »), ci è conservato da un apografo am- 
brosiano: A 71 Inf., f. 95 r.— 96 v. IH M. giudica « buoni » un lemma e un 
teorema ‘di Galileo («de centro gravitatis solidorum »: Ed. nazion. 
delle Opere del G.: I, 183). 

18) Il grande numero di relazioni di ambasciatori e residenti, di 
trattati d’interesse gcografico-politico che dalla ricchissima libreria 
padovana del Pinelli passarono ad arricchire la biblioteca di Federico 
Borromeo, al tempo della sua prima fondazione, riportata generalmente 
al 1609 (se anche la raccolta cominciò qualche anno prima), sembra 
confermare pienamente la supposizione del Gualdo, primo biografo del 
dotto mecenate (PaoLo GuaLrpo, Vita Joh. V. Pinelli, Aug. Vindelic., 
1607). — Sul P. cfr. G. TiRaBoscHI, St. d. lett. ital., VII, 1, p. 352 
(ed. 1824). | 


— 424 — 


GIUSEPPE MOLETI 


cui lasciò, morendo, la sua « perspetiua di Tolomeo scritta a penna. 
e in bergamina » e una versione portoghese della Sfera del Sacru-. 
bosco: Ambr. S. 98, f. 184-9) da profondi vincoli di amicizia, 
principia con queste parole: « E’ nelle menti degli huomini et. 
forse di qualche conto. entrata oggi un'opinione et confirmatasi 
in modo che con difficoltà par che si possa tor uia, che il Turco 
sia non solo di potenza, ma di stato e di paese dominato da lui il 
maggior Prencipe ch’hoggi nella Terra domini. Il ché quanto sia. 
lontano dal vero può conoscerlo chiunque uorrà uenir durando fa- 
tica in contare e misurare le Prouince dal Turco dominate, et com-. 
pararle con quelle degli altri Prencipi ch'hoggi nel monda pusseggono 
parte notabile della Terra » (f. 1. r). E finisce colle parole: « Et chi 
poi cun la terra dominata da’ loro [cioè dai cinque Principi Si- 
gnori di più vasto dominio, che si seguono in quest’ordine decre- 
scente: Re Cattolico, Prete Janni, Gran Cane, Re di Persia detto il 
Sofì, il Turco] comprendesse li mari et loro stati attinenti senza 
dubbio il Dominio loro sarebbe quasi la metà della superficie della 
terra et dell’acqua et forse più con tutto ciò intendendo noi la 
terra dominata da loro essere discoperta com'è dall’acqua è cre- 
dibile non rimanere nella terra due altre tante parti di discoperto,. 
come potrebbe sapersi da chi ne uolesse pigliar il carico della sup-. 
putatione » (f. 7. 7). 


4. — La stampa del 1590 e l’apografo ambrosiano del 1580 81. 

Un confronto fra il codice ambrosiano e l’edizione del Discorso 
che va sotto il nome del Malaguzzi prova ben presto che il contenuto 
è, sostanzialmente, lo stesso; le differenze sì riducono soltanto al 
questo: nell'edizione è una premessa che manca al manoscritto 
(« Dovendo io venire al punto di quello che V[ostra] M[aestà] de- 
sidera sapere da me, dico che diuidendosi la Terra tutta, secondo i 
Geografi moderni, in quattro parti principali..»); nell'edizione, che 
pure viene pubblicata quando Filippo II di Spagna è da circa 10 
anni signore del Portogallo, e quindi dei dominii coloniali portoghesi, 
non si accenna minimamente alla variazione così importante del 
dominio territoriale avvenuta nel 1580, poichè in essa (carta 101 ?), 
come già fu ricordato, si dice: « non essendo il regno di Portogallo 
della ragione del Re Catholico ». 

Nel resto — e cioè nei dati areometrici che costituiscono l’im- 
portanza, la ragione d’essere dell’una e dell’altra scrittura — ma- 
noscritto ambrosiano e edizione ferrarese coincidono. Come si spiega 
la cosa? - » a sg Sa 

‘ *-.Il manoscritto non può essere, evidentemente, una copia dell’edi- 


— 425 — 


PAOLO REVELLI 


zione, quantunque risulti comune, anche nel tardo Cinquecento, l’uso 
di eseguire copie manoscritte di stampe contemporanee, eventual- 
mente rare, o di difficile accesso, poichè in tal caso si sarebbe pensato 
a sopprimere la premessa, che può dirsi una dedica vera e propria al 
Re di Spagna, ma non già a sostituirla con una introduzione di genere 
così diverso. Nè si comprenderebbe, quando il manoscritto fosse una 
copia, sia pure rimaneggiata della stampa, come mai il manoscritto, 
oltre al merito di una toponomastica incomparabilmente migliore, 
dovesse avere sulla stampa una superiorità incontestata: quella 
dell’esattezza storica. Perchè solo nel manoscritto è traccia d'un 
fatto tanto importante, qual’è l'annessione del Portogallo alla Spa 
gna se questo fatto, al tempo in cui appare la stampa ferrarese, 
è da circa un decennio di dominio pubblico? Come può la stampa 
ignorare l’annessione se il dato areometrico globale relativo al do- 
minio del Re Cattolico si accorda effettivamente assai meglio al 
testo del manoscritto che non a quello della stampa? Non è dif 
ficile trovare una risposta a queste due domande. 

L'identità del contenuto — si può parlare di identità del con 
tenuto, astraendo dalle due varianti già ricordate — si spiega facil- 
mente, ammettendo che la stampa ferrarese deriva dal manoscritto 
ambrosiano, o meglio ammettendo che il Discorso che vasotto il nome 
del Malaguzzi sia effettivamente ricalcato sullo scritto di Giuseppe 
Moleti conservatoci dall’apografo ambrosiano. Ma, in tal caso, do- 
vremmo considerare Orazio Malaguzzi come un plagiario? 

Chi si propone di spiegare l’analogia grandissima, o addirittura 
l’identità del contenuto fra scritti di vario ordine spettanti alla pro- 
duzione letteraria e scientifica del Cinquecento, può essere tratto 
facilmente a formulare inconsistenti accuse di plagio quando a lui 
non soccorrano la piena conoscenza della letteratura sull’argomento 
e un’adeguata comprensione dei tempi, cioè delle ragioni, dei modi 
per cui sorgono e sì propagano determinati generi di scritti, segna- 
tamente gli scritti aventi scopo didattico o interesse politico. 

La prudenza nei giudizi, necessaria alla costruzione scientifica, 
diventa anche più doverosa — se così si può dire — quando ci tro- 
viamo di fronte a pubblicazioni avvenute adinsaputa dei loro autori, 
o dei loro presunti autori, e specialmente di fronte a opere postu- 
me. Per ciò che riguarda quest’ultimo caso, è sempre da tener pre- 
sente la possibilità che un editore pubblichi, in buona fede, col no- 
me di un autore defunto, un manoscritto trovato fra le carte di 
questo e ritenuto erroneamente opera sua originale, tanto se il 
manoscritto sia autografo, quanto se sia apografo. Quando più 
ta.di si scopre l'errore è difficile che alla memoria dell'autore 


— 426 — 


GIUSEPPE MOLETI 


lai 


in questione sia risparmiata, dalla frettolosità d’un critico, l’im- 
ineritata accusa di plagio. 

A Orazio Malaguzzi è avvenuto un caso analogo a quello occor- 
so a Federico Delfino, che fu per 27 anni, dal 1521, lettore di matema 
tica nello Studio di Padova 109). Nel 1559 i « Mathematici » dell’Ac- 
cademia Veneta pubblicavano in Venezia, annesso a un trattato 
De motu octavae sphaerae, col nome di Federico Delfino, un breve 
trattato, dal titolo: « De fluxw et refluxu atque maris subtilis et eru 
dita disputatio » che « godeva ben presto, per il suo pregio intrinseco 
e per la fama del suo presunto autore un largo credito », tanto da 
avere, quasi sùbito, l'onore di essere accolto nei noti trattati del Tai 
snier (De natura magnetis, Colonia, 1562) e del Fullone (De Holo 
metri fabrica, Basilca, 1577). Esso non era che una copia, con bre- 
vissime modificazioni esteriori, e con qualche trasposizione, del 
trattato della marea che Jacopo Dondi (1298-1359) aveva dettato 
intorno al 1350 e che ci è stato conservato da un apografo ambro- 
siano 20). Ma il fatto non implica che il reputato medico, mate- 
matico e astronomo padovano, successore del polacco Baldassare 
Sanossarmo e antecessore del Catena, del Moleti e del Galilei, nella 
cattedra padovana di matematica, meriti la grave accusa di pla- 
giario, poichè Federico Delfino è morto il 7 febbraio 1547, cioè 12 
anni prima che avvenisse la pubblicazione del trattato che andò 
per tanto tempo sotto il suo nome. Assai probabilmente il testo del 
trattato del Dondi, che aveva servito al Delfino per le sue lezioni, fu, 
alla morte di questo, trovato fra le sue carte, e ritenuto opera sua 
perchè, probabilmente, non portava nome d’autore. 

Così quando lo stampatore ferrarese (Benedetto Mamarello) 
decise di publicare la versione italiana del trattato di René di Lu- 
cinge diviso in tre libri — che lumeggiano il modo come il Turco ha 
conquistato il suo dominio, il modo come lo conserva, il modo come 
lo stesso dominio può esserc distrutto — parve particolarmente oppor- 
tuno chiarire gli accenni all’estensione territoriale dell'Impero otto- 
mano contenuti nel trattato dello scrittore savoiardo 21) facendo 


19) AnTonIo Fàvakro: 7 lettori dî matematica nell'Università di Pa- 
dova dal principio del secolo XIV alla fine del AVI («Memorie e do- 
cumenti per la storia dell’Università di Padova », Istituto per la Storia 
dell’Università di Padova, Pad., La Garangola, 1922, pp. 471 in 80: 
p. 1-70): cfr. p. 63. 

20) PaoLo REveELLI: I/ trattato della marea di Jacopo Dondi. Intro- 
duzione; testo latino, versione italiana; appendice. Estr. dalla « Rivista 
geografica Italiana», anno XIX, 1912, pp. 88 in 8°, con 4 ill.: cfr. p. 31-4,84. 

21) Ilcapit. 3° del libro III, intitolato; «Che la monarchia del Turco 
è compresa nel genere degli Stati grandi » (f.69r e 7), contiene un passo di 


PAOLO REVELLI. 


“ 


seguire una trattazione dedicata espressamente a fissare il pos uv 
occupato, fra i più vasti Stati terrestri, dallo Stato ottomano. £ 
questo proposito potè essere suggerito e facilmente condotto a com- 
pimento per il fatto che tra le carte lasciate da Orazio Malaguzzi, 
morto a Padova circa sette anni prima, figurava un trattato che 
giungeva alla conclusione — attraverso tutta una serie di calcoli 
areometrici — che, per vastità di dominio, l’unità politica turca 
occupava, non il primo, ma il quinto posto fra gli Stati terrestri. 
È poichè sì sapeva che il Malaguzzi era stato ambasciatore estense 
alla Corte del Re Cattolico, poteva facilmente acquistar credito la 
voce, raccolta anche da un tardo biografo, che il trattato fosse ef- 
fettivamente opera del Malaguzzi, e più precisamente opera da lui 
composta per aderire a una richiesta di re Filippo II: si potè quindi 
pensare, per crescere credito alla trattazione geografico-politica in 
questione, di farla precedere dalla breve premessa da noi riportata a 
suo luogo, ritoccando il testo in modo da farlo corrispondere alle 
condizioni politiche effettivamente esistenti nel tempo in cui il 
suo presunto autore era nella Spagna (cfr. la nota 134). In questo 
caso la responsabilità dell’attribuzione al Malaguzzi di un trattato 
non suv spetterebbe esclusivamente a chi curò la stampa ferrarese 
apparsa sette anni dupo la sua morte. Ma merita di essere pro- 
spettata anche un’altra possibilità: che l'editore non abbia fatto, dì 
sua iniziativa, alcuna aggiunta al trattato, e si sia limitato a 
riportare il testo trovato fra le carte dello scrittore reggiano, sia 
che esso fosse autografo, sia che esso fusse apografo. È allora? 
Anche se, per ipotesi, il testo in questione potesse essere trova- 
to domani, ovvero anche nel caso che da qualche lettera, da qualche 
sicuro documento risultasse, domani, che effettivamente il Malaguzzi 
presentò il Discorso a Filipo II, bisognerebbe andare molto guardinghi 
prima di dare valore assoluto alla frase « sì come dimostrerò appres- 
so », con cui si chiude la breve premessa, ossia prima di concludere 
che il trattato è opera originale de] Malaguzzi. Infatti, questi, data 
l’usanza del tempo, e più particolarmente date le consuetudini delle 
Corti, poteva — senza essere con questo un vero e proprio plagia- 
rio — rispondere all’eventuale curiosità del Sovrano presentandogli i 
risultati degli studi di uno fra i più reputati « Geografi moderni », 
ai quali si accenna, a proposito della quadripartizione terrestre, 
al principio della premessa. In altre parole, poichè l’essenziale era 


particolare importanza per l’argomento ‘che qui interessa: «Lo stato 
del Turco è senza dubbio tenuto nel numero dei più potenti, ancora che 
non habbia guadagnato tanto innanzi in Europa come già fecero i Ro- 
mani, egli all'incontro in Asia et in Africa gli ha passati ». 


—_ 428 — 


GIUSEPPE MOLETI 


rispondere alla domanda del Sovrano, egli poteva considerare assolto 
il proprio compito presentandogli i risultati di un calcolo areometrico 
vero e proprio istituito da chi aveva particolare perizia in materia, 
senza sentire l’obbligo di fare anche il nome di chi quel calcolo aveva 
istituito, e senza dimostrare, con questo, il deliberato proposito 
di far proprio un merito altrui, come fa chi pubblica col proprio nome 
il lavoro di un altro. 

Ma tutte queste ipotesi sono superflue. Il Malaguzzi non pre- 
sentò mai il « Discorso » a Filippo II, non parlò mai con lui della 
questione relativa all’arca del dominio spagnuolo e del dominio 
ottomano poichè, se ciò fosse avvenuto, ne sarebbe rimasta traccia 
nel « Registro di lettere » conservatoci dall’Estense. Ma mentre 
queste lettere, utili alla storia del regno di Filippo II, contengono 
non pochi accenni alle aspirazioni territoriali del Turco (cfr. f. 
XXV v., XXX r., e le lettere in data Madrid 9g marzo e 5 sett. 
1577, 31 genn., 27 febbr., 21 agosto, 7 ottobre 1578, 16 marzo e 
7 ottobre 1579), nessuna di esse contiene accenni alla questione 
trattata nel « Discorso ». 


x 
* * 


5. — Il « Discorso » sui cinque più vasti Stati terrestri stampato 
nel 1590 col nome di Orazio Malaguzzi (m. nel 1583) è opera di Giuseppe 
Moleti (m. nel 1588). 

In sostanza i termini della questione risultano questi: il Discorso 
è opera del Malaguzzi o è opera del Moleti. Per la prima conclusione 
sta la tradizione, accettata fino a ieri, fondata su elementi di carattere 
esteriore, tradizione che non trova alcuna conferma nelle lettere 
che il Malaguzzi inviò alla Corte estense dalla Spagna; per la 
seconda conclusione stanno la precisa dichiarazione d'un dotto 
di fama e di credito universalmente riconosciuti, e argomenti 
intrinseci, quali il contenuto del Discorso e le specifiche atti- 
tudini, ossia la particolarissima perizia in materia, universal- 
mente riconosciuta al Moleti, che è fra i più reputati editori di Tolo- 
meo, fra i più insigni cultori di geografia matematica del tempo. 
Nè ha, contro l’attribuzione al Moleti, valore alcuno l’obiezione che 
il Discorso pubblicato col nome del Malaguzzi risulta composto pri- 
ma del 1580, anno dell’annessione — durata per ben sci decenni — 
del’ Portogallo alla Spagna, dato che in esso non si fa menzione 
dell'annessione stessa, espressamente ricordata nell'apografo am- 
‘brosiano. Poichè, anche se non si vuole ammettere che il testo ori- 
ginale del Discorso trovato fra le carte del Malaguzzi sia stato rima- 


—_ 129 — 


PAOLO REVELLI 


neggiato in quel punto, col preciso proposito di metterlo in armonia 
colla situazione politica che si aveva realmente fin quasi al termine 
dell'ambasciata del Malaguzzi alla corte del Re di Spagna (maggio 
1580), può sempre pensarsi all’esistenza di una redazione dello scrit- 
to del Moleti anteriure a quella conservataci dall’apografo ambrosiano 
o meglio, dagli apografi ambrosiani, e con una cifra diversa, per 
| quanto riguarda l’area complessiva dominata dal Re Cattolico. 
Può, anzi, dall’accenno esplicito alla situazione politica ante- 
riore al 31 gennaio 1580 (carta IoI r. dell'edizione ferrarese 
del 1590) desumersi un argomento decisivo contro l’ipotesi che 
il testo che servì a questa edizione, e fu attribuito al Ma- 
laguzzi, sia da riguardarsi come originale, poichè i dati areo- 
metrici riportati nell’edizione a. stampa, mentre coincidono per- 
fettamente con quelli dell’apografo ambrosiano, che prende per 
base la carta politica determinatasi nel 1580, risultano, appunto 
per questo, in pieno aperto contrasto cen la situazione politica del 
periodo che il testo a stampa del 1590 dichiara espressamente di 
prendere per base. Siamo quindi davanti a un procedimento così 
manifestamente erroneo da escludere che l’autore che lo adotta 
abbia la perizia necessaria a chi si propone di giungere, direttamente 
con calcoli originali, a una vera e propria valutazione comparativa 
dei principali cinque spazii politici del tempo. 

L’apografo ambrosiano (P. 145 [Sup.], 3) considerato nel suo 
complesso e nei suoi particolari singoli, risulta invece opera in tutto 
degna di uno dei più reputati studiosi di geografia matematica e di 
cartografia deltempo. Tenendo conto delle precise attestazioni — re- 
lative all’apografo in questione, e ad altra copia conservataci da 
un altro codice ambrosiano (S. 96, f. 32 r - 41 v) — d'un dotto come 
Giovanni Vincenzo Pinelli, legato da consuetudine amica all’insigne 
scienziato messinese che onorò, dopo il Catena e prima del Galilei, 
la cattedra di matematica dello Studio di Padova, possiamo affer- 
mare definitivamente che il discorso è opera di Giuseppe Moleti. 

Viene quindi ad aggiungersi alla complessa opera scientifica 
dell'autore delle Tabdulae Gregorianae (1580), che ebbe tanta parte 
nella preparazione della riforma del calendario decretata da Gregorio 
XIII (24 febbraio 1582), un nuovo scritto, e precisamente un trat- 
tato geografico-politico (1580-1) che è fra i più importanti del Cinque- 
cento, perchè esso mira direttamente a risolvere il problema della 
graduazione, per ordine d’area, dei maggiori Stati terrestri, e pro- 
vando, attraverso a misurazioni areometriche vere e proprie, che il 
più vasto Stato terrestre, astraendo dalla continuità territoriale, è 
il dominio del Re Cattolico (Spagna e Portogallo), ci appare come il 


— 430 — 


GIUSEPPE MOLETI 


primo tentativo di una trattazione metodica rivolta alla soluzione 
d’uno dei problemi fondamentali di geografia politica; l’importanza 
dell'elemento areometrico nella vita degli Stati. 

Matematico e medico, astronomo e fisico, Giuseppe Moleti 
(Moleto, Moletti, Molezio, Moletius), nato in Messina nel 1531 e morto 
in Padova nella notte fra il 24 e il 25 marzo del 1588, è una delle 
più notevoli fra quelle complesse figure di studiosi che sembrano 
impersonare il periodo iniziale di costitnzione delle scienze fisiclie 
nell'età moderna. La vastità e la molteplicità della sua cultura, essen- 
zialmente scientifica, lo attrae particolarmente verso un campo di 
studi dove la sua naturale tendenza al coordinamento di fatti na- 
turali d'ordine disparato trova ampia possibilità di estrinsecazio- 
ne: la geografia matematica e la geografia fisica. 

In quel tempo la geografia matematica conserva tutti i caratteri 
di dottrina scientifica vera e propria, perchè, non essendo ancora 
costituita in unità indipendente la geodesia, essa contiene ancora 
in sè tutti 1 possibili elementi di sviluppo della scienza della misu- 
razione terrestre. E la geografia fisica può dirsi appena entrata 
nella fase iniziale della sua costituzione a dottrina autonoma, nel 
senso che accanto a concetti propriamente geomorfologicì e clima- 
tologi appaiono concetti che solo nella seconda metà del secolo 
NIX troveranno la loro sistemazione nelle dottrine autonome del- 
l'oceanologia e della meteorologia. 

Ampia è la congerie dei lavori del M. pervenuti a noi, non rara- 
mente nell’originale autografo, attraverso i « Rotult» padovan 
relativi al periodo del suo insegnamento [1577-1588] 22) e attra- 
Verso numerosi manoscritti ambrosiani 23): fra essi sono lavori 
vari d'interesse geogratico-matematico e geografico-fisico. L'opera gco- 


22) « Dall’elogio che del Moletti fece Antonio Riccoboni suo con- 
temporaneo (ANT. RiccoBoNI, Orat., Vol. II, Patavii, ap. Laur. Pasq., 
1581, c. 41 - 6) sappiamo ch'egli insegnò: la geometria d’Euclide; e infine 
la Sfera di Giovanni Sacrobosco, l’ottica, la meccanica, la cosmografia, - 
l'anemografia, l’idrografia e la geografia: alcuni « Rotuli » che ci riman- 
gono, relativi agli anni durante i quali G. M. insegnò, nello Studio no- 
stro, a tutte queste materie permettono di aggiungere la prospettiva 
(ANTONIO Favaro, Z Vettori di matematica nell'Università di Padova dal 
principio del secolo XIV alla fine del XVI, in « Memorie e documenti per 
la storia dell’Università di Padova », Padova, La Garangola, I, 1922 
[pp. 471 in-89), 1-70: cfr. p. 68). 

23) Di 17 codici pinelliani che ci conservano scritti, in buona parte 
autografi, del Moleti, ho dato notizia in: Manoscritti d'interesse geogra- 
fico della Biblioteca Ambrosiana, Torino, Baravalle e Falconieri, 1910, 
pp. 28 in 8°; cfr. p. 13-14. Più ampie notizie sono nel mio libro, in corso 
di stampa: Z manoscritti ambrosiani di contenuto geografico (« Fontes 


— 431 — 


PAOLO REVELLI 


grafica di Giuseppe Moleti già risultava assai rilevante attraver- 
so il Discorso Universale (Valgrisi 1561; Ziletti, 1578), e una 
nuova versione latina del testo greco della Geografia di Tolomeo 
‘condotta su quella del Pirckheymer, rielaborata mediante il con- 
fronto di numerosi codici greci, come ricorda il Mercatore 23bis), 
apparsa a Venezia nel 1562 (con 64 tav.), oltrecchè per il contri- 
buto dato alla delineazione di carte geografiche di tipo tolemaico, e 
alla costruzione di sfere solide — in particolare quelle di carta pe- 
‘sta — 23 ter) di tipo tolemaico 24). Essa risulta anche più vasta 


Ambrosiani », Serie I, Scientifica, n.° 1: 1 vol. di 200 p.in 4.9, con 20 
tav. fuori testo, Milano-Roma, Luigi Alfieri e C., Editori). Qui basterà 
ricordare: Facil modo di tirar le linee parallele alle vedute, di misurar le 
distantie et di metter in disegno. Copia di lettere del Moleti a Giacomo 
Contarini, Padova, 15 giugno 1581 (A. 71. Inf., f. 24r - 27 v); Josephi 
Moleti... operum fragmenta varia..... [mat. e astr.] (D. 235 Inf.); Trattato 
del misurare [1584], con 2 fig., Modo di fabricar la figura celeste ed altri 
trattati, Gli scherzi del compasso. Autogr. (S. 100 [Sup.], f. 201r.-2107.; 
113Yev;97Y- III tv); Regole di cosmografia, Lettera autografa, in data 
Mantova, «il dì di Carnevale del ’74 », indirizzata forse al Pinelli. (S 80 
{Sup.], f. 5-8); Tractatus de optica a. 1581 scriptus (S. 100 [Sup.], f. 34-95v. 
{Note autografe relative a lezioni tenute nello Studio di Padova dal 1581 al 
1585). Di particolare importanza per l'argomento che ci interessa è il fatto 
‘che alcuni codici pinelliani ci hanno conservato la prova che il Moleti fu in 
‘attiva corrispondenza col Pinelli (lett. autografe del M. al Pinelli, in 
data Venezia, 5 febb. 1566 e 10 aprile 1568, [sull’edizione ruscelliana di 
-Tolomeo, del 1561, paragonata a quella dello stesso M. del 1562]; altra 
lettera «in risposta ad alcuni quesiti intorno all’istrumenti » colla 
sola data di Venezia: D. 191 Inf., f. 522-55 v). Un altro codice ci ha 
serbato la prova che il Moleti attese alla comparazione dei bilanci del- 
l’Impero Ottomano e :-del Regno di Spagna (« Elenco delle entrate del- 
-l’Imperatore de' Turchi e di Carlo V ». I due «avanzi» sono calcolati, 
rispettivamente, pari a 7.225.000 e a 119.000 ducati: R. 116 Sup.,, f. 
72 - 75r. Apografo). Non abbiamo elementi per fissare la data di 
questo. scritto, che potrebbe anche essere posteriore alla morte di 
‘Carlo V (21 sett. 1558). 

23 bis) Tabulae Geographicae, Colonia, 1578: cfr. la « Praefatio ». 

23 ter) M. FIORINI, Sfere terrestri e celesti di autore italiano oppure 
fatte e conservate in Italia, p. XXI-502 in 8° (Roma, Società Geografica 
Italiana, 18909): cfr. p. 170. 

24) Ai dati sulla vita e sulla complessa opera scientifica del M., 
‘tuttora assai utili, offerti da una nota dell’ALMAGIA (Padova e l’Ateneo 
padovano nella storia della scienza geografica. Prolusione: in « Rivista 
geografica italiana », anno XIX, fasc. VII luglio 1912) può aggiungersi 
‘quanto scrive ARRIGO LORENZI a proposito del M. che, nel suo insegna- 
‘mento universitario, « tratta questioni diverse sull’atmosfera, la terra 
«e le acque » (L'insegnamento della Geografia nello Studio di Padova, în 
-« Mem. e doc. per la storia dell’Università di Padova », Biase cit.: I, 1922, 


.p. 461-9; cfr. p. 4602). 


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GIUSEPPE MOLETI 


e, sotto il riguardo generale, cioè relativamente ai vari campi della 
dottrina a cui diamo il nome di Geografia, pressocchè compiuta, con 
questo trattato geografico — politico, restituito finalmente, al 
‘suo autore. 


6. Importanza che nella storia della geografia politica ha il « Di- 
scorso che il Re Cattolico sia il maggior principe del mondo » di Giuseppe 
Moleti. 

Riassumiamo nella tabella seguente i risultati sommari del breve 
trattato: 


È G6 Area in Km.* 
t=] Area in I i E 
Q 4 miglia quadri i < 3 ragguag io alla rag [0] 
2 | Nomi delle aree politiche italiani » ì e ERRO ate di niceià. 
3 secondo il 27 60 miglia rom. pEr init 9 
{ — a e 
z N 3 5|(1=m. 1480) |(1=m.1851 7 
I dd eaeiEI.IEIEàÉEe«è«eeeeeee:, ai cei +— 
I | Superficie dominata dal | 
Re Cattolico [Dominio | | 
di Filippo II, dopo l’an- , 
nessione del Portogallo, | | 
avv. nel 1580] ..... | 8.074.160) 5,4 [17.550.000] 27.540.00 
2 | Superficie dominata dal | 
Prete Janni [Impero e- | | 
MODICO]. dial 5.500.000) 3,7 | 12.025.000] 18.870.00 
3) Superficie dominata dal 
Gran Cane di Tartaria 
[Impero Cinese]. . . .. 2.200.000] 1,48 | 4.810.000| 7.548.000 
4 | Superficie dominata dal | 
| Sofà [Impero Persiano] . | 2.050.000 1,38 | 4.485.000] 7.038.000] 


Turco [Imp. ottomano, 1.308.959] 


| 

| 
5 | Superficie dominata dal | 

deine dg 0,9 | 2.925.000| 4.590.000 

gene, i 

| 


TOTALE (area complessiva 


dei 5 più vasti Stati terr.) |\19.203.119 13 | 41.697.000| 65.433.000 
| 


Abbiamo rinunciato a tentare il preciso ragguaglio delle aree in 
miglia quadrate italiane ricordate nel trattato in misure di superficie 
del sistema metrico decimale, non solo perchè, se anche si tratta sicu- 


— 433 — 


Aevum - Anno I - 28 


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eee, ____“* 


PAOLO REVELLI 


ramente del miglio italiano contenuto sessanta volte nel grado — 
non conosciamo con precisione quale sia il modulo del miglio adottato 
nel « Discorso », detto anche « Disc. del Turco » 25) ma anche per- 
chè il dato che ha per noi importanza fondamentale è quello com- 
parativo, rappresentato dal rapporto percentuale all’intera super- 
ficie tertacquea, valutata dal Moleti pari a miglia quadri italiani 


È 
ci 148.450.909 -— ». 


Da questa si può dedurre che nel 1580-81 Giuseppe Moleti asse-. 
gna al dominio complessivo del Re Cattolico un’area che si può valu- 
tare oscillante fra 17.625.000 e 19.150.000 Km? (a seconda del valore 
assegnato al miglio quadro italiano » di 60 al grado: Km? 2,1823 — 
2,371). | 

‘ Ora, se si tien conto del mutamento territoriale avvenuto nel 
1580, coll’annessione alla Spagna del Portogallo e dei domini porto- 
ghesi, la media che risulta da questi due valori (circa 18.400.000 Km*) 
può dirsi relativamente prossima a quella che il calcolo dello Schneider 
cì offre relativamente al dominio del Re Cattolico al tempo di Carlo V: 
12.800.000 Km? 26). 

Si può aggiungere che qualora si faccia corrispondere il miglio 
cinquecentesco italiano di 60 al grado (1° = Km. 88,65 — 88,8) al 
miglio romano antico (m. 1477,5 — 1480; valore di poco inferiore 
a quello del miglio siciliano — m. 1486 —- che doveva essere presente 
al pensiero del nostro geografo messinese) si dovrà assegnare al « mi- 
glio quadro italiano » un valore oscillante fra Km? 2,183 e Km? 2,19. 
E non è superfluo avvertire che per il miglio italiano cinquecentesco 


25) Si tratta indubbiamente del miglio italiano contenuto sessanta 
volte nel grado, poichè l’A. dichiara espressamente che « il circuito della 
terra tutta » corrisponde a « ventun mila et seicento miglia italiani », 
che ad ogni grado di meridiano celeste corrispondono « sessanta miglia 
in terra dei nostri », che il diametro terrestre è pari a miglia italiane 
6872 II..... » (f. 6 v.)... Ma quale sia con precisione il valore, in misura 
nostra, del miglio italiano 2, cui si riferisce l’A. è difficile dire, se anche 
egli afferma che 2190 miglia italiani corrispondono approssimativa- 
mente a 1893 «di quei di Spagna » (f. 4 v.). 

Nel Discorso universale del M., annesso al Tolomeo valgrisiano del 
1561 (Venezia), si adotta il miglio tolemaico, di 62 miglia italiane e 
mezzo al grado. Ma questo non può costituire un argomento contro 
l'attribuzione del « Discorso che il Re Cattolico...» al MoLETI poichè, 
come vedremo a proposito del Magini, nella seconda metà del Cinque- 
cento uno stesso autore adottava, alla distanza di qualche anno, un 
valore diverso per il modulo del miglio. 

26) G. SCHNEIDER, Die grossen Reiche der Vergangenheit und der 
Gegenwart, Leipzig, 1904. 


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GIUSEPPE MOLETI 


sì ottiene, d’altra parte, un valore oscillante fra metri 1539 e m. 1541, 
quando lo si consideri come 608 parte di un grado tolemaico fatto 
corrispondere a 62,5 miglia romane ant., ossia a Km. 92,34 — 92,5: 
in tal caso al « miglio quadro italiano » dovrebbe assegnarsi un n valore 
oscillante fra Km? 2,308 e Km? 2,371. 

Dobbiamo accontentarci, evidentemente — data la diversità 
del metodo adottato nella misura — di comparazioni approssimative 
fra i valori del grado accettati verso il principio dell'età moderna e il 
valore di esso accettato presentemente (a seconda che sì prenda come 
base lo sferoide di Bessel, o quello di Faye, o quello di Clarke); così 
mentre assegniamo al grado toscanelliano un valore pari a circa 112: 
Km. (111,927) e al grado adottato da Colombo quello di Km. 84 
(83,923 = 50,66 miglia rom. ant.), dobbiamo considerare come o- 
scillante fra roI e 109 Km. (101,013 — 109,028) il valore del grado 
di Leonardo, poichè non sappiamo se il miglio — base da lui adottato 
(diametro terrestre = 7000 miglia: cifra che, d’altra parte, è eviden- 
temente arrotondata) sia quello fiorentino (m. 1653,607) o quello 
milanese (m. 1784,809: MARIO BARATTA, Leonardo da Vinci ed 1 pro- 
blemi della Terra, Torino, Bocca, 1903, pp. XIV - 318 in-89, con fig. 
cfr. p. 37). E poichè le misurazioni eseguite su carte cinquecentesche 
o, comunque, costruite indipendentemente dal procedimento trigo- 
nometrico vero e proprio, non conducono a conclusioni sicure, siamo 
costretti a rinunciare, nel massimo numero dei casì — data l’incer- 
tezza sul modulo adottato — a ragguagliare in misura moderna i dati 
in miglia riferiti da scrittori del Cinquecento e del primo Seicento. 

Merita di essere qui ricordato quanto scrive l’ALMAGIA, a pro- 
posito dei valori diversi assegnati al miglio italiano — attraverso un 
vero e proprio procedimento critico-comparativo — dall'autore del pri- 
mo atlante moderno d’Italia, apparso postumo, nel 1620, con una pre- 
fazione del figlio Fabio (dedica a Fernando Gonzaga), in cui si ri- 
cordano espressamente ì faticosi tentativi diretti a ottenere, dai vari 
Principi d’Italia, « quell’intera cognizione che apparteneva al sito dei 
luoghi, al circuito de’ confini, al numero dei popoli et all’ampiezza 
delle Provincie ». Giovanni Antonio Magini (14 giugno 1555 — 4 
febbraio 1617) che non ci offre misure areometriche, ma dati perso- 
nali relativi alla lunghezza massima d’Italia (720 miglia, secondo la 
misura da lui eseguita « nella tavola del Mercatore »: 1020 miglia, da 
« Augusta Praetoria » a « Rhegium » da Aosta da Reggio di Calabria), 
alla sua larghezza massima e minima (410 — 25 miglia), al suo pe- 
riplo (2350 miglia: 2550 secondo GiAacoMO GASTALDI — principe dei 
cartografi del tempo, a cui dobbiamo la nota carta d'Italia del 
1561). Ora, da un passo del suo Primum mobile (Bologna, 1609) 


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PAOLO REVELLI 


risulta che il Magini, dalla media delle scale usate nelle carte della 
sua raccolta, è indotto a concludere che il miglio ha un valore medio 
che corrisponde alla 65* parte del grado, ossia a circa 1420 — 1423 
metri. Ma, effettivamente, nella sua « Italia Nuova » del 1608 il valore 
del miglio di 65 al grado oscilla intorno a m. 1530-1540 (R. ALMAGIÀ, 
L’« Itaha» di G. A. Magini e la cartografia dell’Italia nei secoli 
XVI e XVII, Comit. Geografico Naz. Italiano, Publ. N. 1, Napoli 
| — Città di Castello — Firenze, 1922, pp. VIII-183 in 4°, con 
6 tav.: cfr. pag. 100). 

. Ma più che dalla -comparazione di cifre che rappresentano ri- 
sultati di calcoli eseguiti con metodo inevitabilmente diverso e che, 
data la distanza di circa tre secoli e un quarto intercedente tra le mi- 
surazioni, appaiono comparabili solo in rapporto all’intera superficie 
terracquea, l’importanza che il trattato geografico — politico del 
Moleti, pervenuto a noi in una redazione apografa del 1580-81, ha 
nella storia della scienza può venire così fissata: 1°. esso che, mentre 
astrae deliberatamente dall'area delle isole americane 27), pro- 
cede, nei limiti delle possibilità del tempo, alla valutazione delle aree 
desertiche, affermando espressamente che la materia trattata «non 
comporta che si troui quella certezza che nelle cose astratte di Geo- 
metria o di Aritmetica si vuol vedere » (f. 7r), rappresenta, per quanto 
ci risulta, la prima misurazione areometrica delle maggiori unità 
politiche terrestri, e il primo calcolo del rapporto intercedente fra 
l’area dei principali Stati terrestri e l’intera superficie terracquea; 
2. nel tempo in cui è ancora largamente diffusa l’opinione erronea 
che l’unità politica turca sia la più vasta terrestre, esso, attraverso 
un procedimento metodico vero e proprio, che dovette comprendere 
misurazioni su carte geografiche e su un globo, giunge alla conclu- 
sione — la quale può dirsi confermata da recenti ricerche 28) — 


27) Cfr. la mia comunicazione al XXII Congresso Internazionale 
degli Americanisti [Roma-Genova, 23 sett. - 8 ott. 1926]: L’area dell’A- 
mzrica spagnuola secondo un geografo italiano del Cinquecento. 

28) Secondo lo SCHNEIDER (of. cit.) al Dominio di Carlo V seguono, 
in ordine decrescente d’arca: Impero mongolo (1% metà del sec. XIII): 
Km?. 11.000.000; Califfato Abasside (sec. X): 10.000.000; Impero 
Persiano (al tempo di Dario I): 5.600.000; Impero romano (III sec). 
5.400.000; Impero Germanico (verso il 1040): 1.000.000; Impero Assiro 
(VIII sec.?); 900.000 Km?. Non ho potuto consultare il lavoro dello 
SpPAHN, citato in un'edizione postuma delle Leitlinien der allgemeinen 
politischen Geographie di ALESSANDRO SuPAN (Dal manoscr. pubbl. da 
FRrIcH ORST, con I ritr. e .7 fig.: Berlin und Leipzig, Walter de Gruyter, 
1922; cfr. p. 46, nota 1. La 18 ediz. è del 1918; la 22 del 1920. Il SUPAN 
morì il 6 luglio 10920). 


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GIUSEPPE MOLETI 


che lo Stato del Re Cattolico non è solo il più vasto del tempo, ma 
anche il più vasto Stato terrestre che mai sia esistito; 3° posteriore di 
circa un decennio al primo atlante moderno (il Theatrum orbis terra- 
rum dell’ORTELIO: 1570) la cui rapida diffusione estende l’uso di rap- 
presentare con colori diversi le varie aree politiche 29), e anteriore di 
circa un decennio alla prima parte delle Relazioni universali di Giovanni 
Botero (Roma, Ferrari, 1591) 30), esso può dirsi, per il metodo 
di precisa valutazione areometrica che lo informa, rappresentante 
tipico di quella vasta serie di Bilancie politiche in cui hanno avuto 
parte essenziale gli italiani, dal disegno di crociata del veneziano 
Marin Sanudo (1306 - 1321), a cui furono sussidio prezioso le carte 
del genovese Pietro Vesconte, alla Bilancia politica di Adriano Balbi 


(1833). 


7. Utilità dell'edizione critica del trattato. Per questo — se anche 
il trattato del Moleti è posteriore di quasi mezzo secolo all’accurata 
determinazione di un tratto del confine sassone-boemo negli Erz- 


29) Le edizioni, che possono dirsi principali, del Teatro orteliano 
sono 17 nel solo secolo XVI: di esse 5 sono latine (2 nel 1570), 6 tedesche, 
4 francesi, 1 olandese, I spagnuola. È da notarsi che le tre carte relative 
all'Impero cinese, all'Impero persiano e all’Impero turco che appaiono 
nell’« editio princeps » non possono dirsi propriamente carte politiche, 
non contenendo esse (« Tartaria sive Magni Chami Imperium »); « Per- 
siae Regnum, sive Sophorum Imperium »; « Turcicum Imperium ») 
la rappresentazione del confine politico. 

30) Dettata originariamente dal proposito di «conoscere lo stato 
della Religione Christiana per il mondo », suggerito da Federico Bor- 
romeo, che vede nello studio della geografia e dell’etnografia uno dei 
mezzi più idonei alla propagazione della fede cattolica, contiene la de- 
scrizione sommaria di tutta l’area terrestre con considerazioni d'ordine 
antropogeografico e dati sulle dimensioni degli Stati (Parte I, ed. nel 
1591, come rilevò il MagNnAGHI) che troveranno ulteriore elabora- 
zione nelle successive edizioni o parti dell’opera (II, Roma, 1592; 
III - ded. al Card. Borromeo - 1595; I-IV, Ven. 1596; I-IV Torino, 
1601 - la sola edizione che non incorre nella proibizione sancita 
dal decreto 2 dic. 1622, provocato da alcune affermazioni di carattere 
politico). Tradotta ben presto in tedesco e in francese (1596), spagnuolo 
(1603), polacco, fu diffusa particolarmente in versioni e riduzioni latine, 
quali l’Amphitheatridion hoc est Paruuni Amphiteatrum in quo... prae- 
potentes Orbis Monarchae... ob oculos Philologorum repraesentantur (Lu- 
becca, 1600: diviso in 4 parti, di cui la 18, con 23 carte, riguarda gli Stati 
di Filippo II e del Turco: corrisponde al libro IV della seconda parte delle 
Relationi, ed. 1598, p. 117-145), che ha un’antecedenza nel 7heatrum 
principum orbis universi, apparso a Colonia nel 1596 (83 ff., con 22 carte: 
anch'esso diviso in 4 parti, di cui la IV comprende l’« Imperium Magni 
Turcae et Regna Philippi Austriaci, Indiarum, Hispaniarum regis ». 


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PAOLO REVELLI 


gebirge avvenuta nel 1534 31) — quando già da sei anni era apparsa 
la Cosmotheoria di JEAN FERNEL la cui particolare importanza nella 
storia della misurazione terrestre fu rilevata dallo stesso Moleti — 
il manoscritto ambrosiano che ce lo ha conservato merita di essere 
riprodotto integralmente, in edizione critica. 

Esso appare fra gli « Inedita et rara » di questa nostra « Rasse- 
gna » non solo perchè il testo della stampa ferrarese del 1590 — non 
facilmente accessibile, e deformato, d’altra parte, nella varie edizioni 
successive — è una contraffazione del testo originale, nella quale il 
nome dell’autore effettivo è sostituito da quello di un autore pre- 
sunto. Pubblicando in edizione critica il breve trattato, non ren- 
diamo soltanto omaggio alla verità, e al nome dello scienziato mes- 
sinese che ebbe tanta parte nella riforma gregoriana del Calendario 
e contribuì efficacemente a spianare la via al giovane Galileo, suo suc- 
cessore nella cattedra di matematica allo Studio di Padova: iniziamo 
l'edizione critica della raccolta che va sotto il nome di Thesoro poli- 
tico 32) — edizione la quale sarà documento del primato italiano 
nella geografia politica 33). 


31) E. BERLET, Die sdchsisch-bohmische Grenze im Erzgebirge, 
Leipzig [Dissert.], cit. da FEDERICO RATZEL (Politische Geographie, 
1897, 1903: cfr. ed. 1903, p. 447). 

32) Fin dal 1770 G. B. Castiglioni, primo prefetto della Biblioteca 
braidense, in uno scritto che fa séguito alla sua bibliografia milanese 
composta per incarico di Carlo Firmian, affermava destituita di fonda- 
mento una notizia data nell'ultimo capitolo della Biblioteca storica 
cominciata dallo Strunio e continuata dal Budero: che autore del « Te- 
soro politico » fosse Gian Francesco Lottini da Volterra. E, riferendosi 
al modo con cui era stata composta e pubblicata, rilevava: « Fu vero 
danno l’averla in tutte le edizioni ripiena d'’infiniti errori, di storpiature, 
e di mancanze di periodi, e d’intere pagine ancora, come sì viene in 
chiaro dal confronto fatto con i codici manoscritti » (Cod. braidense 
AE. XI. 17: cfr. f. 79-80). 

33) Cfr. la mia memoria: Le origini italiane della geografia politica, I, 
in « Bollettino della R. Società Geografica Italiana », 1918 e 1919. 


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GIUSEPPE MOLETI 


GIUSEPPE MOLETI 


DISCORSO CHE IL RE CATOLICO SIA IL MAGGIOR PRINCIPE 
DEL MONDO. 


(Ambros. P. 145 (Sup. ]. Inserto 3 - ant. numerazione 4) *). 


(f.2r.) È nelle menti de gli huomini et forsi di qualche conto en- 
trata hoggi un’openione et confirmatasi in modo, che con difficoltà par 
che si possa tor uia, che 'l Turco sia non solo di potenza, ma di stato et 
di paesi dominato da lui, il maggior Prencipe ch’hoggi nella terra domi- 
ni. Il che quanto sia lontano dal uera, può conoscerlo chiunque uorrà 
venir durando fatica in contar e misurare le Prouincie dal Turco 
dominate, et compararle con quelli de gl’altri Prencipi ch'hoggi 
nel mondo posseggono parte notabile della Terra. Ma perchè forse que- 
sta non è fatica da uolersi pigliar da tutti, e molti ancora non sa- 
prehono trouar la strada di saperne venire a fine. Però io per compia- 
cer i curiosi di tal cosa, uerrò facendo comparatione delli stati del 
Turco con quei del Re’ Catolico, che in uero è il maggior Prencipe 
di stato, che mai per altri tempi addietro si sappia: da doue poi si 
potrà credere non la grandezza dello stato del Turco, non la virtù 
de suo essercito et de suoi soldati, non la scienza militare sia quello 
che fa temerlo, ma è fatal dispositione de Celi, è uoler Divino per 
penitenza de nostri peccati fà parerlo spauentevole, horribile et 
invincibile. O’ veramente parlando humanamente la dapocagine et 
viltà nostra, et l’haver degenerato con infinito recesso da nostri 
antichi progenitori, et essere al tutto in noi spento, et da cuori nostri 
svelto dalle radici l'antico valore tanto temuto per l’addietro da tut- 
to il mondo. E acciocchè meglio possa la cosa capirse uerrò numerando 
gli stati del Turco, ò i pacsi ch'egli possiede, nell'Europa, nell'Africa, 
et nell'Asia, con le misure così marittime, è littorali, come delle su- 
perficie, et il simile farò degli stati del Re Catòlico, et verrò appresso 
comparando tutta la quantità de Paesi del Turco, à quella quantità 


*) Le varianti riportate a piè di pagina, senz’'altra indicazione, sono 


quelle offerte dalla stampa ferrarese del 1590 (Discorso dell’IMlustre 
stg. Horatio Malasuzzi... annesso al trattato politico del LUSINGE). 


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PAOLO REVELLI 


che possiede della Terra il Re Catolico. Nella fine poi verrò facendo 
. comparatione trà gli stati del Turco, del Catolico, del Gran Cane, del 
Prete Janni, et del Persiano, ma con meno esquisitezza di quello 
ch’haverò fatto de gli stati del Turco, et del Re Catolico, perchè ciò 
non è il mio principale fine. Ultimamente uerrò considerando la pro- 
portione di tutti gli stati detti di sopra alla grandezza della Terra 1). 
Et cominciando dico che secondo i Geografi moderni la terra conosciu- 
ta al di d’hoggi, è divisa in quattro parti principali 2) cio è, nell’Eu- 
ropa, nell'Africa, et nell’Asia, et nell'America, et che ’1 Turco nelle 
tre prime solamente u’ha Dominio, et possiede stati. Mà il Re Cato- 
lico dall'altro canto, ha non solo stati et Regni nelle tre sopra dette 
parti, Mà è ancora solo signore del Mondo nuovo si come dimostrarò 
appresso. Et discendendo à particolari, sappiamo il Turco nell’Eu- 
ropa posseder in buona parte di quello che Tolomeo mette nella 
nona Tavola di quella, cio è parte del Jaziri Metanasti 3) che sono 
compresi in quella parte ch’hoggi — 

(f.2v.) uien detta Valachia parte della Dacia che si computa al presente 
nella Transilvania:la Misia superiore ch’hoggi abbraccia la Bossina: la 
Rascia 4) et la Serbia [;] domina ancora la Misia inferiore parte della 
quale è contenuta nella Bulgaria, la qual Bulgaria comprende ancora 
una parte della Tracia et il suo rimanente ch’hoggi chiamano Roma- 
nia. Possiede ancora quasi tutto quello che Tolomeo abbraccia nella 
decima Tavola dell'Europa, cio è la Macedonia ch'è quasi l'Albania 
d’hoggi, l’Epiro che diconv Butrinto, l’Acaia detta modernamente 
Grecia et il Peloponneso che vien detto la Morea. Domina parimente 
l’Arcipelago con tutte l’Isole sue dette da gl’Antichi Ciclade, remo- 
uendone 5) però alcune che sono sottoposte à Sig.ri Venetiani. E° 
adunque chiuso quel che tiene il Turco nell'Europa verso levante dalla 
Propontide, detto Mar di Marmora dal ponto Eussino ch’hoggi si 
dice il Mar Maggiore, et dal Mare Aegeo 6) chiamato volgarmente 
l’Arcipelago. Da mezzo giorno dal Mar Cretico è di Candia, et ancora 
dal mare Mediterraneo. Da ponente poi dal mar Adriatico, et da 
settentrione dall’Hungaria, dalla Transilvania, et dalla Moldavia. 


1) Tutta questa parte, identica - salvo varianti di punteggiatura — 
nell'altro apografo ambrosiano [a segni S. 96. [Sup.], f. 32 7 - 41 v], manca 
alla stampa. 

2) Dovendo io venire al punto di quello che V. M. [Filippo II di 
Spagna] desidera sapere da me, dico, che diuidendosi la Terra tutta, 
secondo i Geografi moderni, in quattro parti principali (carta 93 r.). 

3) Jazizimetanasti. 

4) Ruscia. 

5) remanendone. 

6) Egeo. 


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GIUSEPPE MOLETI 


Il circuito littorale del dominio suo nell'Europa può essere di miglia 
Italiane duo mila et cinquecento in circa 2500 7) et mensurandotie la 
superficie reducendo il tutto a miglia quadri può esser da miglia 
trecento dodeci mila cento cinquanta nove 312159 Italiani 8). Nell’A- 
frica poi domina il Turco la costa del mare cominciando da Foramida 
Q) per termine Orientalissimo, et caminando verso ponente in sino al 
Zerbi 10) termine, o confine suo ultimo dalla parte di Ponente con il 
quale camino si comprende tutta la riviera dell'Egitto, et tutto quel 
tratto di mare che Tolomeo abbraccia nella seconda et terza Tavola 
dell'A fricada lui detto mar Africo et ancorala Libia Marmarica da mo- 
derni detta Barca 11). Può tutta tal costa essere da miglia mille quat- 
trocento 1400. Fra terra poi nell'Africa non domina altro che l’Egit- 
to da Tolomeo messo nella terza tavola dell’Africa che viene ad essere 
quella parte de essa che dominava il Soldano del Cairo, perchè il 
resto vien dominato da gli Arabi gente vaga la quale non obedisce 
sig.r alcuno. Domina ancora una parte della costa del mar Rosso 
verso Ponente parte attinente all'Egitto, et è da Zues insino à Zibir 12) 
che può esser di camino da trecento cinquanta miglia in circa 350, 
essendo il resto posseduto dal Re d’Etiopia detto Prete Janni. È 
chiuso adunque tutto quello che '1 Turco domina nell'Africa dalla 
parte Levante da una parte dal Mar Rosso chiamato da gli Antichi 
sino Arabico 13), et da una linea che vien tirata da Zues à Foramida. 
Da ponente è altresì terminato' dal Regno di Tunesi, Da Settentrio- 
ne del Mar Mediterraneo, et dal mare Egittio 14), et da mezzo giorno 
da deserti i 

(f. 3 r.) della Libia et da parte de’ Regni d’Ethiopia. E’ tutto il lito ma- 
rittimo che '1 Turco domina nell’Africa da miglia mille settecento cin- 
quanta 1750. Può poi essere la superficie di tutto l'Egitto ridotta a mi- 
glia quadri da trecento cinquanta seì mila cento sessanta miglia, 
356160. Hora 15) perchè in molte parti è dishabitato, et pienodi luoghi 
deserti et parte habitata da genti che non ubediscono il Turco, però 
noi possiamo dire 16) egli nell'Africa, quanto alla superficie di quella 
dominare la mità della sopradetta quantità, che verrebbe ad essere 


7) miglia italiane diecimilla, et cinquecento in circa (carta 93 v). 
8) trecentodocimilla cento cinquanta noue Italiane (carta 94 7). 
o) Piramida (Foramida nelle carte 94 r, 95 r.). 

Io) alli Zerbi Gerba!. 

11) Borea. 

12) Zibit. 

13) Arebico. 

14) Egitto. 

15) Ma 

16) obediscono esso Turco, però noi potiamo dire 


— 441 — 


PAOLO REVELLI 


cento settanta otto mila et ottanta miglia quadri 178080. Con tutto 
cio così nell'Europa, come nell'Africa egli domina parti nobilissime 
di quelle 17) poi che sappiamo nell'Europa la più nobile parte essere 
l'Italia et appresso gli Antichi fu prima che Romani fiorissero, la 
Grecia dominata al presente dal Turc ». Dell’A frica sappiamo sempre 
e per tutti i tempi per ogni qualità spettabile nobilissima parte essere 
stato l'Egitto et è ancora 18). Nell’Asia parimente 19) dove egli hà la 
maggior parte dell’Imperio suo possiede molto paese, parte del quale, 
senza controversia, è il più civile di quella parte et dove per altri 
tempi fiorirono l’armi, le lettere, et ogni altra nobil professione. 
Primeramente egli ne domina quello che Tolomeo colloca nella pri- 
ma Tavola d’essa parte, nella quale appresso di lui si contenevano 
Ponto et Bithinia che hoggi dicono Turchia, la Frigia che vien detta 
hoggi Paria, et Preberia 20), la Licia chiamata volgarmente Briquia; 
la Galatia 21), la Paflagonia hoggi detta Halatia 22), la Panfilia, la Cap- 
padocia, l’Armenia minore chiamata da Turchi Aradubbe: et la Cilicia 
23) detta Caramania, le quali tutte hoggi vengon comprese da quella 
parte che vien chiamata con nome generale fatto dal particolare 
Natolia, et che dagli Antichi fù chiamata propriamente come hab. 
biam detto Asia, della quale le parti, ò le Provincie tutte hanno si 
come habbiam visto 24) mutato il nome, et maggiormente le Città. 
Il circuito di questa Prouincia dell'Asia minore, così volgarmente 
chiamata ò della Natolia secondo altri, partendosi da Alessandreta 
chiamata da Tolomeo Alessandria et circondando attorno in sino à 
Trabisonda da Tolomeo detto Trapezus è di miglia due milla et 
quattrocento in circa 2400. Possiede ancora il Turco buona parte di 
quello che Tolomeo mette nella terza Tavola dell’Asia, essendo il 
resto dominat. 25) da Tartari, et tal parte è l'Armenia maggiore da 
Turchi detta Turcomania 26). Domina ancora il Turco quello che 
Tolomeo mette nella quarta Tavola dell’Asia, cio è l'Isola di Cipro 
così hoggi detta la Siria 27) detta Soria, la Palestina chiamata Giudea, 


) quelle; 

) l'Egitto. 

) poi 

) Brebicia 

) Galacia ? 
22) Galatia 

) Capadocia 

) si è veduto (carta 95 r.). 

) posseduto 

) Turcomanie 

) Strria 


3: o 


GIUSEPPE MOLETI 


E il camino littorale 28) della Soria partendosi da Foramida fino ad 
Alessandreta 29) da miglia quattrocento e trenta in circa 430. Possiede 
di tal Tavola ancora l'Arabia petrea detta hoggi Baraab, la Mesopo- 
tamia chiamata hoggi Diarbech 30), l'Arabia deserta, la Babilonia, cui 
popoli furono i Caldei già 31). Possiede altresì parte di quello che 
(f. 3 v.) Tolomeo mette nella quinta Tavola d'Asia, cio è l’Assiria chia- 
mata da propri popoli Azimia 32), et termina l’Imperio suo con l’Ara- 
bia felice. Partendosi poi da 33) Trabisonda et ascendendo verso Set- 
tentrione fino allo stretto che gl’Antichi chiamarono Bosforo Cimme- 
rico 34), che termina la Taurica Chersoneso 35), hoggi detta Garzaria 
da quella parte di Tartaria detta Caitachi da Tolomeo chiamata Corci- 
te: cio è fino à matriga forse da Tolomeo detta Hermanassa, sono di 
camino littorale da quattro cento cinquanta miglia 450 in circa. Et 
partendosi poi da Zues forse da Tolomeo detta Chima praesidium 36), 
et circondando l’Arabia felice in sino alle bocche del fiume Tigre, 
hoggi chiamato Tigil sono di camino littorale tre mila settecento 
cinquanta miglia 3750 in circa. La dove accopiando insieme tutto 
quello che de liti maritimi il Turco possiede nell'Asia, vengono ad es- 

sere sette milla et trenta miglia 7030 37). Et la superficie di tutto quel 
| 38) Paese ch'egli nell'Asia impera è di miglia quadri settecento é dieci 
milla seicento quaranta 7100640. mà 39) perchè in tutto questo Paese 
è buona parte di terra, ò diserta, ò che fra terra 40) come nell’Arabia 
felice che non ubidisce adesso il Turco, poi 41) noi di questa quantità 
ne sottraremo il quarto che è cento settanta settemilla seicento ses- 
santa miglia quadri 177060. restano miglia quadri cinquecento trenta 
due mila novecento ottanta 532980. Tutto quello poi che il Turco 
domina nellla Asia è chiuso da Levante dal sino Persico, ò mare 
Cleatif 42) dal fiume Tigre ch’oggi dicono Tig 43) et da una parte dal 


) Giudea, et è il litorale 
) Alessandria 
30) Diarbeth 
) furono già, i Caldei. 
) l’Assiria, da propri popoli Azimia chiamata; 
33) poi. la 
34) Cimmenio 
35) col Chersonesso, 
36) Clisma Presidium 
37) 7030, in circa; (carta 95 1). 
38) quello 
39) Ma 
40) che è fra terra 
41) però 
42) Elcalif 
43) Tigil 


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PAOLO REVELLI 


mare Caspio, hoggi detto mare di Bacchu 44). Da ponente dal sino A- 
rabico, ò mar Rosso, dall’Egeo, ò Arcipelago, dalla Propontide hoggi 
detta stretto di Costantinopoli et dal Ponto Eussino 45) chiamato co- 
me habbiam detto mar maggiore 46). Da Settentrione ancora dal mar 
maggiore 47) et da parte della Palude Meotide chiamata mar di Tabac- 
che 48), et da parte della Sarmatia asiatica chiamata Tartaria volgar- 
mente 49). Da mezzo giorno dall'Oceano meridionale ò Indico dal mar 
Mediterraneo et dal mar maggiore. Or 50) raccogliendo tutto quello 
che ’] Turco domina nelle 51) tre sopradette parti del mondo de liti 
marittimi, viene ad ascendere alla somma di undeci milla ducento ot- 
tanta miglia 11280 et la superficie di tutto il dominio suo nelle tre 
sopradette parti è di miglia quadri Italiani, un milione vintitre mila 
ducento et diecenove. Habbiamo fin qui descritto tutto quello che 
°l Turco possiede nelle tre parti del Mondo Europa Asia et Africa par- 
mi 52) tempo di passare à quello che 'l Re Cattolico 53) nelle stesse 
tre parti domina, et cominciando da quelli Regni ét quei stati ch'egli 
ha nell'Europa. Dico primieramente comé sappiamo egli dominare 54) 
la Spagna quasi tutta dominando di presente quella parte che pos- 
sedea il Re di Portogallo da Greci chiamata Iberia dal fiume Ibero 
hoggi detto Ebro, Regione non men populosa che grande. 

(f. 4 r.) Fù da Strabone la Spagna assomigliata ad un cuoio di bue di- 
steso, Et da Tolomeo s’abbraccia nella seconda Tavola l'Europa. Fll’è 
tutta chiusa dal mar, fuor che in quella parte dove si congiunge 55) con 
la Franza, il qual congiongimento, è nè monti Pirinei 56), et i suoi con- 
fini furono appresso gl’Antichi dalla parte di Ievante i monti Pirinei 
già detti, verso mezzo giorno il mare Baleèarico hoggi detto di Maio- 
rica et il mare Ibetico con lo stretto di Zibilterra da gli antichi detto 
Fretum Herculeum 57), dove Hercole collocò à naviganti il termine, 
cio è le colonne, l’una nel monte Calpe nella Spagna, et l’altra nell’A- 


) Baccù 
) ponte Eussino, 
) chiamato Mare Maggiore 
) da Settentrione, dal Mare Maggiore 
) Mare di Zabuche 
) et de parte della Sarmacia, detta Tartaria, 
) Hora 
1) dei liti del Mare, nelle tre sopradette parti, trouaremo la 
2) Europa, Africa et Asia; Parmi 
3) Catholico (c. 96 r). 
54) che egli domina 
55) tauola dell'Europa, ch'è tutta chiusa dal Mare, fuor ch’in 
quella parte doue si congiongie 
50) Pirenei 
57) Freto Herculeo 


— tti — 


GIUSEPPE MOLETI 


frica in Abila 58). Verso Occidente l'Oceano Occidentale 59), et verso 
Settentrione l'Oceano Cantabrico chiamato houggi mar di Biscalia, 
fù da gl’Antichi 60) partita la Spagna in tre parti principali, ciò è 
nella Betica, nella Lusitania, et nella Tarraconese, nelle quali tre 
parti hoggi vi sono distribuiti quattordeci regni, nuove de quali sono 
compresi nella Lusitania 61), la parte Betica è divisa dalla Lusitania 
per il fiume Guadiana, ch'hoggi viene detto Ana, il qual passa per 
quella parte che chiamano Estrema dura 62). Dalla Tarraconense 
vien poi separata nel capo di Gala 63), che gl’Antichi chiamaron 
Caridemo promontorio, talche la Betica è tutto quel Pezzo della 
Spagna chiuso tra il fiume Duero et il Capo di Gala 64). In questa 
parte sono tre Regni i quali son quel di Granata, di Siviglia et di 
Merida 65), e le Metropoli loro sono Granata, Sciviglia 66), et Me- 
rida. La Lusitania, parimente è divisa dalla Tarraconense per il fiume 
detto di sopra Duero che dagli Antichi fu detto Duro 67), et a punto 
in quella parte di Ponente dove è il Porto di Portogallo: da tal Porto 
chiamandosi hura tutta la Lusitania ciò è Portugallo per haversene 
di quello impadronito per l'addietro i Francesi detti Galli 68). È 
adunque chiamato Portugallo 69) tutto quel della Spagna ch'è chiuso 
tra la città di Leppe ch’è in Andalusia 70), et la città di Baiona. In 
questa parte della Spagna sono i Regni di Portogallo con la Metro- 
poli Lisbona, et di Galitia con Compostella Metropoli. Tutto il resto 
oltre le parti 71) della Spagna è Tarracona 72) nella quale sono 
nuove Regni, cioè il Regno di Leone 73), che per altro nome si dice 
Castiglia la vecchia, et la sua Metropoli è leone. Il Regno di To- 
ledo chiamato Castiglia la nuova, et la sua Metropoli è Toledo 74). 

58) in Abila, nell'Africa; 

59) l'Oceano occidentale, 

60) Biscaglia. Fu dagli antichi 

61) Lusitania; La 

62) Estremadura. 

63) Gata 

64) Gata 

65) di Granata, d’Andalugia, et d’'Estremadura 

66) Seuiglia 
67) fiume detto Ducro, dagli antichi chiamato Duro, 

68) porto di Portogallo, così chiamandosi hora tutta la Lusitania, 
cioè Portogallo, da tale porto, per essersi di quella impatronito, per 
l’adietro, et fatto quivi scala, i Galli, cioè i Francesi. 

69) Portogallo 

70) Jeppe, et che è nell’Andalugia 

71) parti dette 

72) Tarcacona 


73) Lione 
74) nuova, con la Metropoli, Toledo. 


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PAOLO REVELLI 


Il Regno d'Aragona et la Metropoli Saragoza. Il Regno di Valenza, 
et la Metropoli Valenza, Il Regno di Catalogna et la Metropoli 75) 
Barcellona, Il Regno di Murcia, et la Metropoli Murcia 76). Il Regno 
di Navarra, et la Metropoli 77) Pamplona. Il Regno di Biscaglia, et 
(f. 4 v.) et la città di Bilbao, et il Regno di Guipuzcoa 78) et la città di 
S. Sebastiano. Circonda poi la Spagna cominciando da Colibre, et tra- 
versando i monti Pirinei à fonte Rabia, et da fonte Rabia al Capo 
tinisterrae 79), et da quivi al Capo S. Vincenzo, et da indi a Zibilter- 
ra, et da indi ritornando à Colibre miglia mille ottocento novanta 
tre 1893. di quei 80) di Spagna mà Italiani 81) sono miglia due mila 
centonovanta in circa 2190. et la superficie sua ridotta à miglia quadri 
Italiani viene ad essere cento otto mila ottocento quaranta in circa 
108840. Possiede ancora il Re Cattolico buona parte della Alemagna 
Bassa, paesi che sono dà Tolomeo parte di loro compresi nella Gal- 
lia Beglica 82) et parte nella Germanica 83), et si numerano in tale 
parte dominata 84) dal Re Catolico dicesette stati. Et prima i du- 
cati di Barbantia, di Limburgo, di Lutzemburgo et di Geldria 85). 
I Contati 86) di Fiandra, di Artesia, di Hannonia, di Hollandia, 
di Zelandia, di Namurcia, et di Zuefania 87). Il Marchesato del Sa- 
cro Imperio. I Dominij, è le signorie di Frisia, di Mechlines 88), di 
Ultraietto, di Transihalana 89), et di Groninga, questi 90) paesi tutti 
possono havere di costa di mare da seicento miglia Italiani in circa 
600 numerandoli dalla bocca del fiume Ems 91), anticamente detto 
Amasio et così chiamato 92) da Tolomeo Orientalissimo termine 
di tali stati fino a Gravelinghe termine Occidentalissimo di tal Do- 


75) principale città 
76) et la città Murtia 
77) et la città 

78) Lipurquà 

79) Terrace 

- quelle 

81) Italiane 

82) abbracciati nella Galia Belgica 

3) Germania 

4) in tal paese dominato 

5) Gheldria 

) Contandi 

) d’artesia, d’Holanda, di Zelanda, di Namurtia, e di Zufani 
) 1 Dominj di Frisia, di Mechlinia 

89) Transilvania 

) Groninga. Questi 

) Econs 

) posto 


SI 


e) 
7 
- 


90 
9I 
92 


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GIUSEPPE MOLETI 


minio terra posta nella bocca del fiume Aa 93). E’ chiuso questo dalla 
parte di Tramontana dall'Oceano Germanico et Gallico, et dal- 
l'altre parti confina con diversi stati, come col Contato 94) di Frisia 
Orientale col Vescovato Monasterienze, còl Ducato di Cleues, con 
l’Arcivescovato di Cologna con quel di Treveri 95), et còl Regno di 
Franza. Et può la sua superficie ridotta è miglia Italiani quadri 
esser da quaranta settemila et seicento in circa 47600. Domina an- 
cora il Contato di Borgogna, ch'è numerato nella Franza 96). Pro- 
vincia nella quale appresso à Cesare, et à Tolomeo eran quei popoli, 
che eran detti da loro Sequani, et per non allongarmi molto à chiu- 
derlo con suoi confini solo dirò che la superficie di tal Contato ridot- 
to à miglia Italiani quadri può esser nuove mila et ottocento miglia 
in circa. Ja principale città di tal Contato è Bisanzone da gli Antichi 
detto Bisontio. Domina poi il Re Catolico 97) quasi meza l’Italia, 
. Essendo come è padrone del Regno di Napoli, et del Ducato di Mi- 
lano, Re di Sicilia di Sardigna et possiede alcune fortezze in Toscana 
98) non starò a dire ch’essendo tutti i Genovesi principali sotto S. 
Mta Cattolica 99) et regendosi quasi la Republica Genovese à suo 
voto, che per queste si può chiamare 

(f. 5 r.) Sig.re della Liguria hoggi detta Riviera di Genova et per conse- 
guente di Corsica essendo tal Isola dominata da’ Signori Genovesi. I] 
Regno di Napoli comincia nel mare Adriatico detto da gli Antichi ma- 
re supero, ò di sopra nel fiume Tronto detto anticamente Truento 100), 
et finisce a’ Fondi à questo modo. Tirisi una linea che traversi l’Italia 
al mar Tirreno chiamato ancora mare inferiore in sino à Fondi luogo 
ò terra così detta à tempi nostri, et da Tolomeo ancora, et girisi 
attorno poi partendosi da' Fondi per la marina passando lo stretto 
del faro di Messina chiamato anticamente fretum Mamertinumtro1),et 
ritornando attorno fin che s’arrivi alle bocche del Tronto detto di 
sopra. Contiene sotto di se queste Provincie cio è Campania felix 
hoggi detta terra dilavoro 102). Lucania chiamata Basilicata. Bruti) 


9.) Grauelingue che è nella bocca del fiume Aa, termine occidenta- 
lissimo di tale dominio 

94) Contado 

95) Treneù 

96) Franza, 

97) Catholico 

98) Toscana; 

99) Catholica 

100) Tiunto 

101) Fretum 

102) cioè Campania Felice, hoggi detta, Terra di Lavoro; 


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GIUSEPPE MOLETI 


103) ch'oggi è la Calabria inferiore. Magna Grecia c’hoggi è la Calabria 
superiore. Salentini c'hoggi è detta terra d'Otranto. Apulia peucetia 
hoggi terra di Barri. Apulia Daunia 104) Samnites hoggi l'Abruzzo 
105). E’ questo Regno tutto circondato dal mare Adriatico, et Tir- 
reno fuori che la parte sopra dal Tronto à Fondi, et circonda par- 
tendosi dal Tronto et girando attorno per Fondi, per Rhegio, per 
Taranto, per Otranto et ritornando al Tronto, da mille et cento mi- 
glia Italiani 106 in circa 1100 et la sua superficie ridutta a miglia 
quadri Italiani, può esser da venticinque mila e ducento in circa 
25200. La Sicilia poi Isola nobilissima et abbondantissima, di tutto 
quello che all'uso humano può servire, è separata dall'Italia per 
quel piccolo stretto ch'hoggi si dice del faro 107) che può nella più 
stretta sua parte essere da tre miglia in quattro di larghezza. È 
fatto come un triangolo i due lati del quale sono uguali, et maggiore 
ciascuno del terzo che i Matematici chiamano Isoscele, può circon-. 
dare questa Isola poco meno di settecento miglia Italiani 700 et la 
superficie sua ridotta à miglia quadri Italiani può esser dà decesette 
milla ducento venti 17220. Siegue 108) la Sardegna il circoito 109) 
della quale può esser poco meno di seicento miglia Italiani, et la sua 
superficie ridotta à miglia quadri Italiani è di dodecimila et ottocento 
miglia in circa 12800, Resta I10) di quello ch'egli possiede in Eu- 
ropa il Ducato di Milano il quale confina col Monferrato, col 
Piemonte, con lo stato de’ Signori Venetiani 111) con la Liguria ò 
col Genovese, con i Grisoni, et con gli Svizzeri. Può essere la super- 
ficie sua ridotta à miglia quadri Italiani da quattro mila settecento 
vinti miglia in circa. Di maniera che raccogliendo tutto il lito del mare 
ch’el Re Catolico 112) domina nell'Europa ascende alla somma di 
quattro mila cento nouanta miglia in circa 4190 et la superficie ascen- 
de alla somma di ducento sessanta sei mila cento sessanta 

(f. 5 v.) miglia quadri Italiani 206100. Signoreggia il Re Catolico 
nell'Africa il Regno d’Oran con tutta la costa insino stretto di Zi- 
bilterra dove son Mar Tachilir 113) Melilla Tanger et altri luoghi, 


103) Buocij 

104) Dannia, hoggi 
105) l'Abbruzzo 
106) Italiane 
107) Faro 

108) Segue 
109) circoito 
11o) Resta dire 

111) Vinitiani 

112) Catholico 

113) Marzachibir (carta 98 v) 


— 448 — 


di 


GIUSEPPE MOLETI 


el è credibile, Orani essere e appresso à Tolomeo quel che egli dice 
Partus magnus 114) et Tanger che sia Tingis comprese nella Mau- 
ritania, ch' hoggi vien detta Barbaria 115), et Il Regno d’Oran è 
quello di Tremisenne 116). Può esser il lito da C Oran fino allo stretto 
- da trecento cinquanta miglia Italiani i in circa 350. Fra terra poi poco 
ò nulla domina. Possiede ancora l' Isole di Canaria dà gli Antichi dette 
Fortunate. Nell' Asia poi, di sua ragione sono buona parte delle Molu- 
che stante la, divisione che Papa Alessandro fece del mondo à duce 
Re di Castiglia et di Portogallo. Castiglianj partendosi quasi d'uno 
istesso termine con Portughesi sì messero à navigare intorno all’Afri- 
ca andando [i P. .] verso leuante, et i Castigliani per il Golfo Verso 
ponente, della qual navigatione come sappiamo che, Christoforo 117) 
Colombo Genovese ne fu Inventore, e venendo poi per i confini trà 
loro à contesa Papa, Alessandro fatto della contesa 118) Giudice di 
consenso delle parti dove il termine comune era un meridiano 
che. passaya Per l’Isole di Capo Verde 119), che son l’esperide de 
gl’Antichi determinò, che non quello ma un altro più verso Occi- 
dente fosse per. ventun grado distante dal primo: per modo che doue. 
prima i confini di Castigliani 120) andando verso Ponente 121) et 
circondando attorno passando per Magaglianes nan arrivavano alle 
Moluche, con questa nuova divisione perdeva una particella del Perù, 
cio è una parte di quella Provincia che chiamano Brasil la qual viene 
a rimanere à Portughesi vennero essi ad avere fatto acquisto di buona 
parte delle Moluche . che son l’Isole F ilippine. 122), Mindano 123), 
Gilolo 124), Cailon, Machan, Barabar, Pulaan 125) Celebes 126), 
Burmo et altre, in oltre il Japan et parte del continente dell'India 
grande de’ gl’ Antichi è orientale de' Moderni; ciò è il Cataio, il 
Quinsai 127), la China, et altre Prouincie di quelle parti, a questa 
sentenza si giungne 128) ch' avendo, Magaglianes, ‘nauigato attorno 
per commessione del Re Cattolico passando perlo stretto detto poi 

115) Barbabaria 

116) Tremisef 

117) Christofaro 

118) Contesa 

119) Capouerde 

120) Castigliani, 

121) Ponente, 

122) Filippina 

123) Miadanao 

124) Gilolo 

125) Palohan 

126) Colibes 


127) Quinsm 
128) giongie 


da - 
— 449 — 


Aevum - Anno I - 29 


PAOLO REVELLI 


dà posteri, dal nome suo di Magaglianes, arrivando alle Moluche, 
prese il possesso per l’Imperator Carlo Quinto. Ha adunque il Re 
Cattolico Dominio nell'Asia, mà si come egli non domina attual- 
mente quelle parti, così i Portughesi non dominano attualmente 
quella particella che toccò loro del Perù, che è il Brasile ‘129) se- 
condo la sentenza di S. Santita [Santità]. Si giungne che l’Impe-' 
rator Carlo Quinto 130) havendo bisogno de danari diede in pegno 
per trecento mila ducati al Re Giouanni ultimo di questo nome 131) 
di Portogallo, auo del Rè Sebastiano ultimamente morto del 78 132 
in Africa [,] quella parte delle Moluche che per la divisione 

(f. 6 r.) le toccarno, et da tal tempo in qua i Portughesi restarono 
Signori assoluti delle Moluche le qualî il Rè Cattolito non s'è curato 
di ricuperarle 133). Mà di presente essendo il Rè Cattolico successo 
nel Regno di Portugallo è restato signore libero di tutto il Leuante, 
di maniera che questa sola parte d'Asia, dove il Rè domina è d’un 
numero grandissimo di miglia littorali, talche dalle bocche del Sino 
Persico cominciando da Ormus doue il Rè Cattolico ha dominio 
per quanto tiene l’Arcipelago delle Moluche che sono appresso otto 
mila miglia Italiani di costa, ò tutto è del Rè, ò à quello Tributa- 
rio, oltra una costa dell’Arabia felice è dell’Africa tutta 134). E* 
poi il Rè Cattolico signor del mondo nuovo 135) nel quale altri non, 
hà a fare, et dove sono grandissime Provincie: et non solo di quello 
ne signoreggia le riviere ma nel più il fra terra 136). Il mondo 137) 
nuovo adunque lo divideremo in due parti 138) l’una delle quali 
chiamaremo la Nuova Spagna, et l’altra il Perù. Intenderemo la 
nuova Spagna dallo stretto di Terra doue il Peru ch’é Penisola 139) 
v quasi Isola si giugne 140) con la terra ferma ch'è la nuova Spagna, 
et doue particolarmente è la Città di Panama. Partendosi adunque 
da Panama et circondando tutto il Peru andando uerso il Brasil et 
di quindi allo stretto di Magaglianes, et di quindi di nuovo à Pana- 
ma, sono di camino littorale dà miglia Italiani dodecimila et seicento 


129) Brasil 

130) Carolo V. 

131) nome 

132) dell’anno 1578 

133) recuperare da 
134) Di tutto questo periodo non è traccia nella stampa. 
135) Re Catholico, Signore del Mondo nuovo, 
136) fra terra ancora. 

137) Mondo 

138) parti per hora; 

139) Perù, che è Peninsola 

140) congionga 


GIUSEPPE MOLETI 


in circa 12600. E’ poi la superficie del Perù ridotta à miglia quadri 
Italiani sei milioni settecento venti mila in circa 6720000. Di questa 
quantità io voglio batterne le miglia settecento venti mila 720000 
per quello che può essere al fra terra non habitato resteranno 141) 
per la quantità habitata sei milioni di miglia quadri in circa 
6000000. Similmente la costa della nuova Spagna partendosi dalla 
Florida, et dallo estremo della ponta ch’entra in mare circondando 
il Golfo fino à Jucatans 142), et di quindi fino à Panama, et di quin- 
di fino à Quiuira verso Ponente et Settentrione sono di costa da 
cinque mila ducento venti miglia in circa 5220. Et la superficie della 
nuova Spagna ridotta à miglia quadri Italiani 143), sono dà un milio- 
ne ét ottantotto mila miglia in circa 1088000 di questa superficie iò 
ne abbattero 144) gli ottantotto mila miglia 88000 per quel che è è 
inhabitato, ò mal habitato, resta un milione di miglia quadri per la 
superficie della nuova Spagna, et accopiando tutta la quantità del 
Mondo nuovo, appare la costa è il camino littorale essere diece- 
sette mila miglia quadri ottocento venti in circa 17820. Et la su- 
perficie sua essere sette milioni di miglia quadri. Hò lassato 145) di 
considerare la quantità dell’Isole che nel Mondo nuovo sono hauen- 
done ancora lassate molte nel considerare il Paese del Turco quan- 
tunque queste che lasso 146) in parte eccedano molto et molto 
quelle ch'ho lassato 147) nel considerare il Paese dominato dal 
Turco. Or 148) raccogliendo tutto quello che ’1 Re Cattolico do- 
mina nelle due parti sole del mondo, ciò è nell'Europa, et nel 
Mondo nuovo, lassando di mettere in consideratione quello che egli 
(f. 60.) possiede nell’Africa e nell'Asia trovo esser di camino littorale 
ventidue mila, et diece miglia 22010 et la superficie di sette milioni 
ducento sessanta sei milla, cento sessanta miglia 72060160 et perchè 
di sopra trovamo il lito del mare dominato dal Turco essere miglia 
undeci mila 149) ducento ottanta 11280. però comparato questo à 
quello del Rè Cattolico troueremo quello superare questo quasi 
.della mità, et 150) ascendendo la superficie della terra dominata 
dal Turco ad un milione ventitre mila ducento diece nove miglia 


141) habitato; Restaranno 
142) ]Jucatan 

143) miglia quadri 

144) abbatterò 

145) lasciato . 

146) lascio (carta 100 r.) I 
147) quello ch’ò lasciato | ta 
148) Hor n | no 
149) milla : 
150) la mettà; Et 2 e > 


— 451 — 


* è. 


PAOLO REVELLI 


1023219 et quella dcl Rè Cattolico à sette milioni ducento sessanta 
sei mila cento sessanta miglia 7266160 per tanto appare la terra 
dominata dal Rè Cattolico essere quasi sei uolte et meza più di 
quella ch'è dominata «dal Turco, et però. non son da esser compa- 
rate le Signorie del Turco à quelle del Rè Cattolico, eccedendo queste 
di gran lunga quelle. Non lasserò 15 1) ora di fare una consideratione 
ch’essendo il circuito della terra tutta ventun mila et seicento miglia 
Italiani 21600 respondendo 152) secondo l' osseruation de nostri Astro- 
nomi 153) ad ogni grado del Meridiana ( Celeste, o) del maggior cerchio 
sessanta miglia i in terra de’ nostri, et il suo Diametro trouato con le 
regole d’Archimede essendo sei mila ottocento settanta dui miglia 
et otto undecimi di miglio 6872,8/11 et nascendo della moltiplicazione 
della circonferenza della terra nel suo diametro la superficie della 
terra tutta (secondo che Archimede ha dimostrato) che verrebbe a 
essere cento quaranta otto milioni quattrocento cinquanta mila 
novecento et nove miglia quadri et undecimo di miglio 148.4509091/11 
che però di questa tal superficie il Re Cattolico ne domina la uentuna 
parte et quasi meza. Voglio 154) che intendendo noi tutta la super- 
ficie della terra diuisa in ventuna parte che di tali il Rè Catolico 
ne domina più d'una anzi una et quasi meza. Et il Turco ne.ulene 
à dominare una delle cento et quarantaotta parti di quella. Voglio 
che supponendo noi la medesima superficie della terra divisa in cen- 
to et quarantaotto parti di quelle solo una ne domina il Turco et 
forse meno. Mà chi volesse senza batter 155) cosa alcuna < della su- 
perficie della terra ch'è dominata dal Turco sapere et [a] quanti 
miglia ascende saperà esser un milione trecento settanta otto mila 
novecento cinquantanove miglia quadri 1378959. Et la superficie 
della terra dominata dal Rè Cattolico 156) è di ‘Otto milioni set- 
‘tanta quattro mila cento sessanta. miglia quadri 8074160. la “douce 
appare la terra dominata dal Rè Cattolico hauersi quasi à quella 
del Turco, come tredeci à due, ò per darla alquanto più precisa, 
come ottanta è tredeci quasi, et precisissima sarà poi ‘pigliando ì 
numerì come sì trovano ciò è 8074100 a 1368959 ò pure riduta à quei 
più minimi numeri che si può approssimare è 
(f.7r.) come 433 à 74 et si dice approssimare poi ‘che noh sono 


151) lascierò 

152) detta terra tutta, vintiunmilla, et sei cento ‘miglia ‘Îtaliani, 
rispondendo 

153) osservatione de’ nostri Astronomi 

154) Voglio dire (carta 100 tv) 

155) sbattere 

156) Catholico 


GIUSEPPE MOLETI 


queste cose in ultima precisentia 157) per rispetto della ma- 
teria nella quale ‘si trovano. la quale non comporta che si 
troui quella certezza che nelle cose astratte di’: Geometria è 
di Aritmetica si suol vedere 158). Et à chi dicesse che nel com- 
putar la Spagna di quella se n’è presa tutta la quantità che 
non si douea non essendo il Regno di Portogallo della ragione 
del Re Cattolico, si risponderebbe che essendosi lassate le parti 
dell’Africa di computare et così l’Isole di Maiorica 159) et'le 
Canarie con molte altre parti dominate dal detto Re Cattolico, che 
però posson ben queste quantità ricompensare quel pezzo della Spa- 
gna appartenente à Portogallo cosa che poco rileua rispetto al re- 
sto *' Da tutto ‘questo discorso appare il Rè Cattolico esser il 
maggior Principe del Mondo rispetto alla grandezza de Paesi che 
domina, non potendo quanto al dominio niun Prencipe compararsi 
a lui. Et auenga che ’1 Gran Cane di Tartaria sia patrone 160) di 
molto paese tutto lo stato suo non dimeno non arriva à due milioni et 
ducento mila miglia quadri Italiani di Paese 2200000. Il Rè di 
Persia poi quantunque sia gran Prencipe non dimeno lo stato suo è 
minore di quello del Gran Cane di Tartaria potendo arrivare il suo 
Pacse tutto a due milioni et cinquanta mila miglia Italiani quadri in 
circa 2050000. Solo il Rè d'Etiopia detto il Prete Jan 161) s'approssima 
di stato al Rè Cattolico poi che domina di Paese cinque milioni et 
cinquecento mila miglia quadri Italiani in circa 5500000 mà è paese 
che hà molti luoghi deserti et poco habitati, altri Prencipi poi non 
son dà compararsi rispetto à gli stati loro con i sopradetti. Diremo 
adunque per grandezza di stato il primo essere il Re Cattolico 162). 
Il secondo il Prete Janni. Il Terzo il Gran Cane, il Quarto il Re di 
Persia, detto il Sofi. Il Quinto il Turco. Tutti gl’altri Prencipi 163) 


157) precisezza 

158) Aritmeticha, si suole vedere 

159) Maiorica, et Minorica, 

*) Questa considerazione non implica contraddizione con quanto è 
detto precedentemente (f. 6 r): « di presente essendo il Rè Catholico 
successo nel Regno di Portugallo »): essa attende a ribattere la possibile 
obiezione che il computo areometrico relativo al Portogallo e al dominio 
coloniale portoghese doveva essere fatto separatamente, cioè indipen- 
dentemente da quello relativo alla Spagna e al dominio coloniale spa- 
gnuolo perchè l’annessione (1580) era una condizione « de facto » e non 
una condizione «de iure ». 

160) Padrone . 

161) Janni 

162) Catholico 

163) altri Principi poi 


— 453 — 


PAOLO REVELLI 


per grandi che siano non sono dà essere comparati 164) con questi i 
quali occupano col Dominio loro, diecenoue milioni ducento tre 
mila cento diece noue miglia Italiani quadri 19203119 che compa- 
rati a tutta la superficie della gran massa della Terra et dell'acqua 
uiene quasi ad esser l'ottavo di quella. Et chi poi con la terra domi- 
nata dà loro comprendesse li mari et loro stati attinenti 165) senza 
dubbio il Dominio loro sarebbe quasi la mità della superficie della 
terra et dell’acqua et forse più 166).con tutto ciò intendendo noi la 
terra dominata dà loro essere discoperta, come è dall'acqua è cre- 
dibile non rimanere nella terra due altre tanti parti di discoperto, 
come potrebbe sapersi da chi ne volesse Pighar il carico cela sup- 
putatione 167). 


164) da compararsi 

165) i Mari a loro Stati attinenti 

166) più; Con 

167) supputatione. Ma tanto basti per hora. 


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Cod. ambros. P. 145 [Sup.j, Inserto N. 3, f. 0 v 


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INVENTARI DI LIBRERIE 
UMANISTICHE" 


A FELICE RAMORINO 


Lo spoglio sistematico degli atti notarili, che, nonostante gravi 

‘e frequenti lacune, rappresentano in molte città un materiale cospicuo 
di studio, può offrire dati interessanti per la storia della cultura. 
Passano, è vero, giorni e giorni che parrebbero perduti, e non li 
‘compensa certo — spigolare, si spigola sempre — qualche notiziola 
che determini meglio particolari toponomastici o aggiunga qualche 
nuova voce al ricco lessico delle arti medievali, ma viene di tanto in 
.tanto la giornata buona, e lo studioso si sente così ripagato del tempo 
e della fatica, se pur non si considera addirittura un filius fortunae. 
Esaminando le filze dei notari lucchesi del tempo di Dante, Fran- 
«cesco Paolo Luiso si è imbattuto, per così dire, in un nuovo figliuolo 
del Poeta (Un documento lucchese che interessa la biografia di Dante, 
Lucca, Coop. Ed. Lucch., 1921, per « Nozze Sardi-Mazzei »), ha riunito 
dati notevoli per la biografia di Bonagiunta ed ha colto fra i nomi e i 
-soprannomi del piccolo mondo dei mercanti e dei barattieri lucchesi 
del Duegento una buona parte di quelli, che parrebbero creazioni del 
‘Poeta, dei diavoli danteschi (Luiso, « Ecco uno degli anzian di Santa 
Zita », in « Miscell. Lucch. in memoria di Salvatore Bongi », Lucca, 
-Coop. Ed. Lucch., 1927). Frugando nelle carte di un secolo dopo, a me 
«non è accaduto, finora almeno, di trovarmi a così gradite sorprese, 
ma nemmeno di aver gettato il mio tempo, se già in un primo spoglio 
dei primi decenni del Quattrocento ho potuto mettere insieme un 
manipolo di inventari di libri che, aggiunti a quelli fatti conoscere 
«dal Gottlieb (Ueder mittelalt. Biblioth., Leipzig, Harrassovitz, 1890, 
. pp. 205-7), dal Bongi (Di Paolo Guinigi e delle sue ricchezze, Lucca, 
1871, pp. 78-8 (cfr. Fumi e Lazzareschi, Carteggio di Peolo Guinigi, 
« Mem. e Docum. della Storia di Lucca » XVI (1925), pp. XX-XXI), 
(9) Questo lavoro era stato scritto per la « Raccolta » in onore di Felice Ra- 


\ morino; giunto in ritardo per essere incluso in quel volume, trova posto in que- 
sta « Rivista». e i 


AUGUSTO MANCINI 


e Invent. del R. Arch. di Stato di Lucca, IV, p. 344, n. 2 ) e dallo 
Sforza (Epistola Peregrini de Belmesseris pontremulensis, Lucae, 
typis Justi, MDCCCLXXX, pp. 36-9), mi daranno modo, a ricerche 
compiute, di riprendere miei vecchi studi (cfr. Studi Ital. di Filol. class. 
VIII, 124; Bibliofili e Biblioteche di Lucca, Lucca, Amedei; 1907; 
Rivista di Filol., XXXVI (1908), 3, Pp. 518- -23) sulla cultura a Lucca 
nel secolo del Rinascimento. Mi limito qui a rapidi cenni delle libre- 
rie più notevoli.‘ 

Tale era senza dubbio quella di Federigo q. Matteo Trenta morto 
«in partibus ultramontanis in civitate Parisiis », di cui in data 15 
gennaio 1420 (Ser Paolo Federigi, 378, c. 77) si fa l'inventario: 
poco meno di un centinaio di libri, con una buona rappresentanza 
di testi latini, classici e cristiani (di Cicerone le Tusculane, le due Re- 
toriche @ nova et anticha », lé « Pistole »; Virgilio: Ovidio «Le Pistole »; 
le Tragedie di Senèca; Lucano; Svetonio « de duodécim Ciezaribus »; 
Macrobiò; Servio; Prospero d' Aquitania; Boezio; le Croniche di San 
Girolamo; di S. Agostino ‘il « De civîtate”Dei »;'i « Moralia » ‘di San 
Gregorio; «la prima parte della Somma di S. Tomaso », qualche 
traduzione dal greco (la «Politica » dì Aristotele, non ih traduzione 
umanistica, ‘se primo traduttore ne ‘fu il Brani nel 1438 (cfr. Luiso, 
Studi su l’Epist.'L. B. (iti corso ‘di Stampa), p. 171), é il'« De repuù- 
blica» di Platone, che può invecé esser bene la traduzione’ fatta dal 
Crisolora ‘e da Uberto Decembrio a Pavia dal 1400 al 1403, gli anni 
del soggiorno del Crisolora (cfr: Sabbadini, Le scoperte, Î, 50) în quella 
città) e molti libri volgari (due codici di Dante, un « Tezeo » che sarà 
la Teseide, di larga lettura, del Boccaccio, ancorà'un è Tezeo con più 
sonetti », «una Storia ‘di Sancto Francescho », «la leggienda de 
Santo Antonio abate », «lò libro delle ciento novelle » «un libro ovo 
tioni di San Bernardo » «un Troyano in volgarè' bolognese », «un libro 
di Troyano' et ‘gramaticha Papias ». Scarsamente rappresentati I 
libri di legge e noteveli solo tre codici di letture di Bartolo sulle 
Pandette nella consueta triplice divisione del Digestum vetus, dell'In- 
forliattim'e del Digestim novum; di grammatica un « Grecismo », la 
vulgatissima opera di Everardo di Béthure, e ‘un Uguccionè, è vari 
libn liturgici, fra i quali «un breviale bello parigino ». I libri francesi 
non meravigliano in nessuna libreria del quattrocento e tanto merio 
debbono meravigliare in librerie di lucchesi ‘che, per tradizione di 
traffici già più che secolari, facevano la‘spola fra Lucca, la Francia e la 
Fiandra: Federigo Trenta aveva îl suò bravo « Tezoto ini francieschò » 
‘e «lo manual de pecchati in franciescho'»: in volgare pare ‘che ‘fossero 
invece alcuni libri di musica, notevole «un libro di muzicha dove 
son’ più ‘cansotii et madriali et mottetti ». Una Strana riotazione'è di 


— 456 — 
Cu 


INVENTARI DI LIBRERIE UMANISTICHE 


un «libro matii poetria », e non vi è incertezza di lettura, ma non 
parrebbe si dovesse dubitare trattarsi dell’epistola oraziana. Non 
mancava infine, per tacere di ciò che ha minore Importanza, il COr- 
redo di un « mappamondo ». » 

Scarso interesse ha in confronto la libreria di Andrea di - 
tonio Frediani (Pergamena 1 giugno 1444, acquisto Ghivizzani), u 
mercante che aveva le sue Pandette con la relativa « lectura Cyni», », 
che è Cino da Pistoia, e un buon manipolo ‘di classici‘ le due Re- 
toriche, Sallustio, Virgilio, Orazio, Lucano, le Metamorfosi d’Ovidio, 
Valerio Massimo, «unum par tragoediarum », evidentemente di Se- 
neca, Boezio. Non sono molti, ma ‘molti meno pare ne avesse a 
giudicare dal sequestro che dopo la sua morte ne fu fatto ncl 1420 
(Bongi, Inventario, IV, 344), il cronista e ‘novelliere lucchese Gio- 
vanni Sercambi. dii 

Veramente notevole è invece l'inventario in data 17 luglio 
1424 (Ser Domenico Arrighi, 429, c. 182) dell'eredità di Ser Francesco 
Accettanti: un inventario che ci offre un po’ di tutto, compresi « cer- 
tos sacchettos litterarum mercatorum ct multas litteras mercatorum », 
«unam cartam ad navicandum », « unam bilanciam pro pesando flo- 
renos », e compresa anche, dati i tempi (cfr. Bongi, Le schiave orientali 
in Italia nella « Nuova Antologia » lI (1860), 215 sgg.; Mancini, 
Il « Memoriale » di M. Jacopo di Coluccino, in « Atti della R. Acc. 
Lucchese », vol. XXXVII), « Luciam sclavam scu servam dicti Iran- 
cisci ». I manoscritti sono una sessantina, e i classici, fatta eccezione 
per la Tebaide di Stazio, per un Boezio « De consolatione » e per un 
Prospero d'Aquitania, sono tutti volgarizzati: volgarizzati il « De 
amicitia » e il «De Senectute », una «oratio Tulii in laudem Gai 
Caesaris », che sarà l’orazione « Pro Marcello » che si poneva in testa 
alle cesariane (cfr. Zambrini, Le opere volgari, p. 265), volgarizzate 
le « Epistole di Seneca », il «de causis » di Quintiliano, cioè le « De- 
clamationes maiores » con ogni verisimiglianza la traduzione del 
Loschi che è della fine del sec. XIV (cfr. Marchesi in « Miscell.Maz- 
zoni » I, ‘279 SEg.), ‘ed anche Boezio. Traduzioni latine non umani- 
stiche saranno il « De caclo et mundo » di Aristotele e un « opus Exopi » 
(cfr. Sabbadini, Le scoperte, II, 263), mentre un libro « de re uxoria» è 
evidentemente il noto trattato di Francesco Barbaro pubblicato con 
ogni probabilità (cfr. Sabbadini in « Miscell. Hortis, II, 615 sgg.) nel 
1416. Neppure nella libreria dell'Accettanti mancava Dante, anzi 
l'inventario ci offre, oltre un «liber Dantis », due volumi «in cartis. 
continentes expositiones Dantis » — non si dimentichi che l'esempio 
del culto per il Poema dell’Alighieri dava in Lucca, oltre il Sercambi, 
che si cimentò anche a chiosarlo, lo stesso Paolo Guinigi (Carteggio. 


- 457 — 


AUGUSTO MANCINI 


p. XXI), che comprò in Pisa nel 1405 l’autografo del Commento di 
Francesco da Buti ma del Petrarca figurano tre codici, due del Can- 
zoniere e uno dei Trionfi. Fra i codici di carattere sacro e agiografico ne 
‘compaiono due della « Legenda Sanctae Crucis de Luca », evidente- 
mente la leggenda latina leboiniana: uno dei codici (lo noto per 
eventuali raffronti con quelli esistenti) era cartaceo, dell'altro manca 
l'indicazione. I manoscritti in francese sono otto: notevoli un « Egi- 
-dii De regimine principum in lingua francigena » che è la nota opera 
«del Colonna; un libro «De terra sancte Yerusalem », e. un « De 
gestis Allexandri», probabilmente il noto poema di Lambert le 
Torte Alexandre de Bernay. 

Una sessantina di codici possedeva anche Giovanni Guinigi, della 
‘cui eredità si redige inventario il 22 novembre 1425 (Ser Domenico 
Arrighi, 429), ma si dovrebbe argomentarne ch'egli fosse fra gli spre- 
giatori del volgare, poichè, se si eccettua un libro « ballatarum nota- 
rum », cioè di musica, nulla c’è d'italiano: nulla di Dante, nulla di 
classici volgarizzati, del Petrarca e del Boccaccio compaiono il 
«De remediis utriusque fortunae » e il « De genealogia Deorum ». 
C'è qualche libro francese ma senza indicazione di contenuto, non 
pochi e comuni testi di latinità medievale, e dei classici Terenzio, 
Sallustio, Virgilio, « Ovidius maior », Lucano, Giovenale, Svetonio, 
Apuleio «De deo Socratis », Lattanzio, Eutropio «de ystoriis Ro- 
manorum », Macrobio, Cassiodoro « Epistolae » », Boezio. 

Che in questi inventari che non vanno oltre il primo iu del 
secolo, si trovino molti codici francesi e non si trovi nessun codice 
greco non fa meraviglia; e la memoria più antica di codici greci in 
Lucca resta ancora, ch'io sappia, l'indice dei libri di Pietro Demetrio 
Guazzelli, custode della Vaticana e compilatore col Platina dell’in- 
_ventario della Biblioteca sotto Sisto IV, indice che pubblicato in 
‘appendice alla sua bella memoria sul Guazzelli da Mons. Pietro Guidi 
(nella « Miscellanea Ehrle », V, pp. 192-218), per quanto sia documento 
relativamente tardo per la storia della cultura umanistica, mi ha 
dato occasione ad alcune osser vazioni c raffronti che espurrò altrove. 


AUGUSTO MANCINI 
Pisa FE n 


— 458. 


BOLLECTINI BIBLIOGRAFICI 


CARLO CONTI ROSSINI 


Prof. di lingue e storia d'Abissinia nella R. Università degli Studi di Roma. 


ETIOPIA 


(1915-1927) 


I. Nota preliminare . 
- II. Generalità; studi grammaticali e ‘lessicali sul- 
| l’etiopico antico; cataloghi di manoscritti . 2569-2607 
III. Letteratura (esclusa quella di carattere storico 


nagionale) .. Lc. iu, DE e un COGI 

IV. Storia e letteratura storica soon ta 0093 

V,. oogratsm atorich i, ji... sd} are R7S6A704 

VI. Numismatica . . . . Diga R0R907 

VII. Cronologia e calendario o'i t iaao °° RIOORIT? 

VII. EMFISIO: i e ia CITIII 

TA. Falascia.: . . .. e Ledt'asi o a EI0R290 
X. Lingue moderne semitiche: 

o "NINO; | pre SEA 

2. Tigrai o Tigrigna paio in RODIS0I4 

3, AMANO: dda dan a a a ROS=2904 


W BISION ei È a © RI082800 


Popoli e lingue non semitiche: 


XI. Popoli e lingue cuscitiche in generale; studi 


BIG: + LO LA tn DOPO 

li ADRIA e LES) 
io GRID e 1 a En 4 2012931 
XIV. Sidama . . . ii © mt ‘3032-2038 
— XV. Popolazioni e linguaggi d’altro ceppo iù « 030:2044 
- XVI. Etnografia. SSREHEBIERI dana ie pa 2045-2907 
XVIL Personalia . . to die 3068: 2068 quater 


* Anche per questo bollettino come per quello sugli studi Indiani la tipografia 
non ha potuto disporre di tutti i segni che sarebbe stato desiderabile; essa ha sup- 
plito adoperando p. es. il corsivo in parole scritte in rotondo o il rotonda in pa- 
role in corsivo per indicare Ja varietà di H; ‘oppure ha posposto alle lettere il segno 
che sarebbe dovuto essere sovrapposto come in s”, e in e, 


— 459 — 


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CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2569-2570 


I. Nota preliminare. — Questa vuol essere una rassegna 
degli scritti interessanti la filologia e la storia, in senso lato, dell’E- 
tiopia, apparsi dopo il bollettino pubblicato dalla signora Laura Va- 
glieri nel n.2 vol. VII (1916) della RSO, 0, tenuto conto della cessazione 
di comunicazioni fra l’Italia e l'Europa Centrale nel tempo in cui la 
signora Vaglieri raccoglieva i suoi materiali, dopo il mio bollettino nel 
n. I vol. VI (1913) della stessa rivista. Il molto tempo considerato in 
questa rassegna ed il trovarsi gli scritti d'interesse etiopico dissemi- 
nati in un grande numero di pubblicazioni giustifichino le inevitabili 
lacune, cui cercherò di provvedere in un'altra rassegna successiva. 
Difetteranno forse indicazioni su pubblicazioni avvenute in Eritrea 
od in Abissinia, che diviene disagevole il seguire; esse, però, hanno 
spesso interesse puramente bibliografico, anzi che interesse scientifico, 
onde la loro omissione non parmi avere importanza. 

. La grande guerra ebbe grande ripercussione sugli studi etiopici; 
arenato è il « Corpus Scriptorum Orientalium Christianorum » dello 
Chabot, che si largamente concorreva alla divulgazione dei testi in 
lingua ge‘ez; presso che arenata è la « Patrologia orientalis » del Graf- 
fin, anch'essa benemerita di questi studi. Dopo la guerra Sylvain 
Grébaut tentò la pubblicazione di una piccola rivista speciale per cose 
etiopiche; anch'essa è sospesa. Il Ministero italiano delle Colonie ha 
testè iniziata la stampa d’una nuova rivista, destinata a illustrare il 
passato dell’Africa Italiana; auguriamoci che il fervore di studi, che 
sì encomievolmente si manifesta pet i possedimenti italiani del Me- 
diterranco, si riverberi nei possedimenti al di là del canale di Suez. 
Missioni e spedizioni scientifiche di Francia, d' ‘Inghilterra e di Ger- 
mania hanno visitata in questi ultimi anni, o si propongono di 
visitare l'Etiopia, con intenti che interessano i nostri studi. 


II. Lingua etiopica: Generalità; studi grammaticali e 
lessicali; cataloghi di manoscritti. — Una classificàzîohe ‘géne- 
rale delle lingue semitiche e non semitiche d’Abissinia è data da 
Marcel Cohen (I 2569); al quale riguardo si leggerarinò con profitto 
le osservazioni che al Cerulli vengono suggerite dalle ecceziorralmente 
favorevoli sue condizioni d'’ indagine’ e di osservazione (I 2570). In 
campo più ristretto, il Conti Rossini tratteggia un quadro delle lin- 
gue semitiche del pacse, e, molto concisamente, delle relative. lettera- 


4 


I. 2509 — Les langues du mon-  gues chamito-sémitiques, 82-151 
de, par un groupe de linguistes  C. 
sous la direction de A. Meillet et 
Marcel Cohén:MARCELCOHEN, Lan- I. 2570 — OM, 1925» 322-4 


— 460 — 


#. NOTA PRELIMINARE. «IT. LINGUA FTIOPICA.- ÌÎ. 2571-2583 


ture (I 2571). Sui ciò vi è anche un articolo del Guidi ( I 2572). Non 
sembtà quì il caso d' insistere su taluni studî d’ordinè generàle 6 che, pu- 
re Svolgendosi i in altri campi, banno avuto speciale riguardo all’ Etiopia, 
come per esempio quello di Mayer Lambett, che, riprendendo unà non 
nuova tesi, trova fra etiopico ed accadico rapporti sì speciali da farne 
un gruppo linguistico di contro alle altre lingue semitiche (I 2573), O 
quello di Arth. Ungnad che molto accostasi a tale punto di vista 
(1 2574), 0 quello del Margoliouth, che invece rav visa fra sud-arabico 
(ed etiopico) ed ebraico tali nessi da affermare che, ove si conoscesse 
con precisione la terra d’ origine degli Habas ” at, sapremmo quella pri- 
mitiva degli avi degli Ebrei (I 2575); nè parleremo del bellissimo 
studio del Cohen sul verbo semitico (I 2576), studio molto impor- 
tante per le varie lingue semito-etiopiche: sono pubblicazioni che per 
il loro carattere troveranno più acconcia segnalazione in altra sede. 
Nel campo grammaticale, abbiamo una grammatica della lingua 
etiopica, con crestomazia e glossario, dovuta al Mercer, che nello sten- 
derla ebbe di mira scopi scolastici (I 2577); numerose recensioni ne 
sono apparse, da i di H. Hirschfeld (I 2578), di Herbert H. 
Gowen (I 2579), di O. M. Harden (I 2580), di A. Werner (I 2581), 
di H. A Nyberg (I 5582), di Sylv ain Grébaut (I 2583), recensioni che, 
segnatamente da chi più da vicino ha esaminato il libro, sugliono es- 
sere non favorevoli. Alcuni appunti grammaticali, complementari 


I. 2571 — Conti Rossini CAR- . I. 2576 — COHEN MARCEL, Le 
Lo, Le lingue e letterature semitiche sistème verbal sémitique et l’ex- 
d' Abissinia=ONI, I, 1921, nn. 1-3: pression du temps. Paris 1924, 
estr. pp. 20. XXVII-3I19. 


I. 2572 — Guipi Icn., Le lin- I. 2577 — MERCER SAMUEL A. 
ue dell'impero abissino = Oriens,,, B., Ethiopic Grammar, with Chre- 
ihe Oriental Review, I, 1926 (Pa-  stomathy and Glossary. Oxford 
tigi), 2-5. I9Z0. 


| I: 2573 — MaAvER LAMBERT, Le I. 2578 — RAS, 1920, 656-7. 


dii des langues sémitiques. I. 2579 — Journ. of the Soc. 
= Cinquantenaire de l’ Ecole Prat. of or. Research, 1920, 93-94. 
des Hautes Etudes, Paris 1921, 
51-60. I, 2580 — Bull. of the School 
of Or. Stud., London Institution, 
I. 1814— UnoNad A., Das. Wé- II (1921-3), 131-133. 
sen des semitischen. Leipzig 1925, 
I. 2581 — Bull. of the School 


0. 
3 of Or. Stud., London Institution, 
I. 2575 — MARGOLIOUTH, The II (1921-3), 812-3. 


velalions between. Arabs and ]s- e LE 3 
vaclites. prior to.the rise of Islam. ni A 2 i 50: 
London 1924. I. 2583 — Aethiops, TI, 30. 


22 


CONTI _ROSSINI - ETIOPIA. I. 2584-2588 


della classica grammatica del Dillmann, sono stati pubblicati dal Gré- 
baut (2584). Il Cohen ha illustrato il comportarsi di gruppi di con- 
sonanti in principio di parola (I 2585). Nelle Aethiopica, di cui si dirà 
in appresso (I 2739), il Conti Rossini rintraccia avanzi d’un antico 
causativo in 4a-; e spiega il causativo amarico as-, al pari del caus. 
harari a/-, quale derivazione della X® forma etiopica in asta-. 
Speciale attenzione ha avuto lo studio della pronuncia tradizionale 
della lingua ge‘ez. Noi non abbiamo nessuna diretta documentazione 
del come questa si pronunciasse in antico: dobbiamo cercare di ren- 
dercene conto attraverso la tradizione delle scuole annesse alle grandi 
chiese ed ai conventi, ove la cultura abissina conservò i suoi focolari. 
Il Littmann iniziò la serie di queste indagini, per il periodo di tempo 
che qui .-c’interessa, facendoci conoscere i risultati .delle conferenze 
avute in proposito col debterà Gabra Mika’e 1 Dabayu, durante il suo 
soggiorno in Aksum nel 1906, e poscia esaminando i testi ed.i para- 
digmi grammaticali pubblicati, con notazioni precisanti pronuncia 
ed accenti, dal bravo Takla-Maryam Samharay (I 2586). Il Cohen, pro 
cedendo indipendentemente dal Littmann, sulla base d'informazioni di 
abba Gerom fornisce elementi di controllo e di complemento degni 
della.maggiore attenzione (I 2587). Il Mittwoch, infine, su notizie. 
dell’alaga Taye” e del Belattà Heruy, ha pubblicato un lavoro che pos- 
siamo a buon diritto considerare fondamentale su questo argomento 
(2588). Sostanzialmente, ci troviamo di fronte a una ben determinata 
tradizione nella pronuncia dell’antico idioma etiopico, --tradizione 
così diffusa da potersi « considerare universale. Il Guidi, nel rendere-con- 
to del bel lavoro del Mittwoch, rileva come questa tradizionale ‘pro- 
nuncia non corrisponda spesso a quella delle altre lingue semitiche, e 
si pone il quesito della sua origine e della sua attendibilità, -adottando. 
il pensiero del Mittwoch che essa abbia subitò l’influsso dell’amarico, 
ed esprimendo il dubbio che per parecchi aspetti essa non ‘riproduca. 


# 


I. 2586 — LITTMANN . EnmO,. 
Ge'ez-Studien, I,II:= NGGW, 1917, 


I. 2584 — GRÉBAUT: S., Cour- 


tes notes de grammaire, (add. à la 
— Ge'ez- 


Grammatik der dath. Sprache de 
Dillmann) = Aethiops, I, 37-39. — 
Notules grammaticales, 1d., II, 45- 
40. — La conjonction finale -la. 
dethiops, I, 12.00 


‘COHEN MARCEL, 


I. 2585 — 
Groupes de consonnes au début 
du mot en éthiopien. = Cinquante- 
naire de l’Ec. prat. des Hautes 


Etudes, Paris 1921. 141-159, 


627-702; Studien, III = 
NGGW, 1918, 318-339. 


I. 2587 — CoHEN MARCEL, La 
prononciation traditionnelle duguèze 
(éthiopien classique) = JA, 1921, 


vol. 2, 218-269. Annuntio del 
GRrÉBAUT in Aethiops, I, 15. | 
I. 2588 — MITTWOCH EuGEN,, 


Die. traditionelle. Aussprache des' 
Aethiopischen.' Berlin 1926. 120.. 


— 462 — 


II. LINGUA ETIOPICA. I. 2589-2592-septies 


l'antica pronuncia originale (I 2589). Ciò deve renderci cauti nell uso 
delle sue applicazioni alle indagini d’ordine morfologico. 

Nel campo paleografico, merita speciale segnalazione uno studio. 
del Grohmann sull'origine e sullo sviluppo dell’alfabeto etiopico. 
(I 2590). Senza dubbio rimangono delle ombre nel quesito della o- 
rigine della vocalizzazione delle lettere ge‘ez; ma il Grohmann dice 
l’ultima parola che allo stato delle cose possa dirsi. Quanto alla i- 
potesi che l'alfabeto etiopico sia non una derivazione, per evoluzione, 
dell'alfabeto locale, ma l'innovazione d’un re o la riforma di missio- 
nari etc., essa va definitivamente abbandonata. Del resto; oggi cono- 
sciamo monete anteriori al re Ezana in caratteri etiopici. 

La lessicogratia ha trovato il suo zelatore in Sylvain Grébaut 
che va pensando ad una nuova edizione del grande lessico del Dill- 
mann. Saranno da meditarsi gli avvertimenti e le direttive che in pro- 
posito dà il Guidi (I 2591). Intanto, il Grébaut si spiana la via con nu- 
merose piccole note, su questa o quella voce (I 2592-2592 sedties). Di 
tutto altro genere è una piccola serie (la vorremmo più numerosa!) 
di piccole note del Pritorius, il quale, come in altre precedentemente 


I. 2592 ter — GRÉBAUT S., Addi- 
tions sémantiques au Lex. aeth. de 


I. 2589 — Guipir Ignazio, Die 
traditionelle Aussprache des Ae- 


thiopischen = DLZ, 1926, col. Dillmann=Aethiops, I, 7-10, 25-28. 

1903-1908. I. 2592 quater — GRÉBAUT S., 
I. 2590 — GRORMANN ADOLF, Courtes additions au Lex. aeth. de 

Ueber den Urysprung und die Ent-. Dillmann = Aethiops, I, 14, 29- 

wicklung der athiopischen Schrift = © 30, 57-58. 

Archiv. f. Schritfkunde, anno 1, n. 1 i . 

2-3, 57-87, tavola. I. 2592 quinquies — GRÉBAUT 


S., Références et exemples à ajou- 
ter au Lex. aeth. de Dillmann. 
=: Aethiops, I, 59-60. — Références 
lexicographiques. id., II, 11-12, 


I. 2591 — GuipI I., .d propos 
d’une nouvelle édition du Lex. 
aeth. de Dillmann =- Aethiops, I, 


19-52. 

I. 2592 — GréBAUT S., Con- 
tributions ‘a la philologie éthio- 
pienne = ROC, 1915-17, 439-441; 
1918-19, 103-106, 314-322, 40I- 
408; 1920-1921, 329-333. | 


‘I. 2592 bis — GRÉBAUT S., Addi- 
tions morphologiques au Lex, aeth, 
de Dillmann = Aethiofs, I, 4-7, 
19-25, 39-40, 55-57. — Contribu- 
tions lexicographiques: morphologie. 
id., II, 4-9. | | 


© I. 2592 sexties — GRÉBAUT S., 
Notules lexicographiques=Aethio0ps, 
I, 12-13. — Contributions lexico- 
graphiques: morphologie. 1d., 37-43, 
52-58. — Vocables étrangers. id., 
59-60. — Rectifications lexicogra-. 
phiques. id., 60-61. 


I. 2592 septies — GREÉBAUT S., 
Bréèves considérations sur le besoin 
d’un mnottveau dictionnatre éthio- 
pien, ou, tout au moins, d’un sup- 
pléement au dictionnaire ODI 
Paris 1926, S, 


— 463 — 


i Fe IAT 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I, 2593-2602 
fatte apparire, tende a spiegare l' ‘etimologia O N origine di talune voci, 
come mne'ay « cosa » (I 2593), zenam € pioggia »,. (I 2594). saytào, in 
cui potrebbe vedersi un peggiorativo di satàn (I 2595), sere'e « greco», 
la quale ultima woce, si ‘collegherebbe col mineo d-r-' « occidente », 
verisimilmente l' Egitto, ai cui signori, Greci, ‘essa sarebbe stata in un 
primo tempo applicata (I 2590). Paolo Haupt accosta l'et. asfantana 
all'ebraico natàn « dare »: sembra un po’ forte (I 2596). Lo Hess stu- 
dia alcune voci arabe in un glossario abissino di 2597). a an- 
‘che n. 2739. 

abbiansi precise notizie, non esistono più, ali ‘infuori di quella della 
Biblioteca Vaticana, di cui annunciasi in corso di preparazione un'il- 
lustrazione, in luogo di quella che sempre sperammo vedere pubblicata 
dal Gallina, II Grébaut, che ha avuto incarico. di «preparare tale 
illustrazione insieme con Eugenio Tisserant, annuncia intanto d'a- 
vere arricchita la raccolta Vaticana di altri TI9 ‘manoscritti. da lui 
acquistati durante. una, apposita sua missione nello Scioa (I 2598). 
Antichi manoscritti sono stati trovati dal P. Azais nella sua missione 
a sud dello Scioa, v, n. 2692. Il Kolmodin ha fatto conoscere gli 
elenchi dei. manoscritti di. proprietà della cattedrale di Aksùm, 
di Dabra Margore” wòs del Dembelàs e di qualche altra chiesa d'E- 
ritrea (I 2599): nulla di veramente nuovo od importante. Lo 
stesso Kolmodin precisa la data - l’anno 1476-7 -, dell'interessante 
ms. n. 105 d’Abbadie .(I 2600). Il Grébaut. dà notizia di talune col- 
lezioni private, come la collezione Bergey (I 2601-2) e quella Delorme 


I. 2593 — PRAETORIUS F., Ae- 
th. Neway, ‘‘Gefass, Gerdt, Sache = 
ZDMG, LXXII, 1918, 243. 

I. 2594 — PRrartORIUs F., Ae- 
th. Zenàm ‘ Regen” = ZDMG,, 
LAXII, 1918, 243. 


«I 2595 — Pririonius F. ., Say- 
tan= ZDMG, LXXII, 1918, 343-4. 


E, 2596 — PRAETOBIUS Fa Ae- 
thiopisch Sere'e= ZDMG, LNXXIII, 
IOIO, 244. | 

I. 2596 — Haurt P., Hebr. 
matin «geben» in arabischen und 
dthiopischen=ZDMG, LXIX, 1915, 
505, DA i i Li 
I. 2597 — Hess ,J. J. 
merkungen zu einicen arabischen 


Be-, 


IW ortern des abessinischen Glossars, 
ZA, XXI, 61 segg. = ZA XXXI, 
1917- -8, 26-32. 


I. 2598 2 JA 1926, II, 170- 172. 


I. 2599 — KoLMODIN ],., Abes- 
sinische Biucherverzeichnisse (Aus 
den. .Inventaren der . Zion. von 
Aksum und , einiger auderen Kit- 
chen). = MO, X, 1916, 241- 255. 


I. 2600.—. KOLMODIN. J., Sur 
la date du ms. éthiopien D° Abba- 
die T05 = MO, X, 1000 163- 164. 


(IL 2601 — GRÉBAUT Sa. Ma- 
nuscrits éthiopiens appartenant à 
M. N. Bergey = ROC, 1920-21, 
420-442. & 

I. 2602 — GréBAUT S., Les 


— 464 — 


Î1. LINGUA ETIOPICA - III. LETTERATURA. I. 2603-2609 


{I 2603); inoltre, fa conoscere uno dei più antichi codici, forse il più 
antico, del Sinassario, il ms. éth. n. 5 del Trocadero (I 2604); su questo 
codice, che proviene dal Walamo e che quindi rappresenta una reliquia 
del cristianesimo nelle regioni a sud dell’Hawas”, leggonsi con inte- 
resse alcuni cenni del Roman (I 2605). Il Rahlfs discorre di alcuni 
mss. del Vecchio Testamento, già di proprietà di Santo Stefano dei 
Mori, e passati a biblioteche del nord (I 2606); inoltre, illustra due 
pionieri degli studi etiopici, il Nissel e il Petraeus, le loro edizioni e 
i loro caratteri di stampa (I 2607). Il Petraeus, come è noto, fu, nel 
sec. XVII, un tipografo altamente benemerito degli studi orientali e, 
in ispecie, degli etiopici, tanto più benemerito in quanto che la miseria 
in cui per le sue edizioni orientali finì i suoi giorni lascia a lui applicare, 
con lieve. variante, l'amaro motto del Verlaine «À tous ceux qui 
nourris de grec et de latin sont morts de faim »] È giusto quindi ch'egli 
sia ricordato da noi che a distanza di secoli persistiamo nel lavoro. 


III. Letteratura (esclusa quella di carattere storico nazio- 
nale). — Uno schizzo complessivo della letteratura etiopica è 
stato testè pubblicato dallo Harden (I 2608); lo scritto, che si pro- 
pone puramente scopi di divulgazione, ha dato luogo a qualche cen- 
sura (I 2609). Nelle sue note Aethiopica (v. n. 2739), il Conti Rossini 
ha talune indagini di storia letteraria: segnala l’esistenza di due libri 
di preghiere, composti dalla regina Elle ni, lo Hohta Berkan e lo 
“Enzirà Sebhat; traduce un curioso testo che addita nel patriarca 
alessandrino Gabricle figlio di Tarik l’autore del Maskafa Hawi; pre- 
cisa l’autore del Kebra Nagast nel nebura ed Yeshag, che viveva nel 


mss. éthiopiens de M. N. Bergey = I. 2606 — RauLues A., Ueber 


Aethiops, I, 12-14. 


I. 2603 — GRÉBAUT S., Les ma- 
muscrits éthiopiens di M. E. De- 
Jorme (suite) = ROC, 1915-17,82-41, 
408-415; 1918-19, 137-147. 


I. 2604 — GréBaurt S., Le ms. 
éthiopien n. 5 du Trocadéro = Ae- 
thiops, I, II. 


I. 2605 — Roman A,, L'acqui- 
silion du ms. éthiopien n. 5 du 
Trocadéro = Aethiops, I, 30-31. — 
Examen paléographique de quel- 
ques chiffres du ms. n. 5 du Troca- 
déro = Aethiops, II, 28-29. 


einige alttestamentliche Handschrif- 
ten des Abessinter-klosters S. Ste- 
fano zu Rom = NKGG, 1918, 161 » 
203. 


I. 2607 — RAHLFS A., Nissel 
und Petraeus,ihre dthiopischen Text- 
ausgaben und Tyvpen = NKGG, 
1017, 208-348. 


I. 2608 — Harprex O. M.à, An 
introduction to Ethiopic christian 
literature. London 1926, 1II, 


I. 2609 — OM, 1927, 107-8. 


— 455 — 


Aevum - Anno I - 30 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2610-2611 


1319 presso Ya'bika Egzi' capo di Enterta; illustra un catalogo 
gerosolimitano di mss. etiopici dell'anno 1425, interessante per 
la storia letteraria abissina; e rileva come ai tempi di re Malak 
Sagad il testo del Deggua debba essere stato grandemente rima- 
neggiato. 

Il Pereira, fin che le condizioni generali e, in ultimo, la vita glielo 
consentirono, continuò l'edizione critica di parti del Vecchio Testa- 
mento: nel 1917 il libro di Amos, che l’uso della parola Fàrs per tra- 
durre i Persi, Medi, Assiri e Caldei del testo greco gli faceva giusta- 
mente supporre tradotto verso la fine del secolo VI o i principi del 
VII, e che sembra essere stato volto in etiopico dalla recensione di 
Luciano, con successive revisioni sul testo greco dei LXX, sul testo 
ebraico masoretico, sul testo arabo diffuso in Egitto nel secolo XIII, 
e, persino, pare, su un testo copto (I 2610); nel 1919, il 3.9 libro di 
Esdra (i libri canonici di Esdra e il libro di Nehemia), che parimenti 
proviene da un testo greco della recensione di Luciano, e che più tardi 
fu rivisto sul testo ebraico (I 2611). — A proposito delle Sacre Scrit- 
ture dobbiamo qui segnalare, per la parte che c’interessa, il tentativo 
della Missione Cattolica d’Asmara, di stabilirne un nuovo testo, 
corretto dagli errori iniziali dei primi traduttori, emendato dalle molte 
alterazioni dei successivi amanuensi, e conforme alle migliori lezioni 
dei LXX ed orientali; questa revisione, questo rimaneggiamento 
faticoso dell’antica versione etiopica è stato affidato al P. Francesco 
da Bassano, che tra i vari coadiutori ha avuto specialmente abba 
Kidana Maryàm Kassa. Nel 1925 sì sono avuti, dopo parecchi anni di 
lavoro, i due primi volumi, il primo con l'Octateuco, il secondo coi 
Re, coi Paralipomeni e con Ezra; in questi ultimi tempi, gli ultimi 
due volumi sono venuti a coronare la grossa impresa, contenendo il 
terzo i libri di Tobia, di Giuditta, di Ester, di Giobbe, i salmi, i 
libri di Salomone e il Siracide, e il quarto i Profeti coi Maccabei. 
Quest'ultimo libro è in apposita traduzione, fatta ora, avendo il 
P. Francesco da Bassano potuto stabilire definitivamente che il 
testo dei Magabyan contenuto in qualche codice londinese è, come 
gia il Wright aveva avvertito, una semplice traduzione (da chi 
fatta?) del testo dei Settanta. Come comprendesi, non è un'edizione 


I. 2610. — PEREIRA FRANCISCO 
MARIA ESTEVES, O livro do profeta 
Amos e a sua versao etiopica. 
Coimbra 1917, 65: 
letin da Segunda Classe, vol. XI, 
della Accademia delle Scienze di 
Lisbona. 


estr. dal Bo- 


I. 2611 — PEREIRA FRANCISCO 
MARIA ESTEVvES, Le froisième li- 
vre de ‘Ezrà (Esdyas et Néhémie 
canoniques)ì, Version éthiopienne 
éditte et traduite en frangais. Paris 
1919, 98. Patr. Or. vol. XIII, 
fasc. 5. 


— 466 — 


III. LETTERATURA. I. 2612-2623 


_— PT  ——_—_ _ y+<%xx1k.—_—_-_-_ -_//ILTr'TIirr_.rr - _________——_Ty—m—y__ ———_————— —  _- 


critica, nel senso scientifico della parola; è una nuova recensione del 
testo ge'ez della Bibbia (I 2012). 

Abbiamo una traduzione della « Ascensio Isaiae », l’apocrifo 
così interessante sotto tanti aspetti, per opera di J. Flemming e di 
H. Duensing (I 2613), e una del libro dei Giubilei per opera dello 
Charles (I 2614). Lo Schmidt, lo scopritore del testo copto della 
« Epistula Apostolorum », dedica a questo interessantissimo apocrifo 
uno studio, di cui fa parte una nuova traduzione, per cura d’Isaac 
Wajnberg, del testo etiopico, pubblicato nel 1913 dal Guerrier, e 
collazionato all'uopo su altri codici (I 2615). Il Duensing, che già 
aveva avuto occasione di esaminare il testo etiopico proponendo 
emendamenti di letture (I 2616), dà ora così del copto come del- 
l'etiopico una forma definitiva (I 2617), che giustamente attira gli 
encomi di A. Vitti (I 2618), giudice specialmente autorizzato anche 
per suoi precedenti lavori su questo documento (I 2619). Anche 
il Grittzmacher tratta della pubblicazione del Duensing (I 2620). 

La illustrazione della liturgia etiopica, opera del Mercer annun- 
ciata in precedenti bollettini, RSO VII p. 644 n. 5, ha dato occasione 
a un breve cenno del Praetorius (I 2621) e a un vero studio, utilissimo 
e profondo, del Duensing (I 2622). Continuando nella sua impresa, 
‘il Mercer tratta della epiclesi nella liturgia in quistione (I 2623), 


I. 2612 — Beluy RKidan zata- mit scinen Jiingern nach der Aufer- 
sana'awa mesla masaheft qadamt ca-  stehung. Lipsia, 1919, XLIII, 25-155 
berana wamesla masàhefta Sorya, : 
wa Sere'e wa' Arab. Mashaf qa- I. 2616 — GGA, 1922, 241-252. 
damawi, samantu behe ra ’orit; ma- I. 2617 — Dvessino H., Epi- 


shaf dagmawt, nagast, hesusan, stula Apostolorum nach dem ae- 
ezra, mashaf sales, za-tobit, 2a- sniopischen und koptischen Tex- 


aste r, za-ivob, mazmurat ca-dawil, |, herausgegeben. Bonn 1925, 42. 
masahefta salomon, watebaba siràh; 


mashaf rabe ‘e, nabivat wamaqabvan. I. 2618 — Orientalia,1927, 237-8. 
vol. I, 473, Asmara 1915; vol. II, 


Asmara 1916, 403; vol. III, Asma- I. 2619— VITTI À. «Epistula A - 


ra 1917, 392; vol. IV, Asmara postolorum» apocrypha = Verbum 
1918 (èra etiopica). ‘ Domini, III 1923, 367-373; 1924, 
210-218. 

I. 2613 — FLEMMING ]J. und n DE 
DuensING H., Die Himmelfahvt ; 2620 — Th. LibI., XVII, 1920, 
des Jesaia=Neutestament. Apokry- 27° | 
phen, 23 ed., 303-314. I. 2621 — ZDMG, LXX, 1916, 

I. 2614 — CHARLES R. H., Ze 203: 
book of Jubelees. London 1917. I. 2622 — GGA, 1916, n. II, 

620-650. | 


I. 2615 — SCHMIDT K., Texte und 
Untersuchungen: Gespriche Jesu I. 2623 — MERCER A. B. Sa- 


— 467 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2624-2627 


mentre F. Talvacchia procede a un esame complessivo del rituale 
etiopico (I 2624). Altre numerose anafore sono fatte conoscere dal 
Mercer (I 2625), tutte nella sola versione inglese. Ma poichè il 
vero senso è difficile, talora, a cogliersi, e poichè quindi la esatta 
conoscenza del testo originale è necessaria per rendersi ben conto del- 
la portata dogmatica del documento, bene ha fatto l’Euringer a pub- 
blicare almeno il testo di una di queste anafore, quella dei 318 
Padri di Nicea, chiarendo le ragioni di talune differenze della sua 
interpretazione in confronto con quella del Mercer (I 2626). 

Il Guerrier fa conoscere il testo abissino di un « simbolo d’Africa » 
ascritto ad Atanasio di Roma (I 2027). L'editore ne dà una ana- 
lisi nei riguardi teologici, facendo rilevare come esso, pur essendo 
influenzato dal Quicumque, non ne sia una traduzione diretta, anzi 
nella parte cristologica ne sia indipendente; come non sia punto mo- 
nofisita, anzi scarti nettamente il monofisitismo eutichiano e gli er- 
rori numerosi e sì vari che con questo si collegano; come un passag- 
gio del Simbolo sia attinto al Maskhafa Mestir; come, infine, questo 
testo sia più lontano dalle traduzioni greche ed arabe del Quicumgque 
che non dal testo latino. La spiegazione di buona parte di ciò è nello 
stesso explictt del breve documento: « Questa dichiarazione di fede... 
portò meser Zan dal paese d’Afragya (= Africa) nel paese d'Etiopia, 
e la tradussi io Giyorgis Saglawi ». Che questi sia il Giyorgis figlio di 
Hezba Syon da Sagla, nell’Amhara, autore del Mashafa Mestir, 
è stato ben visto dal Guerrier, il che spiega i rapporti fra il Simbolo 
e tale libro; nessuno, poi, che sia avvezzo a cose italiane.esiterà a ve- 
dere in meser Zan un Messere Zan, o Giovanni, trascrizione di nome 
verisimilmente genovese o veneziano. Trattasi quindi di un Italiano, 
passato in Etiopia dall'Africa (nome forse addotto per non dichiarare 


MUEL, The Epiclesis in the Ethio- 
pic Liturgy = Paul Haupt Fest- 
schrift, Leipzig 1926, 440-453. 


I. 2624 — TaLrvaccHia FP, 
Il rituale etiopico = Bessarione, 
XXXVI, 1920, 206-209; XXXVII, 
192I, 163-108; XXXVIII, 1922, 
283-296. 


I. 2625 MeERCER A.B.S. The 
Anaphora of St. John Chrysostom 
= Journ of Soc. of Or. Res., 1V, 
1920, 35-42; — The Anaphora 
of tie holy and blessed John. id., 
VI, 1922, 21-23; — The Ana- 


phora of St. Gregory, the brother of 
Basil, id., VII, 1923, 27-34; — The 
Anaphora of the three hundred and 
eighteen Orthodoxes. id., VIIIl,1924, 
60-75; — The Anaphora of St. Gre- 
gory of Armenia. id.,IX,1925, 8-12. 


I. 2626 — EURINGER S., Die A- 
naphora der 318 Rechtsglaubigen. 
Aethiopisch und deutsch= Zettschr. 
fiir Sem., IV, 126-144, 266-299. 


I. 2627 — GUERRIER H. (o L.), 
Un texte éthiopien du symbole de 
saint Athanase = ROC, 1915-17, 
68-70, 133-141. 


— 468 — 


NI. TETTERATURA I. 2628-2633 


i Sri Pit n ft fi I I E i Hi nn 


un'origine cattolica, che poteva apparir sospetta?), con scritti reli- 
giosi. E poichè sappiamo che il Maskhafa Mestir fu composto in seguito 
a discussioni di Giyorgis con un Europeo, il Simbolo edito dal Guer- 
rier ci permette di accertare il nome e la nazionalità di questo Euro- 
peo: rimane con ciò documentata l'infondatezza, da me per altra via 
già rilevata, delle notizie del Bruce a proposito del contradittore di 
Givorgis, e rimane documentata una nuova manifestazione dell'an- 
tica attività italiana in Etiopia. 

P. Leander cura l'edizione della traduzione etiopica delle preghiere 
di Simeone Stilita (I 2628); e il Furlani quella d’un trattatello sulla 
Trinità (I 2629). — Il Pereira dà testo etiopico e traduzione di due 
omelie attribuite a San Giovanni Crisostomo su San Tommaso; sem- 
brano volte direttamente dal greco, il che ne fa attribuire la versione 
el primo periodo della letteratura cristiana d'Abissinia (I 2630). 

La letteratura pseudo-clementina ha uno studioso fervente nel 
Grébaut, che va pubblicando la traduzione del Qa/le mentos (I 2631), 
opera che andera sottoposta a uno studio esegetico profondo. In tale 
libro, intanto, M. R. James constatò l’esistenza d’un lungo brano 
dell’ Apocalisse di Pietro, che lo Harnack lamentava perduto; il 
Duensing ne dà una traduzione tedesca, e tratteggia alcune impor- 
tanti quistioni che esso solleva (I 2032). Del testo arabo del Libro 
di Clemente e delle rivelazioni apocalittiche di questo il Conti Ros- 
sini ha scoperto sicure menzioni negli scrittori occidentali delle Cro- 
ciate, nel Chronicon Turanense e negli « Annales prioratus de Dun- 
staplia » (I 2633). Col Libro di Clemente sono strettamente collegati 
i canoni penitenziali, rivelati a San Pietro da Cristo risorto, editi dal 


I. 2628 — LEANDER P., Astab- 
que'ot ’enta za-Sem'on ‘amdari, 
nach Handschriften in Uppsala 
und Berlin herausgegeben = MO, 
XI, 1917, 81-130. 


I. 2629 — FURLANI G., Un trat- 
tato etiopico sulla Trinità=RSO, X, 


1923, 48-57. 


I. 2630 — PEREIRA FRANCISCO 
MARIA ESTEVES, Dias homilias 
sobre S. Tomé atribuidas a S. 
Joao Crisostomo. Coimbra 1915, 
31; estr. dal 2Boletim da Segunda 
Classe, vol. VIII, dell'Accademia 
delle Scienze di Lisbona. 


I. 2631 — GréBauT S., Traduc- 
tion du Qalementos = RO, 1915-7, 
33-37, 424-430; 1918-19, 240-252; 
IV20-2I, 22-28, 113-117, 395-400. 


I. 2632 — DuExsING H,, 
Stiiche der urchristlichen Petrus- 
apokalypse  enthaltender Trahtat 
der dthiopischen Pseudo-Rklementi- 
nischen  Literatur = Zeitschy. fiv 
die neutest. Wissensch., NIV, 1913, 
05-78. 


Ein 


I. 2633 — Coxtr Rossini C., 
Il libro dello Pseudo-Clemente e la 
Crociata di Damtetta = RSO, IX, 


10921, 32-35. 


— 469) — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. dcalli 2634-2639 


Guerrier (I 2634); essi sembrano rimontare, nella loro redazione pri- 
mitiva, al tempo in cui la penitenza concedevasi una sola volta; più 
tardi, sarebbero stati ritoccati, sopprimendosi la minaccia del rifiuto 
della seconda penitenza , e ciò quando la pratica contraria era defi- 
nitivamente stata accolta dalla chiesa d’onde questi canoni emanano; 
a giudizio dell’editore, non è impossibile che sieno stati redatti in 
ambienti giudaico-cristiani, quando il paganesimo era tuttora pre- 
dominante. Lo stesso Guerrier e il Grébaut curano l’edizione e la 
versione dei canoni del concilio di Gangra (I 2635). 

La pubblicazione del trimestre del Sinassario, affidato al cui 
nella Patrologia di Mgr. Graffin, è finita (I 2636). Il Grébaut in una 
brevissima nota sì ferma sull’esistenza di un nucleo di testi propri 
del Senkessar abissino (I 5637); in altre note, fa conoscere dei me- 
nologi etiopici (I 2638). 

E’ noto il posto che nella letteratura etiopica hanno i racconti 
detti Ta'amra Maryam «Miracoli di Maria », cui il Budge dedicò due vo- 
lumi che rimarranno memorandi per sontuosità di stampa; ora egli ha 
ripubblicata la versione inglese della recensione, che era stata oggetto 
delle precendenti sue cure (I 2639). Ma anche le altre recensioni me- 
ritano di essere tratte alla luce, come ha dimostrato il compendioso 
esame dei testi della collezione d’Abbadie. Minore influenza hanno a- 
vuto, ma sono tuttavia pur sempre ragguardevoli, i Ta'amra [yasus «M- 
racoli di Gesù », anch'essi passati dall'Egitto in Etiopia, e che talfiata 


I. 2634 — GUERRIER L., Ca- 1900 da Hugo Duensing nella sua 
nons pénitentiels, texte ét©uropien tesi di laurea all’Università di 
édité et traduit = ROC, 1918-09, 5- Gottinga. 


24, -355. 
4 3457355 I. 2638 — GréBaut S., Un 


‘I. 2635 — GUERRIER L.eGré-  fragment de ménologe  éthiopien 
BAUT S., Les canons du concile de (suite) = ROC, 1915-17, 201-200; 
Gangres = ROC, 1922-23, 303-313. 1919-20, 45-99. - Quelques menolo- 

ges éthiopiens a propos du synaxai- 


I. 2636 — Guipi I., Le sY- ye. id. 1920-21, 100-108. - Quelques 
SCIE cthiopien: II. le mois de ménologes éthiopiens — Aethiops, 
hamile, Paris., S. d., Patr. Or., I, 40-43. - Quelques imenologes 


vol. VII, fasc. de Dadda Les étriopiens = Aethiops, II, 25-27. 
mots de mnahasé et de paguemein 
(édités par IGN. GUIDI, et traduits I. 2639 — Bubae E. A. WaL- 
en francais par SYLVAIN GREBAUT), | LIS, Legends of our Lady Mary, the 
Paris s. d., Patr. Or., vol. IN, perpettal Virgin, and her mother 
fasc. 4, 441-691. Hanna, translated from the ethiopic 
manuscrits collected by Ring 1heo- 
I. 2637 — GREBAUTS., Le « pro-  dore at Makdala. vol. I, LXXV-318, 
pre» du svnaxaitre = AHethiops, I, vol. II, LVIII-359. London 1923. 


28-20. Argomento già toccato nel 111. x 


— 40 — 


INI. LETTERATURA. -I. 2640-2651 
comprendono documenti di speciale interesse. Se ne è reso editore il 
Grébaut (I 2640). Nel periodo di tempo in esame ne sono apparsi 
quattro fascicoli (I 2041); dell'ultimo il Cohen ha dato un annun- 
cio (I 2642). E poichè è occorso di nominare nuovamente il Grébaut, 
studioso infaticato, si rammenteraà qui una serie abbondante di sue 
piccole noterelle, comprendenti di regola brevi testi, spesso 
distinti dai 7a'amra Iyasus, e la loro versione: i miracoli del fanciullo 
San Ciriaco, (irgos, una cui serie era già stata precedentemente di- 
vulgata (I 2043); miracoli di Ciro, Abdugir, e Giovanni, aggiunti al 
gadl dì que’ Santi, tradotto o fatto tradurre dal metropolita Salama 
(I 204.4); una nuova concisa relazione della leggenda dei Sctte Dor- 
mienti di Efeso (I 2045); la leggenda dei martiri d’Akhmim (I 2040); 
l’ultima lettera dello Aragawi Manfasawi e la nota finale, che ne con- 
cerne la redazione (I 2047); l’apocrifo di Abgar e Cristo, seguito 
dall'articolo del sinassario sullo scambio di lettere fra l’uomo di E- 
dessa e Gesù (I 2048-4049); la leggenda del mistico profumo acquistato 
da Maria Maddalena per ungerne il Signore (I 2650) ; il racconto della 
discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, nel giorno di Pentecoste, 
e di quanto ne seguì (I 20351); il racconto del Sinassario circa la 
fissazione della celebrazione della festa dell'Annunziata per opera 


I. 2640 — GREBAUT S., A per- 
gu sur les miracles de Jesus (suite) 
= ROC, 1918-19, 94-49. 


I. 2641 — GREBAUTS,, Les mi- 


racles de Jesus, texte éthiopien 
publiè et traduit. Parte I.: Patr. 
Orient., vol. XII, fasc. 4; Parigi 


1917, 555-642. Parte II.: vol. XIV, 
fasc. 5. Parte III.: Patr. Or., vol. 
XVII, fasc. 4, Parigi 1923, 787-858. 


I. 2642 — JA, vol. CCVI, 1925, 
I, 347-348. 


I. 2643 — GREBAUT S., Les mi- 
racles du saint enfant Cvriaque 
(suite) = ROC, 1015-17, 106-100, 
120-132- 409-411. 


“I 2644 — GrxéBaut S., Mi- 
racle des saints Cvret Jean = dHe- 
thiops, II, 9-10. 


I. 2645— GréBaUT S., Les sept 
dormants d'Ephèese = Aethiops, I, 
52-54. 


I. 2646 — GRÉBAUTS., La mort 
des martvrs d’Akmim, texte éthio- 
pien = ROC, 1918-19, 92-3, 182, 
255-200. 


I. 26047 — GREBAUT S., La let- 
tre et la note finales du Vieillard 
spirituel = ROC, 1915-17, 77-81. 


I. 26048 — GREBAUT S., Les re- 
lations entre Abgar et Jésus, texle 
éthiopien = ROC, 1918-9, 73-91. - 
Traduction des textes relatifs aux 
relations entre Abgar et Jésus. id., 
190-202. 


I. 2649 — GrEBAUT S., Trois 
appendices aux relations entre Ab- 
gar et Jésus= ROC., 1918-9, 253- 
255. 

I. 2650 — GréBauT S., La lé- 


gende du parfum de Marie-Ma- 
deleine = ROC, 1918-19, 100-103. 


I. 2651 — GrépautS., La Pen- 
tecòte et la Mission des Apotres = 


—_— 41 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. | I 2652-2659 


di Sant’ Ildefonso, Dagsyos, vescovo di Toledo (I 2652); un parallelo 
della menzione di Temlakos « l’angelo della gehenna » nell’Apocalisse di 
Pietro e in testi giudaici abissini (I 2653); la fine degli Atti del martire 
Atanasio di Clysma secondo il ms. n. 179 D’Abbadie (I 2654); una 
breve raccolta di sentenze di Evagrio, che fa seguito al trattato dello 
stesso autore sulle otto cattive passioni (I 2655); il seguito delle sen- 
tenze ascetiche di cui già prima egli aveva iniziata la divulgazione 
(I 2656). 

Ignazio Guidi (v. n. 2720) esamina la versione etiopica, edita dal 
P. Peeters secondo il ms. Abb. 179, degli Atti di Sant'Antonio Co- 
reiscita, e propone emendamenti d'interpretazioni di quel testo, 
mal tradotto dall'arabo e negligentemente trascritto più tardi. 

Restando ancora nel campo che dirò « riflesso » della letteratura 
etiopica, in quello cioè che si compone essenzialmente di traduzioni o 
di ispirazioni a testi forestieri, abbiamo l’agiografia. Il Budge ha 
fatto conoscere testi ge‘er sui martiri Psote e Mercurio (I 2657). Mi- 
chelangelo Guidi (il cui nome registrasi con speciale compiacenza in 
studi nei quali il padre di lui ha impressa orma si vasta) ha tratto 
dal ms. Abb. n. 63, del XV secolo, gli Atti del santo Aron di Sarùg, 
passati in etiopico attraverso l’arabo, non poco diversi dalla redazione 
siriaca fatta conoscere dal Nau (I 2658); inoltre, egli indaga con una 
grande acutezza le origini dell’omilia di Teofilo d'Alessandria sul 
monte Coscam, di cui era nota già la recensione etiopica ed egli rende 
pubbliche una recensione araba ed un’altra siriaca, più vicina all’e- 
tiopica, mentre sembra perduta la originale copta (I 2659). 

Sempre alla letteratura di riflesso appartiene la leggenda di Ba- 

ralam e Ioasaf, il cui testo etiopico apparisce in veste elegante per le 


ROC, 1918-19, 204-213; 1920-21, I. 2656 — GREBAUT S., Senten- 
57-04. ces ascétiques (suite) = RA, 1915- 


| 17, 207-209; 1920-21,-443-447. 
I. 2652 — Gréavt S., La je 7 °OT299: 19 443-447 


de l’Annonciation d’après le syna- I. 2657 — BupcE E. A. WALLIS, 
xatre éthiopien= ROC, 1915-17, 431- Miscellaneous Coptic Texts in the 
4353. dialects of Upper Egypt, edited anti 


english translation. Londra 1918, 


I. 2653 — GRÉBAUT S., A Pro-  CIXXXI-1216, 


pos de l’ange Temlakos = Aethiops, 

I, 44450 I. 2658 — Guipi M., Contri- 
I. 2654 — GréBaut S., Fin du Dduto all’agiografia etiopica=RAL, 

martvre d’Athanase de Clysma = 1910, 059-701. 

Adozs 11,220; I. 2659 — Guini M., L'omilia 
I. 2655 — GrÉBAaUT S., Sen- di Teofilo d’ Alessandria sul Monte 

tences d’Evagrius = ROC, 1915-17,  Coscam nelle letterature orientali 

211-214, 435-439; 1920-21, 206-211. = RAL, 1922. 


DEI pe 


cui 


III. LETTERATURA. _ o I. 2660-2666 


cure dell’infaticabile sir Wallis Budge, ed accompagnato da un dotto 
studio introduttivo, da una versione inglese e da interessanti illu- 
strazioni tratte da un incunabulo di Augsburg (I 2660). Il Conti 
Rossini, nel rendere conto dell'edizione, raccoglie e vaglia le notizie 
che sì hanno intorno a colui che volse in etiopico questo pio romanzo, 
Enbagom, abate di Dabra Libanos (I 2601). 

- Venendo alla letteratura più strettamente indigena, devesi in 
prima linea rammentare la traduzione inglese del Kebra Nagast do- 
vuta a sir Wallis Budge, il quale la orna con riproduzioni di pitture 
abissine, tratte da codici del British Museum, e che varranno a fornire 
nuovi elementi per uno studio, veramente desiderabile, sull’iconogra- 
fia etiopica (I 2662): della pubblicazione hanno dato notizia il Pin- 
ches (I 2663) e il Conti Rossini (I 2664). Collegato col Kebra Nagast 
è un breve racconto mutilo e scorretto, trovato dal Grébaut; del resto, 
esso non offre varianti o novità meritevoli di rilievo (I 2665). Va in- 
vece radiato addirittura dalla storia letteraria abissina lo Hatata 
Zara Ya'eqob, quel curiosissimo scritto di carattere filosofico nel quale 
un ecclesiastico, sfuggito alle persecuzioni dei Gesuiti in Aksùm al 
tempo di re Susenyos, passando in rivista le varie religioni a lui note, 
giunge a ripudiarle tutte per assurgere a un puro teismo; l’opera, in- 
fatti, che rappresentava una vera singolarità nel movimento sì gretto 
del pensiero abissino, e che pur di recente aveva richiamata l’attenzio- 
ne del Littmann (I 26066), è non la manifestazione delle filosofiche 
riflessioni d'un indigeno Zar‘a Yàa'eqob, bensì l'amaro sfogo di una tra- 
vagliatissima coscienza, dell'italiano Iacopo Curtopassi, in religione 
padre Giusto da Urbino, che l’isolamento della missione nel cuore 


I. 2660 — Bupce Sir E. A. in that country. A complete trans- 
WALLIS, Baralam and Yewasef: lalion of the Kebra Nagast. 
vol. I, Ethiopic text with two  XC-241, e 31 ill., Londra 1922. 
plates, 246; vol. II, the intro- 
duction, english translation  etc., I. 2663 — JRAS, 1923, 300- 
wilh  seventy-three plates, CXXI- 302. 


1. Cambridge 10923. 
35 BRTAO I. 2664 — RSO, IX, 1923, 600- 


I. 2661 — RSO, X, 1924, 365-608. 

309. 
. I. 2665 — GREÉBAUT S., A pro- 

I. 2662 — Bupce E. A. WAL- pos de la veine de Saba = Aethiops, 
Lis, The Queen of Sheba and her Il, 44-45. 
only son Menvleh, being the history 
of the Departure of God and his I. 2666 — LITTMANN E., Zar- 
Ark of the Covenant from Jeru- ‘a Jacob, ein einsamer Denker 
salem to Ethiopia, and the esta- in Abessinien; mit einer Einlei- 
blishment of the religion of the tune von Dr. BeNNO ERDMANN, 
Hebrews and the Solomonic line Berlin 1916, XI-44. 


= ig — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2667-2674 


dell’ Amhara spingeva su vie pericolose (I 2667). Lo studio del Conti 
Rossini su questo strano episodio è stato esaminato da F. Kocher 
(I 2608). 

L’abbondantissima letteratura magica non è rappresentata 
nelle pubblicazioni di questo dodicennio se non da un amuleto fatto 
conoscere dall’Euringer (I 2669), amuleto contenente il Malke'a 
Gabra Manfas Qeddus e un inno a questo santo, a Yohanni ed a 
Kiros. Il testo non è sempre facile; ed alla soluzione delle sue 
difficoltà d’interpretazione ha concorso il Littmann (I 2670). Una 
preghiera per scongiurare i demoni è stata curata dal Grébaut; in 
essa la parte magica può considerarsi ristretta. all'uso della’ nota 
frase palindroma satcr arepo tenet opera rotas, ma, in complesso, il 
testo ha limitato interesse (I 2671). | 

. Lo stesso Euringer ha fatto conoscere un nuovo genere lette- 

rario con la pubblicazione del testo del Nagara febab za-’orit wa- 
zanabiyat, raccolta di indovinelli poggianti sul Vecchio e sul Nuovo 
Testamento, di cui soltanto il Ludolf aveva dato un brevissimo 
saggio (I 2672). È genere abbastanza diffuso tra i Bizantini; credo 
però che in Etiopia sia genuinamente locale, dato il grandissimo 
favore che ‘presso gli Abissini hanno gl’indovinelli e gli enigmi. 

Si è gia rammentata l’importanza della grandissima venera- 
zione della Vergine Maria in Abissinia: venerazione e culto che e- 
splicansi, fra l’altro, in numerose opere letterarie indigene. Il Lean- 
der ha pubblicato lo Arganona Dengel (I 2673), edizione che confesso 
di non conoscere se non attraverso l'annuncio datone da Marcel 
Cohen (I 2674). Il Grohmann ha curato un'edizione critica degli inni 
a Maria, in modo magistrale, edizione che anche un acuto studio su 


I 2667 — Conti Rossini C., = Zeitschr. fiir Sem., III, 135- 


Lo Hatatà Zara Ya'qob e il 136. 
padre Giusto da Urbino = RAL, 
XXIX, 1920, 218-223. I. 2671 — GREBAUT S., Priére 
pour conjurer les déemons = ROC, 
I. 2668 — Rev. d’'hist. et de 1922-1923, 199-208. 


philos. rél. publiée par la Faculté 


de théol. prot. de VUniv. de Stras- 
bourg, 1921, 474-478. 

I. 2669 — EcuRINGER S., Fin a- 
bessinisches Amulet mit Liedern 
zu Ehre der heiligen Gabra Man- 
fas Qeddus, Johannes und Kyyos 
= Zettschr. fiir Sem., IIl, 116-135. 


I. 2670 — LITTMANN E., Zum 
Minchener abessinischen Amulet 


I. 2672 — EURIXGER S., Bibl 
sche Ratsel. A: Text= Zeitschy. jiir 
Seni, 1927, 170-179. 


I. 2673 — LEANDER P., Arga- 
noua Weddase, nach Handschrijten 
in Uppsala, Berlin, Tiibingen und 
Frankfurt a. M. GOteborg 1922, 
178. 


I. 2674 — JA, 1923, II, 344. 


cea 


III. LETTREATURA. 


_1. 2675-2679 


tali poesie raccomanda al lettore (I 2075). Lo Zetterstéen ne ha dato 
un annuncio meritatamente elogiativo (I 2676). Un altro inno, che 
io, seguendo il d’Abbadie, avevo chiamato Hasura Masgal, ma il cui 
vero nome può essere Malke'a Se'el, è stato dato alla stampa dal Ro- 
man (I 2677). 

°° —AUa nuovissima letteratura etiopica appartiene il Mazmura 
Krestos, Salterio di Cristo, dell'alaga Taye , che egli divulga per le 
stampe insieme con altre poesie religiose su Cristo, e con un'altra 
dal titolo Mekeha me'emanan di un Walda Iyasus (I 2677bis). 

Pel loro carattere miscellaneo mi sono rimaste per ultime - last not 
least! - alcune note, di vario contenuto, di Enno Littmann, un vero 
maestro nell’agone etiopico. In una, investigando gli strani riscontri 
che talune voci di determinate lingue presentano con altre di lingue 
lontanissime, di tutt'altro ceppo, egli è condotto a ricercarne, con 
fortuna, parecchi anche nelle lingue d’Abissinia, la «terra — egli 
pittorescamente dice — delle mescolanze etniche, delle contrappo- 
sizioni nella natura e nella cultura, ma anche dei fossili linguistici, 
sociali, religiosi e culturali » (I 2678). — E’ noto l’allegro l’episodio 
riferito dal Goethe su una festa di Propaganda Fide, durante cui, 
declamandosi da trenta seminaristi orientali poesie nei loro linguaggi, 
dinanzi a vari cardinali, un di questi - il cardinale Albani - co- 
mentò scherzosamente il ritornello ghnara! ghnata!; or bene, il Litt- 
mann ritrova in esso una voce derivata dall’etiopico ganaya «humiliter 
adoravit, humiles gratias egit » (I 2679), ed io credo che non soltanto 
egli possa avere ragione, ma che non sia difficile neppure di formulare 
un’attendibile ipotesi sul verseggiatore etiope. In una terza nota 
egli adduce riscontri della così detta leggenda di Didone, tra cui uno 
in un dei testi harari da me editi, esponente l’astuzia usata da un 
Inglese per farsi assegnare larghe terre in Ghirri; un altro potrebbe 
trovarsi nelle leggende tigrai delle origini degli Irob da me edite una 


I. 2675 — GROHMANN A. de- sus, wa malke'a Madhane ‘Alam. 
thiopische Marienhymmnen. Leipzig (Asmara, Miss. Svedese) IoII (era 
1919, XII-507,. 0 et.), 87. 

I. 2676 — MO, XV, 1921, 206- I. 2678— LittManN ÈE., Sprach- 
268. . liche Seltsamkeitten aus Morgen- 

î land und Abendland = ZDMG, 


I. 2677 — Roman A. Une hvimn- UNVI, 1922, 170-281. 
ne du Nagara Marvam = ROC, 
1923-23, 410-420. I. 2679 — LirtManNx E., Coe- 
the in der Propaganda zu Rom = 
I. 2677 bis — ALAOA TAYA, Ze- Jahrbuch der Goethe-Ges., vol. IN, 
mazmura Krestos wa malke'a Iva- 1922, 173-I8I. 


cid 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2680-2686 


quindicina d'anni fa (I 2680). Il volume di Salzberger sulla leggenda di 
Salomone nelle letterature semitiche inspira al Littmann considerazioni 
interessanti sulla origine della leggenda della regina di Saba presso 
gli Abissini; oltre, s'intende, al racconto del Vecchio Testamento, in- 
tervengono indubbiamente in Abissinia elementi attinti agli Arabi, 
ma questi, anzichè dall’Arabia meridionale come un tempo il Litt- 
mann pensava, riconosconsi ora da lui venuti dall’Egitto (I 2681): 
è un punto di vista che condivido interamente, pur non escludendo 
che alle leggende avute forse pel tramite cristiano siensi aggiunti 
elementi importati oralmente dall’Arabia, nel continuo afflusso di 
gente dell’Assir e dell’Hegiàz nel Samhar e in Eritrea. Infine il Litt- 
mann tratteggia l'importanza che gli studi etiopici hanno nel quadro 
degli studi orientali, rilevando quanto cammino siasi percorso da 
quando l’Abissinia, nei riguardi culturali, consideravasi soltanto 
come « un’ancella della teologia » (I 2682); sembra però che troppo 
poco egli attribuisca del merito di tali progressi alla scienza non te- 
desca, ove rammentinsi i contributi del Basset e del Guidi. 


IV. Storia e letteratura storica. — A titolo documentario nel 
campo storico citeremo quattro studi del compianto Giuffrida Rug- 
geri sull’antropologia della regione etiopica in senso lato (I 2683), 
su quella delle genti più strettamente etiopiche (I 2684), sull’età 
neolitica egiziana ed etiopica (I 2685), e su affinità antropiche fra 
Etiopi e Arabi meridionali (I 2686); a proposito dell’ultimo, sembra 
da rilevarsi che l’autore non tenne conto del molte volte secolare 
afflusso di schiavi dall'Africa nel Sud-Arabia, onde le affinità, che del 
resto sembrano trasparire soltanto in base a ristrette osservazioni, 
potrebbero provenire non da antichissimi collegamenti camitici, 


I. 2680 — LITTMANN E.,, Zur 
Didosage im Orient = Dey Islam, 
XIII, 1923, 

I. 2681 — GGA, 
171-177. 

I. 2682 — LITTMANN E.,, Abes- 
sintens Bedeutung fiir die Wissen- 


schaft des Morgenlandes = DLZ, 
1923, col 73-.80. 


1915, N. 3, 


I. 2683 — GIUFFRIDA-RUGGERI 
V., Nuovi studi sull’antropologia del- 
l'Africa: Etnologia ed antropologia 
delle popolazioni eritreo-somali-abis- 
sine e delle regioni vicine = Arch. 


per l’Antr. e la etnol., 1915, Fi- 
renze 19106, estr. 59 C. II. 


I. 2684 — GIUFFRIDA - RUGGERI, 
V., Un quadro sinottico delle 
popolazioni della regione eritreo- 
abissina = Riv. ital. di sociologia, 
XXI, 1917, fasc. 2-3, estr. II. 


I. 2685 — GiureFRIDA-RUGGERI 
V., A few notes on the Neolithic 
Egvptians and the Ethiopians = 
Man, 1916, 87-90. 


I. 2686 — GIUFFRIDA RUGGERI, 
V., «Affinità antropiche fra Etio- 
pici e Arahi meridionali = An- 


— 476 — 


IV. STORIA E LETTERATURA STORICA. I 2686-2691 


bensì da incroci posteriori. Uno storico episodio del medio-evo di- 
mostra come riuscisse allora quasi impossibile agli stessi Iemeniti 
dell'interno di distinguere a semplice vista un vero Arabo della 
Tihimah da un Africano. 

Il Conti Rossini ha esaminati i rapporti politici fra il regno degli 
Habas"at e l’Arabia meridionale, avanzando, fra l’altro, l'ipotesi 
che la leggenda degli ashab al-fil «compagni dell'elefante » rammentata 
dal Corano sia derivazione dalle conquiste del re Afilas nello Iemen, 
conquiste della fine del secolo III (I 2687). In un'altra memoria, 
egli esamina le notizie che il romanzo « Aethiopica » di Eliodoro di 
Tricca tramanda sui rapporti fra Meroe ed Aksum, rapporti che esso 
espone come eccellenti: poco dopo si hanno la spedizione del re 
aksumita autore dell'iscrizione di Meroe e quella di Ezana, che ab- 
battono del tutto il vecchio regno meroitico; probabilmente in questi 
avvenimenti è un riflesso della politica anti-romana di Aksùm nel 
secolo III, propensa invece ai Romani da parte di Meroe (I 2088). E 
in una delle sue note Aethiopica (v. n. 2739) lo stesso autore collega 
le gesta degli Aksumiti contro le frontiere d’Egitto e nelle acque 
nord-orientali del Mar Rosso, ‘come sono esposte dalla famosa i- 
scrizione di Cosma Indicopleuste, con le campagne dei Palmireni 
contro i Romani, e con la conquista dell'Egitto da parte dei primi. 
Un riassunto della storia antica di Aksum è dato dal Kammerer 
(I 2689), in un volume recensito dal Conti Rossini (I 2690) e dal 
Vitti (I 2691); lo scritto del Kammerer è di seconda mano; per altro, 
il suo valore è notevolmente accresciuto da un esame delle monete 
inedite aksumite che si hanno a Parigi, e, più, dalle bellissime foto- 
grafie delle antichità osservate dal P. Azaîs nell’Etiopia meridionale. 
Sulla origine e sul tempo di buona parte di tali antichità (altre sono 
dell'età musulmana) vi è grave dissenso: lo Azaîs vi vede monu- 
menti megalitici, dell'età della pictra, manifestazioni dell’arte negra 
etc.; il Conti Rossini le giudica cose medioevali, fors'anche dell'alto 


nuario del R. Ist. Or. di Napoli, I. 2689 — KAMMERER A., Fs- 


1919-20, estr. 7. 


I. 2687 — Coxti Rossini C., 
Expéditions et possessions des Ha- 


basat en Arabie = JA, 1921, ll, 
estr. 30. 
I. 2688 — Coxti Rossini C., 


Meroe ed Aksum nel romanzo di 
Eliodoro = RSO, VIII, 1919, 233- 
239. 


sai sur l’histoire antique d’Abvs- 
sinie: le rovaume d'Aksum et 
ses voisins d’Arabie et de Méroé: 
avec 45 flanches hors texte et 
4 cartes. Paris 1926, 198. 


I. 2690 — OM, 1920, 342-340. 


I. 2691 — Biblica, VIII, 1927, 
238-241. 


—_ 4177 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. | I. 2692-2695 


medio-evo, dovute ad influssi aksumiti, a colonie militari stabilite 
dai re d’Aksum in lontani possessi meridionali, o ad influenze di tali 
colonie su tribù locali. Ma anche posteriormente al viaggio di cui 
è cenno nel libro del Kammerer lo Azais fece altre fortunate 
scoperte: in una recentissima conferenza, di cui hanno parlato 
giornali politici (I 2692), lo Azaîs, dando conto di una missione 
affidatagli dal Ministero francese della Pubblica Istruzione, dichiara 
d’aver trovato scale ciclopiche, statue di granito che rammentano 
l'idolo neolitico dalla testa di civetta della Creta preistorica, la 
dea senza bocca guardiana delle tombe, migliaia di colonne falliche 
costellate di segni solari, di Croci del Sud, di stelle raggiate, e tutto 
questo attorno al lago Margherita, fino al lago Rodolfo, ed anche al di 
là dell’Equatore..... Occorrerà vedere tutto ciò in una cincera, par- 
ticolareggiata relazione; intanto asteniamoci da- voli di fantasia. 
— In una breve nota il Conti Rossini esamina le fonti abissine 
concernenti Frumenzio, l’evangelizzatore dell'Etiopia, e spiega i 
nomi reali Ella Alada e Ella Azguagua, che trovansi nell'articolo 
del Sinassario consacrato a Frumenzio, come alterazioni, attra- 
verso la scrittura greca, dei nomi EHa Amida ed Ella Ezana (Ayza- 
na) (I 2693). Il Littmann, esaminando le audaci supposizioni del 
Marquart d’influssi indiani sull’arte del Benin, sostanzialmente le 
approva, ed accoglie l’ipotesi di collegamenti fra India ed Etiopia 
(I 2694). In un’altra memoria, dieci anni dopo, ritornando sull’ar- 
gomento, ricerca le tracce di tali collegamenti in parecchie voci di 
lingue semitiche o cuscitiche d'Etiopia aventi origine indiana (I 2695). 
Che Aksum e India fossero commercialmente collegate, risulta da 
Cosma Indicopleuste; ma, all'infuori della voce ge‘ez nage * «elefante » 
= sanscrito naga (stranissimo, però, che in paese eminentemente 
produttore d’avorio si adottasse un nome straniero per indicare la 
bestia da cui lo si ottiene!) e forse sokar « zucchero », non sembra 
esserne rimasta stabile traccia, perchè le voci segnalate dal Littmann 
O pervennero in Etiopia attraverso il greco o vi sono giunte (come 
è delle esistenti in somalo) in età più o meno recente. R. Miedema, e- 


I. 2692 — Journal des Débats, 6  fiir Voòlherkunde in Leiden = Inter- 
luglio 1927. nat. Archiv fiir Ethnogr., XXII 


I. 2693 — Conti Rossini C.,, 1915 258-207. 


A propos des textes éthiopiens I. 2695 — LITTMANN E. In- 
concernant Salama (Frumentius) gien und Abessinien,  Beitràge 


Ao Ar zur Literaturwissensch und Geistes- 
I. 2694 — LITTMANNE,, Verof-  gesch. Indiens = Festgabe Hermann 
fentlichungen des Reichmusewms Jacobi, Bonn 1926, 406-417 


— 4788 — 


IV. STORIA E LETTERATURA STORICA. - I 2696-2697 


saminando gli obelischi di Aksum, segnatamente attraverso le descri- 
zioni del Krencker, giunge a queste conclusioni: i sei grandi mono- 
liti sono non monumenti funerari, bensì, insieme coi troni, i monu- 
menti trionfali di re Aizanas, onde risalgono alla prima metà del se- 
colo IV d. Cr.; la maggior parte è del tempo pagano, il più grande 
degli obelischi verisimilmente già dell’età cristiana; stando alle 
misure ed agli elementi architettonici, il più settentrionale di essi è 
il più antico e il più meridionale il più recente; in generale, il mono- 
lite è in relazione con la de £-e l« casa di Dio » del Vecchio Testa mento; 
per il che quelli dell'età pagana sono dedicati a Astar, Behe r,Meder, 
quelli dell'età cristiana al Signore del cielo; questi monoliti proteg- 
gevano la potenza del re, simboleggiata dal trono, e perciò ricevevano 
sacrifici; presso i monoliti, forse sulla pietra sacrificale, il re vi ema- 
nava il diritto, perchè ivi appunto sarebbero avvenute le consacra- 
zioni dei re in tempi posteriori (I 2696). Personalmente, io non credo 
punto dimostrata la pertinenza di tutti questi monumenti a Ezana; 
almeno dalla metà del secolo III Aksum si trovava in grande movi- 
mento militare e politico; è inverisimile che soltanto con Ezana in- 
cominciasse e con lui si esaurisse il movimento artistico, connesso 
con tale sviluppo di potenza. 

Il convento di Debra Libanòs o Endà abbà Matà, che ci 
dette i più importanti documenti feudali sinora noti, e sulle cui 
balze avevo notato dei brevi graffiti in lettere abbastanza arcaiche, 
ci dà ora la iscrizione funebre d’una Giha (?) figlia di Mangasa, che 
potrebbe anche giungere ad occupare un posto notevole paleogra- 
fico nell’epigrafia etiopica: è in lettere vocalizzate e sembra datata, 
ma la sua antichità è stabilita, sin d'ora, fra l’altro, dall’uso ar- 
caico delle cifre senza i trattini che le contraddistinguono e da 
quello di una lineetta, anzichè dei due puntini, per dividere le 
parole. È pubblicata da G. Brunetti (I 2697). Disgraziatamente è 
senza fac-simile; la lettura della data (l. 2-4) è assolutamente di- 
fettosa, come è assai dubbio se le scorrettezze delle altre lince 
dipendano sempre dal lapicida; anche l’interpretazione non pare 
sempre esatta (v. 5-8: «per altro, siccome è scritto, beato chi 
« nasce da donna ed i cui giorni sono pochi »). 

Il Guidi ha pagine molto interessanti sui rapporti fra l'Impero 
Bizantino e il regno di Aksum; la politica di questo, assai riguardosa 
verso quello, si ripercoteva nell’atteggiamento del clero monofisita, 


I. 2696 — MIEDEMA dr. R.,, I. 2697 — BRUNETTI G., L'’iscri- 
Amersfoort, Die Monolithen von zione funeraria di Ham = Parole 
«Ahsum = Acta Orientalia, 1923, buone (boll. mens. della Miss. Catt. 
262-278. fii Eritrea), NI, 1927, 80-81. 


ei 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2698-2704 


_ che anche nella compilazione di opere teologiche, come il Qe yillos, 
doveva nella sua propaganda procedere guardingo e senza aver l’a- 
ria di offendere l’ortodossia cattolica di Bisanzio (I 2698). Il Pereira 
raccoglie e coordina le notizie che si hanno sul cristianesimo di Socotra, 
la quale era nestoriana al principiar del secolo VI e conservò tracce 
della religione del Messia fino al secolo XVI (I 2699) 

Senza scientifico valore è uno studio immaginoso di F. Edwards 
sugli antichi re aksumiti (I 2700). Un articolo di Domenico Saccardi 
sulle prospettive archeologiche eritree non meriterebbe d'essere se- 
gnalato, per la sua indole, per le sue inesattezze e per le sue esagera- 
zioni che non possono giovare (come si fa a scrivere « l’Eritrea offre 
un campo vastissimo di ricerche archeologiche, così vasto e così vario 
che forse poche altre regioni del mondo possono uguagliarlo! » o par- 
lare delle «immense e magnifiche rovine della città di Coloe », o del 
« meraviglioso cimitero arabo di Dahlak? ») : lo si cita perchè annuncia 
l’incarico affidato dal governo locale al prof. Brunetti, della scuola 
d’Asmara, di fare ricerche, studi, scavi etc. nella Colonia (I 2701). 
E’ da far voti che il Brunetti apporti nel solvere tale incarico, difh- 
cile e pieno di responsabilità, preparazione e metodi adeguati; l’ac- 
cenno ad un « Corpus inscriptionum arabicarum Coloniae Erythraeae » 
lascia piuttosto freddi. 

Sebbene per lingua rientri nel dominio della letteratura siriaca, 
non è possibile passar qui sotto silenzio il Libro siriaco degli Himia- 
riti, scoperto — pur troppo in stato frammentario — da Axel Mo- 
berg (I 2702), e di cui hanno trattato il Néldeke (I 2703) e il Conti 
Rossini (I 2704): può oramai ammettersi che il Libro sia realmente 
opera di persona vissuta nello Iemen non molto dopo gli eccidi di 
Nagràn e la conquista abissina dello Iemen, la quale persona rac- 
colse racconti di testi oculari; da esso dipende la prima parte del 
Martyrium Arethae, non, invece, la lettera di Simeone di Bet Ars "am. 


I. 2698 — Guini I.,, Bisanzio I. 2701 — Saccarpo D., 4p- 
e il regno di Aksum = Studi Bi- punti sull’archeologia Eritrea = 
zantini a cura dell'Istituto per Riv. Col., anno XX, 1925, 505-511. 


l’Europa orientale. Roma, 10924, I. 2702 — Moserc A. Tie 

SSHE Di book of the Himyarites, fragn:ents 
I. 26099 — PeREIRA FRANCISCO of a hitherto unknown Syriac work. 

Maria ESTEVES, La Chrétienté de Lund 1914,  CLXXII-6I e 8 

de l’ile de Socotora = Aethiops, facsimili. 

Il, 1-4. I. 2703 — GGA, 1925, n. 4-0, 
I. 2700 — FreperIiK Epwarpso 1517103. 

A., The eayly Kings of Axum = I. 2704 — RSO, IX, 10422, 420- 


Asiatic Rev., ott. 1918, estr. 2I. 430; NI, 1926, II0-III. 


— 480 — 


IV. STORIA E LETTERATURA STORICA. I. 2705-2708 


Come vedesi, è documento d'eccezionale importanza, anche se il 
cattivo suo stato di conservazione impedisce di risolvere definitiva- 
mente taluni quesiti storici. 

Circa venticinque anni or sono, segnalai, in base a notizie del 
tenente Talamonti, l’esistenza, nella regione del Barca, di speciali 
costruzioni, che secondo locali indicazioni sarebbero state tombe del 
popolo Fung”. Il Madigan (I 2705) ed il Crowfoot (I 2706) segna- 
lano identiche costruzioni nel territorio fra Cassala e Suachin, so- 
vratutto nei pressi del Gebel Maman. L'attribuzione di esse ai Fung” 
va definitivamente scartata, anche pel fatto che nelle contrade ove 
più i Fung” vissero e si raccolsero non se ne hanno esempi. Il mistero 
sui loro autori permane assoluto. Il fatto che esse sembrano caratteri- 
stiche d'una zona fa credere che sieno dovute a un popolo che ivi 
dominò. Forse uno di que’ regni Begia, dei quali è parola in geo- 
grafi arabi del IX e del X secolo? e d’onde fu tratto il modello di 
| tali edifici? 

Si è accennato come lo Azaîs, oltre a monumenti di cui si è già 
detto, abbia nell’Etiopia meridionale osservato delle antichità i- 
slamiche. Sono tombe ed iscrizioni. Paul Ravaisse attribuiva a queste 
epigrafi un’età remotissima, leggendo in una d'esse la data dell’anno 
66 dell’egira, il 685-686 di Cristo (I 2707). Il Littmann ha dimostrato 
che era volo di fantasia; è quistione non di scritture arabiche « pri- 
mitive » bensì di un cufico arcaistico; la data or accennata è sempli- 
cemente il 666 dell’egira = A. D. 1267-8 (I 2708). Trattasi quindi 
d'uno stabilimento musulmano di tempo in cui la sua esistenza non 
sorprende affatto; anzi, pur riconoscendo l’interesse di questa do- 
cumentazione epigrafica, non può farsi a meno di rilevare la sua grande 
lontananza dalla bellezza dei prodotti lapidari di Dahlac nello stesso 
secolo e negli anteriori. E' poi sommamente opportuno che lo Azais 
precisi il luogo de’ suoi ritrovamenti. i 

Con la fine del medio-evo abissino associasi la leggenda del Prete 
Gianni. Questa ha trovato un nuovo studioso in Costantino Mari- 


I. 2705 — MaDIGAN C. T., A 
description of some old towers in 
the Red Sea Province, North of 
Port Sudan=Sudan Notes and Re- 
cords, vol. V, n. 2, 1922, 78-82, ill. 


I. 2706 — Crowroot ]J. W., 
A mote on the date of the towers = 
Sudan Notes and Records, vol. V, 
n. 2, 1922, 83-87. 


I. 2707 — Ravaisse P., Notes 
sur quelques stéles et inscriplions 
arabes trouvées en Abyssinie = La 
France illustrée, n. 2528 del 27 
ottobre 1923, 257-261. Ill. 


I. 2708 — LITTMANN E, Ara- 
bische Inschriften aus Abessinien 
= Zetlschy. fiir Sem., I, 236-246. 


— 481 — 


Aevum - Anno I - 31 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2709-2714 


nescu, le cuì risultanze non discostansi da quelle già comunemente 
ammesse (I 27009). 

Il Conti Rossini ritorna sulla fine della dinastia Zague e sulla 
origine della dinastia Salomonide, confermando con nuovi elementi 
le ipotesi da lui avanzate nel 1894 e che ormai possono accogliersi 
come dati acquisiti alla storia; fra l’altro, egli pubblica un interessante 
brano del Gadla Iyasus Mo°a, la cui esistenza era finora sconosciuta, 
e una versione amarica del Be‘ela Nagast (I 2710). Di questo il Guidi 
pubblica il testo etiopico, che egli crede redatto al tempo di re Takla 
Giyorgis (I 2711), pochi decenni dopo il tempo cui lo vorrebbe riferito il 
Conti Rossini, e che è poco dopo l’anno 1747: siamo quindi in tempi 
assai discosti dai fatti narrati, e l’opera va considerata più nei riguardi 
novellistici che in quelli storici. Il Bezold ha dato un esame partico- 
lareggiato del Gad. del santo Gabra Manfas Qeddus, volgarmente 
chiamato anche Abbò, il quale dovette vivere verso il primo secolo 
della dinastia Salomonide; pur troppo, il contenuto del gad/ utiliz- 
zabile per la storia del paese è pochissimo (I 2712). I vecchi canti 
amarici in onore dei re abissini, segnatamente del secolo XIV e del 
XV, canti editi dal Guidi, hanno trovato nel Littmann un traduttore 
(I 2713) v. anche n. 2730. Il Lazzarini ha raccolto elementi sovra una 
legazione inviata dall’Abissinia in Europa nel 1404; si tratta di tre 
«ethiopes nigri de India », sudditi del Prete Zane, apparsi a Roma 
nell’estate del 1404 (I 2714). Essi sono un anello della catena dei 
rapporti fra Etiopia ed Europa nei secoli XIV e XV; di un altro a- 
nello, Messer Zane, sì è già riesumata la memoria in questo stesso 
Bollettino. Il Conti Rossini, a proposito delle illustrazioni del ms. 
Abb. n. 105, mentre rileva l’importanza che avrebbe un accurato 
studio dell’iconografia etiopica, sulla quale raccoglie elementi in 
base alle illustrazioni stesse, ricerca altri anelli della catena e 
. giunge alla singolare precisazione di parecchi artisti italiani passati 
in Etiopia nel secolo XV, d’onde importanti influssi italiani, dap- 


I. 2709 — MARrINnEScCU C., Le 
Pritre Jean, son pays, explica- 
tion de son mom, etc., estr. dal 
Bull. de la sect. hist. de l’Acad. 
Roumaine, N, Bucarest 1923, 40. 


Nagast = Festschrift Haupt, Leip- 
zig 1920, 403-9. 

I. 2712 — BrezotDC., Abba Ga- 
bra Manfas Qeddus=NKGG, 1916, 
58-80. 

I. 2710 — Coxti Rossini C., 


La caduta della dinastia Zasqsue 
e la versione amarica del Be'ela 
Nagsast = RAL, NXNNI, 1923, 
279-314. 

I. 2711 — Guipi I., Il Be'‘ela 


I. 2713 — LITIMANN E,, Die 
Altamharischen Kaiserlieder. Stra- 
sburg 1914, 36. 

I. 2714 — LAZZARINI V., Cra 
ambasciata etiopica in Italia nel 


—L:4g» 


1V. STORIA E LETTERATURA STORICA. I. 2715-2720 


prima fiorentini indi veneziani, sullo svolgimento della pittura etio- 
pica, ai quali influssi se ne debbono aggiungere altri letterari per o- 
pera di altri Italiani (I 2715). A questo riguardo va qui ricordato 
anche un testo amarico, riportato dal Cohen, su Dabra Warq, con- 
vento del Goggiam, alla cui costruzione, appunto ai principi del sec. 
XV, sembrano aver concorso operai d'Europa, verisimilmente d’I- 
talia; il testo contiene tradizioni su quel convento, a partire dal re 
Dawit II, che vi avrebbe raccolte delle pitture (I 2716). 

Con le indagini sui primi rapporti fra Europa ed Abissinia col- 
legasi l’edizione, fatta dal Mittwoch, d'una lettera con cui fra Bar- 
tolomeo da Milano, francescano in Gerusalemme, raccomanda i mo- 
naci etiopi Endreyas e Pe tros che vogliono recarsi a Roma: la lettera, 
del 30 aprile 1495, è incollata in un codice abissino, passato in Ger- 
mania per opera di Teodoro Petracus, ma senza dubbio proveniente 
da Santo Stefano dei Mori (I 2717). i i 

Il Ferrand segnala, nell'opera cinese Tao yî tche lio di Wang Ta- 
ynan (anno 1349), la menzione e la descrizione d’un paese di Leo-po- 
sseu, che sarebbe da identificare con al-Habas”ah; tale paese sarebbe 
stato visitato anche dall’ambasciatore cinese Tscheng Ho in una 
delle sette sue missioni all’estero, fra il 1405 e il 1430 (I 2718). Io 
però dubito assai che una ambasceria cinese sia mai pervenuta alla 
Corte Abissina; se mai, Tscheng Ho deve aver toccato Zeila o qual- 
che altro punto della costa di Somalia. 

La Serata mangest, ditticilissimo testo concernente gli ordina- 
menti aulici d'Etiopia, ha avuto un’edizione ed una prima traduzione 
per opera di Jos. Varenbergh (I 2719); il Guidi, rilevando le manche- 
volezze dell’interpretazione del Varenbergh, ne ha data una nuova 
versione (I 2720). Soltanto una conoscenza profonda degli usi della 
Corte abissina potrà togliere le oscurità che tutt'ora permangono; cd 


1404 = Atti R.Ist. Veneto, 1923-4, 
842-847. 

I. 2715 — Conti Rossini C., 
Un codice illustrato eritreo del 
secolo XV (ms. Abb. n. 105 della 
Bibl. Nat. di Parigi) = Africa 
Italiana (Riv. Min. Col.), I, 1927, 
83-97. eli 

I. 2716 — CoHEN M., Dabra- 
Warq = Mélanges René Basset, 
vol. I, Paris 1923; estr. 20, C. 


I. 2717 — MiITtTwocH E., Itfa- 
lienischev Brief ernes Franziska- 


Berliner dthiopischen 


ners aus dem Jahre 1405 in einer 
Handschrift 
= DLZ, AANIX, 1926, col. 1907- 
I010, fac.-simile. 


I. 2718 — JA, 1921, 275-9. 


I. 2719 — VARENBERGH ]., 
Studien zur abessinischen Reichs- 
ordnuung = ZA, XNNX, 1915-16, 
1-45. i 


I. 2720 — GuIpII., Contributi 
alla storia letteraria di Abissinia 
= RAL, XXXI, 1923, 65-94, 185- 
218. 


— 483 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. 


I. 2721-2726 


anzi non è impossibile che col tramonto della Corte di Gondar, ove 
erano passate le tradizioni e le istituzioni del medio-evo, Iole 
cose sieno cadute per sempre in oblio. 

Nel secolo XVI un monaco, Pawlos, probabilmente un Tigrino, 
forse dello Sciré, passato più tardi nell’Angot, vergava su un codice 
di sua proprietà alcuni suoi ricordi biografici, interessanti come unico 
scritto biografico etiopico finora noto, importanti per notizie storiche 
(I 2721). Il Conti Rossini tratteggia la singolare figura del bdalr- 
nagàs" Yeshaq, vissuto in quel secolo, un dei maggiori personaggi 
della storia eritrea, e le vicende della guerra turco-abissina del 1578, 
vicende che hanno impressionanti riscontri con quelle della guerra 
italo-abissina del 1895-6 (I 2722). Il Beccari con un diligente indice 
di nomi propri chiude la poderosa serie de’ suoi « Rerum Aethiopica- 
rum scriptores occidentales » (I 2723). Il Denison Ross ha ritrovato 
(I 2724) e fatto conoscere un nuovo manoscritto della storia del d’Al- 
meida (I 2725); e il Gover ne trae un interessante vocabolario de’ 
principali termini abissini in uso al tempo di quel missionario, meri- 
tamente famoso (I 2726). 

Col d’Almeida scendiamo al secolo XVII. Per il secolo XVIII 
il Guidi (v. n. 2720) fa conoscere le varianti del codice di Franco- 
forte delle storie dei re Iyasu II e Iyo'as, varianti talora importanti, 
che sembrano attinte a fonti indipendenti dagli Annali ufficiali; 
dà altresì un sommario analitico del testo, -da lui pubblicato nel 1902, 
della storia di Haylu Mika‘e 1, e le varianti del codice di Francoforte; 
segnala, poi, un passo della cronaca abbreviata di Fasiladas, da 
cui risulta che Wahni incominciò ad essere luogo di relegazione 
per i principi reali a partire dai tempi di quel re. 

Egli fa inoltre conoscere due nuovi codici della cronaca dei re 

I. 2721 — CONTI 


Rossini C., = Bull. of the School of Or. Stud., 


L’autobiografia di Pawlos monaco London Institution, II, 1921-3, 
abissino del secolo XVI = RAL, 783-801. 
SI 0005: (197200: I. 2725 — DENISON Ross E,, 


I. 2722 — Conti Rossini C., 
La gueyra lurco-abissina del 1578. 
Roma 1923, 21: estr. da OM, 
I, 1923 n. 10-11, II, 1924, n. 1. 


I. 2723 — BECCARI C., Rerum 
aeth. scriptores occidentales; Index 
analyticus. Roma 1917, 372. 


I. 2724 — DENISON Ross E,, 


Almeida's Historv of Ethiopia: re- 
covery of the preliminar matter 


The manuscripts collected by Wil- 
liam Marsden, with special re- 
ference to two copies of Almetdas 
‘History of Ethiopia = Bull. of 
the School of Or. Studies, London 
Institution, II, 1921-3, 513-538. 
I. 2726 — Gover' M. B.; An 
« Abyssinian» vocabulary of the 
seventeenth Century. = Bull. of the 
School of Or. Stud., London In- 
stitution, II, 1921-3, 763-782. 


— 484 — 


IV. STORIA E LETTERATURA STORICA, I. 2727-2732 


d'Etiopia, cui io detti il nome di « abbreviata » per distinguerla 
dalle cronache ufficiali dei singoli re; dei due testi il primo discende 
nella sua narrazione fino ai tempi di Iyaàsu II, restando indipen- 
dente dagli annali di questo re, cd ha tratti nuovi veramente im- 
portanti, sia come storia sia come leggenda; l’altro è meno inte- 
ressante, però nel suo racconto discende, concisamente, fino ai 
giorni nostri, pei quali l’esposizione assume maggiore ampiezza, 
arrestandosi all’anno 1889 con la battaglia di Metemma, il sacco 
di Gondar per opera dei Dervisci e l'incoronazione di Menelic a re 
di tutta l'Etiopia (I 2727). Al secolo XVIII sembra rimontare 
la redazione d’un curioso documento, di cui il Conti Rossini 
ha trovato una versione francese nelle carte del d’ Abbadie, 
e che ha per autore un ec"c‘age Filpos: trattasi d’una collezione 
di leggende, di tradizioni e di notizie storiche sulle vicende 
del paese; molti sono i tratti nuovi ed interessanti, per esempio 
per la storia letteraria (I 3728). Il Weld Blundell ha pubblicato la 
grande cronaca reale dal 17069 al 1840 (I 2729); pur troppo, l’edi- 
zione del testo e la traduzione inglese lasciano parecchio a desiderare. 
La cronaca reale dal 1800 al 1840 era già stata pubblicata, con una 
traduzione italiana, dal Conti Rossini (I 2730), il quale ha dato anche 
una traduzione della storia, redatta dal cattolico Takla Haymanot 
da Memsàh, delle vicende del paese e delle missioni cattoliche ai 
tempi di ras Alì, deggiàc” Ubié e re Teodoro, documento meritevole 
di considerazione (I 2731). Vedi anche n. I 2837. 

L'or mentovato scritto di Takla Haymanot ci conduce ai tempi 
ed alle vicende del beato Mgr. Giustino de Jacoubis e del beato Gabra- 
Mika'e 1. Per il primo cadono nel periodo da noi considerato una no- 
tizia dello stesso Takla Haymanot, volta in francese e dal francese in 
italiano (I 2732), e una biografia del secondo, per opera di C. Cassinari 


I. 2727 — Guinpi I., Dite nuovi 
manoscritti delle «Cronaca abbrevia- 
ta» di Abissinia = RAL.II, 1920, 
357421. 

I. 2728 — Coxtr Rossini C., 
Il libro delle leggende e tradizioni 
abissine dell’'ecciaghié Filpòs = 
RAL, XXVI, 1918, 669-718. 

I. 2729 — -WeELD BLUNDELL H., 
The roval Chronicle of Abyssinia, 


1709-1840, with translation and 
notes. Cambridge 10922. AIII-543. 


I. 2730 — Coxtr Rossini C., 


La cronaca reale abissina dall'anno 
1800 all'anno184o0= RAL, XXVI, 
1917, 779922, e 2 C. 


I. 2731 — CoxtI Rossixi C., 
Vicende dell’Ettopia e delle missioni 
cattoliche ai tempi di ras Al, 
deggiac Ubié e re Teodoro, secondo 
un documento abissino = RAL, 
XXV, 1910, 425-550. Nell’estrat- 
to precede il titolo: Fonti storiche 
etiopiche per il secolo NINX. 


I. 2732 — Episodi della vita a- 
postolica di Abuna Jacob, ossia il 


Lie 


I. 2732-2738 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. 


(I 2733): v. anche n. 2810. Del primo il Conti Rossini ha scoperto, 
fra carte provenienti dal consolato francese di Massaua, una lettera 
nobilissima, scritta da Halai al console Gilbert nelle tragiche giornate 
di Halai, dove quel degno figlio d’Italia era rimasto per difendere 
la sua comunità cattolica contro re Teodoro dopo il veloce ripicga- 
mento a Massaua del conte Russel, inviato da Napoleone III (2734): 
la lettera, che di non molto precede la morte del de Jacobis, ha diritto 
ad occupare un posto d’onore fra le sue memorie. 

A tempi recentissimi scende una pubblicazione del Mittwoch: 
è il testo amarico del trattato di amicizia e di commercio fra l’Im- 
pero Germanico e Menelic (I 2735); mentre il Littmann fa conoscere 
lo sgorbio quasi informe con cui Menelic sì firmava (I 2736). Siamo in 
piena storia contemporanea, che non è qui la sede di rievocare. Mi 
limiterò soltanto a rammentare una biografia, dovuta a C. Keller (I 
2737), di Alfredo Ilg, l'ingegnere svizzero che per tanti anni fu l’in- 
timo’ consigliere di Menelic nei rapporti con l’Europa, ed un vo- 
lume di H. C. Jackson su Osman Digma (I 2738), il famigerato com- 
merciante di schiavi che divenne uno déi maggiori condottieri dei 
Dervisci contro l’Etiopia del nord e le attigue regioni, volume di 
primo ordine, anche se non considera, forse, sempre adeguata- 
mente l’opera dei non Inglesi per contenere ed infrangere il formi- 
dabile movimento scatenato dal Mahdi Mohammed Ahmed. Veg- 
gansi anche n. 2954-2958. 


venerabile Padre Giustino De Ja- 
cobis, raccontati da un testimonio, 


Una lettera di Mer. Giustino de 
Jacobis = BSGI, 1922, fasc. 7-8. 


abba TECLÉ HAIMANOT, prete cat- 
tolico abissino, confessore della fe- 
de. Traduzione dal francese per 
P. CELEsTINO da Drsio, XI-372, 
Asmara 1913. Il testo francese è: 
Abouna Yacob ou le vénerable de Ja- 
cobis. Scènes de sa Vie d’A postolai 
racontées par un témoin abba Tékla 
Haîmanot. Parigi (1914), 240, ill. 
L’introduzione ha la firma di E. 
COULBEAUX. 


I. 2733 — CASSINARI E, Il 
beato (Ghebre-Michael prete abis- 
sino della Congregazione delle Mis- 


stont (1791-1855), prefazione di 
Mons. LUIGI GRAMATICA. Roma 
1920, 184,. 


I. 2734 — Conti Rossini C., 


I. 2735 — MITtTwocH E., Der 
deutsch-dthiopische Freundschafts 
und Handel svertrag: Amharischer 
Text mit deutschen Uebersetzung und 
Anmerkungen = Paul Haupt Fest- 
schrift, Leipzig 1926, 454-401. 


I. 2736 — LITTMANN E.,, Die 
angebliche Geheimschrift Menileks 
II = ZA, XXXII, 1919, 97-102. 


I. 2737 — KELLER C., Alfred 
Ilg, sein Leben und sein Wirken als 
schweizerischer Kulturbote in Abes- 
sinien. Frauenfeld und Leipzig, 
1918. 


I. 2738 — Jakcsox H. C., Os- 
man Digma, with a preface by 
gen. Sir REGINALD WINGATE. Lon- 
dra 1926, XVII-232. 


— 486 — 


IV. STORIA E LETTERATURA STORICA. I. 2739-2745 


Si è accennato più volte alle brevi note del Conti Rossini intito- 
late Aethiopica, ed a quesiti filologici e letterari toccati in esse (I 2739). 
La maggior parte però ha contenuto storico, sia nei riguardi religiosi 
(p. es. sul culto dell’aquila o dell’avoltoio, sulla dea Terra, sull’an- 
tropofagia magica), sia rispetto all'antica Arabia Meridionale (p. es. 
sull’etimologia di talune voci, su rapporti politici con quella regione 
etc.), sia per aspetti archeologici (rovine di Dahané e di Saro), sia 
per le vicende interne del paese. Fra i testi pubblicati o illustrati in 
queste note sono nuovi un atto feudale del 1456-7 assai importante 
per l’Eritrea, una canzone tigrai del sec. XVIII, una breve nota 
tigrai desunta da un codice parigino che viene ad accrescere la pic- 
cola serie dei testi tigrai non dovuti a raccoglitori europei, due nuove 
canzoni del secolo XVI in onore del re Galàwdewos, e una lista ama- 
rica di enqutatas”. Alcuni versi della gasidah himiaritica, il cui testo è 
per la prima volta dato dal Conti Rossini, e dai quali par trarsi un 
cenno ad una signoria di Himiariti sulle coste di Zeila e di Berbera, 
hanno dato luogo a talune osservazioni da parte di I. Guidi (I 2740), 
di Giorgio Levi della Vida (I 2741) e di M. Guidi (I 2742). Del Conti 
Rossini citasi anche uno studio, di carattere divulgativo, sui rapporti 
fra Egitto e Abissinia nei tempi antichi e nel medio-evo (I 2743). No- 
tevolissimo, veramente prezioso, è uno studio del Guidi sulla chiesa 
abissina, sulle sue peculiarità e sulle sue sette; nessuno, che abbia oc- 
casione di occuparsi di cose ecclesiastiche d'Etiopia, potra astenersi 
dal ricorrervi (I 2744). Il Duensing dà un saggio sugli Abissini in 
Gerusalemme; nuova ed interessante è, fra le altre, la notizia che egli 
vi accoglie sull'origine di tale comunità (I 2745). Molto più mode- 
stamente, l'argomento dei rapporti fra Gerusalemme e l'Etiopia è 


I. 2739 — Conti Rossini C., Fahd al-Himyari = RSO, XI, 
Adethiopica I = RSO, IX, 1923,  108-9. 
305-381, 449-409; Aethiopica II. 
= RSO, X, 1925, 481-520. I. 2743 — Conti Rossixi C., 
id Cui L.. di da Egitto ed Etiopia nei tempi antichi 


su Fahd = RSO IX, 373. RSO, e nell'età di mezzo = Aegyptus, 
III, 1922, fasc. 1-2. 
X, 283. 
I. 2741 — LEvi DELLA VIDA G., I. 2744 — Guipi I., La chiesa 


Fahd al-Himvari e un verso di abissina. Roma 1922, 17: estr. 
‘Amr b. Ma'‘dikarib = RSO, X,  dall'OM, II, n. 2-4. 


Vara: I. 2745 — DuensINnG H., Die 
I. 2742 — Guipi M., Ancora il Abessinier in Jerusalem = ZDPV, 
verso di ‘Hinr b. Ma'dikarib su 1916, 98-115. 


— 487 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2746-2752 


toccato anche da P. Meroni (I 27406). Jean Ebersolt ha steso una 
notizia, senza speciale rilievo, sugli antichi santuari etiopici (I 2747). 

Nei Mélanges apparsi nel 1915 René Basset raccoglie alcune sue 
precedenti pubblicazioni, sulla leggenda di Tertàg e Werzelyà e 
sulle regole attribuite a Pacomio, ed anche due sue recensioni, la pri- 
ma sul mediocre volume di Hugues Le Roux « La regina di Saba » 
e la seconda sulla relazione del viaggio di Denis de Rivoyre (I 2748). 
Nel campo delle recensioni rammentasi, per la parte concernente j'E- 
tiopia, quella del Conti Rossini sulla Storia degli Arabi nel Sudùn 
Anglo-Egiziano dovuta al Mac Michael (I 2749). 

Chiuderò questa rassegna di opere concernenti la storia d'Etiopia 
con la menzione di alcune, che per una più completa trattazione tro- 
veranno sede naturale nel bollettino concernente la letteratura araba. 
Nel secondo volume della Storia del Gujarat di “Abd-Allah Mohammed 
ibn ‘Omar al-Makki al-Asafi Ulugkani, edita da Denison Ross, (I 
2750) il Basset ha trovato una lunga digressione circa il principio 
delle guerre di Grafîi contro gli Abissini; essa è estratta dalla Tu/fat 
az-LZamdan, di cui però non menziona l’autore, e vocalizza i nomi 
propri con maggior cura che non i mss. noti della Tukfak; ne ripro- 
duce ed abbrevia il racconto fino alla battaglia di S"emberaà Kurc”, 
poi sì arresta e non menziona più se non la morte dell'imam, di 
cui dichiara di non conoscere la data, il che, osserva il Basset, di- 
mostra non avere il suo autore posseduto un seguito della cronaca 
a noi nota di S'ihab ad-Din, seguito che probabilmente non fu mai 
scritto (I 2751). Un csame dettagliato del testo in parola è desidera- 
bile. Va anche rilevata la singolare storia d'un mercante per- 
siano di Tabriz, lo hag"g" Nùr ad-Din Ali, che servì da intermediario 
fra il re d’Abissinia e i re Franchi, storia narrata da Abù’ l-Mabhasin 
ibn Tagri Birdi a proposito della spedizione dei Mamelucchi d’Egitto 
contro Cipro nel 1425 e nel 1426 (I 27352). Infine, si ha, per cura di 


I. 2746 — Meroni P., Aniiche I. 2750 — DrxIrson Ross E,, 
relazioni fra Gerusalemme e l'E- An arabic History of Gujarat, 
fiopia=: La Nigrizia, 1918, n. 3. by ‘Abad Allah AMluhammad ibn 

‘Onar al-Makki al ’Asati Ulugh- 


I. 2747 — EsersoLT_ J., Les pani, vol. II. Londra 1919, 584- 
anciens sancluaires cethiopiens = 392. 


RHR, 1918. 
I. 2751 — JA, 1923, I, 143. 
I. 2748 — Basset R. Melan- ù J (3a la 
ges ajricains et orientaux. Paris I. 2752 — Abit "l-Mahasin ibn 
1915, 300. Taghri Bird®s Amnals entitled An- 
nujum az-Zahirah, edited by WiIL- 
I. 2749 — RSO, IX, 10923, 597-. LIAM PoPPER, vol. VI, parte 2, 
600. n. I, Berkeley, 1920. 


cu'sggice 


IV. STORIA E LETTERATURA - V. GEOGRAFIA STORICA. . I 2753-2760 


Max Weisweiler, l’inizio della versione, con un interessante studio in- 
troduttivo, dell’opera di “Abd al-Bagi al-Makki intitolata « Le buone 
qualità degli Abissini » (I 2753). 


V. Geografia storica. — Si ha un lessico di geografia storica 
dell’Africa Orientale equatoriale, dovuto al Langenmaier, con indi- 
cazioni che possono riguardare anche l'Etiopia in senso lato (I 2754). 
I) Conti Rossini ha una serie d’indagini su testi greco-latini: trova 
la Deiré di Strabone in Raheita, ov'egli osservò avanzi di antichi 
stabilimenti, e i duelaghi salati di quel geografo nel lago di Assàl e in 
quelli dell'Aussa (I 2753); con l'ausilio di rovine di monumenti, di 
statue e di ceramiche studia antichi centri di cultura aksumita nel 
Sahel eritreo, dove probabilmente erano gli Asachae (I 2750); in 
una memoria, pubblicata nel numero che Aegvptus presentò al Con- 
gresso Geografico del Cairo, ricerca negli scrittori ellenici e latini il 
Gallabat, 1 Cunama, Ptolemaide delle Cacce, il Samhar etc. (I 2757); 
infine identifica il popolo detto Tiknah o Buknah dai geografi arabi 
nei Pachini di Tolomeo (I 2758), nuova prova, questa, della larga in- 
fluenza che Tolomeo esercitò sui geografi arabi anche in quanto ha 
tratto all'Africa Orientale. I Buknah o Tiknah sarebbero quindi da 
mettere a fianco degli Hameg, che sembrano da riconnettersi con gli 
Ayplor dei geografi alessandrini. — Per l'interesse che può aversene 
per l'Etiopia, segnalasi una discussione fra J. Kennedy e W. H. Schoff 
sull'età del Periplus maris Erythraet; il primo inclina a porlo fra il 70 
e il 75 d. Cr. (I 2759), il secondo sembra crederlo di poco posteriore, 
ma redatto in varie riprese (I 2760); il primo, tornando sull’argo- 


I. 2753 — WeEISWEILER M., = RAL, XXXI, 1923, 241-278. 
Buntes Prachtgewand:  iiber die IM. C. 
guten Eigenschaften der Abessi- Ve 
nier, von Muhammad ibn ‘Abdal- I. 2757 al CONTI ROSSINI C., 
baqi al-Buhari al-Makki, Han- Commenti a notizie di geografi 
classici sovra il Sudan Egiziano e 
l’Etiopia = degvptus, VI, 1925, 
I. 2754 — LAXGENMAIER T., Le- n. 1, 1-20. 
a:kon cur alten Geographie des siid- 
Ostlichen Aequatorialafrica. Ham- 
burg 1918, 100. CC. 


nover 1924, 127. 


I. 2758 — Coxtr Rossini C., 
Il popolo sudanese-etiopico detto 
«tiknah » 0 «buknah » dar geografi 

I. 2755 — Conti Rossini C., arabi = RSO, IX, 1921, 30-37. 
La città di Deiré e i due laghi ; 
salati di Strab. XVI, 14 = RAL, I. 2759 — KENNEDY J., Some 
XXIX, 1920, 291-298. notes on the Periplus of the Erv- 

trean Sea = JRAS, 1I9I0, 829- 

I. 2756 — Conti Rossini C., 837. 


Adutiche rovine sulle rore Eritree 
(Strabone XVI, 8; Plinio VI, 191) I. 2760 — ScHoFF \ILFRED H., 


— 489 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2760-2767 


mento, studia i re orientali contemporanei al Periplo (I 2761), al 
quale proposito occorre che definitivamente sì rinunci a trarre dall'E- 
tiopia notizie utili circa la fissazione della data di redazione di questo 
documento così importante, affatto priva d'ogni valore essendo qualsi- 
voglia argomentazione fondata sull’identificazione di Zéòscalés con 
questo o quel re delle liste dei re d’Aksum. — Ad età meno antica 
si riporta un lavoro dello Storbeck, che esamina le notizie dei geogra- 
fi arabi del medio-evo sull’Africa orientale (I 2762). Al sec. XIV 
scende il castigliano « Libro del conoscimento », nelle cui informazioni 
sull’Abissinia e sulle coste Somale il Conti Rossini trova elementi 
attinti a fonti arabiche e probabili notizie de’ primi viaggiatori eu- 
ropei (I 2763). Ben fatto è uno studio di R. Biasutti sulla cartogra- 
fia dell’Etiopia nei secoli XVI e XVII, particolarmente su quella do- 
vuta a G. Gastaldi, fiorito intorno la metà del secolo XVI (I 2764). 


VI. Numismatica. — La numismatica aksumita attende an- 
cora un lavoro generale di riassunzione e di coordinamento, cui darà 
buona base lo studio preliminare del Littmann inserto nel 1° volume 
della Deutsche Aksum-Expedition. Ma in questi ultimi annì abbiamo 
in essa un certo movimento. Georg Hill, l’illustre conservatore del 
dipartimento delle monete del British Museum, fa conoscere i pezzi 
aksumiti di recente acquisto di quel Museo (I 2765). Il Littmann 
tratta d’una moneta di re Israel, re che molto giustamente egli identi- 
fica con uno dei figli di re Kale b rammentati dal Kebra Nagast (12760). 
Il Kammerer, che nel suo volume sull’Etiopia antica ha pubblicate 
le monete inedite del Cabinet des Médailles di Parigi, fa altresì co- 
noscere quelle d’oro della collezione Muncharjce di Aden (I 2767). No- 


As to the date of the Periplus = ta dell’Africa di G. Gastaldi (1543- 


JRAS, 1917, 827-830. 


I. 2761 — KENNEDY ]J., £Fa- 
stern Kings contemporary with 
the Periplus = ]RAS, 1918, 106- 


114. 
I. 2762 — StorBEcKk F., Die 


Berichte der avrabischen Geogra- 
phen des Mittelalters iber Osta- 
frika = MSOS, 1914, 75 (estr.) 


I. 2763 — Conti Rossixr C., 
Il «libro del conoscimento » e le 
sue notizie sull’Etiopia. = BSGI, I, 
1917, 650-079. 


I. 2764 — BIASUTTI R., La car- 


1564) e lo sviluppo della cartogra- 
fia africana nei secoli XVI e XVII 
= BSGI, 1920, 327-346, 387-430. 


I. 2765 — Hixtc G. F., Greek 
coins acquired by the British Mu- 
seum 1914-1916 = Numismatic 
Chronicle, 1917, 27-30 e tav. III. — 
Acquired... in 192I - id., 1922, 
174-5 e tav. VII. 


I. 2766 — LiTTMANN ÈE,, Eine 
neue Goldmiinze des Kònigs Israel 
von Aksum = ZjNum., XXXV, 
1925, 272-4. 


I. 2767 — KAMMERER A., Les 


490 


VI. NUMISMATICA - VII. CRONOLOGIA E CALENDARIO. I. 2767-2773 


tevolissime fra tutte una moneta di re Ezana senza simboli nè cri- 
stiani nè pagani, vera rivelazione dello stato d'animo di quel re acu- 
tissimamente già indovinato dal Guidi nel testo della sua grande 
iscrizione « cristiana », costretto a una politica d’equilibrio fra pagani 
e cristiani, ed una moneta di W-z-b indubbiamente pagana, e quindi 
anteriore a Ezana, con leggenda ge'ez. 


VII. Cronologia e calendario. — Il computo del tempo in 
Abissinia sì fonda, come è noto, sul calendario copto. Ma, sebbene 
esistessero pubblicazioni illustrative del calendario etiopico, ultima 
per tempo quella d'un bravo cappuccino della nostra missione d'Eri- 
trea, il Padre Mauro da Leonessa (I 2768), quanti hanno avuto da 
fare con testi abissini portanti indicazioni di date sanno le noie de’ 
conteggi e la facilità degli errori cui la riduzione di tali date nelle cor- 
rispondenti del calendario gregoriano dà luogo. Lo Chaine si era ve- 
nuto specializzando in questo campo. Ha, anzi tutto, proceduto a 
talune rettificazioni di date, mal calcolate da altri, della morte del 
metropolita Salama, che egli stabilisce essere avvenuta nel 1387-88 
(I 2769), e di altri avvenimenti (I 2770). Poscia, con savio pensiero, 
anzichè insistere in parziali rettifiche, che a poco, in fondo, avrebbero 
giovato, ha preferito illustrare le basi del calendario copto, seguito 
in Egitto e in Abissinia, ed esporre le regole pei vari computi cui i 
testi e l’uso ecclesiastico possono dar occasione (I 2771). orse, 
l’opera sarebbe riuscita assai più pratica, se, rinunciando eventual- 
mente a qualche parte meno necessaria, vi avesse compreso delle ta- 
belle comparate come quelle date dal Wistenfeld per la riduzione 
degli anni dell’egira in anni dell'era nostra; inoltre, qualche inesat- 
tezza è scivolata tra le pagine. Tuttavia è opera meritoria, come rico- 
noscono le recensioni di Gabriel Ferrand (I 2772) e del Conti Rossini 
(I 2773). — Il Weld Blundell, nella cronaca dei re d’Abissinia di cui 


monnaies abyssines de la collec- logica = Aethtops, II, 19-23, 33-37, 
tion Muncharvee d’Aden = ltev. 49-52. 
Numismalique, 1926, 41-53, tav. 
: I. 2771 — CHAINE M,, La chro- 
I. 2768 — P. Mauro da Lro- nologie des temps chrétiens de 


NESSA, Computo per il calendario lEsypte et de l'Éthiopie. Paris 
abissino confrontato col computo io XV-344 


latino. Asmara 1918, I01, 


I. 2769 — Chaine M., La date ®- 2772 — JA, 1925. 1, 139- 
de la mort du metropolite Abba Sa- 141. 


lama. = Aethi -30. 
ma Aethiops, 1, 33-3 I. 2773 — OM, V, 1925, n. 10, 


I. 2770 — Chaixk M., Chrono- 557-559. 


ce Mi 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2774-2782 


sl è detto al n. 2729, dedica un’appendice al calendario, traducendo 
dall’etiopico un trattatello attribuito a Givorgis figlio d’Amid, os- 
sia al-Makin. Il Grébaut fa conoscere delle tavole di computo e di 
cronologia (I 2774), delle levate della luna per ogni mese dell’anno 
(I 2775), ed alcuni calcoli e tavole concernenti il computo dei giu- 
bilei, delle settimane di Esdra, delle settimane di Henoch, etc. (I 2776). 
Di carattere tradizionale è una brevissima nota di cronologia biblica, 
edita dallo stesso (I 2777). 


VIII. Diritto. — Il diritto abissino oggi ci è noto, nelle sue due 
diverse manifestazioni, per due opere principali: il diritto tradizionale 
per il mio studio sul diritto consuetudinario dell’Eritrea tigrina; il 
diritto — dirò così — culturale ed aulico per la poderosa edizione del - 
Fetha Nagast curata dal Guidi. . | 

Nel campo del primo, richiamata una recensione dello Chabot del 
mio libro or indicato (I 2778), si ha uno studio sul bando, con cui 
il ras Gugsa dichiara non ereditari i possessi feudali, bando di cui 
Arnaldo d’Abbadie ci conservò il testo (I 2779). E. Petazzi raccoglie 
le consuetudini dello Hamase n in materia di diritto penale (I 2780); 
più in là, al n. 2821, si tratterà di una raccolta di statuti locali. Noti- 
zie interessanti per l’etnografia giuridica sono in una monografia, 
nella quale A. Pollera raccoglie le sue annose osservazioni circa la 
donna in Etiopia (I 2781). Un saggio di carattere generale sui diritti 
indigeni è offerto dal Cerulli, che lo completa con la versione d'un 
testo amarico del Dembià, sui mestieri considerati ignobili (I 2782). 


I. 2774 — GréBauT S., Table 
de comput el de chronologie = 
ROC, 1918-9, 323-328; Appen- 
dice; les treize Cvcles. id., 329-330. 

I. 2775 — GREÉEBAUT S., Table 
des levers de la lune pour chaque 
mois de l'année et variations des 
jours et des nuits pour chaque 
mois de l'année = ROC, 1918-19, 
422-432. 

I. 2776 — GREBAUT S., Calculs 
et tables relatives au comput = 
ROC, 1920-21, 212-220. 

I. 2777 — GRÉBAUT S., Note 
de chronologie biblique=ROC,1915- 
17, 210. 

I. 2778 


vants, I9I7, 


— Journal des. sa- 
301-3. 


I. 2779 — Conti Rossini C., 
L’editto di vas Gugsa sui feudi = 
La Rassegna Coloniale (Tripoli), 
vol. I, fasc. I.: estr. 0. 


I. 2780 — Prerazzi E., L’odter- 
no diritto penale consuetudinario 
dello Hamasen (Eritrea). Asmara 
1918, 490. 


I. 2781 — POLLERA A,,, La don- 
na in Etiopia (Min. delle Colonie: 
Monografie e rapporti coloniali, 
nuova serie, n. 1). Roma 1922, 
87. 

I. 2782 — CERULLI E., Diritti 
indigeni ed etnologia giuridica delle 
nostre colonie = Riv. col.. II, 1918, 
94104. 


— 492 — 


VIII. DIRITTO - IX. FALASCIÀ I. 2783-2789 


Segnalo anche uno studio del Crowfoot, che, pur trattando di usi 
del Sudan, può dar la spiegazione dell'origine di talune usanze od 
istituzioni nuziali delle tribù a lingua tigré (I 2783). 

Nel campo del diritto culturale ed aulico, dobbiamo al Guidi 
(v. n. 2720) l'edizione d’un giudicato del tribunale reale, che, a propo- 
sito del rifugio cercato da Surahe Krestos, governatore del Walqa- 
yt, presso l’ec"c"age” in Gondar, stabilisce non potersi il beneficio 
del diritto d'asilo estendere a vantaggio di un ribelle contro il re. 


IX. Falascià. — I Giudei d’Abissinia hanno fornito al Rathjens 
l'occasione di raccorre le notizie che su essi si trovano nei testi a 
stampa e nei viaggiatori (I 2784); raccolta diligente, anche se pre- 
senta qualche menda rilevata in recensioni (I 2785). Il Conti Rossini 
ha dedicato due note a questo curioso popolo; nella prima (I 2786) 
ne indaga le origini, che crede trovare nelle colonie giudaiche d’Arabia, 
donde il giudaismo sarebbe stato introdotto in Etiopia fors’anche 
prima del cristianesimo; ne tratteggia talune vicende, e pone in ri- 
lievo la povertà della sua letteratura, riflesso della letteratura dei 
cristiani d’Abissinia; nella seconda (I 2787) ritorna sul problema delle 
origini, cercando di confutar l'ipotesi d’una provenienza dall’Egitto 
attraverso la Nubia, e pubblica il testo falas”a degli Atti di Abramo. 
AI ciclo degli studi Falascia va anche collegata una breve monogra- 
fia dello stesso autore sul Libro di Eldad ha-Dani, il ben noto tratta- 
tello giudaico sulle tribù d’Israele che passarono nella terra di Kùs”, 
trattatello che poi si riannoda con la leggenda del Prete Gianni (12788). 
Secondo il Goite (I 2789), un altro anello della catena di elementi 
che fanno credere Eldad nè un romanziere nè un travestito Ca- 
raita bensì un semplice Falascia sarebbe nell’accenno che la lettera 
dei Kayrwaniti a R. Semah fa dei « Bene S"amson dei figli di Da- 
lila », in quanto che appunto nel Kebra Nagast si trova la leggenda 


I. 2783 — Crowroor, J. W. Falascià = RSO, VIII, 1920, 563- 
Wedding customs in the Northern 100. 
Sudan= Sudan Notes and Records, 


: I. 2787 — Coxti Rossini C,, 
E | ._ Nuovi appunti sui Giudei d' Abis- 
I. 2784 — RATHJIENSC., Die Ju- sinia = RAL, XXXI, 1923, 
den in Abessinien. Hamburg 1921, 221-240. 
si I. 2788 — Conti Rossini C., 
I. 2785 — OM, I, 1921, fasc. 1, Leggende geografiche giudaiche del 
52-53. IX secolo (il Sefer Eldad) = BSGI, 
1925, tasc. I-VI. 
I. 2786 — Conti Rossini C., 
Appunti di storia e letteratura I. 2789 — Gorte E. D., Note on 


— 493 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2789.2796 


del figlio di Sansone e di Dalila. Notizie sui Falascià alla fine del 
medio-evo raccoglie Paul Borchardt (I 2790); mentre Scheftelowitz, 
in un articolo che non m'è noto se non per citazione, esamina il 
quesito sollevato anche da inviati di grandi organizzazioni giudaiche 
europee, se i Falascià vadano realmente considerati come Israeliti 


(I 2791). 


X. Lingue moderne semitiche. 


1. TIGRE. — La lingua tigré, come è noto, è parlata in buona 
parte dell’Eritrea; per numero di persone che la parlano e per esten- 
sione di territorio, possiamo dirla la più diffusa in quel nostro posse- 
dimento. Salutiamo con piacere la comparsa di una grammatica 
tigré, per cura della Missione cattolica (I 2792): per quanto imper- 
fetta, per quanto stesa senza un criterio scientifico, essa è quello 
che per ora si ha di più utilizzabile nei riguardi pratici. Finora lo 
studio del tigré era lasciato alla Missione protestante Svedese, alcuni 
membri della quale, come il Sundstròm ma sovratutto l'ottimo Ro- 
dén sono veri benemeriti per la conoscenza di questo interessantissimo 
idioma. 

Appunto alla Missione Svedese debbonsi i testi apparsi in questo 
frattempo, come la massima parte di quelli sinora diffusi per le stam- 
pe; alcuni con trascrizioni e traduzioni di R. Sundstròm (I 2793); 
poesic edite dal Néldeke (I 2794); canti, editi dal Littmann, per la 
morte del noto cantiba Tesfanchiél, capo dei Mensa (I 2795). Carat- 
tere confessionale ha il catechismo luterano tradotto dal Rodén 
(I 2796-2797). Altri duc pastori, il Norlen e il Lundgren curano il 


Eldad the Danite. = Jew. Quart. I. 2793 — SUNDSTROM R., So- 
Itev., XVII, 1927, 483. me Tigré texts with translitera- 
tion and translation = MO, VIII, 

I. 2790 — BorcharDT P., Die 1914, 1-15. 
Falaschajuden in Abessinien im 
Mittelalter = Anthropos, XVIII, 


1923-4, 258-200. 


I. 2794 — NOLDEKE TH., Ti- 
gre-Lieder == ZÀ, XXXI, 1917-83, 
1-25. 

I. 2791 — SCHEFTELOWITZ, Sind o 
die Falaschas Juden? = Monats- 
schrijft fitr Gesch. und Wiss. der 
Judentunis, 1924, X-XII. 


I. 2795 — LITTMANN E.,, Der 
Tod des Hauplings Tasfàmkél (nach 
Itichardt Sundstròom). estr. da Der 


neue Orient, VIII, n. 3-4, in 16, 10. 
I. 2792 — Grammatica della lin- 


gua ticré con annesso vocabolario 
tigré-italiano e italiano-tigré, per 
cura della Missione cattolica del- 
Eritrea. Asmara 1919, 299. 


I. 2796 — Ropéxn K. C., Dot- 
trina Cristiana secondo il piccolo 
Catechismo di Martino Lutero per 
opera del Comitato Catechistico: 


— 494 — 


X. LINGUE MODERNE SEMITICHE. I. 2796-2805 


testo d’una breve storia sacra (I 2798). Notevolo sono le versioni, 
curate da G. M. Sundstròm, del libro d’Isaia (I 2799) e dei Salmi 
(I 2800). Il filologo troverà in questi, come in consimili lavori, buona 
messe da mietere. 


2. TicRAI. — Il tigrai o tigrigna, parlato a sud del tigré, è 
il linguaggio della parte « abissina » dell’Eritrea e della vasta regione 
a sud dcl Belesa-Marcb fino al Lasta verso mezzodì, e al Teccazé 
verso occidente, con importanti ramificazioni anche al di là di questo 
fiume. Ma il centro del suo piccolo movimento letterario è in Eritrea, 
per opera delle due Missioni che vi lavorano, la Italiana, Cattolica, e 
la Svedese, Protestante; oltre confine non vi è assolutamente nulla 
in questo campo. L'attività delle due Missioni è giunta alla fondazione 
di due giornali, o, meglio, riviste mensili in tigrai per le rispettive co- 
munità, il « Vero amico del popolo d'Etiopia » della Missione Cattolica 
(I 2S0r), e il « Messaggio di pace » della Missione Protestante (I 2802): 
non so se siano regolarmente pubblicati e neppure se sieno tuttora in 
vita. 

In nota segno le pubblicazioni a me note di questo periodo per 
opera delle due Missioni, pubblicazioni scolastiche o di carattere re- 
ligioso. Fra quelle della Missione Cattolica (I 2803-2809) segnalansi, 


liberamente tradotta dallo svedese 
in tigré. Asmara, Miss. Svedese, 
1920, 128. 


in lingua tigrigna, per cura della 
«Missione Cattolica dell’ Eritrea). Ne 
conosco soltanto la 23 annata 
1909 (era etiopica) = 1917, 155, € 


I. 2797 — Ropigny K. C., Mar- 
tino Lutero: piccolo catechismo tra- 
dotto in tigré. Asmara, Tip. Evang,, 
1926, in 10, 28 ediz., 23. 


I. 2798 — NORLEN W., e Lunp- 
GREN FR., Manuale di storia sa- 
cra (versione tigré). Asmara, Tip. 
Evang., 1925, 200. 


I. 2799 — Il libro di Isata in 
lingua tigré (trad. G. M. SuxD- 
STROÒM). Asmara 1925, 94. 


I. 2800 — Z salmi di Davide, 
Dersan Dawd, in lingua tigré 
(G. M. SUNDSTROM, trad.). Asma- 
ra 1925, 198. 


I. 2801 — Nay hezb Itvopya 
undtayna fdtarvi (Il vero amico del 
popolo Abissino, periodico mensile 


la 33, Asmara 1918, 192. 


I. 2802 — Male'ekti sdilam, Mes- 
saggio dî pace: 6y. ‘amdat, 1015. Ne 
conosco soltanto sette numeri, da 
gennaio a settembre. 


I. 2803 — P. Giovanni da Pa- 
LERMO, e abbà GEROM GaBRA- 
Musé., Mashaf fidal habas”an ità- 
Ivanen. Asmara 1919, 72. 


I. 2804 — Piccola grammiatica 
per imparare l'italiano. Quanqua 1- 
talva nemesna' ettagdbri ne'es”toy 
sawasew.besala teghat Misvon Kato- 
lik, Asmara 1910 (== 1917), 24. 


I. 2805 — Embatè... (Vittorie del 
lavoro). Libro di lettura italiano- 
tigrai ad uso delle scuole indigene, 


— 495 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2805-2820 


per l’utile che può trarsene anche fuor dell'ambiente speciale cui sono 
dirette, quelle che al testo tigrai contrappongono il testo italiano; 
‘ e segnalasi in particolar modo il testo tigrai della vita del martire 
Gabra Mika'e 1(I 2810) di cui s'è fatto cenno al n. 2732. Per la Mis- 
sione Protestante (I 2811-2820) rammentansi le fatiche dello E- 
riksson e del Winqvist. 

I testi schiettamente originali tigrai apparsi in questo periodo 
sono assai pochi. Il Conti Rossini ha scoperta in un codice parigino 
una nota tigrai, che viene ad aggiungersi ai pochissimi documenti 
indigeni spontanei in quella lingua, ed ha pubblicato un canto del 


per cura della Missione Cattolica. 
Asmara 1920, 215. 


I. 2806— Uomini illustri dellavo- 
ro, delle scienze e della carità. Libro 
di lettura italiano-tigrai ad uso 
delle scuole indigene, per cura della 
Missione Cattolica. Asmara 1917, 
203. 


I. 2807 — Manuale di Igiene ita- 
liano-tigrai ad uso delle scuole in- 
digene, per cura della Missione 
Cattolica. Asmara 1918, I9I. 


I. 2808 — La Colonia Eritrea: 
manuale d'istruzione italiano-tigrat 
ad uso delle scuole indigene per 
cura della Missione Cattolica. A- 
smara 1917, 215. 


I. 2809 — Re'esa liqgana papasat 
Pyos Ioy zawse' ò: ‘Abiy temherta 
Krestos. Bate'ezaza abuna Yose f 
Kamilo Karrara nay tegrenna td- 
galbataà. Asmara 1910 (= 1918), 
215. 


I. 2810 — Enkab mashafa abba 
Takla Haymanot zetagabasa, besu' 
abba Gabra Mika'el sama'et 1ityo- 
pvawi, bateghat mahbar Misyon 
Katolik. Asmara 1919, in 106., 76. 


I. 2811 — (Qas"i Zar’a Syon). 


Maglasi haqgi. Asmara, Miss. 
Svedese, in 16, 1912 (era et.), 
239. 


I. 2812-13 — Sillabario nella lin- 


gua Tigrinja, tradotto dal D.re C. 
WINQVIST 1nSIeme con maestri indi- 
geni. Asmara, Miss. Svedese, 1916, 
76. Seconda edizione, Asmara, 
1922.000 


I. 2814— Are’esti sebkat, kal'ay 
‘àmdt (Asmara, Miss. Svedese, sen- 
za data), in 16, 256. Alla fine: 
Asmara, fegemti, 1911. O(/af) E 
(riksson). B. E. 


I. 2815— Mashafa fidal be-zaraba 
tegreina (titolo interno: Sillabario 
della lingua tigrigna... 28 edizione). 
Asmara, Miss. Svedese, 1922, n. 16; 
120. 


I. 2816 — Temherti hrestivan bde- 
hasiy qal (titolo interno: Compendio 
della dottrina cristiana). Asmara, 
Miss. Svedese, 1922, in I6, 62. 


I. 2817 — TRONA., Manuale di 
aritmetica tradotto da G. Cristos Tec- 
le-Haimanot (titolo abissino: Que- 
srì kab A. Tron). Asmara, Miss. 
Svedese, 1923, in I6, 74. 


I. 2818— Mazmur salam (Cantici 
in lingua tigrai). Asmara, Miss. 
Svedese, 1923, in 16, 233. 


I. 2819 — Hasir zantà mashaf 
geddùs (Storia sacra in tigrai). A- 
smara, Tip. Evang., 1924, in 16, 83. 


I. 2820 — Storia Sacra. Zantà 
mashaf qeddus, in lingua tigrigna. 
Asmara, Tip. evang. 1925, 200. 


— 496 — 


X. LINGUE MODERNE SEMITICHE. I. 2821-2828 


secolo XVIII, veramente notevole, nel quale descrivesi l'arrivo del 
ribelle deggiàc” Danghes” nell’oltre tomba fra coloro che erano morti 
per seguire le sue parti, v. n. 2739. Ad Asmara furono raccolti e 
dati alle stampe in tigrai gli statuti di varie genti eritree del Carne- 
scim, dello Scioattè Ansebà, del Loggo Ceuà, del Sahartì e dei distretti 
con esso collegati, e gli editti di Hab Sellùs: raccolta forse inspirata 
dal mio lavoro sul diritto consuetudinario, e il cui concetto non sa- 
prei abbastanza encomiare (I 2821-22). 

- I padri Coulbeaux ‘e Schreiber, della Missione Lazzarista d’Ali- 
tiena, avevano iniziata, a Vienna, la stampa d'un dizionario tigrai 
(I 2823): continuerà? è da esprimerne vivissimo voto, per l’abbon- 
danza del materiale raccolto, anche se talora l'elaborazione scienti- 
fica non ne è perfetta. Il Littmann ha esaminato questo lavoro 
(I 2824). 


3. AMaRICO. — La grammatica amarica del prof. Guidi è 
«alla terza edizione (I 2825), notevole per le innovazioni de’ suol e- 
sercizi di versione e per un piccolo lessico. Degno complemento per 
chi si applichi a questa lingua ne è un libro di letture, di J. A. Eadie, 
«con racconti, bandi, canzoni etc.; non soltanto lo studente ma anche 
chi già sia addentrato nelle cose etiopiche lo legge con piacere e con 
profitto (I 2826). Il Littmann recensisce il libro dell’Armbruster 
(I 2827). 

I sawasew, specie di lessici indigeni, che possono a volte presen- 
tare interesse eccedente il semplice vocabolario, sono certamente me- 
ritevoli di esame. La Missione Svedese ne pubblicò uno da circa 
«quaranta anni; la signorina Hermine Brauner (I 2828) e H. Hir- 


I. 2821-22 — Ser'at Karnes"em, 
24.- Ser'at nay Hab-Sellùs etc, 18. 


Wa'elas“obh'attà Ansaba, 24; Heggi 
này Laggon C‘ewan, 19. — Heggi 


Sahartéin Lamzan Waqgartén Dam- 
dan, 26: Asmara, iIyio. Della 
Ser at nay Hab-Sellùs nay Giabrà- 
Kyrestos nay Dagqgqitàs"em, Asmara 
.1910, conosco anche una stampa 
«in 4, 16. 


I. 2823 — CouLBEAUX P. S. 
et SCHREIBER /., Dictionnaire 
de la langue tigrai. \ien 1915, 
-504. . | 


. I. 2824 — LZ BI, 


I9I0, n: 18, 
:COl. 470-471. Ù 


I. 2825 — GUIDI I., Grammatica 
elementare della lingua amarica, con 
esercizi di traduzione e glossario. 38 


edizione ampliata. Napoli 1924, 
84. 
I. 2826 — EADIE ]J. A, An 


Ambharic Reader. Cambridge 1934: 


«278. 


I. 2827 — DIZ, 


1915, n. 1, 
col. 25-28. n 


I. 2828 — BRAUNER PALzZIKOW- 


SKI. HERMINE, . Ein. dthiopisch- 
amharisches © Glossar =. MSOS, 
NVI, 10914: estr. 98. 


—_ 497.— 


Aevum - Anno I - 32 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2829-2838 


schfeld (I 2829) ne illustrano e pubblicano altri due amarico-etiopici. 
L'interesse che presentano è puramente filologico. 

Lo Chaine ha proceduto ad uno studio di molto valore sulla poe- 
sia amarica (I 2830). Meritano, fra l’altro, d’essere rammentate 
le sue osservazioni sulla metrica, che, quasi inconsciamente, si va for- 
mando presso il popolo ne’ suoi canti. Di questi, parecchi nuovi sono 
fatti conoscere dal Cerulli (I 2831), che in un precedente scritto ne 
aveva tratteggiati i caratteri principali (I 2832), mentre in collezione 
a parte fa conoscere taluni canti di musulmani, non privi di 
interesse filologico (I 2833); altri d’indole assai variata debbonsi al 
Marcel Cohen, che ne indaga a sua volta il ritmo, e che li cor- 
reda, come il Cerulli, di notevoli osservazioni (I 2834). Sui canti 
del Cohen veggansi anche talune note del Cerulli (I 2835). Il Littmann 
ci dà alcuni curiosi canti di Galla (I 2836). Il Conti Rossini (v. anche 
n. 2739) trae dalle carte di Antonio d’Abbadie un epistolario del da- 
btarà Asaggakàfi sugli avvenimenti svoltisi durante gli ultimi anni 
di re Teodoro e i primi di re Yohannes III: la lettera sulla fine di re 
Teodoro rimarrà certamente ricordevole nella storia della letteratura 
amarica (I 2837). Degne di nota anche sono le notizie, o le leggende, 
che il Mittwoch pubblica sul primo espandersi dell’islamismo in A- 
bissinia (I 2838); è però bene avvertire che nei testi redatti dall’a- 
laqà Taye si vanno mescolando notizie o leggende locali con elementi 
tratti da fonti occidentali, onde l’uso di tali testi, quando non sia 
a scopo linguistico, richiede molta prudenza. 


I. 2829 — HiRrscHFELD H., An 
Ethiopic-Falassy Glossary, edited 
and translated = ]RAS, 1919, 209- 
230; id. 1920, 573-582; id. 1921, 
211-237. 


I. 2830 — CHAÎNE M,, La poésie 
chez les Ethiopiens (poésie amha- 


I. 2834 — ConÙen M., Cuuplets 
amhariques du Choa = JA, 1924, 
vol. 2, estr. I00. 


I. 2835 — OM, 1926, 186-7. 


I. 2836 — LITTMANN E., Am- 
harische Tanzlieder der Galla, 


rique) = ROC, 1920-21, 306-326, 
401-425. 
I. 2831 — CERULLI E., Canti 


popolari amarici = RAL, XXV, 
I9I16, 563-658. 


I. 2832 — CERULLI E., La poe- 
sia popolare amarica =L'Africa It. 
(SAN), XXXV, 1916, 172-179. 


I. 2833 — CERULLI E., Canti a- 
marici dei musulmani di Abissinia 
= RAL, 1920, 433-447. 


nach Mitteilungen von E. Nagels- 
bach. = Zeitsch. f. Sem., IV 1926, 
300-310. 


I. 2837 — Conti RossiINnI C., 
Epistolario del debterà Asegga- 
chègn di Uadlà = RAL, vol. I, 
1925, fasc. 7-8, 449-490. 


I. 2838 — MITTwocH E.,, Ein 
amharischer Text iber Muham- 
med und die Ausbreitung des Islams 
in Abessinien = Festschrift Eduard 
Sachau, Berlin, 1915, 444-451. 


— 498 — 


X. LINGUE MODERNE SEMITICHE. I. 2839-2847 


La Missione Svedese (I 2839-2846) ha reso l’Eritrea un discreto 
centro d’irradiazione di pubblicazioni ed anche di cultura amarica. Lo 
Eriksson e il Lundqvist vi hanno fatto stampare vari libriccini 
d’istruzione civile e di propaganda religiosa; lo alagà Tayye (12847) 
pel tramite di essa ha dato alla luce una sua storia del popolo etiopico, 
da cui possono desumersi - con le già accennate cautele - dei tratti non 
sforniti d’interesse. Come sarebbe utile che i letterati abissini, i quali 
vogliano attendere alla raccolta di notizie sul passato del loro paese, 
continuassero ad attenersi al sistema dei loro avi, cioè di riferire sol- 
tanto la genuina tradizione paesana! 

Ma ormai il centro di attività della nuova letteratura abissina, 
in lingua amarica, deve ricercarsi nello Scioa. E’ logica conseguenza 
degli avvenimenti politici; anzi, se di una cosa è da meravigliarsi, è 
che tali avvenimenti abbiano finora avuto sì scarsa ripercussione nel 
movimento delle lettere e del pensiero. Oltre alla tipografia dei Laz- 
zaristi Francesi in Dire Dawa, su cui non ho precise notizie, vi è una 
tipografia - dirò così - ufficiale o governativa in Addis Abeba; vi si 
stampano opuscoli, libri, perfino giornali. Di talune di tali pubblica- 
zioni, che ho avuto modo di consultare, do qui sotto gli estremi bi- 


people of Abyssinia by O. E... 
Asmara, Miss. Svedese, 1913 = 
1921, in 16, 112. 


I. 2839 — Tennes” ya-mashaf 
geddus tarik (titolo interno: Pe- 
tite Histoire Sainte). Asmara, Miss. 
Svedese, 1921, in 16, 80. 

I.2844 — ERIKSSONO.,, Récent et 
passé: ahunenna tent. Asmara, Tip. 
Evang., 1918, 149. 


I. 2840 — ERIKSSONO., Pour l’u- 
tile et l’agréable (titolo abissino: /a- 
teqgemenna la-dastà). Asmara, Miss. 
Svedese, 1923, 108. Trattasi di 


I. 2845 — Glotred Dieu, Sebhat la- 
letture di vario argomento. 


*Amlak (Cantici in amarico; introd. 
firmata da OLLE ERIKsson, Jo- 
SEF SVENSSON. Addis Abeba, sett. 
1924). Asmara, Tip. evang., 1917, 
in 16, 216. 


I.2841 LuNDovISTO, Notre foi 
(titolo abissino: Havmanotac“ en). 
Asmara, Miss. Svedese, 1922, in 
16, 96. 


I. 2846 — ERIiksson O., Voyons 


I.2842—Ya-manbabmastamarya 
bamhariana la’-Itvopyà lee“oc‘ 
yammisaf (titolo interno: Méthode 
de lecture et de language en amhari- 
que à l’usage des élèves abyssins), 
Asmara, Miss. Svedese, 1921, in 
16, 122. 


I. 2843—ERIKSSoN O, Yd'oerafi, 
la’ Itvopya leg“oc” teqem. ka'Erik- 
son (titolo interno: Geografia for the 


le monde. ‘Alamen enney. Asmara 


1924, 205, Ill. 


I. 2847 — ALAQA TAvYA, Va- 
Ityopyva hezb tarik. Asmara, Miss. 
Svedese, 1914 (titolo interno: A4- 
byssinian history by Alega Taje, 
Svedish Mission, Asmara, 1922). 
61. Legato in un solo fascicolo col 
n. 2677 bis. 


— 499 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. . I. 2848-2865 


bliografici (I 2848-62); chi voglia più precise e particolareggiate notizie 
può ricorrere ad articoli di M. Cohen (I 2863), del Mittwoch (I. 2864), 
e, per cose anche più recenti, del Cerulli (I 2865). Una particolarità 
di queste stampe di Addis Abeba è la soppressione dei due punti di di- 
visione delle parole: sembra che in origine fosse dovuta al mancato ar- 
rivo dei necessari segni tipografici. La scrittura abissina ha certamente 
bisogno di miglioramenti, di poter segnare i raddoppiamenti di conso- 
nanti, distinguere la vocale brevissima dalla consonante priva affatto 


di vocale, indicare, quando occorra, l’accento etc. 


I. 2848 — Salomon wa Siràak 
(in amarico). Addis Abebà 1917, 
in 4, 235 © I25. 


I. 2849 — Wangel qeddus, in 
et. ed in amar. Addis Abebà 1010; 


in 4, 538. 


I. 2850 — Weddase Maryam, 
qgeddus E fre m ya-darrasaw (in a- 
mhar.). Addis Abebà 1915, in 16, 
172. 


I. 2851 — Mashafa Qeddase . 
Addis Abebà, in 4, 461. 


I. 2852 — Màr Yeshaq. 
Abebà 1915, in 4, 344. 


I. 2853 — BELATTA HERUY 
WaLDA-SELLASE . Dasta-nna keber 
ya’ Ityopyà mangest alga warras“ en- 
naendarase” le‘ul Tafari Makuan- 
nen wada Awropà sihe dunna si- 
mallasu yamangadac“'aw akuahuan. 
Addis Abebà 1916, 129. 


I. 2854 — .BELATTÀ HERUY 
WALDA-SELLASE , Ya-le‘elt wayza- 
ro Mdandn mangad ba-Iyarusale” m- 
enna ba-Mesr. Addis Abebà 1915, 
in 4, 42. 


I. 2855 — NAGADRAS GABRA 
HEYwAT, AMfangest-enna ya-hezb a- 
stadadar, Addis Abebà Mao in 10, 
IOI. 


Addis 


- I. 2856 — KANTIBA GEBROU, A 
short guide of the practical Am- 
haric grammar (in amarico). Addis 
Abeba 1915, in 106, 87. 


;.non credo però 


I. 2857 — VYa-heywat tarik 
(Biographie) tasafa ha-belattà Heruy 
Walda-SellaseT. Addis Abebà I9II, 
102. 


I. 2858 — Yaquetr temhert (a- 
ritm. e geometria in am.). Addis 
Abebà 1914, in 16, 76. 


I. 2859 — VYa-feger malàket 
la'Ityopya leg“oc“ tasafa. Ka-Baq- 
qala Habta Mika'el. Addis Abebà 
1916, in I6, 29. 


I. 2860 — Sela Awropà mangad 
yameker qal. Addis Abebà 1916, 10. 


I. 2861 — Ya-Ityopyà mangest, 
yarsanna yamasrivya Minister. Ba- 
mazawer wac° fo lammifac"c“u sa- 
wocY vawattà danb. Addis Abebà 
19I6, 13. 


I. 2862 — Balyu lawc"i guday 
dariennat be t lagize w ya-qoma da- 
mb: Reglement provisotre qudiciaire 
et procedure sommaire devant le tri- 
bunal spécial des affaires étrangè- 
res. Addis Abebà, s. d., 16 


I. 2863 — CoÙen N, La nats- 
sance d’une littérature imprime 
enamharique = JA, CCVI, 1925, 
I, 348-363. 


I. 2864 — MITTWOCH E, Li- 
terarisches AMorgenrot in  Abessi- 
nien = DLZ, 1924, col. 1869-1874. 


I. 2865 — CeruLLI E., Nuove 
idee nell’Etiopia e nuova lettera» 
tura amarica= ON, 1926, 167-173. 


det 
= 500 — 


X. LINGUE MOD. SEM. - POPOLI E LINGUE CUS. IN GENERALE. I. 2866-2871 


- 


che la soppressione dei punti di divisione dei vocaboli, quando passi 
dalla stampa alla scrittura a mano, sia destinata ad apportare buoni 
frutti. Lo potrebbe se la scrittura etiopica potesse assumere una forma 
corsiva; ciò, per altro, non è neppure immaginabile, dato il tipo delle 
sue lettere e dato il sistema di vocalizzazione delle consonanti. 


4. HARARI. — Una novità c’è data dalla comparsa di studi sulla 
lingua harari. Parlata oggi nella sola città di Harar, questa lingua ebbe 
un piccolo sviluppo letterario, in scritti stesi con caratteri arabi. Il 
Conti Rossini ha esumato dalle carte del Mondon Vidailhet alcuni 
testi harari, in caratteri etiopici, e li ha pubblicati con una traduzione 
interlineare (I 2866). Il Littmann ha riesaminati gli stessi testi 
(I 2867); e l'interesse che presenta questo idioma lo ha spinto a esa- 
minare altresì 1 materiali linguistici raccolti da vari viaggiatori 
(I 2868), non però quelli del nostro Brichetti Robecchi (toltene le 
canzoncine pubblicate nei Rendiconti dei Lincei) che sono i meno di- 
fettosi; in una terza nota studia la particella ma che ha speciale in- 
teresse in harari, comportandovisi in modo uguale al - ma del» 
l’assiro-babilonese (I 28609); tale particella suffissa, con valore di 
«invero: altresì », esiste anche in tigré, mentre il valore «poichè » 
ci riporta al tigrai -emmò, p. es. nésseka liminkanni emmò \OBPWI 
liminkannimmò) « poichè tu mi hai pregato ». 


XI. Popoli e lingue cuscitiche in generale; studi isolati. 
Di carattere generale, e meno strettamente fientranti nel. quadro 
degli studi considerati da questa rassegna, sono le osservazioni di 
Frangois Lexa, sui rapporti fra camitico, semitico ed egiziano 
(I 2870). Si raccomanda in particolar modo all'attenzione ed allo 
studio dei filologi la serie di note che il dr. Ferrario ha pubblicato 
sovra sostanziali quistioni di grammatica cuscitica comparata (I 
2871). Gli argomenti da lui studiati raggruppansi in cinque capi- 
toli: 1 primi quattro investono quistioni più strettamente attinenti 


I. 2866 — Coxti Rossini C., Partikel «ma» im Harari = ZA, 
Testi in lingua harari = RSO, VIITL, XXXIII, 1920, 103-122. 


I9I9, 401-425. . 
STO, 401425 I. 2870 — Lexa FR., Comment 


I. 2867 — LITTMANN E, Be- se révélent les rapports entre les lan- 
merkungen zu den neuen Harari- — gues hamitiques, sémitiques et la 
Texten = ZDMG, LXNV, 1921, langue éevptienne dans la gram- 
21-30. maire des pronoms personnels, des 
I. 2868 — LITTMANN E., Ha-  verbes et dans les numéraux car- 


rari-Studien =: ZSVG, 1922, 38-84. dinaux 1-9. = Philologica, 1922. 
I. 2869 — LITIMANN E.,, Die I. 2871 — FERRARIO B., Archi- 


— 501 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2871-2874 


alla lingua somali (il verbo *wgy; sulla coniugazione ed estensione 
del verbo sostantivo *4w; il pronome relativo e la proposizione 
attributiva; i tipi, la formazione e la concordanza dell’aggettivo); 
l’ultimo è d’importanza ben più lata, esaminando la coniugazione 
cuscitica ed assurgendo ‘alle più generali quistioni delle affinità e 
delle origini. Il Ferrario giunge alla conclusione (cui io stesso sono 
pervenuto) che la teoria genetica del Reinisch non ha fondamento; 
il verbo *kwn non ebbe nessuna parte nelle formazioni tematiche e 
morfologiche cuscitiche, nè quindi vi è un anello di congiunzione 
tra il semitico e l’africano, i quali sono due mondi completamente 
separati e differenti. Il Ferrario, indagando sui due tipi di coniu- 
gazione esistenti in cuscitico, l’uno a prefissi e l’altro a suffissi, ri- 
tiene che il primo fu il più antico, risalendo al primo periodo della 
lingua proto-cuscitica, mentre il secondo sarebbe un prodotto se- 
riore, dovuta alla reazione di elementi ancora ignoti, per quanto 
sia anch’esso antichissimo, comparendo in tutte le moderne lingue 
cuscitiche; il cuscitico, quindi, si scosta affatto dal così detto su- 
danese o nilotico, e presenta invece una flessione di fisionomia 
completamente semitica. Anche se non tutti i punti del Ferrario 
potranno accettarsi definitivamente, certo il suo studio è il più 
importante apparso sulle lingue cuscitiche dopo il 1908: sarà bene 
che le questioni sollevate vengano esaminate a fondo e discusse, 
come ha già incominciato a fare M. Cohen (vedi n. 20938). 

Scarsamente importante per noi è un saggio di M. Schmidt sui 
numeri in Africa (I 2872). 

Il Meinhof, esaminando le parole di lingue africane che ricorrono 
presso gli autori arabi, prospetta il noto egzi’a behe r, nome della 
divinità dei Begia (i quali dovevano quindi essere compagni di fede 
degli Abissini) secondo qualche antico geografo (I 2873). 

I testi bileni del Reinisch danno luogo ad osservazioni del Kol- 
modin (I 2874). 


XII. Somali. — Gli studi sulla filologia, sulla storia e sul terri- 
torio dei Somali segnano confortevoli progressi. 


vio di glottologia e filologia africa-  Mitteilungen: Afrikanische Worte 
na. Vol. I, Montevideo 1923, IoI. in orientalischen Literatur = Zeit- 
schv. fiir Eingeborenenspracky, X., 
I. 2872 — ScHMIDT M., Zahl 1919-20, 
und Zahlen in Afrika = Matt. der 


Anthrop. Ges. in Wien, vol. XLV, I. 2874 — KoLMODIN A., Ob- 
1915, 100-209. servations sur les textes bilin de 


Mi. Reinisch = MO, VIII, 1914, 
I. 2873 — MEINHOF C., K/einere 81-91; IX, 1915, 152-157. 


502 — 


XII. SOMALI. I. 2875-2884 


Incominciando dalla linguistica, abbiamo anzitutto una gramma- 
tica della lingua Somali (I 2875) variamente giudicata dal Ferrario 
(I 2876) e dal Cerulli (I 2877); ed anche un dizionario della stessa 
lingua (I 2878), esaminato parimenti dal Cerulli (I 2879), per cura del 
P. Giovanni Maria da Palermo. Questi, come sempre è negli scritti 
dei nostri missionari, procede praticamente, ed ha di mira soltanto 
scopi didattici pratici. Osservazioni molto importanti ha il Cerulli sulla 
esistenza di taluni suoni che altrui pubblicazioni attribuivano ai So- 
mali, e che invece mancano; si tratta spesso di equivoci, talora di 
suoni particolari a taluni individui o a taluni gruppi (I 2880). In 
ricerche fonetiche occorre certamente tener conto di tutto, perchè 
un fenomeno fonetico oggi ristretto anche a piccole comunità può 
essere la chiave per spiegarci anteriori alterazioni assai diffuse, o di- 
venir domani il punto di partenza per importanti sviluppi; ma questi 
suoni speciali, locali, vanno tenuti in disparte, e non chiamarli a in- 
gombrare l’armamentario delle trascrizioni, che non raramente ap- 
pariscono eccessive e finiscono col confondere le idee. — Contraria- 
mente al lavoro del P. Giovanni Maria da Palermo, carattere ri- 
gorosamente scientifico hanno le indagini di Maria von Tiling; con 
l'ausilio di un Somali Habar Ga'’alo, assistente al Seminario di lin- 
gue coloniali presso l’Istituto coloniale di Amburgo, essa ha proceduto 
a profonde indagini sulla vocale del pronome determinativo (I 2881) 
e sulle finali aggettivali (I 2882); avvalendosi d’un Somali capitato 
in Amburgo, ella tratteggia uno schema del dialetto parlato nella 
zona di Bur Hakaba da liberti Rahanwin (I 3883), e dà dei testi 
nel dialetto stesso (I 2884), chiamato da lei erroncamente Gia- 
berti. Il Cerulli, pur facendo parecchie osservazioni su questi due 


I. 2878 — GIOVANNI MARIA da 
PALERMO, Grammatica della lin- 
gua somala. Asmara 1914, VI-357. 


I. 2876 — RSO, 1917, 780-788. 
I. 2877 — RSO, 1917, 788-792. 


I. 2878 — P. GiovannI MARIA 
da PALERMO, Dizionario della lin- 
gua somala-italiana. Asmara 1910, 
VI-209. 

I. 2879 — RSO, 1917, 792-706. 

I. 2880 — Cerutti F., Di al- 
cune presunte consonanti nei dia- 


letti somali = RSO, VII, 1918, 877- 
883. 


I. 2881 — Von Titina M., Die 
Vocale des bestimmtien Artikels in 
Somali = Zeitschr. fur Kolontals- 
prachen, IX, 1918-9, 132-160. 


I. 2882 — Von Titinc M,, A- 
djectiv-endungen im Somali = Zeit- 
schr. fiir Eingeborenensprachen, X, 
1919-20, 208-240. 


I. 2883 — Von Titinc M., Die 
Sprache der Jabarti, mit beson- 
derer Beriicksichtigung der Ver- 
wandschaft von Jabarti und Somali 
= Zeitschr. fiir Eingeborenenspra- 
chen, XII, 1922, 17-102 


I. 2884 — Von TicLinc M,, /a- 


— 503 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2884-2890 


ultimi lavori, dichiara ‘che il metodo rigorosamente scientifico nella 
raccolta e nell'esame morfologico dei testi li fa classificare fra i più 
notevoli libri finora pubblicati sui dialetti somali, sì che essi costitui-: 
scono un vero, titolo di merito‘ per la scuola del Meinhof (I° 2885). 
Carlo Fang esamina la ripetizione, la reduplicazione e quella 
che i Tedeschi chiamano « Lautmalerei», i cui fenomeni egli trova 
molto importanti, senza che però essi, pur essendo speciali al somali, 
valgano ad alterare i rapporti generalmente ammessi di tale linguag- 
gio con le altre lingue camitiche, mentre spesso tradiscono la tendenza 
all’onomatopeica (I 2886). -Lo Czermak fa conoscere alcuni testi 
raccolti dalla voce dello'stesso indigeno Habàr-G" a'alo che quasi venti 
anni fa ne aveva altri forniti a Kurth Berghold (I 2887); inoltre rac- 
coglie in uno studio profondo ed acuto una quantità di osservazioni 
sulla fonetica (I 2888). Il Cerulli pubblica due notevoli serie di testi; 
una collezione (I 2889) di canzoni e di proverbi degli Habir Awwàl 
(da segnalarsi fra le prime quelle concernenti-il Mad Mullah), e tre 
testi in dialetto Bah Ogadén dei Marre han sulle basse caste, sugli 
schiavi, e sul matrimonio (I 2890), In uno studio di carattere generale, 
lo stesso autore traccia un quadro dei dialetti Somali attualmente 
conosciuti, non potendosi ancora nulla precisare per quelli dei Somali 
Isa e dell’Harar; sono quattro, corrispondenti ai quattro gruppi. 
etnici; 1. dialetti Isàg, parlati in circa due terzi délla Somalia In- 
glese, e che probabilmente anderanno divisi in dialetti d'occidente 
(Habàr Yunis, Habàr Awwal) e in dialetti d'oriente (Habir Ga’alo); 
2. dialetti Daròd, i più estesi sebbene con poche differenze, andando dal 
confine degli Isàq fino a comprendere con gl'immigrati Ogadén e 
Harti quasi tutto il Giubaland, il sultanato dei Migiurtini-e Ja parte 
settentrionale. e centrale di quello di Obbia; 3. dialetti Hawiyya, 
nella vallata del Uebi, distinti nettamente in dialetti settentrionali 
(Badi ‘Addo, Hawàdla, forse Gal-g"a'al e Mobi"lén) e dialetto meri-, 
dionale (Abgàl), che conserva un peculiare arcaismo; 4. dialetti dei 


barti Texte= Zeitschr. fiir Eingeb. I. 2888 — CZzERMAK W., Zur 
Spr., XV, 1925, 50-60, 139-158. —Plonetif des Somali = WZKM, 
XXXI, 832-102. 


I. 2889 — CFRULLI E., Canti 

I. 2886 — Laxc GC, Repetition, é proverbi somali nel dialetto degli 
Reduplikation und Lautmalerei in  Haby Auwal = RSO, VII 1918, 
der Somali-Sprache = Bibl. Afv., I, 797-836. 


Ai a I. 2890 — CERULLI - E., Testi 

I. 2887 — CZERMAK \\., Somdali- di diritto consuetudinario dei So- 
Texte im Dialeht dev Habr Ja'lo mali Marrehan = RSO, VII, 1918, 
= WZKM, NXNI, 113-130. 801-870. 


I. 2885 — ON, 1926, 614-620. 


— 0504 . 


XII. SOMALI. l * (I. 2891-2896 


-——. — -—T_— _ _——— ———_—————m <————w———_——_————— bt—#y-_-____———+r—. _—._..r—_——— —————»  ———_—6—€—_€ €-r.mtt1._L_—____——_—_—  —_rrr——_ 


così detti Sab; non esiste un dialetto G“abarti, perchè questo nome, 
in origine indicante forse. una popolazione musulmana a SE dello 
Scioa, è una specie di dispregiativo usato segnatamente per: i liberti 
della Somalia meridionale, come non esiste una unità etnica Heg "gi, 
perchè questo è nomignolo usato nel Benadir per indicare gli IIURIgiaR 
della Somalia del nord (I 2891). = Sa 

I testi rammentati al n.:2890 collegansi con una serie importante 
d'altri studi: quelli sul diritto consuetudinario dei Somali, uno degli 
argomenti sui quali più si è lavorato in questo periodo. Il Cerulli 
tratteggia uno schizzo del diritto consuetudinario dei Migiurtini, 
i quali, grazie alla loro posizione geografica, e per il carattere super- 
ficiale del loro islamismo, hanno potuto serbarsi meglio immuni dallé 
influenze islamitiche e forestiere, conservando molti tratti primitivi 
del proprio diritto od evolvendolo all’infuori dell’azione modificatrice 
dei contatti con altre popolazioni (I .2892). Lo stesso in un’altra sua 
nota si pone il quesito della origine delle basse caste in Somalia, giun- 
gendo a confermare l’ipotesi del Biasutti, il quale le crede residui di 
antichissime popolazioni soggiogate dagl’invasori cusciti (I 2893); so- 
stanzialmente ritengo esatta la spiegazione. Ernesto Cucinotta in una' 
prima nota (I 2894) dà un profilo del diritto penale indigeno del Be- 
nadir e dei sistemi locali di amministrazione della giustizia (è superfluo 
dire che il reato non considerasi se non un affare tra privati, e che 
quindi ogni pena risolvesi nell’indennizzo del danno materiale o morale 
arrecato all’offeso); in una seconda (I 2895), tratteggia gl’istituti 
civili, secondo la consuetudine locale o destàir; in una terza (I 2896), 
studia la costituzione sociale attraverso l’organizzazione della tribù, 
la famiglia, gli schiavi ed i liberti. Importante in special modo è un 


I. 289I — CERULLI E., Nota ‘ to, pena e giustizia presso i Somdli 
sur dialetti Somali = RSO, VIII, del Benadir. Roma 1921, 30. 
192I, 693-99. (Istituto Coloniale Italiano, sezio- 


ne studi e propaganda: Mem. e 

I. 2892 — CERULLI E.,. Il di- Monogr. coloniali, serie giuridica, 
ritto consuetudinario della Soma- n. 3). 
lia Italiana settentrionale  (sulta- 
nato dei Migiurtini) = Africa It. . I. 2895 — Cucinotta E., La 


( 


(SAN), XXXVII, 1918, 120-137; proprietà ed il sistema contrattuale’ 
216-283. . mel «destùr » somalo. Roma 1921, 


l i 26; estr. dalla Rivista Coloniale, 
I. 2893 — CERULLI E., L'ori- anno XVI. 
gine delle basse classi in Somalia. 
= L' esplorazione Comm. (Milano), I. 2896 — Cucinotta E., Za 
XXXII, 1917, 306-300. costituzione sociale somala. Roma 
1022, 43: estratto dalla Rivista 
I. 2894 — Cucinotta E., Delit-. Coloniale, anno XVI. 


— 505 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2897 


volume di M. Colucci (I 2897), che studia i gruppi sociali e il diritto 
di proprietà nella Somalia Meridionale Italiana; qualche sua asser- 
zione potrà sembrare bisognosa di conferma, come quella del carattere 
di proprietà individuale. nella. proprietà terriera, mentre io dubito 
che almeno parecchie attenuanti siano da apportarsi a tale concetto 
per i diritti della stirpe che limitano, e quasi possono annullare, la 
disponibilità della terra; ma non sembra contestabile che il Colucci 
presenti al lettore una massa di primo ordine per fatti, tradizioni ed 
osservazioni relativamente alle tribù di quel nostro possedimento. 
Il suo libro, se, come non è da dubitarsi, riferisce esattamente le cose, 
è veramente un libro che determina un progresso nel campo preso 
a trattare. | 

La Somalia ha una storia un po’ appartata da quella generale 
d'Etiopia; le sue città sulle coste orientali vissero di vita propria, tro- 
vandosi a mala pena una sola menzione di Mogadiscio in un'opera 
del re Zara Ya‘eqob; Berbera ebbe collegamenti più con l'Arabia 
Meridionale che con l’Abissinia; soltanto le tribù del nord-ovest tro- 
varonsi trascinate nelle vicende del regno di Adal e ne’ suoi con- 
flitti con la dinastia dell’Amhara. L’invasione Galla valse a sepa- 
rare per secoli i Somali dagli Abissini; soltanto la forte espansione 
politica e militare di questi nel secolo XIX riallacciò contatti e riat- 
tivò le relazioni, portando la dominazione abissina fino al Nogal ed 
alla vallata del Giuba. A parte, quindi, si tratterà degli studi storici 
attinenti alla Somalia. 

Le due spedizioni Stefanini nella Somalia meridionale ed orien- 
tale, pur avendo intenti mineralogici e geologici, non sono state in- 
feconde pei nostri studi, sia grazie a ricerche di carattere antropo- 
logico ed etnografico, sia per numerosi fortunati ritrovamenti di anti- 
chissime stazioni umane dell’età della pietra: siamo sempre nell'età 
paleolitica. Però, mentre fra gli oggetti finora raccolti nel nord della 
Somalia compaiono frequenti le grosse amigdale, queste mancano, 
almeno sinora, nella Somalia meridionale, che ci offre un’industria 
più minuta, di tipo meno arcaico, corrispondente al tipo Aurigna- 
ziano europeo o, meglio, al suo equivalente paleolitico di Tunisia, 
cioè al Capsiano, anzi al Capsiano più rozzo, inferiore, prima della 
comparsa delle forme geometriche. Gli oggetti litici raccolti hanno 
dato luogo a un preliminare esame del prof. Puccioni, che ha 


I. 2897 — Cotucci M., Prin- gruppi sociali, la proprietà. Fi- 
cipî di diritto consuetudinario della renze 1924, V-282. 
Somalia Italiana Meridionale: i 


— 506 — 


XII. SOMALI. «I 2898-2903 


—-- 


parimenti studiato i materiali antropologici ed etnografici (I 2898- 
2899-2900). 

Giuseppe Caniglia ha creduto bene di pubblicare talune notizie 
su Mogadiscio, studiandole in modo fantastico, sino'a farneticare di 
origini fenicie (I 2901). Nè meno disgraziato è un suo successivo la- 
voro sulle genti di Somalia (I 2902); i dati sembrano male raccolti, 
sono male elaborati. Il Cerulli dà di questo lavoro un giudizio de- 
cisamente sfavorevole (I 2903); nè io potrei bastevolmente insistere 
sulla necessità che il viaggiatore, il funzionario etc., e, in genere, 
chi sul posto raccoglie tradizioni, genealogie, leggende, materiale ar- 
cheologico, si contenga, nel pubblicarlo, in modo rigorosissimo dal 
confondere il documento raccolto con le sue ricostruzioni e le sue ipo- 
tesi, che possono agli altri sembrare (ed essere) vacue elucubrazioni, e 
che, sovratutto, tolgono la possibilità di avvalersi, da altri, di quel 
che di buono può essersi sentito o veduto; se non fosse antipatico 
il citare sè stesso, rammenterei che nella mia raccolta delle inte- 
ressanti tradizioni sugli Adchemé Melgà non ho messo nel testo una 
parola che non provenisse direttamente dalla fonte orale tradizioni- 
stica, avendo relegato nelle note ogni mio tentativo d’illustrazione. 
E credo che così vada fatto. 

Per lo studio storico delle popolazioni occupanti la Somalia, 
segnatamente la Somalia meridionale, e del loro affannoso avvicen- 
darsi, il Cerulli ha raccolto elementi preziosi: dapprima i Bantu di 
cui gli ultimi rami furono i Wa-Nyika; poscia i Galla, la cui sede 
primitiva io da gran tempo considero doversi ricercare nella regione 
occupata dai Boran, e dei quali permangono notevoli ricordi nell’ono- 
mastica (p. es. Sab); infine, le varie ondate di Somali. Il coordina- 
mento delle varie tradizioni e leggende costituisce, per l’autore, un 
vero titolo di merito; ed io mi felicito di aver forse concorso, con le 


I. 2898 — PuccioniI N., Studi I. 2900 — STEFANINI G. e Puc- 
sui materiali e sui dati antropo-  cionIi N., Notizie preliminari sui 
logici ed etnografici raccolti dalla principali risultati della Missione 
Missione Stefanini-Paoli nella So- della R. Società Geografica in 
malia Italiana Meridionale = Ar-. Somalia (1924) = Boll. di inform. 
chivio per l’Antrop. e l’Etnol., econ., Ministero delle Colonie, gen- 
I19I7 € 1919: estr., Roma 1920, naio-febbraio, 1920, 065-124. Ill. 
333, e tav. 


I. 2901 — CanicLIA G., Noti- 
I. 2899 — Puccioxi N., Ricer- zie storiche sulla città di Moga- 
che antropologiche ed etnografiche discio. = Riv. Col., 1917, 172-188. 
i missione Stefanini-Puccioni Lia 
a Somalia Italiana (1924) = A ix" Bale ; 
Archivio per l'Antrop. e l’Etnol., ©’ QREERTI, IIQONEI SOT 
1923: estr., Firenze 1924, 1o. I. 2903 — OM, 12093, 5I10-I. 


ie 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. | I. 2904-2910 


mie preghiere, a tale lavoro (I 2904). Lo Elliot (I 2905) ha raccolto 
notizie di carattere storico - sulle quali occorre tener conto’ di os- 
servazioni del Cerulli (I 2906) - circa le popolazioni delle isole Bagiuni 
(oltre Giuba) e sulla vicina costa di Chisimaiu, e queste notizie egli 
arricchisce con interessanti notizie storiche d'altra natura: di grande 
importanza potrà essere, quando sia meglio stabilita, l’esistenza, 
lungo la costa, di stele falliche, di cui lo Elliot medesimo avreb- 
be osservata una a Mambrui presso Malindi, su di che cfr. n. 2692, 

‘Di carattere affatto diverso dal lavoro del Caniglia, e ben altri- 
menti serio ed istruttivo, è un breve articolo di G. Stefanini sulle anti- 
chità di Somalia (I 2907). Il Cerulli in Mogadiscio ha raccolto parecchi 
documenti ed iscrizioni, che gli consentono di studiare in modo pre- 
ciso il sorgere di quella città e alcune delle principali sue vicende 
(I 2908). Documenti della colonizzazione araba nella Somalia sud- 
orientale sono le monete locali, a leggenda araba, che vi si rinvengono; 
il compianto comm. Agnesa mi diceva d’una raccolta di tali monete, 
a lui donata, che sarebbero state. trovate nell'interno della Somalia, 
a Baghdad; altre, trovate .in scavi di fondazioni a Mogadiscio, 
furono. a me donate dal comm. Mercatelli; altre 195, provenienti in 
parte da Uarscech, in parte dalle rovine del villaggio di Mòs a circa 
Km. 14 da Uarscech, sono state donate alla nostra Scuola Orientale 
da E. Cerulli, il quale riferisce una tradizione, secondo cui esse sareb- 
bero state emesse dal popolo degli Halawani, venuto (forse da porti 
del golfo di Oman o dal Golfo Persico) quasi COMIOporancaMichie 
al Portoghesi (I 2909). 

In altro lavoro, il Cerulli espone le condizioni dell’islamismo e 
delle varie tarîgah nell'ampia penisola dell’Africa orientale; alla sua 
esposizione fa precedere alcune originali ed interessantissime noti- 
zic sulle traccie del paganesimo presso.i Somali (I 2910). 


I. 2904 — CirutLi E., Le po- Tribuna Coloniale del 10 luglio 
polazioni della Somalia nella tra- 1920. 
dizione storica locale = RAL, 1920, 


150-172. I. 2908 — CerutLi E., Iscri- 


zioni e documenti arabi per la 
I. 2905 — EiLioT J. A. G., A. storia della Somalia == RSO, 

visit to the Bajun Islands = Jorn. 1926. 

of th: Brit. African Soc., XXV, 


n. 97-100; Londra, 1926, estr. 74. I. 2909 — CERULLI E., Di al- 


cune monete raccolte sulla costa 
I. 2906 — OM VII, 1927, 204- Somala = RSO, X, 1924, 281-2. 


200. 
I. 2910 — CEruLLI ÈE., Note 


I. 2907 — StEFANINI G., Anti- sul movimento musulmano nella 
chità e Belle Arti in Somalia = Somalia = RSO, X, 1923, 1-36. 


— 508 — 


XII. SOMALI - XIII. GALLA I. 2911-2919 


Alla storia recentissima appartiene il volume sul Mad Mullah 
steso dal Jardine, il quale, come funzionario inglese del Somaliland, 
ebbe parte attiva nella condotta delle cose contro quell’agitatore 
{I 2911). E' volume realmente importante ed interessante, sebbene 
manchevole nei rapporti con l’Italia, Un episodio che ci riguar- 
da, lo sbarco ad Illig nel marzo del 1905, è tratteggiato dal Cu- 
cinotta (I 2012). Altre informazioni complementari possono at- 
tingersi in un articolo di E. Russo (I 2913). Ma l’azione italiana 
rispetto a Mohammed ‘Abd-Allah Hasan va, nel suo complesso, messa 
nella giusta sua luce. 


XIII. Galla. —- I Bararetta costituiscono, insieme coi Kofira 
Galla presso Wito e con qualche nucleo galla nel Giubaland, l’estremo 
gettone sud-orientale dei Galla: occupano la riva sinistra del fiume 
Tana e la regione del Tanaland e della Seyidieh fra il Tana ed il Ga- 
lana Sabaki fino a Malindi, ove sono discesi, staccandosi dal grande 
ceppo Boran o Galla Orientale in tempi forse non lontani. Alice Wer- 
ner dedica ad essi quattro memorie (I 2914-2917), ricche d'’in- 
formazioni e di osservazioni; va segnalata in particolare modo una can- 
zone in cui enumerandosi le varie frazioni del popolo s’invoca su cia- 
scuna il favore di Dio con una specie di bisticcio sul nome della fra- 
zione interessata. Un altro studio sui Bararetta e sulle altre frazioni 
meridionali, tra le foci del Giuba, il corso del Sabaki, le paludi Lorian 
e le discese di Kenya e d’'Ukambani, è dovuto a J. H. Phillipson (I 
2918). Sulle quattro memorie della Werner il Cerulli presenta osser- 
vazioni ed emendamenti (I 2919). Giustamente queste popolazioni 


I. 2911 — JarpinE D., Te I. 2915 — \ERNER A., Two 
Mad-Mullah of Somaliland, with Galla legends = Man, vol. XIII, 
a foreword by the viscount MILNER. n. 6. 


Lond X-3306. Ill. 
i lei I. 2916 — WERNER A., Sonte 


I. 2912 — Cucinotta E., Una Galla Notes = Man, vol. XV, 2. 
pagina inedita della nostra storia 
coloniale = Boll. dell'Ufficio Storico, 
n. I, marzo 1927, 12 dell’estr. 


I. 2917 — \VERNERA,, A Galla 
ritual prayer = AMan, vol. NIV, 
n. 8. | 

I. 2913 — Russo E., Il Mul- 
lah (Scek Mohammed  Abdullai) 
ed 1 suoi seguaci nella Somalia Ita- 
liana = Riv. Col., 1920, 344-302. 177-181. 


I. 2918 — PÙittipson |]. H., 
Notes on the Galla = Man, I9IO, 


I. 2914 — WERNER A., The I. 2919 — CERULLI E., Le po- 
Galla of East Africa Protectorate  Polazioni Galla dell’Africa orien- 
= Journ. of the African Society, tale inglese = Riv. Col., anno XII, 
vol. XIII. 19I7: estr. II. 


— 509 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2920.2922 


Galla meridionali richiamano l’attenzione degli Inglesi; intanto si 
apprende che sotto gli auspicî del Royal Anthropological Institute 
il sig. J. P. H. Drieberg, insieme col dr. Beven, sta preparando 
una spedizione appunto per lo studio dei Galla meridionali, al quale 
studio vorrebbe, con savio accorgimento, far precedere quello delle 
piccole tribù nomadi poco note della frontiera del Kenya, compresi 
i Turcana (I 2920). 

Il Cerulli si occupa più da vicino dei Galla a sud-ovest dell’Abis- 
sinia, i quali, fino alla recente conquista abissina (1880-1897), 
costituivano i regni indipendenti di Gimma, Ghera, Guma, Limmu 
e Gomma. Egli ne studia il passaggio all'Islam (I 2921), recente perchè 
iniziatosi dopo il 1850, ma giunto fino al punto che l'islamismo 
è stato dai conquistatori cristiani riconosciuto ufficialmente come la 
religione del paese, da rispettarsi, sebbene con forti e strane deviazioni 
per opera del paganesimo prima professato; basti dire che i musulmani 
continuano nel culto pagano di Atete, la dea della fecondità, che, 
per altra parte, i Galla cristiani arrivano a confondere con Maria! 
Appunto questi Galla del sud-ovest danno al Cerulli argomento e 
materia per una grande, magistrale pubblicazione, la più notevole 
che finora si abbia sui Galla (I 2922): canzoni d’argomento storico 
relative a que’ regni indipendenti, alla loro conquista per opera di 
Menelic, alla guerra italo-abissina; canzoni belliche e di caccia; can- 
zoni d’amore, nuziali, religiose; tre racconti storici, il primo sulle 
origini e sulle vicende del regno di Guma, il secondo sulla guerra 
santa di Hasan Ingamo re di Hadià contro gli Scioani, il terzo sull’ec- 
cidio del compianto ed illustre Bottego; numerosi testi in prosa sui 
riti dell’iniziazione, sull'investitura dello Abba-Bokkù o capo elettivo 
del clan, sul prezzo del sangue; testi magici; scherzi, proverbi, indovi- 
nelli. Il testo galla è accompagnato dalla versione e da un comento che 
a volte ha molta importanza, eccedente la filologia, come le note sulla 
conquista dei regni Galla per opera di Menelic, o come quelle sull’ini- 
ziazione alle quattro caste, classi o gruppi dei dobbolé, dei gonddalà, 
dei rdba e dei gula, essendo questi due ultimi raccolti sotto il nome 
comune di /uba. Non posso non ripetere qui il grido sfuggitomi nel 
rendere conto di questo lavoro d’Italiano, apparso in veste inglese 
a cura d'una Università americana: peccato che non abbia potuto 
apparire in Italia in veste italiana! Del libro trattano la Werner 


I. 2920 — Man n. 2, 1927. I. 2922 — CERULLI E., The folk 

I. 2921 — CERULLI E., L'Islam literature of the Galla of Southern 
nei regni Galla indipendenti = Abyssinia. (Harvard African Stu- 
Africa It. (SAN), anno XXXV, dies vol. Ill). Cambridge, Mass., 
1916, 113-119. 1922, in 4, 228. 


— 510 — 


XIII. GALLA. I. 2923-2927 


(I 2923) e il Conti Rossini (I 2923 bis). La quistione dell’iniziazione 
alle caste o ai gradi è stata ripresa anche di poi dal Cerulli (I 2924). 
Ogni tribù Galla dividesi in dieci gruppi detti gddà, i cui com- 
ponenti passano, tutti assieme, da un grado d'iniziazione al suc- 
cessivo compiendo degli speciali riti (p. es. la circoncisione è la 
‘cerimonia per il passaggio da raba a gula). E’, per altro, argomento 
difficile a chiarire, e su cui quindi le precisazioni del Cerulli, anche 
se non del tutto complete, sono preziose, di fronte alle informazio- 
ni non raramente oscure e contradicentisi dei precedenti scrittori. 
Inoltre, esse ci danno la chiave di vari passi oscuri di fonti storiche: 
a proposito del senso che il C. propone per guetw « spedizione fatta da 
Galla immessi nel grado di /uda, per inaugurare la caratteristica del 
grado stesso », può citarsi anche un altro passo Cronaca di Susenyos, 
testo pag. 196: « Lasciaci stare (leggasi hedagana) fino a che noi si 
sia compiuto il tempo del guetu ed affinchè non si violi la legge nostra 
fuor di tempo »; fr. anche la Cronaca di re Yohannes I, testo p. 27 . In 
un’altra nota (I 2925), il Cerulli, continuando a chiarire il sistema 
dei gadà, ne mostra tracce anche in rapporto al diritto matrimoniale, 
e segnala l’uso di maschere bovine da parte dell’Abba Bokkù nel pas- 
saggio da raba a gula. Tale uso è specificatamente negro. Con ragio- 
ne il- Frobenius fin dal 1913 rilevava come il sistema sociale dei 
Galla non sia punto cuscitico, e ci richiami invece ai Sudanesi. L'os- 
servazione di Marcel Cohen, nel rendere conto della grande pubblica- 
zione Cerulli, che il sistema dei gad&a non sia se non quello delle 
« classes d’age » dei Negri, ribadisce tale concetto (I 2926). Il Cohen 
pensa che trattisi d’influsso subito dai Galla per lungo contatto con 
Negri; io riterrei invece sia influsso di Negri vinti ed assimilati da 
invasioni Cuscitiche. : 

Il Littmann, esaminando 1 canti Galla editi dal Cerulli, vi scorge 
gli accenni d'una metrica, di cui cerca di stabilire i capisaldi, unita 
a un sistema di rime, che è evidente, e di men comuni assonanze vo- 
caliche, costituite dal fatto che versi fra loro rimanti hanno rispetti- 
vamente uguali anche tutte le altre vocali (I 2927). Le sue osserva- 


I. 2923 — Zeitschr. fitr Engeb. dell'ordinamento delle tribu Galla 


Spr., XIV, n. 2-3, 277-238. = Africa It. (SAN), nuova serie e 
I. 2923 bis — RSO, IX, 1923, ANno V, 1926: estr. 7, 
608-610. I. 2926 — Revue d’éthnogr. et 


I. 2924 — CERULLI E., I riti des trad. pop., 1925, 99-102. 
della iniziazione mella tribù Galla I. 2927 — Littmann E. Galla 


=*R99». 19235 490405: Verskuns. Tilbingen 1925, VI- 
I. 2925 — Cerutti ÈE., Ancora 50. 


— 511 — 


‘CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2928-2933 


zioni sono esaminate dallo Zetterstéen (I 2928) e dal Conti Rossini 
(I 2929). In sostanza la metrica Galla concorda con quella che fin 
dal 1906 segnalavo nei canti tigrai, e che più tardi lo Chaine .(n. 2830) 
ed il Cohen (n. 2834) ritrovavano nei canti amhara; la si ritrova fra i 
Saho e gli Agau. Trattasi di metriche e prosodie locali, localmente 
sorte; coi Semiti non'hanno se non semplici parallelismi, ‘analogie. 
di formazione e di sviluppo. La stessa rima dev'essere di origine lo- 
cale. 
Non conosco se non per citazione la grammatica Galla dei signori 
Hodson e Walker (I 2930). 

Altrove ho detto dei viaggi del P. Azaîs (v. n. 2692). Un suo com- 
pagno, giovane bravo allievo di M. Cohen, fa conoscere alcuni esempi 
di folk-lore galla raccolti fra i Galla della zona di Harar (I 2931); 
non è qui il caso d'indugiarci in confronti folk-loristici (un altro tipo 
della leggenda di re Mida è nel racconto Galla, di Lofé, a pag. 4 n. 2 
del mio lavoro I Mekan etc.); non posso però astenermi dal segnalare 
come il curioso racconto su Gragn, narrato allo Chambard in Gigigà 
a circa 150 Km, a E di Harrar, concordì con quello da me pubblicato 
nel 1897 nel testo tigrai scrittomi da un cristiano di Adua. 


XIV. Sidama. — In questo campo si hanno pubblicazioni im- 
portanti. Il Bieber, che già aveva pubblicato cose notevoli sul Caffa, 
e che nel 1916 ne aveva illustrata la storia (I 2932), ha consacrato 
due volumi alla illustrazione di quella regione, che egli studiò sul 
luogo, sia ne’ riguardi materiali come in quelli culturali, sociali, 
religiosi, storici; sono due volumi che non possono esaurire la ma- 
teria, sempre bisognosa di controlli e sempre offerente cose nuove, 
ma che vengono a rappresentare pei Sidama quello che per le tribù 
a lingua tigré rappresentarono gli Studi sull’Africa Orientale di 
Werner Munzinger (I 2933). Il Cerulli, lo Czermak ed il Conti Ros- 


I. 2931 — Azais P. ct Cham- 
BARD R., ZFolkloreOromo = Rev. 
d’Ethnogr. et des trad. pop., 1925, 


I. 2928 — MO, 1925, 215-6. 
I. 2929 — RSO, XI, 1920, I112- 


113. 


I. 2930 — Hobpson A. W., C. 
M. G., F.R.G.S., Colonial Civil 
service, and CRAVEN H. WALKER, 
Sudan civil service, His Majesty's 
Consuls in. Ethiopia, An ele- 
mentary and practical Grammar of 
the Galla or Oromo language, Lon- 
don 1922. 


124-135. 


I. 2932 — BIiEebER F. ]J., Ge- 
schichte der Kébnige von Kafja. 
Ueberlieferungen der Kaffitscho 0- 
der Gonga = MSOS, 1916, 94-123. 


I. 2933 — BIEBEKF. J., Kaffa, 
ein altkuschitisches Volkstum in 
Inner - Afrika. Erster Band: Etn- 
leitung. Das Eigenleben der Kaff- 


— 512 — 


XIII. GALLA - XIV. SIDAMA. I. 2934.2938 


sini (I 2934-2936) hanno esaminato i due volumi sotto differenti punti 
di vista, convenendo però nel riconoscerne il notevole valore. E 
poichè di recente il Caffa è stato visitato da una missione scien- 
tifica tedesca, anche con l'intento di studiarne le popolazioni, e 
poichè annunciasi che essa è soddisfatta dei risultati raggiunti, giova 
sperare che presto le indagini del Bieber avranno l'atteso corona- 
mento. Il Cerulli fa conoscere i risultati delle sue indagini sui lin- 
guaggi dei tre popoli costituenti i Sidama Orientali, vale a dire gli 
Hadya o Gudie la, i Kambatta ed i Sidama o Sidimo propriamente 
detti, del quale ultimo popolo, il più settentrionale di tutti, avevansi 
finora notizie assai vaghe (I 2937). Oltre che negli aspetti filologici, 
il Cerulli estende le sue indagini ai Sidama nei riguardi religiosi, ed 
ha sul loro paganesimo elementi importanti, che gli studiosi europei 
vivamente desiderano di veder ampliare. Curioso, per esempio, è 
quanto egli osserva circa gli ang” 4m, specie di dinastia di maghi faci- 
tori della pioggia, e che, con potere politico, appariscono non sol- 
tanto nella cronaca di Malak Sagad, ma altresì in quelle di Galaàw- 
de wos (p. 2 ed. Conzelman) e di Susenyos (p. 32 e 35 ed. Pereira): 
ciò ha riscontro esatto con gli Scinascia, altro popolo Sidama, costi- 
tuente una aristocrazia sacerdotale, magica, a danno dei Gunza, e 
collegasi con informazioni del secolo XV. Queste note del Cerulli 
vanno considerate come degli avant-gout; lo studio a fondo delle 
popolazioni in quistione apparisce sommamente interessante. Nulla 
potrebbe mostrarlo più chiaramente d’uno studio realmente inte- 
ressantissimo, che le note del Cerulli hanno inspirato a Marcel 
Cohen (I 2938) il quale porta nel campo cuscitico quel rigore scien- 
tifico e quegli ottimi sistemi di cui ha dato prova nelle sue dotte 
investigazioni di morfologia semitica. Il Cohen, pur rilevando la 
necessità di più larga documentazione, procede a una disamina ac- 
curata delle forme sidama orientali, sì diverse da quanto l’attuale 
cognizione del caffa avrebbe fatto attendere (dovremo però mante- 
nere questi linguaggi in un unico gruppo?), e da essa sl eleva an- 
che a una concezione generale sulla flessione verbale cuscitica 


tscho oder Gonga (con 216 fig. nel I. 2936 — RSO, XI, 1926, 114- 
testo e II tav.). Munster in W. 115. 

1920, XXIV-500; Zwu'eiter Band: _ 
‘das Gemeinleben der Kajfitscho oder I. 2937 — CERULLI È., Note 


G . Wien 1923, X-500, Ill. C. SN alcune popolazioni Sidama del- 
dti 959 Ù l’Abissinia meridionale — RSO, X, 


* I. 2934 — OM, 1925, 551-7. 1925, 1-90. 
I. 2935 — Anthropos, XX, 1925, I. 2938 — CoÙen M., Du verbe 
1141-1148. sidama (dans le groupe couchitique) 
— bl35 — 


Aevum - Anno I - 33 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2939.2943 


a suffissi; per l'origine di questa, egli richiama in vita la vec- 
chia tesi del Praetorius, che essa consti di una radice verbale in- 
variabile e di un brevissimo verbo ausiliare, coniugato a sua volta 
con prefissi personali e con suffissi di nuinero e genere, ausiliare 
che in alcune lingue (afar, saho) esiste ancora come verbo indi- 
pendente, nella forma a « essere, dire ». 


XV. Popolazioni e linguaggi d’altro ceppo. — L'estensione 
dell’azione della Missione Cattolica ai Cunama ha portato alla com- 
pilazione di una grammatica del loro linguaggio (I 2939), che appar- 
tiene alla famiglia Nilotica. Il Conti Rossini ha un articolo di carattere 
divulgativo su quel popolo, che ancora si trova in regime di matriar- 
cato, e che è ai più bassi scalini della civiltà, probabilmente identico 
con gli « Aethiopes athaei » de’ geografi classici; il Conti Rossini e- 
sprime il dubbio che il loro stato sociale, il loro regime strettamente 
democratico etc. rappresentino non tanto la cristallizzazione d’un 
antichissimo stato, quanto il punto di arrivo in un processo di pro- 
fonda disgregazione avvenuto sotto la pressione prepotente delle 
vincitrici razze contermini (I 2940). Lo stesso autore studia la lin- 
gua cunama nei suoi rapporti col gruppo nilotico, e nilotica egli la 
riconosce, come il Westermann ed il Meinhof e contro la vecchia 
tesi del Reinisch; essa tuttavia ha caratteristiche proprie, che la diffe- 
renziano dagli altri gruppi (lingue ciòl, dinca-nuèr etc), special- 
mente nella vocalizzazione della 2.8 pers. pron.; inoltre, verisimil- 
mente per influsso cuscitico, essa è sorta ad una vera flessione ver- 
bale; l'evoluzione di questo linguaggio, che è notevolmente progre- 
dito, contrasta col basso stato sociale del popolo che lo parla 
(I 2041). 

Il Littmann ha un esame particolareggiato del volume del Mon- 
tadon sui Ghimirra (I 2942). 

Il Conti Rossini trae dai quaderni di viaggio di Ant. d'Abbadie 
degli appunti su vari linguaggi ignoti: il Gunza parlato ad ovest dello 
Agaumeder, il Gamila dialetto Berta parlato più a sud (I 2943), 


= Bull. de la Soc. de ling. de Paris, 
XXVII, 1927, 169-200. 


I. 2939 — Grammatica della lin- 
gua-cunama con annesso vocabolario 
italtano-cunama e cunama-italiano, 
a cura della Missione Cattolica di 
Barentùu. Asmara 1918, in-16, 
203. 


I. 2940 — Conti Rossini C., 


I Cunama. Rivista La terra e la 
vita, vol. II, 1923, 148-157. Ill. 

I. 2941 — Conti Rossini C., 
Lingue Nilotiche = RSO, XI, 1926, 
95-100. 

I. 2942 — GGA, 
28-40. 

I. 2943 — Contri Rossini C., 
Popoli dell’ Etiopia occidentale == 


1915, N. 1, 


— bli — 


XV. POPOL. E LING. D'ALTRO CEPPO. - NVI. ETNOGRAFIA. I. 2944-2949 


il Naa parlato sulle frontiere meridionali del Caffa, cd il Ghimirra o 
Scé parlato in terre attigue a quelle dei Naa (I 2944). Sono appunti 
che lasciano molto a desiderare, ma che pur valgono a darci una qual- 
che idea sui linguaggi in quistione, linguaggi che saremmo assai im- 
barazzati, oggi, a classificare. I due primi non sono camitici, nè sem- 
brano nilotici. I due secondi forse sono uno stadio di transizione dal 
nilotico al camitico, del tipo di quelli che 1 Tedeschi dicono « Misch- 
sprachen ». Si resta impressionati dalla grande abbondanza di linguaggi 
sulle frontiere nord, ovest, sud dell’Etiopia. Quale formidabile massa 
di problemi e d'indagini! 


XVI. Etnografia. Compilazioni. Viaggi etc. — I documenti 
etnografici che vanno sotto il nome di Marcel Cohen, sebbene apparsi 
nel 1920 per ritardi tipografici dovuti alla guerra, riferisconsi alle 0s- 
servazioni fatte dal Cohen durante il suo viaggio in Abissinia nel 1910, 
e sono una fedele descrizione di cultura materiale e di usanze del pacse, 
con una buona raccolta di voci amariche (I 2945): ne è consigliata la 
lettura a chi voglia occuparsi, nei nostri riguardi, dell'Etiopia, perchè 
si trarra d'essa, o almeno d’alcuni suoi lati, un'impressione esatta. 
Il lavoro è stato recensito dal Conti Rossini (I 2046) e dallo Zet- 
terstéen (I 297). Non ha invece se non scarso interesse per noi 
l'esame che Schebesta e Holtker fanno delle forme di scudo usate 
in Africa, sebbene l'argomento abbia importanza per l'Etiopia, ove 
almeno tre forme radicalmente diverse di scudi vengono a contatto 
(I 2948); e ha carattere puramente etnografico l'esame d’un tipo 
di faretra Somali, fatto da E. S. Thomas (I 2949). 

G. K. Rein ha voluto riassumere in tre volumi quanto egli os- 
servò in viaggi e quanto si sapeva circa l'Etiopia sotto ogni aspetto, 
dalla storia alle scienze naturali, in modo da offrire, a chi ne avesse 


RAL, XXVIII, 1920, 251-285, I. 2946— OM, I, 1921, fasc. I, 


319-325. 53-54. 

I. 2944 — ContI Rossini C.,, I. 2947 — MO, XVII, 1923, 
Sui linguaggi dei Naa e dei Ghi- 107. 
mirra (Sce) nell’Etiopia meridio- 
nale= RAL, vol. I, 1925, fasc. 7-8, I. 2948 — SCHEBESTA P. und 
612-630. HoLtKER G., Der afrikanische 


Schilda = Anthropos, XVIII-NIX, 


I. 2945 — Conen M., Docu- 1923-4, 1012-1002; XX, 1923, 


menls éthnographiques d'Abyssinie, 
avec 52 figures et un index en 
caractères abyssins. Paris 1920: 
estr. dalla Rev. d’Ethnogr. et de 
soc., 1913, 1914. 


817-850. 


I. 2949 — Thomas S. E., No- 
tes upon a Somali Quiver in the 
Museum of the Roval Geographica 


— 515 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2950-2956 


bisogno, un rapido mezzo d’informarsi; per la parte che ci riguarda, 
è, quasi tutto, semplice compilazione di seconda mano (I 2950). Ciò 
non potrebbe davvero dirsi di un grosso lavoro di A. Pollera, che ancora 
non ho avuto l'opportunità di esaminare, sull’organizzazione statale 
e sulla chiesa in Etiopia; per redigerlo, l’autore attinge alle dirette 
sue osservazioni durante circa quattro lustri di soggiorno laggiù 
(I 2951). Con molta esitazione e con rammarico, cito qui uno scritto 
d’un altro funzionario coloniale, D. Odorizzi, sparito tragicamente, 
sull’islamismo e sul suo stato in Eritrea; sarebbe stato meglio non pub- 
blicarlo (I 2952). G. Cora si occupa del sistema fiscale e delle finanze 
etiopiche (I 2953); argomento che meriterebbe un esame a fondo. 

Ho rinviato a quest’ultimo paragrafo alcune pubblicazioni con- 
cernenti la storia più recente del paese, come una relazione sulle 
avversioni del governatore W. Munzinger contro il tentativo di colo- 
nizzazione dello Sciotel da parte del P. Stella, relazione esumata da 
F. Bonichi (I 2954), e l'edizione, curata da G. Paladino, di lettere del 
col. Chermside, governatore inglese del litorale del Mar Rosso e del 
nostro col. Saletta al sig. Mariopulo, segretario del vice-governatore 
egiziano, lettere concernenti i primi tempi della nostra occupazione 
di Massaua (I 2955). Del resto, per quanto si riferisce ai principî 
della nostra vita coloniale, che è in sì stretti rapporti con la storia 
recente d’Etiopia, possiamo riportarci a un libro recentissimo e ben 
fatto del Mondaini (I 2956). A fatti di storia assolutamente contem- 


Society of Egypt at Cairo = Man, 
1922, 182-4. 


I. 2950 — REIN G. K.,, Abes- 
sinien. Eine Landeskunde nach 
Reisen und Studien in den Jahren 
1907-1913. Band I: Geschichte- 
Diplomatie- Religion - Recht. XII- 
495.Ill. tav. Band II: Handel Land- 
wirthschaft. XX-358. Tav. cart. 
Band III: Geographie - Faune und 
Flora - Sitte - Sprache - Kunst 
- Anthropologie - Ethnographie. 
XXXII-395. Tav. I, Berlin 1918-20. 


I. 2951 — POLLERA A,, Lo sta- 
to Etiopico e la zua chiesa. Roma- 
Milano 1926, VI-363. Ill. 


I. 2952 — Oporizzi D., Note 
storiche sulla religione mussulma- 
na e sulle divisioni dell'islam, con 


appunti speciali relativi all’islam 
in Eritrea. Asmara 1916, 36. 


I. 2953 — Cora G., Finanze 
etiopiche. Firenze 1920, 34. 


I. 2954 — BoxicHi F., La co- 
lonia agricola di Giovanni Stella 
e la sua storia. Con note di ORAZIO 
PeDRAzZI. (Bibl. agr. colon.) Fi- 
renze 10917, I8. ° 


I. 2955 — Parapnino G., Do- 
cumenti per la storia della Colonia 
Eritrea = Boll. Soc. Afr. d'It., 
XXXVII, 1918, fasc. I: estr. 23. 


I. 2956 — MONDAINI G., Ma- 
nuale di storia e legislazione colo- 
niale del Regno d'Italia. Roma 
1927, 037. 


ceri 


XVI. ETNOGRAFIA. I. 2957-2962 


poranei si riferisce il libro di Alfred Zintgraff (I 2937), il consigliere 
della legazione Germanica di Addis Abeba che lasciò il suo ufticio 
illudendosi di divenire il grande consigliere di Menelic e fu tosto 
sbalzato via (a. 1907-09) ; per una migliore comprensione del libro, 
ove i nomi sono appositamente alterati, veggasi una recensione del 
Cerulli (I 2957 bis), il quale vi parla anche d’un famphAlet che la regina 
Taitù fece stampare a Dire - Daua per ribattere accuse di quell’illuso 
o deluso (I 2958). — Vedi anche n. 2735-2737. 

Non credo necessario insistere su pubblicazioni di attualità 
o inspirate da concetti politici, che sono state non rare in questi 
ultimi anni. In nota (I 2959) se ne troveranno indicate talune; ri- 
chiamasi specialmente quella del magg. H. Darley sullo stato attuale 
della schiavitù in Abissinia (I 2960), anche se per la parte culturale 
sono da fare riserve, accennate in una recensione dal Cerulli 
(1 2923 dis). 

Il libro di Darley è, specialmente, libro di viaggi. Nel campo 
geografico abbiamo un volume di Carlo Annaratone, che dai molti 
viaggi e dal lungo soggiorno in terre etiopiche ha tratto gli elementi 
per una eccellente descrizione di carattere geografico (I 2901); io 
non esito a includerla fra le opere fondamentali di carattere geogra- 
fico — cinque o sei in tutto (Bruce, Riippell, Cecchi etc.) — che il 
cultore di studi etiopici deve conoscere. Ed abbiamo una eccellente 
carta dell’Africa Orientale, includente tutta la regione etiopico-so- 
mali, di A. Dardano (I 2962); le osservazioni del Cerulli (I 2902 dis) 


I. 2957 — ZIntGRAFEF A., Der de la Reine de Saba è la Société des 
Tod des Lòwen von Juda: Dichtung Nations. Paris 1925, 308. Ill. 
und Wahrheit aus Kaiser Meneliks 


von Abessinien letsten Tagen. Ber-  ALYPE P., Eito du si 

lin 1926, 407. Paris 1925. Rec.: in Lybra, 1, 
1927, 80-8I. 

I. 2957 bis. — OM, 1927, 54-55: I 2960 — Dartey H., Slaves 


and Ivorv. A record of adventure 
and exploration in the unkisnon 
Sudan and among the Abvssinian 


I. 2958 — Addis yva-mattut ha- 
kimoc": Le docteur nouvellement 


vent. Dirrè Daoua, Imprimerie 
Saint Lazare, 1909. 


I. 2959 — ALvypE P.,, L’Ethio- 
pie et les convottises allemandes: 
la politique anglo-franco-italtenne. 
Paris 1917, NNNXNI-285. 

— D'ARCE L., L'Abissinie. Etude 
d’actualité. Avignon 1925, 130. 

— ALvPE P., Sous la couronne 
de Salomon: L'Empire du Négus, 


slave-ratders. With photographs and 
maps. Londra 1926, AIII-219. 


I. 2960 dis — OM, 1926, 565-0. 


I. 2961 — ANNARATONE C., Zn 
Abissinia. Roma 1918, 516. HI. C. 


I. 2962 — Darpanmo ÀA., Carta 
dell’Africa Orientale: Evyitrea, E- 
tiopia, Sudan Anglo-Egiziano, U- 
ganda, Chenia, Jemen, etc.; quat- 


= 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. 


I. 2962) :s-2964 


su di essa non possono considerarsi se non come apporto dinuovo mate- 
riale per nuove migliori o maggiori indagini sul posto. Di grandissima 


utilità per chi si occupi di studi etiopici 


sono anche le carte a 


1: 2.000.000 dell’Africa, pubblicate in questi ultimi anni dallo Stato 
Maggiore Inglese, e concernenti appunto la vasta regione etiopica 


(I 2903). 


La letteratura di viaggi, di descrizioni locali, di storia coloniale 
etc., è abbondante; nè trattarne rientra negli scopi di questa rassegna. 
In nota si troveranno parecchie indicazioni bibliografiche (I 2064); 
nelle lucide rassegne del Cucinotta nella Rivista Coloniale degli ultimi 
anni sì trovera di più. Gli scritti di Rosita Forbes (ora Mac Grath) 


tro fogli, scala 12.000.000. Roma 
(Ministero delle Colonie), 1925. 


I. 2962 bis — OM, 
503-5. 


VI, 1920, 


I. 2963 — Geographical Section 
General Staff. Africa, I:2.000.000. 
VO. 287I. Sudan 1922 (Abissinia 
settentrionale e centrale fino al- 
l’altezza del lago Tsana); — Abys- 
sinia, 1925 (parte centrale e re- 
gioni del Sud fino al Lago Rodolfo); 
— Somaliland, 1926; — Kenya 
Colony, 1925 (per le regioni del 
Tana); — Juba River, 1925 (per 
la Somalia fra Chismavu, Mereg 
e Lug). 


I. 2964 — Russo E., La re- 
sidenza di Mahaddei-Uein == Riv. 
Col., 1919, 185-196, 208-311. 

— DuRINI E., Itinerari nei paesi 
a Sud dello Scioa (Arussi e Bale), 
I9I4-19I15 = Boll. di inf. del 
Min. delle Colonie, 1920, 133-145. 
C. 

— RavyxE H,.,, Sun, Sand and 
Somialis. London 1921. Ill. 

— Arumt L. F. I, Trough 
South-Western Abyssinia to the 
Nile=(eogr. Journ., 1920, 347-370. 
ll. 

— MavyrDpoxn H. C., Across Eri- 
trea = (eosgr. Jotrn., 1924, 45-50. 

— PD. Vixassa de REGNY, Dan- 


calia. Roma 1924, 118, 17 tav., 
2 carte. 

— ReEMoxD G., La route de 
l’Abbai Noir: souvenirs d'Abvss:- 
nie. Paris 1924, 331. 

— ZAMMARANO TEDEsco V., Alle 
sorgenti del Nilo Azzurro, Roma, 
s. d., 350, Ill. — Hic sunt leones. 
Un anno di esplorazione e di caccia 
in Somalia. Roma 1924, XII- 
312, DE 

— Jarpine D., Somaliland. The 
cinderella of the Empire. = fJourn. 
of Afr. Soc., 1925, 100-109. 

— HARLAN H. V., A Caravan 
Journey through Abyssinia. Lon- 
don. 1925. Ill. C. 

— PARKINSON ]J., The Norti- 
Western Extention of the Juba- 
land and the Drainage of the Ufp- 
per Nile = Geogr. Journ, 1925. 333- 
340, C. 

— PowELL A., Beyond the ut- 
most purple rim: Abyssinia, Somali- 
land, Nenva Colony, Zanzibar, 
the Comoras, Madagastar. London 
1925, NN-431. ll 

— GRABHAM G. W. e BLack R. 
P., Iteport of the Missiou to Lake 
Tsana 1920-21. London 1925, XIX- 
207,7 carte, 35 tavole fuori testo. 

— MULLER O.,' ftings um den 
Ischertscher. 1027, 188, c. Ill 

— Revy C. F., A recent visit to 
Gudru and Gojjam = Geogr. Journ., 
LXVII, 1920, 481-505. 


— 018 — 


XVI. ETNOGRAFIA. - XVII. PERSONALIA. I. 2965-2967 


hanno un buon contributo di fotografie per la conoscenza dei singo- 
lari monumenti di Lalibala (I 2965-60); ella mi parlava anche d’un’iscri- 
zione rilevata presso quel centro abitato, e il cui calco poi andò per- 
duto con gli involucri di pellicole cinematografiche. In via generale, 
notiamolo: i libri descrittivi e di viaggi crescono col decrescere, in 
ragione geometrica, del loro valore intrinseco, almeno nei riguardi 
che possono riferirsi ai nostri studî. Divengono sempre più super- 
ficiali, di fuggevoli impressioni, da parte di viaggiatori sempre meno 
preparati. Tra gli altri, può prendersi per tipo quello del magg. 
Maydon (I 2967). Egli visita una zona pochissimo conosciuta del Se- 
mién; ma, allorchè sulla base delsuo libro mi accingo a correggere e com- 
pletarela carta al 400.000 di quella regione, così Importante storicamen- 
te, debbo rinunciarvi. E come preparazione? Al viaggio disagiato, per 
monti pericolosi, egli dichiara di essersi accinto « on quest of an 
animal whose very existence in present times has been a question of 
incertainty »; ebbene di questo ibex, senza esporsi ai guai della lunga 
via, egli avrebbe potuto constatare la realtà nei due magnifici esem- 
plari posseduti dal Museo Civico di Genova e dal Musco Coloniale 
di Roma!... Per fortuna, le illustrazioni — bellissime anche nel vo- 
lume del Maydon — vengono spesso a rialzare la sorte di libri, il cui 
valore intrinseco non è grande. 


XVII. Personalia. — Nellasso di tempo considerato da questa 
rassegna gli studi etiopici hanno perduto alcuni de’ maggiori loro 
uomini: Joseph Halévy morto a Parigi il 21 gennaio 1917, Leo 
Rcinisch morto a Lankowitz il 24 dicembre 1919, Boris Turaiev morto 
a Pietroburgo il 23 giugno 1920, Carlo Bezold morto a Heidelberg 
il 21 novembre 1922, René Basset morto ad Algeri il 4 gennaio 1924, 
Fr. M. Esteves Percira morto a Lisbona il 9 dicembre 1924, Franz 
Practorius il 21 gennaio 1027 a Breslavia.... quasi tutti 1 
nomi più insigni in questo campo di attività scientifica! Ed 
altri ancora, come Richard Sundstròm, morto a Cheren il 16 giugno 
1919, e F. J. Bieber morto a Vienna il 3 marzo 1924.... A loro il pen- 
siero sì volge riverente, compendiando commosso per ognuno in ra- 
pida sintesi 1 servigi, spesso eminenti, resi al progresso del sapere, 


I. 2965 — MCGRATE R., Lalibala I. 2967 — Mavpon m. H. C., 
=: Geogr. Journ., LNVI, 1025,  Simen, its Heights and Abysses, a 
507-518. record of sport and travel in Abys- 


; Ì sinia, th some Account of the 
I. 2966 — FORBES R., From — sacred city of Axum and the vuins 
Red Sea to Blue Wile Abvssinian 


of Gondar. London 1925. Il. C. 
adientures. London 10925, 340. Ill. 


— bl9 — 


CONTI ROSSINI - ETIOPIA. 


I. 2968-2968quater 


mentre con gli spiriti loro, nei quali spesso avevamo veduto la 
scienza fondersi con una grande bontà e coi sentimenti più nobili, 
per noi persiste, attraverso i loro libri, la giornaliera affettuosa con- 


suetudine. 


Per quelli di essi, pei quali gli studi etiopici rappresentarono la 
principale loro attività scientifica, si indicano in nota alcuni cenni 
biografici, che li commemoreranno (I 2968-2968 quater). 


I. 2968 — LITTMANN E, Richard 
Sundstrom, estr. dal Der neue 
Orient, VII, 1920, fasc. 1., estr. 8. 


I. 2968 bis — CONTI ROSSINI, Leo 
Reinisch=RSO, VIII, 1920, 691-2. 
— H. JUNKER, Leo Reinisch = Al- 
manach der Akad. der Wiss. im 
Wien, Vienna, 1920, estr. 12. 


I. 2968 fer — KRAC"Kovs" KII. 
Io., B. A. Turaiev i Kristianshii 
Vostok=Atti dell’Acc. di Pietro- 
burgo, 1921, 16 (estr.). 


I. 2968 quater — LITTMANN E,, 
Franz Praetorius = Zettsch. fir 
Sem., VI, 1927, 159-167. 


— 520 — 


CAMILLO CESSI 


Prof. di letteratura greca nella Università Cattolica del S. Cuore 


I. Generalità . . 
II. Edizioni generali: 


VIRGILIO 


(1919-1925) 


III. Vita di Virgilio: 
a) Biografia. . 


b) Carattere ed animo di io i x 
IV. Arte del poeta in generale e 3uo influsso sul: 


l’arte posteriore 


V. Bucoliche: 


a) Edizioni speciali 
b) Lavori critici: 


a) Sulle egloghe in generale . 


tradizione del testo 


B) Sulle singole egloghe: 


I. 


EGLOGA 


2. EGLOGA 


DD dI Du de 4 


VI. Gecorgiche: 


EGLOGA 
EGLOGA 
EGLOGA 
EGLOGA 
EGLOGA 
FGLOGA 


. EGLOGA 


a) Edizioni speciali 


b) Lavori critici sulle Cini ine 


x) in genera . 
9) sui singol 


I. LiBRO I. 


I. 

10 
IV. 
VI... 
VEL 
VIII. 
Eee 
» a 


libri: 


2. LiBro Il. . . 
3. Ligro III... 
4. Libro IV... 
VII. L’Eneide: 
a) Edizioni spectali 


b) Myrte e storia dell’ Fuejde 2 $ 
c) Lavori sui singoli libri: 


. 2909-2975 


2076-3002 


3003-3029 
3030-3043 


. 3044-3IIO 
. 3111-3122 
. 3123-3138 


- 3139-3143 
+ 3144 
. 3145-3177 
. 3178 
. 3179-3188 


3180-3191 
3192-3194 


- 3105 
. 3190-3197 


. 3198-3207 


. 3208-3217 


. 3238-327 
A 3272-330I 


CESSI. VIRGILIO I. 2969 


— _ it ilo iii tir enzo Lecci ___r___t=n toe 


I-LIBRO' do Lod & E 4 è 89088338 
zi /lipro dl do ae E a Dia i 34438922 
3 Libro: IT: o ae da e a TI2953Z80 
4 -LIBROAIN: siae e 133273 
5».LIBRO NV. ge de e da 3953340 
0 LIBRO Vice <a a FT4I33ZS4 
7 LiBRo: VII: sog gua L e e © 093553300 
Ss: LIBRO VIII: La es da 3IOI=$307 
Or. LIBRO Dato: e de we en È at-3308 
Io, LIBRO die ii& e ope + 330053371 
TI. LIBRO AIL: <. eo Lu sa a La e 33723373, 
VIII. L’Appendix Vergiliana: 
Ul LAVOFI GENEVA ‘> è è n ie a II743300 
b) Lavori speciali: 
I, CATALEPTA . L00000... + 3381-3404 
2. REks ROMANAE . . . 0.0... + 3405 
ICOPÀ:- a: & © as È LA © be 4 34005307 
4. MORETUM . o... ++ + 3408-3413 
Se CULEN 4 e dl i n a AIA 
OE CIRIS sce e e e a IR A09 
7. DIRAE E LYDIA . . ...... +. 3430-3434 
I. Generalità. — Il secondo millenario di Virgilio per il 


quale la Nazione italica, rinnovellata, prepara solenne commemo- 
razione come al poeta che meglio sentì lo spirito della stirpe e lo 
mantenne attraverso i secoli, divenendo quasi il genio tutelare 
della Nazione, non poteva essere rammentato anche agli stranieri, 
come a noi, da voce più autorevole di quella di G. Boni (I 2969). 
Questi, vissuto intimamente con tutta l’anima sua nello spirito 
di Roma antica, meglio d'ogni altro scppe comprendere la natura 
del poeta mantovano e la sua vera importanza storica e morale 
specialmente in quel suo attaccamento alla terra materiale, la 11a- 
gna parens, che egli pure provava così profondamente e dal quale 
l'animo s'eleva più puro e forte all’ideale della patria morale, della 
patria politica. Il Boni nel ricostruire i giardini imperiali del Palati- 
no sentì l’anima dcl poeta che parlava attraverso le piante, i fiori, 
da ogni zolla della terra feconda, e ne voleva restituito, come sim- 
bolo dei nuovi destini d’Italia, il bosco sacro. L’Italia deve trarre. 
la sua forza principale dalle ricchezze agricole, e il grande concetto 
politico di Augusto e di Mecenate trovava naturale eco nell'animo 
del pio agricoltore mantovano, che, esaltando la fecondità dell’Ita- 
lia e agognandone ancora piena e possente la fertilità naturale, in- 
nalzava anche alla patria il più grande monumento di sapienza 


I. 2969 — Boxi G., Il secondo p. 208-214. 
millenario di Virgilio = NA.,1923: 


— 522 — 


I. GENERALITÀ. I. 2970-2971 


i cr Li RI — —— — 


politica e di gloria artistica. Ed il Boni avrebbe voluto vedere ripro- 
dotte innanzi agli occhi dei fanciulli italiani le scene reali della 
bellezza d’Italia a cornice delle rappresentazioni storiche che ne 
facessero rivivere le glorie e mantenessero fermo nella memoria delle 
giovani generazioni il ricordo del passato, che dovrebbe essere am- 
monimento per l'avvenire. E di più avrebbe voluto sentire riprodotti i 
suoni puri della dolce favella dei quali l'eco ancora si mantiene in 
talune parlate. Grammofono e cinematografo dunque a servizio di 
un'alta opera patriottica. I voti del grande studioso si potranno 
compiere? Auguriamolo per il bene e la grandezza d’Italia. Intanto 
ne possiamo trarre buono, confortevole auspicio dallo sforzo che il 
Governo nuovo ora fa per rinnovare negli Italiani la coscienza nazio- 
nale con la restaurazione agricola e morale, mezzi potenti per aftran- 
care in parte la Nazione nostra dalla servitù economica straniera. L’I- 
talia grande e potente per le sue stesse ricchezze, saggiamente rimesse 
in valore e giustamente usate; e quindi, l’Italia grande e po- 
tente fuori dei confini naturali, nella coscienza del mondo civile. 
Eccoil sogno del grande poeta, ecco la concezione della nuova vita ita- 
lica! Miglior monumento non sì potrebbe innalzare al poeta nazionale 
che ricondurre l’Italia, per lungo tempo smarrita, al grande ideale cui 
egli mirava: e l’Italia sì sta apprestando a farlo con le nuove conce- 
zioni che animano tutta la vita della nazione, dalla « vittoria del 
grano » alla pietà dello spirito, alla riverenza alle leggi, alla fede 
incrollabile nel proprio destino per cui la religione profonda è base 
di tutta la vita morale, l’amore della patria è il primo dovere di 
ogni cittadino, ed orgoglio nobile è l'essere dignitosi e fermi con 1 pre- 
potenti, magnanimi coi vinti: farcere sudiectis et debellare superbos. 
Questo è lo spirito che anima la commemorazione che si appresta al 
poeta, quale traspare ad es. dalle parole ardenti del proclama che E. 
Cocchia ha rivolto (I 2070) a nome dell'Accademia Napoletana a tutti 
gli Italiani, a tutta l'umanità civile, e quale animava già con l'auspi- 
cato ritorno di Virgilio per il bene d’Italia il discorso tenuto in Fran- 
cia da L. Siciliani (I 2971). Questo voleva essere un avvertimento 
per noi, ma era anche, e forse più, per gli altri. Governo e Nazione 
si uniscono in un solo intento nel commemorare l'antico poeta per 
attuare quanto Dante aveva all’aprirsi della nuova tra ammonito: 


...Onorate l'altissimo poeta, 
L'ombra sua torna ch'era dipartita. 


I. 2970 — CoccHÙia E., Proclama I. 2971 — SICILIANI L., Ver- 
asl Italiani ed agli studiosi di gilii Reditus. Discorso tenuto alla 
tutto il mondo civile = Mo59., III Sorbona il 20 marzo 1923, pp. 20, 
(1926) p. 54. Roma, Grafica 1923. 


— 523 — 


CESSI. VIRGILIO. I. 2972-2977 


Mentre fervono i preparativi nel mondo politico e dei dotti per 
la solenne celebrazione, gli studiosi apportano il loro contributo di 
sapere e di esperienza per illustrare degnamente l’opera e renderla 
più conosciuta anche ad una più larga cerchia di lettori. Il Sabbadini 
promette la grande edizione delle opere virgiliane (I 2972), l’Albini ed 
altri ne hanno già divulgata la conoscenza con le versioni poetiche. Da 
parte nostra non sarà inopportuno fare la rassegna del lavoro com- 
piuto nel quinquennio dal 1919-20 al 1924-25 per centinuare, per 
quanto la natura del nostro periodico consente, una tradizione 
onorevole italiana, che non si può, non si deve interrompere e che 
fa riscontro all'attività forestiera in questo campo di studi, per cui 
dobbiamo ricordare l’Hadsitz (I 2973) che si occupa dei problemì 
generali virgiliani in rapporto alla più recente letteratura, il Knapp 
(I 2974) che esamina in particolare le versioni, e il Jahn (I 2975) che 
riguarda, con la competenza e l’autorità quale ogni studioso gli rico- 
nosce negli studi virgiliani, tutta la letteratura dal 1913 al 1923. 


II. Edizioni generali: tradizione del testo. — Un'cdi- 
zione completa dei poemi virgiliani è dovuta a Plessis e Lejay 
(I 2976) e il valore scientifico degli autori si unisce in bell’ar- 
monia nel commento con la loro esperienza ed abilità didattica. 
L'intento dell’opera quale traspare dal commento è di far ri- 
vivere innanzi al lettore la figura del poeta innamorato dcl- 
l’arte non meno che infiammato di fede patriottica. — Il Ja- 
nell (I 2977) ha curato la terza recensione dell’edizione ribbeckiana, 
ma con gravi mutamenti che ne trasformano la primitiva natura e la 
caratteristica fondamentale: il Janell segue sovra tutto i codd. 
M. F. con l’aiuto del Rhedig. 136 r (sec. XII), mentre il Ribbeck avea 


I. 2972 — SABBADINI R., Pre- ratur = JFA., 1923, II 223 e 
lezione al corso su Vergilio = Ann. Segg. 
R. Univers. Milano, 1926, pp. I. 2976 — Oeuvres de Virgile 
55-02, publiées avec une introduct. bio- 
I. 2973 — Hapsitz G. D., Some graph. ct littér., des notes criti- 
vergilian problems and recent. ques et explications, des gravures, 


vergilian Literature = CIW., XV 
(1022) 106-121. 


I. 2974 — K(NAPP) CH(ARL.), 
Recent Translations of the Classics 
= CIW., NIII, (1920) 145-147, 
153-154, 101-102, 109-170. 


I. 2975 — JauNP,, Bericht it. d. 
seit 1913 erschienene Vergillite- 


des cartes et un index par F. PLES- 
sis et P. LEJay, pp. CKXXVIII 
+ 904, incis. 52 e carte 2, Paris, 
Hachette 1919. 


I. 2977 — P. VercILn Maro- 
NIS — Opera. Post Ribbeckium 
tertium recens. G. JANELL (edit. 
maior) pp. XNVIII-428, Lipsiae, 
Teubner 1920. 


— pic 


II. EDIZIONI GENERALI. 


o I. 2978-2986 
posto il Pa fondamento della stia edizione. — Presso di noi notiamo 
la ristampa dei Carmina (I 2978) nell’edizione manuale del Barbèra, 
quella popolare dell’Eneide e Georgiche (I 2979); e l'antologia del 
Foffano (I 2980) ad uso delle scuole. — La raccolta dei poemetti vir- 
giliani in veste inglese presenta il Rhoades (I 2981), il Muoney (I 
2982) quella dei poemetti minori. — Di Giov. de’ Medici traduttore 
di Virgilio dà notizie il Craglietto (I 2983). 

La grande utilità degli scoli per la ricostituzione del testo non 
è sfuggita agli studiosi. Sovra tutto in questi ultimi tempi le indagini 
degli studiosi si sono rivolte a riconoscere nella massa informe degli 
scoli la paternità di ciascuno, gli indirizzi particolari, il valore sto- 
rico ed artistico. Il Wiesner(I 2984) studia le «Interpretationes Ver- 
gilianae » attribuite a T. Cl. Donato, nel rispetto linguistico. — Il Fu- 
naioli con opera indefessa, tenace, giudiziosa si è industriato in pa- 
recchi lavori a ricercare le fonti degli scoli. Negli studi critici di ese- 
gesi virgiliana antica (12985) dopo un esame comparativo delle reda- 
zioni hageniane chiamate a (recens. parigino-fiorentina dell’ Appendix, 
Lips. 1902) e dè (rec. bernense, Lips. 186 4) rispetto a Servio, conchiude 
affermando la superiorità di a che sarebbe stata scritta in minuscolo 
carolino, notandoche il gruppo LN P discende da a, mentre da d deriva- 
no i gruppi BCVD e TEF, e che in D si trovano talora note tiro- 
niane le quali aiutano a completare gli Scholia Bernensia. Nelle Allego- 
rie virgiliane (I 2986) il Funaioli studia le varie allegorie che gli scoliasti 
immaginarono nelle allusioni delle Bucoliche: ma cure più speciali egli 
ha rivolto alla silloge filarririana di cui rappresenta la natura partico- 


I. 2978 — VerciLImt. Carmina, pp. VII-121, Birmingham, Cor- 
pp. VIII-396, Florentiae, Barbera  nish Bros 1920. 


1922. I. 2983 — CRAGLIETTO A., Gio- 


vanni De Medici traduttore di 
Virgilio = Ann. del R. liceo Ginn. 
di Pola 1925. 


I. 2984 — WIESNER V., Dona- 

I. 2980 — VirciLIo, Antologia  tiana. Die «Interpretationes Ver- 

virgiliana. Testo latino con note gilianae » des T. CI. Donatus spra- 

a cura di L. FoFrano, pp. 208, chl. unters. I Th., Dissert. Wuùrz- 
Torino, Soc. edit. intern. 1921. burg 1920. 


I. 2981 — Ruoanes, The Poems fi; gici a .. 
Virgil. Transl. (= The World' STO iS: 
of Virgi ransl. ( re World's SIRIGIII[ (1919) {asd pp 
47-65; 1V (1920) fasc. 1-2, pp. 1-18. 
I. 2986 — FUNAIOLI G., Allego- 
I. 2982 — The minor Poems of rie Virgiliane= RILLCI., II (1919- 
Virgil. Translat. by J. J. MooxEy, 1920) 155-190. 


I. 2979 — ViraitIo, Eneide, 
Georgiche, pp. NII-482, S. Cascia- 
no Pisa, Soc. ed. tosc. 1925. 


Classics), pp. NII-424, Oxford, 
Clarend. Press 1921. 


en 
tu 
Li 


CESSI. VIRGILIO 


—_________—____t— 


I. 2987-2995 


lare e l'indirizzo (I 29$7) ricercandone acutamente le fonti (I 2988) 
che egli fa risalire ai dotti del primo periodo imperiale. —Agli studi del 
Funaioli sono in parte di conferma,in parte di complemento quelli del 
Savage (I 2989) sugli scoli del manoscritto di Tours, Bernensis 165, per 
scoprirvi quanto in essi appartiene ad E. Donato. Fra le sei mani, 
cui è dovuto, la più antica è carolingia. Molta parte degli scoli deriva 
dall’opera di Donato, che si dovrebbe identificare col Servius aucius, 
mentre il commento di Filargirio pare si debba estendere anche ai 
primi libri dell’Eneide. Il Savage (I 2990) si occupa ancora del cod. 
par. lat. 7930 (sec. XI) ricordato da Eva M. Sanford in TPAPAA,, 
LV, (1924), 219, e che è importante per la determinazione degli scoli 
attribuiti a Servio. — Degli scoli Bernensi e della collezione hageniana 
si occupa il Thomson (I 2991) che sì sforza di provare come essi siano 
estratti di un commentario contenente interpretazioni di vari (Gallo, 
Gaudenzio, Filargirio, indirett. Donato), compilato da Adamnan, 
donde sarebbero derivati anche estratti della raccolta Abstrusa (C. G. 
L, IV, 43-19$), di che il Thomson stesso dà dimostrazione in un parti- 
colare lavoro (I 2992). — Lo stesso fa il Weir (I 2993) per le glosse di 
Abolita, di cui si era gia altra volta occupato (Wirgil’s Glosses in the 
Abolita glossarv=CI0., XII, (1918), 22 sg.). — Correzioni al commento 
di Donato a proposito di Ex. x, 770 propone F H. Colson (I 2994). — Nè 
soltanto gli scoliasti di Virgilio, ma anche quelli degli altri poeti furono 
studiati per ritrarne nuovo materiale di interpretazioni virgiliane. Per 
le ricerche di S, Consoli (I 2995) sappiamo che lo scoliasta di (riovenale 
cita Virgilio 74 volte, mentre 57 quello di Persio. — Agn. Dall (la quale 
avea dimostrato che le interpretazioni marginali in manoscritti deri- 
vanti da monasteri inglesi avcano fornito materiale al gruppo inglese 


I. 2991 — THomSON 


I. 2987 — FUNAIOLI G., L'ese- 
gesi virgiliana di G. Filargirio e 
T. Gallo = SIFCI, n. s. I (1920). 


I. 2988 — FUNAIOLI G., Le fonti 
della silloge scoltastica filargiriana 
— RFCI., LVIILI (1920) 214-238, 
449-408. 

I. 2989 — Savage J. J., The 
Scholia in the Virgil of Tours Ber- 
nensis, 105: = HSCIPh., XXXVI 
(1925) 9I-104. 

I. 2990 — Savace ]J. J., Note 
an Some Unpublished Scholia 
ina Paris Manuscripts of Virgil 
= TPAPRA., LVI (1925) 229-124. 


H. J. 
A new Supplement to the Bern. 


schol. on Virgil = AJPh., XLI 
(1920) 257-280. 
I. 2992 — Thomson H. ]J. 


Abstrusa = CIQ., XIV (1920) 20. 

I. 2993 — \WEIR R., Terence 
glosse in the Abolita Glossary = 
CIO., NVI (1922) 44-50. 

I. 2994 — CoLrson F. H., A note 
on an old crammarian with a corre- 
ction=C1R., XXXIV (1920) 28-30. 

I. 2995 — Consoli S., Studi 
intorno agli scoli di Giovenale e di 
Persio = RICI., L (1922) 38, 5 5- 


— 526 — 


II. EDIZIONI GENERALI. I. 2996-3002 


dei glossari latini di modo che l’«edizione »inglese non ha rapporto con 
le glosse spagnuole [glossae collectae]donde deriva il materiale di A bo- 
Lita) dà ora (I 2996) notizia di glossae collectae in un ms. ora a Leida (67 
F., foll. 119-128) e derivante dalla Francia settentrionale del tempo di 
Carlo Magno con richiami solo dalle Bucoliche, Georgiche, Eneide non 
dall’Afpendix e senza relazione con la « edizione » inglese e spagnuola 
o con Servio od altro antico commentatore, mentre offrono materiale 
curioso agli studiosi di filologia romanza. — Ncl Liber glossarum il 
Thomson (I 2997) distingue le glosse segnate con de glossis risalenti 
a commentatori di valore, da quelle segnate con Virgili derivanti 
da recenti revisori e copisti. — Scoli virgiliani nel Persio dello stesso 
leber glossarum, od almeno ritlesso di scoli virgiliani riconosce J. F. 
Mountford (I 2998) ed altre traccie in singoli glossari medievali 
persegue acutamente lo stesso Thomson (I 2999). — Il Boinet (I 3000) 
tratta del Med. Palatin. 69 di provenienza parigina (del 1403), con- 
siderandone il valore artistico specialmente nei dettagli più che 
per la bellezza delle pitture da cui sono precedute le opere virgiliane, 
e nelle belle iniziali a riccio con foglie bianche e rosse su fondo oro. 
— Il Sabbadini (I 3001) dimostra che Pomponio Leto ebbe tra mano 
verso il 1470 il cod. mediceo, contrastando con lo Zabughin per la 
lezione erant minus prime = «vi erano di meno le prime », conclu- 
dendo con un'osservazione che merita sia sempre ricordata dagli 
studiosi medievalisti, e non solo medievalisti: « Smettiamo una 
buona volta di misurare gli scrittori medievali e umanistici, si 
chiamino Dante, Benvenuto, Boccaccio, Valla o altro, alla stregua 
dei classici antichi ». 

‘Di un palinsesto virgiliano in scrittura beneventana del cod. 
vat. gr. 2324 discorre brevemente il Mercati (I 3002). — Di un mano- 
scritto del commento serviano all’Eneide virgiliana appartenente 

I. 2996 — Dart Acn: F. G., in Ancient Lone in Medieval Latin 


An eight-century north frankish  Glossaries (= SAUP., XIII) pp. 
Edition of Virgil = CIO. XVII 140, Oxford, Univ. Press 1921. 


\1923) 200868. I. 3000 — Borxet A., Le Me- 
I. 2997 — Tiiomson H. ]J., diceus Palatinus 69 = BSNAF., 

Glossographica = AJPh., NLIV O 1922, 203-272. 

(1923) 352-350. I. 3001 — SagBapINI R, 


Pomponio Leto e il cod. Mediceo di 
Vergilio = RICI., XLVIII (1920) 
212-213. 


I. 2998 — Mouxrtrorp ]. F., 
Quotations from Classical Authors 
in Medieval Latin (lossartes 
= CSCIPh., XXI (1925) 81. I. 3002 — MERCATI G., Sur un 

palimpseste de Virgile en écriture 

I. 2999 — Thomson H. F., Frae- bénéventinedanslecod.vat.gr.2324= 
ments of Ancient Scholia on Virgil. SA., Montecassino, 1920, p. 119 Sg. 


a 507 


07 dei 


CESSI. VIRGILIO. I. 3003-3010 


alla Biblioteca dell’Accademia delle Scienze della Russia ci porta 
notizia il Malim in Bwll. Ac. Scient. de Russte, 1926, 29-49 che non 
ho potuto consultare direttamente. 


III. Vita di Virgilio: «@) BioGRAFIA: — Accanto alle in- 
terpretazioni del testo sono curiose negli scoli le notizie biogra- 
fiche, che diventano di più in più fantastiche e leggendarie, e 
sarebbe interessante, quanto è difficile, come dimostra l’Aly 
{I 3003), risalire alle fonti prime, a quel «c Libro degli amici » che 
dovette formarsi con le testimonianze contemporanee o di poco 
posteriori e dalle quali deriva quel tono simpatico che si nota nelle 
biografie. Certo tutto questo materiale storico va messo sotto più 
severo esame critico, poichè solo col Ruaeus, come prova D. R. Stuart 
(I 3004), la biografia virgiliana cominciò ad essere storicamente trat- 
tata, facendo giustizia delle interpretazioni di Donato. Ma non con- 
viene esagerare nella severità, come fa lo Stuart, nè indulgere 
troppo alla tradizione, come forse è toccato al Fossataro (I 3005) 
che tenta di provare l’autenticità dell’epitafio virgiliano. 

Un quadro generale dell’età di Virgilio nelle sue peculiari ca- 
ratteristiche disegna il Messer (I 3006). — Il Bellessort (I 3007) ci pre- 
senta il poeta nel suo tempo e nell’opera sua, con sforzo notevole di 
sintesi che conduce talvolta a conclusioni non accettabili come in 
parte ha dimostrato il Brou (I 3008). — Presso di noi il Lip- 
parini (I 3009) ha tratteggiato a grandi linee la vita e la figura mo- 
rale ed artistica del pocta. 

I documenti più notevoli e per la biografia del poeta e per 
l’importanza politico-storica di lui si traggono dalle sue opere 
stesse. 

Dallo studio dell’ Eneide parte il Carcopino (I 3010) per 


I. 3003 — ALY W., Die Ueberlie- I. 3007 -— BELLESORT A,, 


ferung von Vergils Leben = Ph\W., 
XLIII (1923) 645-8. 

I. 3004 — STUART D. R., Bio- 
graphical criticism of Vergil since 
the Renaissance = SPhUNC., (1922) 
1-30. 

I. 3005 — Fossataro P., Sulla 
autenticità dell’epitafiodi Virgilio = 
AAPN., LIV (1924) 15. 

I. 3006 — Messer W. S., The 
Foman World of Caesar, Cicero 
and Virgil = ClJ., NIX (1923-24) 
350 Sg.. 


Virgile, son oeuvre el son temps, 
Paris, Plon 1920. 


I. 3008 — Brou A., Virgile = 
Et., CLXIII, 459-465. 


I. 3009 — LiPPARINI G., Fir- 
gilio. L’uomo, l’opera, 1 tempi, pp. 
VI + 317, Firenze, Barbèra 1923. 


I. 3010 — Carcorino F,, Vir- 
gile et les origines d’Ostia = Bibl. 
Ec.fr.A.R., fasc. CXVI, pp.X+-818, 
Paris, Fontemoing 1919. 


— 528 — 


INN. VITA DI VIRGILIO. I. 3011-3017 


risalire alle origini ostiensi, determinando la scena storica del 
grande poema, offrendo motivo di notevoli osservazioni anche a M. 
A. Levi (I 30I1). 

L’importanza dell’Eneide in rapporto alla storia della civiltà illu- 
stra il Warren (I 3012), contro il quale si oppone il Knapp (I 3013) per 
l'eccessività di non poche affermazioni. Pur troppo in tale campo 
la passione spesso prende la mano al critico, come è capitato 
al De Witt ed al Frank nei loro lavori di sintesi. Il De Witt 
‘I 3614) ci conduce dapprima in un viaggio attraverso la 
Roma un po’ decrepita di Virgilio, prima della restaurazione 
augustea, con la guida stessa di Virgilio, e di poi (I 3015) ci fa 
seguire nel 45 il poeta a Napoli quando colà erano Messalla, 
e Sirone presso il quale Virgilio si dà alla filosofia, abbandonando i 
più leggeri studi poetici. Il De Witt ci rappresenta il poeta nella sua 
vita di campagna, quando detta le Georgiche, specialmente a Nola, 
donde poi si ritira, venduto il podere di via Puteolana, a Partenope: 
luogo tranquillo dove Virgilio si riduce a condurre vita epicurea. Il 
poeta sarebbe stato anche a Sorrento, dove avrebbe compiuto le 
Georgiche ed avrebbe fondato un circolo di poeti! — Più completa e 
non meno immaginosa biografia ne traccia il Frank (I 3010) il 
quale, fondandosi sui Priapei e sui Catalefta ricostruisce tutta la vita 
giovanile del poeta, traendo aiuto anche dalle allusioni nei poemetti 
minori attribuiti a Virgilio (Culex, Ciris, Aeina, ecc.). A Napoli, 
o certo in paese campano, il poeta avrebbe composte le Bwcoliche: 
a Napoli, nella villa di Sirone, si sarebbe egli fermato senza più 
ritornare nella Lombardia e colà l'avrebbe raggiunto anche il padre, 
dopo la perdita dei beni nel territorio mantovano! — Ma sul vero 
possedimento rurale di Virgilio è ancora incerta ogni conclusione cri- 
tica, come dimostrano il Conway ‘(I 3017) che pensa a Calvisano, il 
I. 3015 — DE WITT N. 


I. 3011 — Levi M. A., Virgilio W., 


e Ostia = AeR,, n. s. III (1922) Vergil at Naples = CIPh., XVII, 
142-148. (1922) 104 Sg. 
I. 3012 — Warren S. H,, 


I. 3016 — FRANK T., Vergil. 
A Biography, pp. VII + 200, New 
York, H. Holt 1922. Rec.: RICI. 
n. s. I (1923) r16 sg. [R. SABBA- 
DINI]; BFCI. XXX (1923-4), 147 


V’ergil in relation to the Place of 
Rome in the History of Civilisation, 
Oxford, 1921. 


I. 3013 — Knapp CH., Sortes 
vergilianae = CIW., XVIII (1925) 


33-40. 

I. 3014 — Di WITT N. W., Itome 
of Virgit =Cl]., NVII (1921-22) 
150-156. 


sg. [B. Romano). 


I. 3017 — Coxway R.S., IT here 
was Vergil’s farm? = BRL., Man- 
chester, 1923 e Dot'era 10 podere 


— 529 — 


Aevum - Anno I - 34 


CESSI. VIRGILIO. I. 3018-3028 


Besutti (I 3018) che sostiene l'ipotesi del Maffei per Bande, ed il 
Nardi (I 3019, 3020) ed il Dal Zotto (I 3021) che si richiamano 
alla tradizione. — Per il Frank invece e per il De Witt (I 3022), 
1 dubbi non esistono, tanta è Ja sicurezza delle affermazioni più cu- 
riose su taluni particolari della vita di Virgilio. — Talune obbiezioni 
ed appunti di natura stilistica e linguistica mosse all'opera del De 
Witt anche K. Rand (I 3023) e per la biografia del Frank il nostro 
Sabbadini (I 3016}. — Per le fantasticherie degli antichi scoliasti 
cfr. il Funaioli (I 2986). — L’Ussani (I 3024) tratta della precoce 
canizie rammentata dal Petrarca e dell’età in cuiil poeta avrebbe 
composte le Bucoliche (32 anni). —- Non ho potuto aver notizia di- 
retta dei lavori del Guizzon (I 3025), del Baehrens (I 3026), del 
Falletta (I 3027). 

Dalla nascita alla tomba la leggenda accompagna sempre Virgi- 
lio: ed alla sua tomba in Napoli, (per l’epitafio cfr. I 3005) si sono 
rivolti di recente, gli sguardi e le cure degli archeologi, degli 
studiosi e del Governo nazionale per rimettere nel dovuto de- 
coro il monumento pericolante. Esso è per lo meno sacra reliquia 
di una sacra tradizione popolare per cui il poeta visse per secoli e 
continua a vivere ancora nella memoria popolare. — Così per la 
grotta della Sibilla; dei lavori ivi fatti dà notizia il Maiuri (I 3028). 


di Virgilio? = AeR., ns. VII (1926) wmiantic Biography of Virgil = CIPh., 
XVIII (1923) 303-309. 


170-180. 
I. 3018 — BESsUTTI A., La pa- I. 3024 — USSsAnI V., La canizie 
tria di Virgilio, Asola, 1927. precoce di Virgilio e le biografie 


virgiliane note al Petrarca — RECI., 
I. 3019 — NarpI B., Notizie 1921, 431-434. 
sul paese natîo di Virgilio = Ann. 
del R. Liceo scient. di Mant. I. 3025 — Gvuizzon L, Un epi- 
1925-60. sodio virgiliano, pp. 12, Udine, 
Ciussì 1925. 
I. 3020 — Narpi B., La gio- 
vinezza di Virgilio, pp. 19, Man- 
tova, tip. Mondovì, 1927. 


I. 3026 — BAEHRENS W. A, 
Cornelius Labeo alque eius comment. 
vergil., Leipzig, Teubner 1918. 

I. 3021 — Dar Zotto A., Man- 
tua Musarum Domus = Ann. R. 
Liceo-Ginn. di Mant. 1926. 


I. 3027 — FALLETTA M., Nota 
virgiliana, Trento, Art. gr. trid. 
1925. 

I. 3022 — DEWITT N. MW, Ver- 
gil’s Biographia litteraria, pp.VII- 
192, London, Milford 1923. 


I. 3028 — MAIURI A., Printzi 
saggi di esplorazione nell’antro della 
| Sibilla a Cuma = NS, 126., s. VI; 
L 3023 — Ranp E. K., Ad ro- v. IT, (1926), 85-92. 


— 030 — 


III. VITA DI VIRGILIO. 


__I. 3029-3034 


Alla pratica della realtà, e forse anche ad una diretta esperienza ri- 
salgono le conoscenze che Virgilio dimostra dell’arte marinara, come 
prova il Peaks (I 3020) studiandone gli accenni specialmente nel- 
l’Eneide. Ma di qui a credere col Frank che Virgilio sia stato per 
certo tempo anche marinaio ci corre, e parecchio! 


b) CARATTERE ED ANIMO DI VIRGILIO. — Sul carattere del 
pocta si sono sbizzarriti, e non poco, gli antichi. La fielas che alita 
in tutte le sue opere, il carattere dì ritrosia e quasi di timidez- 
za che traspare ad ogni passo, hanno fatto fantasticare sì da 
far attribuire al poeta il nomignolo di « Vergine ». — Alla tradizione si 
oppone l’Amatucci che già nel suo lavoro sulla Timidità di Virgi- 
lio, (= RILLCI., 1, [1918], 151) avea congetturato che il soprannome 
di Vergine fosse provenuto a Virgilio dal luogo dove egli abitava, nel 
massiccio di Nola. Il Pasquali (I 303c) fa osservare a tal proposito che 
esiste sì anche un Mons Virg:lius, ma che tale determinazione è molto 
tarda (sec. XIII) e che ciò non autorizza ad abbandonare l’opinione 
tradizionale. L’Amatucci (I 3031) a sua volta risponde insistendo sulla 
sua congettura, dacchè il podere di Virgilio sarebbe stato appunto 
sul massiccio di Nola. — Comunque, lo spirito dell’opera virgiliana 
potrebbe essere stato anch'esso un motivo alla tradizione, ed è tale 
spirito per cui S. E. Shennan (I 3032) afferma che l'opera di Vir- 
gilio è elemento fondamentale per l'educazione piena, completa dei 
giovani, per lo sviluppo della vita sentimentale, affettiva, morale, 
religiosa. — Il sentimento umano (cfr. I 3282) e patrio del poeta è 
messo in bella luce dal Beltrami (I 3033) e l’Ussani (I 3034) ricono- 
sce in Virgilio la temperanza delle concezioni morali e filosofiche (I 
3183) contro quel rigidismo sistematico, scorto da taluni nell’epicu- 
reismo virgiliano (I 3016, 3182, 3209, 3343, 3302) e di più la pro- 
pensione alla malinconia e alla pace (I 3133), che è ragione del carat- 
tere dolce e sereno dell'opera del poeta che trasse inspirazione alla 
sua attività artistica più dal suo intimo sentimento naturale 


I. 3029 — Peaks M. B,, Ver- 
gil'sSeamanship =CIW.,XV(1922) 
201-209. 


I.3030 — PASQUALI G., Virgilio 
e Montevergine=AeR.,XXIl(1919) 
219-227. 


I. 303} — AMaTtuccIi A. GG, 
Virgilio e Montevergine — AcR., n. 
s. I (1920) 221-225. 


I. 3032 — Snexnman S. E, A 
message from Virgil = ClJ., XIX 
(1023-24) 311-314. 

I. 3033 — BELTRAMI A., Sen- 
timento patrio e umanoinVirgilio = 
Ann. Univ. Genova, 1919-1920, 
Pp. 29. 

I. 3034 — Ussani V., Zl pen- 
siero di Virgilio = AcR., n. s.IV 
(1923) 149-104. 


— 591 — 


I. 3035-3042 


————— r————T———+—————È—++ _— 


CESSI. VIRGILIO. 


e di romano che non dai modelli ellenistici. — Complemento, 
per certi riguardi, al lavoro dell’Ussani, è quello dell’Arnaldi 
(I 3035) che si sofferma sovra tutto sul sentimento della natura 
in Virgilio — Di tale sentimento aveva largamente trattato 
l’Anderson (I 3036) il cui lavoro ricordiamo, anche se un po’ vec- 
chio, a causa di molte osservazioni importanti per la compren- 
sione dell’arte virgiliana, e più di recente il Knapp (I 3937) che 
tende ad applicare all’arte di Virgilio 1 postulati generali di A. 
Geikie (The love of nature among the Romans, London, 1912) ed il 
Keith (I 3038) che fa notare il carattere di serenità statica più 
che drammatica nelle descrizioni delle scene naturali per cui Virgilio: 
si distingue e dai suoi modelli e dai suoi imitatori. — Più intimamente, 
con vario intendimento, penetrano nello spirito del poeta il Greene 
(I 3039), la Hahn (I 3040) ed il Mitchell (I 3041). Il Greene vuol pro- 
vare che dove il poeta manifesta un dubbio od un ritegno nell’espri- 
mere il proprio sentimento non si ha da vedere una voluta reticenza 
nelle dichiarazioni ma l’espressione genuina di un dubbio reale; la 
Hahn ricerca e studia i passi dai quali traspare il sentimento umano 
di Virgilio verso i vinti e gli oppressi e di cui sono circonfusi anche i 
nemici di Roma, quando siano colpiti dalla sventura (I 3133); il 
Mitchell crede di riconoscere nella concezione che il pocta ha della 
punizione nell’oltre tomba dei delitti compiuti sulla terra l’adesione 
stretta a concezioni speciali delle religioni primitive che assegnano 
ai morti una sede sotterranea misteriosa, indipendentemente da ogni 
idea morale. In Virgilto adunque si deve ricercare non i] filosofo ma il 
rappresentante della coscienza popolare e delle più comuni tradizioni. 
— Il De Witt (I 3042) mette in luce il modo col quale il poeta 
tratta i caratteri femminili, specialmente di Camilla nell’Ene:de, in 
cuii ricordi classici delle omeriche Amazzoni e delle tragiche Alcesti 


.- I. 3035 — ARNALDI F., L'anima 
di Virgilio =AeR., n. s. VI (1925) 
241-204. 

I. 3036 — Axperson M. L., 
A study of Vergil's descriplion of 
Nature, pp. 224, Boston, Badger 
I9IO. 

I. 3037 — Knapp Ch. The 
love of Nature in Vergil = CIW., 
XIV (1921) 49-51, 57-59. 

I. 3038 — KEITH A. L., Homer 
Vergil and Milton in their Use of 


Images from nature = TPAPhRA. LI 
(1920) p. NV sg. 


I. 3039 — GREENE W. C., Young 
Vergil and the Doubtful doom of 
human Kind=A]Ph., XLIII (1922) 
344-352. 

. I. 3040 — Haun E. Ap, Vergil 
und the «Unterdog» = TPAPHRA,, 
LVI (1925) 185-214. 

I. 3041 — MitcHELL L. B, 
Vergil's Teahkings on Rewards and 
Punishmentinthe After Life=C1W., 
XIV (1921) 59-81. 

I1.3042 — DE WITTN.W., Vergil's 
Tracedv of Maidenhood = CIW., 
NVIII (1925) 107 sg. 


IV. ARTE DEL POFTA IN GEN. 


ed Ifigenia si fondono in nuova cuncezione ove si combinano patriot- 
tismo e poesia. — Per il senso tragico della pietà in Virgilio cfr. i 
lavori che ricorderemo più avanti dello stesso De Witt (I 3286, 3287). 
I] tipo di Camilla specialmente ha eccitato l'animo e la fantasia dei 
nostri artisti, dal ricordo delicato di Dante alla creazione delle fi- 
gure di Bradamante, Marfisa, Clorinda. — Del sentimento reli- 
gioso in rappotto alla storia del tempo si è molto occupato il Fow- 
ler che ha raccolto (I 3043) in un denso volume gli scritti pubbli- 
cati in varie occasioni; e di recente la Perroni (I 3170). 


IV. Arte del poeta in generale e suo influsso sull’arte 
posteriore. — Particolare interesse otfre l’arte del poeta che fu in 
questi ultimi anni studiata anche nei suoi più minuti particolari, nei 
più squisiti intimi segreti psicologici. Per il metodo critico moderno 
è utile leggere le considerazioni che il Guillemin (I 3044) fa a pro- 
posito del commentario del Norden al libro VI dell’Eneide. Egli 
mette in rilievo, che non bastano alcuni elementi verbali per con- 
cludere la relazione di imitazione o di contaminazione. L'una e l’altra 
avvengono spesso inconsciamente. Sarebbe infatti strano, osserva 
il Guillemin, non trovare le poche figure di pensiero virgiliane fra 
le sessanta o più che registra la /y/etorica ad Herennium: ma non si 
può per questo ammettere che il pocta le abbia usate per la Ricetorica! 
— Per l’arte virgiliana in generale vedi Prescott (I 3171). — Il 
Bérard (I 3045 e 3046) dalle reminiscenze odissiache delle Georgiche e 
dell’Eneide conclude che Virgilio aveva un testo diverso dal nostro; 
il Perrotta (I 2400) pur ammettendo la parziale dipendenza di 
Virgilio da Arato, dimostra l’originalità del Mantovano; il Crump 
(I 3047) risale a Riano per alcuni dettagli comuni (En. 1. IX) a 
Virgilio ed a Pausania, il quale deriva dal poeta ellenistico; a 
Teocrito si richiama il Kappelmacher ‘I 3047a); il Rouse (I 3048) 


I. 3043 — FowLER W. W., et le texte de l’Odvssée = CRAEG,, 
Roman essays and interpretations, 1918-9, p. XLVI sg. 


. 290, Oxford, Clar. Press 1920. 
olio Dn i di I. 3047 — Crump M. M., Ver- 


I.3044—GUILLEMINA.,Quelques  gilandthe Messeniakaoj Rhianus= 
injustices de la critique interne  CIR., XXXV (10921) 157. 
d l’égard de Virgile, 41, Chalons s. 


S., Bertrand 1921. I. 3047a KAPPELMACHER D., 
Vergit u Theokrit = ErV., 5 
I. 3045 — BÉRARD V., La mes- marzo 1925. 


de Circe: REG: NXXIT 
SE MOLA CEE i I. 3048 — Rouse W. D., Ver- 


1919), I6 Sg. 3 sa 
Molo: Ù gil's Rhythms= CIR, XXXIII 
I. 3046 — BERARD V., Virgile (1919) 138. 


— 533 — 


CESSI. VIRGILIO. 


I. 3049-3055 


nota l’influsso enniano nelle finali monosillabiche dei versi, arti. 
ficio usato da Virgilio col disegno evidente di variare il ritmo 
per adattarlo all'espressione, al movimento del pensiero; il Merrill 
(I 3049) ricerca l'influsso lucreziano; infine il Hosius (I 3050) insti- 
tuisce parecchi raffronti con poeti precedenti e posteriori a Virgilio 
per dimostrare in ogni caso il carattere peculiare di originalità vir- 
giliana. — I mezzi od artifici tecnici del poeta dettero motivo a varie, 
molteplici ricerche. Il Frank (I 3051) tenta di stabilire quale fu la 
teoria artistica di Virgilio e ne segue lo sviluppo nell’applicazione 
pratica delle sue opere, studiando in particolare quel genus molle et 
facetum di cui parla Orazio (Sat. 1, 20, 44). — Lo Stemplinger 
(I 3052), trattando dell’interesse risvegliato nei lettori dagli artisti col 
differimento e l’attesa dello scioglimento nota che in Virgilio tale 
tensione della curiosità si palesa piuttosto come interesse affet- 
tivo che non intellettivo, rivolgendosi più alla maniera con la quale 
il poeta presenta la scena attuale che non allo scopo finale. 

Ma Virgilio non è mai addictus ai suoi modelli, sì tratti anche 
di Omero. — Il Blimner (I 3053) infatti dimostra che Virgilio, 
pur derivando da Omero nella descrizione delle scene di morte 
in battaglia, ne segue solo l'apparato scenico, esterno, ma il sen- 
timento è tutto virgiliano, tutto romano onde in En. X, 781 il 
morente invoca anche la patria: ed in questo lo seguc Valerio I'lacco 
più che non tragga da Apollonio Rodio. — Lo scrupolo del poeta nella 
determinazione dei dettagli mette in luce il Keith (I 3054) esaminan- 
do l’allegoria della Fama, sì che l’espressione artistica sorpassa 
talora l’idea rappresentata nell’interessamento del lettore. Il Keith 
nota che in tale rappresentazione, introdotta anche a diffondere un 
certo senso di simpatia per Didone ed Enea, si ha un primo passo del- 
l’intromissione del divino nelle personificazioni materiali. Il Keith 


I.3049 —MerriLL\V. A., Paral- 
lels and Cotncidentes in Lucretius 
and Virgil = UCPCIPh., III, 135- 
204. 


I. 3050 — Hostus C., Zu Vergil 
= MuW., Bonn, 1919, pp. 105-109. 


I. 3051 
Apprenticeship II = 
(1922) 109 sg. 


— FRanNK T, Vergil's 
CIPh., NV 


I. 3052 — STEMPLINGER E., Die 


aesthetische Spannung= S., n. s. 
VII (1919) 70-81. 

I. 3053 — BLUMXNER H,, Die 
Schilderung des Sterbens in der 
romischen  Dichtung = NJPh, 
XXII, (1919) 244 Sg. 

I. 3054 — KEITH A. L., Vergil's 
Allesory of Fama = (C1J., XIX 
(1923-24) 298-301. 

I. 3055 — KEITH A. L., Obser- 


vations on Vergil's use of the que- 
stion = CIW., XVI (1922) 210-217. 


— 534 — 


IV. ARTE DEL POETA IN GEN. 


2 ESSI 


(3055) stesso che aveva già esaminato {I 2272) l'uso delle impreca- 
zioni in Virgilio ‘in rapporto a quelle omeriche concludendo che il 
poeta nostro sì stacca dal suo modello per la più fine accortezza 
nel saperle adattare alla psicologia dei personaggi; si rivolge all’uso 
delle interrogazioni facendo rilevare la loro maggior frequenza 
nell’Ene:ide in bocca a donne, forse a determinarne il carattere 
meno fiero e meno pronto nelle deliberazioni rispetto a quello degli 
eroi (cfr. I 3042) — Il Fraser (I 3056) si occupa delle similitudini e 
del modo col quale sono introdotte dal poeta (67 casi su 84 appor- 
tano l’uso di veluti, velut, ut, ceu, qualis). 

A. Hahn (I 3057), ricercando quando e come Virgilio usi la figure 
dell’endiadi, conclude che in nessun caso in Virgilio si può parlare di 
vera e propria endiadi, dacchè ogni determinazione aggiunge sfumatu- 
Te e concetti nuovi. — C. E. S. Headlam (I 3058) si sofferma sulle allit- 
terazioni, assonanze, eco ritmico, ecc. che si manifestano con gli arti- 
fici più squisiti, col più vivo senso dell’armonia, come riconosce 
l’Evans (I 3059). — Altra caratteristica dello stile epico virgiliano il 
Keith (I 3060) ritrova nell’uso delle espressioni indicanti « brevità » 
(nove volte è usato breviter, dodici fatica o paucis) per cui pare che il 
poeta voglia lasciar intendere più che non esprima. — Altra ne ricerca 
(I 3061) nell'uso di certe parole isolate e di senso pregnante che nella 
loro forma composta indicano di più che nella forma più semplice e 
breve: finezze stilistiche che non sfuggirono neppure al Tennyson (cf. 
ad es. cuuctantem {En. vi, 211] refostum [En. 1, 26], corripuere [En. 
I, 418], ecc.). — Nell’uso del pronome nos, usato per il singolare, il 
Conway (I 3062) riconosce un effetto scenico che tradisce il senti- 
mento violento del soggetto: solo duc volte si ha un vero $/uralis 
maiestatis. — Il Radin (I 3063) si occupa del valore avverbiale di ag- 


I. 3056 — FRASER A. D., The 


I. 3060 — KEITH A. L., « Briefly 
Simile on 


Virgil = ClJ., NIX speading» in Vergil =  AW, XV 
(1923-24) 48 sg. (1922) 50 Sg. 
I. 3057 — Haun E. Av, Hen- I. 3061 — KriTtn A. L., The 
diadys: is there such a thing? = lonely word in Vergil= CIW., XIV 
CIW., XV (1922) 193-197. (1921) 36 Sg. 


I. 3058 — HEapLawm C. E. S 
The art in Vergil’s poetry = CIR., 
XXXIV (1920) 23-20, 


I. 3062 — Conway E. H.W,, 
The singular Nos tn Vergit = CIQ., 
XV (1921) 177-182. 


I. 2059 — Evans W. E. Alli I. 3063 — RabIN M., The «men- 


leratio latina, pp. NNXIV + 1096, 
London, Williams a. Norgate 1921. 


te » adverb in Vergil = = Coe: NVI 
(1921) 40 Sg. 


e I 


CESSI. VIRGILIO. I. 3064-3069 


gettivi con mente (En. I.20). — Ài gruppi dî parole rivolge la sua at- 
tenzione il Hodgman (I 3064), per il loro valore artistico anche. 
secondo la funzione sintattica, nell'unione dei sostantivi con 
aggettivi, di verbi con avverbi, del soggetto col verbo, ecc. 
presentando vari tipi quali ad es. aba, ab-ba, ab-ad, ecc. con 
riguardo speciale alle parole intercalate, alla disposizione sim- 
metrica delle parti logiche nella proposizione e sovra tutto 
nel verso, alla fine degli emistichi o dei versi. — Sulla questione 
dei versi ripetuti ritorna N. Moseley (I 3065) dimostrando che pure 
derivando da imitazione di un artificio omerico, hanno uno scopo 
artistico definito, per cui si possono distinguere nove gruppi distinti. 
— Il Gladow (I 3066) invece in tale fenomeno artistico ricerca gli ar- 
gomenti storici per la cronologia delle opere virgiliane e l’ordina- 
mento interno dei poemi, concludendo che il Culex è da ritenersi 
virgiliano, non la C?rîs; che il Culex è opera giovanile e la Ciris do- 
vrebbe essere stata composta parecchio dopo le Egloghe, fra le quali 
ed il Culex sarebbe corsa una decina di anni! Troveremo tale metodo 
sfruttato di recente anche più rigidamente per le Bucoliche e l’Eneide 
dal Kumaniecki (cfr. più avanti I, 3126, 3279). — Il Wilkins (I 3067) 
studia la natura e la composizione delle comparazioni delle quali la 
maggior parte (e si capisce!) deriva da Omero, poche da Apollonio Ro- 
dio. Delle 163, secondo i suoi calcoli, che presenta l’Eneide il Wilkins 
ne distingue 38 di brevi e delle 32 delle Georgiche di brevi ne sono 
II; di queste 49 sono originali solo quattro, delle altre 146, che hanno 
maggiore sviluppo, il W. nota che 27 sono di nuova invenzione o per 
meglio dire senza un modello noto, e solo nove presentano analogie 
con altre lucreziane. — Più industriosa, se non più proficua, è la 
ricerca del Simon (I 3068) sugli acrostici in Virgilio! 

Per le ricerche di natura propriamente grammaticale sono da 
ricordare lo Steele (I 3069) che si occupa dell’ablativo efficiente; 


I. 3064 — HoDpGman A. W., classification of the Similes in Ver- 
Word-grouping in Vergit = CIW., gil’s Aeneis and Georgics = CIW., 
NIV (1921) 193-195. XIV (1921) 170 sg. 


I. 3065 — MoseLEYv N., The I. 3068 — Simon J. A., Horatius 
repeatedlinesof Vergit= TPAPNA., acrostichicus: Akrostisches bei Hora: 
LIII (1922) XX. Vergil, Catull, Tibull, Ovid, Pro- 

perz, pp. 14, Kòln, Kélner Mit- 

I. 3066 — GLanpow F°., De Vergi- tagblatt 1923. 

liv ipsius imitatore, dissert. Greifs- 
wald, 1921. - I. 3069 — STEELE R. B., Ablat. 
of efficient= CIPh., XVI (1921) 354 
I. 3067 — Wicrkins E. G., 4A sg. 


— 536 — 


IV. ARTE DEL POETA IN GEN. IL 3070-3077 


M. E..Lees (I 3070) che tratta degli ablativi descrittivi (ad es. En. 
VIII, 2006 villosa setis bectora); il Blase (I 3071) che considera il valore 
del più che perfetto di En. x, 853 a proposito del congiuntivo latino; 
la Knighth ( I 3072) che esamina il valore del partecipiale in-fo sia 
per le azioni contemporanee (En, I, 220), sia per quelle ripetute o dì 
conato (En. I, 29: III, 125, ecc.) e per taluni usi particolari (fetas 
Buc. 1, 49). 

La tecnica del verso fu sottoposta ad esame particolare. Dei la- 
vori speciali sulle singole opere daremo notizia al loro luogo; qui ri- 
cordiamo 1 lavori d’indole generale quali quello del Rouse, già ricor- 
dato (I 3048); dello Headlam (I 3073) sulla tecnica del verso e che ser- 
ve di complemento a quello già annunciato più sopra (ctr. I 3058); 
del Shiplev (I 3074) che studia 1 58 emistichi virgiliani, aggiungendo- 
ne considerazioni per la cesura particolare, per la lettura del verso, 
per l’iato e l’elisione, di che si occupa anche in altro lavoro spe- 
ciale (I 3075); in finc del Siclari (I 3070) riguardo alla rima in 
Virgilio. 

L'influsso esercitato da Virgilio su tutta l’arte e la letteratura 
posteriore fu grande. Ma che non convenga esagerare in questo campo. 
dichiarò già da tempo il Lebouton (Vergil und die bildende Kunst = 
ZOeG., 1915, 193 sgg.), notando che spesso si scambiano per caratte- 
ristiche virgiliane quelle che sono proprie piuttosto della sua età 
e dell’arte stessa del tempo. Però non v’ha dubbio che molte opere ab- 
biano tratto inspirazione dalla lettura di Virgilio, come prova il 
Comparetti (I 3077) per il rilievo rappresentante una scena della 
caduta di Troia su l’elmo di gladiatore trovato a Pompei, e l’inci- 
sione del « Grand camée de France », con l'apoteosi di Enea, secondo 
l’intepretazione del Piganiol (cfr. I 3338). 

Maggiore e indiscusso è l'influsso esercitato da Virgilio sui poeti 


I. 3070 — Less M.E,, The a- 
blative case in Virgil = CIO., XV 
(1921) 183-185. 

I. 3071 — BLasE H,, Die con- 
junktiv im Lat. = Gl., IX, (1920), 
30 sg. 

I. 3072 — KNxIGHTH CL. M,, 
The «to» parteciple in Vergil = 
AJPh., XLII (1921) 200-204. 


I. 3073 — Heaptam C. E. S., 
The technique of Vergil’s verse = 
CIR., XXXV (1921) 01-64. 


I. 3074 — W., 


SuIPLEY |. 


Vergil’s verse Technique=WUSHS., 


XII, p. I (1924) 115-I5I 
I. 3075 — SHÙipLey F. \,, 
Hiatus Elision Caesura in Ver- 


gil’s Hexameter = TPAPhA., LV 
(1924) 137-158. 

I. 3076 — SictLari N., La rima 
in Virgilio, pp. 52, Palmi, tip. 
Genovesi 1921. 


I. 3077 — COMPARETTI |), 
L’Eneide nell’altorilievo di un casco 
di gladiatore pompeiano = AeR., 
XXII (1919) 113-127 


— 537 — 


CESSI. VIRGILIO. I. 3078-3089 


contemporanei e posteriori. Per Tibullo il Castiglioni {I 3078) ammette 
più stretti rapporti con Orazio che noncon Virgilio.— Ne risentì in gran 
parte Valerio Flacco (cfr. I 3053) di cui si occupa in particolare il Mar- 
bach (I 3079); ne risentì Seneca, che seguì il modello non soltanto nelle 
poesie, come prova il Consoli (I 3080), ma anche nelle lettere, secondo 
le ricerche del Barris (I 3081); ne risentì persino Petronio, per quanto 
‘è riuscito a confermare il Revay (I 3082). — Dell’ammirazione di 
Marziale per Virgilio porta testimonianze il Preston (I 3083). — A 
tale ammirazione contribuirono senza dubbio gli scoliasti stessi, 
i quali in parte si occuparono anche di mettere in luce il valore arti- 
stico del poeta: di che da chiara prova il Galdi (I 3084) in una disser- 
tazione premiata dalla R. Accademia di Napoli nel 1925 e pubblicata 
solo nel 1926. —- A proposito di Columella I, 12 il Miller (I 3085) nega 
che l’eivs di quel passo sia da riferirsi a Virgilio, affermando che va 
accordato con «agricultura » onde consegue, come ha provato il Lun- 
dstròm (I 3086), che a torto si ricerca ur modello virgiliano in Igino. 

La prima testimonianza di Virgilio nella letteratura cristiana sa- 
rebbe dal Chiappelli fI 3087, 3088) ritrovata negli Atti degli A postoli, 
che sarebbero di origine romana per i frequenti latinismi che presen- 
ta il testo greco, come nel Vangelo di S. Luca, il quale sembra opera 
«dello stesso autore degli At. La scena del pericolo corso da S. Paolo 
nella sua ultima visita a Gerusalemme sarcbbe, secondo il Chiappelli, 
ricalcata su quella di Enea a Cartagine! — Il Coffin (I 30809) fa rilevare 


I. 3078 — CasticLiIionI L., 


Orazio satirico, Tibullo e Virgilio = 
RFCI., n. s. IV (1925) 186, e 
513-517. 

I. 3079 — MarBacH E., Qtto- 
modo Valerius Flaccus Vergilitam in 
arte componenda imitatus sit, Berol. 
1920. — Rec.: PhW., 1924, 430 
(FR. LÉvy). i 

I.3080 — CoxsoLIS., Lasatira IX 
di Giovenale nella tradiz.della cultu- 
ra sino alla fine del M.Evo=RFECI., 
NLIX (1921) 79-98 spec. a p. 95. 

I. 3081 — Bargris E., Tergil 
«and Seneca =CIW., XV (1922) 216. 


I.3082 — Rrvav ]., Petroniana 
= CIPh., XVIII (1923) 69 sg. 


I. 3983 — PRESTON K., AMar- 
.tial and former lilerarveviticism = 
CIPh., NV (1920) 340-352. 


I. 3084 — Gavi M., De antiqua 
Virgilium interprelandi ratione = 
Movo., ITI (1926) pp. 46 e seg. 


, I. 3085 — MULLER ]J fil., De Hy- 


| giniaetate= Mn., XLIX(1921)172. 


I. 3086 — LUNDSTROM V., Lt- 
terarhistorische Bertrage zu den an- 
tiken Landwirtschafftlichen Schrift- 
stellern = Er., XV, (1917) 161-177. 


I. 3087 — CHIAPPELLI A., Vir- 
gilio nel N. Testamento = AeR., 
XXII (1919) 1-14. 


I. 3088 — CuiappELLI A., An- 
cora Virgilio e gli Atti deglr Apo- 
stolì = AcR., XXII (1919) 89-98. 


I. 3089 — Corrin H. C, 
The influence of Virgil on St. Je- 
rome and St. Augustin = CIW., 
NVII (1924) 170-176. : 


59 


IV. ARTE DEL POETA IN GEN. _ 3090-3095 
l’influsso di Virgilio su S. Girolamo (cfr. I 3101, 3227) e S. Agostino 
(I 3101, 3143) non soltanto per il pensiero ma ancora per la lingua 
e lo stile. — Per venire a più tardi tempi ricordiamo l’azione artistica 
esercitata da Virgilio su Quinto Smirneo. Il Castiglioni (I 3090), 
pur riconoscendo che Quinto non ricalca Virgilio, fa notare come 
in più luoghi Quinto tragga motivo e spunti dal poeta latino: e 
contro il Bassett, che propugna la piena indipendenza di Quinto da 
Virgilio, recentemente ritorna sull'argomento a conforto della sua 
prima tesi, trattando dei rapporti fra Virgilio e Trifiodoro (I 3091), 
rapporti che sono piuttosto di conoscenza che di 1muilazione, « non nei 
singoli particolari, ma nella materia e nella successione degli av- 
venimenti ». 

la diffusione dell’opera virgiliana e la sua popolarità sono 
attestate dalle reminiscenze continue nei canti popolari e nelle in- 
scrizioni. — La ricerca delle prove si è assunto l’Ilewycz {I 3092), 
che ritrova riproduzione integrale di emistichi, versi, gruppi di versi 
nelle inscrizioni pagane e cristiane di vario contenutocioè votive, ono- 
rifiche, funerarie, parietali: ritrova persino l’Ille ego qui quondam 
dato già come virgiliano, fatto che ne attesta l’antica origine, e 
offre ottimo argomento a chi ne sostiene la genuinità. 

Nell’età più tarda Virgilio, secondo i tempi, va assumendo fi- 
sonomia diversa: l’opera sua racchiude il tesoro di ogni sapienza, 
quando si è cominciata a studiarla come opera allegorica. Il pri- 
mo che applica costantemente il metodo allegorico nella interpreta- 
zione allegorica è, come attesta il Coffin (I 3093), Fulgenzio. — 
Un'allusione a Virgilio (Fn. 6, 397-402) trova il Garrod (I 3094) anche 
in Gregorio di Tours, ed il Weymann (I 3095) ne riconosce altra in 
Rufino. — La tradizione di Virgilio mago si raffermò e continuò in 
tutto il medioevo, si perpetuò anche nelle tradizioni delle famiglie fino 


I. 3090 — CasrticLionI L., /n- 
torno a Quinto Smirneo = BN],, 
II (1921) 35-52. 


I. 3093 — Corrin H. C., Alleco- 
ricalinterpretation of Vergilwithspe- 
cial reference of Iulgentius = CIW., 
XV (1922) 33-41. 

I. 30691 — CasticLIoNnI L., 
Tryphiodorea - Trifiodore e Virgilio 
RECI. n. s. IV (1926) 501 sgg. 


I. 3094 — Garronb H. X\,, 
Vergil and Gregory of Tours = 
CIR., NXXIII (1919) 28, 

I. 3092 — ILewvcz R., Ueber 


der Einfluss Vergils auf die Car- 
minalatinaepigraphica= WS., XL 
(1918) 67-88, 138-140; XLI (1919) 
46-51, I6I-106. 


I. 3095 — \VEYMANN C., Ana- 
lecta AIX. Zur Arbeitsweise Ru- 
fins = HJGG., NL (1920) 180- 
ISO. : 3 


— 539 -- 


CESSI. VIRGILIO. I. 3096-3102 


dai tempi classici, come provò il De Witt (I° 3096) nella sua' ricerca 
sulle inscrizioni virgiliane distinguendo quelle appartenenti a Virgilio 
e a famiglie virgiliane (Sabina, Sannio, Gallia transpadana) da quelle 
magiche che più di frequente ricorrono nella Campania. — Virgilio 
è l’autore più noto nel medioevo; in suo onore sono i Tetrasticha in 
Virgilium, molto diffusi, attribuiti al giureconsulto Modestino, che il 
Pesenti (I 3097) ripubblicò in nuova edizione su un ms. visigotico 
— e che sia tale lo confermò il Sabbadini in appendice allo stesso la- 
voro del Pesenti — di G. Gabriel di Venezia, trascritto dal Poli- 
ziano. 

Virgilio esce dalle nebbie del Medioevo solo con Dante: con lui 
ritorna nella sua veraluce di poeta. — Ne tratteggia la figura in rap- 
porto a Dante il Comparetti (I 3098); ed il Bonardi (I 3099) ritorna 
sull’interpretazione data dal D'Ovidio riguardo al posto che tiene Vir- 
gilio nella concezione dantesca, mentre il Gemelli (I 3190) si sofferma 
sulla rappresentazione di Vi.gilio nella Divina Commedia in rapporto 
a Beatrice. — Però l’opera di Dante non bastò a dissipare del tutto il 
velame allegorico in cui il medioevo avea racchiuso il poeta, e nel 
quale, pur con nuovo spirito e più alti intendimenti, Dante stesso lo 
teneva ancora avvolto. Prova ne sono i dialoghi del Landino (Cod. 
Laur. LIIt, 28) che segue ancora l’interpretazione allegorica — come 
dimostrano le ricerche del Wolf (I 3101) — distinguendo i tre aspettî 
della vita voluftuosa, activa, contemplativa, nella figura del poeta con 
richiami a Servio, S. Girolamo, Macrobio e S. Agostino (cfr. I 30809). 
— Mala Rinascenza libera il poeta da ogni veste allegorica, e Vir- 
gilio assume una nuova funzione nella vita spirituale italiana, di- 
viene il modello dell’arte classica e della nuova arte italica, quale ci 
presentano i due grossi volumi dello Zabughin (I 3102) che studia la 


I. 3100 — GEMELLI A., Beatrice 
e Virgilio = Scritti vari pubbl. in 
occas. del V centenario della morte 


I. 3096 — DE WITT N. W., 
Light from Inscriptions upon the 
Vergilius gens = TPAPhA., LVI 


(1925) XLI. 


I. 3097 — PESENTI G., Anecdota 
latina IV: Herennius Modestinus 
= RECI., XLVII (1919) 81-95. 


I. 3098 — COompareETtTti D,, 
Dante e Virgilio = AeR.,1924,149- 
104. 

I. 3099 — BONARDI C., Zl Vir- 
gilio dantesco nell’interprelazione 
critica di Fr. d'Ovidio, pp. 31, 
Napoli, Federico e Ardia 1921. 


di Dante Alighieri per cura della 
Riv. di filos. neoscol. ecc., Milano, 
Vita e Pensiero 1921. 


I. 3101 — Worr E,, Die alle- 
gorische VergilerRlarung d. Chri- 
stofaro Landino = NJPh.., XXII 
(1919) 453-479. 

I. 3102 — ZABUGHIN VLAD, 
Vergilio nel Rinascimento ttaliano 
da Danle a T. Tasso, pp. XXIV - 
245 + NV 442, Bologna, Zani- 
chelli 1921-23. | 


— 540 — 


IV. ARTE DEL FOETA IN GEN. - V. BUCOLICHE. I. 3103-3111 


fortuna del poeta dalla, Rinascenza al tempo del Tasso, del quale 
ultimo in rapporto con Virgilio si occupa anche il Mustard (I 3103) 
—- Virgilio fu l’inspiratoré dci nostri migliori artisti, e l’opera sua 
eccitò anche artisti forestieri. Quanto sia stato studiato in Inghilterra 
conosciamo ora dallo studio della Nitchie (I 3104); e che il Mòrike 
l'abbia considerato, accanto ad Eschilo, come un suo modello at- 
testa lo Schéònberger (I 3105). — L'importanza che l’opera vir- 
giliana ha ancora per la civiltà moderna acutamente illustra il 
Mackail (I 3100) con riguardo sovra tutto alla vita anglosassone 
ed americana presso la quale lo spirito virgiliano ha esercitato 
sempre notevole influsso, di che il Lipscomb (I 3107) trova, con 
fine industria, traccia anche nella tradizione didattico-georgica vir- 
giliana allo scoppiare della guerra civile. 

Ricordiamo infine alcuni lavori che riguardano il valore vitale del- 
l’opera virgiliana ancora nella società presente. E. M. Sanford (I 3108) 
sostiene che gli scolari debbono rendersi conto non solo del valore 
lessicale delle espressioni virgiliane ma altresi delle fonti dei miti 
per ben intenderne tutta l’importanza: infatti conviene estendere 
fuori della scuola il circolo di lettura di Virgilio — atferma il Keith 
(I 3109) — perchè sì intenda il significato civile e uazionale dell'opera 
sua, la quale va studiata, come ci ripete anche lo Stevens (I 3110) 
nel suo spirito poetico ben più che nella sua forma grammaticale. 
L'esempio dunque, e l’ammonimento a noi, Italiani, viene dagli 
studiosi stranieri! | 


tu 


SPECIALI; — Ira le edizioni 
ricordare quella curata dal Man- 
larga introduzione sulla natura, 


V. Bucoliche: a) EDIZIONI 
recerti delle Bucoliche dobbiamo 
cini (I 3r1rI1) che premette una 


I. 3103 — Mustarp W._P., Tas- 
so's Debt to Vergit = CIW., XIII 
(1920) 115-120 


. I. 3104 — NITCHIE E., Vergil 
and the England Poets, pp. VIII- 
251, New York, Columb Univ. 
Press (London, Milford) 1019. 


I. 3105 — SCHONBERGER J. K., 
Zwei antike Vorbilder bei L. Mo- 
rike =BBIGSch., LVI (1920) 101 g. 


I. 3106 — MAcKalL ]. W, 
Vergil and his meaning the world 
0f to day, pp. XIII-159, London, 
Harrap 1923. 


I. 3107 — LirscomB H. C,, 


Virginia Georgics = AJPh., XLIII 
(1922). 

I. 3108 — Sanrorb E. MN, 
The enrichment of Vergil course 
= CIJ., XX (1925) 554-563. 

I. 3109 — KEeITH A. L., Vergil 
and the reading circle = ClJ., NN 
(1925) 32-35. | 

I. 3110 — STtEvENS D., Vergil 
as the latin class saw him = ClJ., 
XX (1925) IOI-108. 


I. 3IHII — Vircoinio, Le Buco- 
liche dichiar. ad uso delle scuole 
dal prof A. Mancini, pp. XXIII 
+ 133, Palermo, Sandron 1921. 


— d4l — 


I. 3112-3120 


e e _  — - + 


CESSI. VIRGILIO. 


valore, importanza delle egloghe e sul. loro ordinamento, e 
quella scolastica con note semplici e brevi notizie storiche 
del Capuzzello (I 3112). — Altre invece ‘sono revisioni e ristampe 
di più vecchie edizioni, già note agli studiosi per gli speciali 
meriti che le ornano. Ad es. l’editore Chiantore ripubblica con 
variazioni ed aggiunte dell'autore il commento stampiniano alle 
prime cinque egloghe (I 3113); il Ramorino (I 3114) ci dà, ri- 
veduta ed accresciuta, l'edizione già curata da G. Arcangeli e G. 
Rigutini; l’Albini (I 3115) presenta ristampata la raccolta dei Carmi 
bucolici, seguendo la seconda edizione del 1918 con aggiunte e corre- 
zioni; ed il Landi (I 3116) interamente rifonde, per tener conto 
delle più recenti ricerche, il suo commento fiorentino. — Accanto alle 
edizioni del testo non mancano le traduzioni. Per le persone colte 
e le scuole ci offre la sua V. G. Gualtieri (I 3117); per tutte le persone 
amanti dello studio e del bello, ha pubblicato recentissimamente 
la sua versione l’Albini (I 3118) con una vivace, artistica intro- 
duzione, e con importanti note critiche ed esegetiche. 

Fra le edizioni straniere sono notevoli sovra tutto quella oxo- 
niense del Royds (I 3119) e quella parigina del Goelzer (I 3120), 
ambedue con la versione a fronte, con introduzioni e note, nelle 
quali talune inesattezze e lacune sono compensate dai non po- 
chi pregi di natura didattica ed artistica. — Una versione di carat- 


I. 3112 — Virgilio, Le Egloghe, Testo e commento, 2 ed. inter. 


col comm. di F. CAPUZZELLO, pp. 


NXVI + 143, 4 ed., Roma, Al- 
brighi-Segati 1922. I 
I. 3113 — VirciLIo, Le Bu- 


coliche, con note e commenti di 
E. STAMPINI, p. 18 (ecl. I-v), pp. 
XXIII + 109 - 2 ed. con varia- 
zioni ed aggiunte, Torino, Chian- 
tore 1923. 


I. 3114 — VircitLIo, Zgloghe, 
a cura di G. ARCANGELI e G. RI- 
GUTINI, pp. 59, NIV ed. rived. ed 
accresciuta da F. RamorINO, Bo- 
logna, Zanichelli 1922. 


I. 3115 — P. VirciLIO, M., / car- 
mi bucolici, comm. da G. ALBINI, 
pp. ALII + 146, Bologna, Za- 
nichelli 1924 (ristampa). 


I. 3116 — P. VirgiLIO, M., Le 
Bueoliche, per cura di C. Landi. 


rifatta, pp. XXXII-83, Firenze, 
Lemonnier 1925. 


I. 3t17 — ViRrciILIO, Bucoliche, 
nuova trad. in versi per le persone 
colte e le scuole di V. G. GUAL- 
TIERI, pp. 50, Palermo, Sandron 
1922. 


I. 3118 — VirgiLIO, Le Buco- 
liche, tradotte da G. ALBINI, pp. 
153, Bologna, Zanichelli 1926. 


I. 3119 — VIRGIL, The Eclogues, 
Bucolics ov  Pastorals. A revised 
Translation with Introd. Text. 
and notes by T. F. RovDps, pp. XIV 
+ 122, Oxford, Blackwell 1922. 


I. 3120 — VIRGILE, Bucoliques. 
Text établ.et traduit par A. GOEL- 
ZER, pp. XLII + 22, 23 + 77 
doppie, 78 + 82, Paris, Les Belles 
Lettres 1925. i 


con'04D 


V. BUCOLICHE. 


I. 3121-3127 


tere divulzativo per la Germania è pubblicata dal Haecker, or- 
nata con incisioni del Leewald (I 3121). 

Per quanto di natura particolare, per il suo scopo polemico, 
ricordiamo lo scritto di A. Monti (I 3122) poichè contiene parec- 
chie notevoli osservazioni critiche. 

b) LAVORI CRITICI: a) Sulle egloghe in generale. — Il Phil- 
limore (I 3123) esamina il carattere speciale della poesia pastorale 
in rapperto all’allegorismo — contro lo Skutsch che nelle egloghe 
trova continui enimmi. Nota come Virgilio dipenda da Teocrito, 
nel quale si trovano già allusioni personali. La forma pastorale in 
Virgilio ricopre lo scopo adulatorio del poeta ad Ottaviano, a Pollio- 
ne, a Emilio Macro, a Varo e Gallo. Gli enimmi delle RBwcoliche 
si spiegano con i fatti della vita contemporanea. — Non così pensa 
S. Skutsch-Dorff che (I 3124) si sbizzarrisce ricercando nei carmi i 
«contrasti » fra C. Gallo, Messala, il poeta, ecc. quasi che il testo 
sia « composizione per teatro »: per cui i pastori sarebbero i geni del 
poeta, le greggie le canzoni, 1 foma le poesie, ecc. ; per questo appunto: 
Orazio avrebbe chiamato genus facetum l’opera virgiliana! 

Alla composizione e forma e natura delle egloghe si rivolge con 
recentissime ricerche G. Rohde (I 3125) riconoscendo un piano gene- 
rale di composizione in una doppia serie in cui egli distingue le cgloghe 
virgiliane che sono originali non ostante la imitazione teocritea che 
offre solo il mezzo ed il costume non il tema del componimento. 

Dell’ordine delle egloghe si occupa il Kumaniecki (I 3126) il quale 
fissa quest'ordine III, II, IX, I, VIII, IV, VI, X, V, VII, sopra tutto 
fondandosi sul criterio « quo modo Vergilius semet ipsum imite- 
tur » (cfr. I 3066), che poi applicherà, come vedremo, con risultati 
anche più incredibili all’Eneide (cfr. I 3279). — Il Porteous (I 3127) si 


I. 3121 — VERGIL, Bucolica 
Deutsch. v. Th. HAECKER mit 20 
Holzschnitten v. R. LEEwALD, pp. 
49, Berlin, Euphorion 1923. 


I. 3122 — Monti A,, Di due 
volumi del Corpus Script. lat. 
Parav. Catulli Carmina, Vergilii 
Bucolicon liber etc., pp. 13, Torino, 
Baravalle 1922. 


I. 3123 — PHILLIMORE ]. S., 
Pastoral and Allegory. A re-reading 
of the Bucolics of Virgil, pp. 32, 
Oxford, Clarendon Press 1925. 


I. 3124 — SkurtscH-Dorrr S., 


Vergils Salyrspiel, Leipzig, Teub- 
ner 1922. 


I. 3125 — Ronpe G.,, De Vergili 
eclogarum forma et indole, pp. 68, 
Berlin, Ebering 1925 = Alassisc/- 
Philolog. Studien herausg. F. JA- 
coByr. Vi). 


I. 3126 — KUMANIECKI C. F.,. 
Quo temporis ordine Vergilius ec- 
logae conscriptae sint = E., XXIX 
(1920) 09-79. 

E. 3127 — PortFous A. J.D., 
Virgil's Eclogues: A metrical clue: 
tothe order of Composition= CÌR.,. 
XXXV (1921) 103, 504. 


— 548 — 


CESSI. VIRGILIO. 


I. 3128-3032 


fonda invece su argomenti metrici per presentare quest’altro or- 
dine: III, II, IV, IX, VII, VIII, VI, V, X, I, in particolar modo 
considerando il monosillabo iniziale del 5.° piede che diminuisce 
nell’uso virgiliano a mano a mano che si perfeziona l’arte del poeta. 
— IWitte (I 3128) d’altra parte, considerando in Virgilio l’imitazio- 
ne teocritea, e ricercando con sottigliezza soverchia, e non sempre op- 
portuna, i mezzi tecnici seguiti dal poeta siracusano nella disposizione 
dci gruppi di versi negli idillî (e contro questo sistema cfr. C. Cessi: 
La tecnica dell’ « incorniciamento » e delle « metà » e l’arte di Teocrita 
= AIV., LXXXII, p. II [1923/4], LXXXxIv, p. II, [1924/25]), li applica 
alle egloghe virgiliane ritrovandovi strani schemi. Tale metodo e 
schematismo combatte C. Cessi (I 3129) insistendo sul fatto che 
l'ordinamento interno in un’opera d’arte deriva da inconscio sen- 
timento d’armonia nell’artista, che si rispecchia in una naturale 
simmetria*ben diversa da quella strettamente numerica, opera di 
riflessione e di virtuosità, nun di inspirazione viva, sincera. Il Witte 
propone l’ordine:;, VII, III, II, V, IX, I, IV, VIII, VI, X. Il Cessi 
non tocca la questione dell'ordinamento, che setondo lo Jahn 
(Vergils Gedichte bearb. v. P. Jahn, I, p. XVII), seguito dai più, 
dovrebbe essere: II, III, V, VII, VIII, IX, X, I, VI, IV. 

Il Jachmann (I 3130) tratta della tecnica in generale di Vir- 
gilio nelle Bucoliche: nota il carattere delle figure pastorali, con- 
‘ssidera la incertezza dell’egloga III riguardo alla realtà, l’idea- 
lizzazione delle località nell’egl. IX per scopo poetico, ecc., conclu- 
dendo che non ha grande valore l’arte delle egloghe, mentre le 
bellezze più forti e reali si notano, anche per la lingua ed il verso, 
nelle Georgiche. Però mette in bella luce il criterio di indipendenza 
seguito da Virgilio nell’imitazione di Teocrito. — Anche il Frank (I 
3131) ricerca il senso della realtà e l’influsso dell’inspirazione poetica 
nelle‘ egloghe, ed il Klotz (I 3132) insiste nel provare l’originalità 
del poeta romano rispetto al tradizionale modello, seguendo spesso 


I. 3128 — Wirte K., Der Bu- dichterische Technik in Vergils 
holiker Vergil. Die Entstehungs-. Bukolifa = NJPh., XLIX (1922) 
geschichte einer ròmischen Litera- 101-120. 
turgattung, pp. 73, Stuttgart, Metz- 
ler 1022. I. 3131 — FRANK T., Sanning 

och dikt 1 Vergilius’ ekloger = Er. 

‘I. 3129 — Cressi C., Simmetria = XXI (1923)1-8. 
numerica e simmetria artistica nel- 
le Egloghe di Virgilio = AAVM,, I. 3132 — KLotz A., Beitrace 
NVII-XVIII (1925) 1-40. zum Verstaàndniss von Vergils Hir- 

tengedichten= NJPh., XLV (1920) 

I. 3130 — JACHMANN G., Die 145-150. 


— d4i4 — 


v. BUCOLICHE. I. 3133-3134 


artifici teocritei con nuovi imprevisti risultati, specialmente nelle 
Egl. III, V, VIII; mentre il Latzarus (I 3133) riconosce anche nelle 
Bucoliche lo spirito di gentilezza e di pietà propria del poeta, che si 
inspira alla squisita sensibilità del bello, si trasporta ai grandi pro- 
blemi della umanità e della compassione verso gli infelici (13033, 3010, 
3282) dovunque manifestando una malinconica dolcezza (I 3034). Le 
egloghe sarebbero adunque opera di circostanza e pittura di vita quo- 
tidiana e ci presentano un paese che nonè estraneo alla conoscenza no- 
stra:i pastori debbono alla terra la loro nobiltà ed all’ingenuità dei co- 
stumiì l'entusiasmo e la serenità. — La vita loro semplice, quale appa- 
risce dagli argomenti toccati dal poeta, è illustrata da E. F. Smiley 
(I 3134) che dimostra come anche la materia più comune e che par- 
rebbe non suscettibile di vita poetica (bere, mangiare, frutta, piatti, 
‘ecc.) assuma per il calore del poeta un colorito artistico e simpatico. 

L’esame particolare dei mezzi artistici hanno tentato parecchi 
critici per scoprire il segreto della simpatia che inspira l’arte del poeta. 
Il Weymann (I 3135) nota l’uso di parole particolari in sedi fisse del 
Verso, e ne segna ì luoghi relativi; riscontri fra gli epodi oraziani e le 
egloghe virgiliane indica il Witte (I 3136), ad es. Buc. I, 53 con Oraz. 
.epod. 16, 34; e epod. 16, 33 con Buc. IV, 22 e VIII, 27 ecc. Ma su 
tali rapporti con Orazio il Witte s'era occupato anche in altri la- 
vori (I 3128, 3137) per sostenere l’imitazione da parte di Orazio 
‘e non già di Virgilio, specialmente nelle relazioni dell’epodo 16 con 
l'egloga IV, come aveva affermato con lo Skutsch anche il Kroll 
(I 3138). 

8) Sulle singole egloghe. 1. Egloga I. — Il Giri (I 3139) trattando 
in particolare dell’egloga prima dichiara che l’intento principale 
del poeta fu non l’adulazione verso Ottaviano, ma uno scopo 
tetterario ed artistico nella rappresentazione dei due pastori, 
fra i quali il più reale è Melibeo, non ostante che il poeta si sforzi 


I. 3133 — LATtzaRUS B.,, La 
poesie dans le Bucoliques = Rev. 
Cours. Conf., XXXIV, 778-787; 
896-011; 1136-1145, 1226-1232. 


I. 3134 — Smicev E. F., Zhe 
simple life in Vergil's Bucolics 
and minorpoems=Cl]., XVI(1921I) 
516-531. 

I. 3185 — WEYMANNC,, Similia 
zu Vergil’s Hirtengedichten = WS., 
XLII (1922) 169-173; XLIII 
(1923) 198-100. 


I. 3136 — Wirte K., Horaz u. 
Vergil. Kritik oder Abbau?, pp. 
132, Erlangen, Palm 1922. 


E. 3137 — WITTE K., Hovazens 
sechzehnte Epode una Vergils Bu- 
Rkolica = PhW., 1921, 1095 Sg. 


I. 3138 — KROLL ]., Horazens 
16° Epode und Vergils Bukolika = 
H., LVII (1922) 600-612. 


F. 3139 — G1iRI G., Sopra la pri- 
ma Bucolica di Virgilio — RFCI, 
XLVII (1919) 42-53. 


Aevum - Anno I - 35 


CESSI. VIRGILIO. I. 3140-3146 


di rendere interessante anche Titiro nel quale non si può rico- 
noscere Virgilio, ma solo una persona immaginaria. — Il Cessi 
(I 3140) riconosce l’intendimento artistico del poeta, ma crede non 
si possa negare che nell’egloga sia anche lo scopo utilitario: e nelle 
due figure dei pastori vede riflessa la figura di Virgilio nei suoi due a- 
spetti reali cioè del pastore privato dei beni e del pastore reintegrato 
nei suoi possessi, per rendere più viva la compassione dei lettori verso 


il primo e la sua condizione e per far. risaltare ancor più il me- . 


rito di Ottaviano verso di lui. L'’egloga è anch'essa opera di getto, 
non la fusione di due altri schemi, come avea supposto lo Schanz. — 
La migrazione in Africa ricordata nella prima egloga si richiama pro- 
babilmente alla fondazione di ofpida civium roinanorum (Plin. V., 12, 
24 e 29), come congettura il Frank (I 3141): in tali città i cittadini 
furono la parte principale e cinque di esse ebbero il nome di Colonia 
Julia. — Il Lòschhorn (I 3142) cfr. aequore di I, 59 con Oraz. 04. 
I, 2,9-12; edin], 65 col Ladewig legge cretae non Cretae dipendente 
da rapidus, ed in luogo di Oaxem crede che si debba leggere Oxum. 
— Il Baxter (I 3143) ricorda che S. Agostino rammenta Ecl. I, 70 
con la frase « ast quidam post aliquot aristas » (cfr. I 3089). — Per 
il Frank (I 3376) l’egloga sarebbe posteriore al catal.- IX. 

‘ 2. Egloga II. — Il Knapp (I 3144) spiega il v. 53: Aonoserit huic 
quogue pomo ecc., soffermandosi sul valore di « honos ». 

3. Eg:oga IV. — La quarta egloga ha continuato ad essere lacrux 
interbretum negli studi virgiliani. La tesi messianica non è ancora 
abbandonata, e chi non vede nel poeta il Messia cristiano vede il 
Salvatore preconizzato dalle tradizioni popolari, dai calcoli dei sacer- 
doti orientali, dalle profezie più o menointeressate.—IlCarus (I 3145) 
nella sua edizione della egloga, che presenta tradotta, si richiama alla 
credenza del Salvatore, auspicata dalle profezie. Il Jùthner (I 3146) 


I. 3140 — CESSI C., Sulla prima I. 3144 — KNAPP CH., Lighé 
egloga di Virgilio = AAVM., IX on iwo Puzzles = CIW., XVIII 


(1920) 99-108. | (1925) 97. 
I.3141 FRANK T., Vergil’s first | 

eclogue and the migration to Africa Ì | 
Profecy on the Saviours birth. — 


= CIR., XL -20) 15. 
(1925-26) 15 Eclog. IV ed. and transl., pp. 97, 


I. 3142 — LoscHHorn K., Zu Chicago-London, Open Court Publ. 
Vergil's Eclog.I.= PhW., 1919, 23 Comp. 1918. 


Sg. 


I. 3145 — Carus P., Vergil's 


I. 3143 — BAXTER F. H., «Cor 
habere » inthe Thesaurus. Beispiele 
aus Augustin = CIR., XXXVI 


(1923) 114. 


I. 3146 — JUTHNER ]J., Servius 
zu Vergils vierte Ehloge= AAWW., 
philos. hist. KI. XXIV (1925) 166- 
176. 


— 546 — 


V. BUCOLICHE. I. 3147-3152 


largamente ci illustra il commentario di Servio secondo lo spi- 
rito dell’egloga, chè da tal commentario derivano i primi documenti 
della intepretazione allegorica. — Il Witte (I 3147), secondo il suo si- 
stema degli aggruppamenti simmetrici dei versi ((cfr. I 3128), dà lo 
schema della IV egloga, per cui considera la triade dei vv.1-3 fuori 
della composizione, e dà, secondo la simmetria eptadica, un disegno 
particolare della composizione dell'intero carme, che reputa sempre 
anteriore all’epodo XVI oraziano (cfr. I 3137) dal quale invece lo fa 
dipendere il Kroll (cfr. I 3138) sì che una parte del colorito allegorico 
dovrebbe essere spiegato ben diversamente. Per il Witte anche Virgi- 
lio avrebbe desunto da fonte letteraria dall’«Herakliskos» di Teocrito 
il tema, riferendo più tardi il poemetto ad Augusto. In fondo un 
tema retorico in cui il numero dei versi sull’infanzia, giovinezza, ma- 
turità è uguale a quello sulla nascita, carriera e divinizzazione. 

La questione della relazione tra il carme virgiliano e l’epodo 169 
oraziano, su cui ritorna il Kurfess (I 3148) ha certo importanza per 
la cronologia del carme e la questione cronologica involge anche quel- 
la dello spirito dell’egloga tutta. — Il Kunst (3149) crede che il poeta 
abbia preparato il carme per la nascita del figlio auspicato di Otta-. 
viano, ma dopo che Scribonia ebbe dato alla luce una figlia egli 
abbia adattato il carme, con.l’aggiunta di nuovi versi, al figlio di' 
Pollione. — Per il Draheim (I 3150) l’aspettato era invece proprio 
Asinio Gallo ed il carme presenterebbe la struttura del nomos, esem- 
plata sui modelli di Timoteo e sull’elegia di Catullo per Allio, avendo- 
si come fondamento l’aggruppamento 9x 7= 3.7.7.28.7.7.4cioè 
prologo, eparche, catatropa, omphalos, metacatatropa, sphragis,. 
epilogos. — Il Kurfess (I 3151) afferma d’altro canto che i v. 1-59 non 
alludono ad un determinato fanciullo, ma ad un Salvatore del tempo: 
del consolato di Pollione, mentre i v. 60-63 si riferiscono a Marcello: 
onde le contraddizioni che ne risultanosi potrebbero spiegare portando 
al 41 la nascita di Marcello. — Per il Lagrange ‘I 3152), il messianismo 
dell’egloga è dovuto alla rappresentazione dell’età dell’oro che è le- 
gata alla nascita d’un fanciullo senza che si esigano influssi orientali, 


I. 3147 — Witte K., Vergils IV. IV Eklog. Vortrag= JPhVB.,XLV 
ERl = WS., XLII (1922) 63-75, (1919) 190 sg. 
139-148; XLIII (192 -44. 
39714 1 (1923) 35-44 I. 3151 — Kurress A. Zur 
I, 3148 — KurrEss A., Zu Ho- Deutung d. viert. Ehl. Vergils = 
razens 16Epode=PhW,., 1925,604. BPhW., 1921, 141-144. 
I. 3149 — Kunst K., Vatis erroy I. 3152 — Lacrance M. ]J 


2: PR Wp 2141020,:00450, Le prétendu messianism de Virgile 
I. 3150 — DRAHEIM ]., Vergils = RBibb., XXXI (1922) 552-572. 


— 547 — 


CESSI. VIRGILIO. I. 3153-3156 


come si nota invece con esagerazione nel Royds (Virgil and Isaiah, 
Oxford, Blackwell 1918). Che il carme riguardi gli stadi di una car- 
riera umana, e sovratutto romana, e parimente tale che si possa 
attribuire ad una persona divina non sfugge al Lagrange. — Questi 
accenni di « umanità » o meglio di « realtà umana» raccoglie il Cessi 
(I 3153) per concludere che l’egloga fu scritta per un'occasione fami- 
liare e rappresenta lo sforzo del poeta di essere pari all'importanza 
dell’avvenimento, usando di quelle amplificazioni ed esagerazioni 
che sono naturali in simili circostanze, specialmente quando le espri- 
ma un animo profondan:ente grato; interpretazione che in generale 
è considerata giusta dal Jahn (cfr. I 2975 p. 242) e tenuta in ri- 
guardo notevole dal Dalmasso (I 3156). Semplicismo soverchio, forse, 
ma che ci porta meglio nella realtà della vita e spiega più chiaramente 
e naturalmente tante cose per le quali altrimenti converrebbe ri- 
correre ad astruse tantastiche ipotesi. Semplicismo, che spiega me- 
glio l'anima dell'artista, ed al quale s’accostano di più i nostri 
interpreti che meglio sentono e gustano l’arte: ad es. l’Albini (I 3115, 
3118). — Ma contro tale interpretazione che appare troppo semplice, 
stanno la scuola germanica e quella anglo-americana coi richiami alla 
scienza specialmente occulta degli astrologi, od alle predizioni 
degli oracoli ed agli influssi orientali. Il Boll (I 3154) parte dalla 
considerazione della composizione del carme che è di 63 versi, 
cioè 7 x 9= 63, numero mistico, come aveano già notato il 
Kukula ed il Ludwich e, dopo aver dimostrato quale influsso deb- 
bono avere esercitato sul poeta le profezie orientali-ellenistiche 
attribuite alla Sibilla, conclude che al poeta bastava annunziare al 
mondo romano il prossimo avvento d’un’èra di pace sotto un grande 
e divino sovrano, la cui determinazione delicatamente il poeta evita 
di manifestare. Il preconcetto astrologico domina tutta la trattazione. 
— Il De Witt (I 3155) si richiama al sentimento ed all’aspirazione po- 
polare di un Salvatore, quale sì immaginava anche nelle tradizioni 
d'Oriente: il poeta rappresenta quindi lo stato d’animo del suo tempo. 
— Illavoro che destò maggior discussioni fu quello del Norden (I 3156) 


I. 3153 — CEessi C., Sulla IV 
ecloga di Virgilio —= AAVM., XIV- 
XVI (1923) 1-29. 


I. 3154 — Botcr FR., Sulla 
quarta ecloga di Virgilio = MASB.,, 
s. II t. VI-VII (1923) 1-22. 


I. 3155 — DE WITT N. W., The 
snfluence of the Saviour Sentiment 


upon Virgit=TPAPhA.,LIV (1923) 
38-50. 

I. 3156 — NorDEN E,, Dite 
Geburt des Kindes, pp. 87 Leip- 
zig, Teubner 1924 = Veròffentli- 
chungen der Biblwoth. Warburg:I. 
Stud. herausg. F. Saxl. Heft III. 
Rec.: DLZ., 1924, 767-782 (FR. 
BoLL) — Rec. BFCI. XXXI (1924) 
93 sg. [L. DAaLMAsSO]. 


— 548 — 


V. BUCOLICHE. __ I. 3157-3164 


_ —- n Le - -—P—P —. 


il quale dottamente tratta di tutte le correnti di vita culturale e 
religiosa che, provenendo dall’Oriente e in particolare dall'Egitto, 
attraverso i profeti nella gnosi giudaica e la civiltà greca-egiziana, 
influirono sullo spirito romano del tempo conducendo all’aspetta- 
zione del « bimbo » salvatore. Le argomentazioni del Norden furono 
esaminate e largamente discusse in particolare dal Boll, (I 3154, 3150) 
dal Vogt (I 3157), dal Bendel (I 3158) e fra noi dal Cocchia (I 3159) per 
ricordare solo i più autorevoli fra i numerosi critici dell’opera del 
‘  Norden. — Il Sasse (I 3160), procedendo dal Norden, cerca di comple- 
tarne la tesi facendo notare che in quest’egloga compare per la prima 
volta l’idea caratteristica della letteratura apocalittica riguardo 
al saeculum venturum, essendo mito e speculazione fuse nella poesia. 
— Invece il Heidel (13161) dichiara che il tentativo del Norden per ri- 
condurre all'Egitto la tradizione dell’età futura divina e del bimbo, 
che ne determina l’avvento, richiede una revisione generale di tutte 
le tradizioni greche, orientali, giudaiche. — Anche lo Zielinski (13162) 
nel terzo dei suoi studi sulla religione antica si vccupa dell’aspetta- 
zione del Salvatore nella IV egloga facendo osservare che tale periodo 
doveva coincidere da prima col 1 millennio dalla caduta di Troia, 
e poi era stato fissato da Eratostene alla fine del 3.9 sec. a. C. on- 
de i timori al tempo di Annibale e poi all’8,3 a C. e quindi prolun- 
gato ancora finchè fu ufficialmente riconosciuto nel 17 a. C. In 
questi momenti di trepidazioni e di ansie fu composta l’egloga che 
trova sua ragione nelle condizioni storiche del tempo. — L’Hubaux 
(I 3163) accetta senz’altro le conclusioni del Norden, Weber, 
ecc. ammettendo nel bimbo aspettato il figlio di Antonio e Cleo- 
patra, cioè Alessandro-Helios del 4o a. C. 

Il Rose (I 3164) afferma che conviene considerare come profo n- 


I. 3157 — Voc ]J., Eduard Nor- 
den «Geburt des Kindes» = N]Ph., 
(1925) 594-600. 

I. 3158 — Bennet F., Die Ge- 
burt des Kindes Vergils IV Eclog = 
HG., XXXVIII (1920) 105-107. 

I. 3159 — CoccHIA F., Una 
nuova interpretazione della IV Eclo- 
ga di Virgilio= RJGI., VIII(1925) 
= Studi critici di filol. class. e 
moderna, I, 1926, 143-150 

I. 316060 — H. SassE, Vergil's IV 
ERloge u. die Eschatologie= ChrW., 
I, 2 (1924). 


I. 3161 — HEIDEL W. A., Ver- 
gil’s messianicexpectations = JPh., 
XLV (1924) 205-237. 


I. 3162 — ZieLiNSKI TH., Trois 
essais sur la velig. antique et le 
Christianisme, Paris, 10924. 


I. 3163 — Hupaux ]J. Études 
récentes sur la quatrième Eclogue 
de Virgile = MB., 1925, 117-132. 


I. 3164 — Rose H. ]J., Some 
neglected points in the fourth Eclo- 
gue= CIO., XVIII (1924) 113-119. 


— 549 — 


[PI 


VIRGILIO. 


CESSI. I. 3165-3171 


damente sentita la tede del poeta nella divinità del Salvatore, 
per cui il carme assume un colorito storico importante per la 
vita dell’autore quale riflesso dei tempi e dimostra che l'adu- 
lazione è così vagamente accennata che si può applicare con 
opportunità ai vari eventi del futuro, da parte del poeta che 
trae l’idea dell'ordinamento delle età e da Esiodo (Of. e Giorn. 


| 109 sg.) e da Platone (Pol. p. 259-270). — La questione fu più lar- 


gamente trattata dal Weber (I 3165), il quale studia le leggende 
orientali della nascita dei fanciulli divini, come Zaratustra e 
Buddha — preceduto in questo già dal Carus (cfr. I 3145) — e le 
applica alla vita romana, innestandole nelle varie correnti di senti- 
mento religioso e superstizioso del tempo: di qui l’inspirazione del 
carme col quale si tende all’adulazione ‘ del futuro imperatore. 
—- Riprende ora la questione contro il Norden, il Weber ed il 
Boll, per dimostrarne l’inattendibilità delle conclusioni, P. Cors- 
sen (I 3166), mentre il Herrmann (I 3167) crede di togliere ogni 
contrasto inserendo fra i v.17 e 18 i v.60-63 dando così nuova simme- 
tria all’egloga. — Che l’idea messianica nell’egloga sia stata intuita da- 
gli antichi molto tardi: opina il Kurfess (I 3168), provando che manca 
ogni concordanza fra la versione greca costantiniana ed il commento 
che la illustra; commento che, secondo il Kurfess, non può risalire ad 
un solo autore. Però la questione dello spirito e del contenuto dell’e- 
gloga è ben lontana dall'essere esaurientemente trattata: infatti ri- 
cordiamo altri nuovi recenti lavori quali quelli del Trendelenburg 
(I 3169), della Perroni (I 3170) e del Prescott (I 3171) di cui par- 
leremo nei prossimi bollettini. 


I. 3165 — WEBER W., Der Profet 
u. s. Gott. Eine Studtie zur vierten 
Ekloge Vergils, pp. 158 (= Beiheft 
zum Alt. Orient Ill) Leipzig, 
Heinrichs 1925. — Rec.: BFCI., 
XXXII (1925-06) 127 [L. CAsti- 
GLIONI]. 


I. 3166 CorssEN P., Die 
vierte Ekloge Virgils= Ph. LXKXXI 
(1925-26) 26-71. 


——n 


I. 3167 — HERRMANN L., Sur 
la composition de la quatrième buco- 
lique de Virgile=MB., XXX (1926) 
145-151. 


I. 3168 — KUuRrFESSs A., Vergils 
vierte Ehloge in Kais. Konstantins 
Rede an die Heilige Versammlunge = 
JPhVB., XLV (1919) 90-96. 


I. 3169 — TRENDELENBURG G., 
Virgils Erloserlied, pp. 16, Berlin, 
Grùtzmacher, 1926. 


I. 3170 — PERRONI C., Saggio 
sulla religiosità di Virgilio, pp. 175; 
Firenze, Le Monnier, 1927. 


I. 3171 — PREscOTT H. XW.,, 
The development of Virgil's Apt, 
Pp. 490, Chicago, The Univ. of 
Chic. Press 1927. 


— 550 — 


V. BUCOLICHE. I. 3172-3177 


Non sono mancati anche lavori speciali di intepretazioni di 
luoghi singoli, i quali tutti, qual più qual meno, hanno alla loro 
volta attinenza con la questione generale. Il Rose (I 3172) a pro- 
posito della lezione del v. 62 quale fu seguita da Quintiliano (IX, 
3, 8) confronta Plauto Rud. 113. — Il De Falco (I 3173) ri- 
guardo al decem del v. 61 nota che si tratta di una determi- 
nazione normale per molti antichi riguardo al computo del periodo 
della gestazione. — Lo Stuart (I 3174) crede che le parole ferunt 
infantem, ecc. della vita di Svetonio [Donato] contengano un 
riflesso della quarta egloga nella quale egli sente un influsso della 
religione dionisiaca — come aveano gia accennato il Reinach ed 
il Pliiss— con la rappresentazione del «riso »; ma il Birt non 
accoglie tale conclusione non trovando nelle parole di Svetonio, 
riguardanti la nascita del poeta, allusione alcuna al « riso ». Il « riso » 
anzi del v. 60 sg. ha dato motivo a varie congetture: alle ipotesi in- 
sostenibili del Fries e del Reinach che pensano ad un riso rituale, e 
del Kukula che vi cerca una determinazione storica per Ottaviano, si 
sono contrapposte le più naturali che vi riconoscono una manifesta- 
zione reale (pur in vario senso Stampini, Rasi, Landi, Mancini, Albi- 
ni, Cessi, Lejav). Però si vuol talora trovare una più sottile dimostra- 
zione e dichiarazione che oltrepassa, forse e senza forse, le intenzioni 
del poeta. Cosi il Fowler (I 3175) ricerca in tradizioni russe la cre- 
denza che il primo sorriso ed il pianto siano da considerarsi i segni 
precursori della ragione nel bimbo, e quindi facciano epoca nelle 
storia intima della famiglia. — Il Levy (I 3176) si richiama a Lido, 
de mens, 4, 21 per attribuire la conoscenza alla madre, mantenendo 
al v. 60 cui, dacchè si legge col Sè yovelc nella versione costanti- 
niana. — Il Sabbadini (I 3177) fa rilevare che il gu? ha appunto il va- 
lore di cui. 

4. Egloga V.— L’identificazione serviana di Dafni = Cesare nella 


I. 3172 — Rose H. ],., Vergil I. 3175 — FowLER W. W., £E- 
u. Plautus = CIR., XL (19260) 62. glogue IV, 60 = CIR., XXXIII 


1919) 67. 
I. 3173 — DE Fatco V., Sub. ‘919 07 


seciva. Su di un verso di Virgilio = 


RIGI,, VII (1923) 37-8. I. 3176 — LEvy E. = JPhVB., 


| XLVII, (1921), 86. 
I. 3174 — Stuart D. R., On 
Virgil Eclogue, IV, 60-3= CIPh., I. 3177 — SABBADINI R., Qui 
XVI (1921) 209-30. — Rec.: PhW. mon risere parentes = RFCI., 1925, 
1920, 978 (Th. BIRT). 242. 


CESSI. VIRGILIO. I. 3178-3184 


quinta egloga è sostenuta da D. L. Drew (I 3178) con minuto esame 
dei versi 20-23, 29-3I, 30-39, 42-44, 51-52. Virgilio imita Teocrito I, 
Bione I, Mosco III: Teocrito per la scena, Bione e Mosco per i canti. 
Nel v. 29 si alluderebbe all’introduzione delle feste di Bacco. La 
deificazione di Cesare per la Lex Rufrena (C. Z. L. 1, pp. 37-6), era 
avvenuta nel 42. 

5. Egloga VI. — Dei primi versi dell’egloga tratta il Funaioli 
(I 3179) dimostrando che Virgilio si vantava di essere stato il primo 
fra i Romani a trattare la materia teocritea, conciliando le due op- 
poste interpretazioni che attribuivano a Virgilio l'una il vanto di 
| essere stato l’inventore della bucolica, l’altra l'affermazione che le 
prime opere di lui furono le Bwucoliche. Che il poeta ad ogni modo 
tradisca la pretesa di novatore, il Funaioli (I 3180) conterma anche 
col confronto della III elegia del l. III di Properzio. — Il Wit- 
te (I 3181) sostiene che l’indirizzo a Varo è in diretto rapporto con 
la parte principale del poemetto, considerando fuor di dubbio l’an- 
teriorità delle Bucolicke sulla Cixis, il cui autore sarebbe imitatore 
servile. La dedica a Varo riceve luce, secondo il Witte (I 3182) 
anche dalla dedica del 1° libro delle Epistole.oraziane ; Virgilio rinun- 
zierebbe alla epopea per la poesia scientifica e filosofica, — Il Frank 
(I 3183) identifica Sileno con Sirone, quasi che il poeta alluda alle 
giornate passate alla scuola epicurea (cfr. I 3343, 3344). Il Varo del- 
l’egloga VI sarebbe Quintilio Varo (cfr. I 3195) ricordato. da Catullo 
10. — Invece il Jachmann (I 3184) non reputa del tutto epicureo 
il poeta, ma piuttosto eclettico, (cfr. I 3034), esponendo egli argo- 
menti vari in ordine cronologico: con la storia del mondo si conchiude 
anche quella dell’umanità nella prima parte mentre nella seconda 
si ha una specie di catalogo poetico con storie d'amore, di meta- 
morfosi, derivanti dalla erudizione alessandrina con adattamenti 
del poeta e con un riferimento a Gallo, senza che si debba pensare 
ad inserzioni od aggiunte posteriori, quali ritrova ad es. nei vv. 64-73 


I. 3178 — Drew D. L., Virgils 
fifth Eclogue. A Defence of the Ju- 
lius Caesar Daphnis Theory =CIO., 
XVI (1922) 57-65. 

I. 3179 — FunaIoLI G., Nota 
Vergiliana = RECI., XLVII (1919) 
381-387. 

I. 3180 — FunaloLI G., Da 
poeti latini = RIGI., 1921, 147-150. 


I. 3181 — Wirtte K., Vergils 


VI ERloge und die Ciris = H., 
LVII (1922) 502-588. 

I. 3182 — WITTE K., Horazens 
Verhaltnisse zu Vergil = PhW., 
1923, 1075-1082. 

I. 3183 — FRANK T., Vergiuls 
Apprenticeship II. Vergil and Ho- 
race = CIPh., XV (1920) 25-29. 

I. 3184 — JACHMANN G.,, Ver- 
gils sechste Ehloge = H., LVIII 
(1923) 288- 304. 


— 552 — 


V. BUCOLICHE. 


_ 1. 3185-3193 


ie rr __ 


S. Hammer (I 3185 pp., 1-8). — Quanto alla interpretazione di sin- 
goli versi ricordiamo J. S. Phillimore (I 3186) che corregge (vv. 
43-44) quo in quom, sonaret in sonarit. — Il Weymann (I 3187) con- 
fronta v. 67 con Catull. 64, 321; e per il principio dell’Eneide con- 
fronta arma virumque con Apoll. Sid. ad lib. 3.1; e la frase 10le ego qui 
quondam con carm. epigr. 426, I (cfr. I 3092), e si sofferma (I 3188) 
più largamente sui vv. 31-61, 64, 73, 74, 78, 82. 

6. Egloga VII. — Il Cocchia (I 3189) in vv. 18-20 spiega alternos 
come ambos alternis vicibus e come soggetto dell'infinito meminssse = 
dicere il cui oggetto è versus, essendo alternos usato per ragione 
metrica. — Il Heinze (I 3190) crede che ai vv. 41-44 Tirsi risponda 
in nome di Galatea come Menalca ai vv. 78 sg. dell’egloga III a no- 
me di Iolla, e Dameta a VI, 21 a nome di Polifemo. Tali artifici sono 
propri del genere bucolico. — Per il Frank (I 3191) il Codro ricor- 
dato sarebbe Cornificio, come ammettono gli scoli Veronesi, come 
anche il Dafni dell’egloga II, che viene riportata al 41, l'anno in cui 
fu ucciso Cornificio che il poeta avrebbe anche imitato (Macrob. 
VI, 4, 12 e 5, 13). 

7. Egloga VIII. — Nè soltanto Teocrito, ma anche altri ellenistici 
ha imitato, ed era naturale, Virgilio. Per Meleagro di Gadara da 
prova l’Hubaux (I 3192) confrontando vili, 14-16 con Meleagro in 
A P.V,172,173; XII, II4; € 1 VV 44-46 con A. P. v, 176, 176; XII, 86, pur 
risentendo anche di derivazioni teocritee. L’imitazione meleagrea è 
provata anche dalla tmesi di frae che modifica il senso della parola. 
— La Zuretti (I 3193) spiega l’indignus riferito ad amor (così anche in 
Buc. X, 10) come espressione dell’indignazione del tradito, non come 


I. 3185 — HAMMER S., Vergi- 
liana = E., XXIV (1919-20) 1-17. 
— Rec.: PhW., 1922, 484 (K. 
WITTE). 


Vere. Ecl. 7, 18-20 = RIGI., I, 3 
(Studi critici di filologia cl. e mod. 
Napoli, I. 1926, 155-157). 


I. 3196 — HFINnzE R., Vergil 
Buc.VII,41-46=H., LVIII (1923) 
112. 


I. 3186 — PHILLIMORE I. S., 
Ad Verg. Bucol. VI, 43-44 = Mn.,. 
1924; 221-224. 

I. 3191 — FRANK T,, Cornifi- 


I. 3187 — WEYrMANNC., Zu latei- 
nischen Schriftstellern = BBGSch,, 


1923, 137. 


I. 3188 — WEYMANNC., Similia 
zu Vergils Hirtengedichten-VI ERI. 
= WS., XLIII (1924) 98-100, 
XLIV (1925) 114 Sgg. 


I. 3189 — CoccHia E., Nota a 


cius as Daphnis = CIR., XXXIV 
(1919-20) 49-51. 


I. 3192 — HuBAUX ]., Virgile 
et Méléagre de Gadara = MB.,. XXV 
(1921) 149-163. 


I. 3193 — ZURETTI CAT., Indi- 
gnus amor: Ecl. VIII, 18. = BICI, 
1922-23, 161-162. 


CESSI. VIRGILIO. I. 3194-3203 


magnus secondo l’interpretazione serviana. — In VIII, 30 alter ab 
undecimo annus il Pike (I 3194) spiega = dodici. 

8. Egloga IX.— Il Varo dell’egloga IX è per il Frank (I 3195) 
Alfeno Varo, ricordato da Orazio Sat. I, 3, 130 e Catull. 30. 

o. Egloga X. — Il Witte (I 3196) prova come l’egloga dipenda 
non tanto da Teocrito I e VII, quanto da Teocr. XI. Infatti il v. 71 
si accosta più a XI, 73 cheaI, 47; il v. 43 si richiama a V, 31 ma 
anche a XI, 42: il pastore del v. 51 è Polifemo (cfr. anche I 3182 
con riguardo ad Oraz. Sat. 1, 5, 63). La poesia per Gallo conforta 
della perdita di Lycoris, se mai questa è esistita, data la moda di aver 
una donna. — Per l'indignus amor si cfr. I, 3193. — Nei vv. Ie 44 
sgg. il Hammer (cfr. I 3185 pp. 9-17) riconosce come fonte una ele- 
gia di Gallo derivante a sua volta da IMOMORS (v. 59 cfr. Eurip. 
Hipp. 219 5g.). 

In un quadro di Bart. Schidone (morto nel 1615) ed in due pit- 
ture di Poussin, il Gercke (I 3197) vede dipendenze dall’egloga 
virgiliana. | | sO 


VI. Georgiche: a) EDIZIONI SPECIALI. 

Le Georgiche trovaronodiligenti e sagaci illustratori nel Dalmasso 
(I 3198), nel Mancini (I 3199) nel Senigaglia (I 3200), nello Stam- 
pini (I 3201), nel Masson (I 3202); un editore maestro nel Sab- 
badini (I 3203) sia con l'editto mator (con l'apparato critico) sia 
con la minor: ed interpreti e traduttori, fra noi, nell’Ulpiani 


pp. XXVIII + 213, Palermo, San- 
dron 1922. 


I. 3200 — Virgitio, Le Geor- 
giche c. n. di G., ARCANGELI e G. 
RIGUTINI; XV ed. riv. e corr. da 
G. SENIGAGLIA, pp. XVI-134, Bo- 
logna, Zanichelli 1924. 


I. 3194 — Pike J B., Vergil 
Ecl. VIII, 39 = ClJ., XVII (1921- 
22), 227. 

I. 3195 — FRANK T., Suffenus 
and Alfenus=C10Q., XIV (1920) 160. 

I. 3196 — WITIE K., Ueb. Ver- 


gils X. ERl.(=Satura Viadrina al- 


tera. Festschr. zur 50 jahr. Best. d. I. 3201 — ViRrciILIO, Le Georgi- 


philol. Vereins zu Breslau p. 65-80) 
Breslau, Trewendt u. Granier 1921 


I. 3197 — GERCKE A., Auch ich 
war in Arkadien geboren = N]JPh., 
XXIV (1921) 319. 


I. 3198 — ViRciILIO, Le Geor- 
giche comm. da L. DaLMasso (p. I, 
1. I-II) pp. XVI + 80, Firenze, 
Sansoni 1920. 


‘I. 3199 — VIRGILIO, Le Geor- 
giche dichiar.da A.MANCINI (rist.), 


che col comm. di E. STAMPINI (2% 
ed.) p. I, 1. I-II, pp. X-118, To- 
rino, Chiantore 1924. 


“I. 3202 — Selections from the 
Georgics ed. by J. Masson; pp. 
124, Cambridge, Univ. Press. 1921. 


I. 3203 — P. VERG. MAR., Geor- 
gicon lì. IV, rec. praef. app. instr.R. 
SABBADINI, pp. XIII + 108, Torino 
Paravia, 1921 (ed. maior) — L'’edi- 
tio minor è di pp. 70. 


— 5054 — 


VI. GEORGICHE. I. 3204-3212 


— 


(I 3204) la cui versione riproduce lo Scialdoni, nello Sbavaglia (I 
3204a), e nell’Albini (I 3205) che alla versione premette una in- 
troduzione altrettanto acuta quanto artistica facendola seguire da 
note critiche ed esegetiche. Da questa versione il Bianchi (I 3205a) ha 
estratto Passi scelti per le scuole con introduzione e commenti. — Lo 
Schiavello (I 3206) pubblica il testo delle Georgiche con la versione a 
fronte e con note. — Delle versioni straniere notiamo quella fran- 
cese del Glachant (I 3207) e quella tedesca di R. A. Schréòder (I 3208). 


b) LAVORI CRITICI SULLE « GEORGICHE »: @) in generale: 

Della filosofia epicurea di Virgilio (cfr, I 3015, 3016, 3034, 3183, 
3343, 3344, 3362) si vollero trovare traccie anche nelle Georgiche: e con 
una certa misura compie il suo assunto il Kaul (I 3209). — Quanto il 
poeta si inspiri direttamente alla natura, seguendo il Geikie (cfr. I 
3037) mostra nuovamente il Knapp (13210) a proposito delle giornate 
e delle stagioni nelle Georgiche. — L'importanza scientifica dell’opera 
virgiliana avea messo in luce nelle sua opera il Royds (I 3211) che 
qui registriamo appunto per il suo valore particolare, come anche 
l’Ulpiani nelle note erudite che accompagnano la sua versione (cfr. 
I, 3204) pubblicata nel 1917. — Complemento dell'opera del 
Royds si può considerare quella del Sargeaunt (I 3212), che si occupa 


I. 3204 — VirciLIO, Le Geor- 
giche trad. da Celso ULPIANI a 
cura di L. SCIALDONI, Ascoli Pi- 


giques. Trad. nouv. par V. GLA- 
CHANT, Paris, Payot 1923. 


ceno, 1922. 


._ I. 3204a — ViRrcILIO, Le Georgi- 
che, trad. in endec. c. intr. e n. da 


S. SBAVAGLIA, pp. 149. Lanciano, 
Carabba, 1925. 


I. 3205 — VirciLIO, Le Geor- 
giche, trad. da G. ALBINI, pp. 1067, 
Bologna, Zanichelli 1924. 


I. 32052 — VIRGILIO, Passi scelti 
dell'’Eneide e delle Georgiche, trad. 
di G. ALBINI con intr. e note di J.. 
BIANCHI, pp. 260, Bologna, Zani- 
chelli 1924. 


I. 3206 — G. ScHIAvELLO, Vir- 
gilio, Le Georgiche. Testo, vers. e 
note, pp. 9I, Bologna-Rocca S. 
Casciano, Cappelli 1923. 


I. 3207 — ViRGILE, Le (Géory- 


I. 3208 — VERGILS Georgika, 
ins Deutsche ubertrag. v. R. AL. 
SCHRODER, pp. 98, Miinchen, Bre- 
mer Press 1924. 


I. 3209 — Kaut G. Osk., Ver- 
gilius quatenus in Georgicon libris 
Epicuri praecepta secutus sit, Dis 
sert. Lips. 1922. 


I. 32106 — KNAPP CH., The day 
and the season in Vergil = CIW., 
XVII (1923) 57-05. 


I. 3211 — Rovbs T. F., The 
Beasts Birds and Bees of Vergil: 
a Naturalist's handbook to the 
Georgics with a Preface by W. W. 
FowLER (28 ed.),Oxford, Blackwell 
1914. 

I. 3212 — SARGFAUNT ]., 7yrees 
Shrubs and Plants of Vergil, pp 
VIII 149, Oxford, Blackwell 1920 


CESSI. VIRGILIO. I. 3213-3220 


soltanto delle piante ricordate da Virgilio, tentandone la identifica- 
zione. — Della apicoltura virgiliana tratta uno specialista della 
materia, il Klek (I 3213) considerando i rapporti di Virgilio con 
Varrone, e con lui il D’Hérouville (I 3214) che insiste sull’im- 
portanza dell’apicultura per’ gli antichi e che si intrattiene an- 
che (I 3215) sui bovini, Del valore pratico delle Georgiche parla il 
Burck (I 3216) e di quello artistico di tutto il poema il Kroll 
(I 3217), 

B) Sui singoli libri: 1. Libro I. — Ul Kroll (I 3218) studia il 
proemio delle Georgiche, le determinazioni zodiacali ed astronomi- 
che, facendo rilevare quanto abbia influito su alcune inesattezze e 
deviazioni dalla norma di misura solita nel poeta, l'intento 
adulatorio per Augusto. — Il Jacoby (I 3219) invece considera 
il proemio nel suo valore artistico in rapporto a quello di Lu- 
crezio, notando il pensiero politico di Virgilio rivolto alla salute 
del popolo romano, mentre il richiamo alla divinità, e l'innesto 
della dedica non derivano dall’ossequio alle tradizioni scolastiche 
ma da più libero sentimento artistico per cui il poeta imita non nelle 
particolarità ma nel suo complesso il modello lucreziano. — H Witte 
(I 3220) si rivolge in particolare all’elogio delle divinità per cui il 
Wissowa (= H., LII [1917] 92) aveva pensato che Virgilio avesse 
introdotto nel gruppo delle dodici divinità Ottaviano come tre- 
dicesimo, in omaggio al culto divino reso ai Principi, e conclude 
contro il Wissowa, che Virgilio non ha avuto riguardo ad uno scopo 
adulatorio, osservando che delle dodici divinità ricordate anche da 
Varrone Virgilio ne nomina solo cinque. — Quanto alla interpreta- 


I. 321413 — KLEK ]. L., Varro I. 3217 — KrotL W., Studien 


und Vergil. Die Bienentechnik der 
Romer: Romisch Betriebsweirsen = 
AfB., I (1920) fasc. 7. 


I. 3214 — D'HÉRouviLLE P., 


Virgile apiculteur = MB., XXX 
(1920) IGI sgg. 
I. 3215 — D'HÉROUVILLE P., 


Un chapitre de Zoolechnmie virgi- 
lienne. Les Bovidés = RPh., XLIX 


(1925), 143-152. 

I. 3216 — BuRcK E., De Vergilii 
Georgicon partibus tussivis, pp. 103, 
TLapsiae, Berger 14926. 


zum Verstindniss der ròm - Ltte- 
ratur, Stuttgart, 1924, pp. 164-190. 


I. 3218 — KroLtL W.,, Kleimni- 
gheiten I. Prooemium der Georgica 
= WkKkIPNh., 1918, 304 Sg. 


I. 3219 — Jacopv F., Das 
Prooemium des Lukretius = H., 
LVI (1921) 65. 


I. 3220 — \VitTE K., Das Pro- 
oemium von Vergils Georgica = 


. PhW., XLVI (1924) 507-5I1. 


VI. GEORGICHE. i I. 3221-3230 


zione del testo per questo libro ricordiamo che il D’Hérouville (I 3221) 
al v. 59 legge equarum per il pregio maggiore che gli antichi davano 
alle cavalle che non ai maschi; che la Hahn (I 3222) a proposito dei 
Vv. 201-203 constata che Virgilio usa spesso il dimostrativo dopo il 
relativo con caso diverso; che il Dalmasso (I 3223) ai vv. 208-2rI 
interpreta hkordea = orzo, ed ai vv. 121-223 (I 3224) corda = in- 
genia ad illustrazione della sua edizione (I 3198); e che il Birt (I 
3225) per la intelligenza della chiusa del libro richiama la seconda 
ode del libro primo delle odi orazione. — Il Brakman (I. 3368) 
riconosce nel v. 7 in cfr. con Igino fab. 274 una fonte greca. 

2. Libro II. — Dei vv. 23-24 incidentalmente si occupa il Souter 
(I 3226). — Al v. 256 per lo sceleratum frigus il Pease (I 3227) ri- 
chiama S. Girolamo epist. 121, 10 p. 879 (Vall.) — che considera 
l'espressione come un dialettismo di Virgilio — a complemento dello 
studio The attitude of Jerome towards Pagan Literature = TPAPHA, 
L, (1919) 150 riguardo alla conoscenza da parte di S. Girolamo 
(cfr. I 3089) degli scrittori pagani e in particolare di Virgilio. — 
Relazioni fra Lucrezio III 894-896 e Georg. II, 523 nota il Cosat- 
tini (I 3228). 

3. Libro III. — Il Drew crede (I 3229) che le allusioni storiche 
al vv. 10-39 si spieghino in rapporto anche alla tecnica poetica se 
si ammette che Virgilio pensi (specie nei vv. 21-25) al trionfo del 29 a. 
C. ed alla dedica del tempio sul Palatino nel 28, a. C. a cui si richia- 
mano i vv. 715-721 dell'ottavo dell’'Ene:de, ed il Richards (I 3230) 


I. 3221 — D'HfrouvinrLe P., Verstandn.d. Oden d. Horaz = Ph., 
Les cavales d’'Epire, d propos de 6LXXV (1923) 11. 
Virgile, Georg.: I. 59 = MB., NX- 


XXIV (1920) 150-152. I. 3226 — SoutER A., Notes 
on Latin Authors = CIR., XXXIII 
I. 3222 — Haun E. Ap., Ono (1919) 153. 


the Interpretations of Georgics I, I. 3227 — PEASE A. S., Scele- 
201-203 = TPAPhA., LIV (1923) p. ratumfrigus=ClPh.,XV(1921)81. 
XIX. 

I. 3228 — COSATTINI A., Ri- 


scontri, confronti, interpretazioni 
I. 3223 — Darmasso L., Vir- CONE f Pp 


gilii, Georgica I 208-211 = BFCI., SIFCI., n. s. III (1924) 37-39. 


XXVI (1919-20) 87-89. I. 3229 — Drew D. L., Virgil's 


Mayble Temple: Georg. III, 10-39 


I. 3224 — Datmasso L., Virgi-  — CIO. XVIII (1924) 195 sg. 
lio. Georgica: I, 121-123 = BFCÌ, Q 4) 195 58 
XXVI (1919-20) 114. I. 3230 — RicHarps G. C,, 


IIeplaxtot — CIR., XXXV (10921) 
I. 3225 — BIRT T., Bettrage 2. 105. 


=D 


CESSI. VIRGILIO. I. 3231-3237 


opina che al v. 24 sì faccia cenno di una apertura della scena per la 
disposizione delle rep laxtor dbpat — Il D'Hérouville (I 3231) afferma 
che molte parti che si presentano incomplete sono state lasciate così 
intenzionalmente dal poeta stesso. — Al v. 82 a/bis e gilvo sono inter- 
pretate dal Phillimore (I 3232) come colore crema, = dlbogilvis 
in prosa. — Il D’Hérouville (I 3233) afferma che il glauci di vv. 81-82 
si riferisce al colore degli occhi non al pelo del cavallo, richiamandosi 
ad Aristotile Hist. anim. I, 10. — Infine il Ramain (I 3234) riguardo 
‘alle notizie sui serpenti in Italia (vv. 416-439) non trova che vi sia, 
come crede il Bellessort, contraddizione fra questo passo e II, 153, 
nè che sia una pura imitazione di Nicandro. 

4. Libro IV. — Nello stesso articolo 1 Ramain tocca anche della 
composizione del IV libro e dell'episodio di Aristeo. L'episodio d’Or- 
feo, secondo il Ramain, non si riattacca con quello di Aristeo, e la 
lunghezza dell'episodio infirma l’opinione comune che sia una sosti- 
tuzione di quello contenente le lodi di Gallo, che non potevano avere 
una tale estensione. — Sulla natura e l’origine dell’episodio si soffer- 
mano con cura minuziosa il De Marchi ed il Giri. Il De Marchi reputa 
(I 3235) l'episodio di Proteo non appartenente alle Georgiche prima 
della espunzione delle lodi di Gallo, anche per le contraddizioni il- 
lustrate dal Sabbadini (Compos. delle Georg. di Vergilio = RFCI, 
190I, p. 16-22), considerandolo una derivazione da Omero Od. IV, 
384-470, e (I 3236) conferma tale opinione dell’inserzione trovando sol- 
tanto qui l’imitazione omerica. Il Giri (I 3237) fa notare che la notizia 
serviana del rifacimento del IV libro delle Georgiche può essere dub- 
bia, e conclude il suo pregevole studio asserendo che l’episodio di 
Aristeo nella forma nella quale lo leggiamo noi fu letto anche da 


I. 3231 — D’HfrouviLLE P., = RPh., XLVIII (1924) 117-124. 
Simples remarques sur le ITI chant ui 
des Georgiques=MB., XXIX (1925) I. 3235 — DE MARCHI hi 
135-142. Rileggendo l’episodio d’Aristeo, ne 


quarto libro delle Georgiche, Voghe- 
I. 3232 — PHILLIMORE ]J. S., 1® Arti grafiche 1918. 


Color deterrimus = RPh., XLIII I. 3236 — De MarcHi E. 
(1919) 63 Sg. 65. Proteo nell'episodio finale delle 
i Georgiche di Virgilio = MS., 143- 
I. 3233 — D’HÉROUVILLE P., 149, Torino, Lattes 1921. 
Virgile expliqué par Aristote = 
RPh., XLIX, (1925) 234-230. . I. 3237 — GIRI G., Proteo e Ci-. 


rene nella favola virgiliana di Ari- 
I. 3234 — RAMAIN G., 4 propos  steo = RFCI., XLVII (1919, 398- 
de Virgile, Georg. III, 416-439 413. 


— 558 — 


VII. ENEIDE. I. 3238-3244 


—_—__ 


Virgilio a Mecenate nel 29 a. C. quando Ottaviano ritornava da 
Azio. 


VII. L’Eneide: 4) EDIZIONI SPECIALI. — Ai testi letterari 
papiracei contenenti testimonianze virgiliane rivolge la sua atten- 
zione il Kòorte (I 3238), in particolare ai POxy. 494 e 1099 il 
quale ultimo (V sec.) dà un vocabolario greco per En. IV, 659 - V, 6 
con errori di testo ed arbitrario ordinamento di versi. — Dei pa- 
piri con versione greca fa cenno il Lowe (I 3239) e sebbene essi 
non abbiano grande valore in sè, attestano il posto eminente te- 
nuto da Virgilio nella cultura latina dell'Egitto. — Il Calderini 
segnala (I 3240) un altro papiro milanese, (IV-V sec.=En. I 638- 
640, 649-651) pubblicato poi dal Calderini stesso (I 3241). Un testo 
virgiliano con versione greca da un palinsesto arabo illustra ora il 
Galbiati in questa nostra Rivista (I 3242). — Aggiungasi un altro 
papiro fiorentino (I 3243) cioè il P S I 756 contenente En. II, 
443-527 con versione greca. | 

Fra le edizioni dell’Eneide, per valore ed importanza, merita che 
sia ricordata prima di tutte quella critica del Sabbadini (I 3244), 
il quale si attiene per la costituzione del testo con preferenza alla 
tradizione manoscritta, apportando minimi emendamenti dove è 
evidente l’errore, eccezionalmente e con cautela usando delle muta- 
zioni proposte dai grammatici. Il Sabbadini segue sovra tutto i co- 
dici F. M. preferendo l’incostanza piuttosto che una norma rigida 
per l'ortografia, con palese ritorno alla tradizione dei codici a diffe- 


I. 3238 — KGRTE A., Ltte- 
rarische Texte mit Auschluss der 


I 638-640, 649-65I con versione 
greca, p. 1-3, Milano, Aegyptus 


chvistlichen=AP.,VI(1920) 233 Sg. 


._ I. 3239 — Lowe E A.,, Two 
fragments of Virgil with greek tran- 
slation = CIR., XXXVI (1922) 
154-5e = Miscell. Ehrle, IV, 46 
(1924). 

I. 3240 — CALDERINI A., / pa- 
piri milanesi ed altre antichità egi- 
zie in Milano, Milano, Aegyptus 
1922. 


I. 3241 — CALDERINIL.A. Papiri 
milanesi ecc. 18 Collezione Jaco- 
velli-Vita: pap. 1 VIRGILIO, Eneide 


1927. 


I. 3242 — GALBIATI JoH., Ver- 
gilius latine et graece in palimpsesto 
codice arabico = Aev., I (1927) 
49 SE. 


_ I. 3243 — VITELLI G., Interpreta- 
menta vergiliana = PSI VII, n° 756. 


I.3244 — P. VERGILII MARONIS, 
Aeneidos libri: rec. praef. est, ap- 
pendicem criticam add. R. SABBA- 
DINI, Aug. Taur., in aed. ] B. Pae 
raviae (s.a.) [1919-22]. 


— 559 — 


CESSI. VIRGILIO. I. 3245-3255 


renza della sua edizione loescheriana (13245). Ma anche a quest’ultima 
il Sabbadini — con grande utilità delle nostre scuole — ha rivolto le 
sue cure, pubblicandone la 5* edizione con una piena revisione e molti 
ritocchi, resi necessari dai più recenti studi e ripresentando le 
sue ricerche sul primitivo disegno dell’Eneide (cfr. anche I 3277), 
per cui l’ordinamento sarebbe III, V, I, II, IV, VI, VII-XII 
col minor spostamento possibile dall'ordine tradizionale. — Edi: 
zioni puramente scolastiche sono quelle del Pascal (I 3246) che ap- 
porta però anche contributi personali e non pochi; del Bassi (I 3247); 
del Masera (I 3248); dell’Arcangeli e Rigutini riveduta dal Ramorino 
(I 3249); del Capuzzello (I 3250); del Maura (I 3251), — I primi sei 
libri con introduzione, note, vocabolario, ecc. ci dà il Burton (I 
3252); e per l’originalità e l’importanza del commento, che rettifica 
spesso e spesso si oppone alle conclusioni del Norden, è notevole 
l'edizione del Butler (I 3253) per il sesto libro, alla quale muove 
diversi appunti e contestazioni il Conway. — Scolastiche sono le 


edizioni del Drick (I 3254) e 


I. 3245 — P. VERGILII MARONIS., 
Eneide comm. da R. SABBADINI, 
5 ed. riv. e ritocc., premesso 
il « Primitivo disegno dell’Eneide », 
1. I-III, pp. LVIII-141, Torino, 
Chiantore 1922. 


I. 3246 — P. Verc. MARONE,, 
L’Eneide, }. IV col comm. di C. 
PASCAL, pp. 55, Palermo-Milano, 
Sandron 1919. 


I. 3247 — P. VERGILI: MARONIS, 
Aeneis, recensione e note di I. 
Bassi, pp. XX + 555 (ristampa), 
Torino, Paravia, 1919 (e poi nel 
1923). 

I. 3248— P. VirciLIo MARONE, 
Eneide col comm. di G. MASERA, 
1. I-VI, pp. 130+1334+141+124 
+143+155, Torino, Soc. ed. int. 
1922-23. 


I. 3249 — P. VirciLIo M,, L’E- 
nerde con note di G. ARCANGELI 
e G. RIGUTINI. XIV ediz. a cura 
di F. RamoRINO, vol. I, III, IV. 
(libri 1-3, 7-12) pp. VIII, rit + 
108 + 122, Bologna, Zanichelli 
1920-21; Vol.II (libri 4-6) pp.VIII, 
124, Bologna, Zanichelli 1922. 


Fickelscherer (I 3255) — Nella 


I. 3250 P. Vircitio M,, 
L’Eneide con comm. di F. Capuz- 
ZELLO: vol. I, libri 1-3, pp. VIII+ 
180, Roma, Albrighi e Segati 1924. 


I. 3251 — VirciLIo, L’Eneide 
a cura di G. MAURA, 28 ed., pp. 
130+432, Torino, Soc. ed. intern. 
1925. 

I. 3252 — VERGIL, The first 
six Books of the Aeneid, edit. with 
Introd. Notes, Vocabulary and Pas- 
sages. Transl. by H. E. Burton, 
pp. XX + 530, Boston, Silver 
I9I9. 

I. 3253 — The sixt Book of the 
Aeneid edit. by. H. E. BUTLER, 
pp. VIII + 288, Oxford, Bla- 
ckwell 1920. — Rec.: CIR., XXXV 
(1921) 163-7 (R. S. Conway). 


I. 3254 — DRicKk TH., Prapa- 
rationen zu Vergils Aeneis, 2 Heft 
(libri 2-3) 4* Aufl. pp. 19, Leipzig, 
Teubner 1919. 


I. 3255 — VERGIL, Aeneis in 
Auswahl herausg. v. M. FickEL- 
SCHERER, VI Aufl., pp. XVI, 222, 
Leipzig, Teubner 1919. 


— 560 — 


VII. ENEIDE. L 3256-3267 


Collezione francese de « Les Belles Lettres » il Goelzer, si è accinto 
.a preparare l'edizione dell’Emerde (I 3256) essendosi associato per la 
versione il Bellessort. — Il Fanshawe ha curato il testo e la ver- 
sione del quarto libro e l’Irvine (I 3257) vi aggiunge note critiche 
ed esegetiche. — Nella collezione nostra sansoniana il Lombardi 
(I 3258) continua la pubblicazione dell’Eneide col testo a fronte. 

Delle nostre versioni complete ricordiamo quelle del Dobelli (I 
3259) e sovra tutto quelle dell’Albini (I 3260) e del Vivona (I 3261) 
ambedue pregievoli per meriti diversi. — Tra le particolari citiamo 
quella del La Magna (I 3262) e quella del Verona (I 3263) per 
il libro sesto. — Fra le forestiere sono da segnalare la nuova edi- 
zione della traduzione (l’autore la chiama imitazione) di J. Émile 
(I 3264); illavoro di L. M. Watt (I 3263) sulla versione inglese del 
Douglas; la nuova revisione della traduzione inglese del Billson 
(I 3266); la pubblicazione di quella tedesca di L. Hertel (I 3267) 
e che ha una fisonomia tutta speciale per lo sforzo di dare ai nomi 
propri il loro significato originario, e la pronunzia antica, e per la 
versione in stanze libere secondo l'esempio dello Schiller per il 2° e 
4° libro dell’Eneide e dello Schilling per l'Odissea. 


I. 3256 — VircILE, Énéide:1. I. 3262 — VirciLio, Z/ libro IV 


I-VI. Texte établ, par H. GoELZER, 

et trad. p. A. BELLESSORT, pp. 
XXXI + 5 - 197 doppie, Paris, 
Les Belles Lettres 10925. 


I. 3257 — VERGIL, The Loves 
of Didon and Aeneas, Text with 
parall. transl. by R. FANSHAWE 
edit. with critical remarks by A. L. 
IRVINE, pp. 131, Oxford, 1921. 


I. 3258 — Virgilio, Eneide trad. 
‘e comm. col testo a fronte di A. 
LomBarDI, l. VII-VIII, pp. 295, 
Firenze, Sansoni 1922. 


I. 3259 — Eneide di P. VERGILIO 
MARONE, trad. di Aus. DOBELLI, 
Como, tip. Comense A. Bari 1919. 


I. 3260 — L'Eneide trad. di 
G. ALBINI, pp. XXVI+ 455, Bolo- 
gna, Zanichelli 1921 (cfr. I, 32054). 


I. 3261 — Fr. Vivona, L’Eneide 
sn versi italiani: 2 vol. pp. 184 + 
196, Roma, Ausonia 1926. 


dell’En. trad. in versi di G. La MA- 
GNA, pp. 40, Vittoria, tip. pop. 
1923. 


I. 3263 — Ilviaggio all'Inferno. 
Trad. del 1. VI dell'’En. di D. VE- 
RONA, pp. 159 con 3 tav., Sera- 
vezza, Boldrini 1925. 


I. 3264 — VIRGILE, L'Enéide 
imitée en vers franc. — II ed. par 
J. Émite, Lyon-Paris, Vitte 1919. 


I. 3265 — Watt L. M, Douglas's 
Aeneid, pp XII + 252, Cambridge, 
University Press 1920. 


I. 3266 — Binrson C. J., The 
Aeneid of Virgil transl: New and 
revis. edition, pp. VIII + 305, 
Oxford, Blackwell 1923. 


I. 3267 — VERGIL, Aeneis ubers 
v. L. HERTEL, Zum Druck be- 
sorgt von Osk. Hertel, pp., 576 
Berlin, Propylien - Verlag 1922. 


— 561 — 


Aevum - Anno I - 36 


CESSI. VIRGILIO. I. 3268-3277 
— Il Hudig-Frey (I 3268) tratta delle antiche illustrazioni all’Eneide 
fatte da H. v. Veldeke. — Per i commenti alle traduzioni italiane 
dell’Eneide od estratti per le scuole confr. I. 2212-2214; 2217-2226. 
Qui aggiungiamo la notizia dell’edizioni del Calvi (I 3269), del 
Carlesi (I 3270), del Mestica (I 3271). 

db) ARTE E STORIA NELL'ENEIDE. — Il Falion (I 3272) in- 
daga l’arte virgiliana nei primi sei libri dell’Eneide in rapporto al- 
l’arte greco-romana, essendo le creazioni virgiliane effetto piuttosto 
di concezione artistica. — Il Wartenberg (I 3273) ricorda come la 
scena dello scudo sia una derivazione omerica ma abbia altro ca- 
rattere ed intento: perchè in Virgilio l’artificio artistico ha uno 
scopo storico e politico quale seguiranno poi i nostri grandi artisti 
del cinquecento. La composizione dello Scudo virgiliano è il com- 
plemento del disegno della discesa all’Orco. — Per la questione 
dell’imitazione conviene leggere un accurato studio del Bolaffi 
(I 3274) — Il Nohl (I 3275) fa notare l’inverosimiglianza del- 


l’accenno del mallevadore Nisus in rapporto alla composizione 


generale del poema specie con i libri II, e III. — La Hahn (I 3276) 
non trova contraddizione fra II 8-81 ed il libro III, dimostrando 
che la profezia di Creusa è invece indispensabile al racconto gene- 
rale dacchè l’accenno della terra Esperia in II, 7-81 è spiegato solo 
da III, 165-171. | 

Il Crump (I 3277) tratta della formazione dell’Eneide e col Sab- 
badini (I 3245) crede che il terzo libro sia stato dei primi ed in terza 


I. 3268 — Hupic - Frey M,, I. 3273 — WARTENBERG G., Der 
Die diteste Illustr. d. Aeneis v. Schild des Aeneas. Ein. Verm. zur 
HEINRICH v. VELDEKE, pp. 120, Enisteh. dev Aeneis = Sat. Berol,, 
e 6 tav., Strassburg, 1921. 1924, 88-91. 

I. 3274 — BoLArri E., I fre 
scudi class. e le imit., pp. 27, Fa- 
no, Soc, tip. coop. 1919. 

I. 3275 — PHILLIMORE F. S.,, 
«Ille ego» Virgil and projessor 
Richmond, pp. 24, Oxford, Univ. 
Press 1920 - Rec.: WeEiPh,, 
1920, 229 (NoHL); BPhW., 1920,. 

I. 3271 — VikciLIo, L’Eneide, 1012 (K.P.SCHULZE). 
trad. cli A, CARO, riv. sul cod. laur. I. 3276 — HAHN E. Ap., On an 


I. 3269 — VirciLIO, L'Eneide, 
trad. da A. CARO, riv, sui migliori 
testi ecc. da E. CALVI, pp. 69+-64 
+70, Torino, soc. ed. int. 1924. 


I. 3270 — Da l’Eneide trad. di 
A. CARO, pref. c. n. di IF. CARLESI, 
Firenze, da Voce 1925. 


ecc.da E. MESTICA, 14 tir. pp.VIII- 
215, 2 tav., Firenze, Barbera 1924. 


I. 3272 — FALION G. M., The 
Arts in the Aeneis(1.1-6) = CIW,, 
XVIII (1925) 182-186. 


«Alleged inconsistency in the Aeneid 
= CIW., XIII (1920) 209. 


I. 3277 — Crump M. M., The 


‘ Growth the Aeneid, pp. 194, Ox- 


ford, Blackwell 1920. 


— 662 — 


VII. ENEIDE. I. 3278-3280 


persona. — M. B. Ogle (I 3278) afferma che nei primi sei libri le al- 
allusioni allo scopo del viaggio sono determinate da situazioni 
drammatiche per cui non se ne possono trarre argomenti per sta- 
bilire l'ordine cronologico dei libri. Enea ad es. conosce durante lo 
svolgimento dell’azione i nomi riguardanti la terra promessa: è una 
anticipazione del poeta stesso e conseguenza della profezia su cui 
si basa l'intreccio del poema. Il Kumaniecki (I 3279) continuando 
nel suo sistema (cfr. I 3126) di stabilire la cronologia delle varie parti 
del poema secondo la ripetizioni di parole o di concetti che si nota- 
no fra le Georgiche e l’Eneide e secondo il modo col quale tali ripe- 
tizioni avvengono o per ampliamento e conglomerazione o per con- 
trazione o per confronti tratti dalle descrizioni, seguendo ancora 
le leggi che il Wendling (I 2362) crede di aver trovato per le 
inserzioni di brani in Omero e imitate da Virgilio, fissa un nuovo 
ordine, in contrasto con quello del Sabbadini (cfr. I 3245), cioè XI, 
III, IV, I-II, VII, X, VI, IX, VIII, V, XII, con tale cronologia: 
XI = a. 29-27; II, IV, I, II, III = a. 27-25; X, VI = a 25-23; IX, 
VIII = a 22; V, XII = a. 21-19. — Riguardo all’influsso elleni- 
stico in Virgilio C. S. Duckett (I 3280) si industria di mettere 
in luce più precisi particolari sia per i criteri di composizione, 
sia per i mezzi tecnici. Le figure di Medea e Simeta hanno ri- 
scontro con quella di Didone; Arianna e Scilla hanno riflessi in 
Amata; l’Artemide callimachea influisce sulla Giunone virgilia- 
na, il re Latino si esempla sui re apolloniani che sono la rappresen- 
tazione di quelli ellenistici ecc.: l'interesse per miti e racconti 
eroici accanto a quelli romantici: il sincretismo religioso, l’impiego 
della magia, la fortuna che penetra nel reggimento delle cose umane, 
il razionalismo filosofico. Aggiungansi gli artifici tecnici, artistici, la 
predilezione per l’epillio e l’idillio, le descrizioni, l'interesse per scene 
drammatiche accanto alle sentimentali, la brevità, la progressione 
dal concreto all’astratto, le figure di pensiero e di parole, la simmetria, 
ecc. ecc. — E particolarmente per le parole assonanti e sinfoniche con 
le quali il poeta traveste od interpreta le parole derivanti da Ome- 
ro e dai tragici per le rappresentazioni ad es. del mare, dell'amore, 


I. 3278 — OcLE M. B., On some AFPAU., n.0 4, Cracovia 1926, 
theories conc. the composition of pp. 1-89. — Rec.: Aev. I (1927) 
Aen. = AJPh., XLV (1924) 260-387 sgg. [F. RaMoRINO!. 

275. 
I. 3280 — DUCKETT E. S., Hel- 

I. 3279 — KUMANIECKI C. F.-  lenistic influence on the Aeneid = 
Quo temporis ordine Vergilius sin-. SCCS., I (Northampton Mass. 
gulos Aeneidos libros elaboraverit, 1920) pp. XL 68. 


— 563 — 


CESSI. VIRGILIO. I. 3281-3288 


delle nozze, della vita, della morte, ecc., per cui si risente l’influsso 
ellenistico, pur superato dalla tecnica accurata e squisita e 
dal sentimento personale del poeta, abbiamo una diligente 
trattazione e un minuzioso catalogo per cura di E. Steiner 
(I 3281). — Dal sentimento personale di pietà e di umanità 
(I 3033, 3123) che investe tutto lo spirito del poeta deriva certo 
l’uso del patronimico Anchisiade, nel quale la Hahn (I 3282) 
sente sempre un valore affettivo. — Dalla tendenza al dram- 
matico deriva la rappresentazione della figura del re Latino e delle 
sua avventure che la Saunders (I 3283) crede si possano compor- 
re quasi in una grande tragedia i cui cinque atti trovano diretta 
materia nel poema virgiliano. — Fra gli artifici tecnici è da ricordare 
quello del sogno che è stato oggetto di studi particolari da parte di M. 
H. N. (I 3284) il quale in Virgilio trova uno schema unico (1° l’espo- 
sizione delle circostanze, 2° apparizione, 3° parole dell’apparizione 
in cui la parte decisiva spetta al dio od allo spettro, 4° sparizione, 
risveglio del dormiente) eccetto che per il sogno del re Latino, e di 
G. Patroni (I 3285) che riconosce in Virgilio il diretto influsso omeri- 
co e afferma che le immagini del sogno non sono entità ma schemi per 
cui gli dei o i morti possono comunicare coi vivi. — Della pietà tra- 
gica in Virgilio si occupa il De Witt (I 3286), riconoscendo quale ele- 
mento essenziale del dramma il terrore, pietà che si sente nella figura- 
zione di Turno, Niso, Camilla (cfr.I 3042) ecc. e di tutta la guerra tro- 
iana (I 3287) la quale il De Witt rappresenta come un gran dramma 
di cui solo l’ultima fase, rapida e con pochi personaggi, è data dal 
poeta. — Il concetto del fato e dell'anima ricerca il Kiesow (I 3288). 

SI spiega quindi, dato il carattere complesso del poema virgiliano, 
l’interesse che esso ha destato e nell'antichità e nei tempi presenti. In- 
teresse determinato da quel colorito politico che anima tutto il pocma 


I. 3281 — SIEINER E., Das Be- 
deutunglehnwort in Vergils Aeneis, 


ria del sogno în Omero e in Vir- 
gilio = RIL.,s.II, vol. LIII, (1920) 


pp. 69, Dissert. Kònigsberg 1921. 


I. 3282 — HAHN E. AD., Note 
on Vergils use of Anchisiade = 
CIW., XIV (1920) 3-4. 

I. 3283 — SAUxNDERS C., The 
tragedv of Latinus = CIW., XV 
(1922) 17-24. 

I. 3284 — M. H. N, Le songe 
dans Dl Enéide = MB. XXXV, 
(1921) 197-208. 


I. 3285 — PATKONI G., La teo- 


252-282. 


I. 3286 — DE Witt N. VW, 
Tragic Pity and Fear în the Aeneid 
= TPAPHRA., LV (1924) XXVI. 


I. 3287 — DE WiITT N. W., The 
second Aeneid as a dram = Cl], 


XX (1924) 479-485. 


I. 3288 — KiEsow F., Del fato 
e dei concetti dell'anima nell’ Eneide 
di Virgilio = MS., pp. 209-224 
(Torino, Lattes 1921) 


-- 564 — 


VII. ENFIDE. : I. 3289-3294 


i] quale assume così un valore nazionale, senza perdere, come attesta 
acutamente R. B. Steele (I 3289) il suo valore universale. Questo colo- 
rito politico e nazionale deriva dalla felice fusione dello studio della 
realtà storica con la fizione d’arte la qualenonè mai vinta dalla prima, 
anzi parrebbe sottometterla. Si comprende quindi l’interesse degli 
studiosi per riconoscere nell'opera d’arte quella vita storica che essa 
illustra così vivamente. La tradizione letteraria si trasforma per adat- 
tarsi a realtà storica. — L’Enea di Omero, nota E. T. Stage (I 3290), 
di figura impersonale e inconsistente, come fondatore di città e stru- 
mento della volontà divina, assume forma individuata in Virgilio, 
una personalità umana definita, per cui la grandezza dell’impresa 
e il valore e la grandiosità dell’epopea diventano sempre maggiori e 
di carattere assolutamente diverso da quello dell’epopea omerica. — 
Il Knapp (I 3291) mette in rilievo la delicatezza e l’abilità del poeta 
nel farci sentire nel poema la storia senza rappresentarla direttamente, 
nel farci pensare ad Augusto, ad Annibale, a Cleopatra attraverso 
le figure di Enea, di Turno, di Didone, per cui Virgilio si stacca 
nettamente da Nevio e da Ennio, diventando, specie nel libro sesto, 
egli stesso, insieme col suo Enea, l'esponente della vita romana. — 
Virgilio, quando la concezione poetica e la necessità artistica lo in- 
ducono a modificare le figure storiche, non dubita di farlo, come 
afferma E. S. Stout (I 3292): così ad es. per Latino, Turno, Me- 
senzio, ecc. — Ma nei particolari della vita reale il pocta non travia 
lo storico. Ad es. le armi di cui si servono gli eroi virgiliani sono quelle 
degli antichi italici, come fa notare Cath. Saunders (I 3293), e di cui 
trovansi motivi nelle tombe latine ed etrusche, sovra tutto per l’uso 
del ferro in contrasto con l'imitazione letteraria omerica. — Quanto 
il poeta si sia attenuto alla storicità, fino a quando non glielo vietava 
l’arte, dimostrano anche le ricerche del Moselev (I 3294) sul pius 
attribuito ad Enea ( 15 volte) e non già come attributo all’omerica, 
ma rispondente al concetto ed alla tradizione comune del popolo 
romano tutto. —Il Frank che nei suoi Roman Essays ecc. avea cercato 


I. 3289 — StEELE B. B., /nte- 
rest in the Aeneid ancient and 
modern = TPAPhA,, (1922) XIX. 


I. 3292 — Stout S. E., How 
Vergil established for Aeneas a legal 
claim to a home and a throne in 
Italy = ClJ., XX (1924) 152-160. 


I. 3293 — SAUNDERS CATA., 
The Arms of primitive Italy an 
seenin Vergil’s Aeneid=TPAPNA,, 


I. 3290 — Stack E. T., The 
non virgilian Aeneas = ClJ., XV 
(1919-20) 350-357. 


I. 3291 — KNAPP CH., Legend 
and history in the Aeneid = Cl], 
XIX (1923-24) 198-214. 


LVI (1925) pp. NXXV-XXXVI. 


I. 3294 — MosELEy N., Pius 
Aeneas = Cl]., XX (1924) 387-400. 


— 5635 — 


CESSI. VIRGILIO. I. 3295-3302 


di stabilire la ubicazione di Roma rispetto al racconto virgiliano, ora 
(I 3295) sostiene che, in seguito ai più recenti scavi, conviene ricono- 
scere nella Troia virgiliana la città romana determinata dai muri 
messi nuovamente alla luce. — Il Fischer traduce per il popolo ameri- 
cano le ricerche del Boissier (I 3296) sulle località ricordate da Virgilio 
e da Orazio; e le osservazioni dell’archeologo francese inspirate dalla 
visione dei luoghi non mancano ancor oggi, per quanto siano tra- 
scorsi più decenni, di freschezza, attualità ed interesse. — L’Amatucci 
(I 3297) ci fa rivivere la Sicilia antica nel poema virgiliano. — Il Coc- 
chia (I 3298, 3299) studia come la storia e l’arte si fondano in bel- 
l'armonia nel poema virgiliano che non cessa di essere poema d’arte 
essendo quasi il manuale più vivo delle antichità italiche, e come per 
questo felice connubio il poema sia «la glorificazione poetica della 
storia nazionale » Nella glorificazione della casa Giulia è la glorifi- 
cazione dell’Italia tutta, e per questo Virgilio torna ad essere, giu- 
stamente interpretato, il poeta nostro nazionale, il genio nazionale 
anche per l’Italia nuova, come aveva sentito Dante Alighieri, erede 
del concetto politico di Virgilio, quale ricorda di recente il Ragazzi- 
ni (I 3300) il cui lavoro ricordiamo come esempio e sintomo dello spi- 
rito nazionale odierno rispetto al vecchio poeta nostro. — La gran- 
de missione di Enea è quindi un’espressione della valontà divina 
e perciò il pocta ci presenta l’erce in luce altamente simpatica — 
e lo dichiara G. Howe (I 3301) — poichè egli apparisce strumento 
della volontà divina, ma, tacendo sempre il poeta i mezzi per rea- 
lizzare la missione stessa, Enea apparisce attore diretto e cosciente 
per propria virtù personale. | 
c) LAVORT SUI SINGOLI LIBRI. 1° Libro I. — I primi versi 
hanno dato ‘motivo a gravi dissensi per la questione della loro genui- 
nità. — Il Phillimore (I 3302) la sostiene contro il Richmond, po- 
I. 3295 — FRANK T. Aeneas 


city at the mouth of the Tiber = 
AJPh., XLV (1924) 64-67. 


nica, Napoli, Rondinella e Loffre- 
do (1925) vol. III, 299 sg. 


I. 3299 — CoccHÙia E., L’Eneide 


I. 3296 — BoIssIER G., The 
country of Horace and Virgil. — 
Transl. by D.H. FISHER, pp. 346, 
New-York, Stechert 1923. 

I. 3297 — AMATUCCI A. G., 
L’Eneide di Virgilio ela Sicilia = 
ASS., XLV (1923) pp. 31. 

I. 3298 — Coccnhia EF.,, L'arte 
e la storia nell’ Eneide di Virgilio = 
AAAN., IX (1924) 197-373 (= La 
letter. latina anter.all'influenza elle- 


come glorificazione poetica della sto- 
ria nazionale = RIGI., VIII (1924) 
1-34. | 

I. 3300 — RAGAZZINI V., L’E- 
neide poema nazionale italico, pp. 
22 (= Ann. del R. Liceo Cicogni- 
ni, Prato, 1926). 

I. 3301 — Howe G., The revela- 
tion of Aeneasmission= SPhUNC,, 
1922, 3I-4I. 

I. 3302 = I. 3275. 


— 566 — 


VII. ENEIDE. I. 3303-3312 


tendo essere genuini come gli ultimi delle Georgiche e consente 
con lui lo Schulze. Non conviene dimenticare come questo prin- 
cipio dell'Eneide abbia avuto largo influsso letterario; il che hanno 
ricordato e l’Ilewycz (cfr. I 3092) ed il Weymann (cfr. I 3187). 
— I] Lindsay (I 3303} dichiara però che non bisogna trarre con- 
‘clusioni troppo arrischiate e decisive per il testo dell’Eneide dalla 
rappresentazione antica di Virgilio con un libro aperto per cui si 
legge: Musa mihi causas memora, ecc., ma il De Witt (I 3304) avea 
fatto notare che l’epigramma ricordato dall’Ilewycz, la chiusa delle 
Georgiche, Ja chiusa dell’epitafio, sono garanzia dell’autenticità delle 
tre opere principali del poeta cioè Bucoliche, Georgiche, Eneide, e 
se quei primi versi furono omessi da Varo e Tucca, dovevano 
formare il proemio all’edizione dell’Eneide in quattro libri quale 
fu recitata ad Augusto. 

Il Kumaniecki (I 3305) al v. 223 nella parola fimis wi la fine 
di quei mali che sono ricordati al v. 199, secondo un’ antica inter- 
pretazione; il Bondurant (I 3306) fa notare che il v. 426, da molti 
rifiutato, è mantenuto da Servio e Donato e dalla tradizione mano- 
scritta; il Williamson (I 3307) studia le interpretazioni date al sunt 
lacrimae rerum di 1,400, notando i controsensi dei commentatori 
e la necessità di tener conto anche di lic etram del 451; sul verso 452 
si sofferma il Keith (I 3308). — Il Sihler (I 3309) ed il Bell (I 3310) 
si occupano del v. 576 leggendo l'uno 7yriusve, l’altro difen- 
dendo la lezione tradizionale Tvriusque. — Al v. 599 il Kirk (I 3311) 
sostiene che si debba leggere exkaustis non exhaustos in concordanza 
con casibus. — Il Potter (I 3312) crede che si possa togliere il contra- 
sto fra I. 755 e V. 626, ammettendo che dopo la morte di Anchise, 


I. 3303 — Lixpsavy W. M, 
The beginning ofthe Aeneid= CIQ., 
XXXVI (1922) 166. 

I. 3304 — DE Wirr N. W,, 
Virgil's Copyrigth = CIPh., XVI 
(1921) 338-340. 

I. 3305 — KUMANIECKI C. F., 
Ad Verg.Aen. I, 223 = F., XNIN 
(1926) 68. 

I. 3306 — BoxDuURANT A. L., 
A disputed line in the Aeneid 1, 
426 = ClIJ., XX (1924) 534-539. 

I. 3307 — WittiaMmsoN H.,, 


I. 3308 — KEITH A. L., A Vergi- 
lian Line = ClJ., XVII (1021-22) 
398-403. 

I. 3309 — SIHLER E. G., 7ros 


Tyriusque (Verg. Aen. 1, 570) = 
AJPh., XL (1919) 835. 


I. 3310 — BELL N. J., Tros 7y- 
riusque = A]Ph., NL (19109) 198- 
200. 


I. 331} — Kirk MW. H., Aen. 1, 
599 = AJ Ph., XLV (1924) 179-180. 


I. 3312 — PoTtTER FR. H., Sep- 


Verg. Aen.1,460= CIR., XXXIII, 
{I9I19) 30. 


tima aestas=TPAPhA., XVI(1925) 
pp. XNXVI-VII. 


— 567 — 


CESSI. VIRGILIO. I. 3313-3321 


nella sesta estate, Enea sia andato a Cartagine, rimanendovi solo. 
tre mesi, in modo da ritornare a tempo di celebrare l’anniversario. 
— Seguendo il Bern. 184 il Leopold (I 3313) difende in I, 740 la le- 
zione Joppas, derivando tal nome da quello della città ’Iornz. 


29 Libro II. — Per il valore drammatico del libro cfr. De Witt 
(I 3287). — Unostudio psicologico sulla figura di Sinone, quale crea- 
zione virgiliana, dà il Keith (I 3314). — Sulla lezione di II 124 e 309 
si sofferma il Nutting (I 3315). — Il quater ripetuto al v. 242 
sg. è peril Lease (I 3316) numero di mal augurio, ed appunto il valore 
di omen vi ritrova il Cartney (I 3317), che si occupa anche del v. 203. 
dove afferma si debba rispettare l'ordine delle parole, e di I, 707, IV, 
298 che confronta con Ovid. Met. vit, 47, Lucrezio II, 558, ecc. — Il 
Murley (I 3318) interpreta il proximus ardet di 311 con Orazio £ pist. 
I, 15, 84 e Gioven. 3, 198 sg. — Il Funaioli (I 3180) contro il Sab. 
badini mantiene in II, 350 la lezione audeniem certa sequi. — Il Miiller- 
Graupa (I 3319) consente col Kurfess (= BPhW., 1918, 1246) che il 
viders al v, 461 sia un infinito storico e solitae sia un aggettivo, rinun- 
ciando ad una sua vecchia interpretazione ma per ragioni diverse da 
quelle addotte dal Kurfess. — Il van Buren (I 3320) afferma che 
l'episodio di Elena (vv. 567-588), mancante in alcuni manoscritti, 
risale al poeta, trovandone ragione nelle osservazioni del Compa- 
retti (cfr. I 3077) sul rilievo di un elmetto pompeiano che ne ha tratto 
inspirazione. — Il Shipley (I 3321) conferma tale opinione con 
ragioni grammaticali e metriche (la et che segue parole terminanti 
in vocali e la # in posizione pentemimera) attribuendo all’opera di 
Vario e Tucca, per accordo col poeta, l'eliminazione del brano nella 


Margitnalia from Vergil = CIW.,. 
XIII (1920) 217 sg. 

I.3318 — MURLEv CL.,, Pro- 
ximusardet=C1]., XVII, (1921-22) 
530. 

I. 3319 — MULLER-GRAUPA 
Epw., Zu Aen. II 461 = BPhW,, 
XXXIX (1919) 618-622. 


I. 3320 — BUREN (van) A. W,, 
Verg. Aen. II, 567-588 = CIR, 
XXXIV (920) 102-103. 


I. 3313 — Leopotp ]J. H., Ad 
Verg. Aen. 1, 740 = PhW., XLII 
(1922) 887. 


I. 3314 — KritH A. L., The 
Ssnon episode in Vergil = CIW., 
(1922) 140-145. 


I. 3315 — NuttING H. C., Two 
Vergilian notes = ClJ., XVIII, 
(1922) 165 SE. 


I. 3316 — Lease E. B., A fur- 


lher Note to Vergil Aen II, 242 
= CIJ., XIX (1923) 447-448. 


I. 3317 — CARTNEy E. S. Mc, 


I. 3321 — SuipLevy F. W., The 
Vergilian Authorship of the Helen. 
episode — TPAPNA., LVI (1925) 
173-184. 


— 568 — 


VIT. ENFIDE. I. 3322-3330» 


er —— 


redazione definitiva. — Il Dunbabin (I 3322) si sofferma su II 
616, e IV, 13. 

3° Libro ITI. — ll libro terzo presenta parecchie dissonanze e 
contrasti con gli altri libri: la Saunders (I 3323) si sforza di provare 
che esse sono solo apparenti. — Il Rolfe (I 3324) studia i v. 207 (vela 
cadunt) e 367 (lavare rudentes) nel loro valore tecnico. — La Delcourt 
(I 3325) illustra la leggenda della morte di Neottolemo derivata 
dal ciclo epico con i riferimenti virgiliani (En. III, 332). — Il Golling 
(I 3326) considera Chaontam omnem del v. 334 come accus. oggettivo, 
al v. 760 concessa = tmperantur (cfr. Cic. Verr. 5, 68) in En. IX, 170 
nota l’ellissi del dativo, e con III, 670 confronta X, 269. — Per la 
primitiva forma di questo libro in terza persona cfr. Sabbadini 
(I 3245) e Crump (I 3277). 

4° Libro IV. — L'episodio di Didone continua e continuerà a 
commuovere lettori e commentatori: l’arte e la storia si fondono così 
intimamente che è scosso l’animo dell’artista come lo spirito dello 
storico ricercatore: di qui il grande numero di lavori su questo cpi- 
sodio. In questi ultimi anni ricordiamo quello del Runes (I 3327) il 
quale mostra come il pocta, se pure fu preceduto da Nevio nell’in- 
trodurre la leggenda di Didone, la ampliò liberamente. M. B. Ogle (I 
3328) dimostra come Virgilio non nasconda che sia colpevole l’amore 
di Didone e di Enea ma con la sua arte li presenti in modo da inspirare 
compassione ed indurre al perdono il lettore. — M. M. Odgers (I 3329), 
studia i vari aspetti della leggenda proveniente storicamente da 
Timeo e artisticamente da Apollonio Rodio. — Un riflesso il Patroni 
(I 3330) ne trova nella pittura pompeiana: Helbig n. 974. — Sugli A- 


I. 3327 — RunEs M,, De Aenea 
et Didone quae tradiderit Naevius= 
WS., XLIV (1925) 183. 


I. 3322 — DunbBaBin R. L,, 
Notes on Latin authors = CIR., 
XXXIX (1925) III sg. 


I. 3323 — SAUNDERS C., The Re- 
lation of Aen. III to the Rest of the 
Poem = CIQ., XIX (1925) 85-98. 


I. 3324 — RoLFE ]J. C., Margi- 
nalta=SPh., XVII(1920) 402-432. 


I. 3328 — OcLE M. B., Vergil's 
Conception of Dido's charachter = 
CIJ., XX (1924) 201-270. 


I. 3329 — Opncirs M. M, 


I. 3325 — DeELCOURT M.,, La 
légende de la mort de Néoptoléme. 
A propos de Virg. Eneide III, 332 
= RB., 1923, 085-089. 

I. 3326 — GoLLinG J., Zu Ver- 
gils Aeneis =\S., XXXVII (1918) 
186. 


Some appearances of the Dido's sto- 
yy = CIW. XVIII (1925) 145-147. 


I. 3330 — PaTtRONI G., Gli 1n- 
sommnia di Didone e la pittura pom- 
peiana Helbig 974 = RIL., s. II. 
LIII (1920) 282 e segg. 


«CESSI. VIRGILIO. I. 3331-3340 


gatirsi dà notizie anche C. Patsch (I 3331). — Il Radin (I 3332) consi- 
dera il valore giuridico, rispetto alle istituzioni romane, del v. 330: non 
haec in foedera veni. — Il v. Buren (cfr. I 3320) non crede che sul 
terzo dei cinque rilievi del casco pompeiano già ricordato (cfr. I 3077) 
‘si debba vedere una derivazione da IV, 507. — Il De Witt (I 3333) 
interpreta il more ferae del v. 551 in rapporto alla concezione ro- 
mana del culto della virginità e la fierezza che sdegna le convenzioni 
speciali quale conviene a Didone il cui nome significa virago; invece 
M. B. Ogle (I 3334) interpreta tutto il passo come esclamazione di 
«dolore per infrazione al voto fatto a Sicheo. Per il v. 13 cfr. I 3322. 

5° Libro V. — Il Wagenvoort (I 3335) legge al v. 52 et arce M1- 
nervae invece della vulgata et urbe Mycenae, confrontando anche III, 
530 sg. — Il Deona (I 3336), il De Witt (I 3337) ed il Piganiol 
(I 3338) polemizzano quanto al valore da attribuirsi all’atto di Ace- 
ste (vv. 522 sg.) che getta la freccia al cielo, sostenendo il primo che 
si tratta di una funzione religiosa con cui si cerca di colpire l'albero 
cosmico; il secondo, ricercandovi il prototipo del festival di Fors 
Fortuna con la quale si univa la sorte della famiglia Giulia, descri- 
vendo Virgilio non dei giochi funebri ad imitazione di Omero, ma 
un rito simbolico; il terzo, considerandolo una profezia dell’apo- 
teosi di Enea, mentre la freccia, che figura il suo destino, simboleg- 
gia la cometa di G. Cesare. — Lo Scott (I 3339) dai vv. 383-5 trae 
motivo di confermare una sua interpretazione (cfr. Cl J. xv, [1920] 
p. 500) all’IZ. XXIII, 680 con riferimento ad Od. XV, 370. — Il 
Tate (I 3340) al v. 830 trova un esempio dell’uso di un solo nunc 
per nunc... nunc (cfr. Pers. III, 115 e Tac., Ann. IV, ST, ecc). 

6°. Libro VI. — Questo libro è sempre stato il più tormentato 


I.3331 — PATSCH C., Die Volker- 
schaft der Agathvrsen = AAWW., 
Wien 1925, 69-77. 

I. 3332 — RADIN M,, 
ius iurisconsultus = Cl]., 
(1920) 304-306. 

I. 3333 — DE Witt N. 
Aeneid IV, 551 = AJPh, 
(1924) 176-178. 

I. 3334 — OcLe M. B., On a 
passage in Vergil Aen. IV, 550- 
555=TPAPhA.,LVI (1925) 26-36. 

I. 3335 — WAGENVOORT H., Ad 
Verg. Aen. V. 52 = Mn. LIII 
(1925) 131-132. 


Vergi- 
XV 


W., 
XLV 


I. 3336 — DEONNA W., Enéide 
V, 522 sg.=RPh., XLV (1921) 97. 


I. 3337 — DE WITT N. W., 7he 
arrow of Acestes = AJPh., XLI 
(1920) 369-370. 


I. 3338 — PIGANIOL A., Note 
sur deux passages de l’Énéide 
(V, 522-534; XI 316-321)= RPh.,, 
XLIV (1920) 279-283. 


I. 3339 — Scott J. A., Vergil's 


interpretation of Iliad, XXIII, 680 
= ClJ., XVI (1921) 177. 


I. 3340 — TATE ]J., Verg. Aen. 
V.830= CIR.., XXXIX (1925)71. 


VII. ENEIDE. I. 3341-3349 


dai commentatori per la sua importanza religiosa, storica, artistica. 
Quanto mai varie quindi sono le interpretazione cui dà luogo. — 
Il Kerényi (I 3341), studiando le fonti del libro, vi considera gli 
elementi posidoniani ed anche analogie col corfus hermeticum cioè 
influssi egiziani e specialmente (I 3342) con una vecchia apo- 
calisse orfica. — Il Frank (I 3343) sostiene che le traccie di dot- 
trina stoica che si riconoscono nel l1. VI non escludono che il poeta 
abbia continuato ad essere epicureo anche negli ultimi anni della sua 
vita (cfr. I 3016 e 3183) e che l’allegoria dei sogni alla fine del libro 
mostra che il poeta presenta la discesa all'inferno come una sorte di 
mito: e sul determinismo virgiliano il Frank (I 3344, cfr. 3362 e in con- 
trario I 3034, 3184) insiste polemizzando col Pease (=C10. XV, 2-5). 
— Lavoro sotto ogni riguardo importante è quello del Pascal (I 3345) 
sull’inferno virgiliano, ma ancor più notevole, fra quelli pubblicati in 
questi ultimi tempi sul libro sesto, è quello del Funaioli (I 3346) in cui 
con forte dottrina e fine gusto d’arte sono trattate sia le questioni fi- 
losofico-critiche sia quelle storiche ed artistiche, con libertà ed indi- 
pendenza di giudizio rispetto alle opinioni espresse dagli altri critici, 
e conclusioni chiare e naturali derivantî dalla più diretta e ovvia 
interpretazione del testo. — Il Riess (I 3347) a proposito dei vv. 
42-44 ricorda gli scavi di Cuma (cfr. I 3028) e per la natura sot- 
terranea del santuario ricorda una nota di W. A. Griffiths in 
The national geographic Magazine (maggio 1920), per analoghe sco- 
perte fatte a Malta. — Al v. 327 il Koch (I 3348) nota che il verbo 
transportare (cfr. Cesare, B.C. III, 25, 2) ha il valore di passare 
e ripas è accusativo di scopo, dacchè il poeta distingue da due parti 
la fermata sullo stagno ed il necessario trapasso, quindi trasporto 
(vv. 316, 319, 329, 374). — Al v. 3091 sg. il Nutting (I 3349) fa rilevare 


I. 3341 — KERÉNYI K., Ascen- 
sto Aeneae= EPhK., XVII (1923) 
22-79; XLVIIJII (1924) 21 sg. 

I. 3342 KERÉNYI K., Zu 


Verg. Aen. VI, Pindar Platon und 
Dante = PhW., 1923 279-288. 


I. 3343 — FRANK T,, Epicurean 
determinism inthe Aeneid= A |Ph., 
XLI (1920) 115-126. 


I. 3344 — FRANK T., Corre- 
spondence on Vergilian determi- 
nism = Cl.W., XV (1921) 24 

I. 3345 — Pascal C., Le cre- 
denze d'oltretomba, 2% ediz. (L’in- 


ferno virgiliano, v. II, 48-61), To- 
rino, Paravia 1924. 

I. 3346 — FUNAIOLI G., L'ol- 
tretomba mnell’Eneide di Virgilio, 
pp. 184, Palermo, Sandron 1924. 


I. 3347 — RIiESS E., On Aeneid 
VI 42-44 = CIW., XIV (1920-21), 
14. 

I, 3348 — KocH K., Zu Vergil 
Aeneis VI 327 = BPhW,, 1920, 
335 SS. 

. I. 3349 — NutTING H. C., Ver- 
gil Aen. VI, 391 sg. = CIW., XV 
(1921-22) 49. 


— 571 — 


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I. 3350-3359 


CESST. VIRGILIO. 


lelagnanze di Caronte contro " morti che vanno a portare scompiglio 
nel regno infernale. — NumeruS al v. 545 significa per R.A.B. (I 3350) 
= la comune degli uomini, la moltitudine (cfr. Oraz. Epist. I, 2, 
27). — Dal v. 697 in cfr. con V, 813 e VI 174 non si può affermare 
uno sbarco a Porto Miseno, secondo il Fowler (I 3351) neppure con 
le testimonianze di Dionigi D'Alicarnasso, e di Ovidio. — La Hahn (I 
3352) studia i vv. 743 ei qui patiuntur, ecc. = omnes, 744 ei qui laeta 
ecc. = pamci; ci qui incorpora ecc. = hae omnes, v. 748. — Il Butler 
(I 3353) deduce dai v. 859 sg. che Virgilio nel concetto del pater 
Quirinus, avea errato interpretando le leggi di Numa, od aveva se- 
guito un’interpretazione anteriore, poichè pater Quirinus apparisce 
un'antica autorità sacra formante una triade con Giove e Marte. 

7° Libro VII. — I libri VII e XII sono illustrati da G. 
Parenti (I 3354). — Il Damsté (I 3335) legge al v. 624 pars arcibus 
altis contro la tradizionale lezione fars arduus altis. — Il Thomson 
(I 3356) opina che tessera (v. 637) s'applichi agli ordini trasmessi, 
onde tesserarius = praepositus cursorum. — Il Cook (I 3357) dimo- 
stra che nella rassegna dei guerrieri latini Virgilio ha seguito un pia- 
no, contrapponendo in testa il pio Enea all’empio Mesenzio, ed alla 
fine ponendo Camilla e Turno. Nell’interno si segue un ordine al- 
fabetico, eccetto l’intrusione di Messapo fra Caeculus e Clausus; 
ma il brano ove si parla di Messapo mostra caratteri particolari 
che attestano l’imperfezione del brano stesso, che forse non fu 
finito dal pocta o non riveduto definitivamente. — Altre osservazioni 
a tal proposito apportano D. A. S. (I 3358) e v. Buren (I 3359) questi 
sull'uso di acies ed arces, quegli confermando che il poeta 
in «arces Soractis » fa allusione ad un tempio costruito sulla monta 


I. 3355 — DAMstÉ P.H., Emen- 
datur Verg. Aen. VII, 624 = Mn, 
LI (1923) 202-204. 


I. 3350 — R. B. A,, Virgil 
Aeneid VI, 545 = CIR. XXXV, 


(1921) 156. 


I. 3381 — FOWLERS., Et tamen 
Etuboicis Cumarun adlabitur oris 
= CIW., XVI (1922) 145-153. 

I. 3352 — HAHN C. AD,, Aen. 
VI, 743 sq.=TPAPRhA., LV (1924) 
p. NXVIII. 

I. 3353 — BUTLER II. T., Vir- 
gil Aen. VI, 889 = CIR., XXXIII 
(1919) 01-63. 

I. 3354 — VIRGILIO MAGGIORE. 
I libri VII e XII dell'En. esposti 
e ill. da G. PARENTI, pp. Ito, Città 
di Cast., Un, art. graf, 1925. 


I. 3356 — THomson ]., It bello 
tessera signum = CIR., XXXVIII 


(1924) 14-15. 

I. 3357 — Cook A M,, Virgil 
Aen. VII 641 = CIR., XXXIII, 
(1919) 103-104. 

I. 3358 — S. D. A., On Verg. 
Aen.VII,695-696 =CIR.,XXXIII 
(1919) 144-145. 

I. 3359 — BUREN (van) A. W., 
Acies and Ayces= CIR., XXXIV 
(1920) 26-8. 


— 572 — 


vil. ENEIDE. I. 3360-3370 


gna, secondo la credenza comune che gli dei abitino su montagne, 
come apparisce anche da VIII, 347 per l’arx capitolina — L’Ama- 
tucci (I 3360) corregge sublatis del v. 789 in subnatis. 

8° Libro VIII. — Sul carattere e la natura del libro VIII fa osser- 
vazioni il Wallez (I 3361). — Il Frank dal v. 23 sg. (I 3362) trae occa- 
sione per parlare dell’idea epicurea della luce quale è accennata anclre 
in VI, 6 ecc. (cfr. n. I 3343, 3344) e VII, 527, concludendo che il pre- 
fisso re non indica ripetizione, ma intensità o continuità (cfr. Lucr. 
IV, 189-190). Del v. 65 discute il Keith (I 3363). — In VIII, 96 il 
Campbell (I 3364) con Servio, legge viridisque secant placido acquore 
silvas, dacchè le barche dei Troiani tagliavano l’ombra degli alberi 
nell’acqua, mentie altri, col Fowler, interpreta che il fiume tagliava 
le foreste che crescevano sulla riva. — L'’intractatum del v. 206 vien : 
messo in rapporto (I 3365) con l'intemptatum di Marziale. — Al v. 
378 il Garrod (I 3366) propone sncassum vetitos volui in corrispon- 
denza del v. 398: ed il Damsté (I 3367) avium per vatum al v. 627. 

9° Libro X. — Il Brakman (I 3368) spiega l’allusione di 316 
Igino fab. 202, come in Georg. I, 7 col confronto della fab. 274 ri- 
conosceva una fonte greca. Per il v. 269 cfr. I 3326 e per il v. 347 
cfr. I 3359. 

10° Libro XI. — M. A. R. Herford (I 3369) nota che la somiglian- 
za fra 45 sg. e 152 sg. non può essere casuale. Enea ed Evandro davan- 
ti al cadavere di Pallante hanno gli stessi lamenti ma con sfumature 
dimostranti la ricercatezza e nobiltà di spirito: Enea sente la respon- 
sabilità della vita di Pallante, Evandro si rifiuta di imputargli la 
morte del figlio. — La Hahn (I 3370) non crede l’invidisse deos del 


I. 3360 — AMATUCCI A., Vir- 
gil. En. 7. 789 = BFCI, XXVI 
(1919-20) 117. 


I. 3361 — WALLEZ N., Le livre 


I. 3366 — GarroD H. W., Two 
Passages of Virgil (Aen. VIII, 
376-378, XII, 93-97) = CIR, 
XXXIII (1919) 105 


vi de l'’En.=NV., IV (1921)15-26. 
I. 3362 — FRANK T, Virgil 
Aeneid VIII, 23 = CIR., XXXIII 
(1919) 104. 
I. 3363 — KeIiTH A. L., On Aen. 
VIII 65 = ClJ., XVII (1921) 528. 


I. 3364 — CamppeLL M. F,à, 
On Aen. 8, 96=CIW.. XVIII 
(1925) 132 

I. 3368 — Exut, Martial II, 
XIV, 1=CIR., XXXIV (1919-20) 
66. 


I. 3367 — Dawsté P. H., De 
arte critica = Mn., XLVIII (1920) 
422-433. 

I. 3368 — BRAKMAN C., 77y- 
giniana = Mn., XLVII (1919) 3806. 


I. 3369 — Hrrrorn M. A. R.,, 
Aen. NI 45 sq. and 152 sq. = 
CIR., XXXIII (1919) 29-30. 


I. 3370 — HAHN E. Ad., Against 
Interpreling «invidisse deos» Aen. 
XI, 2609 as an exclamation = 
TPAPNA.,, LIV (1923) p. XVIII. 


— 573 — 


CESSI. VIRGILIO. I. 3371-3376 


v. 269 un infinito di esclamazione ma lo fa dipendere dal referam del 
v. 264. — J. W. M. (I 3371) legge fonit in 309 non fonite, mettendo il 
punto dopo quisque per ragioni metriche. — Il Piganiol (cfr. n. I 3338) 
crede che nella determinazione del terreno promesso da Latino ad 
Enea si possa andare oltre i confini segnati dal Carcopino fino a 
Ficana e Lavinium. La falsa donazione sarebbe invenzione degli 
annalisti romani per giustificare l'occupazione dell’ager Solonius. 
11° Libro XII. — La morte di Turno ha dato motivo ad un dotto 
volume del Fowler (I 3372), che ci presenta così un commentario in- 
teressante di tutto il XII libro, richiamandosi ad usanze ed abitudini 
e credenze popolari. — Il Garrod (cfr. n. I 3366) legge al v. 93 actoris 
. non Actoris e J. S. (I 3373) nell’uccello descritto nei vv. 473-519 
riconosce il rondone piuttosto che la rondine (cfr. anche I 3430). 


VIII. «L’ Appendix Vergiliana » (con esclusione del- 
l’ « Aetna »). — @) LAVORI GENERALI: | 

Gli Epigrammi ed i Priapei sono stati editi criticamente da 
G. Galletier (I 3374) che studia l’autenticità di ciascuno, accettando 
per genuini V, VII, VIII. — Appunti critici per l'edizione del testo 
offre il Monti (I 3375) in una sua nota polemica riguardo l’edizione 
curata dal Pascal nel Corpus paravianum. 

L’« Appendix » come in tutti i tempi, ‘così anche nel nostro 
ha eccitato la curiosità degli studiosi ed ha fatto esercitare l’a- 
cume critico dei filologi per le molteplici questioni di interpre- 
tazione dei singoli passi o dei componimenti interi, di cronologia e 
della genuinità. Ne accettano complessivamente la paternità virgi- 
liana, contro i più, il Franck (I 3016) ed il De Witt (I 3022). — 
Il Frank (I 3376) crede che il Catal. IX indirizzato a Messala nel 42 
a C. abbia preceduto la 1. egloga: che il Culex del 48 a. C. è da ri- 
tenersi autentico; che la Ciris, essa pure virgiliana, fu scritta nel 
Cecropius hortulus di Napoli, cui si allude nell’egloga VI, e che il 
Catal. XIII, con VI, dovette essere dal 49-48 a. C.; mentre X e II 


I. 3371 — ] W. M, Aeneid XI 
309 = CIR., XXXIV (1920) 166. 
I. 3372 — FowLER W. W., The 


Death of Turnus, pp. VIII-158, 
Oxford, Blackwell 1919. 


I. 3373 — S.J., On Vere. Aen. 
XII, 473-519 = CIR., XXXIII 
(1919) 68. 

I. 3374 — P. VERGILII M., E pi- 
grammata et Priapea, ed. crit. et 


explic. par ED. GALLETIER, pp. 
XVI + 229, Paris, Hachette 1920. 


I. 3375 — Monti A., Note filo- 
logiche intorno alle ediz. di Catullo 
Virgilio e dei Carmina ludicra ro- 
manorum curate dal Prof. C. Pascal 
ecc, pp. 108, Torino, Lattes 1921. 


I. 3376 — FRANK T,, Vergil's 
Apprenticeship I-III = CIlPh., XV 
(1920) 22-38 e 230-244. 


— 574 — 


ia. _— ___ilil-. = —r e——_———.ré5éEEuZ-_ > olii Ea Ja — 


VIII. APPENDIX VERGILIANA. I. 3377-3384 


—_m 


sono del 43 a. C. ed il XIV prima del 4o a. C.; infine che la determi- 
nazione di molle carmen (Cul. 25, Cir. 20) riguardi lo stile virgiliano 
della giovinezza, prima che il poeta entrasse nel circolo augusteo. 
— Il Rand (I 3377) sostiene che lo studio dei poemetti minori per- 
mette di intendere meglio lo sviluppo dell’arte virgiliana, e consi- 
dera virgiliani il Culex, la Ciris, la Copa, l’Aetna che Virgilio a- 
vrebbe composta a 48 anni, i Catalepta, le Dirae, dubitando oltre 
che del Moretum e della Lydia anche degli Epigrammi. 

Per l’autenticità in parte muove dubbi anche il Goelzer (I 3378) 
contro il De Witt che si appoggia nella biografia a tali testimo- 
nianze. — La esclude per ragioni lessicografiche e metriche il Fair- 
clough (I 3379) che dà anche le tabelle delle parole straniere nei 
poemetti. — Il Radford (I 3380) per la tendenza propria di Ovidio 
di dattilizzare nella lingua romana, spondaica per sua natura, assegna 
al Sulmonese Catal. X, Ciris e Culex che presentano tale carattere. 

dD) LAVORI SPECIALI: 1° Catalepta: Il Postgate fa alcune osser- 
vazioni (I 3381) ai Catalepta XI, 14; III, che riferisce ad 
Antioco il Grande; V, 7 il cui formosi interpreta come « bellezza 
professionale » VII in cui rimette la forma II600g =: puer. — 
Il Kent (I 3382), secondo l’uso della elisione, crede di poter 
conchiudere che la Ciris è virgiliana, il Culewx ovidiano, l’Aetna 
nè di Virgilio nè di Ovidio sebbene per l’uso del dattilo al primo 
picde s'accosti più all’arte virgiliana che a quella ovidiana. — Il Rad- 
ford (I 3383) continuando le sue ricerche nei rapporti fra la lingua di 
Virgilio e quella di Ovidio mostra la grande affinità del linguaggio: 
ovidiano anche per i Catalepta. — Il Lindsay (I 3384) ammette il te- 
sto tradizionale in Cata/. 1, 1; II, 4, mentre in VII corregge l’assim 
di XIII, 7; e afferma che la Lydia fu scritta mezzo secolo prima di 


I. 3377 — Ranmp E. K., Young 
Vergil’s poetry = HSCIPh., XXX 
(1919) 103-185. 

I. 3378 — GoELZER H., Vergile 
el ses oeuvres de jeunesse = BAB.,, 
IX (1925) 27. 

I. 3379 — FAIRCLOUGH H. R., 
The poems ofthe App. Vergiliana = 
TPAPRA,, LIII (1922) 5-34. 


I. 3380 — Raprorp RS., The 
quvenile Works of Ovid and the 
spondaic period of his metrica! 
art = TPAPNA,, L (1919) 145-171. 


I. 3381 — POSTGATE, J. P., Ad 


Catalepton quae Maronis dicuntur 
= Mn., LI (1923) 281-285. 


I. 3382 — KENT R. G., Likes 
and Dislihes in Eliston and the 
Vergilian Appendix = TPAPRA,, 
LIV (1923) 86-97. 


I. 3383 — Rabrorp R. S., The 
language of the pseud-vergil. Cata- 
lepton with especial Reference to its 
ovidian charateristics = TPAPHRA,,. 
LIV (1923) 168-186. 


I. 3384 — Linpsay W. M,, 
On the Appendix Vergiliana = 
A]JPh., XLIV (1923) 53-55. 


— 575 — 


CESSI. VIRGILIO. I. 3385-3393 


‘Properzio. —- Il Carcopino (I 3385) sustiene che i Priapei e gli epi- 
grammi sono stati composti negli ultimi 15 anni del sec. I d. C., 
quando il corpus dell’appendice si presenta col nome di Virgilio. — 
Il Lenchantin De Gubernatis (I 3386) crede che nel n. 14 convenga 
accogliere le vecchia correzione del Mureto: tenerque vacula per 
aver un giambico puro, dacchè non sì cppone la forma tener come 
femminile. — L’Ageno (I 3387) presenta parecchie correzioni ed in- 
terpretazioni ai Catalepta (II, V, 1-2, VII, XIII, 21) ed una al Mo- 
ret. 100 dove legge vasum in luogo di vestem. — Il Baehrens (I 3388) 
riferisce il Catal. III ad Antonio, ed inoltre dà notizia di un cata- 
logo delle opere minori virgiliane in un ms. di Murbach del sec. IX, 
catalogo la cui serie deriverebbe da quella svetoniana, ma che non 
‘apporta argomenti nuovi per la questione della genuinità, quale il 
Baehrens ritiene per gli epigrammi eccetto, IX, XIII, XIV. — Il 
Weymann (I 3389) si sofferma sui Catal. IV, XI e sulla Csr1s 58 sg.; 
il Rees (I 3390) ricorda la citazione di Catal. V, 12 in Liber glossarum 
s. v. Kamena; lo Schmid ‘I 3391) ricerca nel Catal. V una lezione di 
filosofia nel senso epicureo (cfr. Anti. Pal. XI, 20), mentre nel XII 
riconosce la recidività del poeta che ricorda (iste Pothus) l’innamo- 
rato. — Il Morel (I 3392) dà una nuova interpretazione dei Cagal. VI 
e XII contro Noctuino: hkernia sarebbe il ventre della gravida, l’altra 
figlia di Atilio sarebbe il piccolo che la donna porta in grembo sì che la 
fanciulla, contro la quale inveisce il poeta per gelosia essendone egli 
pure innamorato, avrebbe avuto rapporto con due patroni, e Noc- 
tuinus vorrebbe dite = becco cornuto. In VI, 4 il Morel legge Stu- 
prone. — Il Catal. VII secondo il Jachmann (I 3393) è una specie di 
nascosta confessione dell’innamoramento del poeta per un fanciullo 
(putus =: puer, non può che essere giambico), il che non converrebbe 


I. 3385 — Carcopino JER,, 


Vergiliana, I: .d propos de Catale- 
pton= RPh.,NLVI (1922) 156-184. 
I. 3386 — GUBERNATIS (DE) 
LENCHANTIN M., Tener vaccula = 
BICI., XLVII (1919) 348-350. 
I. 3387 — AcExo F.,, Iacema- 
tiones = RIGI., 1920, 203-212. 
I. 3388 — RAFHRENS W., Zt 
Vergil= PhW.,XLI(1921)499-502. 
I. 3389 — WEYMANN C., Zu 
lateinischen Dichlera = Neoph., 
VII, 129 sg. 282 sg. 


I. 3390 — REFS F., A Caper 
quotation in the Liber glossarumi = 
CIQ, XVI (1922) 106. 


I. 3391 — ScHMID W., Vergil 
Catalept. V = Ph., LXXIX, n. s. 
XXXIII (1923) 313-317. 


I. 3392 — Morrt W.,, Zu Cata- 
lepton VI und XII= PhW., (1922) 
308-10. 


I. 3393 — JACHMANN G., Zu 
VergilsCatalepton=H.,LVII(1922) 
317-320. 


— 576 — 


VIII. APPENDIX VERGILIANA. I. 3394-3403 


ad uno scolaro di Sirone. — Inluogo di putus invece il v. Buren (I 3394) 
legge Pothus (H600c), nome di schiavo o affrancato frequente nelle 
inscrizioni imperiali. — Il Merrill (I 3395) replica contro il Frank per 
la identificazione del Sabino del Cat. X, che sarebbe da distinguere 
«dal Ventidio di Cic. Famil. XII, 20: nessun rapporto ha la vicinanza 
-del tribunale Aurelio presso il tempio di Castore che non era un tribu- 
nale speciale, nè la determinazione di Picenwm come paese gallico 
«dacchè la Gallia lutosa sarebbe da ricercare nelle vicinanze di Cre- 
mona. — Il Holland (I 3396) spiega l'intento parodico del Catal. X 
in confronto con il carme IV di Catullo, e pensa che sia un epigramma 
votivo accompagnante doni ad una statua d’un plebeo rifatto dei tem- 
pi passati e spiegato ai forestieri dal custode del tempio di Castore a 
«Cremona. — Per il Rossbach (I 3397) il Cat. XIV sarebbe da attribuir- 
-si a Virgilio: al v. g si dovrebbe leggere tb, faut: per il coloramento 
delle opere di marmo Virgilio ricorda un’usanza, un artificio tecnico 
del suo tempo. Invece non è virgiliano per l’Albini (I 3398) che fa 
notevoli osservazioni sulla forma del componimento e sul suo valore. 
Il Drew (I 3399) pone il catalepton dopo le Georgiche (II, 3 ecc.) e 
le Egloghe (VII, 31). — Il Radford, (I 3400) studiata la formazione, e 
la tradizione dell’Affendix, conchiude per indizi interni ed esterni, 
che i Priapei come tutta l’Appendix (cfr. I 3380, 3383) si dovreb- 
bero attribuire ad Ovidio. 

Dei Priapei dà una nuova revisione del testo A. Maggi (I 3401). 
— H De Witt (I 3402) riconosce in Priap. II, 6 sg. la descrizione 
riterentesi alle stagioni, ed al v. 9 mantiene la lezione: mit coacta 
duro oliva frigora. — Il Miinscher (I 3403) studia il Priap. III 
nel riguardo metrico ritrovando non solo la dieresi in tutti i 21 versi, 


I. 3394 — BUREN (van) A, W.,, 
Catal. VII = CIR., XXXVI (1922) 
IIS. 

I. 3395 — MERRILL E. T., Ven- 
tidius and Sabinus = CIPh., NV 
(1920) 298-300. 

I. 3396 — Hotrtanp R.,, Ter- 


gils Sabinus and Catull Phaselus- 
gedicht= PhW., XLV (1925) 59-03. 


I. 3397 — RossBacH O., TVer- 
gil Catal. XIV, 9 = BPK\\,, 
XXXIX (1919) 7-1. 

I. 3398 — ALBINI Jos., De epi- 


grammate in Append. Vergil. Catal. 
XIV = MS., 233-239, Torino 1921. 


I. 3399 — Drew D. L. Appen- 
dix Vergiliana:Catal. XIV = CIPh., 
XX (1925) 345-347. 

I. 3400 — Raprorp R.S., The 


Priapea and the Vergilian Appen- 
dix=TPAPhA.,LII(1921)148-177. 


I. 3401 — Macci A,, / Priapea: 
revisione deltesto,pp.XXVII+- 106, 
Napoli, tip. Artigianelli 1923. 

I. 3402 — DE Witt N. X,, 
Vere. Priap.: II, 6 = CIR., XXVI 
(1922) 73. 


I.. 3403 — MUNSCHER K., Ae- 
trische Bettràge=H.,LVI(1921) 81 


Aevum - Anno I - 37 


CESSI. VIRGILIO. I. 3404-3409 


ma anche il gliconeo al v. 19. — Il Laistner (I 3404) nel Liber glos- 
sarum in D T 428 legge a formitata: deformstata (arbor) con riferi- 
mento a Priap. III, 3. 


. 2° Res Romanae. — Dalle allusioni che sono state rintracciate ri- 
sulta indiscutibile per il Frank (I 3405) che Virgilio in gioventù scrisse 
un poemetto epico sulle Res romanae, ma che non fu questo il germe 
od il nucleo dell’Enesde, come pretende Donato. Il poeta dovette mu- 
tare la concezione generale se anche qualche passo potè passare 
nel poema maggiore. 


3°. Copa. — La Copa, secondo il Drew (I 3406), imita Teocr. XI, 
VII. Il poeta imita liberamente la leggenda di Galatea.e del Ciclope 
ma apporta reminiscenze tutte virgiliane ; onde potrebbe parere che il 
‘compositore fosse un poeta che dopo. Virgilio rifece il carme su Teo- 
crito. Ma pare più verisimile attribuirla a Virgilio stesso, che l’avreb- 
be composta al tempo delle Bucoliche. — Della Copa si è occupato 
anche il Wilamowitz (I 2126) nel II vol. della sua Hellenistiche Dich- 
tung, pp. 3II-3I15; egli: fa derivare la Copa da quel circolo poetico 
fiorito dopo Virgilio al tempo di Properzio, e ne dà una viva rappre- 
sentazione nel suo valore artistico, richiamandosi anche all’inscri- 
zione di Calidius Eroticus di Aesernia (CIL. IX, 2689). — Il Lenchan- 
tin De Gubernatis (I 3407) dà la collazione del codice bolognese 
(n° 2221, sec. XIV), che contiene Ja 0) ed il Moretum e che clas- 
sifica fra i peggiori. 


4° Moretum. — Commenta e traduce il Moretum, aggiungendovi 
un'appendice, il Monti (I 3408); il Phillimore (I 3409) ne corregge 
il v. 15 leggendo et referat clausam (= porta) qui pervidet omnia 
Janis (cfr. per il qui, Ovid. Ex Pont. I, 7, 43); — Il Bignone al 


I. 3404 — LAISTNER M.L. W., 
Two notes from the Liber Glossa- 
rum: = CIQ., XVI (1922) 105. 

I. 3405 — FRANK-T., Vergil’s 
Res romanae = CIQ., XIV (1920) 
150-159. 

I. 3406 — DREW D. L., The 
Copa = CIQ., XVII (1923) 73-81; 
XX (1925) 345-347. 

I. 3407 — GUBERNATIS (de) LEN- 


CHANTIN M., De codice Bononienst 
quo Copa et Moretum continentur = 


MS., 199-201 Torino, Lattes 1921. 


I. 3408 — Monti A,, Z/ poe- 
metto ps. vergiliano. Moretum con 
comm. trad. e app. critica, 2 ediz., 
pp. 58, Torino; Baravalle 1920. 


I. 3409 — PHILLIMORE I. S., 4@ 
Moretum = Mn., XLIX (1921) 243° 


245. 


— 578 — 


VIII. APPENDIX VERGILIANA. I. 3410-3419 


v. 60 sostituisce (I 3410). aeris ad herbis. — 1 Flak (I 3411) corregge 
il v. III col cod. cracov. 542 del sec. XVI. — Su recula del v. 66, di 
cui s'erano occupati presso di noi il Curcio ed il Pascal, ritorna il 
Lindsay (I 3412). — Nega l'autenticità del Moretum O. Todd (I 3413) 
sovra tutto per la prosodia di abictt (v. 95). — Per il v.. 100 cfr. 
Ageno (I 3387). Per il cod. bologn. cfr. I 3407. | 


5° Culex. — Il Fowler (I 3414) conclude dalle particolarità 
metriche del Culex (caratteristica del ritmo lucreziano in cui il 5.0 
piede comincia con monosillabo — venti casi nel Cw/ex, tre nella Cirss, 
rare volte nelle Egloghe, e nelle Georgiche |20 versi su 2000], e nei 
primi libri dell’Enetde) che il poemetto appartiene alla giovinezza di 
Virgilio. — Così afferma anche il Gladow (I 3066). — L’Alton (I 3415) 
si industria di correggere in più luoghi il testo e la Cirîs al v. 19. — 
L'attribuzione virgiliana è studiata da W. R. Hardie (I 3416) che 
dimostra non essere sufficiente garanzia l’attestazione dei Romani, 
non dovendosi trascurare la rudezza dello stile, lo sviluppo incerto e 
la mancanza di armonia, concludendo che l’opera ha precisamente 
un certo interesse storico. — Ma il Brakman (I 3417) rinforza la tesi 
della genuinità con argomenti linguistici e metrici e per la natura 
stessa del soggetto, ed il Lindsay (I 3418), accettando tali conclusioni, 
soggiunge che il poemetto dovette essere stato scrittoda Virgilio peri 
bimbi, e di fatto al tempo di Marziale era dato in dono agli scolari. In- 
vece la Cirîs sarebbe un epillio di Gallo. — Il Dinkelmayer (13419) ne- 
ga l’autenticità servendosi a sua volta dei confronti lessicalie dell’arte 
metrica: ma tali argomenti non hanno valore decisivo, come non 
l’hanno le raccolte ed i passi paralleli con altre opere od altri autori, 
rimanendo sempre aperta la questione della priorità; ed il problema 


I. 3410 — BIGNONE E., Note I. 3415 — ALTON E. H,, Notes 
critiche al Moretum = RFCI., 1924, on the Culex = Herm., XVIII 
522. (1919) 68 sg. 


I. 3411 — FLAK ST., Spicile- I. 3416 — HarDIE W. R., The 
gium cracoviense = REFCI, XXII, Culezr = CIQ., XIV (1920) 22-37. 


10-74. 
I. 3417 — BRAKMAN C.,, De culi- 


I. 3412 — Linpsayv W. M,., sa i 
Recula = CIR., XXXIII (1919) 26. 0° MM L (1922) 243-254. 

I. 3413 — Topp O., The author- I. 3418 —, Linpsayv W. M,, 
ship of the Moretum = CIPh, XX deli sCulex = CIQ.,XVIII(1924) 
(1925) 335-346. ta | | 

I. 3414 — —FowLERW., A metri- I. 3419 — DINKELMEYER H,, 
cal peculiarity of the Culex = Dev Culex una Vergil, Erlang. Dis- 
CIR., XXXIII (1919) 95-97. . sertat. 1924. 


— 579 — 


\ 


CESSI. VIRGILIO, I. 3420-3428 


largamente in tal senso viene trattato dal Drew (I 3420) e dal 
Klotz (I 3421) il quale ultimo conclude che se all’età neroniana il 
Culex era considerato virgiliano (si ricordi l’allusione di Lucano, che 
il Lindsay (I 3412) così stabilisce et quantum mihi restat/ad Culicem?) 
non era però di Virgilio, dovendo essere stato composto anche dopo 
l’Eneide (per il mondo infernale del 1. VI) con imitazioni anche ovi- 
diane, e su modelli greci. — Ovidiano è reputato il Culex dal Kent 
(I 3382). — Il Baehrens (I 3422) ha ripreso tale tesi riportando il 
poemetto all’età di Augusto, ma dopo la morte di Virgilio, mentre 
Car. Mras (I 3423) lo considera autentico. — In Culex 379 sgg. il 
Walter (I 3424) sostiene che v’ha bisogno solo di retta interpunzione. 


6° Ciris. — Il Kaffenberger (I 3425) fa osservare che i v. 24-26 
erano scritti in margine, e non possono essere addotti come deter- 
minazione cronologica: che il poemetto è uno schizzo incompleto 
od almeno il proemio ( v. 9), precedente le Georgiche non solo ma 
anche le Bucoliche, e da riportarsi alla giovinezza di Virgilio. — 
Per la Ciris come opera di Virgilio cfr. Kent (I 3382) e Fowler 
(I 3414). — Il poemetto fu composto dopo le Bucoliche secondo 
il Witte (cfr. I 3181) il quale lo attribuisce ad un servile imitatore 
di Virgilio, come crede anche il Gladow (I 3066), mentre :l 
Bellinger (I 3426) vi riconosce una stretta derivazione catul- 
liana, sia per il lessico sia per la metrica. — Il Brakman (I 3427) 
nega il poema a Virgilio, ma ne pone la composizione fra il Culer 
e le Georgiche e ne esamina criticamente i vv. 173, 185, 397, I20, 
125, 45-48, 90, 218, 262-265, 34I, 372, 374. — Il Klotz (I 3428) 
va oltre, facendone discendere il tempo di composizione all’età di 
Tiberio, potendosi riferire l'indirizzo al console del 20 d. C. o al padre 


I. 3420 — Drew D. L., Culex. I. 3424 — WALTER F., Zu Se- 
Sources andtheir bearing on the pro-  necas, Tacitus, Virgil = PhW., 
blem of authorship, pp. 107, Ox-  XLV (1925) 189-191. 


ford, Blackwell 1925. 


I. 3421 — KLOoTZA., Zum Culex, 
I. Verfasser und Zeit, 2. Griechi- 
sche Vorlage = H., XXI (1925) 28- 
48. 


I. 3422 — BaEHRENS W. Aa 
Zum Prooemium des Culex = Ph., 
LXXVI (1926) 364'375. 


I. 3423 — MRasC., De Culice 
Vergilit = RhM., LXXV (1926) 
232 SEg. 


I. 3425 — KAFFENBERGER, Z1Y 
Cirisfrage = Ph., LXXVI (1920) 
139-175. 

I. 3426 — BELLINGER A. R,, 
Catullus andthe Ciris = TPAPRA,, 
(1922) 73-82. 

I. 3427 — BRAKMAN C,, De Cirì 
— Mn., L (1922) 433-434: 


I. 3428 — KLOTZ A., Zitr Ciris 
= H., LVII (1922) 588-680. 


— 580 — 


FE SM _______T_ uaÀxw\} AE re ES PRIZE re e RI er =——»— EBùMMOM‘OERMòoUN::NNIzànn_ 


Sir re 


sini ir zelo = — 


I. 3429-3433 


VIII. APPENDIX VERGILIANA. 


di Messalina, concludendo che ad ogni modo l’ammettere la Ciris 
dcpo l’età di Ovidio non dà difficoltà, mentre ne elimina parecchie. 
— Il Thomason (I 34209), seguendo il suo maestro Radford (I 3380, 
3258), fa minuti confronti fra il lessico e la metrica virgiliana e quelle 
ovidiane, concludendo che la Ciris è opera del giovane Ovidio. Egli fa 
notare che 87 parole della Cirxis mancano al lessico virgiliano, 
mentre sono comuni a quello ovidiano. Però ve ne sono 50 ignote 
ad Ovidio. Si riscontrano altresì prestiti da Lucrezio e da Catullo, 
mentre si osservano divergenze dagli altri poeti contemporanei 
nella designazione dei colori, nell'uso di parole greche. — Per 
il Lindsay invece (I 3430, cfr. n. 3418) è opera di Gallo, il quale ri- 
prende alla fine quattro versi delle Georgiche (vv.I 406 segg.). — Per il 
Lindsay il nome Ciris ha valore etimologico (= rondine di mare), 
cioè colei che taglia = secat aethera pennis (cfr. I 3373). — Per il v. 
19 cfr. Alton (I 3415); per il v. 58 cfr. Weymann (I 33809). 


7°. Dirae e Lydia. — Il Monti (I 3431) ha dato un'edizione dei due 
carmi con versione in prosa, aggiungendo un'appendice critica con 
note. — L’Enk (I 3432) crede che i due carmi siano opera 
di uno stesso poeta, imitatore di Catullo, perdendosi in ricostruzioni 
arrischiate e concludendo che Vario ne sarebbe l’autore e la sua aman- 
te Hieria Plotia sarebbe la Lydia cantata. Le sue ipotesi si fon- 
dano sopra tutto sui rapporti grammaticali che intercedono fra i 
due carmi per l’uso comune di apostrofi, parentesi, elisioni, ana- 
fore ecc. Nella Lydia si riferiscono però reminiscenze di tempo 
più antico. Nelle Dirae non pare si faccia allusione alla divisione 
delle terre ai tempi di Silla. Le Dirae furono finite prima della 
Bucolica I, il cui v. 58 ‘non si richiama a Teocrito ma a Dir. 
46, 60. Altro rapporto vi ha fra Dir. 32 a Buck. v. 44. Anche in 
Lyd. 9 si nota un richiamo a Georg. 2. 458: ma è probabilmente 
derivazione da più antico poeta. — Il Ribezzo (I 3433) trova 
due nuovi indizi della paternità virgiliana delle Dirae in cycneas 


critica di A. MONTI, 
Torino, Lattes 1921. 


I. 3429 — THomason R. F., The 
Ciris and Ovid. A study of the lan- 
guage of the poem = CÌPh., XVIII 
(1923) 239-262, 334-345. 


pp. 33, 


I. 3432 — ExK P. Y., De Lydia 
et Divis carminibus = Mn., XLVII 


I. 3430 — Linpsay W. M,, Ci- (1919) 332-409. 


ris = CIQ., XIX (1925) 103. 


I. 3431 — Dirae et Lydia. Testo 
e vers. in prosa con appendice 


I. 3433 — Risxzzo F., Due nuo- 
vi indizi della paternità virgiliana 
delle « Divae » = RIGI., III (1919) 
65-69. 


= 581 — 


CESSI. VIRGILIO. . lia # I. 3434-3435 


voces del v. I con allusione a Cinna (cfr. Buc. 9, 35) e if divisas ite- 
rum sedes del:v. 2 con‘ ‘allusione alla divisione delle terre nel 
mantovano, ‘poichè in Battaro è da riconoscersi Cinna non Vario 
Rufo, mentre lo Sciava (I 3434) dubita della genuinità chie- 
dendosi perchè il poeta mantovano senta il bisogno di riferirsi al 
mare di Sicilia. — L’Alton (I 3435) instituisce confronti fra le Dirae 
e la Lvdia con Properzio e Tibullo, studiando anche grammatical- 
mente più luoghi. Infatti sente valore avverbiale in snimica (82) 
e novissima ‘(93) di Dirac: il sensus del v. 100 in rapporto con 
ignes del v. 102 è da considerarsi: in relazione con s30p: r;::Q, IL, 

Tibull. IV. 1, zor. L’Alton esamina ancora i vv. 48 e 71 
della Lydia, Il Lindsay (I 3384) afferma che la Loaia fu scritta 
almeno mezzo di prima ‘di Properzio. 


I. 3434 —. su R., Nigoi i. I. 3435 — ALTON T. H., Zur 
dubbi sulla paternità virgiliana delle Dirae = Herm., XX (1922) 30 
« Dirae » = RIGI., IV (1920) 76. . sg. : ì 


— 582 + 


str i ge e 


RECENSIONI 


CHARLES BaLLY, Le langage et la vie, pp. 237, Paris, Payot 1926. 


L’autore del Trattato di stilistica francese (1), che degnamente con- 
tinua, nell'Università di Ginevra, l’opera di chiarificazione e di rinnova- 
mento della linguistica intrapresa dal suo maestro F. de Saussure, rac- 
coglie in volume cinque suoi scritti sui rapporti tra il linguaggio e la 
vita, cioè su quella che un tempo si chiamava vita del linguaggio. 
Essi ora svolgono ora integrano l’opera maggiore, e benchè siano in 
parte già noti (2), tuttavia la loro importanza è tale che credo che valga 
la pena dì esporne il contenuto. 


I.Illinguaggio ela vita (pp. 11-93). Parte I: Ilfunzionamento 
del linguaggio e la vita (pp. 13-53). 

Il linguaggio è al servizio della vita, e la sua funzione è biologica e 
sociale. La vita, in quanto è coscienza e volontà di vivere e in quanto, 
come tale, è espressa dal linguaggio, noi la subiamo e la facciamo; la 
subiamo, soggettivamente apprezzando i valori delle impressioni per 
mezzo del nostro senso biologico, la facciamo, trasformando con l’intel- 
ligenza le impressioni in atti (pp. 18-23). 

Nella vita che si subisce, o recettiva le impressioni dan luogo a 
giudizi di valore teleologici e affettivi (non oggettivi e intellettuali, come 
i giudizi logici); e tali il linguaggioindividuale cerca di esprimerli, fin 
che l’uso consacra l’espressione, e questa o perde del tutto il suo contenuto 
soggettivo, diventando intellettuale, oppure riesce a mostrarlo in casi 
o combinazioni diverse. Nella vita che si fa, o attiva, il linguaggio serve 
l’atto, ed è sociale in quanto, ai fini della vita, mette in rapporto l’indivi- 
duo con la società per persuadere pregare eludere offendere etc. (pp. 
23-26). 

Il pensiero, come il linguaggio che ne è l’espressione, ha nella vita 
reale tra caratteristiche fondamentali: 1. dell’intelligenza si serve per i suoi 
fini, nè se ne lascia dominare; 2. è essenzialmente soggettivo (s’intende, 
a contatto con la vita); 3.e perciò è affettivo (in grado più o meno grande). 


(1) Traité de stylistique frangaise, Heidelberg, Winter; Paris, Klincksieck 1921, 2 ed. 

(2) L’Essas sur le mécanisme de l'expressivité linguistigue è inedito. Le langage 
e la vie (Genève, Atar 1913) e Stylistique et linguistique générale (Archiv fur das 
Studium der neueren Sprachen, CXXVIII pp. 87 ss.) sono riprodotti con importanti 
modificazioni. Langage transmis el langage acquis (Journal de psychologie normale 
et pathologique, 1921 pp. 625 ss.) e La iangue Ao et la formation de l'esprit 
(Le Producteur, 1921 pp. 354 ss.) son quasi immutati. 


RECENSIONI 


Da ciò segue che nella vita reale il linguaggio naturale diventa espressivo 
col deformare la realtà e la verità (pp. 26-33). 

I fenomeni della vita e quelli del linguaggio sono in continuo e in- 
definito processo di comune organizzazione, per mezzo dell’intelligenza: 
la quale è sempre necessaria per compiere l’analisi che si riflette in quella 
maniera d'espressione che tende a essere compresa secondo conviene al 
parlante. Questa intelligenza, ordinatrice di tutto ciò che in noi è affet- 
tivo, ha il doppio carattere di essere incosciente e collettiva. Così 
il funzionamento del linguaggio è incosciente per la più gran parte, 
come lavoro sia di espressione sia di comprensione; e suppone un’intel- 
ligenza collettiva: infatti, meno il pensiero, insieme con la sua espressione 
verbale, è cosciente, e meglio è compreso, più è ponderato e cosciente- 
mente analitico, e più ha bisogno, per essere compreso, dell’intelligenza 
cosciente e individuale (pp. 33-37). 

Due esempi della incoscienza e collettività dell’intelligenza lingui- 
stica. In francese moderno, l’opposizione tra i/èm (il aime) e e/zém (ils 
aiment) ci rivela una tendenza all’agglutinazione e all’incorporazione di 
elementi morfologici, tendenza di cui nessun parlante ha diretta coscienza. 
La sostituzione del tipo 2’èm (mwaz’èm francese al tipo amo / ego amo 
latino (traverso le fasi aim/aime, jaime/moi j'aime dovute all'usura fo- 
netica prevenuta o riparata dalla riorganizzazione del sistema) è avve- 
nuta per opera di ciascun parlante con un accordo del tutto incosciente 
nato dal senso pure incosciente della funzione sociale del linguaggio e 
del suo sistema (pp. 37-43). 

La lingua letteraria esce dal linguaggio naturale o spontaneo in 
seguito alla trasformazione del mezzo (espressività) in fine, ed è la risul- 
tante di tutti gli stili individuali formatisi in una continuità di tradizione; 
appartiene al tipo delle lingue speciali. Lo stile non è dunque da con- 
fondersi con la lingua letteraria. Lo sforzo d’espressione individuale che 
costituisce lo stile artistico differisce dallo sforzo d’espressioe del lin- 
guaggio naturale affettivo solo perchè questo, per l’uomo che vive e 
agisce, è un mezzo, quello, per l’artista, è un fine; d’altra parte lo stile 
differisce dalla lingua letteraria, perchè questa è tradizionale e intellettua- 
lizzata, quello è espressivo e nato al fine dell'espressione artistica (pp. 


43-58). 
Parte II: L'evoluzione dellinguaggio ela vita (pp. 55-93). 


C'è un progresso materiale che si constata e un progresso ideale 
in cui si crede. Il primo si può definire p. es. col criterio logico del miglio- 
ramento materiale diffuso; così progrediscono le lingue speciali (della 
letteratura, della scienza, della filosofia, etc.) che ne sono l’espressione. 
Ma tale progresso non è per niente sentito dalla lingua parlata, che ha 
l’immutabile carattere di essere affettiva, e si trasforma non per esser più 
logica (ciò che sarebbe, dal punto di vista della logica, un progresso) 
ma per conservare la sua espressività nella continua lotta contro l’intel- 
lettualizzazione (pp. 57-70). 

La tendenza analitica, che elimina gli aspetti del pensiero estranei 
all’idea pura e crea i segni grammaticali, agisce su sintesi intellettuali 
di espressioni complesse sorte dal bisogno d’espressività. }o un tempo 
posteriore al periodo comune italico, mentre un'analisi intellettuale, e 


— 584 — 


RECENSIONI 


quindi inespressiva, formava ancora dei futuri con suffissi in *-s di antichi 
presenti desiderativi e in altre maniere, il linguaggio naturale dei Latini 
produsse un tipo arabo (*arà + *bkwéò) che significava press’a poco « che 
io sia ad arare, ch'io sia arante »; svanendo l’elemento soggettivo conte- 
nuto in arabo, il -bo è caduto sotto l’analisi intellettuale, che lo ha sentito 
come suffisso di futuro; quando. poi il futuro di quel tipo non è più riu- 
scito ad esprimere alcun elemento soggettivo, altre espressioni son sorte, 
dapprima con senso concreto: volo arare, arare habeo « posso, devo arare », 
araturus sum, arandum habeo, etc.; tra queste prevalse, nella Romania 
occidentale, arare habeo, e lentamente si identificò con l’idea astratta di 
futuro, finchè l’usura fonetica fece di kabeo il segno puro e semplice del 
tempo, arerò; donde il nascere d’altre forme espressive (ko da arare, 
il campo vuol essere arato, etc.), dalle quali potrà uscire il nuovo futuro. 
Tutto ciò non è progresso, ma mutazione che perpetuamente si compie 
sotto la duplice azione della tendenza espressiva e della tendenza analitica 
intellettuale (pp. 70-76). 

L’'attualizzazione implicita dell’i.-e. e di molte lingue antiche (i.-e. 
*petér. skr. pità, lat. pater significano « padre, il padre, un padre, questo 
padre, suo padre » ) tende a essere sostituita dall’attualizzazione esplicita 
ottenuta con appropriati segni grammaticali. Questa è opera della ten- 
denza analitica, ma’non è un progresso: il francese attuale ha sovracca- 
ricato l’articolo dell'espressione del plurale e del genere, e lo lega tanto 
strettamente al nome che p. es. dezòm 0zdm non differiscono da hominum 
hominibus se non perchè l’attualizzazione del latino è implicita nelle finali 
mentre quella del francese è ormai implicita nelle iniziali (pp. 76-80). 

Il linguaggio ha la funzione sociale di permettere a tutti i membri 
d’una società di intendersi tra loro, e la formazione d’una lingua comune 
è indice della grandezza e del progresso dell’organizzazione sociale. Ma 
d'altra parte la lingua comune è tanto più minacciata quanto più per- 
fetta è l’organizzazione sociale che essa esprime: infatti codesto perfe- 
zionarsi va di pari passo con un’estrema specializzazione in ogni forma di 
vita, e specializzazione vuol dire lingua speciale, e l’influenza delle nu- 
merose lingue speciali sulla lingua generale è tanto più forte e diretta 
quanto maggiore è l’unità del complesso sociale (pp. 80-88). 

Infine, come non si riesce a dimostrare il progresso delle singole 
lingue, così è indimostrabile il progresso generale del linguaggio. Ci sono 
lingue estremamente espressive di popolazioni estremamente incolte; 
d'altra parte sono numerosissimi i punti di contatto tra qualsiasi lingua 
di barbari e qualsiasi lingua d’uomini civili. Inoltre noi non abbiamo alcun 
modo, con ciò che sappiamo, di farci un'idea di ciò che sia una lingua 
primitiva in sè; tutte le nostre conoscenze sul linguaggio umano non ri- 
salgono oltre il III millennio a. C., e 5000 anni sono un periodo troppo bre- 
ve perchè noi possiamo notare un progresso (cioè miglioramento, perfe- 
zionamento) linguistico. Poi che il linguaggio è espressione della vita, 
domandare se il linguaggio progredisce par che sia come domandare se 
progrediscono la vita e lo spirito umano. Ma alla domanda non rispon- 
deranno i linguisti (pp. 88-93). 


— 585 — 


RECENSIONI 


II. Stilistica e linguistica genérale (Pp. 95-137). 

La stilistica d’una lingua è lo studio dei suoi caratteri espressivi, 
eil metodo è naturalmente comparativo. Ma, mentre la:scuola tedesca 
fa la stilistica, syntax, p. es. del francese, comparandolo col tedesco, ciò 
che conduce a giudizii soggettivi, l’A. compara gli elementi intellettivi 
con gli affettivi della stessa lingua: ciò che veramente serve a definirne 
i caratteri espressivi, in quanto la lingua naturale è studiata in rapporto 
con la vita reale. All’obbiezione del. Croce che all’analisi stilistica sfugge 
l'intuizione sintetica da cui procede la creazione artistica, l’A.-risponde 
che l’espressione linguistica del pensiero, se- vuole essere intelligibile, 
deve servirsi almeno in parte dei procedimenti offerti dalla lingua comune; 
inoltre, che la stilistica letteraria osserva l’opera creata, sempre accessibile 
all'analisi, e non il processo creatore; infine, che la lingua letteraria è 
una trasposizione della lingua comune, in cui i motivi biologici e sociali 
divengono motivi estetici. Da ciò si comprende come l’A. chiami stili- 
stica una disciplina che studia procedimenti analoghi a quelli dello stile 
individuale artistico (pp. 95-113). 

- Poi che la stilistica studia tutti i fatti linguistiti espressivi, cioè 
caratteristici. d’una lingua, tutto il linguaggio , dalla fonetica alla sintassi, 
è per essa oggetto di studio. L’A. traccia le linee generali della fonetica, 
del vocabolario:e della sintassi studiati dal punto di vista dell’espressivi- 
tà (pp. 113-126}. 

.._ La lingua scritta corrente (di cui la lingua lettorazia è una 
manifestazione) non rivela i veri caratteri d’una lingua viva, perchè, per 
la sua stessa natura, esce dalle condizioni della vita reale: -situazione 
data, oggetti e persone circostanti, necessità di comprensione piena e 
immediata, ambiente sociale, mimica, espressione fonetica e melodica etc. 
E poi necessariamente essa si vale di stati linguistici passati e dello stato 
attuale, e può .all'occasione sorpassare anche questo. Solo dunque la 
lingua parlata deve esser la base della stilistica; e lo studio della lingua 
scritta sarà fruttuoso solo se fatto in funzione della lingua parlata 
Pp. 126-133). 

. In materia di lineuagolo: la nozione di periodo o stato è una 
finzione nata dal fatto.che peri parlanti essa è una realtà soggettiva, che 
finisce con l’oggettivarsi, tanto da rallentare i mutamenti linguistici. La 
stilistica, in quanto studia i rapporti tra pensiero ed espressione, non 
può tener canto che di uno stato linguistico, e deve prescindere da ogni 
considerazione storica. Per la stilistica interna (quella a cui l'A. ri- 
serva il nome, distinguendola dalla stilisticaesterna che osserva i ca- 
ratteri oggettivi delle lingue) il metodo storico è del tutto inutilizzabile 
(PP. 134-137). N did E 

III. Meccanismo dell’espressività linguistica (pp. 129-181). 


Ver pes 


Tra Capressione ecomunicazionec’è antinomia. Ilpensierotende 
all’espressione integrale personale affettiva; la lingua tende alla comuni- 
cazione più pronta e chiara, e per raggiungere questo fine deve oggetti- 
vare il pensiero. A questo punto il segno linguistico diventa arbitrario 
nel suo significante (forma materiale e fonica) e nel suo significato; il 


— 586 — 


RECENSIONI 


‘significante della parola donna, p. es., non contiene nienteche evo chi l’im- 
magine d’una donna; e il significato della stessa parola è quello d’un puro 
concetto che non corrisponde nè a una rappresentazione concreta e 
attuale, nè all'idea generale della donna che è in ciascun individuo. 
Accanto aì segni arbitrari, la lingua possiede dei sinonimi espressivi 
(p. es. morire: schiattare) e mezzi espressivi d’ogni genere (p. es. ahi 
per dire mi duole; mi duole pronunziato con intonazione lamentosa, etc.) ; 
ma in ogni modo il segno linguistico è una creazione dell’intelligenza, 
perchè l'associazione d’un segno con una rappresentazione riposa su un 
giudizio implicito. Si conclude che il linguaggio non può esprimere l’emo- 
zione che per mezzo dell’associazione implicita, che o col significante 
richiama un'impressione sensoria, o col significato trasforma il concetto 
in rappresentazione immaginativa (pp. 139- 169). 

I procedimenti del meccanismo espressivo sono intellettuali 
in quanto operano con le categorie logiche, e illogici perchè consistono 
nello scambio delle categorie logiche. Naturalmente la logica avverte 
e interpreta immediatamente la illogicità dello scambio da cui scaturisce 
l'espressività; se non l’avverte, l'espressività svanisce: p. es., se, quando 
io dico «è una tigre » pensando a un uomo crudele, uno non capisce la 
figura da me usata, le mie parole diventano per lui del tutto inespressive 
(pp. 169-173). 

‘L’implicazione sintetica, che è caratteristica della espressività, 
distrugge la linearità fisica e intellettuale del segno linguistico, perchè 
il significante acquista più significati nello stesso tempo. Così d’altra parte 
il distacco dalle associazioni implicite trasforma il segno con valore sin- 
tetico in segno con valore lineare: si pensi a festa che una volta associava 
« vaso-di coccio » e «capo » (pp. 173-175). 

Il segno affettivo è tale finchè il pensiero che lb sostiene è affettivo 
ma, entrato nella lingua comune, perde la sua forza a poco a poco, ed 
esce dall'uso oppure diventa intellettuale (arbitrario, lineare). Natural. 
mente il pensiero affettivo conserva la sua forza attiva e ritrova la sua 
GAERERAARA sii forme che continuamente si rinnovano (pp. 175-181). 


“Da Linguaggio trasmesso e linguaggio acquisito (pp. 
183- 211). 


L’uso costante che i soggetti parlanti fanno della lingua li induce 
a pensare chè essa sia un prodotto interamente naturale, cioè che, assi- 
milata automaticamente, essa si evolva secondo leggi che sfuggono alla 
coscienza, Tale credenza comune, erronea solo in quanto sia assoluta, 
fu accolta dai neo-grammatici, i quali hanno studiati assai più la storia 
che non il funzionamento delle lingue. Ma già il Meillet ha rilevato la 
parte sostenuta dalla volontà nei mutamenti linguistici, e gli effetti delle 
due forze, prima mostrate dal de Saussure, che agiscono a volta a volta 
sulle lingue: cioè lospirito particolaristicoo«dicampanile », che 
spinge le lingue a isolarsi in un rigido tradizionalismo, e la forza di in- 
tercourse, chele spinge a interpenetrarsi e a unificarsi; nel secondo caso 
è certo che.i parlanti sono costretti a far uso sempre più largo della ri- 
flessione e della scelta deliberata. 

È necessario tener distinta la lingua comesistema dalla parola o 
linguai inazione,einquestailsoggetto pastanaa che vuole esprimere 


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RECENSIONI 


e imporre il suo pensiero, dal soggetto ascoltante che cerca sopratutto 
di capire. Ora, da un lato il soggetto parlante è molto spesso indotto dal 
bisogno di agire sull’interlocutore a mutamenti volontari e coscienti, 
dall’altra il soggetto ascoltante, che interpreta la parola per mezzo della 
lingua, è colpito da ogni innovazione, e accade che l’adotti e la propaghi; 
egli è più cosciente del parlante, ed è colui che nella lingua introduce le 
novità. Queste, siano vocaboli stranieri o dialettali o di lingue speciali, 
o infine modificazioni individuali di qualsivoglia specie, appartengono alla 
grande famiglia di prestiti, e costituiscono il linguaggio acquisito, 
dovuto a procedimenti di scelta, di analisi e di combinazione che non 
possono non esser coscienti. Inoltre tutte le forme d’espressione che l’in- 
dividuo è costretto, nelle scuola e nella vita sociale, a sovrapporre alla 
lingua passivamente appresa nell’infanzia, esigono, per essere assimilate, 
uno sforzo che aumenta il controllo sul funzionamento linguistico m 
proporzione della complessità dei fattori implicati (pp. 185-194). 

(Fattidifunzionamento). Chilegge deve supplire tutti, oquasi, gli 
elementi musicali della parola, la mimica, etc.; chi scrive deve rimediare 
all’insufficienza della scrittura con procedimenti d'espressione che sareb- 
bero inutili nell'uso ordinario. A tali combinazioni, in parte o del tutto 
coscienti, sì aggiunge tutto il materiale della lingua scritta (intesa come 
quell’insieme dei fatti di lingua cherispondonoa forme supe- 
rioridella vita e del pensiero), il bilinguismo dei soggetti che vivono 
dove al dialetto è sovrapposta una grande lingua di civiltà, l’infiltrazione 
reciproca delle lingue. E si noti che tutto questo linguaggio acquisito, 
cioè artificiale e cosciente, non diventa subito linguaggio trasmesso, 
anzi dura come acquisito per più generazioni, perchè l'acquisizione si 
fa in ambienti speciali, per mezzo della lettura e della scrittura, cioè 
da adulti a adulti (pp. 194-199). 

(Fatti di evoluzione). Poi che i fatti sociali, tradizionali e inco- 
scienti, non conoscono salti, è evidente che il materiale linguistico tra- 
smesso assicura la regolarità dell’evoluzione. Il materiale acquisito invece 
la rallenta, come appare dall’esempio estremo delle lingue morte (1), 
come il latino e il sanscrito: esse da secoli sono costituite completamente 
di materiale acquisito (nei riguardi di chi le usa), e nessuna delle possibili 
innovazioni individuali (errori, calchi, prestiti) diventa trasmessa. Come 
è chiaro, il rallentamento prodotto dal linguaggio acquisito non può 
essere incosciente (pp. 199-230). 

(Fatti di struttura). Nè del tutto incosciente è la semplificazione 
della struttura che si osserva nelle lingue continuatrici dell’i.-e., il gra- 
duale abbandono degli elementi sovrapposti (alternanze, accento, tono, 
quantità), il progresso verso l'enunciazione generale e astratta. È diffi- 
cile credere che i soggetti parlanti abbiano operato codesta innovazioni 
sempre incoscientemente, e più, che i soggetti ascoltanti le abbiamo ac- 
colte e propagate senza farci caso (pp. 203-211). 

L’A. termina osservando, a proposito dei fatti di struttura, che i 
mutamenti accennati hannolo scopo di facilitare la comunicazio ne, 
ma rendono più difficile l’espressione delle forme intuitive e personali 
del pensiero: e ciò conferma l’antinomia notata più sopra (p. 211). 


(1) Il termine è esatto, chi consideri uno stato linguistico, non la continuità 
storica d’una data lingua. 


— 588 — 


RECENSIONI 


V. L'insegnamento della lingua materna e la formazione 
dello spirito (pp. 213-236). 

Per le necessità della vita sociale moderna nessuna parte dello studio 
elementare e medio è superflua, e tutto pare necessario fin da principio. 
Molti si domandano ciò che l’allievo deve sapere e ciò che può ignorare; 
l’A. ritiene che la cosa più importante sia cercare l’ordine naturale delle 
acquisizioni, e seguirlo nell’insegnamento. 

Anche per ciò che concerne il linguaggio, tutto, dall'ortografia 
alla grammatica storica, è necessario; ma bisogna che ogni cosa venga 
al momento giusto. La scuola comincia con l’insegnare la lingua scritta 
a chi non conosce che la lingua parlata; e la insegna sulla base di re- 
gole per lo più storiche convenzionali sorpassate (1); così che la gramma- 
tica interviene prima che i fatti linguistici nuovi siano acquisiti dell’espe- 
rienza. Sarà invece conveniente che l’allievo giunga alla grammatica 
dopo un lungo esercizio sui vocaboli e sulle espressioni della lingua, dopo 
aver appreso il senso preciso delle parole nelle espressioni che le conten- 
gono, confrontati, e quindi scelti razionalmente, i modi di dire dialettali 
volgari comuni con gli altri, osservati i contrasti tra la parola espressiva 
e la parola intellettuale, etc. La grammatica verrà spontaneamente dopo 
tutto cio. E poi un giorno l'allievo avrà una rivelazione che colpirà for- 
temente la sua coscienza di soggetto parlante: comprenderà, dalle in- 
coerenze della sua lingua, che prima di lui si è parlato diversamente, 
e cercherà la spiegazione nella storia. Dopo che la lingua materna si sarà 
esaminata in ogni senso, verrà il momento delle lingue straniere antiche 
e moderne, il cui studio, trovando il terreno preparato, sarà fecondo di 
risultati e farà meglio conuscere la lingua materna (pp. 215-236). 


Milano G. B. PicHI 


J. B. HoFrMans, Lateinische Umgangssprache, pp. XNVI+ 184, Heidelberg, 
Carl Winters Universitàtsbuchhandlung 1926 (Idg. Bibliothek 


I, 17). 


Chi legga, dopo il Bally, il libro di J. B. Hofmann sulla lingua par- 
latalatina (sermo cotidianus, Umgangssprache), vi trova una interessan- 
tissima applicazione al latino dei principii sopra esposti e una larga de- 
scrizione dei caratteri espressivi della nostra antica lingua. 

Nell’introduzione ($$ 1-7), dopo aver brevemente rilevate le carat- 
teristiche e le differenze tra Schriftsprache (Gemeinsprache, Ver- 
waltungs- Verkehrs- Rechtssprache, etc.), che contiene un mini- 
modi elementiaffettivieunmassimod'’intellettivi,elaUmgangssprache, 
che di fronte alla Schriftsprache è principalmente una Affektsprache 
($ 1), VA. enumera le fonti della nostra conoscenza del latino parlato: anzi- 
tutto i comici (e Plauto più di Terenzio), le lettere non ufficiali di Cicerone 
(specialmente quelle ad Attico), i satirici da Lucilio a Giovenale (Petronio 


(1) L'A. si riferisce al francese moderno, in cui la differenza tra la lingua come 
è scritta e tra la lingua scritta come è letta da un lato e lalingua parlata dal- 
l’altro è enorme. Ma le sue osservazioni si possono applicare anche all’italiano: s 
pensi a certe nostre regole d’ortogratia (Ho, ha: etc.), sull’uso dei pronomi (gii, le, 
loro), sull'uso del passato remoto, ecc. gi È 


— ISO -- 


RECENSIONI 


più di tutti), poeti come Catullo Fedro Marziale ($$ 2-4); aggiunge ($ 4, in 
fine) cheicriteri generali sì ricavano dallo studio delle Umgangssprachen 
moderne, e cita le opere del Wunderlich per il tedesco, del Bally per il 
francese, dello Spitzer per l'italiano (1). | 

Nelle « premesse metodiche » ($$ 5-7) l'A. stabilisce la gradazione tra 
l’espressione puramente irftellettiva e la puramente effettiva: il concetto 
di multum te amo diventa in parte affettivo se è espresso con frasi del tipo 
quantum te amo! o te ego non amemò?; l’affettività è rinforzata dall’ellissi 
in fantum te amol... o num te amem!?: i due elementi sono accostati in 
oh! multum te amo; infine mi fili! è espressione puramente affettiva. 

Il capitolo I ($$ 8-112 die subjektiv-affertische Seite der Umgangsspra- 
che) comincia col descrivere la composizione delle proposizioni affettive: 
interiezioni onomatopeiche e primarie ($$ 8-24), prese a prestito dal 
greco ($$ 25-33), secondarie da parole sintattiche, forme verbali, pronomi, 
particelle, etc. (2) ($$ 34-45), particelle di negazione, affermazione, inter- 
rogazione ($$ 46-47), formole interrogative mechanisiertecomequid ais, 
ain tu’ quid vis etc. ($$ 48-50). Poi studia l’efficacia affettiva della abbre- 
viazione per ellissi, aposiopesi e simili, nell’accusativo e nell’infinito 
esclamativo, nell’infinito storico ($$ 51-68). Poi gli elementi affettivi conte- 
nuti nelle espressioni intellettive: sono intanto la geminazione e l’anafora 
($$ 59-64); inoltre uno stato d’animo può essere espresso da una particolar 
forma modale, p. es. nelle frasi esclamative, nella interrogazione retorica, 
nelle frasi ironiche ($$ 65-68). Infine le espressioni intensive e negative, le 
indicazioni di tempo, le formole di imprecazione e d’ingiuria etc. sono 
soggette, qualunque sia il loro contenuto affettivo iniziale, a logorarsi 
e intellettualizzarsi: di qui il loro rinnovamento mediante amplificazioni 
e abbondanze ($$ 69-97): multum diventa il ciceroniano încredibiliter (p. es. 
ad Att. 8,7, 1) o il plautino insanum (p. es. Mil. 24); accanto a non 
intellettualizzato si svolgono le forme nihil, nullus, nullo modo, minime, 
etc.; nauci, pili, assis, etc. accanto a nihili; nascono indicazioni temporali 
come e vestigio e tlico; sono frequenti i comparativi e superlativi nati dal 
bisogno di espressività: Poen. 991 nullus me est hodie Poenus poenior, 
Pseud. 328 hic mihi nunc est multo potior Iuppiter quam Iuppiter, ad 
Att. 7, 17, 2 nihil unquam legi scriptum onotwtepov etc. Dallo stesso 
bisogno traggono origine le abbondanze, il cui effetto è spesso accresciuto 
da allitterazione, omofonia o rima: Amph. 566 nemo homo, ib. 551 se- 
quor subsequor te, ad Att., 15, ID, 1 in funus cui funeri ego quoque operam 
dedi (3), Trin. 1096 fidel: et fido et cum magna fide, Capi. 825 regum rex 
regalior, Pseud. 940 memor meminit, Aul. 420 amplius... plus, Men. 54 
magis maiores nugas; ripetizioni come in Most. 517 hic homo est inanis:: 
hic homo est certe hariolus e simili; uso dei pronomi personali, di i//e, di 
unus (4). | 

Le ultime due sezioni del cap. I descrivono il periodo affettivo 


(1) H, WUNDERLICH, Unsere Umgangsprache in dev Eigenari shrer Satzfigung 
dargestelli, Weimar und Berlin 1894. CH. BaLrtv, Traité de stylistique francaise, 
Heidelberg L. SpitzER, /talienische Umgangssprache, Bonn 1922. 

(3) Alle interiezioni secondarie descritte dall'A. si può aggiungere uliro nel 
senso d'apere: p. es. Capt. 551 ultro istum a me. 

(3) Nel 8 86 sarebbero da citare i noti esempi di Cesare, p. es. bè.g. 1, 6, I 
stinera duo quibus ttineribus, sb. 4 diem dicunt qua die.... îs dies erat. 

(4) Vorrei che in uno degli ultimi $$ della terza sezione l’A. avesse trattato di 
res e homo usati come pronomi. . 


RECENSIONI 


‘ ($$ 98-108 caratteri generali, nomitativo isolato enfatico ripreso da un 
“pronome, paratassi), caratterizzato dal rilassamento dei membri sintat- 
tici, e la collocazione atfettiva delle PATO ($$ 109-112) apposizione, epi- 
‘teto, chiasmo, hysteron-proteron). 

Questo I capitolo costituisce la grammatica della lingua parlata. 
Ma, poi che nell’esercizio della parola il soggetto parlante ha, di fronte 
al soggettò &scoltante, una sua attitudine particolare, è necessario stu- 
diare i sudi: procedimenti di linguaggio. A tale argomento l'A. dedica 
il cap. II (die Rolle des Partners in der Aeusserung des personlichen Ge- 
dankens), in cui studia le formole di preghiera e di persuasione ($$ 113-125: 
p. es. inquam, mihi crede, amabo, praefiscini, sodes, etc.), i mezzi linguistici 
a servizio della captatio benevolentiae ($$ 126-131 plurale sociativo, 
dativo etico, diminutivi, espressioni di tenerezza o di‘repulsiane, formole 
di attenuazione sociale), l’eufemismo, la litote, l’ironia ($$ 132-135). 

La lingua parlata è per sua natura affettiva e tende all’espressione 
integrale e insieme alla comunicazione del pensiero nell’interesse del 
.soggetto parlante: da ciò l’espressività ottenuta coi mezzi già descritti, 
che sono in genere (a parte le interiezioni dei $$ 8-45 e le espressioni 
amplificate dei $$ 69-80) formali indiretti ed esteriori, e con quelli che lA. 
‘descrive nel cap. III (der sinnlich-anschauliche Zug der Umgangssprache) 
diretti ed espressivi in sè, cioè il vocabolo e la frase concreti ni 7 140), 
e la metafora ($$ 141-144) {1}. . i ie nia 

Ma il bisogna. «d'espressività diventa dullo: se & situazione i (realtà 
‘extra-linguistica anche sotto la forma del contesto. (2)) è espressiva per 
sè quanto basta al bisogno del parlante. L'A. tratta appunto nel IV e 
ultimo capitolo (der triviale und sparsame Zug der Umgangssprache) del- 
l’uso dei verbi generali e incolori ($$ 150-153), delle ellissi economiche 
($$ 154-159) (3), delle brachilogie ($ 160). : 

Concludo con alcune osservazioni Ecnerala, sE aggiungersi alle poche 
e particolari che ho messo in nota. 

Lo svolgimento della materia importantissima dei capitoli II III e 
IV (pp. 125-174) mi pare troppo breve, avendo riguardo alle centosedici 
pagine (pp. 9-124) del cap. I. D'altra parte l’ordinamento è, come già 
ho accennato, talvolta poco convincente: p. es. l’espressività per ellissi 
e abbreviamento è trattata nei $$ 51-57 e 154-160; la questione del rinno- 
vamento, svolta nei $$ 69-82, è ripresa nel $ 148; il $ 58 appartiene più 
propriamente al II che non al I capitolo. 

I procedimenti della lingua parlata sono in genere sempre gli stessi: 
gli elementi espressivi invece non soggetti a mutare rapidamente, tanto 
che è meno facile delimitare uno stato di lingua parlata che non di lin- 
gua letteraria. Ciò dato, l’A., che va punto per punto da Plauto a Petro- 
nio fino al latino tardo, segue un metodo adatto, a parer mio, alla trat- 
tazione storica particolare d’un solo procedimento linguistico, non ad una 
trattazione generale: a meno che in ciascun capitolo non si faccia una 


(1) Confesso che non vedo chiaro il legame tra i $$ 145-149 (gli aggettivi nella 
lingua parlata, infiniti sostantivati, rinnovamento delle particelle e delle preposi- 
zioni, contaminazioni) e i precedenti; sarebbero meglio a posto, se non m'inganno, 
nella quarta e quinta sezione del cap. I. 

(2) Cfr. Barry, Le langage et la vie, pp. 143-145. 

(3) Agli esempi del $ 154 si può aggiungere Cat. 14, 16 non non hoc tibi, false, 
sic abibit. Nel $ 155 tra i pronomi usati con nome noto e sottinteso manca if sé 
« padrone ». 


— 591 — 


RECENSIONI 


distinzione netta di epoche o stati linguistici. E poi che noi possiamo ri- 
costruire in modo sufficiente un solo momento della lingua parlata la- 
tina, quello che ci fan conoscere i comici, credo che sarebbe più conve- 
niente limitare la descrizione a questo, riservando, se mai, a note, che la 
scarsità delle fonti non lascerebbe mai allungare oltre misura, gli stati 
linguistici posteriori. 

Credo poi che sarebbe utile, in ogni modo, mettere in rilievo il fat- 
toreambientesociale: ciò che porterebbe inoltreatrattaredel materiale 
immesso dalle lingue speciali nella lingua comune parlata, e anche dei 
procedimenti espressivi di quelle, tra le lingue speciali, che in realtà 
, sono le lingue parlate di certi ceti, e gruppi sociali. 

Infine vorrei che la bibliografia (pp. XV-XVI) non fosse, così com'è, 
limitata; p. es. al $ 148 poteva essere ricordato lo studio del Meillet sul 
rinnovamento delle congiunzioni (1), che l’A. stesso cita in un'altro suo 
lavoro (2). 

Però nel complesso l’opera è nuova, bella e buona; e ha quelle doti di 
esatta informazione, di chiarezza e di elaborazione intelligente che atti- 
rano la simpatia e l’interesse degli studiosi. 


Milano G. B. PicHI 


A Manual of Navaho Grammar. Arranged by Fr. BERARD HAILE, O. 
F. M. of the Cincinnati Province of St. John the Baptist. pp. XI+- 324. 
St. Michael’s Arizona 1927. 


Una prima sistematica, esatta e possiam ben dire compiuta e defi- 
nitiva esposizione della struttura della lingua Navahlo ci è offerta da 
un cospicuo volume del P. Berard Haile, O. F. M. 

Il Navaho, lingua americana parlata fra il sud del fiume San Juan 
il N-E dell'Arizona e il N-O del Nuovo Messico, appartiene al gruppo 
Athapaskan della famiglia Na-dene, la quale si estende dallo stretto 
di Behring al Messico (v. Epwarp SAPIR, The Na-dene languages, a 
preliminary report. 1915) e costituisce secondo la distinzione dataci dal 
Radin (PauL RADIN, The genetic relationship of the North-American 
indian languages, 1918-1919) l’ultimo dei tre gruppi in cui egli divide 
tutte le lingue nord-americane, mentre nella enumerazione alfabetica 
del Rivet (cfr. PAUL RIVET, Langues Américanes in: MEILLET e CAHEN, 
Les langues du monde 1924, 597-712) occupa fra esse il duodecimo 
posto. 

L'applicazione del più severo e moderno metodo scientifico nello 
studio di una lingua, per la quale, come è del Navaho, non abbon- 
dano certo quei mezzi d’indagine di cui ormai son così ricche anche 
le meno importanti lingue europce ed asiatiche e gran parte delle afri- 
cane, rendono l’opera del P. Haile un preziosissimo contributo, di 
cui gli americanisti in particolare e gli studiosi in genere debbono 
essergli vivamente grati. 

Milano AMBROGIO BALLINI 


(1) A. MeILLET, Le renouvellement des conjonctions in Linguistique historique et 
linguistique générale, Paris, Champion, 1921, 1926, pp. 159-174. 

(2) J. B. HorMmanx, Entwicklung und Stand der lateinischen Sprachforschung 
n SioLz-ScHMaLz, Lateinische Grammatik, Munchen, Bech 1926, pp. 1-35. 


— 902 — 


NOTIZIARIO 


1. — Ancora per la traduzione delle opere del Columella. — 
A correzione dell'articolo apparso in Raccolta Ramorino pp. 449-472 
ripubblichiamo l’Aggiunta: 

Die in den obigen Zeilen ausgesprochene Vermutung hat bereits ihre 
Bestàtigung gefunden. Kurz nach der Absendung meiner Arbeit habe ich 
dank der ausserordentlichen Liebenswiirdigkeit Herrn Professor Lund- 
stròms das iberaus interessante Buch » Palladii Rutilii Tauri Aemiliani 
viri illustris Opus agriculturae. Liber quartus decimus De veterinaria 
medicina, edidit Josef Svennung (9 Gtoburgi 1920) » erhalten. Ohne die 
Entdeckung Sabbadinis zu Fennen, fand Herr Svennung dieselbe Hs. 
Ambr. C. 212 inf. und gab die sich dort befindenden Excerpte aus Co- 
lumella so wie die anderen veterinàaren Texte heraus, wobcei es ihm auch 
fast ilberall gelang firr die letzteren ihre griechischen Vorlagen festzu- 
stellen. Fiùr die Excerpte aus Columella werden die Varianten der voll- 


stindigen Uberlieferung angefùhrt, namentlich aus SA und aus einigen 
Iè (bà x). Am wichtigsten in der Arbeit Sternings erscheint aber sein 
Versuch zu beweisen, dass die Excerpte Ambr. C. 212 inf., welche ihren 
Platz zwischen den 13 prosaischen und dem letzten poetischen Buche 
des Palladius inne haben, authentisch sind und das vierzehnte prosa- 
ische Buch des Opus agriculturae bildeten (vgl. den Anfang des poeti- 
schen Buches: Bis septem parvos, opus agricolare, libellos Quos manus 
haec scripsit parte silente pedum, Nec strictos numeris etc.). Da der 
Umfang der vorliegenden Arbeit mir nicht erlaubt, die so iberaus 
lockende Hyphotese Herrn Stcennunes und die von ihm angetihrten 
Varianten der Lundschriftlichen Ueberlieferung ausfuhrlisch zu behan- 
deln, habe ich es vorgezogen, meinen Aufsatz nicht zu andern in der 
Hoffnung, dass es mir anderweitig moglich scin wird, eine volistàndigere 
Bewertung der neuen Quelle fur die Iritik Columellas durchzufilren. 
Hier méchte ich nur folgendes anmerken. Die Hss, der Klasse 
fallen in keinem einzigen derjenigen Falle, wo die Vorziiglichkeit der 
Excerpte vor den Lesungen der Klasse « klar zu Tage tritt mit den 
Fxcerpte zusammen iberhaupt wird *) fir die veterinaren Teile des 
Columella dasselbe Verhiltnis zwischen der Klasse a und den Hss. dd x 
festgestellt, welches wir im Liber de arboribus beobachtet haben. Die 
Lesungen von d d x erweisen, indem sie die zahlreichen Fehler und fast 

(*) Was die oben analv»ierten Beispiele betrifft, welche den Wert der Excerpte 
bezeugten, so bringen A und A nichts von SU oder den ersten Ausgaben  unter- 


schiedisches, Doch mobchte ich aut Grund der Angaben Svernrnunig hinzufilgen, dass 
A VI 14,7 ad siccum cerint und VI 34,1 det bietet. 


—* 003 “ahi 


Aevum - Anno I - 38 


NOTIZIARIO 


alle Licken der Hs. A wiedergeben, keine Eigentimlichkeit, auf deren 
Grund man die Benutzung irgend einer von der Klasse « unterschied- 


lichen Uberlieferungslinie sicher behaupten kéònnte **). Wie es scheint, 
bestaàtigt sich die am Ende des ersten Kap. der vorliegenden Arbeit 
angedeutete Mòglichkeit, dass f nicht nur den Liber de arboribus, nicht 
enthielt, sondern ilberhaupt einen fragmentarischen Charakter hatte. 
Jedoch, insofern die Griinde, welche Svennung zwangen, sich nur mit 
den Varianten der Hss. bd 4 x zu begniigen, unbekannt sind, muss man 
mit dieser Schlussfolgerung bis zum Erscheinen des volstandigen kri- 
tischen Apparates zum VI. und VII. Buch warten. 


J. TROTZKI 


2.—« Historia »— Studi storici per l’antichità classica, fondati 
da Ettore Pais, nuova serie. — È uscitain questi mesi la nuova rivista 
trimestrale di storia e antichità pubblicata a cura del « Popolo d’Italia » 
in un primo fascicolo, in 16° grande, di ben 234 pagine per i mesi gennaio- 
marzo. La direzione è affidata a Carolina Lanzani, Giovanni Niccolini e 
Filippo Stella Maranca, assistiti da un consiglio di direzione costituito 
dai senatori Chiappelli e Scialoia e dai professori Ciaceri, Columba, Ducati, 
Lanciani, Oberziner, Pais, Sabbadini, Solari, Zuccante e Zuretti e dai 
redattori Ezio Camuncoli, e Giuseppe Ostinelli. Dopo il saluto augurale 
di Arnaldo Mussolini, fondatore della Rivista e di S. E. il Ministro Fedele 
la prof. Carolina Lanzani espone il programma della Rivista; continuare 
cioè la tradizione degli Studi storici per l’antichità classica fondati dal Pais 
nal 1901, che alla loro volta avevano tenuta viva una parte degli Stu- 
di storici pubblicati prima d’allora a Pisa dal medesimo Pais e da 
Amedeo Crivellucci: dotare l’Italia di «un periodico.... il quale potesse 
reggere il confronto coi grandi periodici che gli stranieri pubblicano 
sulle antichità nostre ». Nessun programma di scuola e di metodo, ma 
larga ospitalità ad ogni scuola e ad ogni metodo; estensione ragionevole 
di studio alla storia e alle scienze afhini; rubriche informative; notizie di 
vita scientifica universitaria; discussioni, ma non polemiche, ispirate 
da motivi personali; il tutto «tenendo conto via via e del 
diverso atteggiarsi della critica e di nuove aspirazioni» e secondo. 
il «nutrimento che l'opera e il consiglio dei migliori sapranno darle » 
Parole nobili senza dubbio, anche se per avventura si desidererebbe di 
sentire aggiunto alla gentilezza femminile della direttrice-responsabile, 
qualche più virile espressione di propositi netti e ben definiti, quali la 
scuola italiana, e non dico una scuola italiana, può oggi proporsi per 
l'attuazione immediata. 

Vario di contenuto è questo primo fascicolo: esso si inizia colla 
pubblicazione di un capitolo inedito della Storia di Roma durante 
le guerre puniche che il Pais sta stampando in due volumi presso la casa 
Optima di Roma: il capitolo è intitolato: Conseguenze della seconda guerra 
punica. L'unità d'Italia, le basi dell'impero mondiale; seguono Appunti 
sullo iure Papiriano di Giovanni Oberziner, e una breve nota di Arturo 
Solari intitolata Per l’antichità di Rovereto; tali scritti insieme con una 
ricerca assai interessante e importante di un giovane laureato dell’Uni- 


(**) Ich notiere jedoch VI, 5, 4 ea labi SA4b elabi dxE Pel VI, 6,2 subsidio 
SA sub dio da sub divo x e Veg. 


— 594 — 


NOTIZIARIO 


versità di Genova, Marco Segrè, sopra Pausania come fonte storica co- 
stituiscono la parte più propriamente di indagine storica di questo fa- 
scicolo. Le scienze affini sono rappresentate... da una tirata d’orecchi di 
Carlo Albizzati sotto il titolo Ana/ecta Gruenesiana, tirata d’orecchi....illu- 
strata da ben nove nitide illustrazioni; da una ricerca di Remigio Sabbadi- 
ni sui Codici di Apicio, che pur trattandosi de re coquinaria, cioè dell’arte 
del cuoco, ha richiesto cure non meno sollecite e dotte dall’illustre edito- 
re di Virgilio, dalla prolusione al corso di Pandette tenuta quest'anno dallo 
Stella Maranca nell'Università Adriatica « Benito Mussolini » sul tema 
Quinto Ennio e lo studio del Diritto Romano; da una nota filologica 
su un passo di Vitruvio dovuta alle cure di Francesco Pelliti. Il resto 
del fascicolo è occupato da recensioni o meglio da presentazioni 
di libri varî, dai necrologi del De Ruggiero per opera del Calza, cui segue 
una pregevole lista di tutte le sue pubblicazioni, del Comparetti per opera 
del Neppi-Modona, da un ricco spoglio di periodici e di atti accademici, 
generalmente italiani, quasi tutti per opera di Mario Segrè, e talvolta di 
Concetta Barini, infine da raccolte di notizie svariate, se pure ancora 
irregolarmente coordinate fra loro che sono una delle parti più caratteri- 
stiche e più utili del periodico, tanto che vale la pena di enumerarli: 
precede l’annuncio fatto dall’on. Mussolini alla R. Società Romana di 
Storia Patria del progetto di scavo a Nemi e ad Ercolano, ormai noto e 
riprodotto anche dai quotidiani; segue un notiziario archeologico per l’an- 
no 1926 per opera del Pellati, con informazioni talora attinte a fonte di- 

retta e con qualche illustrazione: un copioso notiziario del Convegno 
— Nazionale Etrusco ad opera del Ducati; uno del Convegno Archeologico 
Sardo ad opera del Taramelli; malgrado il bollettino del Pellati il Calza 
scrive poi una Rassegna Archeologica di Roma che ripete alcuna cose già 
dette prima, ma altre ne aggiunge importanti. Ne ripete pure alcune 
già dette altrove, ma è nel suo genere un bollettino assai ricco e assai 
originale (e meriterebbe di essere imitato per altre regioni d’Italia) il 
notiziario intitolato « Corrispondenza dalla Toscana » dell'amico Aldo 
Neppi Modona; non mi è parso invece all'altezza di un periodico scienti- 
fico e di alta coltura la nota « il Bilancio dell’alta Coltura in Italia per il 
1926 » di Carmen Scano, incompleto affatto e superficiale, utile in un 
quotidiano, non in MHistoria; e un rimprovero vorrei fare, alla dott. 
Bruna Tamaro, non per quello che ha scritto sul nuovo Museo Ar- 
. cheologico di Pola, ma per quello che non ha scritto, cioè per quel molto 
e buono che ne poteva scrivere, chè con tanta cura e competenza e abne- 
gazione si dedica ad un’opera che è insieme di scienza e di italianità e che 
deve, assolutamente deve, essere intesa e incoraggiata e aiutata da chi ha 
la responsabilità della Istruzione Pubblica, e da quanti vogliono tradurre 
il proprio sentimento patriottico più che in parole e in applausi in ope- 
re di coltura e di vita. 

Per mostrare infine che nessuna parte del nuovo fascicolo fu da noi 
trascurata dirò di un interessante bollettino, che così come è fatto è 
forse il primo del genere che appare in Italia, il bollettino degli argomenti 
svolti dai professori di Storia Antica, Antichità, Archeologia nelle Uni- 
versità Italiane nell'anno 1925-20 e quelli, ormai pure svolti, nel 1926-27. 
Come parte in causa non voglio entrare nel merito della cosa; dirò soltanto 
che esso sì presta a considerazioni assai interessanti, talune piacevoli, 
talune meno, e più e meglio gioverebbe allo sewpo il potere averlo suc- 


— 595 — 


NOTIZIARIO 


cessivamente degli anni venturi per un utile confronto, utile, s'intende, 
per chi considera la vita Universitaria, non come una sîne cura, ma come 
altaf unzionedi scienza e di magistero nello Stato stesso e per lo Stato e per 
i cittadini. E concludo: Historia come tuttii periodici che iniziano la loro 
vita,e bene l’hanno inteso i direttori, è ancora il principio di un’idea, piut- 
tosto che l’idea concretata in opcra definitiva e potente: tuttavia, poichè 
crediamo fermamente che le idee diventano opera solo quando trovano 
volontà e mezzi per tradursi in realtà pratica, quella realtà che lungo il 
cammino rettifica, completa, perfezioea i primi tentacivi, così noi salu 
tiamo con viva soddisfazione la Rivista or ora apparsa come un nuovo 
indizio della rinascita spirituale italiana anche nel campo degli studi 
antichi. Che se anche altri periodici sono già in Italia, e cito la Rivista 
di Filologia Classica diretta da un grande storico, Gaetano De Sanctis, 
e da una delle più belle speranze della filologia italiana, Augusto Rostagni, 
che possono perfettamente « reggere al confronto coi grandi periodici che 
gli stranieri pubblicano sulle antichità nostre », tuttavia auguriamo che 
Historia trovi costanza di collaborazione, abnegazione e sacrificio 
di una preparazione non affrettata, ma meditata e sicura, concordia di 
studiosi e di cittadini tale, che mentre giovi alla scienza universale, 
sia anche affermazione di lavoro, di nobiltà, di fede italiana. Quod est 
invotis. * 
ARISTIDE CALDERINI 


3. — Onoranze a Felice Ramorino. — Il giorno q giugno p.p.l’Uni- 
versità Cattolica raccoglieva intorno al Preside della Facoltà di Lettere 
e Filosofia, prof. Felice Ramorino, professori, studenti, amici, estimatori 
dell'Uomo venerando, che dopo 52 anni di magistero, avendo raggiunto 
i limiti di età, era costretto a lasciare l'insegnamento ufficiale. La ceri- 
monia, improntata, come usa fra noi, ad austera semplicità e insieme a 
intimità cordiale, quasi domestica, è stata nel medesimo tempo una prova 
di grande stima e di affetto per il collega carissimo e una manifestazione 
di simpatica colleganza di Università italiane e di Università straniere 
verso la nuova consorella, che non è parsa poco significativa. 

AI mattino professori c studenti erano convocati nell’Atrio dell'Aula 
magna, dove Padre Gemelli celebrò la Messa in onore del festeggiato; 
nell'occasione l’Associazione studenti dell’Università Cattolica volle che 
il venerando Preside fosse padrino per la benedizione della loro bandiera; 
ad essi il Ramorino rivolse parole augurali. 

Nel pomeriggio l'Aula Magna andò affollandosi di autorità e di 
invitati, di colleghi accorsi anche da altre Università, sopratutto dalle 


* Mentre questo fascicolo era in inacchina ci è stato inviato anche il 2° fascicolo 
del nuovo periodico che contiene un notevole articolo di Edoardo Galli Antiche ve- 
stigia nel Dominio Cosano dei Domizi Ahenchardr (pp. 3-57), uno di Alfredo Trom- 
betti su La fingua etrusca e gli studi stericî (pp. 58-76) e uno di Remigio Sabbadini 
su (Giovanni Aurispa scopritore di testi antichi (pp. 77-84); in fine sono pure alcuni 
interessanti contributi storici e topografici di scolari del Pais e del Solari, — Re- 
censioni numerose sono scritte dal Patroni, dal Niccolini, dall'Antonielli, dalla TLan- 
zani: il Romanelli e il Galli forniscono notizie. bibliografiche e archeologiche. — 
Disapproviamo Tidea di ricominciare la numerazione delle pagine dall’1 ad ogni 
fascicolo; è un sistema che bibliograficamente da luogo a inconvenienti numerosi, 
e facciamo voti che col nuovo anno la direzione voglia seguire il sistema più uni- 
versalimente adottato. 


— Mb — 


NOTIZIARIO 


Università Regie di Milano, di Pavia, di Torino; erano ufficialmente rap- 
presentati le loro Eminenze il Cardinale Bisleti, prefetto della Congre- 
gazione degli Studi, il card. Tosi dell’Archidiocesi di Milano, il card. 
Pietro Mafti di Pisa, il card. Mistrangelo di Firenze; S. Eccellenza il 
Ministro Fedele, il Prefetto di Firenze, il Podestà di Pavia e quello di 
Mondovì, città natale del Ramorino; avevano aderito inviando o dele- 
gando un rappresentante, o con telegrammi, indirizzi e lettere, le seguenti 
Università: Aix-Malseille, Angers, Basilea, Bologna, Brno, Cagliari, 
Catania, Clermont-Ferrand, Firenze, Friburgo (Svizzera), Genova, Gi- 
nevra, Gottinga, Grénoble, Innsbruck, Kébnigsberg, Lipsia, Monaco, 
Minster, Napoli, Neuchatel, Palermo, Parigi (Sorbona), Pavia, Pisa, 
Poznan, Roma, Torino, Utrecht, Varsavia, Zurigo. 

Erano pure rappresentati la Facoltà Teologica e il Seminario Maggiore 
di Milano, il R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, l'Accademia 
Virgiliana di Mantova, la Società Atene e Roma per l’incremento e la 
diffusione degli studi classici e nella sua sede centrale di Firenze, e nelle 
sezioni di Trieste e di Milano, l’Arcadia. 


Una speciale menzione si deve fare dell’adesione ufficiale del R. Liceo 
Cesare Balbo di Chieri, in persona del preside Chiavassa, perchè a Chieri 
il Ramorino aveva insegnato prima di salire la cattedra Universitaria. 

Ricordare le centinaia di adesioni individuali di professori Univer- 
sitarî italiani ed esteri, e di professori di scuole medie italiane, moltissimi 
già discepoli del festeggiato è impossibile; ci limiteremo a citare in appen- 
dice a questa cronaca tre indirizzi in versi latini che vale la pena di far 
conoscere ad un pubblico ampio. Un applauso fragoroso accolse il prof. 
Ramorino al suo salire sul podio dell'Aula Magna accompagnato dal Ret- 
tore, dai Presidi e direttori delle Facoltà e Scuole dell’Università Catto- 
lica, dai rappresentati del Senato Accademico e del Consiglio di Am- 
ministrazione, da mons. Cazzani, vescovo di Cremona, il quale oltre che 
rappresentare nella celebrazione l’Episcopato italiano recava l’adesione 
e la rappresentanza dci più antichi scolari del Ramorino, quelli 
dell’Università di Pavia. Prese subito la parola il Ramorino che in 
un suo latino sobrio ed elegante, con voce calda e persuasiva 
intrattenne l’uditorio sopra l’indirizzo e il metodo del suo insegnamento 
ormai concluso ed espresse all’uditorio i propositi di lavoro che ancora lo 
animano e a cui intende dedicare la sua vecchiezza rigogliosa e fio1en- 
te. L’Annuario dell’Università per il 1026-27 che è in corso di stampa 
riporterà integralmente le parole dell’illustre Uomo. Ebbe quindi la 
parola mons. vescovo Cazzani che espresse la riconoscenza e il plauso dei 
più antichi discepoli e soprattutto degli innumerevoli sacerdoti che, fre- 
quentando la scuola del Ramorino per addottorarsi in lettere o in filo- 
sofia ammiràvano nel maestro anche la bella figura del Cristiano e del- 
l'Uomo. A nome dei discepoli disse pure belle e calde parole il prof. Gino 
Mazzoni del R. Liceo classico di Siena, venuto appositamente a portare 
l'adesione soprattutto dei discepoli del Ramorino allo studio di Firenze. 
E l’adesione e la riconoscenza dei discepoli della scuola di latino dell’ Uni- 
versità Cattolica disse lo studente Del Santo, che ha conseguito la laurea 
in questi giorni, e che vclle esprimersi in latino per dimostrare col fatto 
come l’insegnamento del Ramorino si traduca in atto nei suoi discepoli 
anche giovanissimi. La parola infine del Rettore, padre Agostino Gemelli, 
conclusein felicissima sintesi il sentimento e il pensiero di tutti i presenti 


— 597 — 


NOTIZIARIO 


e di moltissimi che avevano aderito alla festa da lontano, annunciò il 
plauso del Santo Padre, che volle conferita al festeggiato la Commenda 
di S. Gregorio Magno, le congratulazioni e i voti del Ministro della P. 
Istruzione, dei Cardinali, di Università Nazionali ed Estere e offerse 
a nome dei Colleghi un volume di scritti raccolti in onore del Ramorino 
da apposito Comitato presieduto dal Rettore stesso, al quale contribui- 
rono ben sI autori di varie nazioni a testimoniare l'ammirazione e la 
gratitudine della scienza internazionale per il classicista e lo studioso 
italiano. 

Poichè può interessare gli studiosi il conoscere il contenuto del vo- 
lume ne riportiamo qui il sommario: 


Gino FunaroLI, Z Cesari di Svetonio — VicroR MAGNIEN, Les 
composés dans la langue et la poésie homérique — ENGELBERT DRERUP, 
Antikritische Odyssee-Studien — MARIO ATTILIO LEVI, Studi su Timeo 
di Tauromenio — Pietro DE FRaAncisci, Una questione cronologica 
relativa alla compilazione del Digesto — PaoLo FABBRI, Claudiano in 
Sicilia e il Ratto di Proserpina — Luigi CASTIGLIONI, In Senecam rhe- 
torem, Pomponium Melam, Cornelium Nepotem, animadversiones cri- 
ticae — PaoLo ROTTA, La lettera CXXI di Seneca e la teoria dell’istinto 
nello stoicismo — M. BuDpIMIR, Fortuna Viscata — MARIO SALMI, Ri- 
lievi lombardi tratti da stampe del Mantegna (con 4 tavole) — FRANK 
TENNEY, Arrius, Catullus, Carm. 84 and Lucilius Hirrus — CAMILLO 
CESSI, Romanzi virgiliani — PaoLo UBALDI, Un ricordo crisostomeo 
nel « Giorno » del Parini — FR. ELEZOVITCH, Rerum universitatis pulchri- 
tudo — CarLo LANDI, Alcune osservazioni sulle odi romane di Orazio 
— Guic. KroLL, De Claudii morte — CHARLES H. BEESON, Paris Lat. 
7520. A Study in Insular Symptoms — GrorcES MÉAUTIS, Les adver- 
saires de Péyiclès — V. Vutic, JI! luogo di nascita di S. Girolamo — 
EugcEN FEHRLE, Zu Varro, Res vust. I, 2, 25 ff. — ALBERTO CORBEL- 
LINI, L'ironia e le ambagi ‘del Vate nell’ 01) XVI di Orazio — G. A. 
S. SNYDER, De Sarcophago quodam Delphis in Museo Syngrio conservato 
(con 4 tavole) — ALEXANDER SOUTER, Miscellanea Latina — SAL. 
Luria, TON ZOY YION ®PIZON (Die Oidipussage und Verwandtes) 
— GaETANO Curcio, Gli Epodi di Orazio — GIULIO SALVADORI « Ubi 
Petrus, ibì Ecclesia » — GIOVANNI BATTISTA PIGHI, Il Libro di Catullo 
Veronese — JEAN TorstoI, Une survivance du language des contes po- 
pulaires chez Hérodote — PIERRE JOUGUET, Une novelle requéte de Magdbdla 
— EMILIO ALBERTARIO, Le definizioni dell’obbligazione romana — KURT 
WITTE, Der Literaturbrief des Horaz an Augustus — MARCELLO CAM- 
PODONICO, Gli « Arcana fatorum » dell’Eneide — RopoLFo VARI, Quid 
affinitatis Oppiani Halieuticorum codices nonnulli habeant, quaeritur — 
STANISLAUS WITKOWSKI, De Homero artis regiones describendi inventore 
— ]J. TROTZKI, Studien zur Uberlieferungsgeschichte Columellas — ERNST 
KALINKA, Der Sapphische Elfsilber des Horaz — GAWRIL I. KAZAROW, 
Une nouvelle inscription relative à l’histoire de la Thrace ancienne (con 
1 tavola) — NicoLa TERZAGHI, Un codice torinese delle Epistole di Cs- 
cerone (con 1 tavola) — ACHILLE BELTRAMI, Seneca e Frontone — GIULIO 
GIANNELLI, La colonia panellenica di Turi nei primi trent'anni dalla 
sua fondazione — LupwiG RADERMACHER, in mythisches Bild in der 
Apokalvpse der hl. Anastasia — MARCO GALDI, De Tertulliani « de cultu 
feminarum » et Cypriani « ad virgines » libellis Commentatio — ALBERTO 
CHIARI, De codice laurentiano XXNXIT, 16 — GIOVANNI GALBIATI, Ovidis 
de piscibus et Gratii de venatione fragmenta Ambrosiana — KARL MAROT 
Aus der Frihzeit der Epik — TH. ZIELINSKI, Abiecta non bene parmula... 
GiusEPPE GHEDINI, Uso anormale del piuccheperfetto congiuntivo in 


— 598 — 


NOTIZIARIO 


Optato di Milevi — PaoLo REVELLI, Figurazioni cartografiche dell'età 
imperiale in un codice ambrosiano di Solino del primo trecento (con 1 ta- 


vola) — FEDERICO AGENO, Indicazioni di senso negli Ichneutai di So- 
focle — JosePH MESK, Zu den Prosa - und Vershymnen des Aelius 
Aristides — ARISTIDE CALDERINI, Quid de optimo viro praedicent tituli 


in urbe Roma et in Africa reperti. 


Il Rettore dell’Università Cattolica ha ringraziato già direttamente 
quanti hanno aderito alle onoranze tributate al Ramorino; tuttavia 
desidera che anche dalle colonne di questo periodico sia rinnovata l’espres- 
sione della gratitudine sua e dell’Istituto che ha l’onore di presiedere. 
All’egregio Uomo poi la Facoltà tutta, di cui questo periodico è espres- 
sione, desidera porgere anche di qui nuovamente l’augurio che le colonne 
dei « Bollettini bibliografici» possano ancora spesso o per molti anni re- 
gistrare pubblicazioni uscite dalla sua penna o notizie che riguardino la 
sua attività di studioso e di Maestro. 

Chiudiamo ricordando gli indirizzi metrici latini pervenuti all’Uni- 
versità in onore del Ramorino: 

Dai senatori Albini, Cocchia, Mazzoni, Raina, Scherillo, Tamassia, 
Vitelli questo distico: 


Ex animo veteres veterem salvere iubemus 
conlegam comites fortiter emeritum. 
Dal prof. Carlo Landi, del R. Istituto Superiore di Magistero di 
Messina: i 
Ad Felicem Ramorino 
pr. Non. Iun. a. MCMXXVII rude donatum. 
Innumeros, Felix, linguae secreta latinae 
discipulos valuit lingua docere tua. 
Scripta patrum virtute tua renovata virescunt, 
nos magis arripiunt maxima facta patrum. 
Jure igitur meritum grati testantur honorem, 
quorum ego pars olim quantulacumque fui. 
Nunc quoque doctrinam largiri perge, magister, 
donatus quamvis iam rude, semper eris. 
Scr. Romae, III Id. Iun. CaROLUS LANDI 


Dal prof. Marco Galdi, della R. Università di Pavia: 


Ad Felicem Ramorino 
qui septuagesimum quintum iam annum emensus 
a nobilissimo suo docendi munere 
discedit 
«non quasi feriatus in Sabbato » 
«sed tanquam operarius in negotio ». 
mansurus. 
Munere cum excedis multo perfunctus honore 
quem magni debes viribus ingenii; i 
Cumque tibi vivax minime et rugosa senecta est, 
qua potes in studiis continuare viam, 
Non possum ex animo quin Te demirer et ipse 
signati spatii ferrea iura querar. 
Nempe tuo quidquid lustrasti lumine mentis 
perfectum, referens cum novitate, facis. 


509 — 


NOTIZIARIO 


Censeris varia doctrina multiplicique, 
subtile est cultum iudiciumque tuum, 

Seu Te pertentat Saturnius horridus ille, 
cui tot sollertes incubuere viri; 

Seu tibi complicitas enodat Persius umbras 
— difficilis labor — et mentis operta suae; 

Quidquid contréctans, vestigia quaeque requirens 
scriptorum, indagas si Tacitique vices; 

Seu monumenta doces, quibus enitet illa Latina 
in scriptis virtus, interitura nihil; 

Denique sive patres, quos iure Ecclesia laudat 
summos, explanas, firmaque praesidia; 

Splendida tot praebes doctrinae signa vetustae, 
uberibus campis tot segetesque metis. 

Semper enim expositis attente rebus adhaeres, 
spernis et ambages, irrita consilii. 

Usque viam pergis, definitamque retractas 
materiem, ut nequeat cognita rursus agi. 

Quid vero numeris permiram prosequar artem 
scribendi lingua qua uteris in Latia? 

Ipse ego cum fructu meditatus scripta relegi, 

- quae nunc Romanae tradis ephemeridi. 

Nec quantum laudis tribuat studiosa iuventus 
aut tua praetereo nomina docta colat. 

. Quisquis enim vehementer amat, Te quisquis honorat. 
doctrinae fructus concoquiturque tuae. 

Nam duo conectis quae vix sociantur in unum: 
est bonitas simplex cum gravitate Tibi. 

His tu concilias animos virtutibus, inde 
et memores reddis, semper et allicies 

Quod si nunc meritis cumulato munere cedis, 
sique scholam linguis, non sine maestitia, 

Hic plausus, laudes, conferta hominumque corona 
omnibus est quanti sis valesque notae. 

Non obscurus abis, nulli est incognita virtus, 
vittutis longe lucida signa micant. 

Quae multos gnava duxisti mente per annos 
durant: semper erit continuatus honor. 

Utere iam dulci, post tot perfecta, quiete, 
utere quod merito Te decet ista quies. 

Laetus quod multi linguis monumenta laboris, 
quodque tuum plausu concelebratur opus. 

Exemplum das curae multae pervigilisque: 
exemplum de te ducere iam liceat. 

ingenio stimulos, studiorum imponis et arti 
iam procul e ludo, multa fovere potes. 

Non rude donatum Te curìs eximis ullis: 
Haud raro senium fertiliora facit. 

Vive diu felix, Felicis nomine dictus, 
Teque omni donet prosperitate Deus. 


D. Ticini, prid. non. Jun. MCMXNXVII MARCUS GALDI 


= 
| 


NOTIZIAR:O 


4. — La scienza del linguaggio dice Charles Callet, conservateur- 
adjoint, «non era fino ad oggi che un ipogeo fumoso, il regno del 
capriccio, cell’incoerenza, dell’inesplicabile... o del miracolo; ma da ora 
in poi dovrà essere logica e luminosa » (p. 96). « Diffidiamo » dice altrove 
(p. 14) «dell’immaginazione in linguistica, e sopratutto in paleolingui- 
stica n . 

Il suo libro meraviglioso (Le mystère du langage, les sons primitifs et 
leurs évolutions par C. C., pp. 97, Paris, Maisonneuve 1926) dà la chiave 
del mistero. L’uomo primitivo menglait: meu a dénommé mufle maAchoi- 
re dent mordre tuer manger; l’Atenain sifflait: Sy a déinomméeé dent 
gueule mordre tuer manger; /’%umain grognait: ses grognements r, 
k. gre, gny, ont dénommé dent gueule mordre tuer manger (p. 0). 

Col metodo dell'associazione delle idee applicato integralmente, dai 
concetti di mufle nuichoire dent etc. si ricavano tutti gli altri possibili e 
immaginabili. D'altra parte si faccia un vocabolario unico di tutte le 
lingue umane, dal moskito d'America o dal bamhara sudanese ai patois 
del Forez o di Neuilly-sur-Seine, antiche e moderne, note e ignote (i 
compilatoridel Thesaurus e il prof. R. Schmidt faranno bene a tener conto 
dei nuovi vocaboli latini e sanscriti citati dall’A.); e se un qualunque 
lettore di media intelligenza non trova centinaia di parole che significhino 
qualunque cosa, pur cominciando tutte, ad esempio, con s, si dovrà 


proprio concludere che la logica e la buona fede non sono di questo 
mondo {GBP}. 


5. — A proposito del testo del De docta ignorantia del Cu- 
sano. — Tanto nella nostra edizione critica del De docta ignorantia di 
Nicolò Cusano (Bari, Laterza, 1913), quanto nella nostra traduzione 
recentemente pubblicata di tale opera (Milano, Edizione Athena, 1927) 
abbiamo lasciate insolute tre questioncelle riguardanti alcuni riferimenti 
ad autori antichi che si trovano nell’opera maggiore del Cusano. 

Due di esse sono ormai risolte: anzitutto il passo di Virgilio ci- 
tato a pag. 114 (lib. II, cap. XII del testo latino (edizione Laterza) 
sì trova in Georgiche IV, 226 ... luc (cioè in mentem divinam) reddi 
deinde ac resoluta veferri omnia nec MORTI ESSE LOCUM, sed tiva vo- 
lare sideris in numerum atque alto succedere caelo. 

Il Valerio poi di cui si parla a pag. 60 (lib. I, cap. NXV) è un 
Valerius Soranus (per il che è probabile che nel testo si debba leg- 
gere Soranus, invece di Romanus), citato da Varrone nel Curio de cultu 
deorum, i cui frammenti furono editi da L. KRAHNER Varronis Curio 
de cultu deorum, Friedland, 1851. 

Il frammento, che interessa al caso, è riportato da S. Agostino, 
De civitate Dei, VII, 9: Ergo et Jovem, ut Deus sit et mavrimus rev 
deorum, non alium possunt evistimare quam mundum, ut diis ceteris 
secundum istos suis partibus vegnet. In hanc sententiam etiam quosdam 
versus Valerit Sorani exponit idem Varro in eo libro, quem, seorsum ab 
istis, de cultu deorum scripsit, qui versus hi sunt: 

Iuppiter omnipotens resum rerumque deumque. 

Progenilor genetrivque deum, deus unus et omnes. 

Dato un tale riferimento ci pare accettabile la correzione che ci 
ha proposto il chiarissimo Prof. G. B. Pighi che per la sua ben nota com- 
petenza in fatto di letterature classiche avevamo interessato alla so- 
luzione delle questioncelle di cui si parla. 

Si tratterebbe di mettere un punto e virgola dopo genetricemque 
Deum, quale si trova nell’edizione critica del De docta iguorantia (pag. 


= (01 — 


NOTIZIARIO 


Go, riga 15), c leggere in seguito unde dicebant. (con plurale im- 

proio come due righe sotto a:tebant): infatti non appare da 
. Agostino che Valerio Sorano parlasse anche di Cupido filia Ve- 

neris, e d'altra parte la nozione che Cupido (maschile e femminile) 

era prole di Venere appartiene alla mitologia spicciola e corrente, nè 

occorreva che il Cusano lo confermasse con l’autorità di un antico 
eta. 

Resta la terza questione, quella che riguarda il nome Minar di 
cui si parla al principio del capitolo VII del libro I del De docta igno- 
rantia (pag. 14). 

Tale nome era in tutte le edizioni a stampa del Cusano, senza 
che alcuno mai sapesse a chi mai esso potesse riferirsi. 

Il mistero ha cominciato a schiarirsi, per lo meno, nella sua parvenza 
esteriore, quando in un manoscritto del De docta ignorantia, che si trova 
nell’Hof-und Staatsbibliothek di Monaco (clm. 18711) — si tratta di 
un codice prezioso, perchè venuto da quel commento di Tegernsee col 
quale il cardinale di Cusa ebbe strette relazioni letterarie — al posto di 
Minar si legge M. Vary. il che vuol dire Varrone; identificazione que- 
sta che è giustificata anche da un altro codice di Monaco (clm. 14213), 
in cui si legge Marcum Varrum. 

La questione ora è il vedere a che opera si può riferire quanto 
il Cusano afferma aver scritto Varrone intorno al popolo dei Sissenni: 
i quali avrebbero adorato espressamente Dio come Unità. 

Il Nostro dice che cìò si trova în libris antiquitatum: egli è che 
in tutti i frammenti di tale opera di Varrone un riferimento ai Sis- 
senni (del tutto a noi sconosciuti come popolo a sè) non si trova. 

Si può sperare che la sagacia del Prof. G. B. FIgla riesca a ri- 
solvere anche una tale questione. 


PaoLo ROTTA 


| 6. — Pompei e i Cristiani. — Segnalo un articolo del Newbold 
in Am. Journ. of Arch. (XXX, 1926, p. 288 e seg.), sul quale ha già 
richiamato l’attenzione del pubblico anche l’amico prof. Matteo Della 
Corte in un articolo della Tribuna (15 marzo 1927); si tratterebbe 
nientemeno che della risoluzione di un problema che da decenni af- 
fatica invano gli studiosi di Pompei: ebbe o non ebbe Pompei, di- 
strutta dall’eruzione nel 79, una predicazione cristiana? oppure il Verbo 
nuovo che già aveva guadagnato Roma ed era penetrato anche nella 
Campania rimase lontano dalle sue vie e dalle sue case, mentre stava 
per cadervi la maledizione divina? 

Tracce dell’esistenza di elementi ebraici nella città già erano noti; 
famoso fra tutti il dipinto detto il Giudizio di Salomone, considerato 
come una caricatura del noto racconto biblico fatta in dispregio degli 
Ebrei. Sono tracce non meno esplicite quelle lasciate nella epigrafia 
dalle parecchie Mariae e da una Martha che si leggono in graffiti e in 
pitture, e da un /udaicus e da un M. Valerius Abinnericus produttore 
di vini. E la muria casta o il garium salsum che sono salse estratte 
da pesci, attestano forse la presenza di Ebrei, che ne usavano come 
cibo o condimento nella Quaresima. Nel 1862 scavandosi un hospitium 
nella regione VZ/ si scopriva un'iscrizione tracciata a carbone in cin- 
que linee di cui nulla si intendeva per l’oscurità di un linguaggio che 
pareva ignoto, tranne la parola Christianos. 

Ora la novità consiste in questo che il prof. Newbold suppone 
che nella epigrate finora oscura sia semplicemente da leggere dell’ara- 
maico trascritto in lettere latine: e così traduce: « E’ un vero squili- 
brio mentale quello che ha preso il nostro A .... Da quando égli si è 


— 602 «-—_ 


NOTIZIARIO 


cacciato in mezzo ai Cristiani, che finiscono per incantare e far pri- 
gioniero l’uomo, è diventato il ludibrio del popolo ». 

Alla interpretazione del Newbold il Della Corte fa seguire altre 
considerazioni su iscrizioni oscure, usando dell’arte di leggere e di inter- 
pretare i graffiti e le iscrizioni Pompeiane di cui egli ormai si è creato 
una specialità indiscussa. A smorzare alquanto i nostri entusiasmi egli 

rò mi scrive che recentemente il Levi Della Vida, da lui interpel- 
ato, si è mostrato molto scettico circa i metodi critici del Newbold, il 
che minaccia di rimettere di nuovo la questione al punto di partenza. 
L’avvenire in ogni modo dirà definitivamente, se siamo dinanzi ad 
una scoperta o ad una mistificazione. 

Colgo l’occasione, dacchè il discorso è caduto su Pompei e gli 
studî pompeiani, per dire che proprio in questi ultimi tempi è uscito 
un intiero fascicolo di Notizie degli scavi, in cui il Majuri e il Della 
Corte rendono di pubblica ragione i risultati di parecchi scavi com- 
piuti recentemente. Ce ne compiacciamo assai, ma anche ci domandiamo 
quando potremo vedere la relazione completa di certe' altre parti di 
scavi precedenti che non troviamo ancora nelle pagine ora edite; al- 
ludo p. es. alle pitture della casa del criptoportico, alla casa dell’ore- 
fice, ecc. L’augurio nostro è che tali relazioni siano rese al più presto 
di pubblica ragione; e il Maiuri e il Della Corte sanno che noi pos- 
siamo loro chiedere di accontentarci, senza che ciò suoni rimprovero 
alla loro attività esemplare, anzi appunto perchè l'abbiamo sperimen- 
tata. 


ARISTIDE CALDERINI 


7 — L’esplorazione di una fortezza dei Crociati in Pale- 
stina. — La seconda parte del Bulletin of the Metropolitan Museum 
of Art, di Nuova York, edito nel settembre scorso, reca una relazione 
stesa da Bashford Dean sopra gli scavi fatti dal Museo stesso nel 1926 
a Kal' at el Kurein nella fortezza di Montfort. Rimasto intatto dopo 
il sec. XIII. quasi come l’avevano lasciato i vincitori; esso aveva 
il vantaggio di essere lontano da centri abitati, sicchè più facilmente 
si sottrasse alle depredazioni alle quali vanno soggette le rovine, quando 
possono fornire facile esca al comodo o al guadagno dei posteri lontani. 

Era un castello di circa 28 m. d’altezza, di circa 25 m. di lar- 
ghezza e di più di 100 m. di lunghezza. Il circuito era, comprese le 
torri, di circa 450 metri. Il luogo doveva essere stato fortificato già 
da età preistorica, poi nell’età regia e nell'età romana; i Franchi vi 
si asseragliarono nel XIII secolo; i signori di Monfort dovettero te- 
nerlo in possesso fino al 1229 anno in cui passò a Ermanno de Salza 
Gran Mastro dell’ordine Teutonico. — Venuto così in possesso del- 
l'ordine ospitaliero fu riattato e si iniziò il periodo più lieto della sua 
storia. Ma ben presto nel 12660 fu assediato dal sultano Melek ed 
Dhahir Bìbars; nel 1271 capitolò nelle mani dei Saraceni e il sultano 
diede ordine che fosse demolito. — Gli scavi furono diretti da un 
competente W. L. Calver e compiuti con sorprendente rapidità in un 
sol mese. 

Il luogo è a mezza strada fra Acri e Tiro e a circa 9 km. dal 
mare, e ‘si presenta come un'’acropoli, ai piedi della quale una via an- 
tica portava i pellegrini al lago di Galilea. 

Lo scavo permise di identificare la cappella del castello, e varie 
camere fra una grande muraglia ad ovest e la cappella. — Si trova- 
rono pure le sedi dei soldati addetti alla difesa, e fra l’altro la ca- 
mera di riparazione delle armi. — Interessanti furono pure le scolture 
trovate, di cui sono date nella pubblicazione anche numerose illustrazioni. 


— 603 — 


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NOTIZIARIO 


Un numero incalcolabile e notevole di oggetti hanno pure dato 
gli scavi al museo di Nuova York e a quello di Acri. 

Noto pietre scolpite di vario genere, tra le quali notevole 
un grande vaso da vino di origine Romana, con sculture di Gani- 
mede e Sileno usato ad uso di fontana o fonte battesimale o ricetta- 
colo d’acqua Santa: vasi copiosissimi in ogni parte tra cui molte lam- 
pade, anche di vetro; ma la parte più interessante furono le armi, 
tra cui tutta un’intiera armatura, elmetto, frecce, lame, palle d’ar- 
tiglieria; vetri anche dipinti, tessuti, monete. 

Concludendo: l’importanza dello scavo è data dalla ricerca siste- 
matica di oggetti del secolo XIIl che furono prima d’ora trascurati, 
tanto che mancavano nei musei di Palestina. Gli oggetti qui scavati 
dunque sono tra i più antichi e i meglio conservati del genere e giu- 
stificherebbero già per se stessi le spese e il disagio di una tale 
esplorazione. 

Ma i mezzi di cui dispongono i musei di America lasciano sperare 
che queste non saranno che le prime avvisaglie di una campagna an- 
che più intensa e proficua. Il che auguriamo che sia. 

A. C. 


le 


8. — Il Congresso geografico di Milano — Dal 6 al 10 set- 
tembre si è tenuto in Milano il X Congresso Geografico Nazionale. 

Quando, il 29 aprile 1924, si chiudeva in Genova, a bordo del 
« Giulio Cesare » della Navigazione Generale Italiana, il IX Congresso, 
inaugurato sette giorni prima, a Palazzo San Giorgio, da Giovanni 
Gentile, Ministro dell'Istruzione, Giuseppe Ricchieri leggeva una let- 
tera del Senatore Luigi Mangiagalli, Sindaco di Milano, nella quale si 
dichiarava che la metropoli lombarda era pronta ad accogliere il nuovo 
Congresso. La proposta fu accolta all'unanimità, dopo che fu espresso 
il voto che figurasse, al più presto, la città di Fiume, nella serie dei Con- 
vegni ordinati periodicamente di tre in tre anni, sotto l’alta vigilanza 
del Comitato Geografico Italiano, organo dell’« Union Géographique 
Internationale ». E nessuna scelta poteva essere più opportuna di quella 
di Milano, per tutta una serie di ragioni e soprattutto perchè Milano è 
sede del Touring Club Italiano, la grande associazione a cui tanto deve, 
e dovrà, la propaganda per una cultura geografica nazionale degna delle 
tradizioni e dell'avvenire del Paese. L’ordinamento d’un Congresso 
geografico nazionale, che raccoglie e coordina forze diverse, dei vari 
campi della scienza e della politica, dell'industria e del commercio, 
esige, fra altro, una preparazione larghissima, tutto un congegno di 
norme e di pratiche che non si può facilmente improvvisare; e questo 
compito fu assolto, nel modo migliore, dal Touring. 

La morte di Luigi Vittorio Bertarelli, Presidente del Touring, e 
di Giuseppe Ricchieri, professore di geografia alla R. Università di Mi- 
lano, creò difficoltà non lievi al Comitato ordinatore. Ma le difficoltà 
poterono essere prontamente superate, dopochè S. E. il Generale Se- 
natore Conte Carlo Porro di Santa Maria della Bicocca, dichiarò di ac- 
cettare l’onere della preparazione dei lavori. FE l’esito favorevolissimo 
del X Congresso è dovuto essenzialmente all'autorità e all’attività il- 
luminata di questo soldato che, diciassette anni prima di assumere il 
cOmpito gravissimo di Sotto-Capo di Stato Maggiore, nella grande guerra, 
a fianco di Luigi Cadorna, aveva licenziato alle stampe, quando ancora 
dettava lezioni indimenticate alla Scuola di guerra di Torino, quel suo 
trattato di Geografia militare il quale figura tuttora degnamente ac- 
canto alla migliore produzione estera sull'argomento. Ma l’opera di 
Carlo Porro non avrebbe potuto svolgersi pienamente senza la coope- 


— 604 — 


NOTIZIARIO 


razione assklua di Giovanni Bognetti, Presidente del Touring, e senza 
il concorso vigile e pronto del Segretario Luigi Rusca. 

Inaugurato il Congresso dal discorso solenne di S. E. Luigi Fe- 
derzoni, Ministro delle Colonie, e da quello di Carlo Porro che trattò, 
davanti a due grandi carte murali, delle cause geografiche della gran- 
dezza di Milano, i lavori si sv olsero tutti nel palazzo dell’Università 
Commerciale Luigi Bocconi: quelli delle singole sezioni (Fisica e tecnica; 
Storica; Sociologica ed economica; Coloniale; Didattica) in adunanze 
antimeridiane; quelli a sezioni riunite nel pomeriggio. Fu così possibile 
a tutti i congressisti ascoltare la viva descrizione del viaggio nel Congo 
belga di S. A. R. il Principe Amedeo di Savoia-Aosta, Duca delle Pu-. 
glie, che già aveva rappresentato S, M. il Re alla seduta inaugurale, 
in cui l'onorevole Ernesto Belloni porse il saluto di Milano, il profes- 
sore Bognetti quello del Touring, il comandante Roncagli quello del 
Governatore di Roma, l’onorevole generale Nicola Vacchelli quello del 
Comitato Geografico Italiano. 


E, ugualmente nelle sedute pomeridiane, Luigi Federzoni lumeggiò 
l'opera degli italiani nella conoscenza delle terre africane, Giovanni 
Bognetti disse dell'opera del Touring nell'ultimo triennio, presentando 
la prima copia dell'Atlante internazionale del Touring Club Italiano — 
uno dei maggiori successi del Congresso, dovuto essenzialmente all'opera 
di Luigi Vittorio Bertarelli e Olinto Marinelli, falciati dalla morte sul 
loro tavolo di lavoro, e a quella del cartografo Corbellini. Di particolare 
interesse furono le relazione di Nicola Vacchelli, Direttore dell’Istituto 
Geografico Militare e Presidente  dell’« Union  Geographique Inter- 
nationale » sui rilievi topografici relativi alle Terre redente e, di 
S. E. Corrado Zoli sulla vallata del Giuba (ove possono essere messi in 
valore, particolarmente per la produzione del cotone, 120.000 ettari 
di terreno). Questa richiama al nostro pensiero le monografie  geogra- 
fiche sulla Somalia opportunamente edite, auspice S. E. De Vecchi 
di Val Cismòn, Governatore, e la recente monografia dell'Omodei sulle 
condizioni climatiche della Somalia italiana, che mette in tutto rilievo 
l’importanza scientifica ed economica dell'opera di S. A. R. Luigi Amedeo 
di Savoia, Duca degli Abruzzi, nel bacino dell'Uebi Scebeli. Ed ecco, 
colla relazione di Ardito Desio sulla missione della R. Società Geogra- 
fica all'oasi di Giarabùb, quelle di Angelo Rampazzi sul contributo del 
Servizio idrografico alla conoscenza geografica d'Italia e di Ugo Giusti 
— autore di una pregevolissima monografia demografica intorno alle 
principali città italiane — sul censimento generale della. popolazione 
in relazione ai « desiderata » dei congressi geografici, e l'ampia relazio- 
ne, distribuita a tutti 1 congressisti, di Sileno l'abbri sulla circoscrizione 
politico-amministrativa in Italia. 

Come fu ricordato, alla vigilia del convegno, da un grande giornale 
milanese, in uno scritto che diede ampio conto degli Atti del LAN Con- 
gresso Geografico Italiano (3 voll. in-4% gr., con numerose carte, tavole, 
incisioni. Publ. a cura del Segretario generale, prof. Giuseppe Rosso - 
Genova,Stabilimenti Italiani Arti Grafiche, 1025-27), il Congresso di 
Milano continua, e in parte integra, i lavori dei precedenti Congressi 
(Genova, 1024; Firenze, 1921). ll problema delle circoscrizioni. pro- 
vinciali e comunali, che esige lo studio approfondito delle condizioni 
geografiche, le quali possono dirsi immanenti rispetto a sistemi d'in- 
teressi e ad aspirazioni transeunti, fu, infatti, già lumeggiato, a Ge- 
nova, da Olinto Marinelli, in un'ampia e densa relazione, che conte- 
neva i debiti riferimenti alla questione dei limiti, nel tempo, delle varie 
regioni italiane. Alcune considerazioni, relative ai limiti della provincia 
di Genova, svolte allora nella comunicazione dell'ingegnere Bernero, 
suggerirono opportune moditiche, e furono tenute presenti, in uno prov- 


— bio — 


NOTIZIARIO 


vedimento recente. Ed è da augurarsi che la relazione Fabbri, a Mi- 
lano, alla quale servon di sussidio prezioso le carte al centomila su cui 
l’Istituto Geografico Militare ha segnato, recentemente, il confine dei 
Comuni, abbia l’effetto pratico desiderato, oltrechè dai geografi, da 
quanti hanno chiara coscienza dell'importanza che le condizioni del 
suolo hanno nella vita amministrativa del Paese. 

Dell’Atlante fisico-economico d’Italia già aveva trattato Renato Bia- ‘ 
sutti a Firenze, sei anni or sono; così già altra volta fu detto della Carta 
del mondo al milionesimo, deliberata dalla Conferenza internazionale di 
Parigi del 1913 (relazione Attilio Mori-Nicola Vacchelli). E la conti- 
nuità degli studi, di convegno in convegno, è tale che al prossimo 
Congresso Geografico Internazionale, il quale si adunerà a Cambridge 
nel luglio del 1928, potranno essere presentati quasi tutti i fogli della 
regione italiana (mancherà il solo foglio dell’Italia di NE: Venezia, non 
ancora pronto); mentre speciali segni convenzionali già sono stati pro- 
posti dall’Italia per quanto concerne aerodromi, autostrade, passi mon- 
tani. Nuove riuscirono la relazione che S. E. l’on. Giuseppe de’ Ca- 
pitani d’Arzago volle intitolata Sintesi geografica del problema agricolo 
italiano e quella del dottor Filippo De Filippi, sui lavori della Commis- 
sione per lo studio geografico della Palestina (denominazione che do- 
vrebbe sostituirsi, definitivamente, a quella esotica, di « Fondo geo- 
grafico » adottata nel 1925). Verrà creato in Italia un Istituto perma- 
nente per lo studio della Palestina, che avrà a Gerusalemme una sede 
e sarà un vero e proprio centro di ricerche, una base per missioni scien- 
tifiche, a cui l’attiva cooperazione del nostro Console Generale, onore- 
vole Orazio Pedrazzi, assicura l’avvenire degno del contributo larghis- 
simo che gli italiani hanno portato alla corologia e alla cartografia di 
Terra Santa. La missione italiana, che partirà prossimamente, attenderà 
al rilievo topografico del Mar Morto, con sussidio di livellazioni di pre- 
cisione, ricerche limnologiche e, soprattutto, morfologiche e geologiche, 
destinate a illustrare la genesi della depressione del Mar Morto e della 


Fossa del Giordano, e le possibili relazioni con le fosse africane studiate 
dal Suss. 


«*a 

Numerose le comunicazioni al X Congresso, non rare le relazioni, 
discusse nelle adunanze antimeridiane; e alcune, come quelle di Giorgio 
Ghigi sull'opera dell’Italia a Rodi, di Luigi Gramatica sugli oggetti e 
compiti della geografia ecclesiastica, di Luigi Foscolo Benedetto sul- 
l’opera e la figura di Marco Polo alla luce di nuovi manoscritti, di Vit- 
torio Emanuele Arnaboldi sugli sbocchi marittimi della Valle padana 
— zona di gravitazione del traffico dell'Europa centrale — avrebbero 
trovato sede più opportuna davanti alle Sezioni riunite, se la legge ine- 
sorabile del tempo lo avesse permesso. 

Nella Sezione I (Fisica e tecnica) furono trattate, successivamente, 
questioni attinenti al regime pluviometrico e a condizioni idrografiche 
(Filippo Eredia, Giulio De Marchi, Mario Giandotti, Rosario Sirchia, 
Manfredo Vanni), a insediamenti umani (Roberto Biasutti, Roberto Al- 
magià, Mario Longhena, Giuseppe Rosso, Narciso Cettineo) e alle re- 
lazioni fra elemento folcloristico e ambiente geografico (Gina Algra- 
nati), alla cartografia, al paesaggio, alla morfologia dei ghiacciai (Carlo 
Porro, Mario Giandotti, Federico Sacco, Giuseppe Nangeroni), alle re- 
lazioni fra aeronautica e condizioni geografiche (Giulio Costanzi), alla 
cartografia aerea (Mario Baldini), a paesaggi di erosione e a fenomeni 
carsici (Umberto Toschi, Carmelo Colamònico, Eugenio Boegan). 

I lavori della Sezione 1I (Storica) furono iniziati da RoBERTO AL- 


— 606 — 


NOTIZIARIO 


MAGIA che rilevò come in questa Sezione potevano essere finalmente 
presentate opere compiute, come il libro su Marco Polo, o avviate a 
prossimo compimento come il « Corpus » di carte medioevali e moderne 
d’Italia (dello stesso Almagià) e il Catalogo dei manoscritti ambrosiani 
di contenuto geografico, che traduce in atto un voto antico dei Con- 
gressi Nazionali, cioè la raccolta dei materiali inediti, e in parte scono- 
sciuti, delle Biblioteche e degli Archivi d’Italia. Seguirono comunica- 
zioni sulla carta archeologica d’Italia (Niccola Vacchelli), sulla carta 
della Nazionale di Parigi che Charles de la Ronciére credette di attri- 
buire a Colombo, fissandone la composizione al periodo 1488-92 (G. Ca- 
raci), sulla cartogratia della Valle del Tànaro (Giuseppe Rosso), sulle 
variazioni, in età storica, del litorale toscano fra Arno e Magra (An- 
tonio Renato Toniolo), sulla carta trecentesca dei Pizzigano conser- 
vata alla Palatina di Parma, sulle carte (Garda; regione danubiana) 
di Luigi Ferdinando Marsili, bolognese, fondatore dell’occanografia 
(Mario Longhena), sui cimelii geografici dell’Ambrosiana, e della Brai- 
dense (Paolo Revelli) e su quelli della Trivulziana (Alessandro Giulini) 
Fu quindi letta, tra la più viva attenzione, la relazione di Monsignor 
Luigi Gramatica sull'oggetto e sui compiti della geografia ecclesiastica 
che studia i rapporti tra la superficie terrestre e la costituzione, la di- 
latazione e l’organizzazione della società religiosa. Opportunamente il 
relatore osserva: « 1 riflessi che la storia della Chiesa ha proiettato nel 
campo della geografia non sono sfuggiti a chi si è occupato seriamente 
di geografia storica; mentre invece non si sviluppa ora, nel campo della 
geografia, quanto si riferisce alle condizioni attuali della Chiesa ». Con 
plauso unanime fu salutata questa relazione, dove si propone che i 
compilatori di carte geografiche tengano conto del contributo recato 
da recenti annuari ecclesiastici, e che tutti coloro che si occupano di 
geografia pratica diano posto conveniente (nei testi scolastici, negli 
atlanti e nei dizionari, nelle carte e nelle enciclopedie geografiche) alla 
geografia ecclesiastica, onde non abbiano a verificarsi lacune in quelle 
stesse cognizioni che interessano la nostra vita pratica. 


Dopo una breve discussione, in cui fu rilevata l'importanza che nella 
diffusione della cultura geografica ha avuto la Mostra missionaria va- 
ticana del 1925 e il largo favore concesso agli studi geografici da S. S. 
Pio XI, fu deliberato, all'unanimità, l'invio a S. E. il Cardinale Ga- 
sparri di un telegramma d’omaggio al Santo Padre. E al telegramma, 
che ricordava anche il contributo prezioso portato dal Sacerdote Achille 
Ratti ai lavori della Sezione Storica del IV Congresso, adunato nel 1901 
in Milano, con lo studio sulle due più antiche piante della grande città 
lombarda, giunse la risposta augusta che Carlo Porro lesse, tra vive 
acclamazioni, nella seduta di chiusura. La Sezione storica, come ebbe 
a rilevare il suo Presidente, Carlo Lagomaggiore, ha portato al Con- 
gresso il risultato di studi ampi, approfonditi. Presentato il suo lavoro 
su Marco Polo, il prof. Luigi Foscolo Benedetto, che trovò in varie bi- 
blioteche d’Europa una sessantina di codici, oltre a quelli (circa 80) 
gia noti pei lavori dello Yule e del Cordier, ha chiarito come, all’edi- 
zione critica del testo, abbia giovato particolarmente un manoscritto 
ambrosiano (copia tarda, ma indubbiamente esatta di un antico codice 
trasmigrato nella Spagna, e probabilmente perduto) che ci ha conser- 
vato, nella versione latina, elementi preziosi per la ricostruzione del 
primitivo testo francese, il quale dovette essere assai diverso da quello 
conservatoci dal noto codice della Nazionale dì Parigi. A questa comu- 
nicazione ne seguirono altre sul viaggio di un anonimo italiano, che 
raccolse iscrizioni nell'Egitto Superiore e in Nubia alle fine del Cin- 
quecento (G. Caraci), sull'opera geografica di Giulio Aleni, missionario 
in Cina nel Seicento (Giovanni Vacca), su quella del missionario mila- 


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NOTIZIARIO 


nese Samuele Mazzucchelli nel Nord-America (sec. XIX), al cui nome 
dovrebbe essere intitolata una via di Milano (Angela Codazzi), e sul 
valtellinese Lorenzo Boturini (Boterini?) Benaducci, a cui tanto de- 
vono gli studi americanistici (G. V. Callegari). Nella stessa Sezione 
S. E. il generale Enrico De Chaurand riferì sulla raccolta del materiale 
toponomastico italiano, Michele Gortani sulla toponomastica delle Terre 
redente, Sara Baroni Zanetti sui termini dialettali geografici dell'Emilia, 
Luigi Pio Marini su una singolare corporazione per il commercio alpino 
nel Ducato d’Aosta. E furono lette le comunicazioni di Luigi Negri 
sul valore territoriale del nome Lombardia nel medioevo, e di Paolo 
Revelli sulla prima descrizione moderna dell'Egeo: l'Insularium Ar- 
chipelagi dettato da Cristoforo Buondelmonti intorno al 1422, di cui 
vedrà prossimamente la luce una versione quattrocentesca, nella grande 
raccolta illustrata « Viaggi e scoperte di navigatori ed esploratori ita- 
liani » iniziata coraggiosamente dalla Casa Editrice « Alpes » di Milano. 

Nella Sezione III (Sociologica ed economica) furono trattati argomenti 
d’interesse generale (problema delle acque, problema forestale, pro- 
blema dei combustibili, problema granario, problema delle bonifiche) 
e fu studiato, fra altro, col problema d’un’idrovia Po-Adriatico-Danubio- 
Mar Nero, quello della penetrazione economica italiana nella penisola 
balcanica e in Romania. Fu indagata la funzione dei porti di Zara e 
di Spàlato e discussa l’utilizzazione delle risorse termiche; si trattò 
delle direttive geografiche di una rete di autostrade, del movimento 
turistico in Italia, delle fiere campionarie, del numero degli italiani in 
Francia e nell'America latina. 


Nella Sezione IV (Coloniale) si trattò delle condizioni climatolo- 
giche e agrarie della Tripolitania, dell'attività dell'Ufficio Propaganda 
e studi della Cirenaica, dei progressi recenti della conoscenza geografica 
dell'Albania, del servizio cartografico e dei viaggi aerei di esplorazione 
coloniale; e fu opportunamente proposta dallo Stefanini la creazione 
d’un Atlante delle nostre Colonie. 


Nella Sezione V (Didattica) Piero Gribaudi disse della geografia 
nelle Scuole dipendenti dal Ministero dell’Ec. Naz., Roberto Almagià 
e Renato Biasutti riferirono sulla geografia nella nuova Enciclopedia 
Italiana pubblicata dall'Istituto Treccani; Antonio Renato Toniolo sulle 
escursioni interuniversitarie promosse dal Comitato Geografico Ita- 
liano e sull’« Archivio e Atlante del paesaggio italiano », Albano Sor- 
belli sulla schedatura delle carte geografiche. Ma il problema centrale 
fu quello delle condizioni dell'insegnamento geografico nelle scuole medie 
e superiori dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione, intorno 
a cui riferì lucidamente l’Errera, anche davanti alle Sezioni riunite. 
Crebbe importanza alle discussioni la presenza di Leonardo Severi, 
Direttore Generale dell'Istruzione media, il quale annunciò che si farà 
l'esperimento di aflidare, in qualche Istituto medio, l’insegnamento della 
geografia a un insegnante speciale (come già avveniva un tempo, con 
risultati eccellenti, nei maggiori nostri Istituti Tecnici). Dopo lungo 
dibattito a cui parteciparono tutti i professori universitari presenti ‘al 
Convegno (tra cui, oltre quelli già ricordati: G. L. Bertolini, Luigi De 
Marchi, F. S. Giardina, Stefano Grande, Goffredo Jaja, Arrigo Lo- 
renzi, Assunto Mori), la Sezione, presieduta da Cosimo Bertacchi, ap- 
provò un lungo e chiaro ordine del giorno, nel quale sono precisati i 
provvedimenti che potranno dare alla Geografia il posto dovutole, per 
il migliore avvenire del Paese, nella scuola italiana. 

Certamente una delle difficoltà maggiori da superare per raggiun- 
gere tale scopo è quella della preparazione degli insegnanti, poiché nes- 
suna l'acoltà universitaria prepara, da sola il geograto. Evidentemente, 
non è sufticiente la sola Facoltà di scienze, non solo perchè sono ecce- 


NOTIZIARIO 


‘zioni le Università Italiane con la cattedra di geografia fisica (Napoli 
.@e Padova; Genova, Roma, Torino), ma anche perchè la geografia fi- 
sica non è che un ramo, sia pure basilare, della Geografia, la quale non 
può astrarre, se vuole essere completa, se vuole indagare le relazioni fra 
le condizioni del suolo e la vita dei gruppi umani, da indagini storiche, 
linguistiche, demografiche e sociologiche che presuppongono una cul- 
tura diversa dalla naturalistica. Perciò il problema della preparazione 
degli insegnanti di geografia sarà pienamente risolto quando si com- 
prenderà la necessità di spianare le vie alle scuole speciali di Geogra- 
fia, analoghe a quelle annesse, da recenti decreti, alle R. Università di 
Roma e di Genova. 


* 
“* * 


Varie dunque, e di molteplice interesse, furono le trattazioni al 
Xx Congresso, ma complemento necessario apparvero anche le escursioni 
geografiche nella regione del Lario, in Val d'Ossola e nella Bassa Lom- 
bardia. E decoroso ornamento furono le sei mostre, ordinate con lar- 
ghezza di criterii, tenendo presenti le necessità di evitare le interferenze, 
così facili in un campo di studi che ha fra i suoi oggetti specifici la con- 
nessione dei fenomeni terrestri d'ordine fisico e umano. La mostra geo- 
grafica dell’Ambrosiana contò 20 strumenti (astrolabii, quadranti), un 
centinaio di manoscritti (sec. VII-XVI) e pochissime stampe (ordina- 
tori: Monsignor Giovanni Galbiati e Prof. Paolo Revelli, col concorso 
di Agostino Zanon, laureando presso l’Università Cattolica del S. Cuore 
in Milano); quella della Braidense contò Io manoscritti, Go stampe, 
(fra cui la serie quasi completa delle edizioni di Tolomeo dal 1480 al 
1548) e le 5 grandi tavole in rame della carta della Lombardia costruita 
alla fine del Settecento dagli astronomi di Brera, posseduta dall’Osser- 
vatorio Braidense (ordinatori: Conte Tomaso Gnoli, Domenico Bassi, 
Paolo Revelli). E il carattere di queste due Mostre risultò diversissimo 
da quelio della Mostra cartografica delle stampe a Palazzo Sforzesco, 
di fondamentale importanza per la storia della rappresentazione car- 
tografica, a stampa, della regione italiana (Collezione Bertarelli: or- 
dinatori Achille Bertarelli e Paolo Arrigoni). Quanto alla mostra del- 
l'espansione italiana all’estero, essa fu costituita col concorso di Enti 
statali (Presidenza del Consiglio, Direzione Generale Italiani all'Estero, 
Scuole italiane all’estero, Istituto Idrografico della R. Marina (Genova), 
Marina mercantile, Sanità Pubblica, Genio Aeronautico, Poste e Te- 
legrafi, Belle Arti, Commercio e politica economica) e di Enti privati 
(Camere di Commercio, Case commerciali, Compagnie di Navigazione, 
Istituti di credito). Ordinata presso la Camera di Commercio di Milano, 
per le assidue cure dell’ingegnere Carlo Tarlarini, R. Commissario, è 
riuscita tale da consentire al visitatore « di passare in rassegna le forze 
produttive dell’Italia ». La mostra fotografica del paesaggio (ordina- 
tori: D. Rosetti; G. Laeng) contò un numero limitato di espositori, ma 
un numero molto ragguardevole di eccellenti riproduzioni, le quali do- 
cumentano una verità ormai nota, cioè che la nitida fotografia è ele- 
mento indispensabile alla ricerca geografica. Oltre alle belle fotografie 
del Governatorato di Rodi e delle Isole Egee, dell'Ufficio Idrografico del 
Po, delle R. Grotte demaniali di Postumia e di altri Enti statali, ecco, 
infatti, tipiche riproduzioni dell’Associazione Nazionale per gli interessi 
del Mezzogiorno e del Foto-gruppo torinese del Club Alpino Italiano, 
della Società Alpina delle Giulie, e dell’Associazione per lo sviluppo 
del turismo in Sicilia; ed ecco trecento fotografie dedicate all’« orrida 
Brenva » da un suo studioso appassionato e fedele: Ubaldo Valbusa. 
Anche alla mostra della produzione geografica italiana posteriore al Con- 


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Aevum »- Anno I - 39 


NOTIZIARIO 


gresso di Genova (1924) non mancarono: importanti concorsi di Enti 
statali (Istituto Geografico Militare, Ufficio Geologico, Touring Club 
Italiano, Ufficio Idrografico del Po, Magistrato alle acque, Comando 
della milizia forestale); ma fu realmente scarso il concorso degli editori, 
se anche non mancarono all’appello G. B. Paravia, l’Istituto Italia- 
no d’Arti Grafiche, di Bergamo, Ulrico Hoepli e Antonio Vallardi. 

Numerosi i doni offerti, unitamente all'’ampio programma dei la- 
vori e al distintivo, di vero e proprio pregio artistico (dono di Federico 
Johnson); tra essi Un trattato geografico-politico di Giuseppe Moleti edito 
in questa stessa « Rassegna ». 

Il X Congresso Geografico Italiano, che ebbe a suo Patrono d’onore 
S. M. Vittorio Emanuele III, re d’Italia, a Presidente d’onore S. E. 
Benito Mussolini, Capo del Governo, risultò effettivamente un'alta 
affermazione di scienza e d’italianità: ebbe tra i suoi meriti quello di 
dimostrare alla generalità che non vi è scienza che, più della geografia, 
sia unita da vincoli molteplici alle manifestazioni della vita economica 
sociale e politica. Continuando e integrando l’opera del convegno mi- 
lanese del 1923 presieduto da Carlo Porro, assertore della necessità so- 
ciale dell'indirizzo umanistico negli studi geografici, e del Congresso 
Nazionale di Genova ove Giovanni Gentile, Ministro dell’Istruzione, 
lumeggiò, con mente di filosofo e di uomo politico, la complessa funzione 
della Geografia nella vita della Nazione, il Convegno del 1927 ha dimo- 
strato che il progresso degli studi nei varî campi della Geografia e la 
intensificazione dell’insegnamento geografico (affidato a insegnanti con- 
venientemente preparati) nei varî ordini di scuole sono presupposti 
necessari per un avvenire degno delle tradizioni della stirpe italiana, 
non seconda ad altra gente nella storia dell’esplorazione terrestre, a 
cui hanno dato così valida opera i missionari. 

La conoscenza geografica è, al pari della conoscenza linguistica, 
etnologica e sociologica, ‘elemento essenziale, come vide Federico Bor- 
romeo, alla preparazione degli apostoli di Cristo la cui propaganda di 
fede e di civiltà si svolge sotto tutti i climi terrestri. E l’Università 
Cattolica del S. Cuore, ove l’insegnamento geografico è seguìto da tutti 
coloro che aspirano alla laurea in lettere, ove la Geografia è oggetto cì 
un corso di perfezionamento ed ha un suo Seminario, l’Università rap- 
presentata nel Comitato ordinatore, nella Giunta esecutiva (Mons. Gio- 
vanni Galbiati), nel Comitato d’onore (P. Agostino Gemelli, Rettore 
Magnifico), non poteva non partecipare ai lavori del Congresso, salu- 
tato dalla parola benedicente di S. S. Pio XI. 


PaoLOo REVELLI. 


9. — Congresso di linguisti all’Aia nella Primavera 1928. — 
Siamo lieti di pubblicare l’invito al I Congresso internazionale di lingui- 
stica che sì terrà all’Aia dal 10 al 15 aprile 1928. 


M., 

Nous avons l’honneur de vous soumettre le projet d’un Congrès 
International de Linguistes qui aura lieu en Hollande en 1928. Les 
philologues, les orientalistes, les américanistes, d’autres groupes encore, 
depuis longtemps déjà tiennent des assemblées internationales qui leur 
permettent d’échanger de vive voix leurs idées et leur opinions; aux 
linguistes ces occasions d’un contact personnel avec leurs collègues 
font encore défaut. ]usqu’à présent, les questions linguistiques ayant 
un caractère général, n’ont été traitées que d’une faqgon incidentelle 
et fragmentaire dans des congrès de philologues, et, surtout dans les 
dernières années, les linguistes ont senti de plus en plus le besoin de 
réunions consacrées exclusivement à des échanges de vue dans le do- 


— 610 — 


NOTIZIARIO 


maine de leurs études personnelles. La linguistique générale, en effet, 
a étendu ses recherches sur un si vaste champ qu'elle ne peut plus se 
passer de collaboration internationale; il y a notamment toute une série 
de questions pratiques qui ne pourront étre solutionnées que par un 
accord entre chercheurs de tous les pays. Or, comme de récentes expé- 
riences ont montré que la coopération entre les nations, interrompue 
pendant la guerre et actuellement plus nécessaire que jamais à la cul- 
ture mondiale, est redevenue possible, le moment semble propice à 
la réalisation du désir qu’éprouvent les linguistes d’entrer en relations 
avec les travailleurs d’autres pays et de discuter avec eux les problèmes 
auxquels ils s’intéressent. 

La Hollande semble se prèter particulitrement à donner l’hospi- 
talité au premier Congrès International de Linguistes; sa situation 
géographique centrale est la meilleure garantie que cette première ren- 
contre aura un caractère vraiment international. La Haye se recom- 
mande tout spécialement comme siège d’un Congrès; la proximité de 
la plage de Schéveningue, la facilité des communications avec les villes 
universitaires de Leyde, d’Amsterdam et d’Utrecht, et aussi avec le 
port de Rotterdam et avec Haarlem, ville des fleurs, voilà des avantages 
qu’apprécieront sans doute les congressistes. 

Ces considérations et l’encouragement que leur ont donné des col- 
légues éminents de l’étranger, ont amené les soussignés à prendre l’ini- 
tiative qu'on attendait des linguistes hollandais, et ils ont cherché à 
élaborer un programme qui ne fut pas trop indigne de la belle entre- 
prise projetée. Ils ont l’honneur de s’adresser à vous, et ils vous prient 
instamment, dans l’intérét de la science et de la solidarité scientifique 
internationale, de contribuer à la réalisation du Congrès en y adhérant 
et en nous aidant de vos conseils, de vos propositions et de votre autorité. 

Nous vous proposons d’organiser le premier Congrès international 
de Linguistes à la Haye, du 10 au 15 avril 1928. Son Altesse Royale, 
le Prince Henry des Pays Bas a bien voulu prendre le Congrès sous 
Son haut patronage. Leurs Excellences le Ministre des Affaires Etran- 
géres et le Ministre de l’Instruction Publique ont consenti à accepter 
la présidence d’honneur du Congrès. Le Gouvernement a mis à notre 
disposition les salles historiques du Binnenhof. Un comité local de ré- 
ception s’occupera de trouver, pour les membres du Congrès, des logis 
à des prix raisonnables ou, le cas échéant, gratuits; on cherchera à ta- 
ciliter les formalités pour les visa des passeports et à réduire les frais 
de voyage, et le secrétariat veillera, d’une fagon constante, sur tous 
les détails de l’organisation. 

Les langues du Congrès et des rapports seront le franyais, l'anglais 
et l’allemand (1). Dans les réunions de sections on pourra se servir d’au- 
tres langues, pour autant que l’on puorra disposer d’interprétes. 

La cotision est fixée à 10 tlorins pour les membres hollandais, à 
5 florins pour tous les autres. Le membres du Congrès ont le droit d’as- 
sister à toutes les réunions. Les invités seuls ont le droit de vote. 

Les travaux du Congrès consisteront en discussions sur des pro- 
blèmès pratiques et en réunions de sections. Les premières seront consa- 
crées à des problèmes d'une portée générale et d'un caractère pratique, 
portant sur les méthodes les plus appropriées à l'étude des langues vi- 
vantes et, autant que possible, d celle des langues d’autrefois; et nous pen- 
sons aussi bien aux langues culturelles modernes qu'à celles des peu- 
ples primitifs, car, en somme, les langues des grands centres de culture 


(1) Facciamo voti che il Congresso ammetta, come è naturale, fra le lingue 
« ufficiali» anche l'Italiano, 


— 611 — 


NOTIZIARIO 


sont à peine mieux connues que celles des pays lointains. Dans les sections 
on aura l’occasion de faire des communications scientifiques. 

La méthode de travail telle que nous la concevons est la suivante. 
Pour les six sujets de discussions sur des problèmes pratiques et pour 
les subdivisions de ces sujets (voir le programme), on pourra, jusq'au 
Ier novembre 1927 adresser au secrétaire, en quatre exemplaires en 
type-write, des propositions, avec exposé détaillé des motifs. Ces pro- 
positions seront envoyées à des rapporteurs, qui seront invités à envover, 
avant le I. janvier 1928, -au secrétaire (St. Annastraat 17, Nimégue) 
leur rapport motivé. Ensuite, si les frais ne seront pas trop élévés, les 
propositions accompagnées des rapports seront imprimées autant et 
aussitòt que possible et envoyées à tous les membres du Congrès. Ainsi, 
aucune proposition ne sera faite au Congrès, qui n’aura pas été envoyée 
au secretaire avant le 1. novembre 1927 et qui n’aura pas fait l’objet 
d’un rapport préable. C'est, nous semble-t-il, le seul moyen d’arriver, 
pendant les quelques jours que durera le Congrès, à des résultats sa- 
tisfaisants. 

Quant aux sections destina aux communications scientifiques, il 
y en aura cinq: 

1. Indo-européen et domaines apparentés (Europe ancienne, Asie 
antérieure ancienne, Caucase, langue basque). 

2. Langues sémitiques et hamitiques. 

3. Langues ouraliennes et altaiques, langues non-arvennes de 
l’Inde, langues de l’Extrèéme Orient. 

4. Langues de l’Australie, de l’Océanie, de l’Amérique. 

5. Langues de l’Afrique. 

Etant donné que les différentes subdivions de la linguistique, qui 
est bien une science une et indivisible, ne sauraient ètre rigoureuement 
séparées les unes des autres et que, d’ailleurs, pratiquement les recher- 
ches dans chacun de ces domaines aboutissent de plus en plus à une 
linguistique générale, les groupes ont été intentionnellement composés 
de telle sorte que les langues qu’ils comprennent débordent dans une 
certaine mesure les unes sur les autres et que, par suite, plusieurs sujets 
pourront étre traités aussi bien dans une section que dans une autre. 

Les communications, dans les sections, ne devront pas excéder la 
durée de vingt minutes. On est prié de bien vouloir faire part au se- 
crétaire des titres exacts de ces communications scientifiques avant le 
I. janvier 1928. 

C. C. UHLENBECK, président (Berg en Dalscheweg 215, Nijmegen) — 


Jos. SCHRIJNEN, sécretaire (St. Annastraat 17, Nij)megen) — È. 
Tu. BòHL — Jac. VAN HAMEL — PH. S. Van RONKEL — ]J. J. SAL- 


VERDA DE Grave — N. VAN WIJK. 


Il Comitato risulta così costituito: 


PROTETTORE: S. A. R. il Principe Enrico dei Paesi Bassi. 


PRESIDENTI ONORARI: S. Ecc. I. Bcelaerts van Blokland, 
Minìstro degli Affari Esteri e S. Ecc. A. M. Waszink, Ministro del-’ 
l'Istruzione Pubblica. 

PRESIDENTE: C. C. Uhlenbeck, Nimega (Berg en Dalscheweg 251). 

VICE PRESIDENTI: F. Noas, Nuova York — C. Brockelmann, Bresla- 
via — B. Karlgren, Goteborg — P. Rretschmer, Vieana — A. Meillet, 
Parigi — C. Meinhof, Amburgo — ]J. Przvluski, Parigi — V. Schell, 
Parigi — Wilh. Schmidt, Roma — D. Westermann, Berlino. 

SEGRETARIO-TESORIERE: Jos. Schrijnen, a bi Anna- 
straat 17). e US 


012 


NOTIZIARIO 


SEGRETARIO AGGIUNTO: C. Tagliavini, Nimega. 


VICE-SEGRETARI: L. Bloomfield, Columbus (Ohio) — A. Carnoy, 
Lovanio — J. Duyvendak, Leida — A. Klingenheben, Amburgo 
— E. Weidner, Berlino. 


COMITATO D'ONORE: Ch Bally, Ginevra; ]. Baudouin de Courtenay, 
Varsavia; A. Belitch, Belgrado; F. Boas, New York; W. Bogoraz, 
Leningrad; R. Brandstetter, Lucerna; C. Brockelmann, Breslavia; O. 
Densusianu, Bucarest; A. Dirr, Monaco; G. Ferrand, Parigi; P. E. 
Goddard, New York; M. Grammont, Montpellier; Sir George Grier- 
son; Rathfarnham, Camberley, Surrey; G. N. Hatzidakis, Atene; 
F. Hrozny, Praga; O. Jespersen, Copenhague; B. Karlgren, Gòtergbo; 
A. Kock, Lund; E. Kòénig, Bonn; P. Kretschmer, Vienna; A. L. 
Kroeber, Berkeley (California); E. Lidén, Goteborg; W. M. Lindsay, 
St. Andrews (Scozia); J. Melich, Budapest; A. Meillet, Parigi; 
C. Meinhof, Amburgo; R. Menéndez Pidal, Madrid; R. Meringer, 
Graz; W. Meyer-Libke, Bonn; T. Michelson, Washington D. C.; 
Th. Néoldeke, Karlsruhe; M. Olsen, Oslo; P. E. Pavolini, Firenze; 
H. Pedersen, Copenhague; H. Pernot, Parigi; Per Persson, Upsala; 
H. Pipping, Helsingfors; J. Przyluski, Parigi; P. Rivet, Parigi; 
E. Sapir, Chicago; A. H. Sayce, Oxford; V. Scheil, Parigi; W. Schmidt 
Roma; E. Sievers, Lipsia; F. E. Sobolevsky, Mosca; F. Sommer, 
Monaco; L. Sternberg, Leningrad; W. Thalbitzer, Copenhague; R. 
Thurneysen, Bonn; A. Trombetti, Bologna; L. dela Vallée Poussin, 
Gand; J. Vercoullie, Gand; J. Wackernagel, Basilea; D. Wester- 
mann, Berlino; K. B. Wiklund, Upsala; J. Zubaty, Karlsbad. 


COMITATO ORGANIZZATORE: C. C. Uhlenbeck, Presidente — Jos. 
Schrijnen, Segretario — F. M. Th. Bòhl — Jac. van Ginneken — 
A. G. van Hamel — Ph. S. van Ronkel — ]J. J. Salverda de Grave 
— N. van Wijk. 

COMITATO D’ONORE DI RICEVIMENTO: S. Ecc. W. F. van Leeuwen 
Vice-Presidente del Consiglio di Stato — S. Ecc. P. W. A. Cort 
van der Linden, Consigliere di Stato — E. A. J. Barone van Voorst, 
Presidente del Senato — ]J. M. Ruys de Beerenbrouck, Presiden- 
te della Camera dei Deputati — S. Ecc. E. C. Barone Sweerts 
de Landas Wyborgh, Prefetto dell'Olanda meridionale — J. A. N. 
Patijn, Borgomastro dell’Aia. 


Riproduciamo pure il programma dei lavori: 
9 h. % — midi et demi. Ouverture du Congrès et première discussion 
sur un problème pratique (1). 
Quelles doivent étre les bases d’une notation phonétique? 
1. Valeur de la phonétique expérimentale. 
2. Système de transcription, de translittération et de signes pho- 
niques. 


Examen et, le cas échéant, modification des décisions de la Con- 


féerence de Copenhague. 
2—4. Suite de la discussion sur le problème pratique I. 
9h %—midi et demi. Réunions simultanées des sections. 
Après-midi. Excursions. 
9 h. 4>_—midi et demi. Discussions sur des problèmes pratiques (11 
et IIla). 

Etablissement et délimitation des termes techniques. Quelle est 
la traduction exacte des termes techniques dans les différentes 
langues (frangais, anglais, allemand)? (1) - 

(1) Anche qui vorremmo vedere l’Italiano fra le lingue considerate; dopo tutto 

si tratta della lingua di cui si sono serviti linguisti di valore universalmente rico- 
nosciuto, e basti ricordare G. I. Ascoli. 


— 613 — 


LEE EI RAEE OIL EI 


NOTIZIARIO 


Quelles sont les meilleures méthodes de recherche en géographie 
linguistique. 

I. Valeur des cartes, questionnaires, grammophones et des re- 
cherches sur place. 


2. L’aspect géographique de la lexicografie et de la stylistique. 
2—4. Discussion sur des problèémes pratiques (IIIb et IV). 

3. Voyages d’études. 

4. Travaux scientifiques des missionaires. 


Quelle sont les méthodes les mieux appropriées à un exposé com- 
plet et pratique de la grammaire d’une langue quelconque?’ 


9 h. 4—midi et demi. Réunions simultanées des sections. 
Après-midi. Excursions. 
-9 h. 4—midi et demi. Discussions sur des problèmes pratiques (V et VI). 


Délimitation des domaines culturels du passé et du temps présent 
par rapport à des mots déterminés et à des particularités pho- 
nétiques, morphologiques et syntaxiques. L’influence  réci- 
proque de ces domaines culturels. 

Les méthodes de recherche pour les langues qui n’ont pas encore 
fait l’objet d’un travail philologique satisfaisant. 

2—4. Suite de la discussion sur le problème pratique VI. 

Clòture. 


10. — Congresso Geografico Internazionale di Cambridge. 
— L'Unione geografica internazionale annuncia, come è stato detto a 
proposito del recente Congresso geografico di Milano, una riunione in- 
ternazionale a Cambridge per il 18 luglio 1928. — Ogni domanda di 
informazione riguardante il Congresso deve essere rivolta al Segretario 
del Congresso Gonville e Caius College, Cambridge. — Del Comitato 
organizzatore fanno parte numerosissimi ed illustri scienziati e auto- 
rità inglesi. 


11. — Programmi dei corsi di lettere dell’Università Cat- 
tolica del S. Cuore per l’anno scolastico 1927-1928. 


I. FILOLOGIA CLASSICA: 
A. LETTERATURA GRECA: Prof. CAMILLO CESSI. 
Corso A. (2 ore settimanali). 
La poesia ellenistica. 
Corso B. (1 ora settimanale). 
L’cepigramma greco: gli idilli di Teocrito. 
II. LETTERATURA LATINA: Prof. GINO FUNAIOLI. 
Corso A. (2 ore settimanali). 
Virgilio: letture dell’epopea. 
Corso B. (1 ora settimanale). 
Questioni speciale sull’Eneide e lettura di passi scelti. 
III. LETTERATURA BIZANTINA: Prof. CAMILLO CESSI. 
Corso di 3 ove settimanali. 
La storia presso i Bizantini - La cronaca di Costantino Ma- 
nasse. 
IV. LinGua GREcA: Prof. PAOLO UBALDI. 


Corso A. (3 ore settimanali). 
Sintassi greca - Omero, Pindaro, Senofonte. 


— 614 — 


NOTIZIARIO 


V. LINGUA LATINA: Prof. GINO FUNAIOLI. 


Corso A. (3 ore settimanali). 
Storia della lingua latina nelle sue linee generali, con lettura 
di testi. 


VI. LINGUA GRECA E LATINA: Prof. GIUSEPPE SHEDISIE 


Corso B. (3 ore settimanal?). 
I modi nelle proposizioni subordinate del greco e del latino 
(con esercizi di traduzione dal greco in latino). 


2. SCIENZA DELL'ANTICHITÀ. 
I. STORIA ANTICA: Prof. GIULIO GIANNELLI. 


Corso A. (2 ore settimanali). 

Storia delle costituzioni di Sparta e di Atene. 
Corso B. (1 ora settimanale). 

Il periodo di Alessandro Magno. 


II. ANTICHITÀ CLASSICHE: Prof. ARISTIDE CALDERINI. 


Corso A. (2 ore settimanali). 

Le antichità della Campania (specialmente Pompei, Ercolano, 
Baia, Cuma). 
Corso B. (1 ora settimanale). 

Le principali iscrizioni latine di carattere legislativo e costi- 
tuzionale. 


III. ANTICHITÀ DELL'EGITTO GRECcOo-RoMANO (Papirologia): Profes- 
sore ARISTIDE CALDERINI. 


Corso di 3 ore settimanali. 
Introduzione allo studio dei papiri. 
Lo Stato Macedone e lo Stato Romano in Egitto. 
Esercizî su papiri inediti. 
IV. ARcHEOoLOGIA: Prof. GIULIO GIANNELLI. 
Corso di 1 ora settimanale. 
La scultura romana da Settimio Severo a Costantino (conti- 
nuazione e fine dei corsi precedenti). 


3. GLottoLOogIA: Prof. AMBROGIO BALLINI. 


Corso di 2 ore settimanali. 
La flessione pronominale e la SORLBA ZIONE verbale indo-eu- 


ropea. 
5. Sanscrito: Prof. AMBROGIO BALLINI. 


Corso A (2 ore settimanali). 

Elementi di grammatica sanscrita. con esercizî graduali e let- 
ture facili dallo Hitopadeva. 
Corso B. (2 ore settimanali). 

Elementi di sintassi - Lettura di brani dell’epica e del Ra- 
ghuvamya di Kalidasa - Esposizione del Jainismo e del Bud- 
dismo. 


6. FILOLOGIA SEMITICA. 
I. EBRAICO E ASSIRO-BABILONESE: Prof. GIUSTINO BOSON. 


Corso A. (2 ore settimanali). : 
Ebraico e Assiro per principianti: grammatica e lettura di 
facili brani. 
Corso B. (2 ore settimanali). 
Lettura ed interpretazione filologica di libri dell’antico Te- 
stamento e di iscrizioni sumero-babilonesi-assire. 


— 615 — 


NOTIZIARIO 


II. LINGUA E LETTERATURA ARABA: Prof. GIOVANNI GALBIATI. 
Corso di 3 ore settimanali.’ 

Esposizione della grammatica araba avuto riguardo special- 
mente alla teoria morfologica e sintattica del verbo; lettura e 
interpretazione di passi di autori arabi compresovi un autore 
cristiano, 


6. LETTERATURA CRISTIANA ANTICA: Prof. PAOLO UBALDI, 
Corso di 3 ore settimanali. 
S. Paolo, le lettere agli Efesini, ai Colossesi, ai Filippesi,e la 
lettera ai Romani. 
Storia letteraria: il III secolo d. C. 


7. LINGUA E LETTERATURA ITALIANA. 
I. Corso MoNOoGRAFIcO: Prof. GIULIO SALVADORI. 
Corso A. (2 ore settimanali). 
La letteratura della Rivoluzione e del Regno Italico (milanese 
o prodotta a Milano) dagli scrittori più insigni. 
Corso B. (1 ora settimanale). 
. Lavoro in collaborazione con gli studenti. 
II. Corso DI ESERCITAZIONI: Prof. CARLO CALCATERRA. 
Corso A. (2 ore settimanali). 
La letteratura volgare nel ’400. 
Corso B. (I ora settimanale). 
Il seicento. 


III. CATTEDRA DANTEScCA: Prof. GIULIO SALVADORI. 


Corso di 1 settimanale. 
La vita di Dante nella sua Comedia. 


8. FILOLOGIA ROMANZA: Prof. LUIGI SORRENTO. 
Corso A. (2 ore settimanali). 
L’eloquenza in volgare nel Medio Evo. 
Corso B. (I ora settimanale). 
Letture paleografiche e commento linguistico di sermoni fran- 
cesi da S. Bernardo (sec. XII) a Gerson. 


9. LINGUA E LETTERATURA FRANCESE: Prof. LUIGI SORRENTO. 


Corso A. (2 ore settimanali). 
Molière e la commedia del suo secolo. 
Corso B. (1 ora settimanale). 
Lettura di testi classici ed esame speciale della sintassi classica. 


II. ESERCITAZIONI DI LINGUA FRANCESE: Prof. CLEMENTINA DE 
COURTEN. 


10. FILOLOGIA GERMANICA. 


I. LINGUA E LETTERATURA INGLESE: Prof. FEDERICO OLIVERO. 
Corso A. (2 ore settimanali). 
Il poema allegorico nella letteratura inglese: dal Phoenix alla 
Faerie Queen di Edmund Spenser. 
Corso B. (I ora settimanale). 
John Milton e la poesia e prosa del suo tempo. 
II. ESERCITAZIONI DI LINGUA INGLESE: Prof. VIRGINIA L. ROTTA. 


III. LINGUA E LETTERATURA TEDESCA: Prof. LORENZO BIANCHI. 


— 616 — 


NOTIZIARIO 


Corso A. (2 ore settimanali). 

Storia della letteratura tedesca nell’età classica (da Lessing 
fino alla morte di Schiller). 
Corso B. (1 ora settimanale). . 

Il Faust del Goethe (interpretazione e commento). 


IV. ESERCITAZIONI DI LINGUA TEDESCA: Prof. CARLO GRUÙU- 
NANGER. 


11. STORIA DELL'ARTE MEDIOEVALE E MODERNA: Prof. MARIO SALMI. 


Corso di 2 ore settimanali. 
La pittura lombarda del ’600 e le sue origini - L'architettura 
gotica in Italia - Visita alle Pinacoteche e Musei di Milano. 


12. STORIA MEDIOEVALE E MODERNA: I. Prof. GIOVANNI SORANZO. 


Corso A. (2 ore settimanali). 
Il Regno d’Italia dopo il 1870. 
Corso B. (1 ora settimanale). 
Istituzioni medioevali. 


II. ESERCITAZIONI DI STORIA MODERNA: Prof. SILVIO VISMARA 


O. S. B. 
Corso A. (2 ore settimanali). 

Caratteri fondamentali della storia italiana nel '500. 
Corso B. (1 ora settimanale). 

La storia d’Italia durante il periodo napoleonico. 


III. StoRIA DELLA CHIESA: Prof. AGOSTINO FAGGIOTTO. 
Corso di 3 ove settimanali (corso semestrale). 


13. PALEOGRAFIA E DIPLOMATICA: Prof. GIOVANNI VITTANI. 


Corso di 3 ore settimanali. 

Cenni storici e teoretici di paleografia latina; nozioni di di- 
plomatica - Esercitazioni pratiche alla lettura di codici e di do- 
cumenti latini. 


14. GEOGRAFIA: Prof. PAOLO REVELLI. 


Corso A. (2 ore settimanali). 
Problemi antropogeogratici fondamentali - Cenni sulla storia 

delle rappresentazioni cartografiche: costruzione ed uso delle 

carte. 

Corso B. (2 ore settimanali). l 
Geografia politica e geografia amministrativa; le circoscri- 

zioni ecclesiastiche; la Geografia nell’opera di Dante. 

I corsi di filosofia, e ne sarà fatto cenno nella Rivista di filosofia 
neoscolastica, saranno i seguenti: Storia della filosofia antica (prof. Paolo. 
Rotta); Storia della filosofia medioevale (prof. Amato Masnovo); Storia 
della filosofia moderna (prof. Emilio Chiocchetti O. F. M.); Scolastica 
(prof. Amato Masnovo); Metafisica (prof. Francesco Olgiati); Gnoseo- 
logia (dott. Giuseppe Zamboni); Introduzione alla storia delle religioni 
(dott. Umberto Padovani); Pedagogia (prof. Mario Casotti); Psicologia 
(prof. Agostino Gemelli 0.F.M., dott. Arc. Galli O.F.M.); Cosmologia (prof. 
Paolo Rossi); Biologia (prof. Lodovico Necchi, dott. Giuseppina Pastori); 
sarà pure tenuto un corso cdi Fsposizione della dottrina e morale cattolica 
dal Padre professore Andrea Oddone, S. I. 


12. — Isidoro Del Lungo, nato a Montevarchi (Arezzo) il 20 dicembre 
1841, morto a Firenze il 4 maggio, fu per più di un cinquantennio, con 
la parola e con le opere, uno de’ più insigni maestri dell’Italia risorta. 
Giunto prestissimo nelle prime file degli studiosi nostri con l’edizione 


— 617 — 


NOTIZIARIO 


delle Prose volgari inedite e delle poesie latine e greche edite e inedite di 
Angelo Ambrogini Poliziano (Firenze, Barbera, 1867), toccò la fama poco 
. dopo per la sagacia, la dottrina e il pronto ingegno, con cui provò l’'au- 
tenticità della Cronica di Dino Compagni e respinse i colpi degli « anti- 
dinisti » italiani e stranieri. Era il tempo in cui con sicumera stupefa- 
cente e con malaccorto dispregio della nostra critica il Dott. Schefier- 
Boichorst diceva che gli studi di Cesare Guasti, Cesare Paoli, Isidoro 
Del Lungo e di tutti gli altri assertori dell’autenticità della Cronica 
«non erano tali da produrre la benchè minima impressione in Germania » 
(1874) e il Settembrini, dinanzi a « tutte le scoperte nuove » che venivan 
«di lassù e dinanzi alla distruzione della nostra storia, con animo turbato 
scriveva: « Matteo Spinelli è un’impostura; Ricordano Malespini un’im- 
‘postura; ora Dino Compagni è un’impostura. Io mi sento mancare il 
terreno sotto i piedi, e mi si confonde il giudizio... Dove si va?... Ma 
questa è demolizione generale » (1875). Il Del Lungo fu allora il maggior 
campione di questa lotta contro la demolizione (Dino Compagni e la sua 
Cronica, Firenze, Succ. Le Monnier, 1879-1887) e non solo egli ebbe la 
ventura di veder, entro il volger di pochi anni, subissate le pagine astiose 
della rivista // Borghini, in cui il Fanfani e gli altri «antidinisti» cercavan 
di riversar il ridicolo su di lui rappresentandolo come « il buon Dorino 
Del Lungo », ma nell’ultimo decennio, dal 1917 al 1927. ebbe anche la 
gioia di vedere scossa, per opera di Enrico Sicardi, di Raffaele Morghen 
e di Guido Mazzoni la recisa sentenza, con cui lo studioso tedesco aveva 
intitolato il suo lavoro su Ricordano: Die Geschichte Malispini eine 
Falschung (in Florentiner Sludien, Leipzig, 1874). 

Fu un amoroso e appassionato indagatore e rievocatoredegliscrittori 
che più sentiva, e, come non amò aggravare e annebbiare la poesia di 
« perpetue discettazioni dottrinali fastidiose e sazievoli », così istintiva- 
mente fu anche alieno dallo smorzare il godimento ch'egli provava di- 
nanzi alle opere dei grandi creatori con tesi artistiche o teorie critiche 
troppo meccaniche, le quali, per voler troppo delimitare o resecare nel 
vivo dell’opera d’arte, finiscono sovente con l’irrigidire il giudizio nel 
sistema. 


Uomo di fine gusto nativo, scrittore di schietta purezza e di profondu 
vigore, egli, dagli studi sulla Cronica fino all'estremo suo commento della 
Divina Commedia (Firenze, Le Monnier, 1926), godette di far suo e di 
avvalorare per sè e per gli altri il nostro patrimonio spirituale. Per ciò 
egli, a ottantasei anni, era ancora uno dei letterati più noti alle giovani 
generazioni. Chi non ha presenti come cosa viva i suoi studi sopra Dante, 
su Dino, sul Petrarca, sul Poliziano, sul Savonarola, sul Tasso, sul Ga- 
lilei, sul Goldoni, sull’Alfieri, sul Giusti, sul Capponi, sul Tommaseo, sul 
Carducci? Sia che indagasse le ragioni e i modi delle opere loro, sia che 
cercasse di rappresentare con sintesi fervide la loro spiritualità, sia che 
‘con ardore di pura italianità ne studiasse la lingua e lo stile, come loro 
forma intima, egliin ogni scritto e in ogni orazione recò sempre qualche 
intuizione sua, perchè pensiero e fervore venivangli dall’anima, nella 
quale a un’ansia sincera del bello univasi un puro desiderio di elevazione 
‘spirituale. Nè, questo valente discepolo di Mauro Ricci, fu soltanto un 
vero signore della nostra lingua, un assaporatore squisito de’ classici 
nostri, un delineatore sicuro e colorito delle condizioni di cultura d’ogni 
nostro secolo: egli ebbe anche un acuto e alto senso morale. Conoscitore 


— 618 — 


NOTIZIARIO 


espertissimo della storia fiorentina c di quella italiana, egli, in tempi 
cli angusto e gretto materialismo, tanto nello scrivere di Dante e d@1 suo 
secolo quanto nel ricercare l'eredità di Vittorio Alfieri e la continuità 
ideale della patria italiana, tanto nel parlare di Firenze e delle sue vicende 
politiche quanto nell’indagare l'italianità della lingua del popolo e di 
quel'a degli scrittori, diede sempre grandissimo valore alle forze morali 
come a forze propulsatrici della storia, non certo inferiori a quelle di 
qualsiasi altra natura. Una pagina del suo scritto L'assedio di Firenze 
può essere citata come una testimonianza del suo modo di sentire e 
intendere il valore vitale delle grandi forze ideali: «Quando nella storia 
delle umane colpe e sventure, di mezzo al male fatto o sofferto, fra i 
dolorosi contrasti di chi piange e di chi fa piangere, si inalzano da questa 
polvere del mondo sozza e cruenta, le figure luminose dei pochi che in quel 
contrasto hanno eletto la parte migliore, che hanno sposata con amplesso 
potente e puro alcunadellegrandi idealità dell'anima immortale, la carità, 
la scienza, la fede, la libertà umana, la patria, e a codesta sposa del cuor 
generoso sì sono devoti, e per lei hanno combattuto, e per lei sono caduti 
trionfatori, allora sentiamo che quelle sante idealità, librate nell’alto, 
sono state qualche volta, quaggiù basso, il reale; allora riacquistiamo la 
fiducia nel bene e la virtù di operarlo, allora la storia non è più solamente 
la maestra, sì ancora la poesia, della vita ». 

Quest’intimo fervore non era retorica. Per il compiacimento con cui 
egli amò esprimere ogni pensiero nella forma classica del periodo ben 
architettato e talora stilisticamente commisurato, molti lo giudicarono 
un retore, un dicitore di belle adorne parole. In realtà egli ebbe un suo 
mondo interiore, ben chiaro e ben netto, e sentì nel profondo che «le 
grandi idealità dell'anima immortale, la carità, la scienza, la fede, la 
libertà umana, la patria » hanno un intrinseco valore di vita e sono di 
per sè sulla polvere del mondo sozza e cruenta un'altissima e indefettibile 
poesia. Per questa sua nobiltà spirituale,-oltre che per i contributi da lui 
recati agli studi, egli meritò che il giorno in cui fu portato al cimitero 
dell’Antella, fosse accompagnato dal compianto di tutta la nazione. 


CARLO CALCATERRA 


13. — Walter Amelung. — È morto il 13 settembre a Nauheim in 
Germania. Quando due anni or sono, circa di questi giorni, amici e 
discepoli e ammiratori festeggiarono nella sede dell'Istituto Archeolo- 
gico Germanico di Roma, di cui Egli era Primo Segretario, il suo sessan- 
tesimo anno di età (era nato il 15 ottobre 1865 a Stettino), qualcuno 
argutamente osservò se erano ben fondati i dati della Cronologia, tanto 
Egli appariva giovanilmente fresco nel vigore del fisico e nella vivacità 
esuberante del carattere. — Quel giorno tra i convenuti erano in gran 
numero gli italiani, professori di Università, direttori e ispettori di 
Musei: invero l’Amelung, per la lunga permanenza in Italia, dove era 
venuto giovanissimo e dove da anni aveva fissato la sua dimora, e per 
la franca cortesia dei modi, si era meritamente circondato nel nuovo 
paese di elezione di una diffusa e sincera aura di simpatia: onde assai 
opportunamente il governo germanico nel delicato momento del dopo- 
guerra aveva scelto Lui, che pure era rimasto sempre fuori da ogni ca- 
rica ufficiale, per riannodare col mondo scientifico italiano i legami 
spezzati, e per provvedere alla riapertura dell'Istituto Archeologico 
di Roma, cui era innanzi tutto da recuperare la ricca biblioteca messa 
sotto sequestro. 


— 619 — 


NOTIZIARIO 


Nessuno del resto meglio dell’Amelung poteva guidare i giovani 
tedesthi, venuti in Italia a perfezionarsi negli studi archeologici, alla 
conoscenza del paese che li ospitava: poichè nessuno più e meglio di 
Lui conosceva monumenti, scavi e sopratutto Musei d’Italia. Avviato 
nei primi anni della Sua giovinezza alla Scuola di H. Bruns a Monaco, 
Egli aveva particolarmente indirizzato i Suoi studi nel campo della 
plastica greca: non tuttavia limitandosi troppo all'indagine  este- 
riore e sterilmente erudita delle forme, ma penetrandone l’essenza pro- 
fonda, cercando le ragioni della sua bellezza e della sua armonia: chè 
l’Amelung aveva mente e cultura di scienziato, ma aveva anche e so- 
pratutto anima di esteta: prova ne siano le belle traduzioni di classici, 
Sofocle e Catullo, da Lui curate all’inizio della Sua attività di studioso. 
Ed è, io credo, sopratutto a questa Sua acuta penetrazione nello spi- 
rito dell’arte greca, che si doveva la prodigiosa memoria che Egli ser- 
bava delle sculture e dei monumenti veduti: e non pure delle grandi 
sculture, ma dei più minuti frammenti, che Egli ricordava, e riaccostava 
e ricongiungeva mentalmente con prontezza e sicurezza a distanza di 
spazio e di tempo. 

I risultati degli studi condotti nei Musei d’Italia, di Firenze e di 
Roma principalmente, Egli consacrò in quelle che furono le Sue opere 
più importanti: lihrer durch die Antiken in Florenz (1897); Die Sculp- 
turen des Vaticanischen Museum (1903-1908); il rifacimento dell’HELBIG 
Fuhvrer durch die òffentlichen Sammlungen hlass. Alterthimer in Rom; 
le Photographische Einzelaufnahmen antiken Sculpturen in collabora- 
zione con l’ARNDT e con altri. 

Ma accanto a queste pubblicazioni di mole, stanno gli innumere- 
voli articoli, saggi, memorie su argomenti singoli, sparsi in riviste e 
atti accademici: non v’è individualità artistica, tra le più note e fra 
quelle che scompaiono quasi nella indeterminatezza delle fonti e nel- 
l'incertezza delle opere, non v’è momento o corrente artistica della pla- 
stica greca, su cui Egli non abbia avuto modo o occasione di intratte- 
nersi e di esporre le Sue idee. Onde il suo nome sarà ricordato negli anni 
da coloro, che pur con mutati indirizzi critici ripercorreranno la via di 
questi studi, come la Sua persona sarà presente, con affettuoso rim- 
pianto, a chi ebbe la ventura di conoscerlo e di avvicinarlo. 


Roma PIETRO ROMANELLI 


14. — Intorno alla nobile figura di Luigi Ceci, già professore di 
glottologia nella R. Università di Roma, testè defunto, sta preparan- 
do degne parole commemorative il collega Ballini, che pubblicherà 
anche la bibliografia completa delle Sue opere. 


— 620 —- 


LIBRI RICEVUII 


W. G6BER, Quaestiones rhythmicae imprimis ad Theodoreti historiam 
ecclesiasticam pertinentes, pp. XI + 85, Berlin, Weidmann 1926. 


H. FucHs, Augustin und die antihe Friedessedanke pp. 258, Berlin, 
Weidmann 1926 [= Neue philogische Untersuchungen hgg. von 
Werner Jaeger, 3 Heft]. 

[1. Das XIX Buch der Civitas Dei. — 2. Augustin und die antike 
Friedesgedanke. — 3. Beilagen: Augustin und Varro. Zum spàtromi- 
schen Staatsgedanken. Der Begriff des Friedens, cipnvn. pax, siprva, und 
pax in der christlichen Sprache. Von den Nachwirkungen der antiken 
Friedesgedankenj]. 


J. SvexxuNG, Orosiana, syntaktische semasiologische und Rritische Studien 
zu Orosius (Inauguraldissertation), pp. XII+ 201, Uppsala, A.-B. 
Akademiska Bokhandeln {= Uppsala universitets arsskrift 1922, 
filos. sprakvet. och. hist. vetenskafer, 5). 


H. DEssau, Geschichte der romische Kaiserzeit, 1 bis zum ersten Thron- 
wechsel, 1924, II 1 die Kaiser von Tiberius bis Vitellius, 19206, pp. 
VIII + 585, VIII + 400, Berlin, Weidmann. 

[Nella prefazione alla I. e alla II. parte è ricordato il nome del Mom- 
insen; e l’opera vuol essere veramente il desiderato complemento della 
grande storia. La I. parte è tutta dedicata ad Augusto e alla sua riforma, 
alle sue imprese, alla sua famiglia, ai suoi rapporti con la letteratura e col 
movimento di pensiero del tempo. Il primo volume della II. parte con- 
tiene gli avvenimenti dal 14 al 69 d. C.; il secondo volume, in corso di 
stampa, tratterà delle terre e dei popoli dell’impero nel primo secolo]. 


N. FESTA, /icerche metriche, saggio di un nuovo metodo per lo studio 
della metrica greca pp. VIII + 236, Palermo, Sandron 1920. 
[= L'indagine moderna, XXVIII]. 


Tacito, Gli Annali, tradotti da RopoLro GIANI, pp. NIV + 418, Mi- 
lano, Treves, 1927. 


E. CEesaREO, Uno sguardo a Tacito nel quadro della storiografia latina, e 
Commento filologico-estetico al libro XVI degli Annali, pp VIIL+ 150, 
Palermo, Capozzi, 1920. 


PLAUTO, .Mercator, con introduzione e note di C. D'ARGENIO, pp. 105, 
Palermo, Sandron, 1927. . 
[Edizione scolastica con buon commento; riproduce generalmente 
il testo del Lindsay]. 


‘G. M. ComanpÈ, Dalle Lettere di Plinio il Giovine, pp. 116, Palermo, 
Sandron s. d. 


— 621 — 


LIBRI RICEVUTI 


G. M. ComanDpÈ, I classici greci e il ginnasio superiore. Introduzione di 
ETTORE BIGNONE, pp. XV + 296, Palermo, Sandron s. d. 


G. M. ComaNDÈ, Dalle prose di Giuseppe Giusti, pp. 144, Palermo, San- 
dron 1927. 


C. DE COURTEN, / « Rondeaux » di Clement Marot, pp. 222, Milano. C. E. 
Alpes, 1927. 
[L'autrice nella prima parte studia la figura e l’opera del Marot, nella 
seconda la lingua dei « rondeaux »]. 


L. UHLAND, Ballate, traduzione di M. ANDREIS, pp. 8, Vicenza, Rossi 
1927 [= Estratto dall’Annuario del R. Liceo Scientifico Paolo 
Lioy 1926-1927]. 


F. VALLI, Un eretico del sec. IV, Gioviniano, pp. 66, Torino, S. E. I., 1925. 
(= Estratto dal « Didaskaleion » N. S. 1924). 


F. MANZINI, Ludovico Antonio Muratori cittadino ideale dell'Italia, 
(conferenza), pp. 28, Modena 1927. 


G. Munxo, La composizione delle «Opere e i giorni » di Esiodo, pp. 41, 
Napoli, Pironti. (= Estratto da « Nuova Cultura » 1925]. 


NATALE VIANELLO, La tradizione manoscritta di Giovenale, pp. 38, Genova- 
Sampierdarena, 1927. [= Estratto dell’Annuario del R. Liceo 
Colombo]. i 
[Dopo un capitolo sulla vita e la fortuna del poeta e un cenno sulle 

prime edizioni, l’A. tratta dell’edizione di Montpellier, dell’uso fattone 

dai recenti editori, degli altri edd. più importanti; descrive un’edizione 

genovese (posseduta dalla famiglia Serra) che appare collegata con U 

e P, accenna brevemente alla critica del testo e alle sue incertezze e 

alla ricostruzione dell’archetipo. Segue una bibliografia di centoventotto 

numeri « per il testo critico delle satire di Giovenale »]. 


CarLo DEL GRANDE, Sviluppo musicale dei metri greci, pp. VI + 144, 
Napoli, 1927. 

GIAN VICO GARAVAGLIA, Saggio sopra % Persiani di Eschilo, 16° pp. 60, 
Milano, « Sodalitas » s. d. 

Franc. VALLI, Il cantico delle creature (Interpretazione), estratto da 
Valdilamone, n. IIl (1927), Faenza. 

GaeTtaANO Munxo, La lirica nell’isola di Lesbo, Estr, da MOYXEION, 
IV (1927). | 

GAETANO SCARLATA, Dalle selva all’Empireo, Saggi dottrinali sulla Di- 
vina Commedia, 16°, pagg. 216, Palermo, L’Attualità, 1927. 

TortH Laszio, Garampi bécsi nuncius jelentése a gergely-féele naptàrreform 
végrehajtàsàrol a birodalomban, Edito da Turrel, 1927. 

Dr. Lapistaus TOTH, Zwei Berichte des Wiener Nuntius Garampi iiber 


die Rirchlichen Verhdltnisse um 1776 (=Veròffentlichungen des un- 
garischen historischen Institutes in Rom). Budapest 1926. 


— 622 — 


ABBREVIAZIONI® 


AAAN = Atti R. Accad. Archeol. ecc. Napoli. 

AAPN = Atti Accad. Pontaniana di Napoli. 

AA VM = Atti R. Accad. Virgiliana di Mantova. 

AAWW = Anzeig. d. Akad, d. Wiss. zu Wien. 

Aev = Aevum. 

A fB = Archiv. fiir Bienenkunde, 

AFPAU = Archiv, Filologiczne Polskiej Akademji Umiej. 

Afr. It. Min. Col. = Africa Italiana, rivista di storia e d'arte a cura del Ministero 
delle Colonie, 

Afr., I.SA N = Africa Italiana, organo della Società Africana d’Italia (N apoli) 

ASS = Archivio Storico Siciliano. 

BAB = Bull, de l’Assoc. G. Budé, 

Bibl. Afr. = Biblioteca etnologica linguistica Africana, Innsbruck. 

B phW = Berl. philolog. Wochenschrift. 

BRL = Bull. John Rylands Libr. 

BSIG = Bollettino della Reale Società Geografica Italiana. 

BSNAT = Bull. Sociét. Nation. des Antiq. de France, 

Chr W = Christentum und Wissenschaft. 

CRAEG = Comptes Rendus de l'association pour l’encour. des étud. grecques, 

C SCI Ph = Cornell Stud. in Class, Philology. 

DLZ = Deutsche Literatur-Zeitung. 


E = Eos. 

E PhK = Egyetimes Philologiai K6zl6ny. 

Er = Eranos, 

GAA = Géttingische Gelehrte Anzeigen. 
Geogr. Journ. = Geographical Journal, Londra, 
Gn = Gnomon. 

Herm = Hermathena. 


HJGG = Histor. Jahrb. hgg. v. Géorresgesellschaft. 

JA = Journal Asiatique. 

JFA = Jahresber. iiber Fortschr. d. Altert. 

JPhVB = Jahresb, d. philolog. Vereins zu Berl. 

JRAS = Journal of the Royal Asiatic Society. 

LZB1 = Literarischen Zentralblatt. 

MASB = Mem. Accad, Scienze Bologna. 

MO = Monde Oriental. 

Mova = Movoetov. 

MS = Miscellanea di studi critici in onore di E. Stampini. 


MSOS = Mitteilungen des Seminars fiir Orientalische Sprachen...zu Berlin. 
NGKG na, 
NKGG Nachrichten der (kùn.) Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen 


Vedi la lista provvisoria data alla fine del fascicolo precedente, 


— 623 — 


ABBREVIAZIONI 


MuW = 1r1oo Jahrh. Markus u. Weber Verlag. 

Neoph = Neophilologus. 

NS = Notizie degli scavi di antichità. 

NV = Nova et Vetera. 

‘OM = Oriente moderno. 

Patr. Or = Patrologia Orientalis, par Msg. Graffin, 

PSI = Papiri della Società Italiana. 

RAL = Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei. 

RB = Revue Belge. 

R Bibl = Revue Biblique. 

RHR= Revue de l'’histoire des religions. 

RIL = Rendiconti R. Istituto Lombardo, 

RILLCI = Rassegna ital. di ling. e lett. class. 

Riv. Col. = Rivista coloniale, organo dell'Istituto Coloniale Italiano, 
ROC = Revue de l’Orient ckrétien. 

RSO = Rivista degli Studi orientali. 

S = Sokrates 

SA = Scritti vari di lett. eccl. dedicati al rev. A. Amelli. 
SAuP= St. Andrews University Publicat. 

SCCS = Smith College Classical Studies, 

S Ph = Studies in Philology. 

SPhUNC = Stud. in class. Philolog. Univ. of North Caroline, 
U C PCI Ph = Univ. of California Publ, in Class. Phil. 

W kl Ph = Wochenschrift f. kl. Philol. 

WUSHS = Washington Univer. Stud. Humanist. Series. 
WZKM = Wiener Zeitschrift fiir die Kunde des Morgenlandes. 


ZA = Zeitschrift fiir Assyriologie und verwandte Gebiete. 

ZDMG = Zeitschrift der Deutschen Morgenlindischen Gesellschaft. 
Zeitschr, fùr Eingeb. Spr. = Zeitschrift fiir Eingeborenen Sprachen. 
ZfTum = Zeitschrift fiir Numismatik, di Berlino. 

ZOeG = Zeitschrift f, d. cesterr. Gymnasium. 


ZOPV = Zeitschrift des Deutschen Palistina Vereins. 


f 
È = Zeitschrift fiir Semitistik und verwandte Gebiete. 


ANNO I. - FASC. 4 DICEMBRE 1927 


AEVUM 


RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE 
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE 


PUBBLICATA PER CURA DELLA FACOLTÀ DI LETTERE 
DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE 


&' A TAT 
n (CS fi 


DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA S. AGNESE, 4 - MILANO (108) 


Conto corrente postale 


AEVUM 


RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE 
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE 


Esce in 4 fascicoli annuali di complessive pp. 800 in-8.° 


DIREZIONE e AMMINISTRAZIONE 
presso la Università del S. Cuore in Milano (108), via S. Agnese, 4 


ABBONAMENTO ANNUO - Italia e Colonie L. 50,30 Estero L. 70,30 
NUMERO SEPARATO - n » » 20,00 


» » 30,00 
SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO 
Inedita et rara: 
P. ANTONIO BELLUCCI D. O., Il «De Origine Oratorij» (Opuscolo 
inedito del Cardinale Cesare Baronio) . ......... pag. 625 
Bollettini bibliografici: 
Luigi SORRENTO: Folclore e dialetti d’Italia (1925-1927) » 635 


Notiziario: 


1. A proposito di inventarî di librerie Umanistiche (F. Ghisal- 
berti). — 2. Glozel (P. Ferrarino). — 3. Il Mausoleo di 
Augusto (G. Anfossi). — 4. La Villa di Orazio nella Sabina 
(R. Locatelli). — 6. Testi greci recentemente scoperti (A. Cal- 
derini). — 6. La topografia dei Promessi Sposi (A. Polva- 
ra). — 7. Le tradizioni popolari siciliane (L. Sorrento). — 
8. Il 1° Congresso Nazionale di Studî Romani (4. C.). . . .. 


INEDITA ET RARA 


P. ANTONIO BELLUCCI d. O. 


IL “DE ORIGINE ORATORIJ,, 


OPUSCOLO INEDITO DEL CARDINALE CESARE BARONIO 


La scoperta di un opuscolo, inedito e sconosciuto, del Cardinale 
Cesare Baronio destò, or sono alcuni anni, un non lieve interesse, 
specialmente nel campo degli studiosi di storia ecclesiastica (1). 

Dalla notizia di quel fortunato rinvenimento fui spinto a cer- 
care anch'io un altro - non meno importante e del pari inedito - v- 
puscolo del Barorio. Alludo al « De Origine Oratori »; del quale, da 
pochi indizi lasciatici dal Marciano, ebbero a far motto - fra ghi altri - 
il Mazzucchelli ed il Calenzio (2). 

Ma dove cercarlo? Il Marciano non ci aveva detto dove lo aves- 


1) Lo scopritore fu l’attuale Sommo Pontefice, allora Prefetto 
della Biblioteca Ambrosiana. Cfr. Ratti Achille. Opuscolo inedito e sco- 
nosciuto del Cardinale Cesare Baronio con dodici sue lettere inedite ed 
altri documenti che lo riguardano [in « Per Cesare Baronio. Scritti vari 
nel terzo Centenario della sua morte » (Roma, Athenaeum, 1911) p. 179- 
254]. Ricordiamo i notevoli contributi, apparsi in tale circostanza, di 
Ugo Laemmer, Giovanni Mercati, Ludovico Pastor, Francesco Filo- 
musi-Guelfi, Giuseppe Tommasetti, Alfredo Magnanelli, Pasquale Del 
Giudice, Domenico e Beniamino Santoro, Luigi Salvatorelli, Francesco 
Ruffini e del Cauchie. 

2) Il Marciano ne riporta alcuni brani, i quali con lievi varianti 
ortografiche e con qualche parola sbagliata — perchè letta male nel 
non facile Mss. — comprovano l’autenticità del nostro testo. Cfr. P. 
Marciano d. O. Memorie historiche della Congregazione dell'Oratorio (Na- 
poli, De Bonis, 1693) tomo I, p. 3, 4, 12, 13, 14, 3I, 44, 45, 46 a 48, 
49, SI. Trattasi di brani ordinariamente di due o tre righe, prodotti 
come testimonianze in luoghi diversi dell’opera. 


Aevum - Anno I- 40 


P. ANTONIO BELLUCCI 


se letto. Il Mazzucchelli suppose che esistesse « forse a penna 1n Ro- 
ma nella Libreria Vallicelliana » (1); ma fu contradetto dal Calenzio 
il quale giustamente affermò che quell’opera del Baronio « nella no- 
stra Vallicelliana non è stata mai, nè fu mai segnata nell'indice dei 
Manoscritti » (2). Eppure non doveva essere difficile il rinvenirla. 

Diversi elementi, molto lievi e semplici in verità, mi misero sul- 
la facile via di questa piccola scoperta. Innanzi tutto - quello che era 
risaputissimo (3) - il Baronio soleva far rivedere quasi tutti gli scritti 
suoi, non esclusi gli Annali, dal P. Antonio Talpa, Preposito della 
Casa dell’Oratorio di Napoli. Nell’Archivio dell'Oratorio napoletano 
si conserva un Mss., intitolato « Istoria annuale della Congregazione 
dell'Oratorio di Napoli », nel quale si riportano due brani del « De 
Origine Oratori] » (4). S'aggiunga a ciò che il P. Marciano, Preposito 
dell'Oratorio napoletano, compilò le sue voluminose « Memorie histo- 
riche della Congregatione dell'Oratorio », servendosi quasi esclusivamen- 
te dei documenti conservati nell’Archivio dell’Oratorio di Napoli. 
Doveva, adunque, dedursene a fil di logica che nel detto Archivio, 
più che in altri, vi fosse la probabilità di scoprire questo - tanto inu- 
tilmente cercato altrove - opuscolo « De Origine Oratori] ». 

Messo sulla pista da tali semplici intuizioni, cercai, un po’ a lun: 
go, nelle carte dell’Archivio dell'Oratorio di Napoli, e riuscii a sco- 
vare il Mss. del Baronio, in una miscellanea intitolata « Liber histo- 
riae Congregationis Oratorij » (5). 

Del rinvenimento di questa piccola gemma, oltremodo interes- 
sante per la storia dell'Oratorio di Roma, fondato da S. Filippo Ne- 
ri, diedi la notizia in una Comunicazione all'Accademia « San Pietro 


I) MAZZUCCHELLI G. M. Scrittori d’Italia. (Brescia, 1758) p. 387-402. 

2) CALENzIO GENFROsO d. O. Vita e scritti del Baronio (Roma, 
Tipografia Vaticana, 1907), cap. IV, $ IV, p. XLVII. Il Calenzio pro- 
mise pure di pubblicare questo opuscolo, del quale avrebbe trovato 
un esemplare Mss. « dopo tanti e tanti anni d’inutili ricerche » fra certe 
vecchie e confuse carte della Congregazione di Roma. Non gli riuscì 
di stamparlo, ed ora non si sa dove sia andato a finire. Forse è fra i 
residui dell’archivio di quella Casa dell’Oratorio. 

3) Cfr. MARCIANO, 0Q. c., tomo II, p. 100. 

4) AP. 351, 352, 366 e 367. Di questo Mss. ho data in la quasi 
integralmente, la parte che riguarda il Baronio. Cfr. P. Bellucci Antonio 
d. O. Il Baronio ed una ignota Cronaca manoscritta dell'Archivio del- 
l'Oratorio di Napoli [in « San Filippo Neri» (Roma, Vallicella, 1923- 
1925) anno III, n. 1 a 10; an. IV, n. 3 a 9g]. 

5) È un Mss. in 8 facciate, nel quale solo le parole « auctore Cae- 
sare Baronto » sono di mano un poco posteriore. Va da p. 12 a 15 della 
menzionata Miscellanea (XXI-1), che è un’importante raccolta di do- 
cumenti relativi alla fondazione dell'Oratorio. 


— 626 — 


IL «DE ORIG. ORAT.» DEL BARONIO 


in Vincoli » il 6 aprile 1922. Resi noti del pari gli altri documenti 
riguardanti il Baronio custoditi nell'Archivio del''Oratorio napole- 
tano, con una seconda Comunicazione, letta, anche ai Consoci della 
Sezione di Storia ecclesiastica dell’Accademia anzidetta, 1'8 novem- 
bre dello stesso anno. 

Mi proponevo di dare subito alle stampe il prezioso Mss. baro- 
niano, ma ne fui impedito da altre ricerche. 

Dopo di avere attentamente collazionato il testo da me rinve- 
nuto con i brani riportati dal Marciano e dall'anonimo autore della 
menzionata « Historia annuale » (1), mi è riuscito di precisare che 
si tratta proprio dell’inedito opuscolo « De Cpagene Oratori] » del gran- 
de storico degli Annali. 

Il Mss. è pieno di abbreviature e di correzioni della stessa mano. 
Qualche rara volta l’autore, correggendo in fretta un'intera frase, di- 
mentica di coireggere del pari qualche parola. La grafia somiglia 
moltissimo, fin quasi all'identità, con quella degli altri scritti del 
Baronio, incontestabilmente originali e firmati da lui. Per tal moti- 
vo suppongo che si tratti dello stesso originale, inviato dal Baronio 
al P. Talpa, e del quale, poi, ebbero, in piccola parte, a servirsi il 
Marciano e l'anonimo autore dell’« Historia annuale ». L’ortografia è 
scrupolosamente quella del Mss., dal quale ho sviluppato soltanto le 
non sempre facili abbreviature. 


De origine Oratori). | auctore Caesare Baronio. | Quis loquetur 
potentias domini! ipse qui habitare fecit unanimes in domo, qui 
congregauit nos de nationibus ut gloriaremur in laude sua: Fuimus 
aliquandiu in ta-|bernaculis uelut degentes, et arca Dei quasi in 
papilionibus, cantantes canticum | in terra aliena; sed eduxit nos do- 
minus in manu potenti et bracchio excelso, eduxit | in laetitia et exul- 
tatione, transtulit uincam suam de Acgipto et plantauit eam |in 
monte hereditatis suae, montem dixerim Domum Virginis, quia ipsa 
mons domus | domini in uertice montium, impleta wallis creuit in 
montem, illic collocauit | exurientes ut constituerent Ciuitatem habi- 
tationis. Sed quibus initijs haec fuerint |exordita, breui narratione 
percurram, ut cognoscat hacc generatio altera, et |notae fiant in 
populis adinuentiones Dei. 

Est Romae, non longe a Patriarchio. S. Laurentij in Damaso, 
ecclesia Diuo Hicro- | nimo dicata, residet in ea. S. Archiconfrater- 
nitas Charitatis, quac eiusdem ecclesiae | sollicitudinem gerens, con- 


1) Cfr. gli Atti dell’Accademia « San Pietro in Vincoli » (Napoli) 
an. XI, vol. XI, fasc. 1, n. 57, p. 15. 


— 627 — 


P. ANTONIO BELLUCCI 


sueuit ex seculari clero illic pro eius cultu selectissimos | deligere sa- 
cerdotes, quorum est adauctus numerus, dum nonnulli suis stipen- 
dijs militan- | tes, uelut subsidiari} milites, in opus ministeri) adhae- 
serunt, hi qui lucro tantummo- | do animarum inhiantes, quantum 
profecerint Urbi, testis est orbis, qui una uelut | cum Hieronimo in 
noua Bethlehem commorantes, panem | uitae abundantius exurien- 
tibus ex ea ministrabant; didicit tunc Roma hunc | auidius exurire, 
et huberius satiari, | illic frequens sacrae Eucharistiae usus iam ue- 
tustate dimissus est restitutus, egere | id patres uerbis, egere et scri- 
ptis, qualis illuc statim factus concursus | dixisses ipsum Hieronimum 
ex haeremo Romam postliminio reuersum et illic | ad eum properare - 
Paulas, Eustochia (sic), Marcellas, Fabiolas, Blesillac, cur- | sitare ad 
eum Pammachios et Chromatios, | caeterosque ipsum adire, ut beth- 
lehemitico pane satiarentur, uerbis |instruerentur et moribus imbue- 
rentur, in unoquoque illorum Hieronimum intuentes | Hieronimum 
uenerantes, Hieronimum alloquentes. Extitit inter cacteros R. D. phi- 
| lippus Nerius Florentinus, qui iam diu abdicato seculo, et a phi- 
losophiae | compedibus, (quibus arctius tenebatur) auulsis pedibus, 
se totum christianae philosophiae | addixerat, in qua supra omnes 
suos coaetaneos proficijens, et illic cum alijs existens plus | omnibus 
laborauit, nec satis sibi innumeros in Christo genuisse filios, nisi eos- 
dem | et fouisset charitatis amplexu, et dei uerbo lactasset, et in uirum 
perfectum quemque illorum |]aeducasset (sic) et duxisset, in adin- 
uentionibus suis: nam quos mane per dies singulos in confessione 
mun- | dasset, diuinoque cibo pauisset, cosdem, et meridie ad hubera 
uelut reuocabat | illisque propinans dei uerbum, in dilectione so- 
lidabat. | Erat quotidie frequens filiorum accessus ad Cellam Patris, 
ut assuetis epulis saginarentur, quae et ex abundantia cordis eructabat, 
quae in nocturnis uigilijs e Christi | pectore hauxerat, et sì gratia fessus, 
tunc sacram lectionem interseri iubebat, uel | loquendi dei uerbi mu- 
nus alicui fratrum mandabat, nihil illic curiosum uel infructiosum 
(sic)| uel utilitatis uacuum permittebatur, sed ea tantum quae suspiria 
et lacrimas possint | elicere; creuit in dies crebrior conuentus etiam 
et exterorum, ut angustia |cellae non sufficeret, addita tunc et operi 
cella propinquior, quae et non post diu | numero accedentium red- 
dita est et ipsa angustior, comprimebantur foris | qui intus spiritu 
dilatabantur: cum ob tales angustias maior pars | ab ingressu exclu- 
deretur, Suggessit spiritus Sanctus latiora loca |, erat enim prope Ora- 
torium, quo orationis tantum causa | uespertinis horis solitum erat con- 
uenire, ipsum adierunt, et cadem mox |ibi fuerint repetita insti- 
tuta, consuetae appositae epulae, dixisses ipsam Sapientiam solitam 
apposuisse mensam, mox cunctos inuitasse | panem et uinum mi- 


— 628 — 


IL «DE ORIG. ORAT.» DEL BARONIO 


scuisse, nam et sapienter cuncta suo | ordine fuerunt disposita, ad 
ipsam mensam (uelut in antiquorum olim patrum collationibus) | 
quisque symbolum afferebat suum, tali seruato ordine primo alicui 
fratrum (quousque conueniret | frequens populus) tradebatur aliquis 
liber ligendus (sic), qui uel uirtutum contineret tractatum, | uel San- 
ctorum recenseret historias, ex cuiuslectionis uerbis ab altero fratrum 
materia su- | mebatur, qua longius sermonem protraheret, uel eam 
exactius explicando, uel stu- | diosius inculcando, uel quoque modo 
utiliter dilatando; Accedebat (quod et maximae erat uenustatis et 
gratiae) quod et alter fratrum cum eodem per dialogum nonnulla | 
discurrens perutilia interserebat, ommissa (stc) ingerebat, dubia re- 
fricabat et quae | in eo genere dicenda essent utiliter inuestiga- 
bat: haecque mira audientium | utilitate; nam quae olim Cassianus 
tot Collationibus digessit de uitijs et uirtuti- | bus, quae Basilius, | et 
(Gregorius in moralibus, Ambrosius in officijs et ali) de morum corre- 
ctione diffusius sparsim egissent, | illic simul congesta, e cortici- 
bus enucleata, et uelut mensae apposita | incundius degustabantur. 
Post hos accedebat alter fratrum, qui elaborato | sermone exempla 
Sanctorum ex probatis auctoribus sumpta, et ca praesertim selecta | 
quae de seueritate ultimj Judicij, de uitae praesentis inconstantia, 
de mortis pauen- | do exitu, deque cruciatu tormentorum et prae- 
mijs beatae uitae loquerentur, ma- | gna audientium utilitate recen- 
sebat. Utque post haec auditores aliquantulum | alleuarentur, con- 
sultum fuit, ut alter fratrum ecclesiasticas repeteret histori- | as, a 
Christi aduentu sumens exordium, quodque per annos singulos uti- 
liter gestum fuerit | ex probatis Scriptoribus referret; Aderat postre- 
mo qui alicuius Sancti uitam | ex probato auctore, paraphrastice 
magna audientium utilitate enarraret. | haecque diu per trium hora- 
rum spatium ad minus absque audientium tedio explebantur, | ade- 
rat ipse pater pracpositus spirituali mensae uelut Sapiens Architri- 
clinus, qui cuncta proba- |ret, et sì quid ambiguum uel minus suf- 
ficienter fuisset explicatum ipse diffusius | pertractaret. quibus exple- 
tis, Cantica spiritualia ad haec specialiter summa cum in- | dustria 
composita, magna audientium iocunditate decantabantur, demum 
peracta breui | oratione omnes dimittebantur, haecque eadem quo- 
tidie repetebantur institu- | ta, dicbus tamen festis ad uespertinum 
officium usque trahebantur Sermones, post | quos ad diuinas laudes 
dimittebatur populus et ad audiendas aliorum lectiones | nec tantum 
apud eos uel loqui, uel audire in proposito erat, sed praecipue ipsa | 
operum exhibitio, quandoquidem per singulos dies ijdem summo 
uesperi ibidem conueniebant | ad orationem, quae pro unius horae 
spatio explebatur, et ibidem ter in hebdomade se | flagellis caede- 


— (29 — 


P. ANTONIO BELLUCCI 


bant diebus singulis nonnulli infirmantium hospitalia. uisitabant 
ac ijs- | dem ministrabant, diebus tamen festis tanta erat talium 
ministrantium numerositas, | ut diu publicorum hospitalium Romae 
existentium ministerio satis essent, quae pia ministeria non nobi- 
lis | uel quiuis sericis indutus erubescebat, sed quisque illorum glo- 
riabatur in humilitate su). | Haec dum agerentur, excitata his sti- 
mulis non post diu inuidia diaboli, non de- | stitit quibus potuit 
nequiti])s, coepta dei opera perturbare, et suis dolis aduersari, | sed 
quia opus dei erat, quo magis lacessabatur, eo magis firmabatur, 
nam et | tunc magis augebatur accedentium numerus, sensit tunc 
Christus in his suas attrectari pupillas | acuit et confestim iram 
in lanceam, percussit aduersarios suos (non absque inuidia pertran- | 
siret narrationis historia si specialius et suis nominibus haec de- 
scriberentur). Extat ad-|uersus obtrectantes scripta ab uno fra- 
trum apologia, qua obstruantur ora loquen- | tium mendacium; Sa- 
tis namque ex fructu arborem conijcere quis poterat, quod | et sibi 
satis ostendisse uisum est Apostolo, dum in signum sui apostolatus 
profert suos discipulos, signa, inquiens, apostolatus mei estis | uos; 
quis facile enumerare sufficerit quot peccatores eo uerbi ministe- | 
rio fuerint a faucibus diaboli eruti, et Christo addicti! quot ex his, 
seculo | etiam abdicato, probatis religionibus nomen dedere, nomi- 
nent ipsae quot ex hac | Christi uinea acceperint palmites, sed et 
exterae etiam prouinciae haec non ignorant. | Sed et ipsae ex- 
perimento didicerunt, quot ex suis Romae peregrinantes, et Orato- 
rium | adeuntes, non tantum meliores, sed in uiros alteros mutatos 
receperint ad propria | reuertentes, quid dicam (quod quasi mira- 
culum a Deo accidit) cum nonnulli | curiositatis non solum causa, 
sed obtrectandi et subsannandi studio | hique prudentes in seculo 
illuc accesserint, uerborum dei ictibus uerberati, | ignitis eloquijs 
uelut saggittis confossi, risu mutato in luctum, |cordis compun- 
ctione sauciati, lacrimarum imbribus aspersi, recesserunt percuti- | 
entes pectora sua et seculum etiam abdicantes, et cum peccatis uc- 
terem etiam | hominem exuentes, nouum induentes, arctioris religionis 
se uinculis perpetuo | uelut carceri manciparunt, aesttmabatur iam 
ab alijs quasi necessitas | oratorium adire et in melius mutari, et 
ipsum tantum adijsse, in bonum uelut transfusum | esse, ut non 
defuerint ex his qui quaestum pietatem putant, in hjpocrjsia ambu- | 
lantes, ex tali accessu studucrint bonum nomen aucupari, qui so- 
lummodo | uti accesserant inanes recesserunt, cum semper Spiritus 
Sanctus disciplinae effugerit fictos. | Contigit post multos annos, Flo- 
rentinos Romae degentes boni aemulos adijs- | se ipsum Patrem 
atque ipsum rogasse ut ipsorum, quam Romae habebant, ecclesiam 


— 650 — 


IL «DLE ORIG. ORAT.”» DEL BARONIO 


gu- | bernandam susciperet, idque pluribus egere donec fierent uoti 
compotes. Trans- | misit illuc Pater quos uaetustiores (sic) habebat 
delectos filios, erant | hi, qui ex diuersis prouincij;s Romam uenerant 
causa studi), quique | et ]ustiniani militiae nomen dederant, a qua 
deficientes, et Christo | paenitus adhaerentes, facti erant sine igno- 
mjnia desertores et cum | honore transfugae, adiunxit illis pater et 
alios, quorum omnium labore et | cultura sterilis olim ager fructum 
retulit centuplum, erant omnes ministe | rio uerbi instantes et officijs 
sacre.mentorum, redditumque celebre nomen | ecclesiae, quae sui stru- 
cturr. erat exigua, Contigit et post diu | ut ipsae Oratori) exercita- 
tioncs in nouum oratorium illic nouiter construc- | tum transferren- 
tur, nam angusti)s bethlehemiticis frequens accessus | populj arcta- 
tus, uix diutius continebatur, haec cum ita se haberent, et | om- 
nium esset cor unum et anima una, expetiuit Satanas ut cribra- | 
ret nos, suscitans aduersus patrem et fratres, unum ex illis qui | 
post alios illuc aduenerat qui cum ob id quod inordinate ambu- | 
laret corriperetur a patre, restitit in faciem eius, et aduer- | sus 
cundem mouit calcancum suum, cumque contumax persisteret nec 
Jussis | patris obedire uellet, meruit e coetu fratrum expelli, qui 
fratrum | consortio segregatus, mouit mare et arida aduersus eosdem 
et | florentinos quibusque effictis commentis in eosdem concitauit, 
actumque inter | eos crebris conuentibus ut omnes pellerentur, qui 
illum eiccissent, sed | non defuit inter eos pro nobis nouus Gamaliel] 
nam Vir praecipuus inter cos qui cum aucto-|ritate caeteros anteiret 
rationibus repressit omnes, et oratione restitit | omnibus, manus enim 
dei erat cum illo, culus studio et praecipue Dei uirtute clausae fucrunt 
uelut | in utre aquae maris. his pressus angustijs Pater, his fatiga- 
tus la- | boribus, miseratus et suos tot agitatos procellis, cogitare 
cocpit ut | eriperet eos a conturbatione hominum et a contradi- 
ctione lingua- | rum, postque multas in his habitas ad Deum preces 
adijt ipsum Pontifi [cem Gregorium, petijt ab eodem humiliter sibi 
ac suis liberam concedi | ecclesiam, benigne eum excepit Pontifex, con- 
solatus est scnem | annuit uotis, qui et inter multas sibi propositas 
ipsemet elegit | ecclesiam S. Mariae in Vallicella, consulens prae- 
sertim populi utilitati | et commoditati, ut in eo loco Urbis sita, 
ubi est frequentior habitan- | tium multitudo et accedentium accur- 
sus, est ipsa dicata Natali- | tijs Dei genitricis, antiqua urbis parochia, 
nec memoria extat, | quod antiquior illa Natali Virginis Romae 
fuerit dedicata ecclesia, in uetustis- | simis dipticis quae habentur 
in bibliotheca Vaticana de Urbis parro- | chijs eiusdem crebrior ha- 
betur mentio, quam et Eugenius. 3. ditauit | indulgentijs, extant in 
registris de ijsdem exemplaria, haecque cum | esset sub Patriarchali 


— Gil — 


P. ANTONIO BELLUCCI. 


ecclesia S. Laurenti} in Damaso con- | stituta motu proprio iterum 
atque iterum eamdem exemit et liberam | nos eam habere uoluit. 
haec acta ipso anno Sacratissimo Jubilei, | post annum Vigesimum 
ab inceptis Oratori) institutis. hac nobis concessa | ecclesia, cum in 
omnium animo esset illuc confestim accedere, ad mo [dicum tantum 
tempus dilata migratio, quousque scilicet aliqua modica | impensa 
ipsa usui redderetur utilior, Sapientis architecti id | relictum arbitrio, 
qui eamdem exacte perlustrans fundamenta usque | deorsum inspi- 
ciens, eamdem iam prope uetustate collabentem comperijt, | utque 
in eadem resarcienda omnem fore impensam deperditam, nisi nouis 
suffulciretur | fundamentis, idque fieri nec posse absque magna im- 
pensa, quae et utilius im]penderetur, si iacienda fundamenta novae 
structurae amplioris spatij inser- | uirent, terruit pene omnes et 
expensarum magnitudo et temporis dilatio, | sed nec his perterrefactus 
pater noluit cuncta consilio ipsius architecti | peragi, ut qui in eodem 
uelut olim in Beleele (sic) Spiritum dei inesse deprecaretur, pie is 
egit quod omne opus suum gratis exhibuit, cgit et pruden | ter, quia 
typum construendae ecclesiae exibere usque uoluit, ne scilicet | ma- 
gnae molis exemplari perspecto, disperaremur inceptis, idque | om- 
ne consilium dei fuit; ad libitum filum direxit, ex amplis uestigijs } 
conijciebatur summa proceritas, et iam timebamus ne nobis in fu- 
turum illud euan- | gelicum exprobraretur. hic homo coepit aedi- 
ficare et non potuit consumare, | sed occurrit statim deus, dun» 
contigit ibidem, ubi effoderetur fossa funda- | mentorum reperij (sic) 
peramplos latericios solidissimos parietes, nec in uno tantum loco | 
sed pene ubique a dextero latere, sed cum a sinistris non reperirent, 
affuit | spiritualis noster architectus, ipse pater, qui trans filum iussit 
effodi ubi, mirantibus cunctis, continuo fuerunt fundamenta | reperta, 
eaque occasione ipsum ecclesiae gremium latius est utiliter redditum, | 
superque ca adinuenta fundamenta omnis aedificatio constructa cic- 
uit in | templum, sed cum iam nobis nihil pene habentibus omnis 
esset impensa | difficilis, insuper et mora odibilis, consolatus est nos 
deus in eelemosi- | narum effusa largitione fidelium, pauperes prac- 
venerunt principes, | qui ct plus cacteris contulerunt, et si non cen- 
su saltem eorum fide ditatum est gazophilacium, de substantia 
quisque sua offerens minuta, mulicr- | culae insuper pauperculac lu- 
cerna uelut accensa domum euert.... ut uel dragma | quod offerrent 
inucniret (sic), aliquas iam cx his e digitis auulsos anulos etiam 
contulisse; hacc dixe- | rim semina quae continuo exorta, nec cexpe- 
ctata aestate, fructum attulerunt | centuplum | nam illico et diui- 
tum sunt sequutae oblationes, contulerunt et ipsi Rom. ecclesiae 
pracelati et praccipue Ill.mi Cardinales, supergressus omnes ipse Sum- 


— 652 — 


35 n. vW aC 


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BaRronIO. — ‘‘ De Origine Oratori) ,, (Archivio Oratoriano di Napoli). 


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IL «DE ORIG. ORAT.?» DEL BARONIO 


mus Anti- |stes Gregorius, qui se talem ab initio et usque modo 
in largiendo exhibuit | ut merito eius structura, eiusque aedificatio 
dici debeat, quae et post Dei genitricem etiam et Diuo | Gregorio 
Magno dicandam eiusdem arbitrio censeatur. his praestitis a Deo 
au- | xilijs, mira celeritate per anni scilicet spatium ea ecclesiae pars 
extitit absoluta | quae ad ecclesiastica peragenda ministeria esset 
idonea, quae et lato | gremio populum confluentem ad conciones 
exciperet, sequentis itaque anni ini- | tio in septuagesima dominica 
sacra illic sunt Encenia celebrata, so- | lemnibus illic sacris peractis 
misterijs ab Archiepiscopo florentino, ubi et se- | quenti quadrage- 
sima celebris ille et uelut apostolus habitus ex hispa- | nia oriundus 
Lupus minorita (hoc annuente pontifice) frequentissimo | populo est 
concionatus. non omittendum quod pene mense exciderat, | quod 
confestim ad diuinum cultum fuerunt exhibita ornamenta, calices | 
ministeriales, turribulum, candelabra, et alia..... insuper pro | sacris 
indumentis fuerunt elargita serica auro contexta, et preciosis- | sima 
uela, ut ipsa ecclesia, licet nondum perfecta, tamen in ornatu basi- 
licam | praeseferret, facta est eodem anno fratrum transmigratio, 
cumque angustae | essent aedes ut omnes reciperet (sic), commode 
accidit, qued illis contiguae essent | aedes R. D. Alphonsi Viceco- 
mitis nestri pernecessarij, qui easdem | non amplius priuatas sed 
communes habere uoluit cum fratribus, | profana uertit in sacra, 
stabula in oratorium, | exhibuit se et consortem ministeri), immo et 
ministrum, mensuram | sane bonam dedit, dum sua contulit, con- 
fertam et coagi | tatam dum seipsum, superefluentem uero dum se 
omnium ministrum exhibuit. | Laus deo. 


— 633 — 


PUBBLICAZIONI DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE 


Serie prima: SCIENZE FILOSOFICHE. — Volumi 12. 
Serie seconda: SCIENZE GIURIDICHE. — Volumi 16. 
Serie terza: SCIENZE SOCIALI. — Volumi 4. 

Serie quarta: SCIENZE FILOLOGICHE. 


Vol. I. -- GiusEPPFE GHEDINI, Lettere cristiane nei papiri greci del Ill e IV 
secolo. Vol. in-16 di pag. 376, L. 18. 

Vol. II. — CEssi Camitto, Le origini della letteratura greca: Appunti. Vol. 
in-8 di pag. 52, L. 3. 

Vol. III. — Luici SORRENTO, Italiani e Spagnuoli contro l’egemonia intel- 
lettuale francese nel settecento. Dissertazione proemiale. Vol. in-8 di 
pag. 58, L. 5. 

Vol. IV. — GiovannNI BATTISTA PicHRI, JI proemio degli Annali di Quinto 
Ennio. Vol. in-8 di pag. 52, L. 4. 

Vol. V. — GiusePPE GHEDINI, La lingua greca di Marco Aurelio Antonino. 
Vol. in-8 di pag. 90, L. 10. 

Vol. VI. — GiusEppPE GHEDINI Le clausole ritmiche nella « Historia persecutionis 
africanae provinciae », di Victor de Vita. Vol. in-8 di pag. 80, L. 6. 

Vol. VII. — Raccolta di scritti in onore di FELICE Ramorino, Vol. in-8 di 
pag. xxIv-707 con una tavola fuori testo. L. 75. 

Vol. IX - LuIGI SORRENTO, Francia e Spagna nel 700 - Battaglie e sorgenti di idee. 


Serie quinta: SCIENZE STORICHE. 


Vol. I. — Giovanni Soranzo, La Lega Italica (1454-1455) (esaurito). 

Vol. II. —- Silvio Vismara, Il concetto della storia nel pensiero scolastico. 
(Esaurito). i 

Vol. III. — Pietro BELLEMO, Concetti e compiti della Geografia Economica. 
Vol. in-8 di pag. 68, L. 4. 

Vol. IV. — Pietro BELLEMO, Attraverso la Padania Orientale nei tempi 
antichi (Appunti di Geografia Economica). Vol. in-8 di pag. 28, L. 2. 

Vol. V. — GiuLtio GIANNELLI, La spedizione di Serse da Terme a Salamina 
(Saggi di cronologia e di storia). Vol. in-8 di pag. V.11-84, L. 6. 

Vol. VI. —- ARISTIDE CALDERINI, Saggi e studî di Antichità. Vol. in-8 di pa- 
gine vIri-304 con 24 tavole fuori testo, L. 25. 

Vol. VII. — Pietro BELLEMO, I fattori geografici nella localizzazione delle 
industrie. Vol. in-8 di pag. 48, L. 3. 

Vol. VIII. — Vincenzo Nasatti-Rocca DI CORNELIANO, Il trasferimento dello 
studio Visconteo da Pavia a Piacenza. Vol. in-8 di pag. 80 L. 6. 

Vol. IX. — GiuLio GIANNELLI, La Magna Grecia da Pitagora a Pirro. Vol. 
in-8 di pag. 96 con tre tavole fuori testo L. 10. 


Serie sesta: SCIENZE TEOLOGICHE. Volumi 3. 


Serie settima: SCIENZE RELIGIOSE. 


Vol. I. — UMBERTO A. PApbovani, Vito Fornari. Saggio sul pensiero reli- 
gioso in Italia nel sec. XIX (esaurito). 

Vol. II. — Mariano CorpbovaniI, Il Rivelatore (esaurito). 

Vol. III. — ANNA CRISTOFOLI, Il pensiero religioso di Padre Gioacchino Ven» 
tura. Vol. in-8 di pag. 1v-260, L. 10. 

Vol. IV. — UmBERTO A. Papovani, Vincenzo Gioberti e il cattolicismo, con 
documenti inediti. Vol. in-8 di pag. x11-500 L. 35. 


Serie ottava: STATISTICA. — Volumi 2. 


Vol. I. — MarceLLo BoLpriINI, Sviluppo corporeo e predisposizioni morbose. 
Contributi statistici alla conoscenza della medicina costituzionale. Vo- 
lume in-8 di pag. x11-236 con tavola fuori testo, L. 20. 

Vol. II. — MarceLLo BoLpRIinI - ALBINO UGGÈ, La mortalità dei Missio- 
nari. Volume in-8 di pag. 67, L. 5. 


Essendo limitato il numero di queste pubblicazioni 
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la raccomandazione. 


BOLLETTINI BIBLIOGRAFICI 


LUIGI SORRENTO 


Prof. di Filologia romanza nella Università Cattolica del Sacro Cuore 


FOLCLORE E DIALETTI D'ITALIA 


(1925-1927) 


Al Bollettino bibliografico di Filologia romanza, per cui ho rac- 
colto gran parte del materiale necessario per il biennio 1925-26, faccio 
precedere questo del Folclore e dei Dialetti d'Italia. E ne dico le ragio- 
ni. In primo luogo ho sempre ritenuto e ritengo che dell'uno e degli 
altri non possa disinteressarsi il neolatinista, come del resto hanno di- 
mostrato e dimostrano colle opere, coll’esempio e con incitamenti vari 
1 più illustri colleghi italiani e stranieri. Oltre a questo motivo d'ordine 
scientifico, ce n'è un altro, dirò così d'opportunità di tempo e di luogo: 
mi è parso giusto e, vorrei dire, urgente, incominciare con materie che 
interessano più da vicino il nostro Paese e in modo nuovo la scienza, 
oggi più vivamente che mai, come si vedra nel corso di queste pagine. 

Dirò pure francamente che lo studioso, oltre a un metodo, non può 
fare a meno di avere un suo tono sentimentale, che lo conduce a sceglie- 
re argomenti speciali nel campo degli studi e a darvi, se può, un sug- 
gello particolare. 

Per me lo studio det dialetti e delle tradizioni regionali risponde 
a una delle più immediate esigenze dello spirito; la regione è una real- 
tà che non si può sopprimere nella scala dei valori materiali, intellet- 
tuali e morali; la conoscenza del proprio paese è un bisogno general- 
mente sentito e un godimento insieme: « Turpe est in patria vivere et 
patriam non cognoscere ». Per 1l modo stesso con cui si sono svolte la 
letteratura e la storia della nostra mazione, i dialetti e le tradizioni 
regionali occupano un posto quasi centrale nella vita italiana dalle ori- 
gini al Risorgimento, da Dante al Manzoni, essendori stato or più or 


LUIGI SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI D’ITALIA. 


meno ed essendovi tuttavia tra regione e nazione un flusso e riflusso di 
opere e sentimenti sempre freschi e sempre fecondi: 1 varî parlari della 
penisola e ‘il folclore italiano hanno resistito ad ogni dominazione 
stramera e per la loro affinità cr fanno apparire tutti, dalle Alpi 
all’Etna, come germogli di uno stesso grande e rigoglioso tronco. Tale 
affinità, viva e sentita, anche se non consapevole in tutti gli ordini so- 
ciali, ha fatto st che spiritualmente la nazione è stata da secoli una, 
pur divisa e dominata dallo straniero. Questo fatto spirituale è la parte 
più significativa e, starei per dire, più commovente di tutta la serie 
degli avvenimenti della nostra storia. Sicchè 1 dialetti e le tradizioni 
sono importantissimi per la storia dello spirito e per la civiltà del nostro 
Paese e, costituendo un corpo di scienza, sono capaci di eticità. 

C'è infine un fatto materiale che dà ragione della precedenza di 
questa rassegna e che non è senza una qualche relazione con quanto ho 
ora detto. I miei cari studenti dell'Università Cattolica che mi aiutano 
nel lavoro, sono stati più bravi e più solleciti a raccogliere note folclo- 
riche e dialettali, e mi hanno spinto, consapevolmente o no, a tale pre- 
cedenza. A titolo di lode cordialissima menziono tra gli altri 1 nomi 
del Dr. Giuseppe Manfredi e di Don Giuseppe Marchetti. Debbo pure 
ricordare la Prof. C. Naselli, mia ex-scolara presso la R. Università 
di Catania e ormai molto apprezzata nel campo degli studi. 

Questo Bollettino incomincia col 1925 e finisce con la metà del 
1927, ma ti sono pure ricordate opere apparse anteriormente, che ab- 
diano avuto un'azione 0 sollevato discussioni nel periodo da noi scelto; 
e altresì vi sono segnalate quelle che sono state annunciate per la stampa 
con circolari per sottoscrizioni, avvisi editoriali o promesse riassunti- 
ve e pubbliche degli autori stessi o di enti. La Parte del folclore, natu- 
ralmente distinta da quella dei dialetti, presenta difficoltà di raccolta e 
di ordinamento grandissime, quasi scoraggianti, per la varietà e di- 
spersione der suoi cultori, sebbene il Folklore Italiano (1925), come 
l’Italia Dialettale (1924-25) per la dialettologia italiana, abbia cer- 
cato di rimediarvi appunto in questi anni. Ma, per conto nostro, non 
abbiamo risparmiato fatiche di letture dirette, per cui spesso si son qui 
dati esempi di quei «ristretti» che delle opere annunziate al pubblico 
st facevano nei tempi andati con grande utilità degli studi; e non cr 
siamo stancati di far ricerche in ogni angolo d'Italia. A ogni modo, 
saremo grati a quanti ci vorranno aiutare a colmare le lacune inevita- 
bili in questo genere di lavori. 


—- 636 — 


PARTE I: IL FOLCLORE. 


A — Il folclore in generale: 


a) DISCUSSIONI E QUESTIONI METODOLOGICHE. CULTORI 
DELLA SCIENZA FOLCLORICA: 


Il termine « folclore»... .... 0.0... . I 3436-3443 
Questioni e visioni generali . . . .... 0... 0. - 3444-3455 
Problemi intorno alla novellistica . . .... . + + 3456-3463 


Origine ed essenza della poesia popolare . . . . . 3464-3466 
Vitalità del folclore... .... 0... 0... + + 3467-3468 
Contributo dei dialettologi . . .......... 3469-3486 


Scopi e valore del folclore . . . .. «00. + 3487-3491 
Cultori della scienza folclorica —. . ........ 3492-3512 
b) STUDÎ VARÎ E SUSSIDÎ SCIENTIFICI: 
Lavori folclorici generali . . .... Sgrena 35633543 
Contributo della scienza dell’antichità . . . .. . «- 3544-3551 
Contributi storici . . ....... - .000+ + + + + 3552-3566 
Idee filosofiche e riflessi leticiani 3: tei ione è . «+ 3507-3576 
Contributi linguistici particolari . . . ....... 3577-3589 
Studî filologici sulla letteratura popolare . . . . . 3590-3010 
C) MOVIMENTO SCIENTIFICO E INIZIATIVE PRATICHE: 
Riviste . . ... e dle e La Si ixus ela ch: e e 3601-360390 
Collezioni e colla “rc - +0. +. + + + 3631-3640 
Raccolte di materiali e LibLGRTARE Sura Al eri . 3641-3651 


Congressi Goes een a E 4 13092 
Mostre del costume. . ....... +... + +. +. 3653-3658 


Musei etnografici <.. <- «x è ue aa e . 3659-3669 

d) IL FOLCLORE E LA SCUOLA: 

Questioni teoriche... ...... 0.0... +... 3670-3685 

Insegnamento del folclore... ........ . 3086-3691 

Opere folcloriche per la scuola. . .......- 3092-3716 
B — Il folclore nelle varie regioni: 

—- DIVISIONE DELLE REGIONI ITALIANE . . . . . . . 3717-3718 
1. Piemonte (e Savoia)... ... 0.0... +... 3719-3746 
D:«LIBUIA: . 4 dol e e - 0... + + 3747-3769 
3. Lombardia (e Canton Ticino) pri a 60377037048 
di “Trentino: “dee aa 4 eee Lib n è 370553911 
5. Venezia Euganea  . ...... 0.0. + + +. +. 3812-3828 
6: Piiùule sia ai . + 3829-3874 
7. Istria, Trieste, house (e Danza) . «+ +. +. + 3875-3890 
8: Enullia: Leelee ad è dd © 6 3891-3901 
Ò). Romagna +» cu e e a Sea A 3902-3948 


soit 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. 


I. 3436-3438 


Io. Toscana (e Lunigiana) .. . ....... I 3949-3969 
11. Roma, Lazio e Umbria... ..... 0... 2970-3999 
2. Marche 2. we srl ey de e sore de i A000=4005 
13. Abruzzo . 4006-4013 


14. Campania (specialmente Terra di Lavoro e Irpinia) 4014-4052 


15:--Pugliax: 04° dee E a e: a HOF 
16. Basilicata e Calabria... .... 0... .. +. 4065-4107 
17. SIGOlA cop ale eo e e; e e IO83166 
15. SAFCEENA. cia poke de o, e A a 1074195 
TO: :COrSIca: « deg a E a e de le 41804207 


- DISTRIBUZIONE DELLA MATERIA FOLCLORICA PER OGNI 
REGIONE: 

a) Canti, Musica, Danze. 

b) Proverbi, Indovinelli, Scioglilingua, Motti, Voci. 

c) Giuochi, Giocattoli, Cantilene infantili. 

d) Leggende e fiabe, Novelle e Facezie. 

e) Usi, Costumi, Credenze, Superstizioni. 

{) Feste e solennità, Santuari, Fiere, Spettacoli scenici. 

g) Illustrazioni dei luoghi, di memorie e di tempi andati, Glorie 

locali. ° 
h) Arte, Professioni, Industrie, Curiosità. 


4). — IL FOLCLORE IN GENERALE 


A) DISCUSSIONI E QUESTIONI METODOLOGICHE, CULTORI DELLA 
SCIENZA FOLCLORICA. — Cominciamo dal termine « folklore ». In 
questi anni si è tentato da varie parti di sostituirlo con un termine 
italiano, ma il tentativo non è riuscito. Così apprendesi da una 
noticina delle VDI (I 3436) e dai risultati di una Commissione 
nominata dal Comitato generale per la futura Mostra folclorica di 
Milano (I 3437), che deliberò di conservare il vecchio termine adot- 
tando la grafia folclore, mentre già per conto proprio le VDI nella 
predetta noticina l'avevano scelta allo scopo di italianizzare la parola 
« con la sostituzione della c alla & che non fa parte dell'alfabeto ita- 
liano ». Viene così a cadere il troppo vivace allarme del Corso (I 3438), 
che ha difeso giustamente il vecchio termine, ma mantiene la £ nel 


I. 3436 — Un concorso a premi I. 3437 — «Corriere della Sera », 
per l'illustrazione dell’Italia fol- 20 luglio 19206. 
cloristica = VDI, gennaio 1026 I. 3438 — Corso R., Z triumviri 
70. nomenc. = FI, II, 132 tott. 1920). 


— 638 — 


DISCUSSIONI METODOLOGICHE - TERMINE “FOLCLORE n. I. 3439-3441 


titolo della sua rivista. A difesa di questa consonante è sceso in cam- 
po il Cocchiara (l 3439) con la seguente ragione: «La parola 
folc non esiste nè nella lingua italiana nè in quella inglese, e appun- 
to per questo la proposta invece di tendere ad italianizzare un nome 
tende a imbastardirlo ». Questa ragione non si può discutere, e l’ab- 
biamo riportata per informazione. 

Intanto sentiamo qualche linguista, chè la cosa è, senza dubbio, 
di loro competenza. Il Prati (I 3440), che da buon dialettologo tiene 
l'occhio al folclore, segue la grafia con c e ha certo i suoi motivi. 
Il Corso gli osserva: « Per quanto greca, questa lettera è nell’alfa- 
beto italiano non solo, ma deve esser conservata in tutti i casì in 
cui ricorre nelle parole di origine esotica »; mentre si sa invece 
che la £ è «estranea all’odierno alfabeto italiano » (D’Ovidio e Meyer- 
Lubke), manca, secondo le grammatiche dell'uso moderno, alla no- 
stra lingua, e all'occorrenza si sostituisce con altre (il che si fa be- 
nissimo coi segni c, ch, g).. 

Un altro linguista, che ha tante benemerenze scientifiche verso 
il folclore, Vittorio Bertoldi, usa nei suoi ultimi importantissimi la- 
vori, la forma con la c. Altresì ci risulta che il collega Clemente 
Merlo ha sostenuto presso la Crusca, di cui egli fa parte, di ac- 
cogliere nel lessico italiano il minor numero possibile di voci fore- 
stiere e, quando è necessario, di accoglierle però in veste italiana: 
certamente egli sta per la grafia folclore. Noi pure la seguiamo in 
queste pagine, e, punto disposti a dare una soverchia e tanto meno 
un'acre importanza alla piccola discussione, ci permettiamo di au- 
gurare fortuna alla nuova grafia: se già si è italianizzata la pronun- 
zia di folk-lore, facendosi sentire distintamente la e finale, possiamo 
benissimo scrivere italianamente la voce stessa, così come è avve- 
nuto attraverso i tempi in simili casi. Oltre tutto, vorremmo che 
coll’italianeggiamento dell’ormai diffusa parola e con la sua legit- 
timazione nel vocabolario italiano si togliesse quella veste ostica e 
straniera a una scienza che ha una luminosa tradizione in Italia. 

Ancora è utile ricordare che al termine italiano e pitreiano di 
demopsicologia torna adesso A. Di Giovanni (I 3441), il qual termine 


I. 3439 — Cocchiiara G., Fol-  nov.-dic. 1924; gen. 10925. — 
Rlore (Manuale Hoepli), Milano, Rec.: FI, I, 332 (giugno-sett. 
1927.. 1925) (R. Corso). 


I. 3440 — PRATI A., Sguardo 


generale al folclore con particolare I. 3441 — Dir GIOVANNI A., Gli 


rispetto al Trentino, Estr. Schola, 
Trento, Arti Grafiche Tridentum, 


studii di demopsicologia in Sicilia 
— LEO, III, 84 (1927). 


— 639 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3442-3444 


il Corso ha recentemente considerato come uno dei «superflui 
raddoppiamenti, che rappresentano nelle varie nazioni, rispetto alla 
nomenclatura generale, quello che in determinati ambienti familiari 
rappresentano alcune parole di gergo rispetto alla lingua comune ». 

Non si può, per altro, andar d'accordo col Di Giovanni, quando 
egli vuole stabilire una curiosa differenza di merito scientifico tra 
folclore e demopsicologia, quasi che il primo costituisca una scienza 
inferiore, o peggio ancora una non-scienza, e l’altra la vera scienza. 
Non bisogna in questa questione guardare alla sola Sicilia, ma 
a tutta la storia della scienza. Il termine Fo/k/ore fu adoperato dal 
Thoms (1846) con serî intenti scientifici. 

Un giovane neolatinista, Guido Vitaletti (I 3442), osserva che 
«la parola demopsicologia dice tutto e non dice niente, e per di 
più è brutta. Converrà trovarne un’altra, se non vorremo tornare al- 
l’esotico folklore ». Paolo Toschi da canto suo, «aspettando che i dotti 
sì mettano d'accordo», riconosce l’importanza e la diffusione del ter- 
mine inglese, ma intanto osserva per comprensibili sentimenti italiani 
e pitreiani che «con buona pace dei folkloristi, la lingua italiana 
possiede un termine che vale, per ampiezza e precisione di signi- 
ficato, quanto quello inglese, e forse più, ed è tradizioni popolari » 
(I 3443). Crediamo bene che ogni pregiudiziale, come suol dirsi, non 
esisterebbe per il Vitaletti e per il Toschi, togliendo la patina eso- 
tica e usando la forma normalmente italianizzata: folclore. 


Di maggiore importanza sono stati gli studî e le discussioni sul 
metodo, il carattere, lo scopo, i risultati della scienza folclorica. Ciò 
non è esclusivo all'Italia. A parte i varî luoghi e spunti della rivista 
inglese Fo/k-Lore, basta qui citare K. Krohn (I 3444), che tratta 
del metodo geografico-storico da applicare agli studî folclorici con 
queste tre regole principali: 1) conoscere tutte le versioni esistenti 
di una tradizione o di una leggenda che si vuol studiare; 2) ordinare 
e numerare le varie redazioni secondo l'ordine topografico e storico; 
3) fare il lavoro di comparazione alla maniera del filologo per ri- 
salire al testo originale. In fondo si tratta di un metodo, non creato 
dal padre dell'autore, J. Krohn, ma preso in prestito dalla filolo- 
{de 


I. 3442 — VITALETTI G., Per il I. 3444 — Kroun K,, Die fol- 
futuro museo etnografico = LC, IV, pioristische Arbeitsmethode, begriind. 
274: ‘(15-apHile, 925); von J. Kyohn u. wettergef. von 

I. 3443 — ToscHi P., Che cosa nord. Forschern, Oslo, H. Asche- 
è il Folklore = «Il Resto del Car- houg e C., 1926. — Rec.: FI, II, 
lino », 14 giugno 1927. 320 (marzo 1927). 


— 540 — 


DISCUSSIONI METODOLOG. - QUESTIONI E VISIONI GEN. I. 3445-3447 


gia, la quale creò le sue forti basi nel periodo di tempo in cui 
questi visse. Certo tal metcdo è oggi esposto a riesami e a discus- 
sioni, ma ad ogni mcedo ci associamo al recensore Walter Anderson 
che augura una traduzione dal tedesco, «chè per disgrazia molti 
folkloristi d'Italia non potranno leggere l'originale ». 

Un libro straniero di carattere divulgativo è quello di Arnold 
van Gennep (I 3445), che traccia un quadro d'insieme del folclore 
e dà precise indicazioni sul lavoro degli studiosi della materia. L'ope- 
ra del Gennep è basata su un metodo che, rifuggendo dalle com- 
. parazioni generiche e astratte, ama la determinazione e la valutazione 
specifica, tenendo conto nella ricerca folclorica di tutti quanti i fat- 
tori: storici, anche con studî d'archivio, materiali e spirituali. Per 
questo l'A. s'accosta al nuovo metodo della neolinguistica; difatti 
nel suoi pregevoli lavori sulla Savoia, che citeremo più oltre, fa uso 
di cartine geografiche. 

Un saggio di un metodo applicato allo studio delle fiabe e 'leg- 
gende può considerarsi «il piano di un dizionario di motivi dei rac- 
conti popolari» di A. Christensen (I 3440). Accanto al motivo, che 
è un episodio completo ridotto alla sua forma schematica, egli di- 
stingue il fema (la morale della favola). Per i motivi non vi è altro 
modo di catalogazione che i cateh-words in ordine alfabetico; per i 
temi si può tentare una classificazione metodica, e l’autore ne pre- 
senta una accuratamente studiata. I folcloristi devono tenerla pre- 
sente per la comodità che deriva dal trovare molte raccolte intrin- 
sicamente ordinate secondo il medesimo sistema. 

Anche sulla letteratura narrativa medievale ha pubblicato un 
volume lo specialista A. Wesselski: vasta la documentazione com- 
parativa e acuta la critica letteraria. Qualche aggiunta vi apporta 
Alfons Hilka in una recensione. In un'altra Kaarle Krohn prende 
posizione per «la scuola finnica » circa l’indagine scientifica delle 
fiabe, difendendo quella scuola e valutando le varianti letterarie 
di fronte alle popolari. Certamente la tradizione popolare deve 
essere presa in considerazione accanto a quella dei documenti tra- 
smessi per iscritto: l’una e l’altra essendo spesso concatenate. Il 
che del resto fa lo stesso Wesselski nei suoi lavori folclorici (I. 3447). 


I. 3445 — Van GENNEP A., Le 59 (1925). — Rec.: LC, 15 dic. 
Folklore, Paris, Stock, 10924. — 1920. 

Rec.: ADB, XXXVII, 181 (1920). I. 3447 — WESSELSKI A., Mdr- 

chen des Mittelalters, Berlin, H. Stu- 

I. 3446 — CHRISTENSEN A., .Vo-  benrauch, 1925 — Rec.: ZRPh, 

tif et thème. Plan d'un dictionnaire, XLVI, I, 115 (1926) (Hilka) e 

de légendes et de fables — FFC, fasc. NPhM, XXVI, 11 (1925) (Krohn). 


— dl — 


Aevum - Anno I - 41 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3448-3450 


In Italia, tra coloro che han trattato questioni generali, notia- 
mo anzitutto Raffacle Corso. Già nel 1923 egli pubblicò un volume 
sulla storia, l’obietto e il metodo del folclore (I 3448), per cui resta 
fissata la concezione che esso come scienza è una parte dell' etno- 
grafia, cioè etnografia speciale : concezione, come vedremo, confermata 
da altri studiosi. Buone idce sono anche state esposte il 1925, nell’av- 
viso «Ai lettori» (I 3449) nel 1° numero della rivista // Folklore italiano, 
da lui diretta. Tra l’altro afferma che anche il folclore nostro deve 
svilupparsi in tutti 1 suoi svariati rami « da quello religioso a quello 
giuridico, da quello letterario a quello musicale, da quello botanico 
a quello zoologico, e via di seguito ». In ordine a quel che è la realtà 
pratica, nota che è necessario togliere gli studî folclorici di mano 
ai dilettanti. Simili lamenti e propositi, si sa, sono di vecchia data. 
D'altra parte nello stesso Avviso è notato: « Tutti coloro che per 
ragione dei proprî studî e della propria pratica, della professione e 
della carriera che rivestono, hanno opportunità di osservare fatti, 
pregiudizi, superstizioni sono invitati a voler cooperare al nostro 
lavoro con relazioni e ragguagli». Or dunque, se è vero che il folclore 
abbia raggiunto il grado di scienza, gli specialisti di esso possono 
accogliere leto animo il contributo di altri studiosi, e non guardarli 
quasi come concorrenti; nè hanno da temere i dilettanti: da questi 
ultimi si prende quel tanto di buono che possono dare. Già essi 
restano ai margini o sono come materiale grezzo nel campo della 
scienza. Quali e quanti si siano 1 folcloristi italiani, essi hanno, per 
questo, da imparare dai dialettologi, i quali hanno fondato da noi 
una scienza che ormai si è affermata per sercnità e severità d'intenti 
e di risultati indiscutibili. Eppure sarebbero facili le improvvisa- 
zioni anche nel campo della dialettologia. Non si ricorre più che in 
casi eccezionali all'aiuto di dilettanti. Il dialettologo ormai fa la 
prima ricerca direttamente sul posto. L'idea di creare musei etno- 
grafici, che pur porta con sè la necessità pratica di aiuti generosi 
da varie fonti, dovrebbe emanciparsi dal dilettantismo, o almeno 
aggiogarlo al carro degli specialisti, che auguriamo ricchi di numero 
e di serena e severa scienza, condizioni indispensabili a conseguire 
autorità. Ma su ciò si avrà più avanti occasione di tornare. 

Il Corso stesso ha pubblicato un sintetico disegno storico (I 
3450) dello studio compiuto in passato e di quello che si compie 


I. 3448 — Corso R., Il Fol- I. 3449 — Corso R., Ai lettori 


Rlore, storia, obbietto, metodo, bi-. == FI, I, 1 (marzo 1925). 
bliografia, Roma, Ed. L. da Vinci, 
1023. I. 3450 — Corso R., Sviluppo 


— 642 — 


DISCUSSIONI METODOLOG. - QUESTIONI E VISIONI GEN. I. 3451-3452 


al presente sulle costumanze, le tradizioni, le produzioni artistiche, 
letterarie, mitologiche popolari, studio che, un secolo e più avanti al 
Thoms, aveva avuto in Italia insigni cultori. Si vuol vedere dal Corso 
un precursore dei folcloristi anche in Tommaso Campanella, come 
in Leonardo Giustiniani e in G. B. Basile. Nell'Ottocento abbiamo 
fra i più noti folcloristi il Carrer, il Tommaseo, e altri nomi meno 
noti; poi, nella generazione successiva, l'Imbriani, il Nigra, il D'Anco- 
na, il Vigo, il De Gubernatis, il Graf, il Ferrari (Severino), il Rubieri, 
il Cannizzaro, lo Zenatti, 11 Lumbroso, il Novati, lo Scherillo, il Cro- 
ce, il Torraca, il Cian, il Rossi (Vittorio), lo Zingarelli, ecc. ecc., 
quasi tutti letterati o filologi, al tempo che il Pitrè e il Loria si af- 
fermavano insigni folcloristi. Questa di passare in rassegna i cultori 
del folclore è, come vedremo più avanti, una via giusta per chiarire 
le idee. Peccato che le pagine corsiane siano brevi e rapide, spesso 
di soli nomi, ec non tengano conto dei movimenti d'idee coevi: gli uni 
e gli altri non sono interpretati armonicamente, e manca nel giudizio 
complessivo una linea. A ogni modo è bene ribadito il concetto che 
sì debba «lasciare all’etnografia generale la ricerca delle leggi uni- 
versali che presiedono allo sviluppo dell’attività magico-religiosa e 
delle istituzioni sociali; e all’etnografia speciale (folclore) la ricerca 
dei fatti e delle cause locali che regolano le variazioni di quello. 
Uno spunto di discussione di idce generali si trova pure in un’altra 
pubblicazione del Corso annunziata dalla libreria Tirelli di F. Guai- 
tolini di Catania (I 3451). L'autore dà conto, nell’Introduzione, del 
perchè abbia intitolato Revtviscenze il suo libro e vuol fare una di- 
stinzione: « reviviscenza è ogni tradizione — racconto, rito, pratica 
magica o religiosa — in cui il popolo crede nella sua schietta e 
ingenua fede di reminiscenza, invece sopravvivenza è ogni tradizione 
che persiste nella memoria, senza trovare nell'anima dell’uomo il 
palpito vivificatore ». 

A criteri metodologici del Pitrè si mantiene in generale fedele 
il folclorista Saverio La Sorsa nella sua fresca raccolta di fiabe e 
novelle popolari (I 3452), c ciò quanto alla scelta di raccontatori 
privi d'istruzione, e in certa misura quanto alla trascrizione orto- 
fonica e non fonetica, e alla classificazione. Si sarebbe atteso da lui 
in questi tempi un vivo e moderno senso filologico, ma egli ha 


storico del Folklore in Italia = FI, I. 3452 — La Sorsa S.,, Fiabe 

II, 1 (ott. 1920). e no:'elle del popolo pugliese. Con 
I. 3451 — Corso R,, Revivi- frefaz. di A. Mari, vol. I, Bari- 

scenze, Studî di tradizioni popo- Roma, F. Casini e F., 1927. 

lari italiane, Catania, Guait., 1927. 


= 0 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3453-3456 


e __ Ae ©r1 | —__— ————————6 r_ eee, = —-— T—_ - 


tralasciato persino, e ha fatto male, di raccogliere quelle fiabe e no- 
velle che presentano troppe somiglianze tra loro. 

Un seguace del Corso, Giuseppe Cocchiara, ha testè pubblicato 
intorno al folclore il volumetto citato tra ìi Manuali Hoepli. L. Mari- 
nese, l’ha così giudicato con molta precisione (I 3453): «Nell’Avver- 
tenza che è stata premessa al libro, il Cocchiara dice che questo ma- 
nuale piuttosto che un libro completo e scientifico vuole essere una 
guida. E come tale infatti è da considerarsi questo volumetto che 
non ha grandi pretese e che alla buona chiaramente e pianamente 
tratteggia la storia del folklore, prospettando le teorie più impor- 
tanti — delle quali il C. da sinteticamente il risultato — che si sono 
dibattute a favore del folklore stesso. L’A. si rifà assai spesso al 
Pitrè e al Corso, due illustri cultori e studiosi, dei quali cita sovente — 
rendendo però monotono il libro — larghi brani ». In vero per una 
trattazione generale del folclore ci sarebbe voluto di più, il che può 
ben avvenire in una seconda edizione. È già un merito aver inco- 
minciato a colmare una lacuna. 

Del movimento folclorico che fa capo al Folklore italiano dà 
molto brevemente conto in una rassegna bibliografica il Van Gennep. 
Egli nota che «la plupart des articles sont simplement descriptifs, 
mais intéressants », e aggiunge espressioni di simpatia (I 3454). G. 
Grecoracci in una conferenza tocca un argomento di viva attualità 
specialmente per l’Italia: l’interesse regionale del folclore (I 3455). 


Una questione che riguarda direttamente la demopsicologia nei 
suoi metodi e nei suoi fini, e diciamo pure nella sua vitalità, scatu- 
risce da recenti e serî scritti di Letterio di Francia, il quale difende 
l’utilità degli studî comparativi e la ricerca delle origini nella no- 
vellistica. Egli prende lo spunto da una dichiarazione del Croce che, 
siccome riconosce lo stesso Di Francia, tale questione « tocca di pas- 
saggio e sfiora appena nell’Introduzione al Pentamerone tradotto » 
(I 3456). Dichiara il filosofo e critico napoletano di aver voluto, per 
questa sua nuova fatica di traduttore «rinunziare deliberatamente al- 


I. 3453 — SI, II, 27 (marzo- 
aprile 1927). 

I. 3454 — VAN GENNEP A,, Fol- 
klore = MDI, 1 nov. 1925, p. 
793. 

I. 3455 — GRrEGORACCI G., Le 


Associazioni regionali, vol. I della 
Collana della « Rassegna delle As- 


sociazioni », Roma, stabil. Pol. Ed,, 
1927. 

I. 3456 — BASILE G. B., Il Pen- 
tamerone ossia la fiaba delle fiabe, 
tradotta dall'antico dialetto nafpo- 
letano e annotata da BENEDETTO 
CRrocE, Bari, La Terza, 1925. — 
Rec.: GSLI, LXKXXVII, 160, 1926 
(DI FRANCIA). 


cab 


DISCUSS. METODOL. - PROBLEMI INTORNO ALLA NOVELLISTICA. I. 3457 


l'illustrazione comparativa delle fiabe, che aveva invece con sincera 
convinzione iniziata nel 1891, con la ristampa del testo originale del 
Pentamerone » (Di Francia). E propriamente egli chiarisce, per quan- 


to rapidamente, il suo pensiero così: « Anche la questione dell’ori- 


gine delle fiabe è da convertire ormai nella storia di ciascuna di esse, 
che è poi, a ogni suo passo, quella di una creazione a nuovo. Certo 
sarebbe talvolta attraente seguire questa varia e intricata storia nei 
particolari; ma la cosa è assat difficile e mal sicura, trattandosi di 
processi fantastici che si svolgono quasi sempre fuori d’ogni osser- 
vazione e documentazione, e che ebbero forse il loro periodo intenso 
in tempi lontani, se non addirittura preistorici ». Le due frasi son 
messe in corsivo dal Di Francia, ma non sì trova la ragione perchè 
questi voglia vedere in esse « più un’antipatia personale del Croce 
contro siffatte ricerche che l'intuizione d’una verità convincente e 
inoppugnabile ». Il Croce qualifica come attraenti quelle ricerche, e 
avverte che sono assai difficili e malsicure. E con questo vuol met- 
tere in guardia gli studiosi fantastici, ma, per altro, ammette che la 
storia di ogni singola fiaba si può e si deve fare. Lasciamo stare 
l’antipatia personale; se mai, si può parlare di reazione, E questo è 
un aspetto della posizione del C. di fronte alla cultura della 23 metà 
dell’Ottocento. Nota il D. F. : « Hl metodo comparativo, veramente, nei 
lavori di novellistica non si propone soltanto, come troppo sempli- 
cisticamente vorrebbe far credere il Croce, il fine astratto di deter- 
minare — sono sue parole — l'origine delle fiabe potolari, accarezzato 
in passato da un pugnace manipolo di dotti stranieri, ma che fu aspra- 
mente combattuto dal Bédier nei Fabdliaua, e che non ho esitato 
neppur io a chiamare fantastico e arbitrario, per lo meno in certe 
sue avventate ipotesi e conclusioni ». Dunque, dell’astrattismo e delle 
fantasie ce ne sono state in questi studî? E però c'è stato bisogno 
di colpi di un Bédier, che hanno fatto tanto rumore appunto perchè 
attesi e necessarî. E, se permette il Di Francia, ancora ce ne sareb- 
bero bisogno, come si vedra più oltre in questa rassegna. 

Ricordo intanto un recente articolo di Cesare De Lollis (I 3457), 
che a proposito di Les fabliaux del Bédier ha occasione d’insistere 
che «era un libro nel quale la logica e la psicologia tornavano a 
far valere i proprî diritti contro i documenti e contro i cosiddetti 
dati positivi che si pretendeva accertare con metodo positivo ». 
Secondo lo studioso francese nessuna ricerca « positiva» e indagine 
comparativa «potevano riuscire ad autorizzare conclusioni ripu- 


I. 3457 — DE Lottis C., Due libri, due metodi = LC, V, 529 (15 
ott. 1926). 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3458 


gnanti alle leggi universali che governano lo spirito umano e che 
sempre al lume di tali leggi bisogna iniziare e condurre le proprie 
ricerche storiche ». 

E invero una lista fantasmagorica di fatti può produrre spesso 
impressionismo e non scienza, se si considerano le manifestazioni 
della vita spirituale coll’occhio di certi naturalisti, cioè se si guarda 
non alle ragioni interne ricavate dall'esame intimo di quelle ma- 
nifestazioni, come vuole il Bédier, ma solo alle ragioni esterne ri- 
cavate da un preteso valore del numero e della quantità. Nel 
campo della linguistica, ricordo, fu merito di quell’alto intelletto 
dell'Ascoli l'aver raccomandato mezzo secolo fa. ai collaboratori 
dell’AGI «di servirsi con sobrietà delle comparazioni d'ogni specie » 
e di non addurre a confronto «se non ciò che torni di un’oppor- 
tunità veramente specifica ». 

Già è noto il grande movimento che in Germania fa capo al 
Vossler e agli scritti del Jakrbuch fiv Philologie (2° vol. 1926) in op- 
posizione al positivismo che aveva fatto della filologia quasi una 
scienza naturale. Il Bédier, gli studiosi tedeschi d’oggi e quelli ita- 
liani che si trovano nella stessa linca, non sì vorrà negare che siano 
filologi di prim’ordine. Si comprende, a nostro avviso, la rca- 
zione del Croce, per quanto eccessiva. Questa eccessività si spiega 
con la sua dottrina filosofica, cioè per il troppo spingere verso 
l'interno, per l’esagerato riversare l'oggetto nel soggetto. Nella 
quale dottrina crociana i positivisti di una volta, più celebri e 
più in buona fede negatori dello spirituale e del soprannaturale, e 
altresì i più naturali oppositori di costoro vedono trascurato il mon- 
do della realtà. Non è qui il caso di discutere che cosa sia la scuola 
positivistica e l’idealistica per gli studî scientifici. Lo Schuckardt, 
per esempio, ha trovato, nell’una e nell’altra, dell’assolutismo e del 
limite aprioristico, ma ha fatto entrare tanti raggi di filosofia entro 
il tempio della linguistica (I 3458). Il che ha fatto da noi Matteo 
Bartoli, che pur sembrerebbe così pauroso della filosofia, mentre 
più sicuro e coraggioso è il Bertoni. Questa per ogni studioso, 
persuadiamocene, è come la prosa di quel famoso personaggio molic- 
resco, che non si accorgeva, parlando, di far della prosa. 

Eccessiva reazione, dunque, quella del Croce, ma non sempli- 
cistica, nè tanto meno dettata da antipatia personale. Che anzi quel 
che gli vuol rimproverare la Direz. del GSLI in un trafiletto aggiunto 
allo scritto del Di Francia, che cioè il filosofo napoletano sarebbe 


I. 3458 — MicLioRrINI B., Hugo Schuckardt = LC, VI, 305 (15 
mag. 1927). 


— 646 — 


. 


DISCUSS. METODOL. - PROBLEMI INTORNO ALLA NOVELLISTICA . 


in contraddizione con sè stesso per avere la Crifica crociana indagato 
e illustrato «le fonti » del Carducci e del Pascoli, sarebbe una prova 
contraria del semplicismo e dell’antipatia personale. Ma, lasciando 
stare ogni discussione d’indole strettamente filosofica e ogni velleità 
polemica, chè questa non è la sede, ci piace riportare l'opinione a 
cui è giunto il Di Francia in questa questione metodologica: « Il me- 
todo comparativo tende anche, e soprattutto, a scopi tangibili e con- 
creti, di carattere storico ed estetico, in quanto che permette di ac- 
certare e documentare la vitalità, la propagazione, l’importanza d'un 
motivo popolare, sia questo una fiaba o una novella o altro, spesso 
anche di seguirne con l'occhio della mente le principali metamor- 
fosi, sotto la necessità sempre mutevole di adattarsi, pena la deca- 
denza e la morte, ai bisogni, alle tradizioni, ai costumi, al gusti dci 
diversi popoli e dei diversi narratori; e perciò csso è una magnifica c 
talora infallibile pietra di paragone, che fa discernere l'elemento storico 
dal favoloso, il plagio sfacciato dal lavoro originale, e, nella stessa 
originalità d'uno scritto, distinguere le tante sfumature e gradazioni, 
che in fondo in fondo costituiscono la personalità psicologica ar- 
tistica e morale dell'autore, nonchè le sue particolari tendenze, i 
sentimenti, i gusti, e che so io ». Idee più meditate e capaci di ul- 
tenori sviluppi, nelle quali possono trovare un terreno d'accordo 
scienziati di varie scuole, ma riconoscerà il Di Francia che per venire 
ad esse, egli è passato attraverso al Croce filosofo e al Bédier filologo 
per quel che si concede all’individuale e allo spirituale. E così si 
viene a considerare il metodo comparativo come mezzo, e non 
come fine in cui sl esaurisca e risolva ogni ricerca. 

Per vero il metodo comparativo fine a sè stesso cela sovente 
povertà di idec, mentre sappiamo che i grandi studiosi, applicando 
codesto metodo, non cessavano e non cessano di avere anzi e 
sopra tutto un sistema proprio d'idee e una propria convinzione, 
senza di che non ci sono veri studî scientifici. Per questo, il Pitrè 
reagì quanto potè, col suo straordinario intuito di scienziato, alle 
generalità e a ogni forma di astrattismo e agnosticismo scientifico, 
e ricorse, quando era necessario, allo studio delle varianti, non 
aderendo interamente, come con prudenza accennò qualche volta, 
a certa filologia del suo tempo: fu il vero ricreatore 1n situ e co- 
struì per la Sicilia un monumento aere perenuins. Tutto ciò è 
implicito nella suddetta critica del Croce. e costituisce in generale 
la parte vitale e benemerita dell'opera crociana e anche genti- 
liana nel campo degli studì. 

Ancora sono importanti per il nostro argomento alcune pagine 
di una Prelezione di quest'anno (1927) letta all'Università di Torino 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3459 


(I 3459) dallo stesso Di Francia. Egli assevera che «gli studî di let- 
‘teratura comparata e di demopsicologia, coltivati un tempo fra 
noi con fervore ed entusiasmo, da qualche decennio in qua son ca- 
duti in un certo abbandono ed in una tiepida indifferenza, ch'è peg- 
giore forse dell’aperto dispregio ». Lo stesso « felice provvedimento 
legislativo della Riforma Gentile » non sembra a lui « uné sponta- 
neo movimento culturale » e «l’iniziativa, certo zelante e fervida, 
dei nostii maestri clementari » sarebbe « come se quella fosse un'at- 
tività inferiore dell’intelletto e dello spirito ». Il Di Francia s'affisa 
négli studiosi della generazione passata, il Graf, il D'Ancona, il Com- 
paretti, e, strenuo difensore, come s'è visto, anche di fronte al Cro- 
ce, di particolari metodi di trattazione, vede sol nel passato il bello. 
Con quei celebri studiosi summenzionati ha la sua relazione, in- 
vece, il presente stato di cose. Il Gentile e anche il Lombardo-Ra- 
dice sono stati alla scuola del D'Ancona e si sono conservati pieni di 
gratitudine c di stima per la memoria e l’opera del maestro: l’uno 
filosofo e l’altro pedagogista non hanno trascurato di studiare 
con amore e di far conoscere l’opera del Pitrè. Quel che deve e può 
fare oggi la demopsicolegia è di non straniarsi di proposito da indi- 
rizzi nuovi degli studî, che, liberati da ogni eccesso, non sono tutti 
rivoluzionarî, ma integrativi, o per lo meno di non credersi da essi 
minacciata e di non disprezzare quel che di buono e di vero possono 
contenere nuovi avvertimenti o additamenti che si voglia dire. Fare 
diversamente sarcbbe antistorico. Essa, come una delle più squi- 
site scienze dello spirito, avrebbe, ripeto, tutto da guadagnare dal 
posto che si viene a dare e a riconoscere allo spirituale nella vita 
e nella scienza. 

Le opere della generazione passata, massicce e, se si vuole, 
monumentali costruzioni, non tutte esclusivamente materialistiche, 
restano di esempio e d'insegnamento, e nessuno pensa seriamente 
di buttarle giù, ma esse, ci si passi l’espressione, non possono pre- 
starsi a fare da spaventapasseri sull'albero della scienza. Dire, come 
ha fatto l’amico Ferdinando Nerì della stessa Università di Torino, 
che il Pitrè « non abbia trovato continuatori degni di lui » sarebbe 
un pessimismo per il presente e un esclusivismo aprioristico per 
l'avvenire, che certo non sono nelle intenzioni e nell’animo del va- 
lente studioso di letter. francese. Gli è piuttosto che il fenomeno 
Pitrè non si ripete, nè sì può ripetere sic et simpliciter; ma del resto 
non si può dire che l’Italia d’oggi manchi di volenterosi cultori di 


I. 3459 — Di Francia L., I) ratura italiana tenuta nella R. Un:* 
Pentamerone di Giambattista Ba- versità di Torino, 17 feb. 1927, 
stle, Prelezione al Corso di Lette-  Tor., Tip. Migliotti e Besso (1927). 


— 648 — 


DISCUSS. METODOL. - PROB. INTORNO ALLA NOVELLISTICA. I. 3460-61 


DI 


demopsicologia. Il Pitrè è sempre il Pitrè, una grande e magnifica 
tappa della scienza; pure, oggi come oggi, fino ai maestri elemen- 
tari, si fa, da ognuno, la propria parte. Già insigni studiosi della nuo- 
va generazione (non soltanto italiani) in scritti e pubbliche mani- 
festazioni, non hanno fatto il viso dell’armi e non hanno sofisticato 
circa l’entrata del dialetto e del folclore nelle prime scuole; tutt’al- 
tro. Per questo siamo d'accordo col Corso e con quanti hanno l’oc- 
chio fermo al presente e all’avvenire, quando, conseguentemente a 
ciò che avviene per le altre discipline, chiedono e sperano che l’in- 
segnamento del folclore si estenda dalle scuole elementari e medie 
alle Università (I 3460). Ma di questo a suo luogo. 

L'origine e la comparazione di manifestazioni spirituali dell'uo- 
mo (lingue, leggende, misteri) ci richiama una pubblicazione di qual- 
che anno fa del Pettazzoni (I 3401). Egli, a proposito dei misteri, 
osserva che «i concetti astratti di formazione indipendente, di con- 
vergenza fortuita, di pensiero identico e costante per tutta l'umanità, 
non hanno maggior titolo ad essere applicati sistematicamente alla 
spiegazione delle concordanze storico-culturali che i concetti di tra- 
smissione, d’'imprestito, di derivazione » (ipotesi: centralistica, uni- 
taria, trasmissivnistica). È sostiene, dividendo la storia dei misteri 
in tre momenti — prenazionale, nazionale, ultranazionale —, il prin- 
cipio dinamico degli svolgimenti simili e paralleli. La soluzione del 
problema generale non c'è; rimangono le ipotesi scientifiche e molti 
dati non chiaramente coordinati; a ogni mcdo l’A. afferma che «si 
deve vedere caso per caso come queste concordanze sì siano prodot- 
te ». Per cui (è quel che c’'interessa) le comparazioni delle manifesta- 
zioni spirituali, quando si possono, si debbono fare con la massima 
cautela. 

A proposito dell’origine e dell'essenza delle leggende abbiamo 
pol poche, ma assai interessanti pagine del Borgese. Questi, ad Ezio 
Levi, autore della Storia poetica di Don Carlos, il quale considera 
la storia e la leggenda quasi come inconciliabili avversarie, osserva: 
« Non mi pare si possa dire che la leggenda nasca, di regola, da un’in- 
surrezione sentimentale contro la realtà storica: nasce anzi, più spesso, 
da un entusiasmo lirico per la vasta verità che si vede balenare en- 
tro la materialità di un singolo fatto ». Di un fatto, che appunto 
sembra più facilmente di tanti altri adattarsi a un'elaborazione poc- 
tica, «la fantasia degli uomini se ne impadronisce, lo isola, lo cir- 


I. 3460 — Corso R.,, Per l’in- I. 3461 — PETTAZZONI R., Z M/i- 
segnamento del folklore = LI, I, 438. steri. Saggio di una teoria storico- 
(dic. 1025). religiosa, Zanichelli, Bologna, 1924. 


— 649 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTO. I. 3462-63 


coscrive entro contorni netti e precisi, lo illumina di quegli innu- 
merevoli riflessi simbolici che alzano il fatto oltre la pedestre insi- 
gnificanza della cronaca verso la solenne significatività della poesia ». 
In queste parole par bene ci sia del crocianesimo, ma non è pro- 
prio così continuando a leggere nel pensiero del Borgese. « La leg- 
genda, egli aggiunge, non ha radici — che poi sarebbero radici debo- 
lissime — nell’arbitrio e nel capriccio...... è Il nucleo di un fatto sto- 
rico, interpretato secondo la sua sostanza, spogliato delle minuzie 
accidentali, innalzato a un significato simbolico ». Naturalmente an- 
che il nostro autore, pur rispettoso della critica storica, nota pru- 
dentemente che «la critica storica non è onniveggente, e innumere- 
voli cose accadono sulla faccia della terra che nessuna ricerca docu- 
mentaria varrà mai ad illuminare pienamente ». Dunque non cieca 
lode della critica storica. « Questa, dopo essersi accanita invano con- 
tro la leggenda, si accorgerà — come già molte volte le è accaduto — 
di aver combattuto per amore dei documenti e delle testimonianze 
esatte, contro un documento e una testimonianza di prim'ordine: 
che è la tradizione ». Noi vedremo più oltre come qualche studioso di 
leggende, per troppo attaccamento al documento, soprattutto scritto, 
non abbia tenuto conto delle leggi che regolano la tradizione, e ab- 
bia ridotto la scienza a una funzione negativa, e non costruttiva, 
siccome facevano molti positivisti. Il Borgese invece vuol dirci che 
il fatto materiale, punto di partenza (o anche una quantità di fatti 
materiali), ha da fare 1 conti col fatto spirituale in generale, e in 
particolare col fatto estetico. E fatto spirituale di prim'ordine è 
appunto la tradizione. Questa integrazione, che il Borgese fa della 
critica storica riguardo allc leggende, risulta più che mai favorevole 
alla demopsicologia (I 3462). Di minore importanza e significato è 
una «comunicazione » di Luigi Collino su « Folclore e storia », dove 
par si faccia una certa confusione tra l’uno c l’altra o piuttosto si 
stabilisca una certa relazione di dipendenza dell'uno dall’altra, as- 
segnandosi al folclore un carattere sussidiario. Avesse parlato l’egre- 
gio studioso di interdipendenza e si fosse limitato ad esprimere al 
XIX Congresso storico subalpino il lodevole voto: «che quanti sono 
nelle provincie sub-alpine cultori e propagatori di cose attinenti alla 
storia., sì adoperino anche ad impedire la dispersione e ad accrescere 
la raccolta di ogni prezioso documento folcloristico piemontese » 


(I 3403). 


I. 3462 — BorGcESE G. A. Ot- I. 3463 — Cottino L.., Folelore 
tocento europeo: VI, Don Carlos, e storia =  BSBS, XIX, 47I 
Milano, Treves, 1927. (1927). 


— 650 — 


DISCUSS. METODOL. - ORIG. ED ESS. DELLA Fonsia roroL. I. 3464-66 


Un'altra questione che è stata agitata in questi tempi e che 
interessa anche da vicino gli studî folclorici è quella che riguarda 
l'origine e l’essenza della poesia popolare. Se ne sono occupati il Cro- 
ce a varie riprese, anche recentemente (I 346.4), il Barbi in uno stu- 
dio pubblicato nella Miscellanea in onore di Pio Rajna e, con altri 
ancora, chi scrive queste note, da alquanto tempo a questa parte 
fino a uno studio recentissimo (I 3405). Alla stessa questione è tor- 
nato, e ha fatto bene, Carlo Calcaterra (I 3400), a proposito delle 
Villanelle Napoletane studiate da G. M. Monti, in uno scritto inte- 
ressantissimo che merita qui di essere segnalato in modo partico- 
lare. Egli rileva la concezione romantica del « popolo autore » e del 
« popolo poeta », che informa come vago presupposto generale il la- 
voro preso ad esaminare, e contro il Monti sostiene l'opinione del 
Novati, cioè che la villanella sia da considerare come un componi- 
mento d’arte di materia villanesca. L'idea centrale (importa notare) 
dello scritto del Calcaterra, discussa e dimostrata, è questa: « La 
villanella è sempre un componimento d'arte individuale, in ogni sua 
forma, sia essa plebea, sia essa dotta, sia essa anonima, sia essa 
nota col nome del musico, sia dialettale sia italiana, sia stata essa 
composta nel contado, sia stata elaborata in città ». Certo queste 
| poesie come maniere d’arte possono essere sovente piaciute al popolo 
stesso e talora possono anche essere state composte da persone di 
costumi plebei; ma — insiste il C. — la popolarità non implica affatto 
che siano state « composte dal popolo » e l'essere state esse dettate 
da persone appartenenti al popolo o vicine al popolo non significa 
in nessun modo che si debbano considerare opera del popolo. 

Per queste idee c'è ancora qualcuno che nel campo folclorico 
protesta quasi come parte lesa. Ma noi non vediamo il pericolo che 
possa derivare da esse, anzi. Per noi può rimanere sempre la qualifica 
di «canti popolari », siano opera di scrittori d'arte o di poeti rustici 
e ignoranti, a quei canti che il popolo — modificando e adattando, 
sempre per l’azione di questo o quel cantore, che, se non ripete, ri- 
crea — fa suoi e tramanda da una generazione a un'altra col mezzo 
orale che gli è proprio. Non solo questo, ma la poesia popolare ha 
benissimo la sua storia, come l’ha la poesia di qualunque genere, 


I. 3464 — Croci B., La letter. ciliano = RP, NNXNV\, n. 2 
dial. riflessa, = LCR, NXIV, fasc. (1927). 
6 (1926). 


I. 3466 — CALCATERRA C., Can- 
I. 3465 — SorrEnto L., La zoni villanesche e villanelle = AR, 
poesia dialettale e 1l Parnaso si- N, 202 (19206). 


— Gol — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3467 


pur essendo un fatto individuale. Accanto alla forza creatrice in- 
dividuale, che entra sempre in giuoco, la tradizione non si spegne 
mai, sebbene subisca modificazioni, a trasmettere la quale tradi- 
zione serve nel nostro caso l’anonimìa del popolo. La tradizione 
è fonte d’ispirazione anche e soprattutto per la poesia dialettale 
d’arte: questa conserva l’amore per i canti che si ripetono di ge- 
nerazione in generazione, e ha il tono sentimentale della regione. 
È difficile trovare grandi poeti che non sentano la poesia delle 
tradizioni. Persino le letterature nazionali hanno la loro tradizione 
che si chiama letteraria e si trasmette per mezzo della cultura e 
si manifesta nella tecnica. L’anonimo poeta dunque Sì viene a 
confondere con lo stesso popolo, ed in tal senso (e non in senso 
romantico) noi possiamo ancora chiamare il popolo creatore della 
sua letteratura; sicchè poesia popolare può ben dirsi poesia anc- 
nima, poesia tradizionale. Avremo occasione di tornare sull’argo- 
mento. 


Una questione che, come si è potuto vedere nelle pagine pre- 
cedenti e si vedrà nelle seguenti, occupa e preoccupa gli studiosi, 
è la capacità di vitalità del folclore in tutti i suoi aspetti e in tutte 
le sue manifestazioni. Già abbiamo notato (I 3451), che il Corso ha 
distinto, per le tradizioni, le reminiscenze dalle reviviscenze, ma in 
varie occasioni egli manifesta il timore della morte delle tradizioni 
e certo desiderio di farle rinascere. Per il periodo di tempo che qui 
c'interessa, il Prati nel citato suo studio (I 3440) ha scritto: « Fran- 
cesco Babudri, un valoroso cultore del folclore istriano osserva: sì, 
la civiltà fa sparire credenze e usi; essa con l'educazione semplifica 
la vita, ma del tutto? No. Le credenze sono il pascolo indispensa- 
bile del sentimento poetico, che è in ogni popolo sia pure progredito. 
Onde, anche al processo semplificatore della civiltà, alle vecchie cre- 
denze e superstizioni se ne sovrapporranno di nuove. Così il Babudri. 
La cosa a me pare un po’ dubbia ». 

In questa controversia, cortese e serena, ma viva e scottante, 
sono intervenuto anch'io nel mio Discorso di Milano (I 3407), rì- 
cordando le parole meditate del maestro di tutti, Giuseppe Pitre: 
« Si fa presto a dire che la istruzicne ha dato un gran colpo alle tra- 
dizioni! Questo sarà vero in parte per le usanze, per le pratiche © 


I. 3467 — SokrkExto L., / dia-  ghina. = EN, ag.-sett. 1925, 


letti d'Italia e le tradizioni popo- 
larî. Discorso inaugurale al Primo 
Congresso dei Dialetti in Milano, 
promosso dalla. Fanuglia. Mene- 


ristamp. con aggiunte in Vigevano, 
Arti Grafiche F.lli Valvassori (1926) 
— Rec.: FI, I, 457 (dic. 1925) e 
ASSO, NXT. 318 (1925). 


DISCUSSIONI METODOL. - VITALITÀ DEL FOLCLORE I. 3468 


per le superstizioni, le quali, difatti, cedono e sì scompigliano al 
soffio della nuova vita se pure non si trasformano per dar luogo ad 
altre pratiche e superstizioni che la umana natura crea e ha bisogno 
di creare per non cessare di essere quella che è; ma non è niente 
vero per la tradizione orale ». (Indovinelli, dubbi, scioglilingua del 
popolo siciliano, vol. XX della Biblioteca). E ho aggiunto e aggiun- 
go qui per conto mio: « Non si creda che la civiltà e la storia nazio- 
nali possano far sparire d'incanto usi e credenze regionali, alla stes- 
sa guisa che la poesia nazionale non ha distrutto la poesia dialet- 
tale. La personalità, il diverso tono e temperamento sentimentale 
di una regione si trasformano, ma non muoiono, non possono mori- 
re del tutto. La stessa civiltà è una forma superiore, se si vuole, 
di usi e credenze, e non c'è una civiltà unica al mondo, come non 
c'è un popolo unico. La stessa storia nazionale che cosa non divie- 
ne nella fantasia del popolo!». Ancora: «Gli usi, le credenze e le 
superstizioni hanno un continuo svolgimento, ma nè gli uni nè le 
altre spariranno dalla faccia della terra. Anche le superstizioni. Perchè 
che cosa sono esse, se non un prodotto dell’idea di causalità, innata 
e più o meno esatta nell'uomo, e storicamente un avanzo di credenze 
che, imperfette ed erronee nel tempo e nello spazio, tendono verso 
la Verità suprema? Appunto perchè così si debbono in generale in- 
tendere e spiegare le superstizioni, anche lo storico, che non si li- 
miti ai soli fatti e documenti, ma guardi alle idee e alle opinioni di 
un popolo per date epoche, ha da tenerne il debito conto, siccome 
facevano i classici della storia ». (Su questo argomento dei pregiu- 
dizi e delle superstizioni è ora uscito uno scritto di G. Crocioni, che 
non ho potuto esaminare) (I 3468). Eppure non c'è oggi folclorista 
o studioso affine che non si lasci condurre da questa idea, solita a 
ripetersi e nociva al prestigio del folclore in quanto scienza, che, 
cioè, le tradizioni siano tutte povere creature moribonde, per cui 
bisogna chiamare in fretta il notaio per testare, e parce sepulto. Ma 
le tradizioni si trasformano, e non muoiono mai, e il folclore non 
è scienza che passa. I folcloristi hanno il compito di registrare e 
studiare quelle del passato, di ieri a anche di oggi, come fa lo storico 
per i fatti storici. Mentre mi pare che ci lasciamo a volte trascinare 
dal troppo amore o dai dilettanti, quando c’illudiamo di far rivi- 
vere usi e costumi, quasi come questo fosse un mezzo per dare più 
vita e più credito al folclore. 

P. Toschi, che pur qualche volta vediamo indulgere alla lamentata 


I. 3468 — Crocioni G., Pregiu- del R. Provved. agli studi di Bo- 
dizi e superstizioni = « Bollettino logna », IV, n. 4 (1927). 


— 593 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3469 


Opinione, ha scritto a questo proposito, nel cit. articolo (I 3443), acu- 
tissime cose, che piace riportare come chiusa: « Da Adamo fino ad 
oggi, ininterrottamente, ciò che di meglio in ogni campo della sua 
attività il popolo ha saputo creare, è diventato tradizione: è stato 
assimilato, propagato, ripetuto, trasmesso. Ogni popolo, ogni epc- 
ca ha lasciato la sua traccia, ha scritto la sua pagina nel grande li- 
bro della Tradizione. Alcune costumanze e alcune credenze sono an- 
tichissime. La religione pagana e la cultura latina sopravvivono an- 
cora, più o meno intatte, in molte superstizioni € riti e usi campe- 
stri, religiosi e giuridici..... Ma il fondo più numeroso e importante 
è dato dal Cristianesimo e dal Medio Evo; però sarebbe un errore 
credere che questa attività creativa si sia già esaurita da qualche 
secolo: essa durerà finchè ci sarà il popolo. Accanto alle leggende 
di San Giorgio e di Teodorico il popolo ha già collocato anche quelle 
di Garibaldi e del Passatore e se alcuni modi di dire ci richiamano 
a costumi e a condizioni storiche dei tempi passati, altri sono, con 
sicurezza, di creazione recente, eppure godono di non minore po- 
polarità ». 


Alla discussione delle idee generali sulla scienza folclorica han 
portato un contributo i dialettologi e i linguisti. Si torna qui a men- 
zionare lo Sguardo generale al folclore di A. Prati. Per questo stu- 
dioso il folclore si riferisce ad argomenti che abbiamo già notati. 
« Esso non va confuso con l’etnografia, di cui non è che una parte. 
Questa è la scienza dei popoli, lo studio comparativo dei linguaggi, 
dei costumi, delle letterature, delle condizioni politiche e delle re- 
ligioni, fatto allo scopo di determinare il posto spettante ai popoli 
individui tra di loro e rispetto a unità superiori, a famiglie di po- 
poli e anche rispetto all'umanità intiera, studio che ebbe un cul- 
tore sommo in Federico Ratzel. Il folclore è la raccolta, l’ordina- 
mento, la comparazione dei canti, delle fiabe, delle leggende, dei pro- 
verbi, studio al quale si è aggiunto di necessità quello delle costu- 
manze popolari, che tanta parte ànno nella vita civile e sociale... 
Come si capisce, il folclore, oltre che essere per se stesso dilettevole, 
è importantissimo per la storia dello spirito, dei costumi, delle crede- 
denze, delle civiltà dci popoli... In esso si riflettono gli usi, il pen- 
siero, la vita di una nazione ». 

Molto interessante è pure per il nostro discorso una pubbli- 
cazione del Terracini (I 3469), di cui parleremo ancora nella parte 


I. 3469 — TERRACINI B. A., Vita ASS, XV, (1925). — Rec.: LEO, 


sarda e lingua sarda. A proposito II, 156 (1926), (SCHIAFFINI). 
di una recente pubblicazione = 


— 6534 — 


DISCUSS. METODOL. - CONTRIBUTO DEI DIALETTOLOGI. I. 3470 


II (Dialetti). L'autore fa le sue laboriose e difficili ricerche lingui- 
stiche sotto l'impulso del recente e importante libro di M. L. 
Wagner (I 3470). L'intento di questo libro non è soltanto descrit- 
tivo. « Una concisa, ma sistematica comparazione linguistica, molti 
richiami comparativi a particolarità della vita rustica o ad usanze 
di altre cpoche e d'altri paesi, e soprattutto lo studio di cogliere nel- 
la varietà dei tipi lessicali la vicenda degli oggetti e degli atti che 
essi rappresentano, fanno sì che dietro questa descrizione del pre- 
sente sardo si celi una ricostruzione del suo passato ». Intento sto- 
rico. Però bene osserva ancora il Terracini: «In fondo serpeggia 
qui quella stessa curiosità, animata da simpatia e illuminata da un 
intento scientifico, che è del Maltzan, del Lamarmora, del Padre 
Bresciani; all'opera di quest’ultimo soprattutto lo scritto del Wa- 
gner mì par legato da innegabili affinità ideali. Queste particolari 
disposizioni di spirito vengono a completare felicemente certe ca- 
ratteristiche tecniche della maniera del Wagner, linguista ed eti- 
mologo; la quale consiste soprattutto in una moderata reazione alla 
astratta considerazione grammaticale della parola in favore della sto- 
ria complessa di questa, come essa è determinata dalla storia con- 
creta della cosa espressa ». 

Già a ciò con metodo proprio nella semantica era venuto lo 
Schuchardt, il quale mette in rilievo nella polemica col Thomas che 
la storia della parola deve studiarsi in relazione con l'oggetto che 
cssa designa, e avverte che la storia delle parole è più complicata 
di quel che sembri a chi la costruisce a serie gencalogiche col sem- 
plicistico metodo evoluzionistico (I 3458). 

Insomma il Wagner « ha sentito come il descrivere l'aspetto e 
le vicende della parola sarda significhi descrivere — almeno per que 
gli elementi esteriori che soli sono oggetto di linguistica storica — 
l'aspetto e le vicende dello spirito sardo ». Qui è accennato e dimo- 
strato dal Terracini stesso il punto d'incontro tra dialettologia e 
folclore. Il che in fondo è implicito nel mio breve discorso (I 3407) 
inaugurale al « Primo Congresso dei dialetti in Milano », che in ve- 
rità avrebbe dovuto denominarsi più esattamente Congresso dei dia- 
lettr e del folclore. 

Ma già il maestro di tutti, G. I. Ascoli, aveva accennato a que- 
sto punto d'incontro. E ora le due scuole linguistiche che, pur con- 
trastanti, vogliono onorarsi della discendenza ascoliana, sentono que- 


I. 3470 — WagcNER NM. L., Das sch — sprachliche Untersuchungen, 
landliche Leben Sardiniens im Spie-. Heidelberg, Winter, 10921. 
gel der Sprache. — Kulturhistori- 


— 655 — 


L SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3471-3475 


sto principio. Il Merlo nei Bollettini dell'Opera del Vocabolario del- 
la Svizzera italiana (I 3471), va incontro al folclore e arricchisce 
le sue note linguistiche con disegni di oggetti di uso tradizionale. 
E tutt’altro che schiva del fatto folclorico è la neolinguistica del 
Bartoli. Già il grande Atlante linguistico, che questi col Bertoni e 
il Pellis prepara all'Italia, e del quale avremo a occuparci ampia- 
mente, «deve essere tutto un Museo di arte antica e moderna, popo- 
lare e aristocratica, rustica e urbana » (I 3472). È molto significa- 
tivo e istruttivo al riguardo uno scritto dello stesso Pellis (I 3473), 
dove c’è fornita una prima messe dell’inchiesta fatta sui luoghi per 
l'Atlante linguistico. Il suo Prontuario contiene particolarità tecniche 
dei capi di vestiario, degli utensili di cucina, del pane e dei dolci 
ecc., usi di nascita e battesimo, di nozze, di morte, di Natale ecc., 
credenze e superstizioni, scienza popolare, letteratura popolare: ver- 
setti di sorteggi, filastrocche di gioco, canti, scongiuri, ecc., ecc. 

Anche gli autori dell'Atlante linguistico ed etnografico d’Italia e 
della Svizzera Meridionale dichiarano che la loro opera « vuole essere 
utile non solamente alla linguistica, ma in non piccola misura anche 
alla scienza che mira a ricostruire la storia delle cose, degli oggetti. 
Ai geografi, agli etnografi, ai folkloristi, agli storici, ai cultori di prei- 
storia, agli archeologi essa vuol fornire, sotto forma di figure e di pa- 
role, materiali che, conservati ancora oggi quali reliquie di epoche 
tramontate da molto tempo, domani forse saranno scomparsi a cau- 
sa delle tendenze della vita moderna...... » (I 3474). Che viene a con- 
fermare uno dei tanti casi in cui una disciplina presta materiali e 
metodi alle ricerche di un’altra, e ci indica la particolare necessità 
della linguistica di dar la mano al folclore, e viceversa. 

A questo proposito dobbiamo rilevare che il Corso (I 3475) € 
qualche altro hanno espresso la preoccupazione circa una pretesa con- 
fusione tra dialettologia e folclore. Il folclore è 11 folclore, e lo stesso 
dicasi della dialettologia; ciò è evidente. Ma una data scienza, 
jn quanto è tale, anzi quando acquista una tale coscienza, viene a 


I. 3471 — Bollettino dell'opera 
del Vocabolario della Svizzera Ita- 


presentata alla VII Assemblea gener. 
Udine, Tip. G. Vatri, 1926, 19. 


liana = ID, I, 276 (aprile 1925); 
II, 208 (ag.-dic. 1920). 


I. 3472 — BartoLI M., Piano 
generale dell’ Atlante linguistico-ita- 
liano = RSFF, V, 205 (1924). 


I. 3473 — Atlante ling. it. d. Soc. 
friul. filol. Prima relazione annuale, 


I. 3474 — Atlante ling. ed etnogr. 
d'Italia e della Svizzera merid. dì 
K. JABERG e ]J. JuD, Casa ed. Rin- 
gier e C., Zofingen (in corso di 
stampa). 

I. 3475 — Corso R,, Dialetti e 
costumanze d’Italia = FI, I, 130 
(marzo 1925). 


— 656 — 


DISCUSS. METODOL. - CONTRIBUTO DEI DIALETTOLOGI. I. 3476-3479 


riconoscere la sua fratellanza con altre scienze e i suoi rapporti e 
contatti più o meno intimi con esse. Una vera scienza non può te- 
merli, anzi! Piuttosto il non averli tenuti nel conto che si doveva 
e sì deve, è stata ed è forse una delle cause per cui il folclore sia ri- 
masto più spesso in mano di dilettanti. Il ricorrere che d'altra parte 
fanno i dialettologi e i filologi al folclore è oggi un segno manife- 
sto del riconoscimento di esso come scienza. E in questa linca erano 
il Novati e gli studiosi della sua generazione, e questo ha dimostrato 
coi fatti in un magistrale lavoro il Cesareo (I 3476), esperto anche 
negli studî folclorici, quando è ricorso per la soluzione del proble- 
ma della scuola poetica siciliana non soltanto alla linguistica, alla 
filologia, alla storia, e alla critica, ma anche al folclore. 

Le più giovani forze della linguistica riconoscono che il folclore 
può portare il suo speciale contributo alla soluzione di problemi 
della loro scienza. È di oggi l'opinione di A. Schiaffini (I 3477), il 
quale ha scritto che la concorrenza di studî linguistici, paletnogra- 
fici e folclorici potrebbe contribuire a fare più luce sulla vita anti- 
chissima del popolo ligure. Più avanti citeremo 1 buoni lavori di 
V. Bertoldi e di altri linguisti orientati verso questo movimento. 
Intanto, pur in antitesi a quel soverchio allarme, ci piace segna- 
lare quel che è stato scritto nello stesso campo folclorico a propo- 
sito di una progettata raccolta (I 3478) di toponimi friulani: «Se i 
diligenti e numerosi collaboratori non trascurassero la parte della 
toponomastica leggendaria, l’opera loro sarebbe veramente grandio- 
sa, esemplare e importante non solo dal punto di vista filologico, 
ma anche folklorico » (I 3479). 

Oggi specialmente l'accordo tra le due scienze s'impone per fis- 
sare, fra l’altro, le norme della trascrizione di testi dialettali e per 
intendersi circa la creazione e l'ordinamento di Musci etnografici. 
La questione della trascrizione della letteratura popolare sembra or- 
mai matura, al punto in cul sono gli studî. Si sa che l'Ascoli segnò 
la via da seguire ai glottologi e usò a tal riguardo un linguaggio 
via via più prudente e cauto (AGI, I, VII, XI). Si sa pure che il 
Pitrè si pose il problema della grafia da usare nelle sue grandi rac- 
colte, ma in esso non vide sempre chiaro e preciso quell’insigne in- 


I. 3476 — CEsARro G. A. Ori- le indagini più recenti = GSLI, 
gini della poesia lirica e la poesia II, 89 (ap.-giugno 1926). 
siciliana sotto gli Svevi, Palermo, I. 3478 — BSSF, I (28 mag. 
Sandron (1924). 1925). 


I. 3477 — SCHIAFFINI A., I Li- I. 3479 — FI, I, 322 (giugno- 
guri antichi e la loro lingua secondo sett. 1925). 


toni 6.7 Tua 


Aevum - Anno I - 42 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3480-3484 


telletto, secondo ebbi a scrivere in un esame della sua opera, pub- 
blicato il 1916 nell’ASSO. Recentemente due rappresentativi stu- 
diosi della linguistica italiana sono tornati sulla questione, dico Cl. 
Merlo (I 3480) e Matteo Bartoli (I 3481). Quel che han mostrato di 
volere in comune tutt’e due è questo: seguire il sistema di trascri- 
zione idcato dall’Ascoli. È vero che il primo bandisce ogni lettera 
«che non sia latina», e il Bartoli dice che «la grafia ascoliana, benchè 
contenga qualche lettera straniera, ha ormai tradizioni italiane »; 
ma tutti e due sono rispettosi di aggiunte e modificazioni per par- 
ticolari esigenze. A queste voci di autorevoli linguisti, o serveran- 
no i folcloristi, e più specialmente gli scrittori dialettali, che la tra- 
scrizione fonetica contiene molti segni diacritici. Ma si può rispon- 
dere col Merlo stesso che così si esprime in un altro luogo dell'ID 
(I 3482): « Conciliare le esigenze della scienza con quelle dei profani 
è pur cosa possibile; nè è da ripudiare l’aiuto, il consiglio dei com- 
petenti ». E si potrebbe ricorrere alle prudenti norme delineate dal 
Monaci per la compilazione dei vocabolari dialettali nel Bo//. della 
Società fil. rom. (N. S., VI), ritoccando e adattando. Una volta 
l’Ascoli ebbe a consigliare ai linguisti un congresso « personale o 
epistolare » (AGI, VII, 565); recentemente (aprile 1925) s'è tenuta 
una conferenza tra glottologi europei a Copenaghen per mettersi d’ac- 
cordo sulla trascrizione fonetica, ma vi mancavano appunto i ro- 
manisti (I 3483). Noi auspichiamo una più modesta, e non meno 
utile, conferenza tra dialettologi e folcloristi italiani. 

Intanto segnalo la noticina sulla trascrizione usata da Giacomo 
Melillo, giovane dialettologo e folclorista: « Volendo destinare questa 
tenue raccolta di canti popolari (I 3484) anche ai non competenti, 
uso il solito metodo di trascrizione. In apposita nota indico i suoni 
consonantici, che non è possibile riprodurre con l'alfabeto italiano. 
Segno inoltre con l'accento grave la vocale tonica, ecc. Il suono vo- 
calico indistinto, tanto alla fine come all’interno della parola, lo in- 
dico sempre con e. Ho cura di segnare con esattezza, 1 nessi con- 


lare ital., Genova (a cura dell’au- 
tore), 1924 = ID, I, 274 (1925). 


I. 3480 — Merio CL., Norme 
per la trascrizione fonetica = ID, I, 


3 (1925) e Aggiunte e rettifiche = 
ID, III, 1 (1927). 


I. 3481 — BARTOLI M,, 
zione = AGI, XX (Sez. 
1926. 


Prefa- 
Neol.), 


I. 3482 — Merto CL,, 
PixziG proc. O., Flora 


rec. a 


popo- 


I. 3483 — ITranscription pho- 
netique et translitération. Propo- 
sitions établies par la Contérence 
tenue d Copenaghen en Avril 1925, 
Oxford, Clarendon Press, 1920. 


I. 3484 — MeElUILTO G., Canti 
popolari di Volturino (Foggia), 
Avellino, Tip. Pergola, 1925. 


— 658 — 


DISCUSS. METODOL. - SCOPI E VALORI DEL FOLCLORE. I. 3485-3489 


sonantici.... Adoperando le dette norme, credo di soddisfare, almeno 
in parte, anche le esigenze scientifiche. » Ecco un lodevole caso d’in- 
tesa, risolta però individualmente. Il Dr. Carlo Falzoni ha fatto 
precedere un suo interessante volume di favole in verso siciliano da 
alcune note circa la ortografia in esso usata, ma queste non convin- 
cono del tutto (I 3485). È da rilevare che Mario Borgatti, scolaro 
del Goidànich, segue, come vedremo per il Centese, ora la grafia 
comune per alcuni testi folclorici, e ora il sistema di trascrizione fo- 
netica del Maestro per altri. Noto infine per i nostri folcloristi che 
in Francia Christophe Favre ha ora costruito un « système de tran- 
scription » per raccogliere « proverbes et dictons de Savière »: si- 
stema non molto complicato e che potrebbe servire di modello per 
l’Italia, con semplificazioni e adattamenti speciali (I 3486). 


Più particolarmente agli scopi e al valore del folclore si riferi- 
scono alcuni scritti del Grassi, dell’Antonucci, del Maroi, del Corso. 
Il primo (I 3487), a proposito della disposizione del Ministero del- 
l'Economia Nazionale per una raccolta di consuetudini agrarie, pro- 
pone per la Sicilia « un’esatta inchiesta di tutte quelle consuetudi- 
dini giuridiche tradizionali che concernono la proprietà rustica e 
l'agricoltura ». Per conto suo, G. Antonucci (I 3488) fa recentemente 
una comunicazione sui residui di istituzioni giuridiche rimasti in 
frasì e in giuochi fanciulleschi. E conchiude giustamente: « L’inda- 
gine storico-giuridica che ricava 1 dati di ricerca e di studio dal 
folklore costituisce il folklore giuridico, il quale viene così a rappre- 
sentare, nella scienza del diritto, la riabilitazione dei documenti orali 
o tradizionali di fronte e come supplemento o complemento ai do- 
cumenti ritenuti e qualificati storici ». Alla storia e al valore degli 
studî e delle raccolte di costumanze giuridiche popolari ha dedi- 
cato la sua prolusione al corso libero di Istituzioni di Diritto civile 
nell'Università di Roma Fulvio Maroi (I 3489). 

Sull’importanza coloniale del folclore s’intrattiene a parlare il 


I. 3485 — Farzoni C., Favole v. pure FI, I, 131 (marzo 1925). 
DE Derei scioglie, Colonia, COFeDA: 103408 = Awrontica:G,, Il fol: 
i pi » 1925. klore giuridico = BER, XXI, 34 
I. 3486 — FavRrE CH., Proverbes (marzo 1927). 
et dictons de Savière = ZRPh, I. 3489 — Maroi F., Costumanze 
XLVI, 1 (august 1920). giuridiche popolari, Roma, tip. 
I. 3487 — LS, VII (dic. 1924), F. Centenari, 1925. 


— 659 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3490-3494 


Corso (I 3490) in una noticina di umor polemico. A ogni modo egli 
ha perfettamente ragione nel sostenere che negli Istituti superiori, 
aventi cattedre di studî coloniali, non deve essere omessa l’etnolo- 
gia coloniale. Ma di questo importante argomento ci occuperemo 
nella rubrica: Scuola e Folclore. 

Colpi ben meritati, in difesa della onestà degli studî, son quelli 
che il Corso stesso da contro coloro — e non son pochi — che mettono 
le mani sugli scritti folclorici altrui per compilare noterelle vivaci e 
superficiali, senza prendersi nemmanco la briga delle dovute cita- 
zioni (I 3491). Ma per fortuna sono i soliti piccoli uomini che fanno 
le solite piccole cose. Il guaio sarebbe grosso, se ciò si facesse di 
proposito da studiosi noti. 


Di altre idce e discussioni si avrà occasione di fare qualche 
cenno a proposito di lavori particolari. Passiamo intanto a quegli 
studî fatti intorno ai cultori della scienza folclorica, studî in gene- 
rale improntati a una bella riconoscenza scientifica e istruttivi dal 
punto di vista metodologico. 

G. M. Lei.(I 3492) ha già ricordato il noto archeologo sardo 
Giovanni Spano (1803-1878), che si occupò pure di lingua, gramma- 
tica, letteratura, storia, epigrafia sarda e la cui opera offre interesse 
per i folcloristi. 

F. Maroi (I 3493) tratteggia, appena scomparsa, la insigne fi- 
gura di Giacomo Lumbroso, che non soltanto fu storico e papirolo- 
go, ma anche folclorista fra i più apprezzati e fecondi, collaborando 
all’Archivio per lo studio delle tradizioni popolari del Pitrè con la- 
vori elencati opportunamente dal Maroi stesso. Altri lavori assai 
importanti del Lumbroso: Memorie del buon tempo antico; Costumi 
dei contadini di Romagna; di Nizza; di Sardegna; Spigolature nello 
studio comparativo delle tradizioni popolari d’Italia; La forchetta da 
tavola in Europa, ecc., ecc. Un manoscritto contiene appunti su usie 
costumi di Roma e della campagna romana (I 3494). «Il Suo merito 


I. 3490 — Corso R., I! fol- I. 3493 — Maroi F., L'attività 


klore e la sua importanza coloniale 
= FI, II, 133 (ott. 1926) e anche lo 
stesso FI, I, 440 (dic. 1925). 


I. 3491 — Corso R,, I flagiarii 
= FI, I, 125 (marzo 1925). 


I. 3492 — Lei G. M., Un grande 
archeologo sardo = CM, 7, (1024). 


folkloristica di Giacomo Lumbroso 
(1844-1925) = FLI, 366 (giugno- 
sett. 1925). 

I. 3494 — LumBroso A., Bi- 
bliogr. di Giacomo Lumbroso dal 
1804 ad oggi, Estr. dalla « Rac- 
colta di scritti in onore di G. L. 
= AF, 1925. 


— 660 — 


DISCUSS. METODOL. - CULTORI DELLA SCIENZA FOLCLORICA. I. 3495-3497 


maggiore, il titolo più cospicuo della Sua benemerenza è nell’aver 
Egli attribuito agli studî del folklore il compito d'integrazione, di 
interpretazione, di controllo delle indagini antiquarie ». 

Un altro grande studioso, la cui morte recente è passata quasi 
inosservata nel campo folclorico, è Domenico Comparetti; ma il 
Rajna ne ha scritto una densa necrologia (I 3495). Per ciò che 
riguarda noi, questi ricorda la collezione di Canti e Racconti del 
popolo italiano, di cui s'ebbero nove volumi: «il primo nel 1870, 
l’ultimo nel 1891. E di questi il sesto (1875) porta il titolo No- 
velline popolari italiane pubblicate e illustrate da D. C. Doveva es- 
ser seguito da uno o forse due altri; c l’ultimo avrebbe contenuto 
anche la prefazione, le varianti, le illustrazioni comparative ; sen- 
nonchè tutto ciò rimase allo stato d’intenzione. Quanta fosse l'at- 
titudine e la preparazione per adempiere esemplarmente questi 
compiti, 11 Comparetti aveva già dimostrato coi fatti». Si deve 
vedere in questa interruzione del lavoro comparettiano un signifi- 
cato d’ordine generale ? Son poi noti i precedenti della grande 
opera Virgilio nel medio evo. La parte dal titolo «Virgilio nella 
leggenda popolare », già apparsa in due articoli della Nuova An- 
tologia, rimase tal quale nella redazione definitiva dell’opera, e 
anche nella seconda edizione del 1890. E poteva questa parte, 
«nzi doveva, ampliarsi. Io ho raccolto a varie riprese documenti 
popolari nel Mezzogiorno d’Italia, e qualche volta mi deciderò di 
pubblicarli, o li darò a uno dei mici scolari, capace di estendere 
le ricerche e di conchiudere. A proposito, sulle leggende virgiliane 
medievali ec sulla conseguente figurazione artistica in Italia ricordo 
un recente articolo molto interessante di N. Tarchiani (I 3490). 

Alla valorizzazione dell’opera di Lamberto Loria han contri- 
buito opportunamente alcuni articoli del Corso e di altri, ai quali 
sì accennerà a proposito del Museo Etnografico Italiano. 

Caterina Pigorini-Beri è stata commemorata, non è molto, da 
C. Pariset (I 3497) alla R. Deputazione di Storia Patria per le 
Provincie Parmensi: la P. B. si distinse nel campo degli studî fol- ’ 
clorici con articoli su Costumi e superstizioni dell'Appennino mar- 
chigiano, ecc. riuniti in un volume (Lapi, Città di Castello, 1890) 
e col libro: In Calabria. 


I. 3495 — Raixa P,, Clhronique nografia della leggenda virgiliana 
= ROM. LILI, 2061-3 (jan. - avr. == IM, 24 apr. 1927. 
1927). I. 3497 — PARISET C., Caterina 


Pigorini, folklorista = FI, I, 230 
I 3496 — TARCHIANI N., L'ico-  (giugno-sett. 1925). 


— 661 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3498-3502 


Amos Parducci, con molta opportunità, ha messo in luce presso 
la R. Accademia di scienze, lettere e arti di Lucca (I 3498) i lega- 
mi stretti che tennero unito al folclore Idelfonso Nieri, il quale, pur 
formando con gli studiosi viventi Silvio Pieri e Giovanni Giannini, 
una bella triade folcloristica per la Lucchesìa, rivisse da artista 
schietto e vivace le tradizioni popolari e fu di quella caratteristica 
falange di scrittori che ebbero l'ispirazione provinciale. Già per lui, 
come ben dice il Parducci, « dopo i grandi scrittori, il meglio della 
buona lingua sopravvive nel contado ». Approfondire l’anima del 
popolo era in lui desiderio e bisogno d’intimità spirituale, per cui 
la ricerca appassionata e scrupolosa non smorzava, come comune- 
mente suol credersi per gli scrittori, l'impeto della fantasia. Per chi 
intende e ama così le tradizioni popolari non è meraviglia il vederne 
consigliare lo studio e il culto nelle scuole, come faceva appunto il 
Nieri, il quale esortava i suoi studenti del Liceo a fare raccolte per 
proprio conto di proverbi e motti locali. Sullo stesso Nieri abbiamo 
un articolo di Bianca Magnino (I 3499). 

In omaggio di Atanasio Basetti, il Grossi pubblica 154 canti 
di cui parecchi inediti del territorio delle Valli dei Cavalieri, e ag- 
giunge utili dati biografici intorno al benemerito raccoglitore di poc- 
sia popolare parmense (I 3500). 

Uno studio che viene premesso al volume di scritti friulani di 
Caterina Percoto, sulla quale si ricordi il vibrante saggio di A. Di 
Giovanni (Noto, 1919), fa ora B. Chiurlo (I 3501). Più che la 
parte linguistica, questi esamina con felice intuito il pensiero, il 
contenuto lirico e morale delle novelle friulane pubblicate dalla gen- 
tildonna che il Tommaseo altamente stimava ed elogiava.. 

Ad onorare Mons. A. Pisaneschi da Civeglio, morto nel 1924. 
il quale fu squisito artista e amatore delle tradizioni popolari G. 
Battelli pubblica « un bozzetto e una manatella di canti popolari » 
trovati fra le carte di lui, ec aggiunge un breve cenno necrologico 


(I 3502). 


I. 3498 — Parkpucci A., Idel- Cavalieri e i canti pop. racc. da A. 
fonso Nieri folklorista e novelliere Basetti = « Prov. di Reggio » 1924, 


lucchese = GPL, II (1926). ca I. 3501 — Cuiurto B., Gli 
Rec.: RP, XXXV, 54 (feb.-aprile scritta friulani di Caterina Pere 
1927). coto = LP, III, 49 (gen.-feb. 1920). 
I. 3499 — MacnINO B., Novel- I. 3502 — PISANESCHI A., Ma- 
listica toscana, Idelfonso Nieri = emma amara, con una presenta 


RN, giugno 1927. zione di GUIDO BATTELLI = FI, I, 
I. 3500 — Grossi E., Le valli dei 337 (dic. 1925). 


— 662 — 


DISCUSS. METODOL. - CULTORI DELLA SCIENZA FOLCLORICA. I. 3503-3507 


Sante Muratori ha avuto la buona idea di farci conoscere un 
folclorista romagnolo: Giuseppe Nardi (I 3503). 

All’opera fino al 1926 di Gaetano Amalfi folclorista, G. Gallo 
Di Carlo (I 3504) dedica un opportuno scrittarello, arricchito da un 
minuto elenco delle pubblicazioni di carattere folclorico. Trattano 
di varî argomenti, ma hanno un'importanza speciale quelle di cri- 
minologia in rapporto alle superstizioni, cioè, come egli, magistrato, 
ha detto, di criminologia folklorica. Lo stesso Gallo ha scritto un 
articolo illustrando in particolar modo l’opera di Raffaele Corso 
(I 3505). 

Per la Sicilia notiamo. 

Un succoso cenno su Corrado Avoliv come demopsicologo è 
fatto in un lavoro, lodevole per il tono e la ricca informazione, di 
Carmelo Sgroi (I 3506). Si sa che il famoso Notigiano ebbe tempia 
di filologo, ma fu di quelli che riconobbe l’importanza e il valore 
del folclore. Mi piace in proposito riportare un suo pensiero: « La 
scienza ha compreso ormai che in ogni parola di dialetto e in ogni 
fiaba, esiste una forza che può essere utilizzata nello studio storico 
della lingua e dei popoli. Spesso in un proverbio o in una panzana, 
c'è un palinsesto prezioso ». Del noto demopsicologo siciliano A. 
Guastella, torna a discorrere A. Di Giovanni (I 3507). Dopo 1 pre- 
cedenti studî fatti dall’Interlandi (1891) e dal compianto amico no- 
stro F. G. Ippolito (1909), questo del Di Giovanni ha un suo tono 
speciale. Mette in rilievo la caratteristica essenziale del Guastella: 
l'essere stato come il frait-d'union tra i puri folcloristi e gli scrittori 
siciliani d’ispirazione provinciale, ec quindi figura eminentemente rap- 
presentativa per il sec. NIN siciliano. Del posto che spetterebbe 
nel folclore italiano al Salomone Marino prende motivo di parlare 


I. 3503 — MURATORI S., Un folk- 
lorista romagnolo: G. Nardi =: 
LPI, ott. 1924. 


I. 3504 — GanLo Di CARLO G,, 
Gactano Amalfi, folklorista, = FI, 
II, 280 (marzo 1927) e, prima, 


letteraria-scolasticu della Calabria, 
III, n. I (1927). 


I. 3506 — Scrot C., Corrado 
Avolio, dialettologo, demopsicologo 
e glottologo siciliano, Estr. dal- 
l’« Ann. 1925-1926 dell’Ist. Mag. 


TI, I, 128 (marzo 1925). 


I. 3505 — Gatto G., Raffaele 
Corso = IL, I, n. 3(1925) e dello 
stesso Gallo, Note di Folklore: da 
G. Pitrè a R. Corso = 
tura regionale » Rassegna storico- 


«La Cul-. 


di Noto », Noto, 1927. 


I. 3507 — Dr Giovanni A,, Zl 
pittore dei costumi di Modica = 
Annuario della R. Scuola Compl. 
Piazzi, Palermo, tip. Nazionale, 
1925-20. 


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L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3508-3511 


il Cocchiara in una introduzione al celebre poemetto della Barones- 
sa di Carini (I 3508). 

Tra gli amatori siciliani del folclore ricordo, facendo mie le ‘pa- 
role della Prof. Naselli, Santi Consoli di Catania, dove, nato nel 
1853, è morto nel marzo di quest'anno. Docente universitario di 
lingue classiche, in cui era versatissimo, si volse alla letteratura e 
storia paesana ed entrò nel campo degli studî dialettali con intel- 
ligente generoso amore. Le ricerche etimologiche, semantiche, topo- 
nomastiche, non furono assai spesso che un mezzo per scrutare lo 
spirito e l’anima del popolo siciliano e particolarmente catanese, di 
cui egli seppe esaltare senza fanatismi le glorie e le tradizioni ed 
additare senza burbanza le debolezze e gli errori. Malgrado la loro 
indole erudita e scientifica, gran parte degli studî di linguistica e 
di letteratura regionale del Consoli — di cui faremo cenno in queste 
pagine — furono pubblicati in giornali quotidiani locali, e più a- 
datto posto trovarono nell’ASSO. 

Avrà certo interesse per i folcloristi lo studio che Alessio Di 
Giovanni prepara sull'opera di Enrico Onufrio, fiorito in un tempo 
in cui gli scrittori chiedevano ispirazione al folclore regionale. Già 
il D. G. ha pubblicato suggestive pagine (I 3509) su questo « poeta 
di Palermo », e messo in rilievo il bozzetto Viva la Madonna, ef- 
ficacissima e originale pittura d’una festicciola, e la magnifica de- 
scrizione delle feste di S. Giusto a Misilmeri: esempio e ammo- 
nimento a certi folcloristi, stentati e oscuri, ovvero leziosi e pre- 
tenziosi descrittori di tradizioni popolari o di quadri di vita regionale. 

Giuseppe Pitrè è sempre nella mente degli studiosi. Di lui e 
della sua opera sì parla nel citato mio Discorso inaugurale di Milano, 
e il Corso (I 3510) lo ricorda dando notizia dell’erezione del monu- 
mento a Palermo e auspicando più fortunate che non in passato le 
sorti del Museo Etnografico Siciliano e della Cattedra di demopsi- 
cologia. 

Nel loro insicme folclore e folcloristi siciliani, avanti e dopo il 
Pittè, sono passati in rassegna dallo stesso A. Di Giovanni nel citato 
«art. di Leonardo (I 3511) e in altre due puntate. Peccato che esse 


I. 3508 — SaLoMoneE-MaRixo S., R. Frovveditorato della Sicilia », 
La baronessa di Carini, ampiamente V, 104 (28 feb. 1926) e nello stesso 
illustrata, reintegrata nel testo e fre- « Bollettino », V, 121 (30 marzo 
ceduta da uno studio di G. Coc- 1927): Dai « Momenti » alla festa 
CHIARA, Catania, Libr. Tirelli di di S. Giusto. 


F. Guaitolini, 1920. I. 3510 — FI, I, 437 (dic. 1925). 
I. 3509 — Di Grovaxxi A., Il I. 3511 — LEO, III, 84, 113, 
poeta di Palermo == «Boll. del 141 (aprile, maggio, giugno 1927). 


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STUDÎ E SUSSIDÎ - LAVORI FOLCLORICI GENERALI. I. 3512-3516 


non possano riassumersi. L’A.sa un'infinità di cose peregrine e le. 
sa dire con indipendenza e serenità di giudizio e con vivezza d’arte. 
Sullo stesso soggetto promette un volume il Cocchiara col titolo: 
Gli studî delle tradizioni popolari in Sicilia. 

A proposito di folcloristi, sulla distribuzione geografica di essi 
in una parte più e meno altrove, in Italia, prende occasione di par- 
lare il Corso (I 3512), polemizzando per un «trafiletto » di un cro- 
nista, il quale, dando conto di una progettata Mostra del Folclore 
nazionale in Milano, si è lasciato sfuggire dalla penna che esso è oggi 
accentrato in quella città. La lezione al povero cronista sembra 
inopportuna. Lasciamo stare se il Sud «trascini» il Nord. Ricordiamo 
piuttosto le parole del Croce, a proposito di studîì demopsicologici : 
«È forse difficile trovare in altro campo di studî tanta fratellanza! 


(1891). 


D) STUDI VARÎ E SUSSIDI SCIENTIFICI — Tra gli studî ge- 
nerali consideriamo quei lavori folclorici che non si riferiscono a 
questa o quella località italiana in particolare, ma trattano di tutto 
un argomento in generale che abbia importanza per l’Italia. Per 
esempio Nino Massaroli (I 3513) riproduce ninne-nanne nel testo 
turco e greco, ne dà la traduzione ritmica, e nello stesso tempo le 
raffronta con altre romagnole, venete, abruzzesi. Di una leggenda 
greca (« Lo spergiuro ») riferisce F. Cavaliere (I 3514). Patti d'amo- 
re e pegni di promessa formano l’argomento generale di un volume 
corsiano (I 3515), che fa seguito al saggio sopra «1 doni nuziali ». 
Scopo dell’A. è di dimestrare come nelle tradizioni dei popoli, oltre 
alle formule primitive di matrimonio come unione forzata, violenta 
o consensuale senza valore etico, esiste il « magnum sacramentum ». 
Ancora con rapidi tocchi Corso discorre in quattro pagine di un 
argomento generale che meriterebbe un’ampia trattazione: i carri 
sacri (I 3516). Ma i rapidi tocchi, dovuti alla padronanza che l’au- 
tore ha della materia folclorica, sono utili e servono come sguardi 


I. 3512 — Corso R. Milano spergiuro = ALB, IT, n. 17 e 18 
centro degli studi folklorici = FI, (1925). 
II, 131 (ott. 1926). I. 3515 — Corso R,, Patti di 


amore e pegni di promessa, S. M. 
Capua Vetere, Casa edit. « La Fiac- 
cola », 1925. 


I. 3513 — MAssaRoLI N., Canti 
popolari d'Oriente, Rovereto, tip. 


Tomasi, 1020. 
I. 3516 — Corso R., Carri Sacri 


T. 3514 — Cavarirere F., Zo FC, NI, 3 (gen.-marzo 1027). 


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L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3517-3527 


d'insieme su argomenti di interesse speciale (I 3517-3521), o come 
brevi complementi a ricerche altrui, secondo vedremo. 

Un soggetto generale squisitamente folclorico è quello del Na- 
tale in Italia. Il Lancellotti c’intrattiene sui caratteristici riti, coi 
quali nelle varie regioni d’Italia si celebrano ancora i giorni nata- 
lizi (I 3522), e per parte sua conclude così la rassegna: « Se per dire 
il poco che è rimasto sono occorse molte parole, si può desumere 
quello che dovevano essere 1 riti ormai tramontati. Tutto se ne va, 
tutto si semplifica e si inaridisce oggi. Ed anche il Natale segue la 
sua sorte ». 

Più vasto argomento («Il Natale attraverso i popoli ») vuole 
abbracciare M. De Cristo (I 3523): è una scorreria sentimentale 
dal Veneto al Nord d'Europa e alla Palestina con brevissimi cenni 
su usi e costumi di Natale. Il saggio di Renzo Longo sulle canzoni 
di guerra non ha molta originalità e precisione (I 3524). Un sog- 
getto, che riveste un carattere di tradizione per il nostro popolo, si 
riferisce all'origine del Tricolore italiano studiata da N. Ferorelli (I 
3525) e Onorato-Pàstine (I 3520). 

Quanto all'arte popolare in generale, Emilio Agostinone, rife- 
rendosi alla II Biennale di Monza, dov'era una sezione dedicata 
alla sempre viva arte della ceramica, dice che bisogna vincere un 
malinteso sentimentalismo paesano, che si oppone agli ultimi ri- 
trovati della chimica, per ottenere nuove combinazioni e nuovi ef- 
fetti, e bisogna altresì convincere i decoratori in ceramica a non 
disperdere le sane energie artistiche, riproducendo quadri nelle mat- 
tonelle o paesaggi miniati nei piatti (I 3527). Per la IV. Biennale 


I. 3517 — Corso R,, Ceri e car- I. 3523 — DE CRisto M., // Na- 
ri votivi, RIA, IV, n. 4 (1926). - tale attraverso i popoli = ALB, II, 
I. 3518 — Corso R., Blasons "® 24 (1920). 
populares Italtens, = VNIIL 1, 3524 — Lonco R., Folklore 
sO 0920]; italiano e canti di guerra, Roma, 
I. 3519 — Corso R., Una sin- « Esercito e Nazione », 1926. 


golare penitenza ecclesiastica e po- 
polare = BIL, XXV III, 4 (19260). I. 3525 — FeERORELLI N., La 


I. 3520 — Corso R. L'art des A tricolore italiano 
bergers en Italie = UNITI, IV, n.° i , 654 (1925). 
5 (#920): I. 3526 — PASTINE O., Sull'ori- 
I. 3521 — Corso R.,, Une céri- gine del tricol. ital. = GSLL, II, 


monie mystique en Italie = UNI- 52 (1920). 


Il, IV, n. 12 (1926). I. 3527 — AgostINONE E., Sul- 
I. 3522 — LANCELLOTTI A., Il l’arte della ceramica = LAD, IX 
. Natale in Italia = NA, 1 gen. 1925. (sett. 1925). 


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STUDÎ E SUSSIDÌ - LAVORI FOLCLORICI GENERALI. 


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I. 3528-3529 


Calabrese il periodico « Albori » (I 3528), osserva da parte sua che 
«i figuli di Seminara, tanto rinomati per le terrecotte colorate in 
verde, giallo, arancione e con ornamentazioni a figure di cavalli. 
di pesci e di esseri fantastici, in luogo di conservare e migliorare le 
forme tipiche tradizionali, le deformano, creando delle mostruosi- 
tà che non rispondono nè alla tradizione etnografica, nè a nobiltà 
di concetti artistici ». E si consiglia invece: « Attingere ispirazione 
alle fresche sorgenti dell'anima e della vita ed alle estrinsecazioni 
della popolare fantasia è un canone estetico degno di ogni encomio 
dal punto ideale, ma difficile in pratica. E ciò perchè, per avvicinarsi 
alle pure fonti ed intenderne la poesia, occorre una squisitissima 
sensibilità che solo il vero artista può avere ». Così riassume il Cor- 
so, il quale interviene per avvertire che l’esposizione di arte popo- 
lare non deve essere « un’imitazione 0, quel che è peggio, una con- 
traffazione della produzione artistica rusticana, tanto più bella, quan- 
to più è d'umultà vestuta». Come si vede, la questione non è così 
semplice come può sembrare, e fa il paio coll’altra dei poeti dia- 
lettali, sollevata con buoni argomenti e da diversi anni, dal Croce 
(La letteratura della nuova Italia, 1914, II, 314), i quali poeti credo- 
no spesso di essere liberati dagli obblighi della cultura e di ottenere 
a buon mercato il plauso dovuto agli artisti. Per noi, conseguen- 
temente a quanto abbiamo detto per la poesia popolare, l'arte po- 
polare è fatta da questo o quell’artista del popolo, e per il popolo, 
per uso e godimento di esso, nella quale arte, sulle basi di una tec- 
nica e di motivi tradizionali, l'artista esercita la sua fantasia. Il Sa- 
lomone-Marino in questo senso raccoglieva prodotti artistici di 
pastori, dei quali qualche volta ci dava il nome e cognome, e fa- 
ceva sempre opera di studioso. 

Antonio Bruers (I 3529) da parte sua lamenta la scomparsa 
delle ornamentazioni sugli strumenti da lavoro, dovuta « al profon- 
do rivolgimento psicologico nella vita operaia dell’epoca nostra e 
all'avvento della macchina, che attutisce il senso della gioia della 
creazione nell’operaio ». E il Corso lamenta ancor più che l’asten- 
sione dalle ornamentazioni si estenda a tutte le manifestazioni della 
vita, non solo negli attrezzi, ma anche negli abiti ormai modificati 
e uniformi. D'accordo. I tempi mutano e mutano profondamente, 


I. 3528 — ALB, II (ott. 1920). I. 3529 — Nel «Lavoro d’Ita- 
Vedi pure: Corso R., Per qualche lia », 9 ott. 1926. Vedi pure: CoR- 
lamentata deformaz. mnell’arte pop. so R., Gli strumenti del lavoro e 
= FI, II, 308 (marzo 1927). la scomparsa delle loro decorazioni 

=: FI, Il, 300 (marzo 1927), 


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L. SORRENTO ‘ FOLCLORE E DIALETTI. I. 3530-3533 


ma dobbiamo pensare che anche nel passato non si stava fermi. 
Nonostante l’opera della macchina e dei tempi nuovi, il popolo 
esprime le malcelate simpatie della sua anima (andate, per dirne 
una, nella grande fabbrica di cappelli Borsalino e vi sapranno dire 
quali siano i gusti particolari dei ceti popolari, che, se fate attenzio- 
ne, modificano da sè qualche volta le forme stesse fabbricate, con 
una spaccatura o una piega speciale); il popolo poi è più tardo ad 
abbandonare un costume, una volta adottato; e niente di straor- 
dinario che uno, già di dominio della borghesia, diverti costume 
caratteristico popolare. Infine è da ricordare un recente articolo di 
Arduino Colasanti, Direttore Generale per le Belle Arti, in favore 
dell’arte popolare (I 3530); ma già fioriscono oggi una quantità di 
iniziative per darle incremento: esse, solo se non saranno astratte e 
se incontreranno campo e condizioni favorevoli, potranno dar belli 
e serî risultati. 

Passiamo a lavori generali di maggior lena. 

Una trattazione sistematica dell’etnografia femminile è «quella 
del Krauss (I 3531), in-sette volumi, riguardante il Regno della Bellezza, 
(vol. I e II), :l Regno della Vaghezza (vol. III e IV), 11 Regno del- 
l’Attrattiva (vol. V e VI), il Regno dell'Anima muliebre (vol. VII) ». 
L'A. cita, fra l’altro, i cosiddetti blasoni popolari, poesie dove si e- 
spongono dal popolo le qualità estetiche che deve avere una donna 
perfetta, prendendo spesso le doti caratteristiche delle donne dei varî 
paesi, e unendole insieme idealmente in un medesimo soggetto. | 
volumi sono riccamente illustrati, ma col sopravvento delle figure 
di donne germaniche e slave. A proposito del mondo tradizionale 
femminile ricordiamo una storia della moda che ha impreso a 
dettare la signora Genoni delle Scuole professionali dell’Umanitaria 
di Milano (I 3532). Nel primo volume vediamo esaminate le vesti e gli 
ornamenti preistorici e classici tanto dal punto di vista storico che 
artistico, con particolari minuti e col sussidio di belle riproduzioni. 

Utile è il lavoro sui vecchi libri intorno ai rimedì contro la pe- 
ste, elencati e illustrati da A. C. Clebs ed E. Droz (I 3533). Nel cam- 
po degli studî di magia, pratiche occulte dei nostri tempi e dei no- 


I. 3530 — COLASANTI A., Arte I. 3532 — GENONI R., Stovia 
popolana = BR (15 ott. 1924). della moda, Bergamo, Ist. Ital. 
L'asse ave) Die Aia AT Sraiche, ol Ly 1985: 
imut des Frauenleibes. Liter. Inst. I. 3533 — KLEBS A.C. ET DRo07, 
Kosmos, Berlin, Wien, Leipzig, Remèdes contre la peste (Docu- 
1923. Streifziice im Iteiche der ments scientiphiques du XV siè- 
Frauenschònheit, id. id. 1924, ecc. cle I, I), Paris, E. Droz et E. 

— Rec.: FIT, I, 142 (marzo 1925). Nourry, 1925. 


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STUDÎ E SUSSIDÎ - LAVORI FOLCLORICI GENERALI. I. 3534-3538 


stri volghi presentano analogie con quelle studiate per l'Egitto da 
F. Lexa (I 3534). Interesse particolare per noi - secondo il Corso - 
ha la nota opera tradotta del Frazer (I 3535), perchè il folclore ogni 
giorno rintraccia nuovi e importanti paralleli fra le credenze e le 
cerimonie magiche e religiose dei popoli dell’Africa e dell’Italia. Il 
Leite de Vasconcellos ha pubblicato un lavoro d’etnografia compa- 
rata sul noto amuleto « manofica », « mano in pugno », facendolo 
precedere da un interessantissimo studio sulla medicina popolare. 
L’A., specialista di filologia portoghese, in questo suo lavoro si oc- 
cupa più specialmente del Portogallo e per questa parte appare 
compiuto. Per quel che riguarda l’Italia rivela un’informazione man- 
chevole (I 3536). 

Il Saintyves (I 3537) si è proposto di sostenere e spiegare che 
da elementi mitici, superstizioni e cerimoniali abbiano avuto im- 
pulso e forma le favole popolari dei fanciulli (Cenerentola, Pelle 
d'asino, Cappuccetto rosso ecc.). Non persuade troppo, però, l’ampai 
lode del recensore italiano sul « nuovo sistema d’interpretazione dei 
miti mediante lo studio dei riti applicati con luminose rivelazioni 
dal Frazer...». Non sempre le ipotesi geniali sono attendibili, e bi- 
sogna pensare che la somiglianza dei riti non sempre può indicare 
relazione di dipendenza tra un mito e un altro, tra una religione e 
un’altra. Di miti e leggende degli alpigiani che, per quanto abbia- 
no punti di contatto co mondo classico, non possono sicuramente 
dirsi discendenti da esso, discorre il Battaglia (I 3538): per lui la 
leggenda popolare del gigante monocolo e antropofago sarebbe an- 
teriore al racconto omerico di Polifemo e indipendente da esso. La 
critica comparata conduce l’autore a tale opinione, ma questa, 
per divenire certezza, deve essere meglio approfondita. Sulla leggen- 
da di Giasone e Medca è importante lo studio del Krappe (I 3539) 


I. 3534 — Lexa F., La magie 
dans l’Egypte antique, ecc., Paris, 
Lib. Orientaliste P. Genthner, 192 5. 
— Rec.: FI, II, 316 (marzo 1927). 


I. 3535 — FRAZER ]J. G.,, Il 
Ramo d'Oro, Storia del pensiero pri- 
mitivo. Magia e veligione. Trad. 
di L. Dre Bosis, Roma, Stock, 
1925. — Rec.: FI, I, 346 (giugno- 
sett. 1925) e II, 149 (ottobre 1926). 


I. 3536 — LEITE DE VASCON- 


cELLOS ]J., A figa. Estudo de etno- 
grafia comparativa, Porto, Araujo- 
Sobrinho, 1925. 


I. 3537 — SAINTYVES P., Les 
contes de Perrault et les Récits Pa- 
rallèles, Leuyrs ovigines, ecc. ‘Paris, 
Librairie Critique E. Nourry, 1923. 


— Recc.: FI, I, 132 (1925). 
I. 3538 — BATTAGLIA R., Mitie 
leecende der montanari = ES, 


XXVII (1925). 


— 669 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3539-3544 


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per ì richiami a cose nostre, per esempio al culto dei decollati in Si- 
cilia. 

G. Antonucci vuol portare un po’ più di luce alla storia oscu- 
ra del Carnevale e del Charivari (I 3540). La trattazione però è un 
po’ oscura e non è documentata. Bisognerebbe fare i conti colla 
storia della parola. 

Un volumetto molto importante per gli studî folclorici, in 
quanto accenna all’origine di certe devozioni popolari, e tratta 
dei varî aspetti della vita religiosa prima della riforma del Concilio 
di Trento, è quello di Dom Louis Gougaud (I 3541). A proposito del 
celebre Concilio mi sia lecito annunciare il lavoro che renderà pub- 
blico prossimamente un mio studente, Alfredo Redaelli, sul folclore 
lombardo e l’opera di S. Carlo Borromeo contro le superstizioni. 
Intanto segnaliamo un articolo di carattere generale di E. Milano 
sulle tradizioni religiose del popolo italiano (I 3542). Uno ricco d'in- 
teresse è quello di A. van Gennep.su San Rocco nella fantasia popolare 
(I 3543). L’A. studia anche qualche stampa popolare sacra italiana, 
ma un autore nostro, dietro la guida di questo studio, potrebbe esten- 
dere le ricerche in Italia, sicuro di raccogliere un cospicuo materia- 
le. Ci risulta infine che è in corso di stampa un volumetto storico su 
S. Crispino e le varie leggende che sono pullulate intorno al popo- 
lare Santo. L'Autore, il Sac. C. dell'Orbo, l’ha compiuto sotto gli 
auspicî del « Comitato milanese per le onoranze nazionali al patrono 
delle industrie del cuoio ». 


a 


Lavori sussidiarî del folclore ci fornisce la scienza delle anti- 
chità classiche. Si veda a questo riguardo un vivace e acuto 
scritto di C. Cessi a proposito di due pubblicazioni dei proff. di storia 
antica E. Ciaceri e G. Giannelli, importantissime anche per gli stu- 
diosi di tradizioni popolari d’Italia (I 3544). Già altri lavori prece- 

I. 3539 — KRAPPE A. H., The Roma-Milano, 1925. 
story of Jason a. Medeia = FL, l 
XXXVI, 308 (1925). I. 3543 — VAN GENNEPÀ., Sain- 
Roch dans l’imaginerie populaire 
I. 3540 — AnTONUCCI G., Ka- = RHF, 1926. 
lendae Januari. Carnis levamen- l 
Charivarium = FI, Il,9(ott. 1920). I. 3544 RAS C., Vis Italica 
; , =ARIVL VI, 585 (1927), co- 
L: pie SOUGALO Do L., Dé- munic. sulla Storia della Magna 
vottons ef pratiques ascétiques du Cioiiz.del'Gacert vol IL Miano 
M. 4., Collection « Pax», vol. Albrighi e Segati, (1924) e sui 


XVI, Paris, Desclée, 1925. 


I. 3542 — Mitraxo E,, Le tra° 
dizioni velig. del pop. ital. = AIC. 


Culti e miti della Magna Grecia 
del GIrANNELLI, Firenze, Bempo- 
rad (1924). 


— 670) — 


STUDÎ E SUSSIDÎ- CONTRIB. DELLA SCIENZA DELL'ANTICHITÀ I.,3545-3551 


denti del Ciaceri sono stati utilizzati dai folcloristi, come pure quelli 
sull'Italia antica del Pois, sull'Etruria del Ducati, su credenze e 
feste classiche del compianto nostro maestro Carlo Pascal (I 3545) 
e recentemente su feste di Roma di G. Vaccari (I 3546) e altri 
di vario argomento del Calderini, degli egittologi, degli orien- 
talisti, ecc. | 

Uno studio di archeologia, in cui si tien conto di tradizioni e 
leggende, è quello di Vincenzo Russo che, contrariamente all’Orsi, 
sostiene che l'antica Medma è la moderna Nicotera (I 3547). Lo spe- 
cialista di folclore N. Borelli ha mostrato di sapere esercitare il suo 
ingegno nello studio dell’etnologia archeologica, interpretando un 
simbolo fallico in una tavoletta magica romana rinvenuta anni so- 
no nella necropoli di Calcs (Campania) (I 3548). Un altro folclorista, 
Giovanni Pansa (I 3549), ha illustrato un bassorilievo della dea 
Angerona, posseduto dal Musco della Medicina antica di Roma. Nel 
campo della demopsicologia si è mantenuto L. Giliberti parlando 
dei Lucani nell'antichità per i loro riti e costumi, le cerimonie e le 
credenze (I 3550). Un glottologo e dialettologo noto, e buon inten- 
ditore del folclore, Gino Bottiglioni, mostra, come vedremo meglio, 
di saper trar profitto dagli studî scientifici di etnologia e di anti- 
chità in un serio opuscolo (I 3551), che è una promessa di ulteriori 
sviluppi e di proficue ricerche sulle basi gettate da opere precedenti 
di Cl. Merlo e di scienziati diversi, per cui l’etnologia, l'archeologia 
e la linguistica si danno la mano. 


Si capisce che lo studio e la ricostruzione di memorie storiche 


I. 3545 — PASCAL C., Feste e 
poesie antiche, Milano, Treves, 
1926, oltre alla precedente opera 
Le credenze d’oltre tomba nelle opere 
lett. dell'antichità classica, di cui 
il Paravia ha pubblicato la II 
cdiz. nella Bibl. «Storia e Pen- 
SIero ». 

I. 3546 — VACCARI G., Le feste 
di° Roma antica, Torino, Bocca, 
1927. 

I. 3547 — Russo V., Sul luogo 
di Medma = ASSO, XXII (1926). 


I. 3548 — BORRELLI N., Di un 
simbolo fallico in una tavoletta ma- 
gica romana = FC, NI, 121 (gen.- 
marzo 1927). 


I. 3549 — Pansa G, Bassori- 
lievo di bronzo con rappresentanza 
della Dea Angerona, Estr. dal 
« Bull. d. Comm. Arch. Comunale n, 
s. 1, 1923. — Rec.: NI, I, 352 
(giugno-sett. 1925). 


I. 3550 — GiuiBiRrTI L., Z Lu- 
cani mell’antichità. Saggio di de- 
mopsicologia, Napoli, tip. Gian- 
nini, 1924. — Rec.: FI, I, 149 
(marzo 1925). 


I. 3551 — BoTTiGLIONI G., La 
Sicilia, la Sardegna, la Corsica 
nell'unità dei popoli tirreni, Estr. 
da « Mediterranea », a. I, n. 1, Ca- 
ghari, Soc. Ed. Ital., 1927. 


e 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3552-3559 


di una città o di un grande avvenimento o personaggio passati in 
dominio del popolo interessano vivamente i folcloristi. Per un lato 
ne diede l'esempio il Pitrè colla sua poderosa monografia La vita 
in Palermo cento e più anni fa. Genere di lavori di difficile fattura. 
Per questo riguardo è di grande utilità la ristampa della Storia di 
Venezia nella vita privata del Molmenti (I 3552), che è stata ‘sfron- 
data di diversi capitoli, qua e là rifatta e perfezionata. E utili sono, 
per le provincie tormentate dalle vicende politiche, le opere storiche 
sull’Istria e Trieste del De Vergottini (I 3553), del Benussi (I 3554) 
e del Tamaro (I 3555). Ammirabile è la riproduzione delle incisioni 
del Pinelli per Roma: visioni storiche di un secolo fa (I 3556). 

Una seria ricostruzione di Napoli nella prima metà del Cinque- 
cento ci saremmo aspettata da P. La Cute (I 3557), a proposito di 
Ortensio Lando. Manca lo studio delle tradizioni che possono rin- 
traccìarsi benissimo nell'opera landiana. Ricca di fatti e di idee, 
che hanno importanza anche per le tradizioni, è invece la pubblica- 
zione di Consalvo di Taranto sulla Capitanata al tempo dei Normanni 
e degli Svevi (I 3558). L’autore aveva già trattato della storia della 
stessa regione per l’anno 1848, ed è uno studioso di storia curiosis- 
simo, vedremo, delle tradizioni. popolari. Federico II legislatore e 
il regno di Sicilia sono oggetto di uno studio storico attento di un 
folclorista, Giuseppe Cocchiara (I 3559), che opportunamente consa- 
cra l’ultimo capitolo a Federico II nella concezione del popolo si- 
ciliano. Rileviamo una nota sul ratto (fuiuta). È vero, secondo il 
Garufi, che è stata consuetudine siciliana di sposare la rapita; è vero, 
secondo il Cocchiara, che questa consuetudine dura tutt’ora, sicchè 


I. 3552 — MOLMENTI P., Storia 
di Venezia nella vita privata dalle 
origini alla caduta della Repub- 
blica, VI ed., Parte III: I/ De- 
cadimento, Bergamo, Ist. It. d’Arti 
Grafiche, 1926. — Rec.: GSLI, 
LNXXVIII, 181 (1920). 


I. 3553 — DE VERGOTTINI G.» 
Lincamenti storici della costituz- 
politica dell’Istria durante il Medio 
Evo, vol. I, Roma, Tip. « Leonardo 
da Vinci », 1924. 


I. 3554 — Benussi B., L’Istria 
net suoi millenni, Trieste, Libr. 
Treves-Zanichelli, 1925. 


I. 35553 — Tamaro A., Storia 


di Trieste, Trieste, Libr. Treves- 
Zanichelli, 1925. 


I. 3556 — Roma: visioni storiche 
d'un secolo fa, con la riproduz. di 
XII incisioni del PinELLI, Roma, 
Maglione e Strini, 1925. 


I. 3557 — LA CUTE P., Ortensio 
Lando e Napoli nella prima metà 
del 500, Lucera, Tip. L. Cappetta, 
1920. 


I. 3558 — DI TARANTO C., La 
Capitanata al tempo dei Normanni e 
degli Svevi, Matera, Tip. Conti, 192 5. 


I. 3559 — Coccuiara G., Fede- 
rico II legislatore e il regno di Si- 
cilia, Torino, Bocca, 1927. 


— 672 — 


STUDÎ E SUSSIDÎ - CONTRIBUTI STORICI. I. 3560-3563 


il ratto è un preludio al matrimonio. Ma si tratta di un matri- 
monio forzato. E se le costituzioni di Federico lo giudicarono 
molto balordo e per nulla utile e minacciavano di galera il rapitore, 
la disposizione aveva la sua ragione d'essere, trattandosi di un atto 
che aveva tutti gli estremi di una infrazione alle leggi sociali e mo- 
rali. Dico questo perchè il Cocchiara mostra di non afferrare tutta 
la portata delle disposizione dugentesca. Egli osserva che «oggi, 
invece, questo utile c'è in quanto il ratto evita le spese del matri- 
monio, che verrà, poi, così celebrato privatamente». Questo è vero, 
ma è pur vero che ci sono ancora ratti genuini, mor: solito. A ogni 
modo, il compromesso o abuso in cui viene in alcuni casi mutata 
detta consuetudine, conserva gli stessi estremi dell'infrazione, peg- 
giormente giustificabile. 

Ancora ricordiamo l’opera postuma di un buon folclorista del 
tempo andato, R. Capalbo, che riunisce gli sparsi ricordi della città 
di Acri (I 3560). Pietro Giacosa ci descrive Cogne (I 3561). Fa co- 
noscere le notizie storiche, le condizioni geografiche e le relative 
variazioni meteorologiche, e non tralascia le questioni d’oggigiorno, 
come l’industrialismo e l’edilizia cognense: il libro è ricco di otc- 
grafie e riproduzioni di disegni. L’ultimo capitolo, di una ventina 
di pagine, narra le leggende locali che riguardano, per la maggior 
parte, paesi distrutti. Della Valle di Susa e dell'Abbazia della No- 
valesa si occupa G. Monticelli (I 3562). La prima parte del suo libro 
comprende 1 ricordi storici dal dominio di Roma alla Rivoluzione 
francese. La seconda riguarda la celebre Abbazia, la sua lcg- 
gendaria origine, le leggende di Waltario, di Carlo Magno e del frate 
Frodoino, dei miracoli di S. Eldrado e della sua estasi durata tre- 
cent'anni ai piedi di un albero che i valligiani additano ancor oggi 
ai visitatori. L'ultima parte riprende le notizie storiche sia dell’Ab- 
bazia (ora villa del Convitto Nazionale di Torino) che della valle 
di Susa. V. Roppo ha preso a illustrare memorie storiche del comune 
di Loseto, e consacra un capitolo agli usi, alle feste, ai proverbi e 
al carattere di quel popolo (I 3563). Note storiche sulla città di Ca- 


I. 3560 — Capanrpo R.,, Me- I. 3562 — MonticreLLIi G., La 
morie storiche di Acri, S. Maria Valle di Susa e l'Abbazia della No- 
Capua Vetere, Casa ed. « La Fiac- valesa, Pinerolo, Tip. Sociale, 1925. 


Ria 3 Rec.: FI, I, 1401. 3563 — Ropro V., Memorie 
) i SE storiche del Comune di Loseto con 

I. 3561 — Giacosa P., Cogne, appendice, Bari, G. Parisini e F., 
Ivrea, Viassone, 1925. 1925. SI 


— 673 — 


Aevum - Anno I - 43 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3564-3568 


rini ha scritte S. Buffa-Armetta, occupandosi anche del caso della 
Baronessa, che forma materia del celebre poemetto (I 3564). 

Pur dell’anno 1924, è degna di rilievo una ricerca di A. van 
Gennep sulla tomba di Alarico (I 3565), con la quale, contrariamen- 
te all'opinione del Reinach, viene difesa, anche con lo studio dei riti 
gotici, la tradizione storica del sepolcro del re nel letto del Busento. 
E pertanto l’autore entra nello studio dei metodi di sepoltura in 
uso presso varî popoli e ne deduce che esisteva una «inumazione 
subacquea »: simili riti sì ritrovano presso selvaggi per la sepoltura 
di un loro re « adorato ». 

Tra lavori di fondo storico ci sarebbe da notare, e anche da 
incoraggiare, quelli importantissimi che studiano il trapasso dalla 
storia alla leggenda, per la luce che ne viene al folclore. Parlo di 
opere del tipo di quella famosa del Comparetti su Virgilio. Ha un 
carattere squisitamente folclorico la ricerca del noto studioso N. 
Pansa sulla fortuna e trasformazione di Ovidio attraverso il medio 
evo e nella tradizione popolare, specialmente nell’Abruzzo e nella 
patria Sulmona (I 3366): tra l’altro, anche il poeta delle Metamor- 
fosi e dell'Arte d'amore ha subìto con Virgilio la sorte di essere stato 
assimilato ai più famosi negromanti, quale Pietro Baialardo. 


Suggestive chiamerei quelle ricerche sulle idee o spunti d'idee 
intorno al folclore negli scritti dei filosofi e sui suoi riflessi nell’opera 
degli scrittori. M. Ferrara ha tratto da un’opera di un frate savona- 
roliano motti, proverbi, modi di dire che hanno riscontro nella let- 
teratura popolare, sicchè il suo lavoro viene a risultare un contri- 
buto, se ben non completo, alla storia dei proverbi (I 3567). Opera 
utilissima ha fatto A. Bruers (I 3568), pubblicando, dopo il primo 
saggio dato dal Gentile, il testo inedito italiano sul senso delle cose 
e della magia del Campanella, al quale gli specialisti riconoscono 
‘qualità eminenti di precursore dì studî folclorici, se non altro per 


Frate Benedetto da Firenze e la sua 
« Divisio proverbiosa », Lucca, Tip. 
ed. Lucchese, 1925. 


I. 3564 — BUFFA-ARMETTA S., 
Carini, mote storiche, Palermo, F. 
Lugaro, 1925. 

I. 3565 — VAN GENNEP A., Ze 


tombe d'Alaric = RA (1924). I. 3568 — CAMPANELLA T., Del 


. n senso delle cose e della magia. Testo 
I. 3566 — Pansa G., Ovidio nel inedito italiano con le varianti dei 
medio evo e mella tradiz. popol., codici e delle due ediz. latine a cura 
Sulmona, Caroselli, 1924. — Rec.: di A. BruERSs, vol. XXIV dei 
FI, I, 340 (1925). Classici della filosof. mod. (collez. 


I. 3567 — FERRARA M.,, Per la 
storia del Proverbio nel sec. NVI: 


Croce e Gentile), Bari, La Terza, 
1925. 


ia 


STUDÎ E SUSSIDÎ - IDEF FILOSOF. E RIFLESSI LETTERARI I. 3569-3574 


felice intuizione di leggi e idee generali derivanti dalla sua mente 
filosofica. | 

Felicissime intuizioni si ritrovano nell'opera di un grande filo- 
sofo, indagatore delle tradizioni popolari, G. B. Vico. Fulvio Ma- 
roi (I 3569) illustra un passo relativo ai « monstra » della Scienza 
Nuova. Da tale illustrazione l'opinione vichiana che i mostri non 
potevano essere, secondo la legge delle XII tavole, i nati umani 
deformi, ma i procreati senza il costume solenne e normale delle 
nozze, risulta un fatto accertato dalla scienza etnologica, oltre che 
Viene a costituire un principio etico. Ancora, in un serio e dotto stu- 
dio il Giannelli rileva come le ipotesi, espresse dalla Scienza Nuova 
sull’origine del senso del pudore e sul carattere primitivo dei riti 
in cuì esso si manifestava, abbiano importanza c valore per l’etno- 
logia (I 3570). E poi si dice male della filosofia, come troppo inva- 
dente negli studî e nella vita. 

Quanto ai riflessi del folclore negli scrittori, io ho dato, nella 
mia sola del Sole (I 3571), un saggio di proverbi popolari sicilia- 
ni che son passati nell'opera del Meli e nei Malavoglia del Verga. 
Ora vedo che un simile lavoro, all’estero, ha fatto Richard Jente 
per Shakespeare (I 3572), continuando l'opera del Dyer (Folklore 
of Shakespeare, 1884). R. Corso, prendendo occasione dalla ristampa 
di un vecchio scritto di G. Ellero (I 3573), tratto dall'opuscolo Una . 
settimana fra le Alpi (Udine, 1904), ristudia in due paginette 
la leggenda alpina di Silverio cantata nell’ode In Carnia del Car- 
ducci, e acutamente conchiude (I 3574): «Il tratto significativo del 
racconto manca nel rifacimento carducciano, che perduto ogni ca- 
rattere etico e sociale, si presenta come una scena romantica di fate 
e d’amore, fra il sorriso dei cieli e dei prati ». Più vasto è lo studio 


I. 3569 — Maror F., L'inter- 
pretazione dei « Monstra » nella le- 
gislaz. decemvirale, secondo G. B. 
Vico = RIFD, V, 1925. — Rec.: 
FI, I, 348 (giugno-sctt. 1925). 


I. 3570 — GIANNELLI G., /ntui- 
zioni e ricostruzioni del Vico in- 
torno all'origine di alcuni riti nu- 
ziali, nel Vol. commemorativo pel 
TI Centenario della pubblicaz. della 
Scienza Nuova a cura del P. A. 
GEMELLI, Milano, « Vita e Pen- 
siero », 1920. 


I. 3571 — SoRrREnTO L., L'Isola 
del Sole, Milano, Trevisini, (1926). 


I. 3572 — JENTE R., The Pryo- 
verbs of Shakespeare, in « Washing- 
ton Univ. Studies », XIII, 39I 
(1920). 

I. 3573 — ELLERO G., La leg- 
genda di Silverio = BSFF, II, nn, 
5-6 (1926). 

I. 3574 — Corso R.,, G. Car- 
ducci e la leggenda alpina di Sil- 
verio = FI, II, 1360 (ott. 1926). 


— 675 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE È DIALETTI. I. 3575-3582 


di G. Giannini (I 3575), il quale mette in rilievo l’amore del Pascoli 
per le tradizioni popolari assimilate e trasformate in canti ispirati. 
(Si ricordi, in proposito, La Romagna nell'opera di Gio. Pascoli di 
Anna Rimbocchi, Forlì, 1915). Questo del Giannini è un delicato 
studio di fonti, tra le quali ci piace segnalare la constatazione: che 
le tradizioni infantili vennero al Pascoli dalla lettura del Nieri. In 
questo genere di ricerche il Giannini, che è un folclorista di auten- 
tico valore, si è rivelato anche un fine critico. Qui potrebbe ricor- 
darsi l'illustrazione dei paesi - di Alfredo Oriani, fatta da Balilla 
Pratella (I 3570). 


Nel campo della linguistica, oltre alle opere, iniziative e di- 
scussioni sopra ricordate, spigoliamo quegli studî che hanno atti- 
nenza col folclore. Interessano certamente e in particolare modo, 
come ho già detto, i lavori scientifici di Vittorio Bertoldi sugli usi 
della verghetta magica di nocciolo (I 3577); sulle genealogie di nomi 
designanti il mirtillo (I 3578); sugli usi e nomi d’uno stagnasangue 
popolare (I 3579); su droghe orientali e surrogati alpini negli usi 
del popolo (I 3580); su alcune etimologie popolari, dove la storia 
di una parola non è studiata astrattamente, ma è determinata, come 
abbiamo pur notato di sopra, dalla storia concreta della cosa espres- 
sa venendo messo in luce il multiplo lavoro dell’etimologia popo- 
. lare e della semidotta nella creazione di nuove idee, così come 
aveva fatto il Gilliéron (I 3581). Su qualcuno di questi lavori s' 
tornerà nell'apposito Bollettino. In un recentissimo studio fatto a 
proposito della nota pubblicazione Flora popolare italiana del Pen- 
zig, il nostro bravo linguista (I 3582) nota che nessun mezzo più 


I. 3575 — GIANNINI G., Le tradiz. 
popol. nella poesia pascoliana, Estr. 
da « Lucca a G. Pascoli », Lucca, 
1924. 

I. 3576 — PRATELLA B., I Paesi 
di Alfredo Oriani = LPI, 1925. 

I. 3577 — BkrTOLDI V., Una 
voce moritura, con 3 cartine e 2 
illustraz. geogr. = RLR, I, 237 
(1925). 


I. 3578 — BERTOLDI V., Genea-., 


logie di nomi indicanti il mirtillo 
= ID, I, 9I (1924-25). 


I. 3579 — BrrtoLDI V., Usi e 


costumi di uno stagnasangue popo- 
lare = SR, XVIII, 67, Roma, 
1926. 


I. 3580 — BERTOLDI V., Droghe 
orientali e surrogati alpini (con il- 
lustraz.),= AR, X, disp. 1-2‘19206). 


I. 3581 — BERTOLDI V., Parole 
e idee; monaci e popolo, « calques 
linguistiques» e etimologie popolari, 
con illustraz. e cartine geogr, 
= RLR, II, 137-62 (1926). 


I. 3582 — BERTOLDI V., Per la 
storia del lessico botanico popolare, 
= AR, NI, n. I (1927). 


— 6:6 — 


STUDÌ E SUSSIDÎ - CONTRIBUTI LINGUISTICI PARTICOLARI. I. 3583-3585 


adeguato e più eloquente ci sia della nomenclatura della fauna e 
della flora per illustrare le forze creatrici della fantasia popolare- 
e colma le lacune del Penzig con una ricca messe di nomi setten, 
trionali, raccolti in gran parte dalla viva voce del popolo: « espres- 
sioni schiette di vecchie tradizioni popolari, che sono veri gioielli 
dal punto di vista psicologico e folcloristico sempre, ma, alle volte, 
anche dal punto di vista storico-linguistico ». 

Una più ampia pubblicazione, che pur avrebbe bisogno di al- 
cuni ritocchi, può tornare di grande utilità ai folcloristi: quella 
di Reto R. Bezzola sui gallicismi italiani nei primi secoli (I 3583). 
Vi si studiano voci che si riferiscono ai diversi ceti, ai mestieri, ai 
divertimenti, alla caccia, alla guerra, ad animali domestici, alla casa 
e mobilia, ai vestiti, ecc., naturalmente con richiami alla varia for- 
tuna di usi e costumi. E ancora è interessante un buon saggio lin- 
guistico di Giacomo Melillo (I 3584) intorno alla pesca nel lago di 
Varano in quel di Foggia: qui lo studio delle parole non è disgiunto 
da quello delle cose (barca, reti, strumenti varî), che vengono de- 
scritte nell'uso cui servono o sono servite. Importante è la ricerca 
comparata che fa il Merlo dei nomi della Pentecoste nei dialetti 
italiani (I 3585), ricerca condotta dal punto di vista linguistico con 
la cura e competenza che sappiamo. Per i folcloristi dirò che la 
tesi dell'A. è la seguente: — In gran parte dei dialetti italiani la 
Pentecoste è la festa della rosa (delle rose) e dei fiori; essa altro 
non è verisimilmente che la festa pagana delle rose (Rosalia o Ro- 
saria o Dics rosac), d'origine orientale come il fiore, rinnovellata nel 
suo interiore, da pagana fatta cristiana. Venuta a cadere nel mese 
che la religione cristiana volle dedicare alla Vergine, la Pentecoste 
fu per i cristiani quello che erano state per i pagani le Rosalia, la 
festa della primavera, della terra in fiore, e potè essere il simbolo 
una rosa lasciata cadere dall'alto del tempio sui credenti. — Questa 
tesi non mi sembra dimostrata. Forse, come ho accennato altrove, 
la parola e la cosa (Pasqua di rose, Pasqua rosata) presentano altri 
clementi che potrebbero non aver relazione o avere una coincidenza 
non necessaria con origini pagane. La ricerca, quasi obbligata, delle 
«origini » può condurre qualche volta ad accostamenti azzardosi e, 


I. 3583 — Bezzora R. R., Ab- 
bozzo di una storia det gallicismi 
italiani nei primi secoli (750-1300). 
Saggio storico-linguistico, Zurigo, 
Seldwyla, 1024. — Rec.: (Bertoni), 
AR, IX, 1925). 


I. 3584 — MrtLILLO G., La pesca 


nel lago di Varano in quel di Foggia 
(con illustraz.) = ID, I, 252 (a- 
prile 1025). 

I. 3585 — Merto CL., Z nomi 
della Pentecoste nei dialetti ita- 
liani, = ID, II, 238 (apr.-mag- 
gio 1920). 


— bic — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3586-3592 


sopra tutto, far dimenticare che il sorgere di una nuova tradizione 
e di qualsiasi fatto dello spiito è cosa sempre possibile in tutti i 
tempi. | 

Un libro di consultazione utile anche agli studî comparati di 
folclore può essere quello di A. Garbini sulle antroponimie ed omo- 
nimie nel campo della zoologia popolare (I 3586). Così pure il vo- 
lume di Bruno Migliorini, in cul è studiato con larga e seria docu- 
mentazione il passaggio dai nomi propri in nomi comuni (I 3587). 
Un certo interesse presentano un articolo di Gerhard Rohlfs sui no- 
mi di due arnesi campestri (la zappa e il capréolo (I 3588) e un altro 
in cui sono esaminati i nomi, le malattie degli animali e i termini 
relativi alla mungitura del latte e alla fabbricazione del cacio nel 
dialetto calabro-greco di Bova (I 3589). 


Qui cade acconcio anticipare una parte del Bollettino biblio- 
grafico di filologia romanza per segnalare gli studî filologici e lette- 
rarî che hanno relazione col folclore, cioè quelli di letteratura po- 
polare. È interessante la raccolta di rime giullaresche e popolari 
italiane che ha stampato il De Bartholomaeis (I 3590), ordinate in 
nove gruppi «a seconda dei varî generi che esse rappresentano e 
che corrispondono a diver_i atteggiamenti della vita reale ». Ha un 
sapore di curiosità una ninna-nanna musicata da Emilio Gragnani: 
sarebbe una poesia popolare arrivataci attraverso alla tradizione 
scritta (un cod. del quattrocento) (I 3591). 

Continuando, cospicua è la messe di studî su leggende, le quali 
ci sono state tramandate per la bellezza espressiva che vi hanno 
infuso artisti popolari grandi e piccoli, anonimi o no, o per la dili- 
gente curiosità di cronisti. Il volume che Guido Battelli ha pubbli- 
cato recentemente e che contiene le più belle leggende cristiane tratte 
dai codici e da antiche stampe, ha suscitato larga eco e meritata sim- 
patia nella stampa (I 3592). Son divise nei seguenti gruppi: /Il Sal- 


I. 3586 — GARBINI A., Antropo- - 


nimie ed omonimie nel campo della 
zoologia popolare, ecc., Verona, La 
Tipografica Veronese, 1923-25. — 
Rec. ROM, LIT, 229 (janvier-avril 
1926). 


I. 3587 — NIGLIORINI B., Dal 
nome proprio al nome comune, Ge- 
nève, Olschki, 1927. 


I. 3588 — ROHLFS G., Ueber Ha- 
chen und Bòbcke, = ZRPh, XLV, 
002 (juli 1920). 


I. 3589 — RoHLrs G., La ter 
minologia pastorale dei preci d' 
Bova, = RLR, II, 271 (19206). 

I. 3590 — BARTHOLOMAFIS V\. 
Iime giullaresche e popolari d’ Ital. 
Bologna, Zanichelli, 1926. — Rec.: 
RP, XXXIV, 294 (dic. 1920). 

I. 3591 — GRAGNANI E., Ninna- 
nanna, = GA, I, n. 2-3 (1925). 

I. 3592 — BATTELLI G., Le più 
belle leggende cristiane, Milano, Hoe- 
pli, 1924. 


— 678 — 


STUDÎ E SUSSIDÎ - STUDÎ FILOLOGICI SULLA LLTTER. poroL. I. 3593-3596 


vatore (la Natività di Nostro Signore, San Giovanni Battista, la Mad- 
dalena, l’Albero della Croce, l’Invenzione della Croce, l’Esaltazione 
della Croce, il miracolo di Bolsena), gli Apostoli e gli Evangelisti 
(S. Pietro, S. Paolo, S. Marco, S. Filippo, S. Giacomo, S. Giovanni 
E.), 1 Martiri (Santo Stefano, San Lorenzo, i Sette Dormienti di 
Efeso, San Giorgio, San Cristoforo, Sant’Eustacchio, San Sebastia- 
no), le Vergini (Sant'Agnese, Santa Cecilia, Santa Lucia, Santa Do 
rotea, Santa Caterina d'Alessandria, Santa Barbara, Sant'Orsola). 
gli Eremiti e i Pellegrini (S. Paolo E., S. Maccario, Santa Maria 
Egiziaca, I tre monaci che vanno al Paradiso terrestre, il Purga- 
torio di San Patrizio, la navigazione di San Brandano, Sant'Alessio, 
San Giuliano l'Ospiteliero), i Vescovi e i Dottori (San Niccola, San 
Martino, San Girolamo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino, San Gre- 
gorio). 

Addirittura come un racconto popolare Giovanni Antonucci 
considera la storia di Susanna del V. Testamento (Dan. XIII). Pren- 
dendo lo spunto della XVI « degnità » del Vico (« Le tradizioni vol- 
gari devono aver avuto pubblici motivi di vero, onde nacquero e 
si conservarono da intieri popoli per lunghi spazi di tempi »), egli 
analizza da vicino la «toria di Susanna, che afferma apocrifa sulla 
base della « critica biblica » a cominciare da Giulio Africano (MIGNE, 
Patr. graec., XI, 41-48). Peraltro, dice, questa storia, anche se è un 
racconto popolare, ha un contenuto giuridico, che si ritrova in pa- 
recchie altre leggende, relative a giudizi straordinari. Il giudizio di 
Daniele avrebbe esercitato, nel medioevo, un'influenza notevole per 
la formazione delle prove nei giudizi (I 3593). Questo studio ci ri- 
chiama all’ampia e nota opera inglese di James Georges Frazer in- 
torno al folclore nell’A. Testamento, recentemente tradotta e ridotta 
in lingua francese (I 3594). 

Per le leggende sacre ricordiamo altresì le pagine di H. Peter- 
sen su quella di S. Eustachio (I 3595), che si riferiscono a uno stu- 
dio del Monteverde (Studi medievali, III). Il volgarizzamento tosca- 
no trecentesco della Leggenda Aurea di Iacopo da Varagine è edito 
da Arrigo Levasti (I 3596). Nell’Introduzione è analizzata la leggenda 


I. 3593 — ANTONUCCI G., Exem- origines de la légende de S. Eu-. 
plum Danielis, = FI, I, 172 (giu-  stache, == NPhM, NXVI, 65 (1925). 
gno-sett. 1925). 

I. 3594 — FRAZER ]J. G., Le fol- 
RAlore dans l’Ancien Testament, Pa- 
ris, Libr. Orientaliste P. Gen- 
thner, 1924. 


I. 3596 — JAcOPO DA VARAGINE 
Leggenda Aurea. Volgarizzam. to- 
scano del Trecento a cura di A. Lk- 
VASTI, voll. 2, Firenze, Libr. Ed. 
Fiorentina, 1925. — Rec.: GSLI, 
I. 3595 — PrTERSEN H., Les LNXNVII, 367 (1926). 


— 679 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3597-3600 


cristiana dell’alto Medio Evo e narrata la vita e l’attività di Gia- 
como da Varazze; è pure tracciata la fortuna della celebre opera. 
Il testo è quello del ms. Riccard. 1254 collazionato con altri tre 
mss. pure del sec. XIV. R. Altrocchi pubblica una nuova versione 
della leggenda di Sant'Alessio (I 3597): racconto in prosa italiana, 
in principio ritmica, Istoria Sancti Allexi, del cod. posseduto dalla 
Bibl. Univers. di Chicago e scritto nel 1439. L’autore parlerà in se- 
guito delle fonti. | 

Con vedute particolari tratta un difficile argomento Dante 
Bianchi (I 3598). Dopo aver sgombrato il terreno dalla canzone 
di « Donna Lombarda », ritenendo che essa, relativamente recente, 
sia indipendente dalla leggenda di Rosmunda, e negando l’esistenza 
di un’epopea longobarda, l’autore viene a studiare le leggende lon- 
gobarde, raccontate specialmente nel «Chronicon Novalicense », le 
quali, di carattere letter. ed ecclesiastico, possono aver dato luogo a 
una chanson longobarda tendente a glorificare Carlo Magno. Alla 
prima parte il Bertoni in una sua recensione osserva però che man- 
cano ancora ì dati per una conclusione sicura e indi aggiunge che le leg- 
gende del « Chronicon » sembrano indubbiamente d’impronta francese. 

Alex. Haggerty Krappe torna al vecchio tema delle fonti del 
Novellino (I 3599): paralleli orientali sul motivo « passaro molti anni 
per arte magica invece che pochi allo sguardo » studiati già dal 
D'Ancona. Ma qui non si scioglie la questione dell’introduzione e 
diffusione del motivo in Italia. Lo stesso Krappe (I 3600) fa pure 
risalire all’Oriente l'origine della leggenda della «bocca della verità ». 
Sarebbe passata in Italia nei primi secoli dell’Impero dall'Asia Mi- 
nore, dove ebbe a nascere e a svolgersi intorno ai monumenti dei 
carnivori (leoni recanti una mano umana in bocca): statue di vec- 
chi culti di tofems delle tribù indigene. La leggenda derivatane della 
donna che doveva porre una mano dentro una specie di bocca di 
marmo, giurando la sua fedeltà, e che, se infedele, restava con la 
mano stritolata, si suppone dall’autore che esistesse prima di giun- 
gere a Roma: leggende simili si trovano nella Kaiserckronick (sec. 
XII) e in un romanzo siriaco (sec. VI o VII). In Oriente essa si mo- 


I. 3597 — ALTROCCHI R., 4 new 
version of the legend of Saint AHle- 
xius, = MPh, XXII, 337 (mag- 
gio 1925). 

I. 3598 — BIANCHI D., Leggende 
longobarde in Italia. Estr. dalle .Me- 


367 (1920) e RP, XXXIV, 175 
(ag.-ott. 19206). 

I. 3599 — KRAPpe A. H., The 
source of Novellino = NPhM, 
NXVI, 13, 1925. 

I. 3600 — KrappE A. H,, La 


morie Storic. Forogiuliesi, NX, 41 
(1924). — Rec.: GSLI, LNXXVII 


leggenda della « Bocca della verità » 
= NSM, II, 119 (1925-26). 


— 650 — 


STUDÎ E SUSSIDÎ - STUDÎ FILOLOGICI SULLA LETTER. PopoL. I.3601-3605 


dificò per opera di uno scrittore che la incorporò in un romanzo di 
Giuliano imperatore. Anche da questo semplice « ristretto », si scorge 
un certo meccanicismo nelle comparazioni e nei raffronti. 

La fonte italiana della ballata ungherese « Fehér Làaszl6 » è 
studiata con dati chiari e ragionati dal Prof. Béla Zolnai della 
Università di Szeged (I 3601). L'argomento è popolarissimo: la mo- 
glie o la sorella che, nell’illusione di liberare dalla prigione il marito 
o il fratello, finisce per assecondare le impure voglie del giudice o del 
capitano, motivo cioè della Tosca. Il D'Ancona già accennò nella 
Poesia popolare italiana alla probabile parentela tra la leggenda un- 
gherese e l'italiana. Lo Zolnai da parte sua non esita a indicare la 
fonte della bellata ungherese nel tragico fatto avvenuto a Como 
circa il 1547 e di cui giunse notizia in Ungheria colla lettera che il 
I ottobre 1547 mandò ad un amico ungherese il giovane Giovanni 
Macarius studente a Vienna. Certo è notevole l'aver constatato co- 
me una leggenda, sorta in Italia e giunta all’apogeo della sua for- 
tuna in Inghilterra col dramma shakespeariano Promos and Cas- 
sandra (1578), abbia conservato in Ungheria il suo carattere di leg- 
genda popolare, che ha molte somiglianze nel soggetto e nella forma 
con la canzone veneziana intitolata La povera Cecilia. 

Qui possono essere ricordati un serio studio di R. Ortiz sulla 
materia epica del ciclo classico nella lirica italiana delle origini (I 3602) 
e un bellissimo scritto di Attilio Momigliano sulla realtà e il sogno 
nell'Orlando Furioso (I 3603). Un lavoro che ha qualche relazione 
con l’Italia è quello di F. Panzer intorno ai Normanni d’Italia nelle 
leggende epiche tedesche, sebbene queste siano influenzate dall’epo- 
pea francese (I 3604). Infine. delle leggende intorno a Cristoforo Co- 
lombo ricavate di su gli scritti dell’Ammiraglio e di Don Fernando 
fa un cenno Scbastiano Crinò (I 3605). 

Con la drammatica popolare han relazione gli studî importanti 


I. 3601 — ZoLnar B., Sottrces 
italiennes d'une ballade honeroise, 
= REH, IV, 158 (10920). — Rcc.: 
CO, VII, 218 (1927). 


I. 3602 — OrtIz R., La materia 
epica di ciclo classico nella lirica ita- 
liana delle origini = GSLI, INNXNV 
(1925). 

I. 3603 — Mowmigrianxo A. La 
realtà e il sogno nell’Orlando Fu- 


rioso = GSLI, LXXXV (1925). 


I. 3604 — PANZER IT., /Ifalische 
Normannen in deutscher Henden- 
sage, Frankfurt a. M., Diesterweg, 


1925. 


I. 3605 — CRinò S., Leggenda e 
storta sulla mazionalità di Cristo- 
foro Colombo e sulla scoperta del- 
l’ America = « Rivista Marittima », 
dic. 1025. 


— 681 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. 


I. 3606-3610 


del De Bartholomaeis (I 3606), di qualcuno dei quali parleremo 
nella rassegna bibliografica regionale, un lavoro di R. Shepard Phelps 
(I 3607), un buon saggio di Maria Magni sullo Zanni nella com- 
media dell’arte italiana (I 3608) e i due utilissimi volumi di P. Toschi 
sull’antico dramma sacro italiano, nei quali l'A. riproduce i com- 
ponimenti più belli e nello stesso tempo « saggi delle diverse forme 
dalle primitive alle più complesse e déi diversi #19: regionali, pro- 
porzionalmente alla loro importanza non strettamente estetica, ma 
anche storica e culturale ». Il primo volume è preceduto da uno stu- 
dio ben pensato, sintetico e vivace, sull’antico dramma, e il secondo 
si chiude con un’appendice di reliquie viventi di esso (I 3600). 
Di studî sulle leggende locali si parlerà nelle altre rubriche, 
regione per regione. Intanto abbiamo ricordato, per questi anni. certi 
lavori del Croce. In essi (mi riferisco a quelli citati sul Pentamerone 
del Basile e sulle poesia dialettale), per la storia della novellistica e 
della poesia del Mezzogiorno, trovasi sempre da imparare qualche 
cosa dalla immensa e peregrina erudizione, che è congiunta all’a- 
bito di cercare il fattore dei valori nelle interiorità del nostro 
spirito, sebbene non si possa sempre e in tutto consentire coll’A. 
Un buon lavoro d’indagini personali è quello del giovane studioso 
A. Mauro su un vecchio soggetto: Francesco del Tuppo e il suo 
« Esopo » (I 3610). Ma gli rimprovera L. Di Francia: « il ritornello, 
che si ripete ad ogni raffronto infruttuoso con monotona insistenza 
che le comparazioni sono un perditempo» e altresì il conseguente 
difetto di idee chiare e precise sull’esatto valore del metodo 
comparativo. Vario e notevole è il contributo dello stesso Di Francia, 
alla novellistica: già abbiamo parlato di due lavori (I 3450 e 3459). 


C) MOVIMENTO SCIENTIFICO E INIZIATIVE PRATICHE (RIVISTE, 
COLLEZIONI, BIBLIOGRAFIE, CONGRESSI, MOSTRE, MUSEI). Oltre che 


I. 3606 — DE BARTHOLOMAEIS, 
V., Le origini della poesia dram- 
matica italiana, Bologna, Zanichel- 
li, 1924. 

I. 3607 — Pururs R. SuH., The 
sources of Lorenzo's Sacra Rap- 
presentazione. = MPh, NNIII 
(August 1925). 

I. 3608 — Macni M., Il tipo 
dello Zanni mella commedia del- 
l’arte in Italia nei secc. NAVI e 
NVII — BER, marzo 1927. 


I. 3609 — L'antico dramma sacro 
italiano. Scelta e prefazione di P. 
ToscHI, Firenze, Libreria Editrice 
Fiorentina, 1920. 


. I. 3610 — Mauro A,, Francesco 
del Tuppo e il suo «Esopo», in 
« Bibl. di coltura letter.» diretta da 


G. M. Monti, Città di Castello, 
« II Solco », Casa ed., 1926. — 
Rec.i GSLI, LXXXVIII, 140 


(1920) (L. Dr FRANCIA). 


— 682 — 


MOVIMENTO SCIENTIFICO E INIZIATIVE - RIVISTE. I.3611-3612 


un sussidio, un incremento al folclore deriva dalle riviste spe- 
ciali che sono sorte in questi anni o che si sono avviate per una mi- 
gliore strada. Cominciamo con la più importante: Il Folklore Ita- 
liano. Di essa abbiamo qua e là parlato, e ne abbiamo tratto no- 
tizie e informazioni. Qui notiamo che è divisa in tre parti 
(I 3611): 1) lavori di carattere critico, 2) di carattere descrittivo, 3) 
rassegna bibliografica e notizie riguardanti il movimento degli studi 
e delle istituzioni folcloriche sia in Italia che fuori. Fini e propo- 
siti ottimi, per cui, al suo apparire, ebbe a scrivere l'Educazione 
Nazionale (apr. 1925): «L’opera di fervore che va dal Pitrè al 
Loria ed è entrata con la riforma scolastica nella cultura ufficiale, 
avrà, speriamo, quella vita continuativa rispondente agli scopi 
scientifici che si propone ». 

Di minore importanza, ma simpatica e fervorosa, è la rivistina 
calabrese, di R. Lombardi-Satriani, studioso che ama e coltiva 
il folclore con esemplare disinteresse. Compiuto il decimo anno di 
vita nel 1924, essa quest'anno ha ripreso le sue pubblicazioni (I 3012). 
Nella ripresa ha confermato il programma del 1915, gia ampliato 
nel 1921 « per soddisfare il desiderio di molti collaboratori non ca- 
. labresi », e ha dichiarato di lasciare « ai collaboratori libertà di me- 
todo e di idee, sia per quanto riguarda la grafia, sia ancora per quanto 
concerne la discussione ». Idea onesta e lodevole, ma quanto alla 
‘ libertà nell’uso della grafia speriamo che i folcloristi giungano invece, 
e presto, come sopra abbiamo detto, a quella doverosa disciplina, 
senza di che non si fa scienza, nè altro di serio. Ricordiamo inoltre 
che nel 1925 l'Archivio per la etnografia della Lunigiana iniziò la 2.8 
serie delle sue pubblicazioni. 

Accanto a queste riviste speciali sono sorte o hanno preso più 
ampio sviluppo, quasi in ogni regione, pubblicazioni periodiche, che 
trattano di folclore, letteratura, arte, storia, industrie regionali. 
Quasi tutti gli articoli e molte illustrazioni possono destare l’interesse 
dei folcloristi. Ci basti ricordare per il Friuli La Panarie di Udine 
(a. I. 1924) oltre al «Ce fastu?», Bollettino Ufficiale della Società 
Filologica Friulana (a. I. 1925), e alla nota Rivista della stessa mi- 
rabile Società; in Piemonte la Pro Torino, rivista mensile illustrate, 
vecchio organo ufficiale dell’Associaz. « Pro Torino »; per le Marche 


I. 3611 — Folklore italiano, Di- I. 3612 — Folklore. Riv. trim. 
rezione Napoli, Amministraz. Ca- di tradiz. popol. (già Folklore ca- 
tania, Libreria Tirelli di F. Guai- /abrese), Laura di Borrello, Tip. 
tolini, a. I, fasc. I, marzo 1925. del Progresso, a. NI, n. 1, gen.- 

marzo 1927. 


— 683 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3613-3625 


la Musa dialettale marchigiana, periodico mensile (a. I. 1927) (I 3613); 
per la Romagna La Pié di Forlì, rassegna mensile illustrata, a cui 
dà tanto fervore di opere Aldo Spallicci con altri volonterosi, e si 
annuncia prossima in Faenza la rivista Valdilamone di storia e illu- 
strazione romagnola, mentre si fanno vive altre pubblicazioni pe- 
riodiche (I 3614-3618). Per la nostra più grande isola, oltre la rivista 
mensile Sicilia di Palermo (a. I. 1926), la Stcsliana di Siracusa 
(I 3619-3620) che nelle sue dieci annate è ricca di sempre più preziosi 
studî e documenti folclorici. 

Ancora tra vecchie e nuove riviste e rivistine d'interesse re- 
gionale, per il Trentino la vecchia Rivista della Venezia Tridentina 
dell’Alto Adige e la rivista trimestrale della Società di Studî Trentini; 
altre per l’Istria (I 3621-3622); a Genova il Giornale storico e letterario 
della Liguria (a. I. 1925); nel centro d’Italia la Rassegna del Lazio e 
dell'Umbria (a. I. 1924), (I 3623), giù giù fino alla Calabria un vero 
recente risveglio: A/borî, rassegna di vita e cultura calabrese (a. 
I. 1925); Calabrese, rivista mensile di lettere e arte (a. I. 1925), 
che ha ora sospeso le pubblicazioni; /Il Lupo, rivista di cultura (a. 
I. 1925); La Cultura Regionale, rassegna scolastica (a. I. 1923), 
oltre alla più vecchia, Nosside, rivista di cultura, ed altre ancora 
(I 3624-3625): in tutte il folclorista può spigolare articoli imper- 
tanti, chè in Calabria, non meno che in Sicilia, è sempre vivo il 


I. 3613 — La Musa marchigiana I. 3619 — Sicilia, Rivista mensile 


(Direttori Balsamini e Betti), Ur- 
bino. 


I. 3614— La Pié (Condirettori Co- 
mandini, Macrelli, Massaroli, Ve- 
spignani; Red. Capo De Nardis), 
Forlì. 


I. 3615— La Romagna, Rivista 
mensile di storia, letter. e arte, fon- 
data nel 1904 da Gasperoni e Or- 
sini, ora riprende le sue pubblicaz. 


I. 3616 — Za Riviera Roma- 
gnola, Forlì, 1923-26. 
I. 3617 — Il Ciabattino forlivese, 


almanacco interrotto nel 1902 che 
ha ripreso la pubblicaz. nel 1927. 


I. 3618 — Felix Ravenna, Boll. 
storico ed. da un gruppo di studiosi 
a lunghi intervalli (il 31° è del- 
l’apr. 1920). 


sotto gl auspici dell'A. C. di Sici- 
lia, Palermo. 


I. 3620 — La Siciliana, (Dir. 
Gaetano Gubernale), Siracusa. 


I. 3621 — Alpi Giulie, Trieste, 
Tip. Lloyd Triestino. 


I. 3622 — Pagine istriane, Paren- 
zo, Stab. tip. G. Coana. 


I. 3623 — assegna del Lazio e 
dell'Umbria, quindic. illustr., Ro- 
ma. 


I. 3624 — Rivista di cultura cala- 
brese, Napoli, Editr. «La Cultura 
Calabrese ». 


I. 3625 — Brutium, rivista d’ar- 
te, organo della Soc. Mattia Preti. 
di Reggio Cal. (Dir. A. Frangi- 
panc). 


— 681 — 


MOVIMENTO SCIENTIFICO E INIZIATIVE - RIVISTE. I. 3626-3629 


culto del folclore. E le città hanno particolari pubblicazioni perio- 
diche del tipo dell’Aurea Parma e del Bergomum. Anche la Corsica 
fruisce di questo risveglio, ed è bene: oltre alla pubblicazione pe- 
riodica trilingue d’alta cultura Kyrnos, la rivista corsa letteraria 
L’ Altagna è sorta nel 1925 tra altri giornali che tendono a illustrare 
la storia, le tradizioni e la letteratura dell’isola (I 3626-3620). E non 
parliamo di giornali e giornaletti in dialetto di ogni angolo d’Italia, 
che interessano raramente i dialettologi e i folcloristi. 

Serio e importante è il contributo che ci viene dagli Archivi o 
Bollettini delle varie Società regionali di Storia Patria. Appunto in 
essi si è incominciato, ‘un po’ dappertutto, a dare un posto note- 
vole a studî di carattere storico-folclorico. Ne danno il buon esempio 
specialmente le recenti pubblicazioni: Archivio storico della Svizzera 
Italiana con a capo Arrigo Solmi e Archivio storico di Corsica diretto 
da Gioacchino Volpe. Qui l’importanza storica, scientifica e nazio- 
nale del folclore ha il suo riconoscimento — di che va tributata parti- 
colare lode ai direttori — cd esso dà, del resto, un tono suggestivo ai 
due Archivi. I geografi non si mostrano da meno degli storici. Pub- 
blicazioni periodiche e atti di Congressi di geografia presentano sem- 
pre qualcosa d'interesse folclorico. 

Altre riviste di cultura generale, come Leonardo, La Rassegna 
Nazionale, la Nuova Antologia, La Lettura e sim., seguono l’esempio 
e pubblicano bollettini bibl. affidati a studiosi competenti oppure ar- 
ticoli di curiosità folclorica. Organi critico-bibliografici, come La Ras- 
segna, L'Italia che scrive, I libri del giorno e la nuova Bibliografia 
romana; giornali letterari, per esempio il vecc rio Marzocco di Firenze, 
la nuova Fiera letteraria di Milano e gli Arrisicatori (a. I. 1926) di 
Livorno prima e ora di Roma, s’affrettano a dar conto del movi- 
mento folclorico italiano. Naturalmente al folclore tengono rivolto 
lo guardo le pubblicazioni turistiche, in prima linea Le vie d'Italia. 

Una menzione speciale meritano le riviste, i giornali, gli an- 
nuariî scolastici. Essi ricevono l’esempio e l'impulso dalla Educazione 
Nazionale del Lombardo-Radice, che è stato uno dei campioni del- 


I. 3626 A Muvra, Giurnale di 
e Pieve di Corsica (Direttore Petru 
Rocca), Aiacciu (Corsu Grandval, 
38), da cui emana ogni anno 
l’Almanaccu di A Muvra, Aiacciu, 
Stamparia di «A Muvra ». 


I. 3627 — A Batetta Misgia, 
Rivista popuiare corsa, Aiacciu 
(Corsu Grandval, 38). 


I. 3628 — 7yrrhenia, Boll. della 
Soc. ital. di coltura e di propagan- 
da, Milano. 


I. 3629 — Archivio storico di 
Corsica, pubblicaz. trim. (Dirett. 
Prof. G. Volpe, deputato al Par- 
lamento), Milano, Istituto Ed. 
Scientifico (Monte Napoleone, 35). 


— 685 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3630-3631 


l'entrata del folclore e dei dialetti nelle scuole, campione fervoroso e 
sapiente quanto altri mai. La sua animosa e dotta (I 3630) rivista 
è un bollettino di battaglia e insieme un archivio severo anche di 
quel che si fa e si produce in Italia per il folclore scolastico. Vorremmo 
poter citare tutte le pubblicazioni periodiche scolastiche, ma esse 
figurano man mano in questo Bollettino, e specialmente sotto la ru- 
brica Il folclore e la scuola. Da questi cenni si vede bene che il fol- 
clore in Italia è coltivato e seguito con viva attenzione. E non solo 
in patria. Con viva commozione daremo posto in questo Bollettino 
ad articoli folclorici italiani apparsi nei giornali di comunità di no- 
stri emigrati all’estero (siciliani, calabresi, liguri, ecc.). Il folclore è 
— ho detto — un’inestinguibile fonte d’intimo sentimento patrio. 

È infine notevole il fatto che vecchie e severe nostre Accade- 
mie non dispregiano, vedremo, di accogliere studî folclorici nei 
loro Atti e Rendiconti. 


Delle opere di consultazione e delle collezioni folcloriche non 
abbiamo da dire molto. E ci rincresce. Quando una scienza giunge 
a un grado di maturità, sogliono sorgere lavori d’insieme o generali 
e nello stesso tempo si procede alla cura di testi fondamentali, che 
valgano come direttive e come cultura pei nuovi iniziati, allo scopo 
disinteressato di una più viva continuazione del culto di essa. Le 
varie Filologie stanno lì a provare ciò. Abbiamo augurato che il 
Folklore hocpliano possa divenire un'edizione più ampia e documen- 
tata; d’altra parte plaudiamo al progetto di un coraggioso editore 
palermitano di ristampare tutte le opere del Pitrè, sempre preziose 
e ricercatissime. 

In questi tre anni s'è venuta pubblicando, sotto la direzione 
dell'autore di queste note, una Collana folclorica (I 3631), rivolta 
«alle scuole medie e alle persone colte +, come si legge sulla copertina. 
Il direttore, in una circolare a stampa, espose nel 1924 il piano da 
lunghi anni meditato della sua Collezione, il quale fu accolto molto 
favorevolmente dagli studiosi e attirò alla collaborazione vecchi e 
insigni specialisti e giovani promesse degli studî. Il piano nell’attua- 
zione fu in generale rispettato, ma esigenze pratiche imposero qual- 
che volta delle riduzioni e degli adattamenti. Le esigenze pratiche 
erano di natura scolastica. Non è che si voglia esprimere pentimento 
di aver lavorato per la scuola (in fondo ad essa si sono dati, a giu- 


I. 3630 — L’Educazione Nazio- I. 3631 — Canti, novelle, tra- 
nale (Dir. G. Lombardo-Radice), dizioni delle regioni d'Italia. Collez. 
Roma. diretta da Luici SORRENTO, Mi- 

lano, Trevisini, 1925... 


— 6560 — 


MOVIMENTO SCIENTIFICO E INIZIATIVE - COLLEZIONI. 


dizio generale, volumi degni del grande movimento di rinnova- 
zione didattica dell’ora presente), ma sarebbe forse stato desiderabile 
fare due generi distinti di Collezione, se si fosse trovato un editore 
coraggioso e lungimirante. A ogni modo, i criteri scientifici sono 
stati rispettati insieme ai fini scolastici, e il lavoro è stato pesante 
ed enorme, oltre al fatto che si trattava di una Collezione di genere 
assolutamente nuovo in Italia e fuori. 

Certamente, per i risultati finora ottenuti, essa può dire di 
aver vinto da una parte resistenze editoriali e dall'altra l’incompren- 
sione di quegli insegnanti che non conoscono l’importanza del fol- 
clore. E ciò per merito dei sacrificî di tutti i collaboratori e facen- 
dosi una via da sè sola tra mille difficoltà e diffidenze. Qui non 
starò io a dire quali volumi siano anche giovevoli agli studî, e degni di 
restare come opere di consultazione; gli studiosi spassionati e serì 
non possono non accogliere favorevolmente e non apprezzare i testi 
inediti, spesso inclusi, che per la tirannia dello spazio non poterono 
sempre essere illustrati, le note linguistiche, quasi sempre fondamen- 
tali, se pur sobrie e succinte, certe vedute originali su questo o quel 
ramo del folclore, le notizie bibliografiche principali, la ricostruzione 
generale e succosa delle tradizioni popolari di singole regioni. Rias- 
sumo semplicemente la qualità e la disposizione della materia di ognu- 
no dei volumi finora pubblicati, che, tutti insieme, un insigne stu- 
dioso ha voluto giudicare con schietta compiacenza un nobile sforzo 
del folclore italiano. Ogni volume contiene: un'introduzione sugli usi 
e costumi della regione, chiara e spigliata; un’avvertenza o nota lin- 
guistica e bibliografica pei docenti e gli studiosi; testi dialettali scelti 
in prosa e poesia illustrati e distinti in quattro grandi parti: a) canti 
e melodie 0) fiabe e leggende c) giuochi fanciulleschi, passatempi, 
proverbi, indovinelli, ecc. d) spettacoli religiosi e profani; un glossa- 
rio dialettale-italiano; alcune pagine musicali di poesia popolare. 

A titolo di curiosità, ricordiamo una raccolta, in un solo volu- 
me, di canti varî d’Italia. L'autrice, che promette di meglio e di più, 
l'egregia straniera Miss Grace Warrach, fa precedere parte della can- 
zone guinizelliana Al cor gentil, a cui seguono un'esposizione sulle 
forme metriche letterarie e popolari e una notizia delle principali 
raccolte di canti popolari. Questa raccolta è distinta in tre gruppi: 
Italia settentrionale (Emilia e Romagna, Liguria, Lombardia, Pie- 
monte, Venezia); centrale (Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzi, Mar- 
che); meridionale (Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e 
Sardegna). Chiude il volume la lauda: I pastori vengono ad adorare 
il Signore (dalla Corona di C. Bindi, Firenze, 1710). Il tutto, dovendo 


= 


I. 3632-3637 


servire specialmente ai connazionali dell’autrice, è tradotto in in- 
glese (I 3632). 

Una bella iniziativa è stata annunziata da Adolfo de Karolis e 
Raff. Corso: una collezione che consterà di dieci volumi (ed. La 
Fionda, Roma) e ha il programma di promuovere quelle produzioni 
artistiche degne di essere valorizzate (arte dei pastori, del vasaio, 
del legno, del fabbro, tessile, dei merletti, dell’orificeria, religiosa, 
architettura rustica, arti minori). Una Collezione dal titolo Anima 
e usi delle regioni d’Italia, iniziatasi da poco (I 3633), non persegue 
fini scientifici, ma ha un simpatico carattere impressionistico e let- 
terario. Citeremo qualche volume. Di raccolte destinate esclusiva- 
mente alle scuole si farà un cenno in luogo opportuno. 

Di altro genere di Collane di studî direttamente e indirettamente 
interessanti il folclore, ricordiamo la Biblioteca di Scienze occulte, che 
offre la ristampa di testi rari e introvabili di Alberto Magno, Arte- 
midoro da Efeso, Della Porta, Bòhme, Postel, Valletta, ecc Non sai 
dire se lo scopo della Biblioteca sia propagandistico o commerciale, 
tante son le offese fatte al metodo scientifico di editare e illustrare 
testi antichi, ma ad ogni modo essa presenta delle utilità al folclorista. 
(I. 3034). 

Scopi serî si propone la collana di studî promossa dalla Fa- 
miglia Meneghina « coll’intento di far conoscere la storia, la lettera- 
tura, l’arte e la vita di Milano ». Già si è pubblicato qualche buon vo- 
lume (I 3635-3637); ma il difetto che rileviamo in questa Collana, è la 
mancanza di un programma e di omogeneità. Sì, c'è gran volontà 
di fare e, starei per dire, di strafare, ma per fortuna i nomi egregi 
e noti dei collaboratori possono ben correggere, con l'eccellenza delle 


I. 3632 — \WARRACH GRACE, I. 3636 — COontE A. GIULINI, 


Out of the heart of Italy Folk songs 
from Venetia to Sardinia, lvriks, 
lullabies sacred stories, choosen tran- 
slated, Oxford, Blackwell, 1925. — 
Rec.: RN, dic. 1920 (R. ZAGARIA) 
e TLS, 18 marzo 1926. 


I. 3633 — Collez. Anima e Usi 
delle regioni d’Italia, Treviso, Cat- 
‘tedra Ital. di Pubblicità, 1926. 


I. 3634 — Biblioteca di scienze 
occulte, A. Fidi, Editore, Milano, 
1924-25. 

I. 3635 — Poesie milanesi di Ba- 
rella, Bertini, Cima, ecc., Milano, 
« Famiglia meneghina» 1927. 


Milano nel Settecento, come sopra. 


I. 3637 — A. VISCONTI, Le scuo- 
le palatine di Milano, come sopra. 
Sono in corso di stampa o sono 
per apparire: 

— G. Dotci, Milano nel qua- 
rantotto. 

— A. TAMBURINI, Z Santi AMi- 
lanesi. 

— E. BaJLa, L’Igiene e la Me- 
dicina a Milano. 

— C. CIMA, Poeti meneghini del- 
l’Ottocento. 

— O. PANTALINI, La chiesa mi- 
lanese avanti 10 mille (ICS, nov. 
1920). 


, — 688 — 


MOVIM. SCIENTIF. E INIZIATIVE - MATERIALI E BIBLIOGRAFIE I. 3638-40 


singole opere, gli errori iniziali e generali della costituzione di una 
Collana o Collezione. Il folclorista, nei « Libri della Famiglia Mene- 
ghina », troverà volumi utili ai suoi studî, specialmente per la pro- 
messa riproduzione di testi rari e dei costumi della Milano comparsa. 

Alla cultura regionale giova molto la Collezione La Patria. geo- 
grafia d'Italia (I 3638). Siano le benvenute tutte le pubblicazioni di 
carattere e di fondamento geografico nel nostro paese, dove c'è an- 
cora tanta incomprensione e indifferenza per la geografia, che ne viene 
a soffrire la cultura popolare (e non la popolare soltanto) di tutta 
la naz one. Questa collezione consta di monografie regionali, a guisa 
dell'antica collana omonima dello Strafforello, che abbiamo avuto 
finora nelle nostre biblioteche e consultato per molte notizie inte- 
ressanti e originali, per quanto male se ne sia detto. Questa nuova, 
senza dubbio, ha il vantaggio della sicurezza delle informazioni, che 
sono controllate e scientificamente vagliate, e della distribuzione si- 
stematica della materia. Non manca, come per esempio nel I. vol. 
Piemonte (I 3639), una parte dedicata alle costumanze, ai dialetti, 
alle attività regionali. Come intenzionalmente folclorica, ricor- 
diano la Collezione di Amy A. Bernardi, Forme e colori di vita re- 
gionale italiana, che pure ha iniziato le pubblicazioni col volumetto 
sul Piemonte a cura della stessa Direttrice. Vi si accenna un po’ a 
tutte le forme tradizionali piemontesi con illustrazioni caratteristi- 
che; ma incompleto e pouco sostanzioso è il contenuto folclorico 
_ {I 3640). 

Infine non sono da trascurare le collezioni di monografie 
illustrate d’arte, come l’Italia artistica dell'Istituto Italiano Arti Gra- 
fiche di Bergamo, le Cento Città d'Italia illustrate della Casa Ed. 
Sonzogno di Milano, le pubbblicazioni dell'Ente Naz. Ind. Turisti- 
che di Roma e le famose Guide d’Italia del Touring Club Italiano, 
ecc. ecc. : tutti lavori recenti, utilissimi e onorevoli per il nostro Pae- 
sc, al quali direttamente e indirettamente han prestato Ja loro opera 
anche i folcloristi. 


Fan parte del movimento scientifico le iniziative pratiche per 
la raccolta e bibliografia di materiali folclorici, la riunione di Con- 
gressi, l'allestimento di Mostre, la costituzione di Musei. 

I. 3638 — La Patria, geosrafia Unione Tip. Ed. Tor., Torino, 19253. 
d’Italia, Unione Tipogr. Ed. To- I. 3640 — Amy BERNARDY A,, 
rinese, 1925.... Forme e colori di vita regionale 


italiana: Piemonte, Bologna, Za» 
I. 3639 — GraNnDpE S., Piemonte nichelli, 1020. 


— 680 — 


Aevum - Anno I - 44 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3041-3645 


Circa la collezione di materiali, il Prof. Antonio D'Amato di 
Avellino, autore del Folklore irpino (I 3641), ha indirizzata una cir- 
colare particolareggiata a quanti dei suoi paesi volessero fornire no- 
tizie folcloriche « pro cultura regionale irpina ». Altra circolare è sta- 
ta inviata il 17 gennaio 1027 ai Sindaci dei Comuni, ai Presidi degli 
Istituti medi, ai RR. Ispettori scolastici e ai Direttori didattici dal 
prof. Luigi Collino, » Presidente del Comitato folkloristico piemon- 
tese », perchè si raccogliessero, coll’aiuto degli alunni, descrizioni e 
fotografie riguardanti feste locali, costumi, abitudini familiari, can- 
tilene, fiabe, leggende e simile materiale (I 3642). 

Analoga richiesta fa A. Feruglio agli amatori del folclore friu- 
lano (I 3643). Non sappiamo in tutti i particolari quale esito ab- 
biano avuto queste e simili iniziative, che chiamano a raccolta 
collaboratori diversi e infiniti. Solo di quella romagnola lanciata 
da LPI potremo dire qualcosa di positivo più oltre. 

Notiamo intanto che la nuova Società per gli studî delle tradi- 
zioni popolari lunigianesi di Spezia (I 3644) ha deciso d’incorag- 
giare la letteratura dialettale, di raccogliere il folclore spezzino e di 
risuscitare la tradizione del carnevale della città (il cui simbolo era 
Batiston), contribuendo a risvegliare la vecchia anima popolare del- 
la terra di Luni. Anche il Consiglio Direttivo del Club A/- 
pino Italiano ha nominato una Commissione per la raccolta di 
canti tradizionali delle nostre montagne e si è rivolto a tutti i soci 
perchè «ciascuno invii quanto gli riuscirà possibile, senza tema di 
mandare cose già note, o canti troppo semplici o troppo ingenui. 
Poche notizie accompagneranno ogni canto inviato, poche linee ba- 
steranno ad illustrarlo; si richiede soltanto che venga fornita la tra- 
ma musicale, nella sua linea più semplice, la versione poetica, il rit- 
mo e il tempo, ove il canto ebbe origine » (I 3645). 

Alle iniziative fanno in questo biennio corona non poche pro- 
poste. Già ho accennato a quella di C. Grassi per una raccolta degli 
usi giuridici siciliani che concernono la proprietà rustica e l’agricol- 
tura (I 3487). Questi ha scritto poi un articolo per la completa rac- 


I. 8641 — D’'AMmatO A,, Folklore I. 3643 — FERUGLIO A., Per la 
irpino, Catania, Libr. Tirelli di F. /efter. popol. friulana, = CF, II, 
Guaitolini, 10926. n. 5-6, (1920). 


I. 3642 — CoLtino L., Richiesta I. 3644 — Corso R., ’A La- 
di notizie sut dialetti e sulle tradi- vezaa = FI, I, 442 (dic. 1925). 


zioni del Piemonte = «Boll. del 
R. Provved. agli studî di Torino », I. 3645 — Rivista del C. A. I. 
IV, 8 (febb. 1027). 1025, n. 0. 


— 600 — 


MOVIM. SCIENTIF. F INIZIATIVE - MATERIALI E BIBLIOGRAFIE. I. 3546-49 


colta nazionale delle consuetudini agrarie (I 3646). Una proposta di 
più ampia portata è stata pure lanciata da un noto studioso, attivo 
c d'ingegno (I 3647). Sembra irrealizzabile, ma è segno dei tempi 
favorevoli alle attività folcloristiche. Alle critiche e ai consensi è 
seguita una risposta (I 3648). Ecco l'idea del proponente, Paolo To- 
schi: Raccogliere in un grande corpus completo, sistematico, prepa- 
rato con larghezza di mezzi, tutto il tesoro delle tradizioni popolari 
italiane: una parte vecchia, sceverando e disponendo sistematicamen- 
te il materiale sin qui pubblicato; una parte nuova da raccogliere 
dalla viva tradizione popolare città per città a cura di esperti appo- 
sitamente incaricati. Un quattrocento volumi per un venti regioni, 
cioè un idcale di opus magnum. Per il Toschi gli studiosi in Italia 
ci sarebbero. Bravo. Ma gli uomini non si contano come le cose. E, 
oltre ad altre difficoltà, non pensa egli a quelle che inesorabilmente 
frappone il Tempo? Si vuole ripetere l’errore delle opere in conti- 
nuazione all'infinito? Facciamo intanto conoscere, sceveriamo, ricr- 
diniamo sistematicamente, come ben dice il Toschi, /a farte vecchia. 
Questa, sì, può essere ristampata e curata per iniziativa e per opera 
collettiva, e in un tempo più o meno fisso. 

Per la parte nuova può tentarsi un’attuazione della }ropost® 
del Toschi, ma in proporzioni meno vaste e più sicure. Se ben 
comprendo, l'ideale di questo studioso è: 1) di raccogliere quanto 
più materiale sia possibile, tutto il materiale folclorico italiano ; 
2) di togliere l'impresa di mano alle iniziative individuali, che, 
diciamo il vero, sono state il più delle volte impreparate, disordi- 
nate e disperse. Questo secondo punto preoccupa seriamente. 
E ricordo la seria proposta di qualche anno fa del Vitaletti (I 3649) 
per un corpus di poesia popol. Egli si augurava un editore corag- 
gioso, aiuti del Governo ecc., ma, lamentando la morte del Novati 
e del Loria, osservava: «Da noi manca quella fraterna e affettuosa 
collaborazione che pur dovrebbe fiorire spontanea in siffatte im- 
prese destinate a contraddistinguere un periodo caratteristico di 
coltura italiana ». Benissimo. Ma noi, al riguardo, non siamo così 
scoraggiati, abbiamo fede in uomini e cose che possano giovare 


Ì. 3646 — Grassi C., Per una 
completa raccolta nazionale delle 
consuetudini agrarie, = DP, XVII, 
n. 1-2 (1920). 

I. 3647 — ToscHi P., Una pro- 
posta. Per una raccolta nazionale 
delle tradiz. popol. ital,, = «Il Re- 
sto del Carlino», I, dic. 1026. 


I. 3648 — ToscHi P., Per una 
raccolta delle tradiz. popol. Il suc- 
cesso di una proposta, = «Il Re- 
sto del Carlino», 1 feb. 1927. 


I. 3649 — VITALETTI G., Per la 
nostra poesia popolare. = LC. II, 


449 (15 ag. 1923). 


- 691 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3650-3651 


al folclore, e concludiamo: Non si cerchino gli aiuti del Go- 
verno, che ha tante cure; si metta insieme da chi ne ha il dovere 
e la possibilità il famoso corpus di questo poeticissimo nostro po- 
polo; non si abbiano preoccupazioni per quel che possano dire quei 
pochi spiriti polemici, egocentrici, interessati e sospettosi; si in- 
cominci magari da una sola regione, sia meridionale, centrale o 
settentrionale, sia per opera di uno o più studiosi. Alle opere serie 
compiute non possono mancare l’assistenza degli editori, la lode 
della critica sana e costruttrice, il plauso del Governo. Da che 
mondo è mondo, le vie della scienza sono seminate da tante dif- 
ficoltà o da tante battaglie, ma -anche da tanta.buona volontà c 
da tanti sacrifizî. 

Un'iniziativa di raccogliere, non documenti folclorici, ma noti- 
zie bio-bibliografiche degli scrittori dialettali e di folcloristi italiani 
è stata presa da Silvio Crepaldi per conto dell’« Associazione Na- 
zionale fra Cultori di letter. dialett. e Studiosi di usi e costumi na- 
zionali di Milano ». Dalle moltissime schede di censimento sistema- 
tico che ci ha fatto molto gentilmente vedere l’infaticabile Crepaldi, 
ne riconosciamo l'utilità; ma tanta somma di lavoro, per essere di 
vero ausilio agli studî, dovrebbe avere uno scopo preciso e riattac- 
carsi possibilmente a opere precedenti, per esempio alla monumen- 
tale Bibliografia del Pitrè. A ogni modo, speriamo che presto il cen- 
simento divenga di dominio pubblico. 

Un contributo bibliografico, utile al folclore e dovuto all'opera 
di un solo, è quello di G. Giannini, che ci ha dato la descrizione 
ragionata di 42 « Maggi » drammatici stampati dal 1866 al 1806 (I 
3050). Al Giannini stesso si deve, per le novelle popolari in verso, un 
saggio bibliografico in cui descrive 17 poemetti popolari a stampa 
della Collezione D'Ancona appartenente al Museo d’Etnografia Ita- 
liana (I 3651). Notiamo anche qui «un concorso a premi per l’il- 
lustrazione dell’Italia folcloristica » indetto dalle Vie d’Italia (I 4430), 
che son venute pubblicando quasi ogni mese fino ad oggi bellissime 
riproduzioni fotografiche di soggetto folclorico. 


Tra i Congressi dei dialetti e del folclore segnaliamo quello detto 
Primo di Milano (19-20-21 aprile 1925). Ne abbiamo parlato a pro- 
posito del mio discorso inaugurale e fatto cenno dell’imprecisa de- 
nominazione. Omissioni d’inviti e lacune di soggetti, se ne potreb- 


I. 3650 — GIANNINI G., Biblio- I. 3651 — GIANNINI G., Novelle 
grafia dei « Maggi» stampati dalla popolari in verso. I Saggio Biblio- 
Tipografia Sborgi di Volterra = grafico = RN, ag.-ottobre 1920, 
RV, II, 141 (1920). p. 42. 


— 6092 — 


MOVIM. SCIENTIF. E INIZIATIVE - CONGRESSI. 


bero rilevare, certamente involontarie, ma pur si videro nel Con- . 
gresso tra i cultori di linguistica il Bartoli, il Bertoni, il Terracini, 
il Sepulcri con altri, e si ascoltò una comunicazione del Merlo. Certo 
esso fu una prima e, come tale, coraggiosa adunata, promossa come 
meglio si potè, ma con vivo e sincero entusiasmo, dalla Famiglia me- 
neghina e organizzata da quell’ innamorato della letteratura dia- 
lettale che è Silvio Crepaldi. E rimarranno memorabili le giornate 
in cui il Bertoni e il Lombardo-Radice dissero, con appassionata 
dottrina, a mo’ di chiarimento e quasi di confessione all’uditorio en- 
tusiasta, l'uno i propri principî linguistici e l’altro quelli pedagogici. 
Come svolgimento e risultato dei lavori ecco i temi e gli ordini del 
giorno: | | 

19) I rapporti fra la scuola e la letteratura dialettale (relatori 
G. Lombardo-Radice ed Eugenio Levi), con questa unanime deli- 
berazione finale: che «in relazione alla riforma della Scuola elemen- 
tare, sia richiesta negli Istituti Magistrali superiori adeguata pre- 
parazione così per gli studî dei dialetti come per quello del folklore, 
e nelle altre Scuole medie superiori lo studio della letteratura dia- 
lettale d’arte completi ed integri lo studio della letteratura nazio- . 
nale »; | 

29) Atlante linguistico italiano, (relatori M. Bartoli e G. Ber- 
toni). Voto scaturito spontaneo: che «a tale opera vengano più lar- 
gamente concessi appoggi materiali e morali dal Governo, da Enti 
pubblici e da Mecenati, e che Milano, col suo noto e magnifico slan- 
cio, dia l'esempio alle altre città di un adeguato contributo alla 
grande opera che onora la scienza e la nazione »; 

3°) Per un'Associazione fra cultori di letter. dialett. e di studiosi 
del folklore e per una rivista dell'una disciplina e dell'altra, l'Assemblea 
approvò e fece proprîì i concetti, le argomentazioni e le conclusioni 
dei relatori Fermi e Crepaldi. Gli Atti del Congresso, in possesso di 
quest'ultimo, per quel che ci risulta, non furono stampati, perciò ci 
siamo un po’ dilungati; ma l’EN, come vedremo, pubblicò sotto for- 
ma di studî quelle relazioni più importanti che si confacevano alla 
sua indole. 

Il II. Congresso Nazionale fra gli studiosi e cultori der dialetti e 
del folklore italiano fu tenuto a Torino (21, 22 e 23 marzo 1926), sotto 
il patronato dell'Ente Pro-Torino. Temi fondamentali trattati: 1°) #0 
teatro dialettale (relatore O. Castellino). 2°) Del metodo più opportuno 
per la raccolta e la valorizzazione degli elementi dialettali e folklori- 
stici di ciascuna regione italiana (relazione di L. Collino e commento 
riassuntivo delle varie monografie inviate al Congresso, notevoli quel- 
le di D. Zorzut e di N. Massaroli). 3°) L'A/lante linguistico italiano 


— 693 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. IT. 3054-3053 


(relatori U. Pellis e M. Bartoli). 4°) I rapporti tra 1 dialetti e la scuola 
(B. Terracini, relatore ufficiale del Ministero della P. I.) (I 3052). 

Il III. Congresso dei dialetti e del folclore d'Italia è destinato a 
Udine e a Trieste contemporaneamente per il settembre 1927. Ci par 
utile far sapere che a Udine, sotto gli auspici della benemerita So- 
cietà filologica friulana, si svolgeranno i seguenti temi: 1°) Canti e 
canzoni popolari (raccolta, ordinamento, catalogo). 29) Per un Musco 
folclorico Nazionale 0 per 1 Musei folclorici regionali. 3°) Fantocci, 
marionette, burattini nel folclore regionale. 4°) I rapporti del dialetto 
e del folclore con la scuola. In Trieste si dovrebbe organizzare la pri- 
ma manifestazione folclorica della Venezia Giulia con un corteo dei 
costumi dell’intera regione, ecc. 

Di un convegno di demopsicologia in Firenze si è fatta la pro- 
posta nel Marzocco e si effettuerà, speriamo, l’anno prossimo. 


Oltre ai Congressi, si son potute effettuare nelle varie regioni 
Mostre, Collezioni cd Esposizioni di esemplari del costume locale. An- 
che nelle grandi mostre di belle arti si è fatto strada il concetto di dar 
posto all'arte rustica. Un esempio, tra molti, notevole: nella Espo- 
sizione di Roma, con gli artisti, gli artefici calabresi hanno esposto 
prodotti di quell’arte « che scruta, raccoglie e rivela le vibrazioni più 
intime e più profonde dell’anima di una regione » (I 3653). Persino 
«l’Istituto Internazionale di Sociologia », diretto dal Prof, F. Co- 
sentini, ha decretato di dare nei suoi Musci e nelle sue Mostre un 
posto al folclore, data naturalmente l’importanza di esso nella vita 
sociale ». 

Tra le iniziative siciliane, il Prof. G. Cocchiara gentilmente mi 
ricorda quella dci carretti che per «la primavera siciliana » si fanno 
sfilare a Palermo. Il giovane studioso non se ne mostra con- 
tento, e a ragione: molti carretti infatti vengono per l'occasione 
Istoriati con una pompa che è tutto l'opposto di quel che è la pompa 
vera del vero carretto. Questo è ‘uno dei pericoli in cui facilmente 
si suol cadere nelle Mostre; purtroppo, poi, il «carretto » è una di 
quelle curiosità folcloriche di cui, per varie cause, s'è abusato. 

A La Spezia, agosto-settembre 1927, ha avuto luogo la doppia 
esposizione lunigianese d’arte e d’ctnografia per iniziativa della lo- 
cale Associazione ’A Lavezaa e per impulso generoso e sagace di 

I. 3652 — Relazione del II Con- I. 3653 — AEBERLI E., La Sc- 
gresso Nazion. fra gli studiosi e zione calabrese della Esposiz. d. 
cultori dei dialetti e del folklore Soc. Amatori e Cultori di Belle 
italiano = Pro Torino, organo Arti, Roma, Gruppo artist. cala- 


uftic. dell’Assoc. « Pro Torino », brese, 1926. 
Torino, XII, n. 5 (maggio 1926). 


— 694 — 


MOVIM. SCIENTIF. E INIZIATIVE - MOSTRE DEI costuME. I. 3054-3657 


e ee — e 


Giovanni Podenzana (I 30654), che certo tramuterà la importar.te 
mostra in un Musco etnografico regionale. . Dì 

In Udine poi (I 3655) è riuscita la « giornata friulana », promossa 
dall’Associazione della Stampa: rievocazione di antichi costumi, con 
sfilata di gruppi dci varî distretti, con canti, danze e suoni d'una 
volta. Le regioni del Nord-Est d’Italia sono di una alacrità ecce- 
zionale. È noto che l’« Opera Nazionale Dopo-lavoro » ha bandito 
in tutta Italia un concorso per la « Casa degli Umili ». Ora appren- 
diamo dai giornali che la prima attuazione è il « Concorso delle Tre 
Venezie per l'ammobigliamento popolare della casa », indetto dal- 
l’»Ente Nazionale per le piccole industrie» e dall’ «Istituto del lavoro 
di Venezia, sotto il valido impulso del commissario dell’ Opera on. 
Turati ». Le opere concorrenti saranno raccolte in una « Mostra del 
mobilio popolsre », a Venezia, tra il 15 e il 31 ottobre di quest'anno. 

Quest'anno stesso è riuscita la Mostra del costume di Roma e 
del Lazio, che ha avuto una larga eco nella stampa e importanti 
illustrazioni (I 3650). Gli intenti sono stati coronati da veramente 
magnifici risultati, come può bene constatare ogni visitatore di questi 
giorni. « Giuseppe Ceccarelli aveva concepito la Mostra così come la 
ammiriamo, un complesso di scene movimentate, piene di carattere 
e di vita, non la macabra rigidità cadaverica di una lunga teoria di 
manichini smorfieggianti dietro le invetriate degli armadi. Bisogna- 
va quindi creare per ogni pacse, per ogni località un ambiente pro- 
prio, fabbricare 1 personaggi che dovevano ganimarlo, assegnar. loro 
un atteggiamento, una parte, e metterli in iscena.... Non è una fredda 
rievocazione di ricordi, un album folkloristico questa Mostra del Co- 
stume, ma un'esposizione viva e operante, perchè tiene conto anche 
e sopratutto delle sopravvissute attività, delle fiorenti c tipiche ma- 
nifestazioni artigiane della nostra provincia.....» (I 3657). Carlo Mon- 
tani, facendo l'augurio che per l'esempio di Roma tutte le città e 1 
paesi d'Italia custodissero tradizioni e costumanze locali, ha scritto: 
«io penso che nessuno spettacolo potrebbe riuscire più importante 
di un grandicso corteo ove le regioni italiane fossero inquadrate con 


I. 3654 — ‘4 Lavezaa. Prima mensile di attività municipale, II 
esposiz. lumigiana d’arte e d'etno- (febb.-marzo. 1027): 
rafia, La Spezia, agosto-sett. 1920. nigi : 
grafia, } 5 9 I. 3657 MastRrIGLI L., La 1n0- 


I. 3655 — Boxgiovannxi G.. Note Stra del costume di Itoma e del 
e divagazioni sulla giornata friu- Lazio, Preiaz. di CARLO MONTANI, 
lana, LP, HI, 289 (1920) 39 illustraz. e una tricromia, Roma, 

Ed. E. Pinci, Primavera del 1927 

I. 3656 — Capitolitm, Rassegna Anno V. 


— 699 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALEITI. I. 3658-3606 


la loro rappresentanza di costumi, di tipi, di tradizioni, un corteo 
veramente unico al mondo che dovrebbe sfilare dinanzi all’Altare 
della Patria in un'occasione solenne, quasi a rivelare al simulacro di 
Roma il vero volto dell’Italia nella molteplicità delle sue espressioni». 

Una simile grande iniziativa è già stata presa a Milano dal- 
l'Associazione Naz. « Dialetti e folclore » e sarà attuata in questa 
città nel Decennale della Vittoria (sett.-nov. 1928). Tra l’altro ap- 
punto è stato deliberato: oltre che nei cortei folclorici, «in ogni pa- 
diglione, o salone, gli addetti alle singole Mostre, segnatamente a 
quelle che Provincie o Comuni fossero per allestire in proprio, do- 
vrebbero essere in costume. E, nel corso della Mostra, nei recinti . 
della stessa, o in quel nostro mirabile Anfiteatro dell’Arena che il pub- 
blico predilige, o in qualche nostro teatro, andrebbero riprodotte feste, 
costumanze e danze, indetti convegni di Poeti e di Società corali e 
di Compagnie dialettali, sicchè la Mostra del 1928 dovrebbe essere 
una vera sagra del popolo italiano » (I 3658). 


Passiamo ai Musei che hanno provocato molti voti e discussioni. 
Procedendo dal meno al più, leggiamo una rapida e interessante sto- 
ria dello sviluppo ed ordinamento che il Moschetti (I 3659) fa del 
Museo etnografico romagnolo di Forlì dal 1922 ad oggi. Segue una 
sommaria descrizione delle nuove sale che lo compongono, e nume- 
rose e belle illustrazioni corredano l’articolo. Dell’ « Archivio folklo- 
ristico » trentino discorge L. Cesarini Sforza (I 3660). Un altro breve 
e interessante articolo ha scritto Amedeo Pescio per il Museo etno 
grafico ligure (I 3661). 

Se queste pagine bibliografiche consentissero discussioni e com- 
menti ampi, vorremmo sostenere che il modo più sicuro, più proprio 
e più rapido per risolvere il problema della creazione d’istituti per la 
scienza folclorica, sarebbe quello, data la vastità e la varietà grandi 
delle tradizioni della penisola e delle isole, di istituire in ogni regione 
un museo etnografico, naturalmente preparato e diretto da studiosi 
competenti. Ma matora premunt. Già è sul tappeto la grande questio- 
ne del R. Musco di Etnografia Italiana, che è stata continuamente 


I. 3658 — CREPALDI S., Relaz. 
al II Congresso dei dialetti d’Italia 
(Torino, 21-23 maggio 1926). « Pro 
Torino ». Torino, XII, n. 5 (mag- 
1926). 


I. 3659 — MoscHETTI A, Il 
Mluseo etnografico romagnolo di 
Forlì, = VDI, XXXII, 1211 (nov. 


1920). 

I. 3660 — Cxsarini-SFrorza L., 
Archivio folkloristico = ST, VI (4. 
trim. 1925). 

I. 3661 — Prscio A,, Per non 
morire: Il Museo etnografico li- 
gure = Secolo XIX, del 21 aprile 
1027. 


— 696 — 


MOVIM. SCIENTIF. lL INIZIATIVE - MUSEI ETNOGRAFICI. I. 3662-3665 


agitata dal 1925 al 1927. Dopo qualche tempo dalla regificazione 
del Museo per opera del Ministro Gentile e la relegazione di tutto 
il materiale nella villa d’Este di Tivoli, R. Corso (I 3662) ha rivolto 
un vivo appello ai folcloristi perchè la vasta raccolta etnografica 
non fosse ridotta al ristrettissimo ambito dell’arte rustica e perchè 
non fosse svalutata l’opera di Lamberto Loria e l’importanza del- 
l’Istituto da lui creato per la scienza. Nello stesso tempo egli ha 
polemizzata, Mm difesa di queste idec, a proposito di un articolo di 
G. Zuppone-5trani (I 3663), e quindi è ricorso agli attacchi acri 
contro l'aggettivo di una circolare e contro il contenuto di un arti- 
colo di Arduino Colasanti, alla cui direzione (Direzione generale delle 
Belle arti) è stato affidato il detto R. Museo (I 3664). 

Indipendentemente dal Corso, G. Vitaletti (I 3442) ha scritto 
un ampio e meditato articolo intorno allo stesso argomento. Dopo 
aver lamentato del pari e giustamente il confino del Museo a Tivoli 
e fatta la storia di esso, egli, astraendo da quanto può tornare di com- 
petenza di puri etnografi, richiama l’attenzione, per quel che riguarda 
la letteratura e l'iconografia popolare, sui seguenti capisaldi: « fon- 
dazione di una biblioteca specializzata; conservazione delle stampe 
popolari antiche e moderne (queste ultime dovrebbero affluirvi per 
diritto di stampa); mostra di iconografia popolare; direzione affidata 
a due competenti: un ctnografo e uno studioso di letteratura popo- 
lare; istituzione di una rivista, tipo Lares, diretta dai due compe- 
tenti di cui sopra ». E spiega con competenza e compostezza questi 
capisaldi, « giacchè il Musco, che è stato stabilito per colmare una delle 
lacune più profonde e della vita e della cultura italiana, non dovrà 
essere una semplice fiera campionaria, nè un'esposizione modesta, 
d’intenzioni e scopi, ma uno dei più cospicui e importanti istituti dei 
nostri giorni e al tempo stesso uno dei laboratori più austeri, degno 
di Roma e d’Italia ». 

Un altro serio articolo è quello di A. Lancellotti (I 3665). Ripete 


I. 3662 — Corso R., Z/ Rè. Museo 
di etnografia ital.: appello ar fol- 
Rloristi, FI, I, 119 (marzo 1925), 
Vedi anche: Corso R., // f?. Museo 
etnografico italiano, = ASDS, VI, 
n. 3 (1925), e con lo stesso titolo 
= « Rassegna di studi sessuali », 
V, fasc. 6-7 (1925). 


I. 3663 — Corso RK., Valuta- 
zione dell'opera di Lamberto Loria, 
FI, I, 121 (marzo 1925), a propo- 


sito di un articolo di G. ZUPPONE 
STRANI = Corriere d’Italia 8 nov. 
1924. 

I. 3664 — Corso R,, L'arte ru- 
stica e un artic. di A. Colasanti 
= FI, I, 123 (marzo 1925); l’art. 
del COLASANTI = Brutium (15 ott. 
1924). 

I. 3665 — LANCELLOTTI A., Il 
museo etnografico italiano, NA, 16 
ott. 1920. 


— 697 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. 


I. 3666-3669 


la necessità di un museo etnografico in Italia; traccia la storia di 
quello iniziato privatamente nel 1906 dal Loria a Firenze e traspor- 
tato poi a Roma per l'esposizione del IgII; fa un inventario della 
raccolta (intagli, oreficeria, ceramiche rustiche, tessuti, trine, costu- 
mi popolari, carri, macchine sacre, amuleti, maschere popolari), e si 
augura che presto il Ministro della P. I. abbia a dare al R. Musco 
una adeguata sede (precisamente nel Palazzo Venezia) e una dire- 
zione competente. Lo stesso fervido voto fa il Barone R. Lombardi- 
Satriani, al principio di quest'anno, nel dare nuova vita alla sua ri- 
vista:*fervido di patriottismo, ma pur amaro per il pensiero che gli 
studiosi stranieri s’apparecchiano già a preparare per il loro pubblico 
sezioni di etnografia italiana (I 3666). Infine un'accorata lettera aperta 
rivolge il Corso stesso al Ministro perchè « ascolti i voti formulati 
di studiosi e appassionati della materia » in difesa del R. Museo di 
Etnografia Italiana (I 3067). 

Per un archivio fonografico italiano, merita altresì di essere se- 
gnalata la proposta di Gavino Gabriel (I 3668): «la preparazione di 
una Discoteca Etnica Nazionale, per raccogliere e fissare in dischi 
fonografici non solo le varietà foniche regionali, ma sopratutto i molti 
elementi di genuina arte che risiedono nelle leggende, nei canti, 
nelle danze delle nostre provincie ». Infine è degna d'attenzione la 
proposta di Luigi Spotti, (I 36609) per un archivio linguistico marchi- 
giano, che dovrebbe consistere nella raccolta sistematica di voci e 
modi appartenenti a ciascuna zona della regione. « E per prima cosa, 
se sì vuol giovare non solo ai lettori locali che sono guidati dal loro 
istinto, ma a tutti gli studiosi ed anche ai semplici curiosi, siano 
pure di altri paesi, bisognerà ridurre ad unità l'uso dei segni grafici 
adatti ad indicare l’esatta pronunzia »; di che abbiamo discorso nelle 
pagine precedenti, 


d) IL FOLCLORE E LA SCUOLA. — Sotto questa rubrica, come 
abbiamo avuto occasione di vedere, moltissimo è il materiale da 
registrare: è un materiale nuovo che non si sarebbe. immaginato pri- 
ma della riforma scolastica. Dagli appunti bibliografici obiettivi, e 
qua e là ragionati, che sull'argomento si tenta per la prima volta in 


I. 3666 — LOMBARDI-SATRIANI I. 3668 — Riv. Suono, II, 70 
R., Un saluto ai lettori ed un voto (1925). — Rec.: FI, I, 317 (giu- 
per il museo di etnografia italiana gno-sett. 1925). 
= FC, XI, 1, (genn.-marzo 1927). I. 3669 — Spor L., Per un 

I. 3667 — Note e commenti = archivio linguistico marchigiano, 
FI, II, 298 (marzo 1927). = MDM, marzo 1027. 


— 698 — 


IL FOLCLORE E LA SCUOLA - QUESTIONI TEORICHE. 


__T. 3670 


queste pagine, i lettori trarranno, spero, le migliori conclusioni. Di: 
vidiamo tali appunti in due parti: teorica e pratica. In una esporre- 
mo le idee che si sono agitate da folcloristi, filologi, pedagogisti e 
studiosi della scuola, in un'altra i fatti e le opere compiute. 

È giusto incominciare dalle idee del Lombardo-Radice. Per il 
nostro argomento parve, in qualità di Direttere generale dell’Istru- 
zione primaria e popolare, un rivoluzionario, ma non si può dire tale. 
Mente sensibile e aperta ai movimenti intellettuali e spirituali, da 
tempo aveva maturato le sue idce circa la necessità di fare entrare 
nelle scuole lo studio dei dialctti e delle tradizioni popolari, perchè 
aveva visto che la cosa per sè stessa veniva maturandosi in quella 
parte dei docenti e degli studiosi più vitali, e più solleciti del bene 
della scuola. Ciò si apprende da teorie espresse nei suoi antichi la- 
vori pedagogici generalmente noti e cì risulta dal suo insegnamento 
universitario: a Catania suo collega negli anni precedenti alla guerra 
lo vidi curiosissimo degli studî dialettali che si facevano in quella 
Università. 

Ma un suo scritto del 1924 è per questo lato molto signifi- 
cativo e segna un punto di partenza per ulteriori discussioni (I 3070). 
In questo scritto ha notato che i nuovi programmi per l'istruzione 
elementare risolvono definitivamente un problema che risale al Man- 
zoni, il quale aveva compreso quale fosse il valore del dialetto nel- 
l'educazione linguistica. Per questo, il grande lombardo « consigliava 
la compilazione di vocabolari dialettali come i migliori rivelatori del- 
l’unità linguistica italiana e correttori delle disformità idiomatiche 
A completare e a realizzare l’idea manzoniana sorse l’esperienza degli 
studî sulla letteratura popolare, primissimi quelli del Pitrè, che con- 
fermarono l’unità dell'anima del popolo italiano » Come è chiaro, per 
il Lombardo Radice, dal punto di vista istruttivo ed educativo lo 
studio dei dialetti si dà la mano con quello degli usi c costumi locali, 
donde l’istituzione dei libri dialettali o esercizi di traduzione e dei 
sussidiarî o almanacchi per la cultura regionale: l'uno e l’altro sog- 
getto, dialettale e folclorico, noi uniamo insieme in questa rubrica, 
sebbene sarebbe inutile ripetere che demopsicologia e dialettologia 
non sono una stessa cosa. Gia il nostro pedagogista non ha avuto 
mai in mente un dialetto astratto, ec nella prima relazione della Com- 


I. 3670 — Lomparpo-RaDICE G., libri esaminati nelle sessioni di 
Il dialetto nella scuola (inserito nel- agosto e settembre 10924 » è tra 
la relazione della Commissione mi- le pubblicazioni del Ministero della 
nist. per i libri di testo), = EN, P. I, Roma, Libreria dello Stato, 
sett.1024. Tutta la « Relazione fina- maggio 1925. 
le della Commiss. con l'elenco dei 


— 699 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3671-3675 


missione ministeriale per i libri di testo ha notato infatti, tra gli altri 
difetti, questo: l’aver gli autori messo pagine dialettali fabbri- 
cate appositamente (I 3671). E del resto i programmi prescrivono 
con chiarezza: « Materiale sceltissimo, tratto dalla più schictta let- 
teratura dialettale, di popolo e d’arte, e di contenuto educativo ». 

Osservazioni di C. De Lollis (I 3672) alla pratica e alla teoria 
del dialetto nella scuola hanno indotto il Lombardo-Radice a chiarirsi 
meglio (I 3673): « Non voglio un dialetto imbalsamato in traduzione; 
ma un dialetto che si manifesti francamente, con la più naturale 
delle espressioni della fanciullezza, anzi non un dialetto ma un mondo 
spirituale dialettale, nel quale il fanciullo sì senta ancora per un poco 
fanciullo. Nè vedo perchè, con il così grande tesoro folklorico che 
c'è in Italia, di atteggiamenti infinitamente varî, ciascuno dei quali 
ha una sua nativa bellezza, dobbiamo limitarci a tener presente so- 
lamente un solo folklore, quello toscano ». Il che, ricordiamo, è stato 
pur detto, e non per i fanciulli soltanto, con un'espressione semplice 
e bellissima dal Croce: « L'anima nestra è dialetto ». 

Ed è significativo il fatto che un noto pedagogista, non della 
schiera o scuola idealista, il Prof. G. Vidari, del quale forse molti 
ignorano i saggi di folclore vigevanese (1911) e la compilazione di 
un vocabolario dialettale della nativa Vigevano, purtroppo non con- 
dotto a termine, ha ora scritto in una seconda relazione ministeriale : 
che è una felice innovazione dei programmi vigenti, quella di aver 
suggerito ed imposto, per mezzo degli studî folclorici, dialettali, ecc. 
un più intimo rapporto dell'anima del fanciullo con la vita spirituale 
e tradizionale del paese e della regione a cui appartiene. Diversi pre- 
giudizi impedivano di rivolgere l’attenzione al dialetto, perchè sem- 
brava ostacolare l'apprendimento della lingua, alla regione, che sem- 
brava contraddire alla Patria una, alla leggenda popolare, che sem 
brava la negazione dell’opera letteraria. Ora invece si è compreso 
come il dialetto, la regione, la leggenda popolare si inseriscano nella 
educazione del fanciullo e vi apportino un nutrimento spirituale che 
può e deve essere rivolto ai più alti fini della formazione completa 
dell'alunno (I 3674). Anche un vecchio organo professionale (I 3075), 


I. 3671 — LomBarDpo-RapIcE G., Alcuni chiarimenti sul dialetto nella 
Pregi e difetti dei libri dialettali scuola = LC, IV, 112 (15 gen- 
= EN, sett. 1024. naio 1925). 

I. 3672 — De Lotris C,, Il I. 3674 — V\VIDARI G., Itelazione 


dialetto nella scirola = LC, IV, 36 sui libri di testo = EN, nov. 1925. 


(I5 Nov. 1924). I. 3675 — La Corrente, 7 genn. 


I. 3673 — LomBARDO-RADICE Ga 1025. 


— 200 — 


IL FOLCLORE E LA SCUOLA - QUESTIONI TEORICHE. I. 3676-3678 


La Corrente (non parlo di giornali e riviste della nuova scuola), ha 
fatto una favorevole accoglienza all’introduzione nelle scuole dello 
studio del folclore e dei dialetti, che ha acceso dappertutto il desi- 
derio di ricercare e raccogliere le ricchezze del popolo in ogni regio- 
ne (I 3676). 

Nonostante, a togliere di mezzo incertezze e resistenze, ecco an- 
cora il Lombardo-Radice parlare nel ricordato I. Congresso di Milano 
sulla opportunità del tener presente il dialetto nella scuola elemen- 
tare. Con quale spirito, si domanda, deve l'insegnante considerare il 
dialetto? Cogliamo qualche idea essenziale al nostro argomento. Il 
dialetto non è solo utile riferimento didattico perchè adeguato al 
fanciullo, ma ha anche un valore artistico. Non dobbiamo quindi 
lasciar da parte la grandissima ricchezza che ci presentano le lette- 
rature di popolo. Al fanciullo deve esser fatto studiare ordinatamente 
il mondo in cui vive, nelle sue forme e nei suoi spiriti, come suol 
dirsi, e deve essere indicato come da codesto mondo, tutt'altro che 
da di .prezzare o da dimenticare, si salga per via naturale e agevole al 
più ampio mondo nazionale: lavoro che noi tutti facciamo ogni gior- 
no nella vita. Su questi semplici concetti si è voluto polemizzare, ma, 
come bene ebbe a scrivere in un giornale romano G. Gabrielli, «senza 
una vera e propria conclusione perchè si è divagato molto dal punto 
centrale della que.tione ». Alla piccola polemica a cui allude il Gabrielli, 
non ha portato nuova luce un articolo di G. Cocchiara (I 3677). 

Tra le voci concordì nella teoria e nella pratica alla riforma 
Gentile, si è levata quella di un autorevole maestro e studioso che non 
ha improvvisato il suo amore per la cultura regionale: G. Crocioni. Si 
ricordi di lui il vecchio e raro lavoro Le regioni e la cultura nazionale 
(1904, in « Scuola e Vita »: Bibl. di pedagogia diretta da G. Lombar- 
do-Radice). Ora si vorrebbe consigliare a ogni maestro e professore 
di apprezzare l’alto valore di questa fervorosa e rinnovata voce 
(I 3678). Certo il Crocioni ha la preoccupazione che non tutti gli inse- 
gnanti siano preparati per l'attuazione dell'idea del riformatore e si 
è augurato che per loro, e non soltanto per gli scolari, abbiano a pub- 
blicarsi libri « fatti da competenti, dopo serie indagini e gravi medi- 


I. 3676 — LomBarDo-RADICE G., dialettale = «Giornale di Sicilia » 


Il dialetto e il folklore nella scuola; 
Relaz. al Congresso dei dialetti ita- 


liani, Milano, aprile 1925 = EN, 
ott. 1925. 
I. 3677 — CoccHIARA G., In 


margine a una polemica. Per l’Italia 


30 apr.-I maggio 1925. 


I. 3678 — CrocionI G., Tradi- 
zione e cultura regionale, Estr. dagli 
Atti del V Congresso Internaz. di 
filosofia pel VII centenario della 
R. Università di Napoli, 5-9 mag- 
gio 1924, Napoli, Perrella, 1925. 


0 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. 


___I. 3679-3681 


tazioni ». E questo scopo ha avuto la nostra Collezione sopra ricor- 
data con altre pubblicazioni che menzioneremo. Una buona idea ha 
avuto, intanto, Alfredo Sancisi a pubblicare una guida per i maestri 
di Romagna sull’argomento del dialetto nella scuola (I 3679). 

Altre voci da campi diversi si son fatte sentire in favore del-- 
l’introduzione del mondo regionale nella scuola. 

Tra ì romanisti o neolatinisti, che hanno una bella tradizione 
di simpatia e di culto per il folclore, il collega Ezio Levi (I 36£0) 
è intervenuto per esortare i maestri ad accogliere con fervore que- 
sta ondata di spiritualità nella scuola e a farsi collaboratori della 
scienza folclorica, che deve divenire sempre più vanto e onore d’Ita- 
lia. E ancora un operoso studioso, B. Terracini, nel menzio- 
nato II. Congresso fra gli studiosi e i cultori dei dialetti e del folclore 
in Torino, ha trattato da par suo lo stesso tema del Lombardo-Ra- 
dice. 

Nel suo Discorso, che apparirà intero nell’EN di quest'anno, 
dopo aver giustamente ricordato che la riforma scolastica per questo 
lato non fece in sostanza che sanzionare ufficialmente un movimento 
di idec da tempo maturo, ha accennato ai rapporti fra lingua e dia- 
letto non solo in Italia, ma anche in Francia, e ai vantaggi lingui- 
stici e culturali che si sono tratti e si possono trarre dal nuovo metodo 
d'insegnamento; ha ritenuto, per la riproduzione di testi dialettali 
ad uso delle scuole, non doversi usare naturalmente la grafia fone- 
tica, nè seguire la tradizione ortografica che esiste in molte regioni, 
ma «una grafia che si stacchi il meno possibile dall’italiano, anche 
a costo di rinunciare ad indicare tutte le particolarità e le differenze 
fonetiche »; ha dato ragione al legislatore il quale ha prescritto 
che i testi fossero di preferenza di letteratura popolare. Infine 
ha concluso che «i confronti dialettali fra le varie regioni servono 
magnificamente a destare, per le analogie che anche il fanciullo 
verrà a comprendere intuitivamente, il fatto dell’unità della Patria » 
(I 3681), che è l’idea del Manzoni, illustrata dal Lombardo-Radice 
e da nol. 

D'altro lato la Scuola Compl. « Usodimare » di Genova (e si 
potrebbero ancora ricordare la Compl. «Galileo» di Padova, l’Isti- 
tuto tecnico di Sondrio e molte altre scuole) ha pubblicato nei suvi 


I. 3079 — Saxcisi A., Il dialetto Scuola d'Abruzzo, Aquila, Vec- 
mella scuola, Cesena, Stab. Tip. chioni, 1924. 
MOCCENOa 1920: I. 3681 — Pro Torino, rivista 
I. 3680 — Levi E., Il maestro mensile illustrata, Torino, XXII 
e la cultura regionale, Estr. dalla (12 maggio 1920). 


Lo 


I. 3682-3685 


— — ——_T _ ——— = — — 


IL FOLCLORE È LA SCUOLA - QUESTIONI TEORICHE. 


interessanti Annzari alcuni studî e particolareggiati programmi su 
tutte le forme di attività regionale (I 3682). Nel III. Annuario A. 
Fossati considera la cultura regionale come parte integrante dell’in- 
segnamento d'italiano e dimostra la necessità di un’antologia com- 
pilata da persone competenti che conoscano l’ambiente regionale 
e la scuola. E P. Peola mette molto bene in evidenza il carattere 
pratico ed intuitivo di quella cultura, che corrisponde all'indole del- 
le scuole popolari e permette e prepara la cultura tecnica e professio- 
nale in relazione alle caratteristiche esigenze local’. 

Nel IV. Annuario (I 3683), l’infaticabile Preside della Scuola, L. 
Fontana, ha fatto una magnifica dissertazione, ragionata e decumen- 
tata, sui mezzi e i risultati dello studio della regione nel suo Istituto. A 
coloro e agli insegnanti specialmente che temono si favorisca « quel 
regionalismo che è sempre stato la piaga principale d’Italia » osserva: 
«Se piaga veramente esiste, è buona norma igienica non dissimu- 
larla o nasconderla. Occorre energicamente scoprirla e curarla...... 
Ma qui per fortuna non si tratta di piaghe; si tratta invece di pro- 
fonde ragioni etniche che non possono essere soffocate, di necessità 
storiche che devono esser capite, studiate, utilizzate ai finì e ai van- 
taggi della prosperità nazionale ». Quanto poi alla distribuzione, al 
carattere, c al tono dello studio della cultura regionale nei diversi 
«rdini di scuole, il nostro autore sostiene giustamente che basta da:vi 
tona'ità diverse © adeguati atteggiamenti di pensiero educativo cor- 
rispondenti alle diverse tendenze e alle diverse scuole (elementari, 
cc mplementari, magistrali, liceali). Ciò a commento di quanto ha scerit- 
to G. Gabrielli su questo argomento (I 3084). 

Per conto suo, Giulio Piombi (I 3083) si è soffermato sulle in- 
dustrie artistiche popolari che potrebbero e dovrebbero essere va- 
lorizzate dal maestro nella scuola. Argomento di grande importanza. 
Per esso vale la pena di richiamare te idee che il «Dedalo» e Le vie 
d'Italia lanciarono rispettivamente nel dicembre 1920 e nel febbraio 
192I, prima, cioè, della riforma scolastica: « Per fare risorgere (le 


I. 3684 — GABRIELLI G., Dalla 
regione alla nazione = I dinitti 
della Scttola, NXNVIII, n. 16 
(1927). 

I. 3685 — PiromBi G., Il fol- 
klore e la scuola, Brevi appunti di 


I. 3682 — Za Nostra Sctola, 
Anno III (1925-1920), Genova, 
Tip. del Risparmio, 1026: AMALIA, 
Fossati, L'insegnam. dell'italiano 
e la culturaregionale; PaoLO PEOLA, 
Lo studio della regione e l'insegna. 


scientif. nella nostra Sc. Compl.. 


I. 3683 — La nostra Scuola, 
Anno IV (1927): LEoP. FONTANA, 
Lo studio della regione. 


divulgaz. folklor., =: « Per la nostra 
Scuola », n. 1, S. Fietro in Ca- 
sale, Tip. A. Ziosi. — Rec.: LPI, 
VII, 604 (marzo 1927). 


2'03-= 


L. SORRENTO - IL FOLCLORE E I DIALETTI. I. 3686-3689 


industrie artistiche popolari) occorrono prima di tutto lc scuole che 
insegnino agli artisti il loro mestiere; e il governo si ostina a ne- 
garle e a tenere separati, alle dipendenze di due Ministeri che reci- 
procamente s’ignorano,. gli anemici Istituti di Belle Arti, ridotti ormai 
a fabbriche patentate d’insegnanti di disegno, dalle Scuole e Istituti 
d’arte industriale.... Il modo di farle risorgere ce lo insegna la Ger- 
mania, da quando nel 1904 fondò le scuole statali obbligatorie d’arte 
decorativa. Nel 1905 queste scuole accoglievano già 25 mila iscritti ». 


Questo argomento ci conduce a parlare della questione dell'1x- 
segnamento del folclore. Da voti di congressi, di enti e di singoli stu- 
diosi (notevole quello di Paolo Toschi) (I 3686-3687) si tende, come si 
è visto in queste pagine, ad affermare e ad estendere tale insegna- 
mento in ogni ordine di scuole, mentre oggi esso è appena pre- 
scritto nelle classi elementari sotto forma di esercizi di traduzione 
dal dialetto e di letture sussidiarie di coltura regionale, nonchè 
nelle scuole medie complementari con disposizioni regolamentari in 
vero non molto chiare. 

Il Corso si occupa e preoccupa dell’insegnamento superiore, in 
una' serie di puntate piene d’interesse, dove egli ricorda che già do- 
dici cattedre universitarie di folclore esistono in Europa (alcune dop- 
pie per il Folclore e per la Letteratura popolare), e fa la storia dei 
precedenti italiani che condussero all’istituzione dell'insegnamento 
della demopsicologia affidata nell'Università di Palermo a Giuseppe 
Pitrè, mentre, nemmeno a farla apposta, in questi anni il Consiglio 
Accademico dell’Istituto Superiore di Scienze Economiche e Com- 
merciali di Napoli ha bandito dai suoi corsi quello di etnologia co- 
loniale (I 3688). Per quanto si possano giustificare le resistenze da 
una parte con motivi economici o d'altro genere più delicato, e dal- 
l’altra parte le pressioni possano parere non tutte meditate c 
autorevoli, la questione dal punto di vista scientifico è una di quelle 
che finiranno per imporsi e trionfare. Già in Germania Fritz Boehm 
nella sua rivista (I 3689) ha sostenuto il doppio punto scientifico c 
nazionale perchè il folclore sia tenuto in considerazione nei progetti 
per la riforma scolastica della Prussia. Ma in Italia, più che del Mi- 
nistero, la risoluzione della questione è di competenza dei Consigli 


I. 3686 — P. ToscH1 = Resto del I. 3688 — FI, I, 315, 438 e 440 
Carlino, 3 agosto 1926. | (1925); II, 129 (1926). 


I. 3687 — F. NosrRrasco = // I. 3689 — ZVV, XXXV, I 
Cittadino di Savona 14 luglio 1926. (1925). 


— 704 — 


IL FOLCLORE E LA SCUOLA - INSEGNAM. DEL FOLCLORE. I. 3690-91 


di Facoltà. Possano queste pagine serene di un organo universitario 
contribuire a far entrare finalmente e discutere il problema con la 
dovuta serietà scientifica in sedi opportune. Ma in verità non con 
soli voti e peggio con le polemiche si ottengono i buoni risultati. 
Plaudiamo intanto che quest'anno il Crocioni abbia tenuto un 
corso di folclore nell'Università di Bologna. Gli studiosi, se sì riten- 
gono scientificamente maturi, comincino a conquistare la libera do- 
cenza di Stato per cui non si possono immaginare resistenze di sorta; 
sarebbe un primo passo per fare entrare e apprezzare nelle nostre 
Università la scienza folclorica. Di questo avviso par bene il Di Fran- 
cia, quando nella citata interessante Prelezione (I 3459) lamenta che il 
Pitrè «sia salito ad una cattedra universitaria quasi per concessione 
ministeriale, anzichè per la via maestra del pubblico consenso ». Seper 
istituire cattedre universitarie di folclore, condizione sine qua non è che 
ci siano i docenti preparati, è pur necessario che ci sia d'altro canto 
la buona volontà in coloro che sono obbligati a interessarsi dello svi- 
luppo delle scienze e dci bisogni culturali e scolastici del paese. 
Per le scuole medie, spesso si levano verso il Ministero lamenti 
e anche allarmi, che qui non raccogliamo, dai varî giornali scolastici. 
Noi non sì può mettere in alcun dubbio che i tre ultimi Mini- 
stri abbiano delle grandi benemerenze verso il folclore. È di que- 
sto anno scolastico la circolare dell’attuale Ministro « Per le opere 
integratrici della scuola » (I 3690), la quale dispone che la scuola 
partecipi più vivamente all'incremento e alla valorizzazione della tra- 
dizione regionale, e sappiamo che negli uffici immediatamente di- 
pendenti, cioè nei RR. Provveditorati, questa circolare non è ri- 
masta lettera morta. Basta per tutti ricordare che il R. Provvedi- 
tore agli studî per il Piemonte (I 3691) ha subito pensato d’organiz» 
zare nei centri capoluoghi di provincia « mostre d'arte e di lavoro 
paesano delle scuole elementari in attuazione dei principî della Ri- 
forma Gentile ». Più di questo non si può fare dagli organi ufficiali, 
e sarebbe un errore attendere tutto da essi, persino, come vor- 
rebbe qualcuno, i libri di testo. A far crescere nell’estimazione 
generale il folclore provvederà l’opera degli studiosi. Ai folcloristi di 
buona volontà e di salda fede che devono pur essere lieti di quanto 


s'è fatto, parliamo per proverbi a loro cari: « Lasciamo tempo al 
tempo ». 


I. 3690 — Bollettino ufficiale della I. 3691 — Bollettino del R. Prov- 
P. I., 4 gen. 1927, Anno V\, veditorato agli studi di Torino, IV, 
153. 474 (febbr. 1027). 


— 705 — 


Aevum - Anno I - 45 


I. 3692-3698 


E siamo venuti alla parte pratica, cioè alle opere e ai fatti com- 
piuti per il folclore nelle nostre scuole. 

I libri dialettali e gli almanacchi regionali per le scuole elemen- 
tari sono innumerevoli. Non è qui il luogo di farne l'elenco. Chi ne 
ha vaghezza, può trovare le informazioni bibliografiche nelle Rela- 
zioni, nelle Approvazioni di libri di testo, stampate a cura della Li- 
breria dello Stato e nei Bollettini Ufficiali del 1925-26, e anche in 
gran parte nell’EN. Fa piacere rilevare che studiosi emeriti e anche 
enti scientifici, quale la Società filologica romana, abbiano prestato 
la loro preziosa opera per modesti libri ad uso delle nostre care scuole 
elementari. Alcuni di questi libri sono persino utili ai dialettologi 
(I 3692), altri riportano i più schietti esempî del folclore (I 3693). 
qualcuno ha pagine di un’arte originale che parla con soave grazia 
alle anime infantili (I 3694). Per tutti il noto linguista Carlo Battisti 
fa con molta opportunità il voto che «si dia maggior rilievo all’il- 
lustrazione regionale e maggior peso alla vita che si svolge in campa- 
gna, nell’officina, sul mare.... ». Con ciò si « arriverebbe pure ad ac- 
crescere il patrimonio linguistico del nostro ceto borghese e rurale, 
le cui conoscenze di nomenclatura tecnica (agricola e industriale) 
sono ridotte » (I 3695). 

A scuole di grado superiore e ai maestri sono destinate altre 
pubblicazioni di numero purtroppo limitato. Dopo l’opuscolo di C. 
Fiorentino (I 3696) per la Sicilia, e dopo i volumetti di B. Rubino 
e G. Cocchiara in collaborazione per la stessa isola (I 3697) e di L. 
Angoletta, L. Mattei, M. Borgherini-Scarabellin per le tradizioni ve- 
nete (I 3698) che però sono tutti apparsi anteriormente al 1925, son 
venuti pubblicandosi presso l'ed. Trevisini di Milano, appunto per 
la Sicilia e per il Veneto l’ Isola del Sole di L. Sorrento e Vita e anima 
del popolo veneto di D. Olivieri, nonchè per le altre regioni volumi 


I. 3692 — LC, giugno 1925. ed usi siciliani, Catania, Muglia, 
1924. 

I. 3693 — FI, 1,330, (giugno-sett. I. 3697 — Ruzino B. e Coc- 

1925). CHIARA G., Usi e costumi, novelle 

e poesie del popolo siciliano. Espo- 

I. 3694 — EN, gennaio 1926. sizione critica (con illustr.), Paler- 

mo, Sandron, 1924. 

I. 3695 — FI, I, 470 (dicg I. 3698 — ANGOLETTA L. in Pao 

1925). DOVANI, MATTEI L. IN BECCARI, 

BoRGHERINI-SCARABELLIN M., 7 ra- 

I. 3696 — FioreNTINO C., Nel dizioni venete, Padova, L. Bo- 


paese dell’arancio: tradizioni, canti scardin e f., 1924. 


ine 


IL FOLCLORE E LA SCUOLA - OPERE PER LA SCUOLA. I. 3699-3715 


di varia mole della stessa Collezione Sorrento (I 3699-3711) della 
quale ho fatto cenno di sopra. Per le scuole piemontesi e pugliesi si 
sono stampati, oltre ai sottocitati voll. Vita e Pensiero del Piemonte 
della Farinetti e Apulia fidelis del Vocino, Terra di Piemonte di A. 
Formica (I 3712), e un libro di sintesi folclorica di S. La Sorsa 
(I 3713). 

Intanto si è pubblicata una seconda edizione, ridotta per le scuo- 
le, della Fiorita di canti tradizionali di Eugenia Levi (1895). Secondo 
noi, meglio sarebbe stata la ristampa integrale col vecchio fine di- 
vulgativo-culturale, migliorata però e corretta dei diversi errori sfug- 
giti prima, chè ci pare, d'accordo col Cocchiara, non avere l'editore, 
dal punto di vista didattico, raggiunto il nuovo scopo (I 3714). Di 
raccolte di canti abbiamo da segnalare ancora: Zl Canzoniere del po- 
polo italiano di Achille Schinelli e Angelo Colombo (I 3715), che ha 
pure intenti scolastici. Vi figurano giuochi, scherzi, danze, canti gin- 


I. 3699 — PRATI A,, Zolclore 
trentino, Milano. Trevisini, 19253. 


I. 3700 — OLIVIERI D., Tifa e 
anima del popolo veneto, Milano, 
Trev., 1925. 


I. 3709 — SorRrRENnTO L., /sola 
del Sole, Milano, Trev., 1926. 


I. 3710 — VITALETTI G., Dolce 
terra di Marca, Milano, Trev., 1927. 


I. 3711 — ALGRANATI G., Forte 
Calabria, Milano, Trev.. 1927. 
E in corso di stampa: 


I. 3701 — BottigLioni G., Vita 
sarda, Milano, Trev., 1925. 


I. 3702 — BaBsupnrIiI F., Fonti — PeEscio A., La Liguria. 
vive dei veneti giuliani, Milano, — TELLINI G., Ladinia e Fyiuli. 
Trev., 1920. — ZAGARIA R., La Campania. 


I. 3703 — ToscHi P., Romagna 
solatèta, Milano, Trev., 1920. 


I. 3704 — Vocino M., Apulta fi- 
delis, con introduz. di N. ZIixGa- 
RELLI, Milano, Trev., 1925. 


I. 3705 — Visconti À., I Lom- 
bardi, con pref. di G. GALLAVRESI,, 
Milano, Trev., 1920. 


I. 3706 — GIANNINI G. e Par- 
DuccI A., Il popolo toscano, Mi- 
lano, Trev., 1920. 


I. 3707 DI VESTEA R, 
L'Abruzzo, Milano, Trev., 1920. 


I. 3708 — FARINETTI C., Vita 


I. 3712 — FORNICA A., Terra di 
Piemonte, Torino, Paravia, 1927, 


I. 3713 — LA Sorsa S.,, Il fol- 
klore nelle Scuole di Puglia, Mi- 
lano, Roma, Napoli, Soc. Ed. Dan- 
te Alighieri, Albrighi e Segati, 
1920. 


I. 3714 — LEvIE., Fiorita di 
canti trad. del popolo ital. Seconda 
ristampa, Iirenze, Bemporad, 1925 
Rec.: FI, I, 472 (dic. 1925) 
(Cocchiara). 


I. 3715 — SCHINELLI A. e Co- 
LOMBO A., Canzoniere del popolo 


e Pensiero del Piemonte, con Nota 
linguistica di B. TERRACINI, Mi- 
lano, Trev., 10927. 


italiano, Milano, Signorelli, 1924. 
— Rec.: VDI, XXXI, 325 (marzo 
1925). 


— 707 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3716-3717 


nastici, canti della natura, canti patriottici, ecc. con accurata tra- 
scrizione musicale. Vien poi la raccoltina di R. Fumagalli (I 3710), 
che ordina canti e canzoncine, filastrocche e scioglilingua, indovinel- 
li e novelline, graduandoli e adeguandoli alla mente infantile, e in 
modo che non cessano di essere cari anche ad adulti. 


B). — IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 


DIVISIONE DELLE REGIONI ITALIANE. — Per la distribuzione 
di studî particolari sul folclore regionale, a evitare ripetizioni e 
richiami, ho preferito la divisione per regione, e non per materia. 
Vuol dire che questa per materia sarà inserita, come sottodivisione, 
in ogni paragrafo regionale. I paragrafi regionali saranno distinti 
da un numero progressivo in cifra; per entro a ogni paragrafo, 
metteremo via via, seguita da parentesi, una lettera minuscola 
dell’alfabeto, quando e come si potrà meglio, per indicare che 
si passa a trattare di materia (canti, proverbi, giuochi, fiabe, ecc.) 
che è nell'indice segnata, in principio di questo Bollettino, con la 
stessa lettera. La materia generale per ogni regione precederà le 
indicazioni alfabetiche. So bene che la divisione per regioni pre- 
senta delle difficoltà, ma è quella che soddisfa di più. Essa è nella 
coscienza generale degli Italiani, nè gli studiosi hanno tentato o 
tentano di non riconoscerla e tanto meno di distruggerla, anche se 
nei particolari e per speciali vedute non siano in tutto d’accordo. 
Si capisce, l'argomento non è solo complesso per varî clementi che 
comporta, ma vivo, voglio dire fluttuante e non statico, cioè mu- 
tevole nel tempo e nello spazio. 

Però una classificazione è sempre possibile nell’epoca attuale, 
senza guardare a ciò che le regioni abbiano a divenire domani o 
a ciò che dovrebbero essere. « Secondo molti studiosi, ha bene rias- 
sunto M. Bartoli (I 3717) in una sua bella memoria, le regioni d'I- 
talia sono — se non tutte, almeno per la maggior parte — sopra 
tutto unità dialettali, secondo altri invece unità geografiche, e se- 
condo altri ancora unità economiche. Altri infine pensa ch'esse rap- 
presentino, per la maggior parte e sopra tutto, le unità statali in 
cui era divisa l’Italia dalla caduta dell’Impero romano fino alla 


I. 3716 — FUMAGALLI R., / canti regionale delle Venezie (Venezia 
dei nostri bimbi, Palermo, San- Giulia, Tridentina, Euganea), nel 
dron, 1925. num. unico «San Marco in Pie- 

monte », Torino, Tip. Fedetto, 

I. 3717 — BarrtoLI M., L’unità 1925. 


— 708 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: I. PIEMONTE (E savola) I. 3718-22 


riunione delle membra sparte. Ora è ben vero che qualche singola 
fra le regioni d’Italia formava una unità statale.... ed è vero inoltre 
che qualche altra singola si può dire praticamente una unità eco- 
nomica o geografica o dialettale... Ma si tratta sempre solo di qualche 
singola regione, non dunque di tutte e nemmeno della maggior 
parte ». E allora? Olinto Marinelli (I 3718) ha osservato che il 
«medio evo ha sostanzialmente cancellate quasi tutte le divisioni 
regionali antiche e quasi tutti i nomi e dato consistenza a nuove 
provincie e a nuovi nomi.... la geografia rinata però (del Rinasci- 
mento), attraverso la conoscenza degli autori latini e greci, fece 
rivivere i primi nomi». C'è qui della esagerazione, nonostanti i 
due limitativi guasti. Il medioevo non si deve guardare nella sola 
struttura politica dei regni Barbari, ma nelle tradizioni del popolo. 
Allora il Rinascimento non apparirebbe quella rivoluzione che si vuol 
fare credere. E mi pare che nella questione dovrebbero interloquire 
non soltanto i geografi e i linguisti, ma anche i folcloristi. 

A ogni modo, ci sembra accettabile, anche dal punto di vista 
folclorico (ma gli specialisti di ogni regione debbono sempre con- 
trollarla), l’opinione che ha formulato il Bartoli, concludendo: « Pos- 
siamo dire che le regioni d’Italia sono, per la maggior parte, ciò 
che erano le regiones dell'Impero morente, oppure le provinciae 
della Chiesa nascente ». La romanità e il cristianesimo sono state 
le due forze vive, cioè le vere tradizioni, che maggiormente hanno 
operato in alto e in basso sul popolo italiano. A questo criterio è, 
in generale, informata la nostra distribuzione e denominazione re- 
gionale. 


I. Incominciamo dal PIEMONTE. Un cenno prima sulla SA- 
VOIA per l’interesse che può presentare rispetto a nostri paesi. 
Ad essa il Gennep ha consacrato notevoli studî condotti, come 
abbiamo notato, con diligenza di raccoglitore e padronanza di un 
metodo scientifico contrario ad accostamenti ipotetici e ad astratte 


teorie (I 3719-3724). 


I. 3720 — La Chandeleur et la 
Saint-Valentin en Savoie, = RETP 
(1924). | 

I. 3721 — Le culte populaire de 


I. 3718 MARINELLI O., La di- 
visione dell'Italia in regioni (citato 
nell'art. Nomi e confini delle Ve- 
nezie del BARTOLI, ed. in La geo- 


grafia, XII.(1924) dell’Ist. Geogr. 
De Agostini). 


I. 3719 — Van GENNEP À,, Essai 
sur le jeu de quailles en Savoie, 
Thonon-les- Bains, Dubouloz, 1924. 


Saint-Théodule en Savoie = MBAH, 
III, 204 (1925). 
I. 3722 — Le cycle cérémonial 


du Carnaval et du Caréme en Sa- 
vote, = JP, XXII, 422 e 586 (1925). 


= 00 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3723-3733 


a) Nella raccolta -di poeti piemontesi fatta da G. Drovetti, 
l'editore ha compreso i primi esemplari di poesia popolare ano- 
nima, la Canzone per la resa di Pancalieri del 29 ott. 1410 e la La- 
mentazione lacrimosa di Gesù del 20 gen. 1517 (I. 3725). Da G. Bu- 
stico sono state ristampate di su un foglio volante di Novara alcune 
poesie antiaustriache « Dialogh ch'è saa faa a ca de Barlich tra lù, 
Ferdinand, Radetzki e M.tterlich », nel 1848 (I. 3726). A. Petitti 
di Roreto, in una memoria sul generale Federico Leutrum, riferisce 
la canzone popolare, dove si racconta la visita del Re Carlo Ema- 
nuele al letto di morte del generale (I. 3727). 

ef) Usi natalizi, nuziali e funerei della provincia di Cuneo 
illustra E. Milano {I. 3728). Antichi usi della Valle d’Andorno ha 
illustrato in un articolo del Biellese (7 febb. 1927) Germano Ca- 
selli e nello stesso giornale di usanze nuziali di Torrazzo ha par- 
lato Don E. Anselmino (I. 3729). Antiche usanze oleggesi, tra cui 
quella della corsa della torta, rievoca E. Julitta (I. 3730). Salv. 
Ferrero discorre di Gianduia e dei Carnevali di Torino (I. 3731). 
Del Natale del vecchio Piemonte si occupa C. della Venezia 
(I. 3732): balli caratteristici all'aperto la sera della vigilia in Val 
d’Aosta; leggende in diversi luoghi del Piemonte; sacre rappre- 
sentazioni nel Monferrato. 

g) Una curiosità storico-letteraria illustra L. Collino: un com- 
ponimento giocoso piemontese del Settecento, con alcuni esempi 
inediti e rari (I. 3733). Alla vita alessandrina, al focolare di un se- 


I. 3723 — Lecycle de Piques dans 
les contumes populaires de la Savoie, 
= RISB, 1925-26. 


I. 3724 — La Saint Jean dans les 
croyances et contumes populares de 
la Savoie = JP, XXIV, 26 (1927). 

I. 3725 — ’L Piemont e i so 
poéta, Poesie sernue da G. DRro- 
VETTI e presentà da L. CotLINO, a 
cura della Famija turineisa, To- 
rino, Casanova, 1927. 


I. 3726 — Bustrico G., Alcune 
satire antiaustriache sconosciute, 
= NO, VII, ag.-dic. 1926. 


I. 3727 — PETITTI DI RORETO A,, 
Il gen. Fed. Leutrum = BSBS, 
XXIX 257 (1927). 


I.3728 — Mirano E,, Dalla culla 


alla bara, Borgo S. Dalmazzo, Bar- 
tello, 1925. 


I. 3729 — ANSELMINO Don E,, 
Le usanze nuziali di Torrazzo, = 
« Il Biellese », 15 feb. 1927. 


I. 3730 — JuLitta E,, La corsa 
della torta in Oleggio = PDN, 30 
apr.-21 maggio 1926. 

I. 3731 — FERRERO S., La storia 
dei Carnevali di Torino e di Gian- 
duia, Centuria Mutilati Fascisti, 
Torino, s. d. 


I. 3732 — DELLA VENEZIA C,, 


Il Natale del Vecchio Piemonte = 
FE, III, fasc. I (1925). 


I. 3733 — Cortino L., Il Toni, 
componimento giocoso piemontese 
del Settecento, Torino, Lattes, 1925. 


se 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: I, PIEMONTE (E SAVOIA) I. 3734-43 


colo fa, ci richiama G. B. Porta (I. 3734). Per la stessa città di Ales- 
sendria F. Gasparolo riproduce un documento, che contiene la to- 
pografia della parrocchia del quartiere di Gamondio al principio 
del sec. XVIII (I. 3735). 

Di antiche memorie relative al folclore si occupa l’Ander- 
loni in un importante articolo (I. 3736), commentato dal Corso, 
circa gli Statuti di Novara e il Porco di S. Antonio, e in un altro 
sui peccatucci femminili negli stessi Statuti (I. 3737). G. Bustico 
parla di bandi campestri di Antronapiana nel Novarese (I. 3738). 
Due velli piemontesi, di Vigezzo (I. 3739) e di Stura. (I. 3740), sono 
illustrate da G. De Maurizi ed E. Milano. Utili possono essere 
gli studî di onomastica continuati da G. D. Serra, se non altro per 
le conclusioni considerevolissime: che nell’onomastica italiana me- 
dievale, accanto ai filoni cristiano-agiologico e germanico, finora più 
considerati, ha grande importanza l’ampio filone latino (I. 3741). 

Anche per gli studiosi del folclore sono interessanti  ses- 
santa sonetti di Cesare Vincobrio (I. 3742-3743): vi è descritto il Mon- 
ferrato e vi è riprodotto il tipo dell'agricoltore della regione; una 
parte è anche dedicata al famoso Santuario di Crea. Lo stesso Vin- 
cobrio ha pubblicato su quadretti e tipi pure del Monferrato al- 
cune conferenze. Un articolo assai ben fatto di Emilio Roncati 
è composto di una prima parte, dove si accenna alle condizioni 
delle campagne e alle circostanze politiche e spirituali in cui viveva 
il popolo di San Salvatore nel Seicento sotto gli Spagnuoli, e di una 
seconda parte dove si narra il miracolo colà avvenuto nel 1010, 
da cui ebbe origine il Santuario della Madonna del Pozzo. Più che 


I. 3734 — Porta G. DB. Vita I. 3739 — DE Maurizi G., La 
Lisandren-na a ra feu du secul pasa, Valle Vigezzo, 2. ediz., Novara, 


Alessandria, Tip. Coop., 10925. Dolci, 1925. 
I. 3735 — GasparoLo F., Topo I. 3740 — Mitaxo E. La Val 
grafia alessandrina == RSNA, N, di Stura = VDI, 1925. 


242, (aprile-giugno 1920). 
E i I. 3741 — Skkga G. D., Per la 


I. 3736 — Corso R., 1! porco di storia del cognome italiano; 11 Sulla 
S. Antonio = TI, I, 310 (sett. 1925). continuità dell’onomastica latina- 


I. 3737 — AnpERLONI E., / peo POManZa nei nomi propri canave- 
catucci femminili negli Statuti del (. piemontesi) = DAR, IV, 5 
La * % . (4 
Novarese :-- NO, VI, 1-4 (1025), (1920), 
nota e commento all’artic. di E. I. 3742 — VixcogBrto C., (Avv° 
ANDERLONI NO, VI, 10925. Severino Braccio) Sounett Moun- 


I. 3738 — Busrico G., / bandi 7". Casale Monf., Tip. Ballatore 


campestri di Antronapiana == NO, Bosco e €. — Ree.: FI, I, 466 (1925). 


VI, n. 5-0 (1923). I. 3743 — VixcoBRIO Ci Qua- 


ie 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3744-3749 


di tradizioni qui può parlarsi di vera e propria storia per l’abbon- 
dante documentazione del fatto prodigioso (I. 3744). | 

Un romanzo storico del Pietracqua (I. 3745) illustra l’am- 
biente della piccola Torino della prima metà del sec. XIX, sve- 
lando i segreti e le miserie di quelle innumerevoli viuzze che vanno 
man mano scomparendo. Ha ancora uno sfondo folclorico un libro 
di poesie di C. Di Roero, trattando di paesi canavesani (I. 3740). 

Da questo breve paragrafo del Piemonte si vede che il folclore 
inspira gli scrittori del paese, oppure assume un carattere sussidiario 
della storia (ricordinsi le idee del Prof. Collino, piemontese). Ciò è 
naturale, utile e necessario, ma ben inteso che, a sussidiare questa 
o quella scienza (glottologia, storia, ecc.), non si può seriamente se 
non da un’altra scienza, e il folclore è e deve essere una scienza. 
Sicchè il cit. buon vol. di folclore piemontese della Farinetti nella 
Collez. Sorrento è venuto a colmare una lacuna, come meglio ha 
potuto: speriamo che in una seconda cdiz. si possa includere e il- 
lustrare un più vasto materiale: eccellente è la Nota linguistica 
del Terracini che precede il vol. 


2. Per la LIGURIA, oltre agli scritti citati dei due Annuari 
genovesi della Scuola «Usodimare » intorno alla cultura regic- 
nale, ha scritto un libretto interessante sul «folklore civile» di 
Savona il Prof. Filippo Noberasco (I. 3747), illustratore egregio 
della sua città, il quale in una Miscellanea di prossima pubblica- 
zione radunerà quanto è stato scritto sull'argomento. 

b cd) G. A. Silla pubblica in un opuscolo proverbi, cantilene, 
leggende del Finale (I. 3748). Dal punto di vista della linguistica 
si potrà muovere qualche appunto, ma si deve apprezzare il nuovo 
materiale che ci viene offerto. | 

d) Quattro studî di A. Canepa (IT. 3749-3752) si riferiscono alla 


drett e tipi Mounjrin, Bibliotechina 
del « Caval ’d Bròns », stesso editore. 


I. 3744 — Roxcani E., San Sal- 
vatore nel passato. Il Santuario 
della Madonna del Pozzo in docu- 
menti e nella tradizione, = RSAA, 
X, 321 (luglio-sett. 1926). 


I. 3745 — PIETRACQUA, Don Pi- 
peta PASsilé, Torino, Cosmopolis, 
1920. 

I. 3746 — Di Roero C., L Ca- 
mnavets, Torino, Casanova, 10920. 


I. 3747 — Nogerasco F.,, Le 
voci del « Brandale », Savona, tip. 
Bongio, 1925. 


I. 3748 — SILLA G. A., Leggende, 
proverbi e cantilene del Finale, Sa- 
vona, Brizio, 1925. — Rec.: RP, 
XXXIV, 150, apr.-giugno 1926. 


I. 3749 — CANEPA A., Note sto- 
riche sanremesi, Pontremoli, Ca- 
vanna. — Rec,: GSLL, II (luglio- 
dic. 1920), 


N 


— 712 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 2, LIGURIA, 


I. 3750-375 


più antica storia di San Remo: tradizioni e leggende. L’autore non 
respinge l'etimologia che fa derivare la denominazione di « Villa 
Matutiana » (il nome antico della città di Sanremo) dalla divinità 
italica Matutia; nota per altro dover esser venuto quel nome alla 
località dalla «gens matutia », che avrebbe avuto, quale divinità 
protettrice, la dea Matutia. Più tardi questa dea si trasformò in 
strega, la quale, inseguita dal popolo per i suoi malefizî, si sarebbe 
gettata nel ‘torrente San Romolo; così sarebbe avvenuto il cam- 
biamento del nome di « Matutiana » in «San Romolo ». Marcello 
Campodonico, dando la spiegazione del nome Gattorna (frazione 
di Mocònesi), ha occasione di riferire tradizioni del famoso vicino 
santuario di Montallegro (I. 3753). 

e) Per gli usi culinarî genovesi, ricordiamo un articolo di 
À. Schiaffini. Secondo lui, che respinge l'ipotesi di una derivazione 
dal neo-greco, « fidelli », cioè piccoli fili di pasta (vermicelli), docu- 
mentato nella cucina di Genova verso la fine del sec. XVI, sarebbe 
di là passato nel resto d’Italia, escluse la Toscana e la Sicilia, e 
anche in paesi stranieri (I. 3754). 

f) Del Venerdì Santo e della grande processione in Savona 
hanno scritto G. Frumento (I. 3755) e Riello (I. 3756). 

g) Per le glorie regionali e locali sono importanti gli scritti 
di A. Pescio, su / grandi navigatori liguri (1913), dei quali quello 
intorno ad Antoniotto Usodimare è stato ristampato recentemente 
(I. 3757); su questo e altri argomenti vari, interessanti diversi aspetti 
della vita della regione, si vedano le pagine del Comune di Genova, 
che, sotto la direzione del comm. Monleone, ha preso un carattere 


I. 3750 — Caxrera À,, Fra tra- 
dizioni e leggende, Sanremo, Bian- 
cheri. — Rec.: come sopra. 


I, 3751 — CAaxEra A., Notizie 
su alcuni luoghi del Castrum Sancti 
Romuli e sua ubicazione, Genova- 
Sestri, S.LA.G. — Rec. come so- 


pra, 

I. 3752 — CAxEPA À,, Vicende 
del Castello di San Romolo = ASLS 
(1926). — Rec.: come sopra, 


I. 3753 — Camponponico M., /l 
nome antico di Spina era forse il 
greco Aspina?, = « Alcune comu- 
nicazioni presentate al I Con- 
gresso Naz. Etrusco», Cortona, 
tip. Sociale, 10290. 


I. 3754 — SCHIAFFINI A., La 
diffusione e l'origine di fidelli « ver- 
micelli», fidelini« capellinin = AR, 


VIII, 294 (1924). — Rec.: RP, 
XXIII, 153 (1925). 

I. 3755 — FRUMENTO G.. // 
Venerdì Santo a Savona, = «Se- 
colo XIX» di Genova, t1. apr. 


1920. 


I. 3756 — RIirLLO, La grande 
processione del Venerdì Santo a 
Savona, = «Caffaro » di Genova, 
15 apr. 1927. 

I. 3757 — PFrescio A,., L’Usodi- 
mare, = Annuario della R. Scuola 
Compl. Usodimare, Genova, IV, 
(marzo-mag. 1927). 


— 713 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3758-3765 


di rivista regionale. Degli scrittori della città di Savona ha intra- 
preso, dicevo, l'illustrazione il Noberasco (I. 3758), come pure di 
antiche memorie cittadine che presentano spunti interessanti di 
folclore (Î. 3759-3702). 

h) Ancora il Noberasco traccia la storia dell’arte savonese, 
fornendoci preziose e rare notizie dei principali maestri figuli, dal 
sec. XII ad oggi (I. 3763). 

Ur posto a parte assegniamo alla larga attività spiegata nello 
studio delle memorie e tradizioni liguri, e specialmente genovesi, 
da A. Pescio. Per comodità del lettore diamo il risultato dello spo- 
glio dei giornali, a cui egli ha collaborato con studî e curiosità va- 


riamente importanti dal 1925 al giugno ’27 (I. 3764-4769). 


I. 3758 — NoBERasco F., Gli 
scrittori della città di Savona, P. I, 
(secc. XIV-XVII), Savona, Tip. 
Savonese, 1925. 


I. 3759 — NoBERAsco F., / se- 
coli di Savona cristiana, Savona, 
Ricci, 1925. i 


I. 3760 — NoBErasco F., L'a- 
zione sociale delle Confraternite sa- 
vonesi, Savona, Tip. Savonese, 
1925. 


I. 3761 — NogERAasco F., Cenni 
storici su N. S. della Misericordia 
apparsa in Savona nel 1536, Pavia, 
Sc. Tip. Vesc. Artigianelli, 1927. 


I. 3762 — NoBERASscO F., I! co- 
miune savonese nei suoi « Statuta an- 
tiquissima», Savona, Tip. Savonese, 
1927. 

I. 3763 — NoBERAScO F., La 
ceramica savonese, ASSS, VIII, 
221 (1925). 

I. 3764 — « Secolo XIX a, a. 
1925: 

— La donna genovese nella sto- 
ria: «La Dogaressa », 2-1. — Pro- 
verbi e voci del popolo genove- 
se: « Pasqueta » 6-1. — L’infan- 
zia della fede: «Maja Materna », 
11-1 — I Marinai dell’« Amedeo »: 
« Raffaelin », 17-3 — La Crociata 
delle Dame (1301), I, 31-3; II, 2-4 


— Nell’anno Casanoviano 1725- 
1925: «La Città dei funghi » 21-4 
— La Città dei funghi: « Nipoti e 
femmes de chambre», 28-4 — 
Sulla pietra di Belgrana, 26-4, — 
La discesa del Campanone dalla 
Torre: «Il bronzo verde », 5-5 — 
Il terzo Parlamento della « Com- 
pagna »: «Il grifo rosso » 10-5 — 
Serenissima, 13-5 — L’OvRAR DEL 
GENOES: « La Caravana » 21-60 — 
Capelli corti: « Laura e Sofia», 
19-9 — I Consolati Regionali: 
« Salutando il Marzocco », 10-12 — 
Il Pilota del Mille: « Papa Silve- 
stro II, 31-12 — I Liguri all'E- 
Stero, 1-2. 


I. 3765 — «Secolo XIXo, a. 
1926: 

— I Santi in Liguria: «La leg- 
genda di Sant’Antomo », 17-1 — 
Il bastardo canaro: « Folchetto», 
5-2 — La data del silenzio: « La 
rinascita del Campanone », 9-4 — 
Giorgio e Marco, 24-4 — Richiesta 
d'un platano: « Per la gloria verde 
di Giorgio Interiano », 260-4 — 
Laude dell’artigianato, 9-5 — La 
Società Patria delle Arti e Mani- 
fatture, 18-5 — Saluto Ligure, 
23-5 — Colore dell’Ottocento, 27-5 
— L'accademia dò brenno, 3-6 — 
Per la bianca Badia dell’Alfabeto, 
10-60 — Annotazioni al Dizionario 


di 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REG. 3. LOMBARDIA (E c. TICINO). I.3766-72 


3. Accanto alla LOMBARDIA un accenno al Ticixo. Aless. 
Visconti (I. 3770), che dagli studî del diritto e della storia si 
compiace a volte di passare con simpatica passione a quelli 
folclorici, afferma che non solo per il lato linguistico, ma anche 
folclorico, l'una regione va unita all’altra, come dimostra la rela- 
zione che ha Val di Blenio con la poesia dialettale milanese. Cita 
parecchi esempi di poesia popolare ticinese assai simile a canti po- 
polari milanesi e comaschi; riferisce poi altri canti di carattere di- 
dascalico già pubblicati nel 1892 dal Can. Vegezzi: sono in dialetto 
di Lugano del 1830. Temi preferiti di essi sono l’agricoltura e l’eco- 
nomia domestica. Riproduce infine una poesia in dialetto di Bel- 
linzona, scritta nel 1892, di carattere polemico-satirico, riferentesi 
a un episodio di ribellione alle autorità militari nella caserma di 
quella città. Mario Gualzata per il toponimo di Orselina si richiama 
alla leggenda relativa a quella certa Orsola che vi avrebbe costruito 
una capanna, ecc. (1. 3771). 

a) Per il folclore cremonese Gino Bottiglioni ha trascritto 
«alcuni canti e qualche leggenda » (I. 3772). Di poesia popolare 


Genovese: « Vianda », 20-60 — La — Genova di Balilla: « Li Ba- 


ospitalità di Baciccia: Elogio dei 
« foresti », 24-60 — Cittadina Cro- 
naca: «Tram-tram », 1-7 — Me- 
morie della Lanterna: « Storie di 
pirati e glorie di marinai », I, 6-7; 
1I, 8-7 — Per la glonia dell’arte 
genovese: « Il Centenario di Luca 
Cambiaso », 26-11 — Il medico dei 
sani, 23-12. ; 


I. 3766 — «Secolo NIX», a. 
1927: 

— Calendario; «E messe dò 
Scio’ Manùelo », 6-1 — Calendario: 
« A féa de Sant'Aga », 2-2 — Con- 
torno alla Cuciniera Genovese: 
«Il poeta delle trofftie », 20-3 — 
Per non morire: « Il Museo Etno- 
grafico Ligure » (già citato), 21-4 
— Arte, storia e spazzatura, 10-5 
— Frammenti de « La Domenica »: 
« O’ passaggiu », 14-6 — Gli scagni: 
«Quella de Casse », 28-6 — Me- 
moriette d’Imene « aspetate... fin 
al sabo a nocte », 21-27. 


I. 3767 — « H Marc », a. 1927; 


ciccini » 5-2 — Noi Genovesi: « Ge. 
nova e il Rinascimento, I, 20-2: 
II, 5-3; IIT, 12-3 — Qualcuno dei 
più: « L’Impresario Daniele Chia- 
rella », I, 20-3 — Uno dei più, II, 
2-4 — La Dogaressa più bella: 
« Violantina Giustiniani Adorno », 
21-53 —. 


I. 3768 — « Ilsuccesso », a. 1925: 
O Campanon da Compagna, 22-2. 


I. 3769 — « L'Italia» (Valpa- 
ralso), a. 1927: 

L'Accademia dò brenno, 17-7. 

I. 3770 — Visconti A., Alcuni 
saggi di poesia popolare ticinese 
= ASSI, I, 200 (apr.-sett. 1926). 


I. 3771 — Guarzarta M.,, Di al- 
cuni non locali del bellinzonese e 
locarnese, = AR, VIII (1924). — 
Rec.; ID, I, 267 (1925). 


I. 3772 — BortTticLIONI G., Per 
il folklore cremonese (Canti e leg- 
gende), Cremona, Un. Tip. Cre- 
monese, 1925. 


— lo — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3773-3780 


valtellinese ha discorso la Prof. Giuseppina Lombardini in una bella 
conferenza che apparirà nell’Annuario di quest’'anro del R. Istituto 
tecnico di Sondrio. d) La stessa Lombardini riferisce e illustra op- 
portunamente proverbì valtellinesi (I. 3773). 

d) Questa brava studiosa fa un simile lavoro per le leggende 
e tradizioni del medesimo paese (I. 3774). Un altro lavoro, pre- 
miato al concorso bolognese dell’« Associaz. Nazion. Pro monu- 
menti e paesaggi d’Italia », sulle leggende della terra di Bormio è 
di Rina Lombardiri-Rini (I. 3775). Sul folclore bormiese sta pre- 
parando do tempo un lavoro completo Tullio Ulrangio Tazzoli. 
Sul prato di S. Michele, tra Solto e Zorzino, dove sorge una chie- 
setta, è fiorita una leggenda di un signorotto, tipo di Don Rodrigo, 
punito da Dio (I. 3776). Ricordo anche qui che la Valtellina nei 
canti dei suoi poeti è argomento che ha spronato le ricerche di 
P. Ambrosetti (I. 3777). Per il Bresciano sono state studiate da 
A. Morandini alcune leggende camune (Valcamònica): fuochi di S. 
Giovanni ecc. (I. 3778). : 

e f) Un’usanza della Croce quale segno di confine è illustrata, 
come nota di varietà (I. 3779). Essa è confermata, con la pubbli- 
cazione di qualche periodo contenuto in una pergamena del 1171, 
come antica nel Comasco (così come a Rivoli, in Piemonte, e nei 
bacini della Lozère in Francia). « Probabilmente si voleva conferire 
a quel testimonio di confinanza maggiore solennità e maggior ri- 
spetto, ponendo la proprietà sotto l’usbergo del simbolo cristiano 
della redenzione ». Usanza caratteristica è quella delle milizie tra- 
dizionali della Valle Anzasca. L'origine si fa risalire da Carlo Pu- 
gliesi (I. 3780) al sec. XVII, al tempo delle guerre del duca di Sa- 
voia, Francia, Spagna e Venezia per la successione del ducato di 


I. 3773 — LomBaARDINI G., Pro- 
verbi valtellinesi = « Annuario R. 
Ist. tecn. di Sondrio », Sondrio, 
Tip. M. Washington, 10920. 


I. 3774 — LomBarpiNI G., Leg- 
gende e tradizioni valtellinesi = 
«Ann. R. Ist. tecn. di Sondrio », 
Tip. Mevio, 1025. 


I. 3775 — Lomrgarpixi-RINI L., 
Bellezze e leggende della terra di 
| Bornito, Tirano, Tip. Bonazzo, 1025. 


T. 3776 — Roxncnie U. Un 
Rodrizo bergamasco == RDB, 
10925. 


Don 
gen. 


casca = 


I. 3777 — AMBROSETTI P., La 
Valtellina nei canti dei suot poeti 
= «Annuario del R. Ist. tecnico 
di Sondrio », Sondrio, tip. Mevio, 
1025. 

I. 3778 — MORANDINI A., Leg- 
vende camune = IC, XXII, n. 2 
1020). 

I. 3779 — Nota di Varietà. U- 
sanza della Croce come segno di 
confine, — ASSC, XXVI, 81 (1926). 

I. 3780 — Puctiesi C., Le mi- 


lisie tradizionali della Valle An- 
VDI, ott. 1926. 


sti 


IL FOLCLORE NELLE VARIE RKEG,: 3, LOMBARDIA (E c. Ticino), I. 3781-86 


Mantova e Monferrato. Il Governatore di Milano costituì questa 
che si chiamò la Milizia delle Terre. Da questa leva in massa tras- 
sero origine le milizie tradizionali di Bormio e Calasca. Le uniformi 
dapprima erano quelle spagnuole, e al principio del secolo scorso 
ne furono adottate nuove ad imitazione di quelle napoleoniche. In 
determinate solennità queste milizie si radunano, vengono equi- 
paggiate e sfilano. Nel 1922 nel III Centenario erano in numero 
di 500 uonuni coi graduati, nominati annualmente. La cerimonia 
dell’adunata e della sfilata ha un’'ingenua pompa pittoresca. — 
Le solennità del Natale e del Capo d'anno sono descritte, però con 
poco ordine, da G. Sabbadini (I. 3781): Ceppo coi relativi signi- 
ficati; presepio e regali; soprattutto fenomenali pranzi natalizî. A 
proposito, per Milano gastronomica abbiamo un interessante articolo 
di curiosità dialettali del Prof. Reale (I. 3782). L'« Associazione 
granaria di Milano» ha testè pubblicato un elegante volumetto, 
ma, mentre vi si parla del pane nella Bibbia e nell'Egitto antico, 
venendo al Ducato di Milano si trovano notizie disordinate e scarse, 
mentre l'argomento è così ricco d’interesse (I. 3783). Perchè nel 
paragrafo dei proverbi sul pane non si sono scelti quelli milanesi 
e lombardi, come a un certo punto prometteva l’autore del libro? 

g) Tra le memorie antiche è stata riprodotta una lettera del 
Sindaco di Vigevano a quello di Alessandria (I. 3784), in data del 
20 giugno 1853, dalla quale risulta che prima delle esecuzioni ca- 
pitali si usava suonare solennemente le campane e far passare con 
pompa per le strade il condannato, impartendogli la benedizione 
durante una sosta davanti a una chiesa. Questa usanza storica me- 
rita, a nostro parere, una più ampie illustrazione. Di convenzioni 
fra il Comune di Ceto (Brescia) e i conti Lodroni di Cimbergo (1490) 
si occupa R. Putelli (I. 3785); A. Petriboni, anche per il Bresciano, 
tratta di un fraterno attestato di rozzezza nel Cinquecento (I. 3780). 

Spunti folclorici intorno a Caspano (Sondrio) e a paesi li- 


I. 3781 — SABBADINI G., Na- I. 3784 — .Memorie e motizie. 
tale e Capo d'anno in Lombardia Solennità che usavansi prima del 
= FE, III, fasc. I (1925). 1859 nelle esecuzioni capitali — 


RSAN, IX, 380 (ott.-dic. 1925). 
I. 3785 — PUTELLI R., Conven- 
cioni tra il comune di Ceto e i 


conti Lodroni di Cimbergo = IC, 
XXXII, 5 (1925). 


I. 3782 — Reale C., Osserva- 
zioni sul dialetto Milanese = «Ann. 
della Civica Scuola G. Schiappa- 
relli », Milano, 1925. 


I. 3783 — Panem nostrum: I. 3786 — PETRIBONI A., Un 
«L'Associazione granaria di Milano fraterno attestato di rozzezza nel 
nel Venticinquennio di sua vita», Cinquecento = IC, XXII, n. 11 


Milano, 1926. (1925). 


dr rgre 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3787-3795 


mitrofi contiene una pubblicazione del Sac. Dott. Giovanni Li- 
bera (I. 3787). Varie memorie di luoghi e avvenimenti della vec- 
chia Milano formano il contenuto di un recente volume di Otto 
Cima (I. 3788). E. Eichmann fa uno studio piuttosto giuridico che fol- 
clorico del cerimoniale del rito lombardo dell’incoronazione (I. 3789). 
Offrono particolare e vivo interesse alcuni serî studî storico-locali di 
Alessandro Colombo (I. 3790-3792). Infine abbiamo un grande volume, 
prezioso per l’iconografia, della vita milanese negli ultimi tre se- 
coli (I. 3793). Del settecento è stato edito un sonetto in dialetto 
lodigiano preceduto da una strofetta d’introduz, pure in dialetto: 
notevole l’uso del passato remoto (I. 3794). 


4. Veniamo alla Venezia tridentina o comunemente TREN- 
TINO, al cui folclore il Prati ha consacrato il cit. primo volume 
della Collez. Sorrento, ordinato sistematicamente e degno di una 
seconda edizione più ricca: la prima volta. il valente Autore ha 
incontrato le resistenze dell’editore, il quale, in un primo momento, 
avrebbe voluto misurare il materiale folclorico secondo la super- 
ficie delle regioni. 

a) « Il Trentino, dopo il tenace Piemonte, appare a più segni 
la regione alpina che meglio ha saputo conservare le vecchie can- 
zoni della nazione ». Così Albino Zenatti nella « Strenna trentina 
letter. e art. per l’anno 1892 ». Queste vecchie canzoni e antiche 
usanze egli aveva in animo di pubblicare. La nobile e delicata im- 
presa è stata in questi anni assunta dalla signorina A. Pasetti con 
la pubblicazione di canti popolari trentini (1923) e con un'altra 
recente di canzoni narrative (I. 3795) raccolte dal compianto Ze- 
natti, e accompagnate da note illustrative, in cui sono segnate le 
corrispondenti lezioni delle altre regioni italiane e indicati gli studî 


I. 3787 — LiBERA G., Cronistoria no nell’Evo antico = NRS, X, 


di Caspano e dei paesi limitrofi, 
Como, Tip. Volta, 1926. 


I. 3788 — CIMA O.,, Milano vec- 


chia con 50 illustraz., Milano, Tre- 


ves, s. d. 


I. 3789 — EIcHMann E,, Per 
la storia del rito lombardo dell’in- 
coronazione = « Histor. Jahrb. », 
NLVI, 517. 


I. 3790 — CoromBo A,, Sulla 
ubicazione dei Campi Raudii = 
BSBS, XXVII (1925). 


I.3791I — CoLomBo A., Ni Mila- 


(1926). 


I. 3792 — CoLomBo A,, ZI Gero- 
solimitani e i Templari a Milano 
e la via Commenda = ASL, LIII 


(1926). 

I. 3793 — BERTARELLI A., Moxn- 
TI A., Tre secoli di vita milanese 
(1630-1875), Milano, Hoepli, 1927. 

I. 3794 — Dialettologia lodigia- 
na del settecento= ASLO, luglio1r925. 

I. 3795 — PASETTI‘A., Canzoni 


narrative raccolte a Chizzola nel 
Trentino = SR (1926). 


— 718 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 4. TRENTINO, I. 3796-3800 


fatti sui singoli canti. Più che di canti, ci parla dell’usanza di an- 
tiche poesie del Natale nella Val di Non e Val di Sole, Antonio Tieger 
(I. 3796). Il primo dell’anno e il giorno dell’Epifania tre ragazzi, 
che dovevano raffigurare i tre magi, con una stella di carta illu- 
minata come un palloncino veneziano, giravano per le strade e sotto 
le finestre delle abitazioni principali cantavano un piccolo canto 
« Puer natus ». Quest’'usanza fu combattuta dalla Chiesa, mediante 
«grida » del Vescovo di Trento. Ma rimase annidata qua e là, e ora 
sopravvive nei canti delle « beghenate ». 

c) Un M.1. g. ci parla, in una breve nota (I. 3797), dei giuochi 
infantili e popolari, d'azzardo o no, rifacendosi dall'epoca romana 
e citando i nomi latini e i nomi dialettali di questi giuochi. Ter- 
mina la nota con alcuni proverbi dialettali relativi al giuoco. L. Ce- 
sarini-Sforza (I. 3798) ci da un cenno d’un'usanza alquanto bar- 
bara, che cessò in Trento nel 1804. Consisteva nel tirare il collo a 
un'oca penzolante da una fune sopra una strada, a una certa al- 
tezza, stando a cavallo di ronzini che venivano spinti a tutta corsa. 
(La stessa usanza ho visto praticata ancora nei primi di questo 
secolo in villaggi etnei). Altra giostra curiosa era quella che si cor- 
reva nell’Adige, nuotando per afferrare il medesimo collo dell'oca 
che pendeva al di sopra. Lo stesso noto studioso ci fa conosgere 
che uno scrittore del Seicento parla del giuoco del pallone, affer- 
mando che era molto in voga a Trento. Altrettanto usato era il giuoco 
della racchetta (palla alla corda, pallacorda) (I. 3799). 

d) Della leggenda di S. Romedio anacoreta trentino si oc- 
cupa Giuseppe Gerola (I. 3800). Ristudia questi la questione sotto 
il più radicale punto di vista, ricercando se quel Santo sia in realtà 
esistito. Tralasciando la storia della discussione, non fermandosi 
in particolari di carattere locale, non facendo osservazioni sullo 
spirito generale delle leggende agiografiche, l'A. dice di voler en- 
trare nel « vivo della questione », trattando delle testimonianze più 
antiche del culto di S. Romedio nella valle di Non, dove sull’erma 
rupe attigua al villaggio di Tavòn sorge l'omonimo Santuario. Dopo 


I. 3796 — A. T.,, I vecchi canti I. 3799 — CESARINI-SFORzA L., 
di Natale. Il puer natus = ST, 1! pallone e la racchetta a Trento 
VII, 76 (1926). in tempi passati = ST, VI, 252 

I. 3797 — M. L. G., I gitochi di (1925). 
destrezza e abilità = ST, VI, 183 I. 3800 — GEROLA G., La leg- 
(1925). genda di S. Romed'o anacoreta tren- 

I. 3798 — CesariNnI-SFrorza L., tino = ARIV, LXXXV, 427 (1925- 
La corsa o giostra all'oca in Trento 1920). 
= ST, VI, 181 (1925). 


— 719 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. . I. 3801-3805 


aver fatto un esame di codeste testimonianze, e persuaso com'è 
per conto suo che gli studiosi siano «simili un po’ a quei bambini 
1 quali non si danno pace finchè non hanno infranto i balocchi per 
esplorarne l'interno », il Gerola crede di venire alla conclusione: 
«la critica storica sembra condannare l’intera leggenda ». 

e) Un cenno di usanze nuziali della Val Giudicarie fa O. Cri- 
stoforetti (I. 3801): alla sposina vengono presentati una vanga, una 
zappa e un rastrello, simbolo del lavoro. E per lo stesso luogo l’au- 
tore ci parla di costumanze tradizionali (I. 3802), come la semina 
degli ortaggi il Venerdì Santo, la semina dei fagioli in tre giorni 
determinati (S. Marco, Invenz. della Croce, Appar. Vergine di Ca- 
ravaggio). Nei paesi di questa valle il Sabato santo è particolar- 
mente propizio alla campagna, e i contadini usano tenersi pronti 
sui campi al lavoro, per attendere in tal guisa il suono delle cam- 
pane che annunziano la Risurrezione. Di costumi atesini nei musei 
e nei balli parla un valente giornalista sotto il pseudonimo di 
Don Ferrante (I. 3803). 

f) Un'usanza, specie di festa o spettacolo, era assai in voga 
nel medioevo, tanto che la troviamo a Bressanone, come a Parma 
e in Sicilia, secondo le documentazioni esistenti. In un giorno che 
seguiva il Natale, di solito il 27 dicembre, un ragazzo veniva ve- 
stito degli abiti vescovili e pontificava come fosse stato veramente 
il vescovo. In origine la festa poteva avere uno scopo di umiltà; 
poi tralignò, divenne una carnevalata e fu abolita e proibita. Così 
pure venne con ogni mezzo combattuta dalla Chiesa la famosa «festa 
degli stolti» che si celebrava ai primi dell’anno, e specialmente a 
Reims, a Lilla, ad Amiens, con dimostrazioni grottesche e sciocche 
in onore di un simulacro di «vescovo degli stolti». Tutto questo 
è narrato in forma di appunti da Don Simone Weber (I. 3804). 

g) Tra le memorie storiche, troviamo riprodotta una « grida » 
del 1557, pubblicata a Trento contro il giuoco d'azzardo (I. 3805), 
mentre il giuoco del Lotto vi fu introdotto nel 1779! «Il vescovo 
di Trento aspettò, si può dirc, fino all’ultimo limite possibile, ma 


I. 3801 — CRISTOFORETTI O,. = RVT, VIII, n. 9 (1926). 
Costumi matrimoniali = ST, VII, I. 3804 — S. W., La rappresen 


fasc. >). . 
asc. II (1926) tazione del vescovo degli scolari a 


I. 3802 — CRISTOFORETTI O., Bressanone e la festa dei matti = 
Usi agricoli = ST, VII, fasc. II ST, VI, 78 (1925). 
(1920): I. 3805 — MARTINUS, Gitrochi 
I. 3803 — Don FERRANTE, Dei d'azzardo proibiti nel Medio evo 
costumi atesini nei musei e nei balli = ST, VI, 253 (1925). 


— 720 — 


fu costretto anche lui a seguire la corrente, visto che tanti erano 
i giuocatori di lotteria, i quali portavano i propri denari alle casse 
di amministrazioni forestiere ». Così il Tieger (I. 3806). Secondo 
V. Maggio (I. 3807) chiamavansi «gabanoti » nelle valli trentine 
piccole monete d’argento del valore di un decimo di fiorino, va- 
luta austriaca del secolo passato. La denominazione avrebbe avuto 
origine nei tempi napoleonici, quando i Tirolesi difendevano il paese 
dalle truppe francesi. Poichè essi portavano corte giubbe (gabàn, 
dimin. gabanot), e oltre alle giubbe portavano denari, così 1 de- 
nari avrebbero acquistato il nome dei possessori. Della illustra- 
zione delle abitazioni temporanee della Valle d’Ala si occupa M. 
Rondelli nelle pubblicazioni periodiche dell’Ist. Geogr. Militare 
(I. 3808). Un cenno d’illustrazione del Santuario della Madonna 
della Corona sito nel basso Trentino ha scritto con tono disinvolto 
Aldo Gabrielli (I. 3809). II. Tomazzoni porta il suo contributo alla 
risoluzione dell’agitata questione circa il confine meridionale fra 
il territorio trentino e veronese al tempo dei Romani e circa l’iden- 
tificazione di Sarnis tridentina, quasi alle porte del villaggio di 
Chizzola (I. 3810). 

h) Tra le curiosità d’arte popolare in Val Gardena notiamo 
uno studio di G. Carignano su animali sacri, domestici e feroci la- 
vorati in legno soprattutto per il presepe e in generale sull’inge- 
nua arte che ispira tale lavorazione (I 3811). 


5. Della VENEZIA EUGANEA, la parte che va dal Sempione al 
Piave è illustrata da Guido Bustico (I. 3812): «costumi, usanze 
più caratteristiche, canti, giuochi, mentre, soffermandosi sul ce- 
rimoniale nuziale nel Bellunese, ricorda alcuni riti ed usanze che 
trovano riscontro fedele o vivono nell'Italia meridionale». Il folclore 
di tutta la regione è illustrato con vivo amore da D. Olivieri nel 
cit. vol. della Collez. Sorrento. 


I. 3806 — A. T, Quando fu 
introdotto a Trento il gioco del lotto? 
= ST, VII, 77 (19206). 


I. 3807 — Maccio V\., / gaba- 
noti = ST, VI, 255 (1925). 


I. 3808 — RonDELLI M., Le 
abitazioni temporanee della Valle di 
Ala = LU, VI, n. 7 (1925). 


I. 3809 — GABRIELLI À., La Ma- 
donna della Corona = LL, NXNVI, 
718 (I sett. 1920). | 


I. 3810 — Tomazzoni U., Sarmis 
Tridentina = ATH, V, 54, (apr. 
1927). 

I. 3811 — CARIGNANO G., Ant- 
mali sacri, domestici e feroci in 
Val Gardena = RVT, VIII, n. 8 
(1920). 


I. 3812 — Bustico G., Dal Sem- 


| pione al Piave: Pagine raccolte, 


con illust., Vercelli, Gallardi e Ugo, 
1025. — Rec.: FI, I, 330 (giugno- 
sett. 1025). 


— 721 — 


Aevum - Anno I - 46 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3813-3820 


a) Di su i mss. del Righi della Bibl. Comunale di Verona, 
Arrigo Balladoro pubblica ventitrè strofette del popolo veronese 
riguardanti fatti politici dalla sconfitta del gen. Melas a Marengo 
fino alla guerra del ’66 (I. 3813). Egualmente sono illustrati brevi 
canti popolari veronesi, con note e un’appendice bibliografica (I. 3814). 

b) Lo stesso egregio illustratore di Verona ci dà in ordine 
alfabetico un mazzetto di 250 proverbi veronesi che si aggiungono 
ad altri già editi e illustrati da lui in precedenti pubblicazioni (I. 3815). 
E altresì 65 modi di dire con la traduzione italiana (I. 3816). 

d) L'infaticabile Balladoro studia le tradizioni riguardanti il 
celebre santo veronese San Zeno con riferimenti a tradizioni ana- 
loghe di altre parti d’Italia, come ad es., la leggenda «del prodi- 
gioso passaggio del Mar Rosso effettuato da San Zeno mediante 
il mantello disteso sulle onde ». Tale leggenda, che il nostro stu- 
dioso avvicina all'altra simile attribuita al beato Andrea da Pe- 
schiera, è, soggiunge il recensore, analoga a quella calabrese su 
S. Francesco di Paola che si servì del mantello per attraversare lo 
stretto di Messina (I. 3817). Della leggenda di Egidio re di Padova 
si occupa Gio. Fabris (I. 3818). 

Ancora, in questo paragrafo, è da ricordare la pubblicazione 
di tre novelline dialettali veronesi del Balladoro. È più importante 
quella abbastanza nota del « Vescovo che aveva fatto un uovo », la 
quale sta a dimostrare come le donne non sappiano tenere i segreti. 
E lo studioso fa parecchi riscontri e cita anche un passo di Plutarco, 
contenuto nell’« Opuscolo della loquacità », dove si riferisce una sto- 
riella analoga (I. 3819). Ancora recentemente lo stesso Balladoro 
ha raccolto dal popolo e illustrato altri tre racconti del Garda: E/ 
signor e la morte, El vecio e la morte e I tre stupidi (I. 3820). Una 


I. 3813 — BaLLaADORO A., Canti 
politici del popolo veronese = FI, I, 
47 (marzo-1925). 


I. 3814 — BaLLADORO A., Quat- 
tro canti popolari veronesi raccolti 


dal RiGHI = FI, I, 168 (giugno- 
sett. 1925). 
I. 3815 — Bartanporo A., Un 


mazzetto di proverbi veronesi = FI, 
I, 401 (dic. 1925). 


I. 3816 — BaLLaDporo A., A/cumne 
locuzioni del dialetto veronese = FI, 
II, 121 (ott. 1926). 


I. 3817 — Barraporo A., S. 


Zeno nellatradizione corale veronese, 
Estratto dalla « Miscellanea per le 
nozze Brenzoni-Giacometti », Ve- 
rona, 1924. — Rec.: FI, 1, 142 
(marzo 1925). 

I. 3818 — FABRIS G., La leg- 
genda di Egidio re di Padova, Estr. 
dalnum. unico per il « I Centenario 
del Museo Civico », Padova, 1925 

I. 3819 — Battraporo A., Tre 
novelline dialettali veronesi = FI, I, 
(giugno-sett. 1925). 

I. 3820 — BaLrtaporo A., Ira- 
dizioni popolari del Garda = «Il 
Garda », marzo 1927. 


251 


— 7122 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 5. VENEZIA EUGANEA, Î. 3821-24 


versiong chioggiotta pubblica e illustra Lorenzo Padoan (I. 3821), 
di una novellina popolare sparsa in Italia anche sotto altri nomi. 
Nota l'editore: «La nostra versione è tra quelle che più e meglio fan 
pompa di latinismo e meno sono state italianizzate: così, mentre i 
nostri vocaboli son otto, tutti i primi quattro attestano codesto 
latinismo. Ma dal quinto in poi lo stile cambia: il nostro prete 
dimentica del tutto il latino, subisce l’influsso dell'ambiente suo 
veneziano, del quale poi si libera dietro a una fulgida remini- 
scenza biblica ». 

e) Anche di Verona rileva usi e costumi Vittorio Fontana 
attraverso gli scrittori dialettali (poeti e prosatori) dell’insigne città 
(I. 3822). Una costumanza nuziale veneziana è rilevata da un vec- 
chio documento che il Molmenti ora illustra (I. 3823): cioè lo strappo 
o furto di una pezzuola che un giovine faceva a una fanciulla a 
scopo di matiimonio, causa di punizioni non lievi da parte della 
giustizia, come avveniva per il noto uso di baciare nella pubblica via 
una ragazza che si voleva impalmare a qualunque costo. Al qual 
proposito il Corso ricorda le parole del pontefice Sisto V: « Le mogli 
si devono domandare con le ragioni dovute, non con le violenze... 
I genitori non saranno più padroni della volontà delle loro figliuole, 
perchè subito che ad un ragazzo salta in testa di maritarsi con una 
figliuola, se gli verrà negata, la bacierà in strada, per obbligare i 
genitori a dargliela ». Ed a chi gli faceva osservare che, essendosi 
celebrato il matrimonio, ogni colpa era cancellata, l’acuto papa 
rispose: « Questo è buono per le parti interessate, non già per gli 
interessi della giustizia, che è stata la prima offesa ». Dicendo giu- 
stizia, egli voleva significare la morale, la società, lo Stato che ne 
erano turbati. Così commenta egregiamente il Corso (I. 3824), il 
quale, in particolare per la suddetta usanza della pezzuola involata, 
ritiene che la ragione della gravità delle pene « derivava dall'idea 
fondamentale o rappresentativa del rito, in un tempo in cui ge- 
nerale era l'orrore per la stregoneria; e cioè che, a contatto col corpo 
umano, un oggetto ne ritragga e conservi l’essenza biopsichica, 
tanto da consentire che l’affatturamento operato sull'oggetto vale 
come se fosse fatto sull’individuo ». 

Un lavoro che riguarda tradizioni delle lagune intorno a stregoni, 


I. 3821 — PaboàAn L., La Fiaba I. 3823 — MOoLMENTI P. = IM, 
de Domine-Domina, Nozze Molin- 21 nov. 1026. 


Silvestri, Verona, 19 feb. 1925. 1. 3824 — Corso R., Sopra al- 
I. 3822 — FONTANA V\., Verona cune costumanze nuziali in Ve- 


attraverso î sttoì scrittori dialettali, nezia = FI, II, 301 (marzo 1927). 
Verona, Bettinelli, 1924-25. 


— 723 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI, I. 3825-3830 


AE IA ER 


fate, anime dei morti, si deve a R. Battaglia (I. 3825). Il quale 
fa raffronti con altri paesi barbari, trascurando l’Italia. Questo è 
uno dei casi in cui si ricorre al metodo comparativo senza un giusto 
criterio o senza misura. Eppure il B. è uno studioso molto serio. 
In altro non meno importante studio veneto (I. 3826) i raffronti 
coll’Italia, cioè colle regioni più vicine, sono concreti e persuasivi. 

f) Della nota opera di Alfred Mortier su Ruzzante è inte- 
ressante il I volume, ove sono studiate la poesia padovana e vi- 
centina, la satira del contadino, la commedia popolare in Italia, 
la commedia dialettale, ecc. (I. 3827). 

g) Intorno a viaggi del Poverello nel Veneto si è parlato in 
occasione del VII Centenario francescano (I. 3828). 


6. Nella VENEZIA GIULIA comprendiamo il Friuli, Trieste e 
l’Istria, il Quarnaro (Fiume). Senza pregiudizio della unità regio- 
nale delle Venezie, circoscritta nella giurisdizione romana ed ec- 
clesiastica, qui parliamo a parte del FrIULI, perchè i folcloristi lo 
considerano a sè, e credo non soltanto per ragioni linguistiche, ma 
anche per motivi folclorici. 

Il Friuli è una delle parti d’Italia più largamente studiate. 
Non solo gli studiosi sono in gran parte ben preparati, ma hanno 
la virtù di costituire Società e Riviste, ben organizzate e ben con- 
dotte, che sono veramente benemerite nel campo della storia, della 
letteratura, del folclore e della dialettologia. Tra i lavori d'insieme 
e generali citiamo anzitutto la ricca e bella Antologia della lette- 
ratura friulana di Bindo Chiurlo (I. 3829). Interessano per il fol- 
clore queste parti del volume: ninne-nanne, canzoncine a ballo; 
lamenti funebri; preghiere; villotte; canzoni popolari varie e can- 
zoni di Natale; fiabe e leggende; proverbi e anche tre leggende 
elaborate dalla scrittrice Caterina Percoto. Rievocazioni sommarie 
di vita udinese ha dettate Enrico Biasutti (I. 3830). Un Discorso 


I. 3825 — BATTAGLIA R., Fol- 
Rlore delle Lagune Venete = RDA, 
XXVII (1925). 


I. 3826 — BATTAGLIA R.,, So- 
pravvivenze del rombo nelle pro- 
vincie venete = « Studî e Materiali 
di Storia delle Religioni », Roma, 
An, Romana Edit., 1925. 


I. 3827 — Un dramaturge po- 
pulatre de la Renaissance italienne, 


RUzzaNTE par A. MORTIER, voll. 2. 
Paris, Peyronnet e C.ie, 1925. 

I. 3828 — RIU, III, n. speciale 
franc. (1926). 

I. 3829 — CÒÙiurto B., Antologia 
della letteratura friulana, Udine, 
Libr. ed. udinese, 1927. — Rec.: 
RSFF, VII (nov. 1926). 

I. 3830 — BIASUTTI E., Rievo- 
cazioni sommarie di vita udinese — 
« Giornale del Friuli », 6-1-1925. 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 6. FRIULI, 


I. 3831-3836 


sul Friuli liberato, che il compianto Prof. Giuseppe Ellero doveva 
pronunziare a Como il 9 nov. 1918, è apparso quest’anno in pub- 
blico (I. 3831). Per lo studioso del folclore è interessante l’ultima 
parte che riguarda il carattere e lo spirito del popolo friulano at- 
traverso la lirica popolare, specialmente attraverso le villotte, che 
l'autore confronta coi rispetti toscani, rilevandone le caratteri- 
stiche differenze. Nè possiamo tralasciare di notare la buona im- 
pressione suscitata dalla conferenza tenuta da Chino Ermàcora al- 
l'Università popolare milanese, il 25 marzo 1927, sul Friuli eroico, 
con numerose proiezioni ed esecuzioni di villotte. Come si vede, 
la poesia popolare viene considerata come base per ricostruire e 
rintracciare l’anima friulana. 

Così ha pure fatto Achille Tellini, al quale siamo partico- 
larmente obbligati per alcune buone indicazioni bibliografiche. Egli 
in un recente studio (I. 3832), che è la seconda parte di un lavoro 
già pubblicato per nozze, dalle 4500 villotte finora raccolte trae 
motivi e concetti ordinati sistematicamente. Il capitolo più vasto 
riflette l’amore, ed è molto suddiviso in paragrafi. Seguono questi 
altri: famiglia, patria, moralità, lavoro, vita di stenti, divertimenti, 
giustizia, fede, sentimento della natura, malanimo, umorismo. 

Anche nelle poesie dialettali abbiamo la pittura dell'anima, del 
gusto, dell’ambiente del Friuli. Per es. P. Someda De Marco (I. 3833) 
mescola ai ricordi della guerra visioni della vita, della campagna 
friulana, ecc.; caratteristici sono pure 1 versi di gusto friulanissimo 
di E. Fruc. Ma dei poeti (I. 3834) dialettali parleremo in luogo di- 
stinto. 

a) Non del contenuto, ma del carattere lirico e musicale della 
villotta, fa un breve e acuto studio E. Morpurgo (I. 3835). Premette 
la tesi dell'origine non collettiva, ma personale dei canti popolari; 
esamina il metro, il motivo musicale, il modo con cui si eseguisce 
la villotta, e le sue proprietà formali. Di particolare importanza 
è la raccolta, edita da Francesco Spessot (I. 3836) di 313 villotte 


I. 383I — ELLERO G., Il Friuli 


liberato = LP, IV, 6 (gen.-feb. 
1927). 
I. 3832 — TELLINI A, Senti- 


menti ed affetti nella poesia popo- 
lare dei Ladini del Friuli = RSFF, 
VII, 35, 64, 127 (1920). 

I. 3833 — SOMEDA DE Marco P., 
I miò Zardin, Udine, Ed. La 
Panarie, 1920. 


I. 3834 — Fruc E., Antigais 
Udine, Ed. La Panarie, 1926. 


I. 3835 — Morpurco E.,, La 
villotta friulana = LP, II, 129 
(maggio-giugno) 1925. 

I. 3836 — SpressoT F,, Niloftis 
furlanis respadis a Farra e lenti 
intòr = vol. IV degli « Studi gori- 
ziani », Gorizia, Tip. Sociale, 1926. 


— 725 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3837-3842 


del Friuli orientale e più specialmente di Farra e dintorni, sulla 
riva destra dell’Isonzo tra Gorizia e Gradisca: sono in generale va- 
rianti delle migliaia già note. Non ho potuto vedere tre villotte che 
credo siano musicate dal Pozzo (I. 3837). Un contrasto (fra Menico 
Testa d'asino e Rosina) è stato raccolto dal Fabris (I. 3838) a Le- 
stizza, facendolo risalire al 500. Di questo genere di componimento 
vi sono altre lezioni, compresa la elaborazione letteraria del Collo- 
redo; per la Lombardia una ne ho raccolta e inserita io nel cit. 
vol. Lombardi di A. Visconti. Il contrasto avviene fra un marito 
che rincasa ubbriaco e la moglie che lo rampogna aspramente; i 
due vengono alle mani e, dopo che la moglie si è preso un ceffone, 
avviene la riconciliazione finale. Sono 62 quartine in forma metrica 
simile al sirventese tetrastico. «Pastorale» del Natale e un'antica 
preghiera popolare ha pubblicate un anonimo (I. 3839). 

b) Il Rupil ci parla dei motti con cui gli abitanti di un borgo 
definiscono quelli di un altro, prendendo lo spunto da qualche par- 
ticolarità storica o geografica o giuocando di parole sul nome dei 
paesi. Qui sono messi in modo da parodiare le litanie che si can- 
tano in chiesa (I. 3840). Più giù registreremo qualche leggenda sul 
medesimo argomento. Di alcuni proverbi riguardanti le stagioni 0 
pronostici meteorologici sono riportate varianti di diversi paesi da 
L. D'Orlandi: è molto utilizzata la raccolta dei proverbi friulani 
dell’Ostermann (I. 3841). i 

c) Di giuochi a Cividale nel Medioevo si occupa G. Marioni 
(I. 3842). 

d) Oltre alle villotte, le leggende e fiabe ono una speciale 
cura degli studiosi friulani. Della leggenda di Silverio, da cui trasse 
ispirazione il Carducci, ho parlato (I 3573 e 3574). Un lavoro molto 
serio è quello di Giuseppe Marchetti Longhi, in cui è studiato « quel- 
l'intreccio tra storia e leggenda che, nel Friuli più forse che altrove, 
offre la riproduzione di un quadro sempre vivo e fedele delle passate 
vicende, avvolto talora di un velo che maggiormente induce a spin- 
gere in esso lo sguardo per indagarne il mistero ». Gli argomenti 


I. 3837 — Pozzo A., Ire Vi 
lotis, Udine, Ed. La Panarie, 
1925. 

I. 3838 — FABRIS G., Zl con- 
trasto fra Meni Ciaf-di-Mus e Îo- 
sute, RSFI — VI, 098 (1925). 

I. 3839 — X, Pastorale di Nadal 


ed antica preghiera popolare = 
CE, II, n. 9-10 (1920). 


I. 3840 — Rupitr B. Lis litaniis 
di quasi duc' 1 paîs de Ciargne 
= CF, II, n. 1-2 e 3-4 (1927). 

I. 3841 — D’OrLANDI L., .4/- 
cuni proverbi e loro varianti = Cl, 
II, n. 3-4 (1920). 


I. 3842 — MARIONI E., Gittochi 
a Cividale nel Mediocivo, = « Pa- 
tria del Friuli », 31-3 1925. 


— 726 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: ©. FRIULI. 


1. 3843-3851 


esaminati sono: S. Marco, Aquileja e Venezia; le leggende di Aqui- 
leja; le origini del Patriarcato e la leggenda di Alboino; la leggenda 
di Gisulfo: Paolo Diacono; la leggenda di Paolo Diacono; il patriar- 
cato di Aquileja; i castelli del Friuli: Duino, Miramare; la leggenda 
di Dante (I. 3843). Ecco ancora alcuni titoli di leggende fatte co- 
noscere pure in questi tempi: La leggenda del romitaggio di S. Rocco; 
La vergine Colomba, aquilejese, protettrice di Osoppo (in italiano; 
di dubbio valore storico e folclorico); La fujazze de Madone, scritta 
nel 1884 e già altra volta pubblicata; Teodolinda della Groina, leg- 
genda goriziana del 1320, piuttosta in veste letteraria, che popo- 
lare; Lu Signuar e san Pieri (I. 3844-3845). Ancora una novella del 
ciclo del Signore e S. Pietro racconta G. Malattia della Vallata: 
S. Pietro ottiene del Signore che un mendicante diventi ricco; 
questi insuperbisce e maltratta i poveri, per cui il Signore lo 
restituisce allo stato di prima (Dialetto di Claut) (I. 3849). 
Persino un volume stampato per il 60° anniversario della So- 
cietà operaia di Udine contiene una leggenda di Valcellina intito- 
lata «Cent lire ben vodagnade » e trascritta da Giuseppe Malattia 
Della Vallata (I. 3850). Irma Blarzino pubblica una leggenda nel 
dialetto di Lauco (Carnia). Racconta di una ragazza amante del 
ballo che un giorno, invitata dal diavolo, abilmente truccato, ac- 
cetta di ballare in un prato. Lucifero, danzando, la trascina insensi- 
bilmente sopra un burrone e ve la sospinge precipitandola nell'in- 
ferno: ora in quel burrone si sentono spesso i lamenti della dan- 
nata (I. 3851). Una di quelle leggende con cui si dànno la baia vi- 
cendevolmente i Friulani racconta che gli abitanti di Verzegnis (Car- 


I. 3843 — MARCHETTI-LONGHI I. 3848 — Tapoca D. E., Lu 
G., Storia e leggenda nel Friuli re- Signuare San Pieri = CF, II, 
= dento, ARC, V, 25 (1920). n. 7-8 (1920). 


I. 3844 — FALESCHINI A., La I, 3849 — MALATTIA DELLA VAL- 
leggenda del romitaggio di S. Rocco LATA G., Al Signour e san Piere a 


= « Patria del Friuli », 20-3-1925. «/a Pueza » de Claùt. Un povarét 
I. 3845 — FALESCHINI A. La diventà sior = « Stroligh furlan pal 

vergine Colomba, = « Patria del 1927”, p. 40. 

SILE DORIS zo: I. 3859 — Coniunctis dextris 
I. 3846 — PERCUTE CATINE, 1866-1920, sessantesimo anniver- 

La fuiazze de Madone, = « Stroligh  S@rt0 della Società operaia di mutuo 

furlan pal 1925 », anno V. soccorso, Udine, G. Chiesa, 3426. 


I. 3847 — DI RoccanErRa Eco. I. 3851 — Brarzino I., Mbénie 
NE, Teodolinda della Groina = sualde = RSFF, VI, 110 (1925). 
« Squille isontine », IL, 29. 


£L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3852-3861 


nia) andarono a Roma a chiedere al Papa un Vangelo secundum 
Verzegnis, portandogli in compenso un cesto di fichi (I. 3852). 
Nel mondo fiabesco ci conduce Arturo Feruglio (I. 3853) con 
un racconto friulano del tipo della nota Cenerentola, che ci sembra 
però di gusto poco friulano. Una novellina popolare è dello stesso 
A. Feruglio: una jena strappa di mano al Signore la costa di Adamo 
con cui stava facendo Eva. Il Signore la rincorre e la atterra per 
la coda e non potendo toglierle la costa si contenta di fare la prima 
donna con la coda di jena (I. 3854). Leggende e fiabe ritrae e fa ri- 
vivere con abile maestria Dolfo Zorzut. Nel 1924 col titolo Sot la 
nape questo intelligente cultore della letteratura paesana ed efficace 
novelliere dialettale raccolse dalla voce del popolo le storie tra- 
mandate di generazione in generazione. Poi son. seguite con lo 
stesso titolo una 2% e 3* parte: leggende e racconti, parte orì- 
ginali e parte noti, nella parlata friulana di Cormons (I. 3855-3857), 
che rivelano, tutte, caratteristiche morali e intellettuali del Friuli. 
e) Di, costumanze cividalesi si occupa A. Rieppi (I. 3858). 
Un breve studio sull'aspetto caratteristico, interno e esterno, d. |- 
l'abitazione della Carnia è quello di B. E. Fior (I. 3859). Alla stessa 
Carnia è consacrata una Guida, in cui trovasi, oltre all’illustrazione 
linguistica, uno scritto di M. Gortani sugli usi, costumi, leggende e 
tradizioni (I. 3860). P. S. Leicht (I. 3861) parla dello stinco di maiale 
«di ragione del Comune» chc si soleva dare a prestito un giorno 
per famiglia tra i poveri agricoltori per condire la brodata, nonché 
del grande recipiente a forma di stivale che, colmo di birra o di 
sidro, girava fra i commensali nei pranzi di nozze. Su questa u- 


I. 3857 — Zorzut D,, Malan- 
drét diun purzit = CF,III, 7 (1927). 

I. 3858 — RIiepri A,, Costu- 
manze cividalesi: î siops, = « Pa- 
tria del Friuli », 8 gen. 1925. 

I. 3859 — Fior E. B., La casa 
carnica, con dodici belle zinco- 
tipie = LP, II, 1 (1925). 


I. 3860 — MARINELLI G., Guida 


I. 3852 — OrLanDI LF. e L., 1/ 
venzeli di che di Verzegnis = CT, 
II, n. 5-6 (1920). 

I. 3853 — FERUGLIO A., La strie 
e ifis dal re = RSFF, VI, 194 
(1925). 

I. 3854 — FerUuGLIO A., La jene 
= «Stroligh furlan pal 1927 », 
p. 14. 


I. 3855 — Zorzurt D., Sot la 
nape. I racconti del popolo friu- 
lano, Udine, Soc. fil. friul. editr. 
1924. — Seconda parte, 1925. 


I. 3856 — Zorzut D., Il forment 
de Madone = » Stroligh furlan pal 
1927 », 22. 


della Carnia e del Canal del Ferro, 
Nuova ed. a cura di MICHELE GorR- 
TANI, Tolmezzo, Stab. tip. Carnia, 
I9Y24-25. 

-_ I. 3861 — LEIcHT P. S,, Vita 
rustica nelle poesie del conte Ermes 
= CF, II, n. 5-6 (1926). 


lag 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 6. FRIULI. I. 3862-3868. 


sanza il Corso prospetta una somiglianza con quella del Comune 
di Laureana di Borrello, in Calabria, «ove i terrazzani, che dove- 
vano traghettare 1 fiumi Mésima e Métrano, potevano infilare gli 
stivali a mezza gamba costruiti a spese del Comune (I. 3862). Di 
ricette per varie malattie, coi suggerimenti assurdi e superstiziosi in 
voga fra il popolino, rende conto Lea D'’Orlandi (I. 3863). P. Menis 
espone usi caratteristici che hanno relazione col Natale e il Capo- 
danno e che sono ora quasi scomparsi: i sctops, doni di noci e 
nocciuole, che nei primi giorni dell’anno costituivano una promessa 
d'amore; i falò nella sera dell'Epifania; le schiernete. vendette di 
respinti e abbandonati contro la fanciulla. Questi usi sono esposti 
a forma di racconto (.Miute= Maria), secondo il modo molto prefe- 
rito dagli studiosi friulani (I 3864). 

f) Ercole di S. Daniele discorre di sagre friulane (I. 3865), 
e X della risorta Epifania del fucco nel Friuli e nella Carnia (I. 3866). 
Degna di particolare menzione è la descrizione degli usi carmici di 
celebrare la notte di Natale e la festa dell'Epifania con una specie 
di mistero rudimentale in cui si cantano (o si cantavano) canzoni 
speciali, che Michele Gortani riporta in un suo piccolo studio (I. 3867). 
Noto pur qui che E. Staaf fa delle importanti osservazioni sulla 
raccolta di lande di Udine e di Pordenone, confrontando il ms. della 
Naz. di Parigi con quello di Udine (ricordisi di G. Fabris, 1907) e 
riportando in appendice i componimenti in più del ms. parigino, tra 
cui la poesia di Pietro Capretto «O dolce insegna de la passione » 
(1494) (I. 3808). 

g) Per le memorie e le costumanze antiche sono da ricordare 
quelle di Marcantonio Nicoletti. Questi, nato a Cividale verso il 
1536, tratta un po’ disordinatamente di: nome, sito, particolarità 
del Friuli; origine della chiesa di Aquileja; varî ordini e gradi di 
nobiltà, magistrature e loro attribuzioni nel governo patriarcale; 
parlamento friulano; statuto della Patria del Friuli; costumi e cre- 


I. 3862 — Corso R., Un'oscura I. 3866 — X, La risorta Epifania 


tradizione friulana = KI, II, 134 del fuoco nel Friuli e nella Carnia 
(ott. 1920). i = CF, II, 2 (1927). 
I. 3863 L'ORLANDI L:, Îti- I. 3867 — GortanI M., Madins 


cetis par varîs malatiis, ecc. = CF, 
II, n. 9-10 (1926). 


e Pifanie = LP, III, 352 (1926). 


I. 3868 — STAAF E., Quelques 


I. 3864 — NMENIS P,, Miute =- 
FE, III, 14 (gen.-febb. 1925). 


I. 3865 — Di S. DAaniELE E., 
Sagre friulane == LP, III, 296 
(1926). 


observations sur les recueils de laude 
d'’Udine et de Pordenone = Mé- 
langes de philologie offerts à M. 
Johan Vising, Paris, Champion, 
1925. 


sg 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3869-3874 


denze popolari. Bisogna però esser guardinghi, specie riguardo alle 
notizie storiche. D'’interesse folclorico è l’ultima parte pubblicata 
anche in CF, 1927. Tutta l’opera era stata stampata a puntate 
nella « Rivista friulana » dal 2 giugno all’II ag. 1861; ora si è fatta 
una nuova edizione sulla scorta di buone copie (I. 3869). Possono 
interessare 14 racconti in lingua italiana di A. Faleschini intorno ai 
fatti e fasti di Osoppo e del suo forte. È storia, ma quale la raccon- 
tano 1 vecchi osoppani che hanno visto le cose accadute nel 1848 
(I. 3870). Vecchie descrizioni, in versi, del Friuli ha intitolato il com- 
pianto Olinto Marinelli una raccolta di brani che si trovano nel Ditta- 
mondo, nella Nuova sfera del Tolesani (1514), nella Caccia di Erasmo 
da Valvasone, ecc. (I. 3871). 

h) Un’erudita nota sull'origine e la storia delle vetrerie nel- 
l'alto goriziano si deve a Ranieri Mario Cossàr. Non ha valore nè 
intenti folclorici; ma apprendiamo che altre industrie fiorivano anche: 
la fabbricazione delle candele di abete e di faggio, la confezione di 
grandi cappelli per l’estate col fungo da esca. L’A. conchiude: « Chissà 
quante vetraglie attribuite erroneamente alle fabbriche di Murano 
provengono invece dalle nostre vetrerie. Oggi purtroppo l'industria 
del vetro è scomparsa da questo paese, ma è da augurarsi che, col 
ricordare queste passate glorie, qualche volonteroso la faccia ri- 
vivere » (I. 3872). Nella cit. Guida della Carnia ci sono pagine sul- 
l’arte che in qualche punto interessano il folclore. 

Debbo infine avvertire di non aver potuto esaminare duc 
articoli del Chiurlo e di P. Menis, apparsi di recente nella più 
volte citata pubblicazione .periodica Ce fastx?, che quest'anno ha 
preso aspetto di una rivista di certa importanza, specialmente per 
il folclore (I. 3873-3874). 


7. AllISTRIA e TRIESTE, al QUARNARO e FIUME, per ragioni 
pratiche uniamo la DALMAZIA, purconsiderando questa come una 
singola regione. 

b) Di questa, e propriamente del territorio di Zara, G. Sa- 


I. 3869 — NICOLETTI M., Leggi 
e costumi dei Friulani sotto diciotto 
Patriarchi di Aquileja, Pradamano, 
Zampa, 1927. 

I. 3870 — FALESCHINI A., / rac- 
conti del mio paese, Udine, Del 
Bianco, 1027. 

I. 3871 — MARINELLI O., Vec- 
chie descrizioni in versi del Friuli 
= LP, II (luglio-agosto 1920). 


I. 3872 — CossàR R. M., L'in- 
dustria del vetro nell'alto goriziano 
= AT, XIII, 313 (1920). — Rec.: 
FI, II, 314 (marzo 1927). 

I. 3873 — CHÙinurto B., Notizie 
e quesiti sulle tradiz. popol. friu- 
lane = CF, III, n. 3-4 (1927) 

I. 3874 —MENIS P., Po stat c’al 
vedi ancemò di nassi! = CF, III, 
n. 3-4 (1927). 


Tv 


IL FOLCL.NELLL VARIE REG.: 7.ISTRIA, TRIESTE, FIUME (E DALM.).I.3875-79 


mm 


—_— —P— ——-°—--_ ———__—— 


balich raccoglie molti proverbi (I. 3875) sui mutamenti atmosfe- 
rici e sui lavori della campagna durante i vari mesi dell’anno, e 
viene a dimostrare la relazione demopsicologica tra i paesi situati 
lungo le coste del Mare Adriatico. 

d) G. Marcocchia riferisce parecchie ]Jeggende su Diocleziano 
(I. 3876), mettendole a confronto con altre simili su Traiano diffuse 
particolarmente in Serbia, Bulgaria e Macedonia. Il famoso per- 
secutore dei Cristiani è considerato quasi come un demone, e in 
una leggenda di Podgorica è presentato come lo stesso capo dei 
demonî che il profeta Elia è riuscito a incatenare sopra il ponte 
del visir, nel quale stato resterà fino al giorno del Giudizio. Note- 
vole in queste leggende su Diocleziano sarebbe l’infiltrazione clas- 
sica: la favola di Mida, che peraltro si trova in molti popoli d’Eu- 
ropa, più o meno modificata; sicchè si può supporre, fondandosi 
anche sopra un passo d’Erodoto (VIII,-138), che la favola abbia 
avuto la sua origine nella Macedonia e che poi, sia direttamente, 
sla per infiltrazioni classiche, specialmente attraverso le Metamor- 
fosti di Ovidio, abbia avuto diffusione presso gli altri popoli e sia 
stata riferita dalla fantasia popolare a questo o quel personaggio, 
come a Spalato è avvenuto per Diocleziano. Riferendosi a questo 
studio del Marcocchia, lo Zoller (I. 3877) apporta nuovi elementi, 
e specialmente cita parecchi storici delle religioni, per stabilire in 
qual modo si sia formata la leggenda che viene accostata dal pre- 
cedente studioso a quella di Mida. Lo Z. vede, nell’attribuzione 
della testa asinina a Diocleziano, il frutto di lotte religiose e spe- 
cialmente delle lotte che la Chiesa sostenne contro il setianesimo, 
dove il mito di Set è rappresentato da una testa di asino. Poichè 
poi l’imperatore fu un feroce persecutore della Chiesa, nella leg- 
genda popolare egli è facilmente divenuto «un demone maligno e 
traditore sempre in lotta con le potenze celesti. » La tesi dello Zoller 
a noi sembra più concreta e persuasiva della precedente. Del Quar- 
naro ricordiamo l'articolo di A. Marpicati su barche e pescatori 
(I. 3878). Un articolo di carattere storico che riguarda Fiume è 
di A. Fest (I. 3879). 


I. 3875 — SABALICH G., / pro-  cleziano = FI, I, 300 (giugno-set- 
verbi zaratini delle stagioni = AVT, tembre 1925). 
VII, 198 (1925). di 


I. 3878 — MARPICATI À., Barche 
I. 3876 — MarcoccHiIa G., Leg- e pescatori del Quarnaro = ALU, 

gende dalmate su Diocleziano = II, n. 18 (1926). 

i I. 3879 — Fest A., Fiume in di- 
I. 3877 — ZotLER I., Le ori- fesa della sua autonomia al prin- 

gini delle leggende dalmate su Dio-  cipio del sec. ATII (1601-1608) = 


— 731 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3880-3883 


Il campo del folclore dell’ISTRIA E DI TRIESTE oggi è in gran- 
dissima parte occupato e padroneggiato da Francesco Babudri, il 
quale nella citata Collez. Sorrento ha scritto un bel volume che 
può dirsi un piccolo archivio delle tradizioni della sua regione. 

a) Per la poesia popolare istriana egli ha pubblicato, illu- 
strandolo, un tipo di quei famosi contrasti popolari italiani dei 
mesi (I. 3880) e, in un foglio volante, senza indicazioni tipografiche, 
ha esaminato alcuni temi lirici nella poesia popolare amorosa di 
Dignano, che sono vivi ancora nel dopoguerra. Per il primo lavoro 
rileviamo che in Istria fino ai tempi napoleonici c’era l’usanza di tipi 
caratteristici di maschere. Quella dei Mesi era congiunta alla reci- 
tazione di stanze popolari, in cui ognuno dei mesi, e prima di tutto 
l'Anno, parlava di sè e delle proprie ricorrenze più note. Adesso 
è rimasta la parte poetica: stanze in ottava rima che han punti di 
contatto con altri « contrasti » del genere e che sono riprodotte in 
numero di diciassette, corredate da note e raffronti. 

c) A un noto giuoco fanciullesco con cantilena ritmica (spe- 
cie di girotondo con in mezzo però un bambino o una bambina 
che fa la riverenza, poi la penitenza e infine dà un bacio a colui 
o colei che vuol scegliere) il Babudri ha voluto dare la spiegazione 
di una pantomima francescana per il ricorrere dell’invocazione 
Cordon, cordon de San Francesco nella variante istriana (anche 
dalmata e marchigiana), la quale invocazione sta al posto di Bella 
Lavanderina (Lombardia), Maria Giulia (Verona), Suor Maria Giulia 
(Sicilia) ecc. (I. 3881). Il Corso — a noi pare, giustamente — giu- 
dica troppo sottile c ricercata l’interpretazione dello studioso trie- 
stino. La cosa merita un riesame di tutte le varianti italiane, tante 
sono le contaminazioni: accanto a invocazioni generiche e metafo- 
riche colpisce a prima vista l’indicazione concreta di Maria Giulia 
(nome storico di qualche grande dama?). 

e {) Il Babudri stesso ha discorso del Natale, della Pasqua, 
della mamma istriana, degl’improperi nell’usanza popolare dei 
«leli », ecc. (I. 3882-3886). Contemporanceamente al Babudri abbiamo 


= CO, VII, 44 (1927) (in continua- commento» a un art. di F. BaBu- 


zione). ; DRI = «Piccolo della Sera» di 
I. 3880 — BagupRI F., Il con- Trieste, 5 ott. 1926. 

trasto dei mesi mella mascherata I. 3882 — BaBUDRI F., Natale 

istriana del calendario = FI, I, istriano = FE, III, fasc. I (1925). 

386 (dic. 1925). I. 3883 — BABUDRI F., La do- 
I. 3881 — Corso R., La pretesa menica oliva e Pasqua fioriva = 

francescanità di un giuoco fanciul- «Il popolo di Trieste », 5 aprile 


lesco == FI, II, 304 (1927), «nota e 1925. 


— 732 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 8. EMILIA. I. 3884-3890 


altri appunti di L. Galli sul Natale del popolo istriano (I. 3887). 
Fantastiche sono le analogie del Natale cristiano col culto del Sole 
e alquanto semplicistici altri accostamenti che fa il Babudri. Più 
modesta, ma più precisa, è la descrizione della Galli su varî usi 
natalizî presso gli umili abitanti di paeselli interni dell'Istria. Sugli 
usi nuziali di Dignano nell’Istria s'intrattiene Domenico Rismondo 
(I. 3888). Più che uno studio su tali usi, scrive una serie di note 
in dialetto che riproducono scene popolari di due fidanzati nei 
varî rapporti con la famiglia, con gli amici, con i parenti; poi i due 
si sposano celebrando le nozze con le usanze tradizionali del paese. 
Ancora per Dignano abbiamo dello stesso autore un piccolo lavoro, 
ma prezioso per l’etnografia e la dialettologia, su gli attrezzi rurali 
(I. 38809). 

h) Infine il Babudri ricerca fatti storici e politici attraverso 
rime e detti popolari istriani (I. 3890). 


8. Come si sa, nell’EMILIA, così chiamata specialmente nella 
giurisdizione ecclesiastica, si comprendono gli ex-Ducati di Mo- 
dena e Reggio, Parma e Piacenza, nella ROMAGNA le provincie di 
Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna e anche S. Marino. Nella seconda 
regione, le due provincie di Ferrara c Bologna furono incluse dalla 
Chiesa e formarono con Forlì e Ravenna le Legazioni pontificie 
della Romagna. Gli studiosi moderni di questa (lo Spallicci e Si- 
gnora, il Toschi, ecc.) vi assegnano solamente il territorio delle 
due provincie di Ravenna e Forlì, il Montefeltro romagnolo, cir- 
condario di Imola e Marradi e la Repubblica di S. Marino, e questa, 
attraverso palesi manifestazioni, è, in quei paesi, la persuasione col- 
lettiva, che ha pure il suo peso. A Bologna, per es., esiste un Cir- 
colo di Romagnoli, come a Roma e a Milano. Noi seguiamo questi 
termini pur essendo un po’ difficili le distinzioni nette in pia- 


I. 3884 — BABUDRI F., Mamma I. 3888 — Rismonpo D., Usi 


istriana, = « Mamma», Roma, nuziali di Dignano nell'Istria = 
n. I (1925). FI, II, 257 (marzo 1927). 

I. 3885 — BaBUDRI F., Mamma i 
nel concetto del folk. istr. = I. 3889 — Rismonpo D., Di- 
« Mamma », n. 2 (1926). gnano nei suoi ricordi. Attrezzi ru- 


rali = Riv. « Pagine istriane », Pa- 


I. 3886 — Basupri F., Gl'im- renzo, Tip. G. Corana, 1925. 


properi nell’usanza popolare istria- 
na dei leli = « Il Popolo di Trie- 


I. 3890 — BABUDRI F., Storia e 
ste», 8 sett. 1920. 


politica attraverso rime e detti fo- 
I. 3887 — Gatti L., Il Natale del polari istriani = «Il popolo di 
popolo istriano = FE, III, I, (1925). Trieste », 13 giugno 1025. 


— 733 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3891-3894 


nura; e ciò facciamo per varie ragioni dialettali e folcloriche. Certo 
la storia delle Legazioni ha avuto la sua importanza e i suoi effetti, 
ma non pare sia valsa a distruggere le distinzioni della vita prece- 
dente. 

a) Per l’EMILIA abbiamo fatto menzione della pubblicazione, 
in omaggio di Atanasio Basetti (I. 3500), di canti, di cui parecchi ine- 
diti, relativi al territorio delle valli dei Cavalieri, che il Grossi illustra 
anche sotto l'aspetto geografico. Alle medesime Valli dei Cavalieri 
sì riferisce uno scritto di G. Micheli, che tratta di canti, leggende e 
rappresentazioni popolari (I. 3891). Di canti d’amore del popolo emi- 
liano discorre P. Toschi (I. 3892) in un articolo. Una lodata raccolta 
di Jacopo Bocchialini (I. 3893) ha sottratto dall'oblio una buona 
messe di rispetti d’amore che ritraggono qualcosa dell’indole del 
popolo parmense, facile alla satira e allo scherzo talvolta scurrile. 
Fatta con molta cura e arricchita da acuti commenti, presenta un 
materiale appartenente alla media Val d’Enza, all’alta Val Taro 
e all'alta Val Parma, alle valli di Cedra, Baganza e dei Cavalieri. 
La maggior parte di questi canti è importata dalla vicina To- 
scana, pertanto l’A. fa opportuni riscontri coi canti popolari toscani 
editi dal Tommaseo, dal Tigri, dal Giannini. 

A Cento e al Centese si volge M. Botgatti, proponendosi « di 
riferire ed illustrare i principali canti epico-narrativi, religiosi, fan- 
ciulleschi, i fiori, gli strambotti, i proverbi che furono in parte rac- 
colti dal defunto Prof. Mancinelli ». In un primo lavoro ci offre ven- 
totto canti di varia lunghezza e carattere: alcuni infantili, recitati 
avanti d’andare a letto; altri per fugare mali o scongiurare pericoli; 
l’ultimo è un divulgatissimo epitaffio del sec. XVIII, scolpito nel 
pronao della Chiesa del Rosario a Cento, e contenente l’invoca- 
zione di un defunto ai fedeli viventi, perchè vogliano pregare 
in suo suffragio (I. 3804). Fiori e romanelle del Centese pubblica 
poi: 102 fiori, alcuni con la traduzione italiana, con note e richiami 
a forme analoghe di altre parti d’Italia; 65 romanelle (corrispon- 
denti a strambotti), a cui fanno corona alcune battute musicali 


I. 3891 — MICHELI G., Leggen- 
de, canti e rappresentazioni popo- 
lari nelle Valli dei Cavalieri = 
«La Provincia di Reggio», n. 1 
(1927). 

I. 3892 — ToscÙi P, Canti di 
amore del popolo emiliano, = « Re- 
sto del Carlino », 16 gen. 1926. 


I. 3893 — PBoccHÙilatinI I., Zti- 


spetti d'amore raccolti nell’ Appen- 
nino parmense, Parma, Ed. « Aurea 
Parma », A. Sacchi e C., 1924. — 
Rec.: ICS, VIII, 44 (1925); FI, I, 
152 (Marzo 1925). 


I, 3894 — Borcatti M,, Canti 
religiosi di Cento = FI, I, 59 (mar- 
70 1925). 


— 734 — 


I. 3895-3902 


]L FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 9, ROMAGNA, 


(I. 3895). Tutti questi testi editi dal Borgatti sono riprodotti « come 
sono effettivamente pronunciati, per quanto lo permettano i ca- 
ratteri a stampa qui usati (nel FI)»; ma dallo stesso editore, in 
altra raccolta di carattere piuttosto linguistico, è seguito il sistema 
di trascrizione fonetica del proprio maestro Goidànich. Si tratta di 
gerghi usati da canapini, muratori, merciai ambulanti, malviventi 
del Centese (Cento e Pieve) (I. 3896). 
e f) Sul costume nel Quattrocento: il « demenino », G. Rcichen- 
bach (I. 3897) sostiene l'opinione del Bertoni (trattarsi, cioè, di 
una giostra con lancia a tre punte ingrossate in cima), e la suffraga 
con la descrizione delle feste di Ferrara del luglio 1473 fatta dal- 
l’Anonimo del diario ferrarese. Figure di venditori ambulanti nelle 
fiere dei monti modenesi rievoca C. Manzini (I. 3898) in un boz- 
zetto, dove trovi il venditore di zolfanelli, il venditore di lumini, 
lanternini, imbuti, il venditore di fichi. Del Maggio nella montagna 
reggiana parla il Dr. U. Monti (I. 3899), il quale si occupa pure 
di usi c costumi di Villaminopo (I. 3900). M. Antici D’Armoni ha 
composto un'apposita poesia per descrivere il Natale bolognese, 
giorno di sccrpacciate solenni, e il Capodanno coll’uso di bruciare 
un fantoccio rappresentante l’anno vecchio (I. 3901). 
g) L. Bocconi in varie puntate studia l'origine dei nomi di 
alcuni luoghi del Reggiano (I. 3902). 


o. La RoMAGNA è una regione largamente illustrata dal punto 
“di vista folclorico. Certo La Pié, la elegante citata rassegna di il- 
lustrazione regionale, vi dà impulso, come per il Friuli le pubblicazioni 
periodiche che, con maggiori intenti scientifici, emanano dalla So- 
cietà filologica friulana. Nel volume poi di Paolo Toschi della Col- 
lezione Sorrento i Romagnoli hanno un'egregia opera d'insieme del 


I. 3895 — BorcattI M., Fiori 
e romanelle del centese = FI, I, 


I. 3899 — Moxti U., ZI/ maggio 
nella montagna reggiana = « La Pro- 


259 (giugno-settembre 1925). 


I. 3896 — BorcattI M., / ger- 
ghi di Cento e Pieve, Fabriano, 
Prem. Tip. Economica, 1925. — 
Rec.: LC, dic. 1925. 

I. 3897 — REICHENBACH G., Nota 


sul costume nel Quattrocento: il 
« demenino » = AR, IX, 456 


(1925). 

I. 3898 — MANZINI C., Fiere 
dell’Appennino = LAR, XXI, 240 
(luglio-dic. 1920). 


vincia di Reggio », n. 10 (1925). 

I. 3900 — Monti U.,, Z comuni 
della montagna reggiana: TVillami- 
mopo = « La Provincia di Reggio », 
n. 4-5 (1920). 

I. 3901 — ANTICI D’ARMONI M., 
Grassa Bologna = FE, III, 9 (gen.- 
feb, 10925). 

I. 3902 — Bocconi L., Nomi e 
luoghi del Reggiano dei quali si cerca 
l’origine = « La Provincia di Reg- 
gio», n. 8,9e to (1926). 


— 3) — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3903-3910 


loro folclore, alla quale han fatto, a cominciare da S. E. Benito 
Mussolini, lietissima accoglienza. 

a) Sui canterini romagnoli abbiamo un articolo del Pecci 
{I. 3903), il quale parla di un concerto corale dato nel paesello mon- 
tano di Mercatino Marecchia da camerate di operai che cantano le 
cante antiche e nuove, Certo oggi assistiamo a iniziative per la ri- 
nascita del canto popolare in Romagna (I. 3904-3905). Per la poesia 
popolare, G. Bacocco presenta una «canzone provenzale » — come 
egli la definisce — rimasta in Romagna e cantata ancora una qua- 
rantina d’anni fa; soggiunge che in Emilia in parte, come in Pie- 
monte e Liguria, nel 1200 e 1300 il provenzale era conosciuto me- 
glio che non sia il francese ai nostri giorni, e vuol sostenere che nel 
dialetto è rimasto l’oc per sì. Il canto riprodotto consiste di 24 di- 
stici (I. 3906). Antonio dal Prato discute la frase ò ch'ai vegh inter- 
pretata dal Bacocco come risposta affermativa sì che vengo e ritiene 
invece che l’ò sia fraseologico con forza semplicemente asseverativa, 
significando sicuro! (I. 3907). Ancora il Bacocco riproduce e com- 
menta tre canzoni antiche: Lo conto Lianè, Rizzòl, Lombarda 
(I. 3908). Di Lo conto Lianè (Castelbolognese) è una variante for- 
livese Il Conte Liolì, che C. Martuzzi commenta ampiamente: tra- 
gica canzone della vedova che vuol farsi seppellire viva nell’arca 
accanto al marito morto in una partita venatoria (I. 3900). 

N. Massaroli torna al famoso canto di Donna Lombarda (I. 3910). 
Riassume la leggenda di Rosmunda, come è riferita dal cronista 
romagnolo Agnello, e riporta la versione più comune della piana fra 
Bagnacavallo e Ravenna, Dopo aver riferito sull’origine di essa 
leggenda le varie opinioni del Nigra, del D'Ancona, del Franzo), 
e del Paris, egli ritiene che la canzone sia nata in Romagna e non 


I. 3903 — Prcci G., Coi cante- Prato su Marion = LPI, VII, 176 


rini romagnoli a Mercatino Ma- 
recchia = LPI, VI, n. 11 e 12 
(1925). 

I. 3904 — C. L., Festa canterina 
= LPI, VIII (giugno 1927) e vedi 
pure: 

I. 3905 — Canzoniere dei can- 
terini, ed. a cura della Società dei 
Canterini forlivesi, Forlì, 1926. 

I. 3906 — Bacocco G., Marion 
= LPI, VII, 100 (maggio-giugno 
1920). | 

I. 3907 — Nota di Antonio dal 


(luglio-ag. 1926). 


I. 3908 — Bacocco G., Canzoni 
romanzesche romagnole = LPI, 
VIII (marzo. 1927). 


I. 3909 — MartUZzZI C., Zi Conte 
Liolì = LPI, VIII (apr. 1927). 


I. 3910 MassaROLI N., Ro- 
manze, leggende e ballate popol. 
della Romagnola (N. 2 La ballata 
di Rosmunda), Faenza, Monta- 
nari, 1925 e = LPI, VI (marzo, 
aprile, maggio 1925). 


== 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 9, ROMAGNA. I. 3911-3916 


subito dopo la tragedia, ma nemmeno molto più tardi. A dimostrare 
l'origine romagnola della ballata starebbe il fatto che, man mano 
che il canto si allontana dal suo luogo natìo, si annebbia ed adombra, 
mescolandovisi frammenti di altre leggende rimate: così una va- 
riante monferrina, in cui un bimbo di nove mesi parla miracolo- 
samente e avverte il padre di non bere la bevanda che è avvele- 
nata, e altre ancora. Simile alla lezione romagnola è quella della 
Marca e dell'Udinese. Nell’Italia settentrionale vi è un’altra bal- 
lata della Donna Lombarda che comincia coll’invito a ballare. La 
versione toscana non differisce gran che dalla romagnola, così pure 
l'abruzzese e la pugliese. Una vecchia romagnola confessò al Massa- 
roli che conosceva un’altra versione di Donna Lombarda, e gliela 
riferì su un’aria stanca e dondolante, in cui c'era un motivo di danza. 
Essa corrisponde in molti particolari alla Donna Lombarda. Sarebbe 
forse la cosiddetta canzone dell’avvelenato che è antichissima e si 
riscontra presso tutti i popoli romanzi. Altre cose e opinioni impor- 
tanti dice il Massaroli. Peccato che l’esposizione non sia molto chiara. 
Lo stesso autore ha scritto una breve nota ad alcune ninne-nanne 
romagnole (I. 3911). Di soggetto religioso è un’antica orazione che . 
parla della Passione di N. S. (I. 3912). 

5) LPI pubblica alcuni modi di dire dialettali e popolari, 
raccolti da varî collaboratori, li spiega e aggiunge un tentativo di 
illustrazione (I. 3913). Del motto romagnolo (S’a chèsch in tera, 
azidenti ch’am tò sò), trovato nella rivista « Gli Arrisicatori» e fatto 
suo da Benito Mussolini, fa cenno R. Corso (I. 3914). G. Bacocco 
elenca molti curiosi vocaboli del gergo furbesco (I. 3915). 

c) Ancora LPI riporta cantilene infantili e voci dell’aia, rac- 
colte a Villanova di Bagnacavallo da Vera Valentini, una delle poche 
che abbiano risposto all'invito della Rivista di raccogliere anche i 
canti popolari che ancora vivono sulla bocca del popolo (I. 3916). 

d) La storia e le leggende francescane han dato luogo anche 


I. 3911 — MAssaROLI N., Ninne- I. 3914 — Corso R,, Zl motto 
nanne romagnole = FI, I, 200 (giu- del Duce = FI, II, 309 (marzo 
gno-sett. 1925). 1927). 


I. 3912 — Bacocco G., La pas- I. 3915 — Bacocco G.,, Gergo 
sion de’ Signor = LPI, VIII (mag- furbesco dei muratori e dei fale- 


gio 1927). gnami di campagna = LPI, VIII 
I. 3913 — La paternità dei modi (giugno 1927). 
di dire (risposte di abbonati e nota I. 3916 — VALENTINI V., Can- 
redazionale) —: LPI, VII (maggio- tilene infantili di Villanova di Ba- 
giugno-luglio-agosto 1926) e VIII gnacavallo, = LPI, VI. 12 (feb. 
(maggio 1927). 1925). 

— 737 — 


Aevum - Aono I - 47 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3917-3922 


in Romagna a qualche recente ricerca (I. 3917). N. Massaroli ri- 
porta in dialetto romagnolo e tradotte in italiano quattro leggende 
(I. 3918) che si riferiscono ai viaggi di Gesù e S. Pietro, germogliati 
dai Vangeli apocrifi e venuti in Occidente dalla Grecia. Eccole: A/ 
dò donn (le due donne); E° fer ed caval (il ferro di cavallo); Al vesp 
(Ie vespe); Sampir e 1 tudesch (S. Pietro e i tedeschi). La leggenda 
della Malanotte è riportata in italiano da Fulvio Cantoni. Si rife- 
risce a un combattimento di Cesare in località presso il Rubicone 
(l’Urgòn), dove scavando sì son trovate ossa umane e una tomba 
di pietra di un capitano: il capitano biondo che sarebbe rimasto 
abbandonato e ferito per tre notti, gridando « Mamma mia, che 
mala notte », donde il nome della leggenda (I. 3919). Luciano De 
Nardis riferisce una vecchia favola, alquanto ridanciana e volga- 
ruccia, ma non priva della consueta morale, che mette alla ber- 
lina la cattiveria e l’albagia di una vecchia Regina madre, deside- 
rosa di conservare il potere (I. 3920). Una vecchia fiaba con rela- 
tiva traduzione italiana (« Sandron e e’ mégh dal sétt teiîst ») è nar- 
rata dal Massaroli (I. 3921), non nuovo in questo lavoro di darci 
con parole sue « fole » popolari. 

e f) Sugli usi e costumi e specialmente sulle credenze e su- 
perstizioni romagnole abbiamo una buona. serie di lavori, Sspecial- 
mente del sullodato studioso Luciano De Nardis. Egli ci parla dì 
varî usi, di pratiche e credenze che si riferiscono al pane (I. 3922): 
la benedizione col segno della Croce, l'obbligo di non disperdere le 
briciole, la proibizione di toccare il lievito col coltello, il rinnòvo 
del lievito il giorno di S. Giovanni da servire per tutto l’anno, la 
credenza in pani speciali che hanno la virtù di preservare da varî 
mali, l’uso di non rimanere senza pane il venerdì e la sera. 

Ecco due rimedî tradizionali per sollevare il corpo dalle fatiche. 
| Uno, nelle campagne, è questo: per evitare i dolori di schiena basta 
che il lavoratore, quando sente il primo tuono di primavera, si lasci 
cadere sulla nuda terra, girandosi da fianco a fianco. L'altro, pro- 


I. 3917 — FRIULLI G., S. Fran- 
cesco nella storia e trad. verucchese 
= LPI, VII (1920). 

I. 3918 — MAssaROLI N., Pic- 
colo evangelo (Leggenduole cristiane 
della Romagnola) = LPI, VI (gen. 
1925). 

I. 3919 — CANTONI F., La leg- 
genda della Malanotte = LPI, VI 
(aprile 10925). 


I. 3920 — DE Narpis L., An- 
tica favolistica romagnola EPI, 
VII (nov.-dic. 1926). 

I. 3921 MASSAROLI N., Notcl- 
listica della Romagnola, Faenza, 
Montanari, 1925 e =LPI, VI (nov.- 
dic. 1925). 

I. 3922 — DE NARrDpiISs L., Dolce 


sapore di pane LPI, VI (giu- 
gno-luglio 1925). 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 9. ROMAGNA, ° I 3923-3930 


prio della città, contro lo stesso male prescrive di mangiare a mez- 
zogiorno della vigilia di Natale una semplice zuppa di cavolo, stando 
ritti in piedi (I. 3923). Alcune pratiche e superstizioni sì riferiscono 
alla nascita e all’allattamento del bambino (I. 3924). Contro i crampi 
agli arti, c'è la superstizione di portare al collo con un cordoncino 
una conchiglia tubiforme che risale ad un’era antica e si trova nei 

greti dei fiumi o fra le marne dei terreni terziari (I. 3925). I 

È uso diffuso di portare una camicia nuova il giorno di Natale, 
e quello ancora conservato nelle campagne romagnole di far indos- 
sare in detta solennità ai sofferenti di mal caduco una camicia, con- 
fezionata nella notte del 24 dicembre, che avrebbe il potere di ri- 
sanare da questa infermità. Naturalmente ci vuole il concorso di 
amici e parenti che si prestano a filare, tessere, tagliare, cucire, 
perchè la camicia sia pronta prima dell'alba (I. 3926). Un'altra 
gentile tradizione relativa al Natale impone di non filare in questa 
solennità; sarebbe peccato il farlo; non fili di canapa, ma i capelli 
della Vergine sarcbbero trasformati in gugliate (I. 3927). 

Della «segavecchia » a mezza quaresima in Forlimpopoli s’in- 
trattiene a parlare il Toschi in uno dei suoi articoli attraenti 
e insieme eruditi (I. 3928). Per l’Ascensione, secondo la tradizione, 
un uovo, deposto in tal dì e trasportato sul campo, possiede virtù 
miracolose, disperdendo il maltempo (I. 3929). Era antica consue- 
tudine di far dire una messa a S. Liberata perchè un ammalato 
uscisse presto dalla tribolazione o con la guarigione o con la morte. 
L’elemosina della messa stabilita in L. 1,50 doveva essere raccolta 
con singole offerte di un centesimo, per le quali era vietato ogni 
ringraziamento. Deve” essere stato uno dei curiosi casì d'’infiltra- 
zione superstiziosa del popolo nel campo religioso, che sono stati 
combattuti dalla Chiesa (I. 3930). Un rito religioso popolare è quello 


I. 3923 — De Narpis L., Z/ la- 
voro senza stanchezza = LPI, VI 


I. 3927 — De Narpis L., Le fi- 
latrici nel Presepio cristiano = 


(apr. 1925). 
I. 3924 — DE Narpis L., // fi- 


glio del popolo = LPI, VI, (ott., 
nov., dic. 1925). 


I. 3925 — De Narpis L., = 
LPI, VI (ag. 1925). 


I. 3926 — DE NARDnIs L., / bri- 
sul d’ la Pié: La cancia della 
salute = LPI, VI (feb. 1025). La 
rassegna continua nelle annate 
1920-7. 


LPI, VIII ((mag. 1927). 


I. 3928 — ToscHi P., Mezza 
quaresima, Segavecchia di Forlim- 
popoli, = «Resto del Carlino », 
24 marzo 1927. 


I. 3929 — Dr NARDIS L., L'uovo 
dell’ Ascensione = LPI, VIII (giu- 
gno 1927). 


I. 3930 — De Narpis L., La 
messa di Santa Libaréita = LPI, 
VI (maggio 1925). 


— 739 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3931-3938 


secondo il quale si può ottenere una «grazia » pellegrinando, dopo 
l'’avemmaria, al cimitero, e recitando rosarii, « senza mai volgersi 
indietro ». Giunti gli oranti al cancello del camposanto ritornano, 
sempre pregando, alle loro case: ciò per tre sere di seguito. La nar- 
razione fatta dal De Nardis (I. 3931) è fedele alla tradizione, che è 
simigliante a quella di regioni diverse (ricorda Pitrè: anime mpilluse 
di Messina). Colle anime dei morti ha relazione un altro articolo 
dello stesso autore sulla tradizione del custode di tesori sepolti as- 
sassinato, il cui spirito senza requie continua la guardia, onde la 
usanza di far benedire le terre tribolate dalle ombre (I. 3932). 

Varî scongiuri contro la grandine: suono di campane, palma 
benedetta, cero della Candelora, catena del pozzo e quello di n- 
porre un grano di grandine, dei primi caduti, nel seno di un bimbo, 
perchè si ritiene che nel grano vi sia un serpente, il quale, riscaldato 
in seno all’innocente, si placherebbe (I. 3933). 

Notiamo tradizioni intorno a fate, streghe, diavoli. Sotto Monte 
Sassone sono scavate quattro grotte che per ìl popolo una volta 
formavano un prodigioso palazzo delle fate, le quali lo abbando- 
narono, lasciandovi telai d’oro custoditi da un biscione (I. 3934). 
Notevole la credenza del potere che hanno ì sacerdoti di conoscere 
le streghe, distinguendole dalle donne pie, mentre, celebrando la 
messa, si voltano verso il popolo all’« Orate fratres ». Esistono presso 
il popolo mezzi per vincere il malocchio e quelli opposti per invo 
care le streghe (I. 3935-3936). L’indovino migratore, che è il cuculo, è 
molto noto nel popolo, benchè in alcune località si confonda col- 
. l’assiolo, quindi sono sbocciati canti e distici per interrogare il cu- 
culo. Il De Nardis ne riporta alcuni (I. 3937). Su spiritelli e folletti 
ecco ancora due articoli dello stesso autore: l’incubo e il succubo 
nella credenza popolare sono raffigurati da uno spiritello detto « maz- 
zapegul» (I. 3938); è tradizione popolare che venga trascinato 


I. 3931 — DE Narpis L., = escongiuri nella tradizione popolare 
LPI, VII (febb. 1926). = LPI, VII (gen. 1926). 

I. 3932 — DE Narpis L., L’om- 
bra accanto al tesoro = LPI, VIII 
(gen. 1927). 

I. 3933 — DE NAarpISs L., Per 
la tempesta = LPI, VI (giugno-lu- I. 3937 — DE Narpis L., L’in- 
glio 1925). | dovino migratore = LPI, VII 

I. 3934 — De Narpis L., Al (maggio-giugno 1926). 

Grott dal Féld (Le grotte delle fate) I. 3938 — De Narpis L., La 
= LPI, VI (ag. 1925). manifestazione amatoria d'e' maz- 

I. 3935 — DE Narpis L., Streghe zapégul = LPI, VIII (marzo 1927). 


I. 3936 — DE Narpis L., Come 
st riconoscono le streghe = LPI, 
VII (sett.-ott. 1926). 


et 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 9, ROMAGNA, I. 3939-3941 


nel palazzo dei folletti chi entra nel «moalinello » che il vento fa 
sulle vie polverose, traendo nel vortice le morte cose (I. 3939). 
Anche il Massaroli ha volto l’attenzione alle credenze di fate 
e streghe (I. 3940). Le prime hanno come duce e patrono S. Gio- 
vannino, mentre la conduttrice delle streghe è Erodiade, che nella 
tradizione è figlia di Satana. L'autore riproduce alcune leggende 
medievali, che tenta spiegare con svariati raffronti, messi in 
nota, e sì domanda quando e come nascesse la fata. Riproduce la 
spiegazione datagli da una vecchia di Bagnacavallo, secondo la 
quale le fate sarchbero nate dall'unione di angeli, cacciati dal Pa- 
radiso, ma non dannati all'Inferno perchè non direttamente ribelli, 
con fanciulle di questo mondo. Continuando, il M. dice che, secondo 
la tradizione romagnola, le fate vennero dall'Oriente, e crede di 
poter accostare la leggenda paesana a una certa interpretazione 
del versetto 2, cap. VI, del Genesi, mentre il Cantù identificò le 
fate (le Duoneres medievali tuttora così chiamate in Provenza) con 
le streghe. Ma le dironeres per i provenzali vengono dal settentrione. 
Le fate, dice ancora il nostro autore, sono esseri minuscoli, così 
come nella mitologia ellenica sono piccoli i genietti; le streghe, e in 
genere i genî del male, hanno forma orrida e a volte colossale. Questo 
studio è continuato nei fascicoli del I semestre 1927 di LPI: vi si. 
parla di riti propiziatori delle fate, della natura di esse, dei segni 
di riconoscimento, dei congressi e paesi loro. Bisogna pur dire che 
questi studî del Massaroli, come quelli del De Nardis, se sono bene 
informati, non riescono a essere sempre scientifici tutte le volte che 
tentano di far uso della critica comparata; restano però molto 
interessanti e preziosi per la parte locale e descrittiva. 

g) Per le memorie di tempi andati ricordiamo qualche la- 
voro. Sull’origine di Rimini porta un suo contributo Mario De Do- 
minicis. Studiando l'opera di L. Tonini (Ricerche sulle origini della 
città di Rimini), ne critica le conclusioni ed espone i suoi risulta- 
menti. Si fonda sopra un testo di Strabone e polemizza col Tonini 
circa l’interpretazione di un passo, affermando non essere affatto 
improbabile che Rimini fosse in origine una colonia umbra (I. 3941). 
Sui famosi fatti della banda del Passatore, abbiamo un arti- 


I. 3939 — Dre Narpis L., Viag- = LPI, VII (mag.-giugno e luglio- 
gio al palazzo dei folletti = LPI, agosto 1920) e VIII (feb.-giugno 
VIII (aprile 1027). 1027). 

I. 3940 — MassaroLI N., Dia- I. 3941 — DE Dominicis N,, 
voli, diavolesse e diavolerie nelle Sull’origine di Ariminum = LAR, 


tradiz. popolari della Romagnola XXI, 248 (luglio-dic. 1926). 


cca 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3942-3949 


colo del Serantini (I. 3942). Vi si parla del brigante Stefano Pel- 
loni (« Il Passator cortese » del Pascoli) e del famoso assalto al teatro 
di Forlimpopoli (ricordisi la poesia del Fusinato a tal proposito). 
E possiamo ricordare lo scritto E° vlen (il veleno) in cui I. Missiroli 
drammatizza la situazione politica romagnola di pochi anni fa, ri- 
traendo le lotte tra gialli e rossi, cioè tra repubblicani e socialisti 
(I. 3943). Lo stesso autore ci dà la rappresentazione di scene della 
campagna ravennate (I. 3944). 
h) Dell’industria locale delle stuoie, a Villanova, parlano 
N. Massaroli e V. Valentini (I. 3945). Nella LPI è stata data no- 
tizia di un lavoro di carattere storico sulla ceramica faentina (I. 3946). 
Sante Muratori ci illustra un lato della partecipazione della Ro- 
magna alla II Biennale delle Arti Decorative a Monza (I. 3947). 
Alla Romagna abbiamo unito S. Marino. Già sono state 
pubblicate novelline popolari da Walter Anderson (I. 3948). « Sono 
in tutto nove e rappresentano il primo saggio folklorico della re- 
pubblichetta. L’Anderson, prof. di folklore nell'Università di Dor- 
part, ha avuto la fortuna di pubblicare questo manipolo di testi 
genuini, perchè scritti da ragazzi delle scuole elementari, e d’illu- 
strarli con quella competenza che tutti gli riconoscono, indicando 
di ogni racconto le liste dei riscontri, le monografie che esistono 
sui vari temi, nonchè la versione più antica conosciuta e l’areale, 
cioè l’area di diffusione ». | 


1o. Un'opera d’interesse generale per la TOScANA è quella del 
Can. Francesco Polese che contiene la bibliografia ragionata (I. 3949) 
di tutto ciò che è stato stampato nel vernacolo di Livorno, e quindi 


.- 


I. 3942 — SERANTINI, Fatti me- 
morabili della banda del Passa- 
tore in Romagna = LPI, VI, n. 11- 
12 (1925). 

I. 3943 — MissiroLI I., E’ ven 
= LPI, VI, n. 8-12 (1925). 

I. 3944 — MissiROLI I., E° bi- 
tulen = LPI, 1925, f. III. 

I. 3945 — MassaRoLI N. e VA 
LENTINI V., Villanova e l’industria 
delle stuoie, con illustraz. = LPI, 
VI (giugno-luglio 1925). 

I. 3946 — BALLARDINI G., Note 
di critica ceramica = LPI, VII, 
96 (apr. 1920). 


I. 3947 — MURATORI S., Ra- 
venna = «La Romagna alla II 
Biennale delle Arti decorative a 
Monza », Forlì, Coop. Tip. For- 
livese, 1925. 


I. 3948 — ANDERSON W., No- 
velline pop. Sammarinesi, Tartu 
(Dorpart), C. Mattiesen, 1927. — 
Rec.: FC, XI, 23 (apr. giugno 
27): 


I. 3949 — PoLESE F., Letteratura 
vernacola livornese: bibliogr., note 
storiche, testi tned. con un’append. 
sul monum. dei Quattro Mori, Li 
vorno, Giusti, 1926. 


IL FOLC, NELLE VARIE REG.: IO, TOSCANA (E LUNIGIANA) I. 3950-53 


anche delle pocsie dialettali, dei canti, delle leggende e novelle edite 
dal Papanti e da Stanislao Prato. con un’appendice sulla statua 
dei Quattro Mori e delle tradizioni popolari che ad essa si riferi- 
scono. 

a) Sebbene pubblicate in anni precedenti al ’25, presentano 
vivo interesse due rare raccoltine pubblicate per nozze da Paolo 
Giorgi (I. 3950-3951), nelle quali trovansi « rispetti » toscani, « can- 
zuni » siciliane e « mutettes » sardi. Il Pisaneschi in un lavoro po- 
stumo già citato espone e commenta un canto popolare pistoiese 
{zona montuosa di Cireglio), dove si descrivono la partenza di un 
giovane per la Maremma a fine di trovar lavoro, il carteggio d'amore 
con la fidanzata, l'angoscia di questa e il dolore per la morte di lui. 
Seguono al canto alcuni rispetti e stornelli della montagna Pisto- 
iese. Canti maremmani sono pubblicati dal Prof. Scoccianti (I. 3952): 
gQ rispetti, 3 maggiolate, 8 canti religiosi, uno di Capodanno, un 
frammento di Befanata e 37 stornelli, fra cui sono stati erronea- 
mente inclusi due rispetti, un frammento di rispetto e i versi di 
Dante: « Deh quando tu sarai tornato al mondo, ecc. » (!!). Infine 
un mazzetto di stornelli e rispetti della campagna lucchese è rac- 
colto da Mario Ierrara. Sono 64 componimenti esaminati in sè e 
illustrati da appropriati riferimenti e riscontri con altri canti to- 
scani finora editi (I. 3953). Sappiamo che Michele Barbi sta per 
pubblicare coi tipi Lemonnier «una nuova raccolta di canti po- 
polari toscani ». In questo lavoro, che è vivamente atteso, è aiu- 
tato dal Prof. V. Santoli. Giovanni Giannini ci comunica gentilmente 
che nel prossimo fascicolo terzo del FI pubblicherà le « ottave spiri- 
tuali sopra i dodici mesi dell’anno con le loro feste, composte da 
Giuseppe di Gerusalemme, ebreo fatto cristiano »: ristampa di un 
antico poemetto popolare, di cui furono già raccolte versioni tradi- 
zionali nel Lucchese e nell’Istria dal Giannini stesso, dall'Ive e, 
come abbiamo visto in queste pagine, dal Babudri. 

bc) Una menzione speciale merita uno studio interessante 
«dello stesso Giannini, autore per la parte folclorica del bellissimo 


I. 3950 — Giorci P., Nozze Gior- agli Studi di Firenze », III, 149 
gi-Carazzolo, Prato, Mutini, 1922. (sett. 19206). 
I. 3951 — Giorgi P., Nozze 
‘iiorgi-Marchegiano, Roma, « Ater- 
ags ® ) 7 Si 
CR ri Rec.:RP, XXXIII, polare. Un mazzetto di stornelli e 
154 (1925). rispetti della campagna lucchese 


I. 3952 — La scuola in Toscana = GPL, III, quad. 2 3 (feb.-marzo 
=: « Bollett. del R. Provveditorato 1927). 


I. 3953 — Ferrara M.,, Con- 
tributo allo studio della poesia po 


— 743 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI, I. 3954-3960 


volume toscano della Collezione Sorrento, portato in porto dagli e- 
gregi e volonterosi autori tra mille noie tipografiche. In questo studio 
il G. (I. 3954) ritorna a un genere di lavori menzionato nelle pagine 
precedenti: riassume una novella del Pascoli, La Cunella, e ricerca 
le fonti pascoliane delle quattro ninne-nanne ivi incluse; nota le 
credenze e i modi di dire dei montanari lucchesi riferiti dal Poeta. 

d) Per la novellistica, importano sotto certi rispetti ai fol- 
cloristi le opere di Garibaldo Cepparelli e di Verano Magni, e però 
ne accenniamo qui. La prima (I. 3955) contiene « bozzetti vivacissimi, 
nei quali l’autore, artista fine che trasferisce dalla pittura nella no- 
vella i suol criteri e gusti, ha mirato sopra tutto a rendere fono- 
graficamente le parlate degli interlocutori (della Val d'Elsa), i ru- 
mori, i suoni, il vento, le voci degli animali, dominato dall’amor 
del vero è del completo effetto di questo genere di sceneggiatura ». Segue 
opportunamente un piccolo e utile lessico. Anche libro d’arte e di 
folclore è quello del Magni (I. 3956), scritto nella parlata di Ar- 
genta di Belriguardo nel Pistoiese. Si racconta del Mago succhino, 
dell’Anello fatato, della Sorellina de’ sette fratelli e di altre cose e per- 
sonaggi del luogo. Non manca un lessico per comodo dei non toscani. 

e) Di vecchie costumanze aretine ha parlato il Corso (I. 3957). 
Coll'intento di esporre e rappresentare costumi della Versilia, Rosa 
Ghirlanda Nuti ha scritto un lungo racconto in vernacolo, un troppo 
lungo racconto (I. 3958). Frio da Pisa descrive la scampagnata in 
primavera che suol farsi a Cumugliano dai paesi della Valle del- 
l'Era (I. 3959). 

f) Un articolo (I. 3960) col titolo «Un bruscello nel Chianti », 
e firmato Bianca Maria, dà la descrizione di una rappresentazione 
popolare, avente per soggetto la Pia de’ Tolomei, in un paese non 
nominato del Chianti. 


I. 3954 — GIANNINI G., La Cu- I. 3957 — Corso R., Vecchie co- 


nella = giorn. « La Corsonna » di sfumanze aretine, = « Atti del Con- 
Barga, NXV, 24-25 (28 giugno gresso Etrusco », 1926. 
1925). I. 3958 — GHIRLANDA NUTI R., 


Come G. B. Giandini garzone del 
Moresco guarì dal maldocchio = 
FI, 1I, 227 (marzo 1927). 


I. 3959 — Frio Da Pisa, Pri- 
mavera a Cumugliano = LL, giu- 
gno 1927. 


a 

I. 3955 — CEPPARELLI G., Fono- 
grafie valdelsane, con introduzione di 
A. DI GiovanNI, 2 ed., Pistoia, 
Grazzini, 10926. — Rec.: RN, dic 
1920. 


I. 3956 — Macsni V., Ze novelle 


dell’ A rgenta, Pistoia, Grazzini, 1920. 
— Rec.: RN, dic. 1026 (R. Za- 
GARIA). 


I. 3960 — Bianca MARIA, Un 
bruscello nel Chianti = IM, 29 marzo 
1925. 


i 


ROMA, LAZIO E UMBRIA I. 3961-3977 


IL FOLCL. NELLE VARIE REG.: 1I. 


g) Della antica confraternita di S. Egidio di Firenze dà no- 
tizia e statuti G. M. Monti in una importante pubblicazione di ca- 
rattere storico e bibliografico, che illustra le confraternite medie- 
vali dell’Italia settentrionale e centrale (I. 3961). 

Un posto a parte alla LUNIGIANA, delle cui attività folcloriche 
abbiamo già fatto speciale menzione. Il Podenzana si può dire l’anima 
di esse. A lui dobbiamo lavori interessanti su uno strumento acu- 
stico cavernicolo ancora in uso, su manufatti dell’arte tessile di 
Vinca e in generale della zona apuana (I. 3962-3964), come a M. Giu- 
liani altri lavori sulla vita popolare, gli usi e costumi del pontremolese 
(I. 3965-3966). G. Sittoni persegue studî affini al folclore (I. 3967-3969). 


11. Per Roma e il Lazio una parte importante del folclore si 
riassume nella Mostra, della quale abbiamo parlato; ed è bene elen 
care gli scritti, varî di contenuto e di pregio, a cui essa ha dato 
occasione e che sono stati opportunamente raccolti nel cit. Capi- 
tollum (I. 3970-3981). In generale sono più i poeti e gli scrittori ro- 


I. 3961 — Monti G. M,, Le con- 
fraternite medievali nell'alta e media 
«ttalia, voll. 2, Venezia, Casa ed. 
ILa nuova Italia », 1927. 


I. 3962 — PODENZANA G., /un- 
orno a un istrumento acustico ca- 
vernicolo ancora in uso nella Lu- 
nigiana = AEL. I, fasc. I, 1925. 

I. 3963 — PODENZANA G.. Su di 


alcuni manufatti dell’arte tessile di 
Vinca. = AEL, I, fasc. I, (1925). 


I. 3964 — PODENZANA G., Ma- 
nufatti dell’arte tessile nella zona a- 
puana = AEL, I, fasc. 2 (1925). 


I. 3965 — GiuLIANI M,, /Z tipi 
e gli usi tradizionali della spon- 
gata nel pontremolese := AEL, I 
fasc. I (1925). 

I. 3966 — Giutiani M., Tita 
pop. pontremolese = ALEL, I fasc. 
2 (1925). 

I. 3967 — SittONI G., Appunti 
‘apuani = AEL, I, fasc. I (1925). 

I. 3968 — SITTONI G., Due crani 
di Riccò del Golto =: AEL, I, fasc. 
I (1025). 


I. 3969 — SITTONI G., La stirpe 
mediterranea, AEL, I, 2 (1925). 

I. 3970 — TittONI T,, Come sor- 
se l'idea della moostra del costume 
= «Capitolium », II (feb.-marzo 
1927). 

I. 3971 — CECCARELLI G., Come 
st è attuata la Mostra = come 
sopra. 


I. 3972 — HuEtTtter IL., Vita e 
costumi laziali = come sopra. 

I. 3973 — REANDA G. C., Quelle 
che erano mella prima metà del sec. 
AIX le mode in Roma e nel Lazio 
= come sopra. 


I. 3974 — Pox1r1E., Zl Senatore 


di Roma e la sua corte. = come 
sopra. 
I. 3975 — SCACCIA SCARAFONI 


A., Il costume dei Ciociari = come 
sopra. 

I. 3976 — AMATO O. Nella valle 
dell'Aniene = come sopra. 

I. 3977 — Sansoni D., La Tuscia 
alla Mostra del costume = come 
sopra. 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3978-3992 


maneschi che i cultori del folclore. Luigi de Gregori traccia uno 
schizzo della vita romana (I. 3982). Un articolo di carattere gene- 
nerale, intitolato Tempi e costumi (I. 3983), pubblica E. Rossi, e 
un altro, Dal presepe all'albero di Natale, D. Petriccione (I. 3984). 
Sul Natale romano ha pure qualche pagina I. Bassi (I. 3985): l’uso 
degli zampognari è tramontato; perdurano le tradizioni mangerecce, 
le poesie dei bambini, la tombola, i dolci, la Messa di mezzanotte; 
famoso il presepio nella chiesa dell’Aracceli. Di costumi del Lazio 
si occupa G. De Nardo (I. 3986) e di quelli particolarmente ciociari 
L. Cappiello (I. 3987); della campagna romana E. Metalli (I. 3988). 
L'uso speciale dei chiodi nei sepolcri del territorio ciociaro segnala 
C. Scaccia-Scarafoni (I. 3989). L. Perotti si occupa della leggenda 
francescana nella Valle di Rieti (I. 3990). Ù 

— Tra le opere laterali cito una speciale collezione (Le Chiese di 
Roma) intesa a far sempre meglio conoscere i monumenti e le tra- 
dizioni dell'Urbe (I. 3991). N. Borrelli, folclorista, ha scritto un ar- 
ticolo per la rinascita di una classica industria: le varietà della 
vite falerna e la produzione del famoso vino cantato da Orazio; e 
gli fa eco il Corso (I. 3992). 


I. 3978 — PaLmegiIanI F., La 
Sabina e il suo costume = come 
sopra. 


stumi del Lazio = RLU, III, n. 8 
(1926). 
I. 3987 — Caprrigcto L., Co- 


I. 3979 — DE SANTIS A., La- 
tium Novum (Minturno) e la Scuola 
Profess. Femm. per la Mostra = 
come sopra. 


I. 3980 — Corso R.,, Il Museo 
del Retaggio == come sopra. 
I. 3981 — CECCHELLI C., L'ani- 


ma di Roma e il suo costume = 
come sopra. 


I. 3982 — DE Gregori L., Vita 
Romana, Estr. dalla Guida del 
Touring, IV, It. Cent. 


I. 3983 — Rossi E., Tempi e 
costumi = RLU, II, n. 1 (1925). 


I. 3984 — PETRICccIONE D., Dal 
presepe all'albero di Natale = 
« Roma », 303 (1925). 


I. 3985 — Bassi I, Z/ Natale 
romano = FE, IIl, 43 (1925). 


I. 3986 — DE Narnpo G., I co- 


stumi ciociari = RLU, III, n. 4 
(1920). 


I. 3988 — METALLI E., Usi e 
costumi della campagna romana, re- 
cens. lodativa del «New York 
Herald Tribune », 24 gen. 1926. 


I. 3989 — SCACCIA-SCARAFONI G., 
L’uso dei chiodi funebri nei sepol- 
creti del territorio ciociaro = RLU, 
III, n. 13 (1926). 


I. 3990 — PEROTTI L., La leg- 
genda francescana mella Valle di 
Rieti, Milano, Mondadori, 1926. 


I. 3991 — Le Chiese di Roma 1l- 
lustrate, Casa ed. « Roma », Roma, 
1925. 

I. 3992 — BORRELLI N. « La 
Ciociaria » (ott. 1925). — Rec.: 
Corso R., Un’industria classica da 
risuscitare: il vino Falerno, FI, I. 
127 (marzo 1925). 


cio 


IL FOLC. NELLE VARIE REGIONI: II. ROMA, LAZIO E UMBRIA. I. 3993-99 


Unendo a questa regione, per un motivo soprattutto di propor- 
zione nella distribuzione della materia, l’UMBRIA, notiamo: 

a) Una raccoltà di canti popolari umbri dettati da un popo- 
lano al Padre Giuseppe Fratini e scelti da E. Mancini, secondo se 
inediti e interessanti (I. 3993). 

d) Un serio e instancabile ricercatore di archivi, M. Catalano 
(I. 3994), raccoglie parecchi dati attestanti il maraviglioso divul- 
garsi nell’Umbria dell’epopea francese. Il Poverello, si sa, fu ap- 
passionato lettore di romanzi cavallereschi. E le leggende cavalle- 
resche furono alimentate poi in Umbria dai seguaci del Santo e dalle 
soste dei pellegrini. Il Catalano opportunamente esamina una vec- 
chia cronaca che conserva leggende cavalleresche francesi, alcune 
delle quali vivono ancora oggidì. Ma ad esse vediamo intrecciarsi 
elementi del ciclo classico, di che l'A. tien conto in un ampio 
lavoro, studiando e pubblicando antiche narrazioni che si riferi- 
scono alla fondazione di Perugia e del castello di Corciano ce alla 
conquista franca dell'Umbria (I. 3995). A proposito, ricordiamo 
un articolo del venerando maestro Pio Rajna sugli spiriti cavalle- 
reschi di S. Francesco (I. 4990). 

e f) Il Natale in Umbria è argomento di un breve articolo 
di M. L. Fiumi (I. 3997): accenni alla leggenda francescana del. 
presepio; amore e poesia per la famiglia; poche notizie sugli usi 
natalizi. ] 

Particolare interesse può presentare qualche pagina della No- 
tizia che lo stesso Michele Catalano dà di laudari ignoti di . disci- 
plinati umbri e della confraternita di S. Stefano (I. 3998). Paolo 
Toschi ripubbl'ca la processione del Venerdì Santo a Gualdo Ta- 
dino, descritta da Ruggero Ruggeri (I. 3999). 


I. 3993 — NMAaxncixi E., Una 
raccolta di canti Popolari umbri 
= « Annuario del KR. Istituto Ma- 
gistrale di Assisi », Assisi, Tip. Me- 
tastasio, 10925. 


I. 3994 — Cataranmo M.,, La 
leggenda cavalleresca în Assisi, = 
« Annuario del R. Istituto Magi- 
strale di Assisi », Assisi, Tipografia 


I. 3996 — Rajna P., Francesco 
d’Assist e gli spiriti cavallereschi 
= NA, 15 ott. 1926. 

I. 3997 — Fiumi M. L., // Na- 
tale in Umbria= FE, III, 58 (1925). 

I. 3998 — Cartatrano M., Lau- 
dari ignoti di disciplinati umbri = 
«Ann. del R. Istit. Mag. di As- 


—_—_— 


Metastasio, 1924. Rec.: RP, 
XXXIII, 34 e 228 (1925); FI, 
II, 140 (ott. 1926). 


I. 3995 — CATALANO M., Il ro- 
manzo di Perugia e Corciano = 
BSPU, NNVII, fasc. I, 109235. 


sisi », Tip. Metastasio, 1925. 


I. 3999 — RuGGERI R., Il lau- 
dario lirico della confraternita di 
S. Maria dei raccomandati in Gual- 
do Tadino, nel volume di P. ToscHI, 
L’antico dramma sacro ital., Firenze, 
Libr. Ed. Fiorentina, 1920. 


doi pn 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI, I. 4000-4005 


12. Delle MARCHE purtroppo abbiamo poco da dire; eppure 
questa regione è stata illustrata da vecchi studî e raocolte del 
Gianandrea, della Pigorini Beri, del Filippini, del Rondini, del Castelli 
e del Crocioni, il cui volume, Le Marche, è del 1914. La più recente 
pubblicazione d’insieme è il bel libro di G. Vitaletti (Dolce terra 
di Marca, Trevisini, 1927) che fa parte della cit. collez. Sorrento. 
È interessante un Lunario popolare, contadinesco perpetuo di Fermo, 
opera di Luigi Monnocchi (I. 4000), nel quale sono raccolti proverbi e 
credenze che riguardano astronomia, meteorologia, lusso, feste, ecc.: 
il tutto distribuito per mese. M. Tarasca ci ha descritto il Natale 
nelle Marche (I. 4001): presepio; magro della vigilia; preparativi 
per la cena tradizionale e il pranzo del Natale; ceppo; messa di 
mezzanotte, oltre a qualche cenno sul Capodanno e l’ Epifania. 
Dei viaggi del Poverello in questa regione si è parlato in occa- 
sione del centenario francescano (I. 4002). Alfiero Buroni illu- 
stra una leggenda di tipo schiettamente popolare, fiorita attorno 
alla bella chiesetta della Madonna dell’Homo (dal nome della 
famiglia dalla quale fu costruita) sulla antica strada che con- 
duceva al castello di Cavallino a poco più di un chilometro da 
Urbino. Estintasi la famiglia Homo, il volgo credette che quel 
cognome stesse a significare omo, donde la leggenda che un gio- 
catore, per sfogare la sua rabbia, poichè perdeva, scagliasse una 
boccia contro la Madonna e quindi fosse ingoiato dalla terra. Os- 
serva l’A.: « Nè coi fatti dobbiamo distruggere quanto ingenua- 
mente il popolo ha creato: egli ha una letteratura, una storia tutta 
sua » (I. 4003). Luigi Spotti dà alcune notizie sul gergo popolare 
marchigiano (I. 4004). In un articolo, che sarebbe un capitolo d’un 
libro « che verrà pubblicato fra breve dalla libreria Tirelli di Catania 
sugli usi e costumi delle Marche », B. Rubino, ricordando una vi- 
sita fatta a Loreto, espone molte curiosità storiche e folcloriche 
sulla poetica e gentile tradizione della traslazione della Santa Casa 


(I. 4005). 
13. Nell'ABRUZZO, sulla folla di piccoli raccoglitori e dilettanti 


I. 4000 — MonnoccHi L., Lu- iello d’arte e una leggenda: La Ma- 
nario fermano, popol. contadinesco donna dell’Homo, = MDM, marzo 
perpetuo, Fermo, Tip. Econ., 1925. 1927. 


I. 4001 — Tarasca M.,, Nelle I. 4004 — Spotti L., Il Gergo 
Marche = FE, Ill (1925). = MDM, marzo 1927. 
I. 4002 — RIU, III, Numero 


i I. 40065 — RuBino B., La Ma- 
speciale francescano, 1925. 


donna del Tettarello = «Giornale 
I. 4003 — Buroxi A., Un gio- di Sicilia », n. 305 (1925). 


STAR 


IL FOLC. NELLE VARIE REGIONI? 12. MARCHE, 13. ABRUZZO. I. 4006-11 


del folclore, si eleva Giovanni Pansa, che tiene alta la serietà degli 
studî onorati dal vecchio De Nino e dal Finamore. Già quest’ul- 
timo, come ben disse il Pitrè, aveva rigore di metodo e prudenza 
di giudizio — qualità care all’insigne demopsicologo palermitano 
— tali da rispondere alle esigenze di stud? seri; il Pansa si è messo 
nella via della elaborazione storico-critica dei documenti folclo- 
rici. — Un modesto e buono sguardo d’insieme al folclore abruz- 
zese da la egr. Sig.na R. Di Vestea nel vol. cit. edito dal Trevisini. 

a) Per i canti abruzzesi menzioniamo intanto la pubblica- 
zione di E. Montanaro (I. 4006). 

de) Dell'opera del Pansa, Miti, leggende e superstizioni del- - 
l’Abruzzo, è uscito il primo volume e in quest'anno uscirà il 2° (I. 4007). 
Gli argomenti trattati: La pietra bruta nel linguaggio e nella cre- 
denza popolare; Meteorologia e superstizione; I grandi cataclismi 
tellurici nella leggenda popolare; Il dragone d'Atessa; La leggenda 
di .S. Martino l’Eremita; Riti e simboli fallici; La guerra sociale 
nella tradizione e nella toponomastica; La leggenda di S. Tommaso 
Apostolo ad Ortona a Mare e la tradizione del culto cabirico; La 
leggenda di Ponzio Pilato in Abruzzo; Il rito giudaico della profa- 
nazione dell’Ostia e 11 ciclo della Passione in Abruzzo; La novella 
boccaccesca di frate Cipolla ed i carboni di S. Lorenzo; I processi 
animaleschi; ]Jus primae noctis; L’epopea carolingia; La leggenda 
d'oltretomba; Toponomastica leggendaria dell'Abruzzo e della Sa- 
bina, derivata dalle fonti epigrafiche; Leggende sparse (l’Amphi- 
dromia, la lacrima dei moribondi, la leggenda dell'oro, la Madonna 
di Filetto, la festa dell’asino e la tradizione della dea Ancaria, Pietro 
Bailardo e la negromanzia in Abruzzo). Anche da questo semplice 
cenno sì comprende che l’egregio autore ricorre all’ausilio di disci- 
pline affini e collaterali: etnografia, mitologia, archeologia, topo- 
nomastica e via dicendo. Su leggende e costumi d'Abruzzo abbiamo 
un articolo di M. Federici (I. 4008). Di leggende, ricordi e usanze 
della distrutta Avezzano ci fa il racconto G. Pennazza (I. 4009). 

f) Del Natale e Capo d'anno in Terra d'Abruzzo ha parlato 
C. Catalano e di simili feste Oberdan Merciaro (I. 4610-4011). Il 


I. 4006 — MontanNaRO E, Canti I. 4009 — PENNAZZA G., Z rac- 


della terra d'Abruzzo, Milano, Ri- 
cordi, 1025. 

I. 4007 — Pansa GG, Miti, leg- 
gende e superstizioni dell'Abruzzo, 
vol. I, Sulmona, Caroselli, 

I. 40068 — Freprericr M., Leg- 
gende e costumi d'Abruzzo = RIA, 
V, n. I (1927). 


1024. 


conti di Angizia, Avezzano, Maggi, 
1920. 


I. 4010 — Cartatavmo C., Zerra 
d'Abruzzo. Natale e Capodanno =: 
FE, III, 2 (1925), 


I. 4018 — Mercraro O., Feste 
d'Abruzzo = FE, III, 6 (10925). 


Lia 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. 


I. 4012-4016 
primo descrive usi e costumi di queste solennità in diversi paesi: 
ceppo, purificazione della casa, cena con le nove poltate tradizic- 
nali, messa, credenze. Il secondo esalta il sentimento religioso e 
domestico degli Abruzzesi e tratta del Natale con speciale riferimento 
alla novena cantata e suonata dagli scupinare; per l’ Epifania de- 
scrive i concerti che si organizzano la vigilia e che si ripetono, 
cantando di casa in casa su un motivo tradizionale parole im- 
provvisate da ignoti poeti. Qualche interesse presenta il volumetto 
su Castel del Monte di F. Graziosi (I. 4012): contiene cenni storici 
del pacse, osservazioni intorno al dialetto, notizie sull’amministraz. 
comunale, la produzione agricola e l’attività industriale. Infine vi 
si trovano usì e costumi riguardanti il matrimonio, la nascita e 
alcune feste religiose dell’anno. Per la letteratura popolare abruz- 
zese ha particolare valore il volume sul teatro medievale di V. De 
Bartholomaeis c Luigi Rivera, che pubblicano 29 rappresentazioni 
sacre e in appendice altri 15 componimenti medievali in grani 
parte inediti (I. 4013). 


14. Passiamo alla CAMPANIA. 

a) Per la pocsia napoletana ha una grande importanza la 
menzionata pubblicazione di villanelle alla napoletana di G. M. 
Monti (I. 4014). Dopo la Nota storica sulla poesia popolare in Napoli 
del Capasso (Arch. stor. nap., 1883, VIII, 316) emerge ancora più 
l'importanza di questo genere poetico dialettale accompagnato dalla 
musica. Il M. studia in II capp. e in 4 appendici l'origine, lo svol- 
gimento, le forme, la fortuna di queste deliziose poesie. Questo la- 
voro ha suscitato molto interesse anche presso i folcloristi 

Delle canzoni di Piedigrotta discorre Enrico Boni (I. 4015). Dopo 
aver dato notizie storiche della festa nel celebre Santuario, accenna 
all'origine di dette canzoni, notando che il componimento poetico, 
come è venuto in voga, nacque verso il 1835, e lamentandone, per 
suo conto, il decadimento attuale. 

b) Cesare Caravaglios (I. 4016) rievoca alcuni versi del cin- 


I. 4012 — Graziosi F., Castel 
del Monte, Firenze, L’Industria ti- 
pografica, 1920. 

I. 4013 — DE BARTHOLOMAEIS 
V. e Rivera L., Z/ teatro Abruz- 
zese del Medio Evo, Bologna, Za- 
nichelli (1924). 

I. 4014 — Mosxti G. M., Le vil- 
lanelle alla napoletana e l'antica 
2irica dial. a Napoli, Città di Ca- 


stello, « Il Solco », 1925. — Rec.: 
FI, I 450, (dic. 1925). (AMALFI G.) 
e FC, NI, 19 (apr.-giugno 1927). 
(COCCHIARA G.),. 

I. 4915 — Boni E., La festa delle 
canzoni = RIA, IV, 35 (ott. 
1920). 

I. 4016 — CARAVAGLIOS C., Gridi 
di venditori napoletani = FI, I. 
SI (marzo 1925). 


— 750 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 14. CAMPANIA. I. 4017-4021 


quecentista G. B. del Tufo, che metteva in evidenza i frequentis- 
simi gridi ed il vocio dei venditori di Napoli, e fa raffronti con una 
brillante descrizione di Luigi Conforti (Ed. Pierro, 1900) sullo stesso 
argomento, per conchiudere che l’anima napoletana è sempre la 
stessa. È riprodotta altresì una Culluzujone, conservata nella Biblio- 
teca Nazionale di Napoli e composta da Domenico Palmieri, nella 
quale si contengono tutti i termini e tutte le voci di quanto si 
vende nella rumorosa città. L’A. vuol sostenere che sulla musicalità 
di questi gridi si basino i più antichi tipi di canzone popolare napo- 
letana, la quale in quelle fonti modeste e basse avrebbe la sua origine, 
e dà alcune notazioni musicali, descrivendo infine tipi di venditori: il 
pizzaiolo e lo zeppulaiuolo, il venditore di acqua sulfurea, il pesciven- 
dolo e l’ostricaro, il venditore di polipi e il maruzzaro, il cenciaiuolo, il 
lupinaio, il venditore di fichi d'India, il castagnaro, il venditore 
di cocomerì, o pazzariello, che « non si contenta di esaltare il merito 
e il basso prezzo del genere che offre », ma ne dà addirittura un 
assaggio, invitando la gente a recarsi in quella cantina o in quella 
bottega, « che ha fatto fare questa strana, ma sicura réclame ». Frasi 
napoletane (« Non tene ’na capa 'e sì ’Vicienzo » — « Mariuncello 
c’ ’a scala ncuollo, ecc. ») sono spiegate da Gaetano Amalfi (I. 4017). 
Di un caratteristico motto napoletano (ha avuto la « sciorte ’e Maria 
Vrenna ») traccia la storia Pietro Chimienti (I. 4018). Il senso della 
frase indica vita infelice, mentre ben diverse erano le speranze; 
ciò si collega alla memoria dell’infelice contessa Maria di Brienne, 
moglie derelitta del Re di Napoli Ladislao. 

d) Leggende intorno a S. Gennaro (la casa, il bosco, la rupe 
del Santo), riferisce il Corso in un articolo sulla fanciullezza del 
patrono di Napoli nella tradizione calabrese (I. 4019), il quale, se- 
condo l’A., sarebbe oriundo di un villaggio scomparso nella dio- 
cesi di Nicotera in Calabria. Questo articolo ha dato origine a be- 
nevoli commenti di A. Lancellotti (I. 4020) e di P. Toraldo (I. 4021), 
e a un opuscolo di A. Bellucci, il quale cerca riferire la leggenda ca- 
labrese, riportata dal Corso, ad uno dei quindici martiri di nome 


I. 4017 — AMALFI G., Appunti 
tradizionali, = FC, XI, 10 (genn.- 
marzo 1927). 


I. 4018 — CHIMIENTI P., // se- 
colare Castel Nuovo isolato dalla 
Reggia di Napoli = «Giornale 
d’Italia », 15 ott. 1925 e FI, I. 
444 (dic. 1025). 


I. 4019 — Corso R.,, La fan- 
ciullezza di S. Gennaro nella tradiz. 


calabrese = FI, I, 161 (giugno- 
sett. 1925). 
I. 4020 — LANCELLOTTI À. = 


« Corriere d’Italia », 28 ott. 1925. 


I. 4021 — ToraLpo P. = « Cor- 
riere d’Italia », 4 nov. 1925. 


— 751 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4022-4030 


Gennaro, distogliendola dal Santo di Napoli (I. 4022). A tale opu- 
scolo ha risposto il Corso (I. 4023), ribadendo la sua tesi. Su questa 
polemica un articolo di F. Verdinois è di spirito letterario (I. 4024- 
4025). G. Amalfi si occupa brevemente di una leggenda di Lacco A- 
meno (Ischia) su Santa Restituta e di avanzi salernitani intorno a 
Pietro Baialardo (I. 4017). Un racconto turco in una facezia italiana, 
lavoro dello stesso Amalfi apparso in tedesco nella ZVV del 1894, è 
ripubblicato con qualche aggiunta o modifica (I. 4026). Da un G. D. è 
riprodotto in pochi esemplari un racconto, udito da fanciullo nella 
penisola sorrentina: è una novellina del tipo SCGRENGAnO di scemo 
malizioso (I. 4027). 

e) Ancora l’Amalfi fa cenno di costumi contadineschi sor- 
rentini e di una superstizione napoletana riguardante chi si è li- 
berato da un grosso guaio (I. 4017). E un cenno dei costumi cam- 
pagnoli delle donne dell’ampia valle del Tammaro nel Beneventano 
fa Giotto Dainelli (I. 4028). Del Natale a Napoli e nella Campa- 
nia parla brevemente E. Gatti con speciale riguardo alla cena della 
vigilia col «capitone », seguita dal giuoco della tombola, ai presepi 
e alla «cantata dei pastori » (I 4029). 

}) Ettore d’Avanzo studia e riporta i versi, purtroppo non 
in dialetto, della sacra rappresentazione conosciuta sotto il nome di 
« Storia del Cavalier Turchino », che ha una larga eco nella poesia 
popolare meridionale. La rappresentazione è fatta in S. Agata dei 
Goti, nel Capodanno e in Carnevale, da uno sposo (il Cavalier Tur- 
chino), da una sposa che non parla, dalla Morte e da un sacerdote 
(I. 4030). Questo lavoro non ha l’anno di pubblicazione, ma l’egregio 
studioso R. Zagaria, che per la Campania mi ha fornito preziose 
indicazioni, lo dice del 1926. 


I. 4022 — Betltucci A., San turco în una facezia italiana, LIO, 
Gennaro nacque in Calabria?, Na- VII, n. 1-2 (gen.-feb. 1926). 
poli, Tip. Jazzetta, 1926. I. 4027 — G. D., Il conto di 


I. 4023 — Corso R., Sulla pa- Giovanni lo Scemo, Officine della 
tria di S. Gennaro = FI, I, 447 SIEM, apr. 1927. 
‘ (dic. 1925, pubbl. il 20 mag. 1926). I. 4028 — DAINELLI G., dt 
I. 4024 — VerpinoIs _ F. = torno al Matese, = VDI, ag. 1925. 
« Roma della Domenica », 25 apr. I 4029 — Gatti E., Dove la fe- 
o ie sta è legge = FE, III, 31 {(gen.-feb. 
I. 4025— AMALFI G., LIO, n, 1-2, 1925). 
p. 288, 19206, e un art. a firma I. 4030 — D'Avanzo E. Un 
DEI i d’Itaziaa, 10 avanzo di sacra rappresentazione 
e in Sant'Agata dei Goti, Benevento, 
I. 4026 — AMALFI G., Un conto Coop. tip. Chiostro S. Sofia, s. a: 


— 152 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 14. CAMPANIA. I. 4031-4036 


g) Uno studio monografico di carattere storico è quello di 
Mario Di Martino Fusco su S. Costanzo Vescovo, patrono di Capri. 
L'A. assoda la storicità del Santo e il suo culto, e ne tenta la identi- 
ficazione con S. Costanzo, abate cassinese. La parte che c’interessa 
è limitata a due miracoli famosi, che resero S. Costanzo patrono dci 
naviganti in pericolo (I. 4031). 
h) Sull’arte napoletana può offrire qualche interesse un libro 
di erudizione e di analisi critica di Fausto Nicolini (I. 4032), che 
ha grande importanza per i cultori di storia dell’arte. Il nucleo più 
forte è costituito dalla lettera del Summonte sull'arte napoletana 
(secc. XV e XVI), convenientemente illustrata dal N. All’archi- 
tettura rustica della Campania dedica un articolo interessantissimo 
R. Biasutti (I. 4033). L'industria del corallo è a Torre del Greco 
una ricca occupazione che viene religiosamente tramandata di padre 
in figlio. G. Scognamiglio (I. 4034), premesse alcune notizie gene- 
riche sul corallo ec sui miti, leggende, superstizioni cui esso ha dato 
vita, parla della tecnica della lavorazione in quella città. Della mo- 
bilia napoletana nel Seicento si occupa C.. Giovene (I. 4035). 
Nella regione della Campania diamo un posto particolare alle 
ricerche folcloriche condotte con intenti scientifici da Nicola Bor- 
relli intorno al popolo aurunco (particolarmente del villaggio di 
Piedimonte di Sessa), e formanti una parte assai interessante del 
folclore della pianura Campana o TERRA DI Lavoro. In ordine 
cronologico: l'A. ci ha prima dato un saggio di ctnografia popo- 
lare di Terra di Lavoro, importante e ben fatto saggio, dove de- 
scrive in compendio le attività, i costumi, le tendenze del popolo 
della regione (I. 4036). In un altro lavoro particolare studia temi, 
soggetti, di cui ricerca la sopravvivenza nel popolo di quella Terra. 
Un indovinello finnico ricorre a Piedimonte di Sessa. « Esclusa la 
ipotesi dell’importazione diretta, il B. ammette che l’indovinello 


I. 4931 — Dr Martino Fusco 
M., S. Costanzo vescovo patrono 


Una caratteristica industria napo- 
letana. L’incisione a cammeo del 


di Capri = YI, II, 175 (marzo corallo e delle conchiglie a Torre del 
1927). Greco = VDI, XXXII, n. 7 
I. 40632 — NicoLixi F., L'arte KEOZ0]: 


napoletana del Rinascimento, ecc., 
Napoli, Ricciardi, 1925. — Rec.: 
GSLI, LXXXVII, 177 (1926). 


I. 4033 — Brasutti R., Archi- 
dettura vrustica della Campania = 
VDI, XXXI, n. 12 (1925). 


I. 4034 — ScocnanmigLio (G., 


I. 4035 — GIOVENE C., La mo- 
bilia napoletana mel Seicento = 
AAD, marzo 1927. 


I. 40936 — BORRELLI N., Saggio 
d’etnografia popol. di Terra di La- 
voro, S. Maria Capua Vetere, Tip. 
Di Stefano, 1924. 


sd 


Aevum - Anno I - 48 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. 


e 


_I. 4037-4043 


sia stato importato tra noi al tempo delle invasioni barbariche, per 
la mancanza di elementi che attestino l’esistenza di esso presso i 
Romani » (I. 4037). 

Per le rappresentazioni popolari lo stesso B. accenna alla ma- 
scherata dei Mesi, nell'ultimo giorno di Carnevale, che resta an- 
cora viva in qualche paese della Terra di Lavoro, ultimo residuo 
di una costumanza, come abbiamo visto, assai diffusa in passato 
e presto divenuta di grande importanza nei villaggi. Ogni Mese 
recita alcuni versi (endecasillabi) con rime e assonanze, a forma di 
ottava. L’A. riporta le stanze dei dodici Mesi, precedute da una 
del personaggio raffigurante il Capodanno e da quattro versi di 
Pulcinella, che rappresenta il Carnevale (I. 4038). Nella campagna 
intorno a Piedimonte di Sessa sono pure raccolti apologhi, aneddoti 
e racconti inediti: Il grano primaticcio ed il grano tardivo; La croce 
che si fa il cane al mattino; L’upupa e la cornacchia; La pietra 
piatta; La volpe ed il salaccaio; La carta che parla; Carnevale in 
Paradiso; La morte ladra; Le duc comari; Il consiglio di Salomone; 
Il compare e la comare nella luna; Il bevitore di vino e il confes- 
sore; Il fuoco è buono 13 mesi all'anno; L’ubbriaco e il tempo; 
I due coniugi e l’asino; Il giuocatore del lotto; Come ebbero origine 
i due proverbi, ecc.; Fra Giusto; La figlia porchetta; La morte e 
la miseria; Il monaco e lo statuario (I. 4039). Interessa il folclore, 
per qualche superstizione brigantesca, il racconto di episodi del 
brigantaggio del 1860-70 in Terra di Lavoro (I. 4040). Infine ci viene 
descritto della campagna di Sessa Aurunca il costume tradizionale 
muliebre con una illustrazione e note utili (I. 4041). 

Diamo pure un posto a parte all’IRPINIA che ha la ventura di 
possedere un esperto giovine cultore delle tradizioni popolari, il Prof. 
Antonio D'Amato. Oltre a due lavori di storia locale (I. 4042-4043), 


I. 4637 — BORRELLI N., I/ lupo 
di Hati, l’insidia della Silfide, la 
canzone di Olle, l’implacabile Ko- 
bold, = « Riv. Campana », III, 23 
(1920). — Rec.: FI, I, 129 (marzo 
1927). 

I. 4038 — BoRRELLI N., Rap- 
presentazioni popolari: «I mesi » 
in Terra di Lavoro = FI, I, 50 
(marzo 1925). 

I. 4039 — BORRELLI N,, Apo- 
loghi, aneddoti e racconti di Terra 
di Lavoro = FI, I, 211 (giugno- 
sett. 1925). 

I. 4040 -— BoRrRELLI N., Api- 


sodi del brigantaggio reazionario (dal 
60 al 70) ecc., S. Maria Capua Ve- 
tere, «La Fiaccola », 1926. 

I. 4041 — BORRELLI N., Il co- 
stume tradiz. muliebre nella cam- 
pagna aurunca = FC, XI, 3 (apr.- 
giugno 1927). 

I. 406042 — D’amato A., La vita 
e la vicenda di un comune dell’Ir- 
pinta (Bagnoli Irpino), Benevento, 
Coop. tip., 1925. 

I. 4043 — D’AMAaTO A,, Terzo 
saggio di bibl. rag. della prov. dt 
Avellino, Benevento Coop. tip., 
1925. 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 14. CAMPANIA, I. 4044-4049 


segnaliamo un terzo che reca cenni storici, geografici e letterari della 
provincia di Avellino con un saggio di canti, fiabe, leggende e tra- 
dizioni irpine (I. 4044). A un celebre poeta irpino del Duecento, Gia- 
comino Pugliese, il D’'A. consacra uno studio, dimostrandone il pregio 
della vivacità per aver fatto tesoro anche della poesia popolare dei 
luoghi suoi (I. 4045). S Francesco d'Assisi è studiato attraverso una 
serie di brevi leggende fiorite nell’Irpinia (I. 4046) «come un pro- 
fumo dell'amore di quel popolo verso il Poverello ». Il lavoro mag- 
giore del D'Amato è uno studio speciale sul folclore irpino (I. 4047), 
e possiamo dirlo il migliore, il più ben condotto e il più completo 
del genere, per quei luoghi. Si esaminano le principali tradizioni, 
i riti, 1 giuochi, le feste. le solennità, le consuetudini agricole, le su- 
perstizioni popolari e via dicendo, intrecciandosi alla trattazione 
opportuni canti popolari. Bellissime sono le ninne-nanne per il 
dolce sentimento religioso misto all’amor materno. L'A. annunzia 
di continuare in seguito con le leggende popolari religiose e le sacre 
rappresentazioni, e certo manterrà la promessa con la capacità di- 
mostrata nel primo saggio. Infine ricordiamo alcune noterelle car- 
nevalesche e il commento d'uno ngiarmo inedito, specie di com- 
ponimento popolare-satirico, composto a Montefusco una trentina 
d'anni fa (I. 4048). 

Lavori di altri sull’Ivpinia: rapidi e suggestivi cenni di M. T. 
Pavese intorno alle varie manifestazioni mistiche (I. 40409), impor- 
tanti quelle riguardanti residui di sacre rappresentazioni a Vallata 
e a Castelbaronia. G. Valagara riassume una curiosa polemica in- 
torno al sacco di S. Francesco, che avrebbe reso incolumi coloro 
che ne portavano addosso un ritaglio. Il sacco risalirebbe ai tempi 
del Santo, allorchè Egli mandò del pane fresco ai suoi frati che per 
la troppa neve caduta languivano di fame nel Convento di S. Fran- 


I. 4044 — D'AMaATO À., La verde 
Iypinia, con illustraz. e una cartina 
geogr., 3. ediz., Napoli, Federico 
e Ardia, 1925. 


I. 40645 — D'Amato A., Un poeta 
îrpino del ’200, ecc., Avellino, C. 
Labruna, 10920. 


I. 4046 — D'Axmato A. S. Fran- 
cesco d'Assisi e l'Irpinia, Avellino, 
Prem. Tip. Pergola, 1920 e 
« Corriere dell'Irpinia », 1 maggio 
1920. 


1 


I. 4047 — D'Amato A,, Folklore 
irpino = FI, I, 417 (dic. 1925) © 
Il, 46 (ott. 1926). — Rec.: ICS, 
N, 7 gen. 1927 e RP, XXXIV, 
310 (dic. 1920). 


I. 4048 — D'Amato A,, Il Car- 
nevale a Montefusco; «lo ngiarmo » 
« Don Basilio», Avellino, 4 mar- 
ZO 1927. 


I. 4049 — Pavise M. T., Misti- 
cismo irpino, = « Corriere dell’Ir- 
pimia », Avellino, 26 giugno 1926. 


(dii 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4050-4056 


cesco a Folloni (Montella) (I. 4050). Sul Santuario dell’Incoronata 
posto a cavaliere del villaggio di Torchiati, A. Galiani riporta tra- 
dizioni e canti di singolare interesse (I. 4051). Da una viva descri- 
zione del magnifico Santuario di Montevergine, fatta da A. Car- 
pentieri (I. 4052), sì possono desumere alcune notizie folcloriche. 
Mentre scriviamo, il Prof. Vito Acocella sta pubblicando una rac- 
colta di proverbi (Calitri, paese dell'Irpinia). 


15. Per la PUGLIA non sono pochi gli studî folclorici, generali 
e particolari. Per i primi menzioniamo subito uno sguardo d'’in- 
sieme dato alla psicologia e alle consuetudini del popolo pugliese 
dal menzionato folclorista Saverio La Sorsa (I. 4053). È uno studio 
che riassume, in brevi linee, quasi tutta la cospicua produzione pre- 
cedente (dal 1914) dello stesso autore: acuto studio dell'animo del 
volgo, in cui sono rilevate talune caratteristiche del suo spirito alacre, 
vivace, mattacchione e furbo. Giuseppe Chiarelli intitola un suo 
studio generale « Folklorologia pugliese » (I. 4054), e un altro si ri- 
ferisce alla cultura locale (I. 4055). Di cose leccesi si occupa nel 
« Corriere Meridionale » il Prof. Francesco D'Elia, e il bravo poeta 
e studioso Consalvo di Taranto ha ora pubblicato un volume « La 
vita paesana in Capitanata », riproducendo una serie di scene, di 
quadri e di bozzetti che ritraggono dal vivo quel che si fe, si dice, 
si pensa, sì vuole in quella provincia: molte cose che «sono ancora 
e che saranno, poichè l'animo umano non muta e le condizioni spe- 
ciali dei nostri paeselli montani (propriamente Deliceto che l'A. 
cela sotto il nome di Colle d’Elce) non cangiano così facilmente 
per nuove vicende»; e con le cose sono dipinte le persone che « non 
sono creazioni della fantasia, ma vere e reali » (I. 4056). Un lavoro 
d'insieme del folclore pugliese è quello citato, nella Collez. Sor- 
rento, di M. Vocino, benemerito studioso della regione, al qual la- 


I. 4050 — VALAGARA G,, Il 
sacco di S. Francesco = « Cor- 


gliese = Riv. « Fantasma », Napoli, 
1923. 


riere dell’Irpinia », I gen. 1927. 


I. 4051 — GALIANI A., Dall'Ir- 
pinia. Il Santuario dell’Incoronata 
= «ll Mattino», 19-20 aprile 
1927. 


I. 4052 — CARPENTIERI À., Mon- 
tevergine = VDI, dic. 1926. 


I. 4053 — La Sorsa S., d°sico- 
logia e consuetudini del popolo pu- 


I. 4054 — CHIARELLI G., Fol- 
Alorologia pugliese = due pun- 
tate del « Mondo», ed. pugliese, 
ott. 1925. 


I. 4055 — CHIARELLI G., La 
cultura locale = 2 puntate nel 
« Mondo », sett. 1925. 


I. 4056 — Di Taranto C., La 
vita paesana in Capitanata, Ma- 
tera, lip. Ed. Conti, 1927. 


— 756 — 


Il FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 15. PUGLIA. I. 4057-4060 


voro Nicola Zingarelli ha fatto precedere una bella Introduzione. 
Non meno interessanti sono gli studî particolari: 

a) Per la poesia popolare, il La Sorsa (I. 4057) tratta di quella 
amorosa in terra di Bari: dialoghi d'amore, dispetti e invettive che 
si scambiano gli innamorati. Lo stesso A. recentemente ha pubbli- 
cato un saggio di poesia popolare religiosa in Puglia (I. 4058). Già 
ho accennato con lode ai Canti popolari di Volturino (Foggia) di 
Giacomo Melillo, autore di buoni saggi sui dialetti di Volturino e 
del Gargano: sono quaranta canti «teneri, vivaci e talvolta vio- 
lenti », cantati nelle campagne da coppie di individui sugli sciam- 
bule (specie di dondolo). Interessanti sono i riferimenti ad altri 
canti delle provincie meridionali (I. 3484). 

d) Per le fiabe e novelle l’infaticabile La Sorsa ha iniziato 
la sua citata raccolta (I. 3452) di oltre cinquecento testi popolari. 
In un primo volume ne pubblica sistematicamente circa 150 (fa- 
vole ed apologhi, novelle di carattere morale), scritte in molti dia- 
letti, da quelli della Capitanata a quelli del Salento — impor- 
tanti dunque anche per i dialettologi. A ciascuna novella segue una 
buona traduzione italiana per facilitare la lettura alle persone non 
competenti. Lo stesso autore ha riprodotto altrove (I. 4059) sette 
racconti che parlano di avventure capitate al diavolo, il quale, se- 
condo l’opinione del popolo, quantunque cerchi di ordire inganni 
e trappole, finisce sempre coll’essere scornato. G. Amalfi riporta 
una leggenda circa l’origine di Francavilla Fontana, che si fa risa- 
lire a Roberto d'Angiò (I. 4017). 

e f) Su usi, costumi e feste del popolo pugliese, anche il La 
Sorsa ci ha dato un bel volume riccamente illustrato da ben riusciti 
clichés. È una ricchissima materia abbracciante la vita pubblica e 
casalinga di vasti territori, e in una visione poetica e armonica ve- 
niamo a conoscere tutte le feste e le solennità che si compiono nei 
diversi periodi dell’anno, sia in campagna che in città (I. 4060). 
Importante è l’accenno ai pellegrinaggi presso i Santuari più ce- 
lebri della regione. Se pure, come ha notato il recensore, si nota 
scarsità di citazioni bibliografiche e non esauriente critica folclo- 


I. 4057 — 1a Sorsa L., La volo. Novelline popolari = FI, II, 
poesia popolare in Terra di Bari, 271, (marzo 1927). 
Napoli, « l'’antasma », 1926. 
T-iisa—la Soia S, Soa: 0 1008 Da coro 
: SA: . costumi e feste del popolo pugliese, 
di poesia popol. relig. in Puglia Bari: Caciài Rec: FI 
- “RN, XLIX (mag. 1927) ari, Casini, 1925. — Rec.: i 
ac sl I, 134 (marzo 1925). (R. Cor- 
I. 4059 — Ta Sorsa S., // Dia- so). 


— 757 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI, 


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I. 4061-4067 


rica, l’opera del La Sorsa è lodevolissima: noi non crediamo, come 
G. Amalfi e altri, che « il periodo di raccoglimento sia già quasi esausto 
ai tempi nostri ». L’opera dell’editore di testi è in tutte le epoche 
possibile, ed è sempre preziosa. Del Natale e Capodanno parla par- 
ticolarmente Vincenzo Pastina (I. 4061). Varî e molto caratteri- 
stici gli usi nei diversi paesi della Puglia: presepio, preparativi 
culinarî, comitive che vanno in case d’amici a cantare la « pasto- 
rella », pronostici, pranzo e cena con descrizione delle varie portate 
che hanno relazione con fatti religiosi, falò, ceppo; augurî di Capo- 
danno e musiche: pochi di questi usi sopravvivono, come pure 
sono scomparsi, secondo l’A., gli zampognari che cantavano la 
«novena ». Inoltre ricordisi qui il saggio citato di G. Melillo intorno 
alla pesca nel lago di Varano in quel di Foggia (I. 3584). 

g) Ad antichi tempi e memorie storiche si riferiscono varie 
pubblicazioni: Giuseppe Grassi, autore di un lodato saggio fone- 
tico sul dialetto di Martina Franca, si è occupato di cose riguar- 
danti la stessa città al tramonto del sec. XVIII (I. 4062), ricostruendo 
propriamente gli avvenimenti del 1799. Egualmente il Chiarelli ha 
dettato alcuni saggi biografici su « notabilità martinesi » (I. 4063), 
e ha scritto di un processo di stregoneria nel Settecento (I. 4064). 


16. A differenza della vicina BASILICATA, la CALABRIA è stu- 
diatissima. Della prima regione ho poco da dire. Una variante ba- 
silicatese delle dodici parole della verità, raccolta dal compianto 
Dr. G. M. Pasquarelli e pubblicata dall'avv. Gaetano Gallo (I. 4065), 
è un componimento che «ha della preghiera e dello scongiuro ». 
Una singolare leggenda su Federico Barbarossa in Castel Lago- 
pésole riferisce E. Claps (I. 4066). Di storie sacre disserta Sergio Dc 
Pilato (I. 4067). Nel suo opuscolo tratta: « 1) del ciclo leggendario 
di San Laviero, S. Luca, S. Vitale; 2) delle storie di martiri emer- 


I. 4061 — PASTINA V., Natale 
e Capo d’anno in Puglia, = VE, 
III, 38 (1925). 

I. 4062 — Grassi G., Il tra- 
monto del sec. XVIII in Martina 
Franca, Taranto, Tip. Arciv., 1926. 

I. 4063 — CHIARELLI G., Nota- 
bilità martinesi, Martina Franca, 
Tip. Aquaro e Dragonetti, 1925. 

I. 4064 — CHIARELLI G., Un 
processo di stregoneria = 2 ;pun- 
tate nel « Mondo », sett. 1925. 


I. 4065 — Gatto Di Carto G,, 


Una muova ‘variante delle dodici 
parole della verità = FI, I, 187 
(giugno-sett. 1925). 


I. 4066 — Craps T., Una sin- 
golare leggenda basilicatese, ecc. = 
« Lucania », Boll. del R. Provve- 
ditorato, III, n. 4-5 (1926). 


I. 4067 — Dr Pitato S,, Leg- 
gende sacre di Basilicata, Estr. da 
«La Basilicata nel Mondo », Na- 
poli, R. Stab. Tip. Fr. Giannini, 
1925. — Rec.: FI, I, 351 (giugno 
sett. 1925). 


To 


JIL FOLC. NELLE VARIE REGIONI: 16. BASILICATA L CALABRIA. I. 4068-76 


genti dalla tradizione orale e dalla letteratura agiografica; 3) delle 
tradizioni e credenze che, in determinati periodi dell’anno, richia- 
mano moltitudine di pellegrini ad antichi santuari, come quelli di 
S. Michele Arcangelo sul Gargano, di S. Maria di Perno nei pressi 
di S. Fele; 4) delle « reliquie » che costituiscono il nucleo da cui si 
esplicano tanti racconti miracolosi ». Usi nuziali della piccola città 
di Matera espone brevemente Gino Di Salvia (I. 4068). 

In generale, per la CALABRIA, dell'anima del popolo ha scritto 
un articolo F. Scalfari (I. 4069) e quadri di vita calabrese I. Si- 
rianni (I. 4070); di « cusiceddi » e d’altre piccole e melanconiche cose 
G. Zuppone-Strani (I. 4071). Anche G. Isnardi in un suo scritto 
mira ad illustrare la Calabria soffermandosi specialmente sulla 
parte pittoresca e sul patrimonio artistico regionale. Per il folclore 
c'è qualche cenno alle caratteristiche fogge del vestire, special- 
mente temminili a Tiriolo, a Marcellinara, a S. Giovanni in Fiore, 
a Cosenza, nci varî pacsi albanesi (I. 4072). Come sobria opera 
d'illustrazione folelorica generale ricordo il cit. vol. Calabria forte 
di G. Algranati della Collez. Sorrento. 

a) Canti popolari calabresi, pochini e senza commento, pub- 
blica Lina Galati (I. 4073). I canti della Piana Calabrese interessano 
R. Santagati (I. 4074). L’A., dopo aver fatto una descrizione della 
piana, esamina lo spirito del popolo in tutte le manifestazioni di 
amore e di odio, di tenerezza e di gelosia, di vendetta e di perdono, 
e riporta qualche canto, oltre a cantilene di Natale e a canzoni 
di lontananza. Ninne-nanne calabresi dobbiamo a F. Fuscà (I. 4075). 
I. Sirianni estende ed eleva una nota ninna-nanna a quadro significa- 
tivo di vita calabrese. (I. 4076). Fedora Scalfari si occupa di poesia 


I. 4068 — Di Sarvia G., Usi Roma, Assoc. Nazionale interessi 


nuziali a Matera FC, XI, 9 
(apr.-giugno 1927). 

I. 4069 — ScaLrari F., L'anima 
del popolo calabrese = NOUS, IV, 
N. 4-5 (1925). 

I. 4070 — SiRIANNI I, Quadri dî 
vita calabrese NOS, IV, n. 8 
(1925). 

I. 4071 — Zuppoxe-STRANI G. 
Di «cosiceddi» e di altre piccole e 
melanconiche cose IL, I n.1 
1925). 

I. 4072 — ISNARDI G., Calabria, 


-—— 
— 


Mezzogiorno, 1920. 


I. 4073 — Garati L., Canti po- 
pol. calabr. FC, XI, 11 (apr.- 
giugno 1927). 

I. 4074 — SANTAGATI R., Canti 
popolari nella Piana Calabrese = 
«La Coltura regionale », Il, n. 2 
(1926). 

I. 4075 —Fuscà F., Niîmne-nanne 
calabresi = CAL, Il, n. 4 (1920), 

I. 4076 — SIRIANNI I., Nimne- 
nanne, = «La cultura regionale », 
III, n. 4 (1927). 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI, I. 4077-4081 


religiosa popolare (I. 4077), «il cui rappresentante, diciamo così uffi- 
ciale, è il cantastorie col suo violino or stridulo ed ora stonato, 
che accompagna con note stereotipate le varie grazioni e i misteri 
nelle ricorrenze dell’anno religioso ». Come dice l’A., «le poche 
note modeste ed incomplete non hanno certo la pretenzione di a- 
vere esaurito l'argomento; ma cì pare bastino per arguire quale 
messe abbondante ci sarebbe da raccogliere nel popolo, per rica- 
vare uno studio esauriente sulla poesia popolare religiosa calabrese ». 
E perchè la Scalfari stessa non intraprende codesto lavoro? 

b) Proverbi e indovinelli calabresi ha pubblicati lo stesso San- 
tagati (I. 4078), ma non ci sembrano testi raccolti dall’editore di 
su la bocca del popolo e tutti inediti, sebbene non abbiamo po- 
tuto controllare questa nostra opinione. 

d) M. De Cristo, a proposite di un’ascensione al Montalto, 
riferisce una leggenda di Silvestro vescovo e dell’imperatore Co- 
stantino e parla di un luogo dove si sarebbero rifugiati i primi cri- 


stiani e dove Ruggero il Normanno edificò una chiesetta (I. 4079). 


G. De Cristo, volendo spiegare certi nomi di contrade del roccioso 
Aspromonte, riferisce alcune leggende: le prache di Sansone, le 
rocce di S. Erasmo, le grotte dei colombi, le pietre di Febo, il 
sasso di Lucifero (I. 4080). P. Tramontana ci parla della Madonna 
dei Poveri in Seminara, mèta di pellegrinaggio nella festa di ago- 
sto. Il culto si fa risalire a circa la metà del sec. XIII. È tradi- 
zione che alcuni infelici, cercando di che sfamarsi, nell’aperta cam- 
| pagna videro una fiamma avvolgere un roveto rimasto incombusto, 
si accostarono e trovarono una statua rappresentante la Vergine 
col Bambino (I. 4081). Raffaele Lombardi-Satriani, folclorista men- 
zionato, ha di recente raccolto fiabe in dialetto: « Pezzuleda »; 
« Ntonuzzu senza paura» in Tiriolo; «'I tridici paroli d’a verità»: 
quest’ultima ci richiama la' variante basilicatese or ora citata, con 
la differenza che il L.-S., «fedele interprete della voce o meglio della 


I. 4077 — ScaLrari F., La poe- n. 20-21 (1926). 
sta la eligi = NOS, IV, 
a ina I. 4089 — DE CRISTO G. 1/ culto 


n. 8 (1925). ji 
della pietra sull’Aspromonte = 
I. 4078 — SavxtagaTI R., Pro- ALB, III, n. 4-5 (15-31 marzo 
verbi e indovinelli = «La col- 1927). 
tura regionale », I, n. 1 (1925) e 


II, n. 7-8 (1926). I. 4081 — TRAMONTANA P., La 


Madonna dei Poveri = «La col- 
I. 4079 — De Cristo M., Una tura regionale », Il, n. 7-8 (1926). 
ascensione al Montalto = ALB, Il, 


ca Foa 


= re 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 16. CALABRIA. I. 4082-94 


frase contadinesca » corregge dodici in tredici (I. 4082-4084). Di que- 
sta tradizione ha tentato di dare una spiegazione R. Corso (I. 4085), 
del cui continuo contributo al folclore calabrese abbiamo avuto 
occasione di accennare nella parte generale di questo Bollettino. 

e f) Di usanze popolari calabresi si occupa il Corso (I. 4086), 
che dedica un articolo speciale alle consuetudini di Catanzaro (I. 4087). 
GG. Gallo disserta sopra un rito nuziale primitivo nella Calabria (I. 4088) 
È una popolare quanto illegale celebrazione di nozze (i matrimoni 
ncannestra), consistente nel fare tre giri attorno a un certo albero 
e nel cantare determinate parole, a cui si attribuiva il potere di le- 
galizzare l'unione. Queste parole formano quattro versetti rimati 
o assonanti, di cui due venivano pronunciati dallo sposo e due dalla 
sposa. L’A. combatte l'opinione che ricollega quest’usanza con le 
licenze rivoluzionarie della fine del XVIII secolo, e vede nel sim- 
bolismo dell’albero e dei tre giri, che si ritrova presso altri popoli 
(Slavi meridionali e Indiani del Bengala), elementi di origine anti- 
chissima, primitiva, rifugiatisi nel popolino come forme di pratica 
magica. Sulla solennità e festa del Natale si sono pubblicati parec- 
chi appunti (I. 4089-4004), tra i quali mi sembra notevole la descri- 
zione particolareggiata degli usi in Cittanova. L'anonimo au- 
tore, dopo averci parlato dei preziosi fastorelli del presepe della 
Chiesa di S. Rocco, risparmiati dal terremoto del 1783, e di altre 
notizie storiche, rievoca con nostalgia le scampagnate, 1 canti, i 


I. 4082 — LOoMBARDO-SATRIANI I. 4088 — Gatto Di CarLo G. 
R., Pezzuleda =- FI, I 191 (giugno- Sopra un rito nuziale primitivo nella 
sett. 1025). Calabria = Il, I, 38I (dic. 1925). 


I. 4083 — LOMBARDO-SATRIANI I. 4089 — CARDONE D., In Ca- 
R., Fiaba di Tiriolo = FC, NI, 16 labria = FE, III, 11 (1925). 
ME I. 4090 -— Loxco A., Il Natale 

I. 4084 — LOMBARDO-SATRIANI calabrese == NOS, IV, n. 12 (1925). 


R., ’/ tridici paroli d’a verità = Ie ; i i 
FC, XI, 13 (apr-giugno 1927). I. 4091 — X. Y., Il Natale in Cit- 
tanova = ALB, I, n. 17-18 (1925). 


I. 40685 —- Corso R., Un pre- 
giudizio popolare calabrese == «La I. 4092 — Motto S., Il Natale 
cultura regionale », 1II, num. 6 nel simbolismo cristiano in Calabria 
(1927). = ALBI, n. 17-18 (1925). 

I. 4086 — Corso R., Usanze I. 4093 — JuLia, Natale in Ca- 
popolari in Calabria = 1I., I, n. 1 /abria =- ALB, II, n. 24 (1920). 
(1925). I. 4094 — Cailvavno P.,, La tra- 

I. 4087 — Corso R., Le con- dizione del Natale in Calabria = 


suetudini di Catanzaro, = CAL, II «La cultura regionale », III, n. 2-3 
(luglio 1020). (1927). 


ail 


L. SORRENTO - FOLCLORE LE DIALETTI, 


I. 4095-4100 


suoni, i piccoli lumi di creta ad olio, le zampogne, ci ricorda che in 
due giorni si dovevano mangiare tredici cose, tra cui zippole e tor- 
rone, e_.infine riporta -una poesia sacra in onore di Gesù Bambino: 
. una descrizione che ci richiama il Natale siciliano, ma in Calabria, 
se ci è lecito dirlo, la festa ha un sapore più pastorale e più caratte- 
ristico..-Del Calendimaggio in Sangineto (Cosenza) si occupa G. Gallo 
(I. 4095). Silvio Mollo, che a varie riprese si è occupato di folclore 
calabrese nel Mezzogiorno di Napoli, nel Calabrese ecc., ha brevi 
note su: una bizzarra tradizione nuziale, gli sponsali di fanciulli, 
origini della costumanza; gli zingari di Cassano Jonio; i vaticina- 
tori di Joppolo, la tradizione al giorno d’oggi; giurisprudenza et- 
nografica; luce di civiltà spirituale in Calabria (I. 4096). G. Nico- 
tera parla di usi e costumi durante 1l carnevale, e si ferma sullo 
zuccu, che consiste in un vaso di terracotta ricoperto da tenue 
pelle a guisa di tamburo; ncl mezzo della pelle è fissata vertical- 
mente con uno spillo una sottile cannuccia, priva di nodi, che 
produce un suono cupo e monotono in accompagnamento di un 
canto (I. 4097). 

g) L’Arcipr. N. Cilione in un articolo, intitolato Prete Mato 
di Sambatello, dà spiegazione di un esametro latino scritto sul da- 
vanti di una «bara» processionale che esiste nella chiesa del paese: 
il prete Maio è la figura dell’eroe sambatelliano che risponde al 
nome di Mario Cagliostro, vissuto nella seconda metà del sec. XVI, 
quando i Corsari rubavano donne e fanciulli (I. 4098). Un documento 
storico, che ha relazione col Natale. riporta Vinc. De Cristo: un 
dialogo tra il Bambino e la Madonna nella notte di Natale, tratto 
da un'opera di P. Ag. Manno del 1612 (I. 4099). Un libro descrittivo 
e illustrativo di paesi, paesaggi e grandi compatrioti calabresi è 
quello di Giovanni Patàri (I. 4100), autore, vedremo, di recenti 
poesie dialettali che, come quelle di altri simpatici conterranei, 
hanno un vero valore artistico congiunto a una grande importanza 


I. 4095 — Gatto G., Calendi- 
maggio in Sangineto = « Cala- 
bria Nova » (Organo della collet- 
tività calabrese in Argentina), VII, 


n. 75 (I maggio 1927). 


I. 4096 — Motto S.. Calabria 
folklorica = « Il Mezzogiorno, » 20- 
2I ottob. 1920. 


I. 4097 — NicorERAa G., La mu- 
sica dî carnevale = «Ta cultura 


regionale », III, n. 2-3 (1927). 

I. 4098 — CILIONE N., Prete 
Maio di Sambatello = « La cultura 
regionale », III, n. 4 (1927). 

I. 4099 — DE CRISTO V., Nella 
grotta divina = ALB, II, n. 24 
(1920). 

I. 4100 — PATÀRI G., (ALFIO 
Bruzio), Terra di Calabria, Catan- 
zaro, G. Mauro, 1925. 


— 762 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 10. CALABRIA. I. 4101-4107 


folclorica. Oltre agli scritti illustrativi della Calabria su ricordati, 
ecco un volume in collaborazione di C. Sinopoli (parte storica), S. 
Pagano (geografia e movimento demografico), A. Frangipane (parte 
artistica) (I. 4101): la ristampa è stata fatta in tre fascicoli di- 
stinti, secondo mi ta sapere il mio bravo ex scolaro, Dr. Prof. P. 
Acrosso, che qui ringrazio cordialmente per avermi procurato gior- 
nali e riviste che non riuscivo a trovare fuori della Calabria. Op- 
portuna e bella è poi l'impresa di Domenico Zangàri di ristampare 
note di italiani e stranieri illustranti la forte Calabria (I. 4102). Ha 
relazione con memorie storiche e sacre di Reggio C. un articolo di 
padre Ed. da Alengon circa la contesa fra Minori Capp. di questa 
città e Teatini messinesi per l’attribuzione di una spina della Corona 
di N. S. G. C. (I. 4103). 

h) Un A. C. ha pubblicato uno studio sul nome, sull'origine 
geografica, sulla coltivazione e sulla lavorazione del bergamotto 
(I. 4104). Quanto a premure e culto per l’arte popolare, la Calabria 
non è seconda a nessuna regione. Già abbiamo accennato alla sua par- 
tecipazione attiva in questi ultimi anni a Esposizioni e Mostre. Fra 
i molti resoconti e studî, citiamo anzitutto un articolo di A. Fran- 
gipane (I. 4105) e le pagine del Corso per l’Esposizione di Monza 
(1925) (I. 4106). Ricordiamo che in Calabria è fiorente e fattiva 
la Società artistica « Mattia Preti », della quale è benemerito organo 
il Brutium e anima infaticabile Alfonso Frangipanc, direttore di 
questa rivista. Tale Società ha rivelato in mostre nazionali e regio- 
nali i tesori d’arte — anche popolare — della terra calabrese. Infine 
con piacere leggo in una pubblicazione dell’egr. Prof. Fucile l’an- 
nunzio che quanto prima sara pubblicata una diligente ricchissima 
bibliografia di tutto ciò che riguarda la Calabria, opera di Mario 
Mandalari con prefaz. e aggiunte di O. Dito (I. 4107). 


I. 4101 — SixopoLI C., Pagano /abresi, Fragranze di bergamotto 
S., FRANGIPANE A., La Calabria, = VDI, XXXIII, 311 (marzo 
Catanzaro, G. Mauro, 1925. 1927). 

I. 4102 — Zancari D., Viag- I. 4105 — FRANGIPANE A., L'art 
giatori stranteri in Calabria: J.HER-  rustique en Calabre = UNITI, III, 
MANN von RIEDESEL (1740-1785) n. 10 (1925). 

e GIUSEPPE SACCHI (1804-1891) = I. 4106 — Corso R., Rustica ars, 
RCC, IV, 10924, f. 1-2. — Rec.: nel Catalogo dell’Eposizione di 
FI, I, 475 (dic. 1925). Monza (Arte applicata all’indu- 


I. 4103 — P. Ep. DA ALENGON, stria), 1925. 
Una spina della Corona di N. S. I. 4107 — FuciLe L., Un poeta 
G. C. = RLU, HI, Numero unico dialett. della Calabria Reggina, lab. 
francescano, 1920. Coma = «Ann. del R. Liceo di 
I. 4104 — A. C., Industrie ca- Reggio Calabria », 1926-27. 


ga 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4108-4109 


17. La SICILIA d'oggi, per opera di suoi vecchi e giovani stu- 
diosi viventi, mostra di non voler perdere il posto che nel campo 
degli studî folclorici le ha conquistato il Pitrè. Si ha da lamen- 
tare, a mio avviso, la scarsità di testi popolari nuovamente rac- 
colti, chè, nelle collezioni pitreiane, ci sono gravi lacune per certi 
paesi siciliani, per i quali testi di là da venire vorrei proporre la 
grafia adottata dallo Schneegans, pur con qualche semplificazione. 
Ma, come dissi in principio, speriamo, per questo, in un accordo 
tra folcloristi e dialettologi. Quasi per ogni materia del folclore sono 
copiosi gli studî recenti, sebbene non siano dell’ampiezza d’infor- 
mazione e di concezione di quelli del Pitrè. E mi piace incomin- 
ciare con un lavoro di poco tempo fa del tante volte menzionato 
G. Cocchiara. Da tale lavoro si possono scorgere certi aspetti e at- 
teggiamenti del giovine studioso, che alcuni possono approvare e 
altri no. 

a) Di esso, che porta il titolo Popolo e canti nella Sicilia d'oggi 
(I. 4108), ebbe a scrivere C. di Mino: che non si tratta « della con- 
sueta raccolta con la solita prefazione storico-comparativa. A un 
giovane dotato di viva fantasia e di vis creativa, qual'è il Coc- 
chiara, ripugnava la raccolta venuta su col vecchio metodo.... egli 
rivive nella sua fantasia i poeti dalla cui bocca aveva raccolto i 
canti, i luoghi dove la prima volta li intese e il momento in cui fu- 
rono recitati.... Questa rielaborazione poteva arenare, ma col C. 
diventa opera di ricreazione, senza svalutare perciò la serietà e la 
compiutezza della ricerca ». Lo stesso Cocchiara recentemente si è 
occupato di speciali forme della poesia siciliana: arie e canzonette 
(I. 4109). 

L'A. vuol cogliere in contraddizione il Vigo, il quale aveva 
affermato nella sua raccolta che «le arie sono anello intermedio tra 
la poesia popolare e la non popolare », e aggiunto che di esse «i ru- 
stici non solo non ne compongono, ma neppure ne cantano ». Vuole 
altresì modificare uno stesso concetto del Pitrè, che è espresso nella 
collez. dei Canti popolari siciliani in questo modo: « L'aria è il 
canto nobile per eccellenza, l’unico che si crede degno di esser co- 
nosciuto dagli uomini istruiti »; il quale Pitrè definì l’aria «un parto 
d’ingegni mezzanamente istruiti e quasi di nessuna lettera che si 
canta con accompagnamento di chitarra, quando si van facendo 
serenate o mattinate alla bella ». La preoccupazione del C. è questa: 


I. 4108 — CoccHIARA G., Popolo Mixo). 
e canti nella Sicilia d'oggi, Palermo, I. 4109 — CoccHiaRra G., dine 
Sandron, 1923. — Rec.: nell’« Ora » e canzonette siciliane = FI, II, 163 
di Palermo, 4 luglio 1923 (Di (marzo 1927). 


(9 


IL FOLCLORE NELLE VARIÈ REGIONI: 17. SICILIA, I. 4110-4111 


se con tali definizioni, specialmente con quella del Vigo, sia « opera 
scientifica includere in una raccolta di poesie popolari le dette poesie ». 
Ma questa preoccupazione non avrebbe ragione d’esistere. Del resto 
il C_ per le arie e le canzonette, identiche nel metro, ma diverse per 
il contenuto, afferma che entrambe non sono di origine siciliana: 
provennero da altre parti d’Italia, nel Settecento; ma, passando 
nell'anima del popolo siciliano. ricevettero da questo una caratte- 
ristica impronta. Per noi questo è un bel fenomeno che, dato il 
tempo recente in cui è avvenuto, si fa studiare meglio in tutti i suoi 
particolari, ed è un esempio di quel che si diceva più su, a proposito 
di una recensione del Calcaterra alle villanelle napoletane studiate 
dal Monti, cioè dell'adattamento della poesia soggettiva e indivi- 
duale o d’arte, come si voglia dire, passata in dominio del popolo. 

Senza dubbio, al Vigo si deve il merito di aver intuito quel- 
l'anello di congiunzione tra, diciamo così, i due generi di poesia; 
il Pitrè folclorista ha mostrato di vedere meglio l'elemento popolare 
siciliano che è indubbio ed è tale che quasi dà un aspetto nuovo e 
caratteristico all'aria siciliana. Le stesse arie dialettali del Meli ci 
attestano l'adattamento siciliano di una forma poetica di origine 
forestiera. L’aria meliana è senza dubbio originata e fiorita dal- 
l’Arcadia coeva, sebbene non sia più la canzonetta arcadica. Il 
poeta, che aveva vivo il tono sentimentale della sua regione, fece 
sua, come ho dimostrato recentemente, la forma metrica forestiera 
e letteraria e vi diede un’impronta tutta siciliana: i motivi infatti. 
sono quelli comuni della poesia popolare dell’isola: «d’amore, ge- 
losia, spartenza e sdegno ». Quel che si vede chiaramente per il Meli, 
è stato press'a poco operato da cantori popolari. E, a proposito, è 
notevole la relazione di dipendenza tra l’aria meliana e quelle po- 
polari, chè spesso il grande poeta palermitano è stato il vero anello 
fra la canzonetta forestiera e letteraria e l’aria popolare siciliana. 

Canti popolari, tra i più belli che traggono ispirazione da S. 
Rosalia, esamina I. Gattuso Criscione (I. 4110). Alessio di Gio- 
vanni, per amore della scienza che in lui è vivo e appassionato quanto 
quello per la sua isola e per il Parnaso siciliano, ci parla di errori 
, In cui caddero il Vigo e il Pitrè nell'accettare e dare come popo- 
lari e genuini alcuni canti contenenti allusioni storiche (I. 4111). 
Lo stesso autore c’intrattiene sui canti ditirambici della mietitura, 


I. 4110 — GATTUSO-CRISCIONE I., I. 4111 — Di GIOVANNI A., Una 
Santa Rosalia e la poesia popolare . allusione alla casa Savoia in un 
siciliana =: LS, IX, 41 (marzo fseudo canto popolare siciliano = 
1926). « Boll. del R. Provveditorato della 


Sicilia », II, 183 (30 mag. 1927). 


Lina 


L. SORRENTO - FOLCLORE LE DIALETTI. I. 4112-4118 


facendo opportuni raffronti e acute analisi critiche (I. 4112), e ha 
pure raccolto in montagna alcune canzuni, « fresche come un mazzo 
di fiori maggesi e in gran parte ancora inedite » (I. 4113). Mi par 
bene ricordare qui che Paolo ‘Toschi sotto il titolo di Acqua viva 
ha riprodotto dalla Raccolta amplissima del Vigo un’ottava siciliana, 
facendola seguire da un commento estetico (I. 4114). Una simile 
opera di presentazione, commento e traduzione di alcune canzoni 
siciliane sull’infanzia di Gesù, tratte anche dalla Raccolta vighiana, 
l'A. aveva fatto qualche anno prima (I. 4115). 

b) A complemento delle voci dei venditori ambulanti, lascia- 
teci dal Pitrè, il Rubino (I. 4116) ne ha opportunamente raccolte 
c pubblicate altre. | 

c) Un giuoco popolare si ricollega a una festività. A Canicattì, 
ci racconta Giacinto Gangitano, la maestranza della Confraternita 
di M. SS. degli Agonizzanti, per la domenica in Albis, usava fare il 
« giuoco » di lanciare ripetutamente a grande altezza e di riprendere 
diritta sulla testa una bandiera gialla col monogramma della Ver- 
gine ricamato in viola (I. 4117). Di un caratteristico giuoco popolare 
ci parla il Gattuso Criscione (I. 4118). . 

d) Tra le leggende ricordiamo anzitutto quella famosa della 
Baronessa di Carini, che forma materia del poemetto siciliano rac- 
colto dal Salomone-Marino ed ora presentato dal Cocchiara, secondo 
la terza ristampa già curata dal celebre editore (I 3508). Questa leg- 
genda ha un'importanza che trascende la letteratura popolare dell’iso- 
la. Il poemetto suscitò più di mezzo secolo fa interesse e discussione 
grandi nel campo degli studi, e nel 1915 Salvat. Raccuglia, secondo 
ricorda recentemente A. Di Giovanni, ritenne di potere affermare 
che esso «come fu pubblicato dal Salomone-Marino e dal Galante, 
non esiste nel popolo, e che trattasi di un lavoro letterario di puro 
intarsio, fatto unendo elle parti veramente tradizionali di esso, una 
quantità di versi, in miessima parte popolari, anche tradotti da le- 


I. 4112 — Dr Girovanxi A., 7 e poesia di popolo = «La Festa», 
canti ditirambici della mietitura = Milano, 4 mag. 1924. 
« Bollett. » detto, V, 202 (30 giu- I. 4116 — Ruino B., Grida- 
gno 1927). tori delle vie siciliane = LL, 1 feb. 


I. 4113 — Di Giovanni A., Un 1925. 


mazzo di fiori maggesi = « Bol- I. 4117 — Gaxcitano G., Una 

lettino » detto, IV, 61 (30 dic. festa tramontata. Il «giuoco della 

1926). bandiera = », LS, VIII, 136 (luglio 
I iosa. dii 

i Mi +e ; a 1020 sua I. 4118 — GATTUSO-CRISCIONE ]., 


I. 4115 — Toscni P., Religione 


Lu jocu vr’ ’o cascavaddu = LS, 
VIII, 224 (nov. 1925). 


='‘106= 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 17. SICILIA, I. 4119-4123 


zioni di altre regioni e più o meno ritoccati secondo il bisogno » (I. 
4II9). | 

Una menzione speciale merita lo studio del Natoli che porta 
nuova luce sulle tradizioni e leggende cavalleresche messe in rap- 
porto alla storia delle usanze siciliane (I. 4120). Contro quegli stu- 
diosi che hanno fatto risalire le tradizioni cavalleresche o romanzesche 
siciliane ai secc. XVII e XVIII, perchè i frammenti scritti sono 
di tali secoli, il nostro A. vuole sostenere che i Normanni abbiano 
portato in Sicilia leggende poetiche romanzesche come dimostre- 
rebbero sopravvivenze di fatti eroici esistenti ancora nei canti po- 
polari, e così anche l'indagine onomastica, la quale fa pensare che 
il popolo aveva una speciale ammirazione per i personaggi celebri 
delle storie romanzesche. Altre conferme si troverebbero in opere 
d’arte, come una coperta da letto, magnifico ricamo siciliano del 
sec. XV esistente nel South-Kensington Museum, e come un sof- 
fitto (sec. XIV) del palazzo dei Tribunali a Palermo, dove sono di- 
pinte scene del ciclo di Carlomagno e del re Artù. Tutte queste 
forme di sopravvivenza delle antiche leggende si sarebbero poi rac- 
colte e concretate nel cunto e nell’opra. Il cunto è una specie di re- 
citazione popolare della materia romanzesca; l’opra è il teatro ma- 
rionettistico a soggetto e a sfondo romanzesco. 

Ecco alcune leggende che si riferiscono a luoghi e paesi. B. 
Rubino raccoglie una leggenda popolare circa la sepoltura, presso 
Acquedolci, dei martiri Alfio, Filadelfio e Cirino, protettori di San- 
fratello (I. 4121). Sull'origine di Troina è ricordata da S. Saitta la 
mistica leggenda di un bel cavaliere identificato dal popolo in S. 
Giorgio, che sarebbe apparso per aiutare i Normanni contro gli 
Arabi (I. 4122). Il Sajeva narra la bella leggenda di S. Pellegrino, 
primo vescovo di Triocola (oggi Caltabellotta), il quale salvò il 
fanciullo Liberante e di conseguenza il paese dal terribile dragone, 
cui si doveva pagare ogni anno il tributo di un ragazzo (I. 4123). 
Dopo di aver parlato del Santuario, in Mezzoiuso, della Madonna 
dei Miracoli, il Gattuso Criscione riferisce la pia leggenda popolare 
della guarigione del lebbroso, alla quale s’ispirò il poeta siciliano 


I. 4119 — Di GrovaNnnI A., Gli 
studî di demopsicologia in Sict- 
lia = LEO, III, 142 (20 giugno 
1927). 

1.4120— NAaTOLI L., Le tradizioni 


cavalleresche in Sicilia = FI, II, 
v9, (ott. 1920). 
I. 4121 — RuBixo B., Acque- 


dolci = LL., 1 giugno 1926. 

I. 4122 — SAITTA S., Leggende 
antiche di Troina = LS, VIII, 187 
(ott. 1925). 

I. 4123 — SAJEva S., Storia, 
tradizione e leggenda intorno a Trio- 
cola e S. Pellegrino = LS, VIII, 
237 (dic. 1925). 


— 767 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. 1. 4124-4130 


Carollo senior da Carini (I. 4124). S. Pappalardo illustra la « Grotta 
del Drago » presso Palagonia, che è detta dal popolo antica abita- 
zione di un gigante mostruoso, marito di una «Draga », il quale 
faceva devastazioni e ruberie, incutendo terrore nei paesani (I. 4125). 
Due leggende di Comiso riferisce Fulvio Stancanelli (I. 4126). Po- 
trà avere qualche interesse per il folclore, tanto più che quello della 
Sicilia occidentale non è molto studiato, un ciclo di leggende dre- 
panitane che si propone di scrivere Riccardo Castorina (I. 4127): 
tre rapsodie finora pubblicate cantano le origini e la leggenda vir- 
giliana di Enea in Trapani. Auguriamo che l’egregio poeta voglia 
far seguire la illustrazione folclorica. 

Passiamo ai racconti fiabeschi e alle facezie. Giuseppe Men- 
dola, nel trattare della credenza dei bambini (che i Morti portino 
doni nella notte sul 2 Novembre), riferisce la fiaba della bambina 
che va di notte al cimitero per vederne uscire insieme con le altre 
l'ombra della nonna (I. 4128). « Serramonica » era una donna piut- 
tosto alta, col viso coperto, e avvolta in un lenzuolo o in una coltre 
bianca di lana (frazzata), che compariva a metà della Quaresima agi-. 
‘ tando una grattugia. La sua missione era quella di punire i fan- 
ciulli che, invece di stare in casa, si trastullavano nei quadrivi. 
Oggi la «Serramonica » non è che un leggendario ricordo. Così ri- 
ferisce Francesco Pulci (I. 4129). Facezie contro paesi sono rac- 
colte da Alfonso Tropia (I. 4130). Un racconto in dialetto sta a di- 
mostrare che i «racarmutisi » (abitanti di Racalmuto) sono pieni 
di senno e di malizia. La « monacella di Palma » impersona la pro- 
verbiale ingenuità dei Palmesi. « Tre feste della musica di Cani- 
cattì », è il titolo di un terzo racconto: la banda di Canicatti, 
impegnatasi una volta a suonare in tre giorni consecutivi, in 
tre paesi diversi, venne meno a uno degli impegni, e fu punita 
da S. Angelo, patrono di Licata. Questo fatto è passato in pro- 
verbio per indicare la faciloneria della musica di quella città. Sul 


I. 4124 — GATTUSO-CRISCIONE 
I., Mezzoiuso e la sua Madonna 
dei Miracoli, ecc. = LS, IX, 1006 


sodie drepanitane =  « Littorio », 
di Trapani, 29 ag. 1926, ecc. 


I. 4128 — MENDOLA G., Il giorno 


(giugno 1920). 


dei morti = LS, IX, 47 (marzo 
I. 4125 — PaAppaLarDo S., La 1920). 
Grotta del Drago = LS, 1X, 154 I. 4129 — Purci F., La Serra- 
(db 1920); monica = LS, IX, 175 (sett. 
I. 4126 — STANCANELLI F., Due 1926). 


leggende comisane = LS, VIII, 213 
(nov. 1925). 


I. 4127 — CASTORINA R., SMap- 


I. 4130 — Tropia A., Malizie 
e ingenuità paesane = LS, VIII, 
128 (luglio 1925). 


— 768 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE RSGIONI: 17. SICILIA. I. 4131-4137 


detto racconto della « Monacella di Palma » si crede in dovere di 
interloquire G. Caputo « pro domo sua », cioè per scagionare i Pal- 
mesi dalla taccia di credenzoni. Essi invece apparirebbero forniti 
da tanto potente immaginazione da drammatizzare la serafica in- 
genuità della « Matri Crucifissa », e d’altra parte, aggiunge il con- 
traddittore, questa è da Girgenti e non da Palma, sebbene ivi assai 
venerata (I. 4131). 

e) Su abitudini tradizionali dell'anima del popolino ha scritto 
curiose note Francesco Vaccaro-Curto (I. 4132). Come abbiamo no- 
tato, a ricordi di antiche tradizioni soleva risalire S. Consoli (I. 4133) 
nelle sue « divagazioni » linguistiche e più specialmente toponoma- 
stiche. Per ora ricordiamo la spiegazione di cristian per indicare 
o chiamare un uomo, e di cattiva, vedova, voci che hanno relazione 
con fatti e costumi del passato. E a questo proposito ci piace ricor- 
dare la spiegazione data dal Cesareo (I. 4134) a un’ignota parola 
del Decameron (VIII, 10): la voce «achanino», «acanino» è l’arabo 
«h'anin » che ha senso di «soave, dolce, tenero, affettuoso ». Feli- 
cissima spiegazione; e pare che questa stessa parola abbia lasciato 
uno strascico in certi costumi popolari dell’isola. Ancora qui salu- 
tiamo con festa la ristampa del vecchio, prezioso e dilettevole vo- 
lume del Salomone-Marino sui costumi e usanze dei contadini in 
Sicilia (I. 4135). Qualche cosa di affatto nuovo, anche per questo 
argomento, si trova nel mio citato volume Isola del Sole. È di qualche 
anno fa un articolo di B. Rubino su speciali costumi e usanze (pa- 
tronali) dei nostri contadini (I. 4136). Un cenno di costumi pesche- 
recci della borgata di S. Elia è stato scritto dal Can. Giuseppe Traina 
(I. 4137). 

f) Ma in generale gli usi e costumi studiati sono legati a ri- 
correnze e feste particolari. G. Pappalardo ricorda usi e costumi 
del Carnevale di altri tempi a Scordia. Famose le mascherate sim- 


I. 4131 — Caruto G., Ad propo- 
sito di una ingenuità popolare (Pro 
domo mea) = LS, VIII, 183 (sett. 
1920). 


I. 4134 — Crsarto G. A.,, Una 
ignota parola siciliana nel Deca- 
merone = BAP, 1926. 


I. 4135 — SALOMONE MARINO S., 


I. 4132 — Vaccaro-CurTto F., 
Di alcuni aspetti comici del dolore 
morale nel popolino perchè sopraf- 
fatto dalle abitudimi tradizionali, = 
LS, VIII, 55 (marzo 1925). 


I. 4133 — Consoli S., Divarando 
per il campo del dialetto catanese 
= « Corr. di Sicilia », 22 gen. 1925. 


Costumi ed usanze di contadini di 
Sicilia, Palermo, Sandron, 1924. 

I. 4136 — RuBINo B., Costumi 
ed usanze dei contadini di Sicilia. 
Il Patrono = «Giornale d’Italia », 
23 ag. 1925. 

I. 4137 — TRAINA G., S. Elia 
(Palermo) = FI, II, 127 (ott. 1926). 


— 7600 — 


Aevum - Anno I - 49 


L. SORRENTO - FOLCLORE F DIALETTI I. 4138-4140 


boliche, tra cui i caratteristici carretti adorni d’edera e di fiori. 
Da essi « un cantore declamava ad alta voce i versi che altri aveva 
elaborati » per esprimere i lamenti pubblici agli Amministratori del 
Comune (I. 4138). Giuseppe Scirè si occupa della « Vecchia della 
Quaresima » in Militello (Catania). Nel mezzo di una corda tesa 
ad una certa altezza, da un capo all’altro della strada, si ‘colloca 
una pupattola di cenci con conocchia e fuso, alla quale sottostà 
un’arancia con infisse sei penne di gallina. Ogni domenica si allenta 
la corda per togliere via una penna; la sesta penna caduta dà l’'an- 
nunzio della Settimana Santa e quindi dell’imminenza della Pa- 
squa. In tal modo la « Vecchia della Quaresima » diventa una specie 
di calendario popolare. Ma oggi l’usanza è quasi scomparsa (I. 4139). 

Di usi e costumi di Castroreale, alcuni dei quali già scomparsi, 
ci parla Mario Casalaina (I. 4140). Sono ancora in uso il «ca- 
nestro dei Santi », che i bimbi trovano pieni di doni il primo no- 
vembre, e il «ricevimento delle maschere » nelle sere di Carnevale. 
Sono scomparsi: i « presepi » che, ad ingresso libero, si facevano 
per Natale nelle case signorili; le «lontananze o sfondati», una 
delle maggiori attrattive delle feste del 15 e del 25 agosto; il « cam- 
mello » che serviva per la questua della festa dell’Immacolata e 
riusciva di grande spasso al popolino; le « prefiche » che facevano 
lo stesso ufficio delle omonime donne del tempo classico; la « caval- 
cata » con la quale si rendeva onore a qualche illustre personaggio 

*che giungeva nel paese. Ci risulta infine che l’infaticabile Rubino 
pubblicherà nella LL del settembre 1927 alcune note su «Pani e 
caci festivi ». 

Oltre agli usi e costumi, tutto un mondo folclorico si dispiega 
dalle solennità e dalle feste siciliane: canti popolari, giuochi, fiabe, 
credenze, spettacoli, rappresentazioni sceniche. Sta a dimostrarlo 
l'opera immensa del Pitrè, ce lo dice la nostra esperienza e ce lo 
confermano questi appunti bibliografici. Una suggestiva descri- 
zione è quella che il Di Giovanni ha fatto della straula, una carat- 
teristica torre con doni votivi su un carro, che viene portata per 
le vie di Ribera appena Cristo è risorto, e si può dire appartenga 
«a quel genere di sacri spettacoli muti che il nostro popolo ama tanto» 


I. 4138 — PAPPALARDO G., Car- ecc. = LS, VIII, 193 (ott. 19253). 


È bia Scordia = «L . 
aio Lc... a I. 4140 — Casararna M., Usi 
1927 i di 3» e costumi di Castroreale, alcuni det 


quali interamente scomparsi = ILS, 
I. 4139 — Scirt G., Ust e co- VIII, III (giugno 1925). 
stumi quasi scomparsi di Alilitello, 


um 


IL FOLCLORE NELLE VARIE RÉGIONI: 17. SICILIA. I. 4141-4147 


(I. 4141). Lo stesso studioso ci parla di costumanze e tradizioni 
interessantissime per S. Antonio e per Santo Banna. Per quest’ul- 
timo Santo corregge l’errore del Vigo e del Pitrè che scrissero Santu 
Bauna, e crede che debba trattarsi di S. Barnaba (I. 4142- 
4143). Francesco Pulci in un articolo divulgativo parla della famosa 
ricorrenza del 2 novembre (la festa dei morti), coglie dialoghetti fan- 
ciulleschi d'occasione e spiega che la « vucciria » è la piazza del mer- 
cato, sicchè «insegnare la vucciria » significa « svelare ai bambini la 
provenienza dei doni, distruggere in altre parole la gentile poesia 
dei morti portatori dei doni » (I. 4144). In altro articolo B. Bruno 
riferisce usi, costumi, leggende, riti del Natale (I. 4145): scambio 
del vischio come simbolo augurale, novena, ninnareddi e ciaramid- 
dari, presepio, giuochi, cene, credenze e superstizioni popolaresche. 

Per la Settimana Santa C. Minacapelli descrive lo spettacolo 
caratteristico della cosiddetta « alzata della tela », che ha luogo 
nel Duomo di Piazzarmerina la sera della Domenica delle Palme 
e il Sabato Santo un’ora prima di mezzogiorno (I. 4146). Salv. Pap- 
palardo ci dà la descrizione con ricchezza di particolari dei misteri 
della Passione di Cristo che vengono celebrati a Scordia nella ri- 
correnza della Pasqua, a cura delle tre confraternite degli Schiavi 
del SS. Sacramento, dell'Immacolata e del Convento. Ma avanzi di 
vere rappresentazioni sceniche sulla Passione, come ora vedremo, 
sono pure studiati recentemente. 

Per le feste dei Santi abbiamo una particolareggiata esposi- 
zione di M. P. Cimino (I. 4147) intorno al famoso pranzo che si 
suol fare all'aperto per la Sacra Famiglia, il giorno di S. Giuseppe 
a Grotte (Girgenti). Lo Sposo di Maria ha un culto speciale in Si- 
cilia, come ho notato particolarmente nella mia Isola del Sole. 
In proposito ricordo che A. Di Giovanni ha scritto di una 
curiosissima consuetudine, viva ancora in Scicli, Comiso, nelle due 


I. 4141 — Di Giovanni À,, La 
stràgula = «Boll. del R. Prov. 
della Sicilia », II, 289 (15-30 ott. 
1924). 

I. 4142 — Dir GIOvanNsI AÀ.,, 
Sant’ Antonio e il suo compagno = 
« Boll. del R. Provv. della Sicilia », 
IV, 4 (30 ottobre 10925). 

I. 4143 — DI GrovannI A., Chi 
è Santo Bauna?, = stesso « Bol- 
lettino », IIT, 106 (15-30 apr. 1925). 


I. 4144 — Purci F., La poesta 


dei bambini del 2 novembre = LS, 
VIII, 9 (gen. 1925). 


I. 4145 — Bruwo B., Ust e co- 
stumi, viti e leggende di Natale in 
Sicilia = FE, III, 54 (1925). 

I. 4146 — MINACAPELLI C., L’al- 
zata della tela nel Duomo di Piaz- 
zarmerina = LS, IX, 127 (luglio 
1920). 

I. 4147 — Cimino M. P., La 


festa di S. Giuseppe a Grotte = LS, 
IN, 55 (marzo 1926). 


al 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4148-4151 


Raguse, in Vittoria e in qualche altro paese del Modicano: si tratta 
di un vecchio in tunica e mantello di color giallo e azzurro che gira 
tutto l’anno per le case ed è accolto come il vicario di S. Giuseppe 
in terra (I. 4148). F. Pulci (I. 4149) illustra consuetudini popolari 
relative alla festa dell'Assunta; le « cappelline » che le fanciulle pre- 
parano per celebrare innanzi ad esse la «quindicina »; le preci e i 
canti che vengono innalzati in coro ogni sera; i falò che si sogliono 
accendere la sera della vigilia; il giorno festivo che è il giorno dei 
frutti per le fanciulle, le quali in onore della Madonna si sono aste- 
‘ nute dal mangiarne durante la «quindicina ». Tra le classiche « ca- 
valcate » che erano così belle in varî paesi siciliani, quella detta di 
S. Antonino, in Capizzi, si fa nella prima decade di settembre. Pare 
abbia essa origine storica e religiosa; risalirebbe all’epoca di Rug- 
gero il Normanno, a cui le popolazioni, stanche del lungo dominio 
dei Saraceni, andarono incontro con rami d'alloro per manifestargli 
la loro gioia. Attraverso i tempi, «la cavalcata » s'è andata insensi- 
bilmente trasformando nell’itinerario, nell’ordine e nei diritti di 
precedenza e ha perduto nella sostanza quel contenuto religioso 
da cui era primitivamente animata. Così si legge in un articolo di 
Nicolò Mingari (I. 4150), ma l'argomento importante merita mag- 
giore documentazione e ampiezza di trattazione. Nuovi aspetti del 
festino di Palermo riferisce oggi L. Marrocco (I. 4151). L'A. vuole 
«analizzare le varie fasi di trasformazione della grande festa della 
patrona palermitana per metterne in rilievo un aspetto novo, no- 
vissimo, che rivestirà valore storico ». Si tratta dell’erezione di una 
nuova chiesa in onore di S. Rosalia, la qual chiesa dovrà anche 
contenere il monumento ai Caduti e avrà valore di offerta alla me- 
moria di essi. Resterà per altro ancora il carro, il festino dei 3 o 
dei 5 giorni, ma indubbiamente il centro della manifestazione di 
fede sarà dato dai riti che si svolgeranno nella chiesa. « Così la Pa- 
lermo godereccia, nel suo substrato etnico, sì rivela straordinaria- 
mente sensibile non solo alla fede e alla religione, ma anche al culto 
delle sacre memorie d’indole meramente patriottica ». Sulla festa 
di S. Alfio sull'Etna, famosa per la scena poco edificante di ubbriachi, 
ecco ancora un opuscolo con appendice illustrativa sul paese di 


1. 4148 — Dr GIOVANNI A,, Zl I. 4150 — Mincari N,, La ca- 


vicario di S. Giuseppe = «Boll. valcata di S. Antonino in Capizzi 
del R. Provveditorato di Sicilia », = LS, VIII, (25 feb. 1925). 
Hr 33209 g0F01C 1924): I. 4151 — Marrocco L., Nuovi 


I. 4149 — Purci F., La festa aspetti del festino di Palermo = 
della Madonna dell'Assunta in Si-- RIA, IV, n. 11 (1926). 
cilia = LS, IX, I1o (giugno 1920). 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 17. SICILIA. I. 4152-4158 


Trecastagni, dove essa ha luogo (I. 4152). Infine un prezioso volu- 
metto di Rosario Pennisi ritesse la storia delle feste annuali in onore 
di S. Agata in Catania dalle origini al sec. XVIII e s’intrattiene 
anche sulle feste dell'agosto 1852, decimosesto centenario della 
morte della Santa (I. 4153). 

A spettacoli scenici, dicevo, ha dato luogo la Passione. Un 
articolo di Gaspare Gresti riesce interessante per la rievocazione e 
l'esame della celebre rappresentazione, Il mortorio, che soleva avere 
svolgimento in Acireale la Domenica delle Palme. L’ultima recita 
di essa fu preparata nel 1820, e avrebbe duvuto prendervi parte 
anche l’illustre folclorista Leonardo Vigo, ma poi non ebbe luogo 
(I. 4154). La sacra rappresentazione per la Passione non è però 
morta in Sicilia, secondo G. Cocchiara, il quale ci descrive il « Mor- 
torio » di Mistretta recitato anche quest'anno in un italiano stor- 
piato (I. 4155). Il Rubino accenna a una costumanza di alcuni anni 
fa (la lavenda dei piedi il giovedì santo) in S. Fratello, rimasta come 
ricordo di quelle grandi finzioni sceniche della Passione e morte di 
Gesù Cristo, che sì usavano assai in passato. Nell'esempio riportato 
in italiano, dodici ragazzi in costume di apostoli declamano cia- 
scuno la propria parte; l'episodio termina con la maledizione di un 
Angelo a Giuda, il quale getta, non si sa perchè, un’arancia in mezzo 
alla folla (I. 4156). Un argomento che riguarda il famoso teatro 
popolare è trattato da S. Lo Presti (I. 4157) in un opuscolo che con- 
tiene i seguenti capp.: Dell'opera dei pupi; I Pupi in genere; I tr- 
teres castigliani a Napoli; Teatri, fupi e fupara in Sicilia; Le gesta 
di Uzeda il Catanese nell'Opira. Sono importanti per la Sicilia gli 
ultimi due capitoli: quello su fufi e pfupara è quasi per intero il 
riassunto di alcuni articoli pubblicati anni fa da Peppino Fazio 
nel « Corriere di Sicilia ». Non sono riportati testi nè passi dialogati 
che si svolgono sulla scena popolare. Giuseppe Cocchiara (I. 4158), 


I. 4152 — Torrisi A,, La fe- 
sta di S. Alfio, Catania, Scuderi, 
1925. 

I. 4153 PexnISI R., Zeste 
annue e centenarie celebratesi in 
Catania in onore della Vergine e 
Martire S. Agata, ecc., con prefaz. 
di Mons. G. ScaLia, Catania, Ga- 
latola, 1927. 


I. 4154 — GrESTI G., Appunti 
di Folklore, Il Mortorio di Aci- 
reale = I.S, VIII, 178 (settembre 


1925). 


I. 4155 — Coccuiara G., Sicilia 
tradizionale. Il « Mortorto » = GA, 
I5 apr. 1927. 

I. 4156 — RUBINO B.,, La la- 
vanda dei piedi a S. Fratello =- 
FI, I, 41 (marzo 1025). 


“I. 4157 — Lo PRESTI S., / pupi 


(vagabondaggi siciliani), Catania, 
Studio Fd. Mod., 1927. 
I. 4158 — COCcHIARA (G., Le 


Vastasate. Contributo alla storia 
del teatro popolare, Palermo, San- 
dron, 1926. — Rec.: GSLI, NLV 


113 — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4159-4165 


seguendo le vicende sceniche del tipo del popolano di Sicilia dal 
Cinquecento fino al secolo scorso, mette in rilievo l’esistenza di un 
vero e proprio teatro popolare. Di questo teatro sono espressione 
le vastasate, forse aventi per protagonisti i vastast (facchini). La 
tesi del C. è: che il buffo della farsa era passato alla commedia eru- 
dita, la farsa della piazza era passata alla letteratura, e da questa 
passa poi ai casotti e alle vastasate. Passati in rassegna casotti ed 
esercenti, si esaminano e giudicano le principali vastasate, in cui il 
pubblico è attore e spettatore. Una delle caratteristiche che divide 
queste azioni sceniche dalle commedie del sec. XIX è l’introduzione 
del « mafioso ». Il tema trattato risulta interessantissimo. 

g) L'anima e gli usi siciliani rappresenta con vivacità L. Vigo- 
Fazio (I. 4159). Appunti di storia passata e di folclore scrive G. Gu- 
bernale a proposito di una statua, conservata nella Chiesa di S. An- 
tonio Abate in Avola e ritenuta di S. Emiddio. Egli dimostra che 
questa statua di ignoto autore, raffigurante invece Cristo alla Co- 
lonna, fu inaugurata il 25 aprile 1612 e fu onorata come miraco- 
losa dagli Avolesi (I. 4160). La beltà dell’isola e la semplicità dei 
costumi rileva L. Golding (I. 4161), ed in lode delle bellezze natu- 
rali e artistiche ecco al solito un’altra voce straniera (I. 4162). Un 
cantuccio ignorato di Sicilia (Gibilmanna) ci descrive con grazia 
sottile e pensosa Giovanna Maria Pignocco (I. 4163). Come guida 
storica per la città di Sciacca in provincia di Girgenti (auguriamo 
a quella provincia un folclorista che si prenda cura del ricchissimo 
materiale inedito) si segnala qui la Storta che va stendendo Ignazio 
Scaturro (I. 4164). 

h) Di piccoli mestieri siciliani si occupa il Rubino. Ecco un 
quadretto vivo, colto dal vero, del calderaio ambulante che gira 
tutto il giorno per le viuzze, seguìto da un ragazzotto, col qual 
divide il peso degli arnesi e il magro compenso del lavoro (I. 4165). 


(1927) — ICS, IX, 145 (luglio 1926). 

I. 4159 — Vico-Fazio L., Gente 
di Sicilia, Treviso, Cattedra Ital. 
di Pubblicità, 1926. 

I. 4160 — GUBERNALE G,, S. E- 
middio o Cristo alla Colonna? (Ap- 
punti di storia e di folklore avo- 
lese) = «Corriere di Sicilia », 20 
feb. 10927. 

I. 4161 — Gorpinc L., Sicilian 
Noon, London, Chatto, Windus, 
1925. 

I. 4162 -— Jackson N, A stu- 


dent în Sicily, London, Lane, 1920. 


I. 4163 — Pignocco G. M., Dove 
sî sogna, Palermo, Barravecchia, 
1925. — Rec.: « Boll. d. R. Provv. 
della Sicilia », IV, 116 (feb. 1920, 
(A. Di Giovanni). 

I. 4164 — ScatuRRo I., Storia 
della città di Sciacca, ecc., Napoli, 
Maio, I, 1925. 

I. 4165 — RuBINno B.,, Piccoli 
mestieri siciliani. Lu quadararu, 
stagnapareddi = LS, VIII, 34 (feb. 
1925). 


ie 


IL. FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 18. SARDEGNA. I. 4166-4170 


Fa parte delle «Monografie di arti decorative» Il carretto Siciliano 
di Giuseppe Capitò (I. 4166). 


18. Per la SARDEGNA, più che i lavori di folclore, abbondano 
quelli di dialettologia, di storia, di cultura e interessi regionali per 
cui sono benemerite col vecchio ASS le riviste: ZI Nuraghe, Sar- 
degna, Fontana viva, Mediterranea di Cagliari. Già per il nostro scopo 
abbiamo citato alcuni studî del Wagner, del Terracini e del Botti- 
glioni. Aggiungiamo qui un articolo di E. Pretternhofer (I. 4167). 

a) Ricordiamo anzitutto il bel libretto di qualche anno fa 
di Gavino Gabriel che illustra dal lato musicale esempi dei vari 
canti della Sardegna (I. 4168). Un breve articolo di A. Pazzola si 
occupa del canto popolare in Sardegna (I. 4169), ma un notevole 
studio sulla poesia popolare nel Nuorese è quello di Elena Chi- 
roni (I. 4170). Viene prima descritta la poesia popolare sarda in ge- 
nerale e a questo proposito l'A. accenna all’esistenza di una poesia 
di soggetto storico, che dovrebbe essersi estinta sotto le ultime do- 
minazioni straniere. Entrando nell'argomento del presente lavoro, 
informa che i due componimenti poetici più in voga nel Nuorese 
sono il Muttu e la Battorina. Il muttu si divide in due parti: l’ister- 
7ja che è una specie di esordio, quasi una proposta, molte volte 
non connessa alla rimanente parte del componimento; la forrada, 
che è il nucleo principale, generalmente composta di strofe in numero 
eguale a quello dei versi dell'isterrja. Nella isterrja ricorrono accenni 
mitologici e specialmente l’uso del numero tre e dei suoi multipli, 
e in quelle sbocciate ai giorni nostri si ritrovano alcuni nomi di or- 
degni e invenzioni modernissime. L'A. riproduce alcuni esempi di 
torrada, che sono quasi sempre di contenuto amoroso. I muttos 1n 
malas sono componimenti impetuosi che il giovine abbandonato da 
una ragazza lancia contro l’ex-fidanzata: a volte sono amebei. Ma 
ce ne sono di altri argomenti; per es. quelli composti durante la 
guerra rispecchiano l'odio contro il nemico più che l’amore per la 
Patria. Si passa alla descrizione dell’altro componimento: la bat- 
forina e poi allo studio dell'origine dei due generi dei canti. Con- 


I. 4166 Capilò G., I/ carretto Ed. « Italica ars», (1923-24). 
Aa Milano, Bottega di poesia, I. 4169 — PAZzoLa A., Il canto 
3% popolare in Sardegna = « L'Isola », 
I. 4167 — PRETTERNHOFER E., 7 gen. 1926. 
Beitrage zur sardischen Volkskunde 


Ren I. 4170 — CHIRONI E., La poesia 

= WZ\ NN tt. 3 Da 
sà di 152) popolare nel Nuorese == FI, I, 368 
I. 4168 — GagriEL Gavino, (dic. 1925); II, 14 (ott. 1926); II, 


Canti di Sardegna, Milano, Casa 207 (marzo 1927). 


! 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALFTTI. 1. 4171-4174 


chiude l'A. col ritenere che il muttu sia una forma indigena, mentre 
ciò non può dirsi per l’altra. Altri generi di poesia esaminati: af- 
titos (canti funebri), ninnidos (ninne-nanne), gosos (canti di lode 
e invocazione a un Santo). Lo studio termina con un cenno sui canti 
amebei, da cui avrebbero avuto origine piccole azioni sceniche, che 
sono sempre in ottave. La stessa autrice si è occupata del senti- 
mento religioso nella poesia popol. sarda (I. 4171). Giuseppe Cal- 
via pubblica sei deliziosi canti di contenuto religioso destinati a 
essere recitati dai bambini del Logudoro in varî momenti della 
giornata (I. 4172). 

5) Proverbi della Gallura con note illustrative ha pubblicato 
À. Pirodda (I. 4173). 

b e f) Note e appunti su varî aspetti del folclore ha raccolto 
in un volume Pietro Maria Cossu (I. 4174), che è un sacerdote e 
perciò vive costantemente accanto al popolo. L’A. ristampa alcuni 
articoli pubblicati qua e là nei giornali dell’isola e ne aggiunge altri 
nuovi. Ecco l'elenco esplicativo dei capitoli interessantissimi: 1) Po- 
tenzia Cappai (nome di una improvvisatrice famosa in tutto il Cam- 
pidano; 2) Giogus e Gioghittus (giuochi fanciulleschi); 3) L'offerta 
dei capelli (si tratta dell'uso delle donne sarde di tagliarsi i capelli 
per offrirli alla Divinità); 4) Reliquie e amuleti che si appendono al 
collo; 5) /s ’razias (le grazie, cioè il sale, il grano, i dolciumi, ecc., 
che la suocera sparge sugli sposi novelli); 6 Pippieddus moddis (in- 
sieme con îs istrangius o su benidori) indica nel linguaggio materno 
il nome del bimbo nascituro; 7) Superstizioni del malecchio; 8) Su 
divinu de Siddi (è un tal Lucifero Porta che aveva il dono della 
profezia); 9) S'attitidu (il rito funebre caratteristico dei Sardi); 
10) /s cogas malas (manifestazioni spiritiche di vario genere); 11) La 
missa de ritiru (la messa che si celebra per scongiurare gli spiriti); 
12) Devozioni e superstizioni popolari intorno alla Santa Messa; 
13) La musca macedda (una mosca favolosa che fa strage di uomini 
e d’animali): [Vedi anche Le leggende e tradizioni di Sardegna del 
Bottiglioni, p. 24)]; 14) Le trasformazioni in pietra; 15) Zs brebus 
(formule magiche); 16) /s malifattus (i maleficî); 17) Is 1spiridades 
(donne invasate dagli spiriti che fanno predizioni e scongiuri); 18} 


I. 4171 — CHÙrosi E., Z/ senti- I. 4173 — PiroDpDpa A., Pro- 
mento religioso nella poesia popo- verbi sardi, Firenze, Bemporad, 
lare sarda = MED, I, n. 2, feb. 1925. 


1927. 


I. 4172 — CALVIA G., Canti re- 
ligiosi del Logudoro = FI, I, 232 
(giugno-sett. 1925). 


I. 4174 — Cossu P. M,, Note e 
appunti di folklore sardo, Bagna- 
cavallo, Soc. Tip. Ed., 1925. 


#51 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 18. SARDEGNA. I. 4175-4180 


Le streghe. L’A. attinge le sue note dalla sicura informazione del 
popolo; sicchè molto spesso riesce a darci notizie e particolari del 
tutto nuovi. D'altra parte i raffronti che egli stabilisce con la tra- 
dizione biblica o classica sono quasi sempre indovinati e, se non 
arrivano a una vera e propria ricostruzione genetica, servono a 
dare maggior risalto alle credenze popolari. Questo è il giudizio di 
Gino Bottiglioni, che è l’autore dell'importantissimo volume Vita 
Sarda della Collezione Scrrento, e ora prepara una compiuta 
rassegna di studî sardi per la RLR. Ancora il Calvia raccoglie di- 
rettamente dal popolo indicazioni e voci di animali e piante, corre- 
date da note e richiami; sono 84 voci notevoli (I. 4175). Per le solen- 
nità e feste è da ricordare un articolo di A. Melis de Villa sul Na- 
tale in Sardegna (I. 4176): discesa dei dardaricini dalla Barbagia per 
vendere oggetti di legno, castagne e noci; pronostici amorosi della 
vigilia; preparativi culinarî, molti e caratteristici anche per scambi 
di doni; ballo nella piazza della parrocchia al suono di /uneddas, 
strumento che non manca nella Messa di mezzanotte; caratteristica 
è la festa dell'Epifania a Sorso. S. Merghe si occupa in due articoli 
della maniera di fare il pane d'orzo e della pastinatura (I. 4177- 
4178). 

g) C'è una serie di buoni lavori di storia, archeologia, di il- 
lustrazione di luoghi e di curiosità sarde, che presentano interesse 
per il folclore. I saggi di archeologia di Vincenzo Ulargiu, studioso 
attivo e infaticabile (I. 4179), spettano più che altro all’etnografia. 
Notiamo che l’A. vuole ricercare l'origine e l’uso dei Nuraghi nella 
etimologia del nome. La radice ws, ur « bruciare », che per lo Spano 
con semplice traslato sarebbe passata a indicare casa, cioè luogo 
dove si accende e custodisce il fuoco, per il nostro studioso farebbe 
pensare al fuoco sacro, all’ara, al tempio del sacrificio, c quindi l’uso 
primitivo delle costruzioni sarde sarebbe esclusivamente religicso. 
Mi par ci sia qui della ingegnosità, non raccomandabile negli studi eti- 
mologici. Per i nuraghi, da parte sua il T. Gen. Vittorino Edel (I. 4180) 


I. 4175 — CALVIA G., Animali e I. 4178 — MERGHE S., La pa- 
piante nella tradiz. popol. sarda e stinatura == MED, I, n. 3 (marzo 
specialm. nel Logudoro = FI, II, 1927. 
log <marzo:-1027): I. 4179 — UrLaRGIUÙ V., Saggi 

I. 4176 — Metis DE ViLLa A., IZ di archeologia e letteratura sarda, 


Natale in Sardegna = FE, III, P. I, Oristano, Tip. Pagani, 1925. 
(1925). I. 4180 — EpxL V., / Nuraghi 
I. 4177 — MEercHE S., Come si e i Nuraghici, Cagliari, Casa Ed. 


fa il pane d'orzo - MED, IT, n. 1 «Il Nuraghe», 1025. 
(gen. 1927) 


1 
1 
I 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4181-4187 


vuole dimostrare che essi erano posti avanzati di tutt’un sistema di 
opere di offesa e di difesa che i popoli nuraghici invasori opposero 
agli indigeni. . 

Giuseppe Pardi in una pubblicazione di carattere demografico 
esamina nella storia sarda gli avvenimenti che hanno determi- 
nato. il lento sviluppo della gente sarda, concludendo che la 
scarsezza della popolazione sarda è la causa prima dei suoi mali 
(I. 4181). Uno straniero, il Dr. Anton Krautze, fa una rapida ras- 
segna di curiosità e caratteristiche sarde illustrate magnificamente 
da fotografie offerte dalla munificenza di un professore di Cagliari 
(I. 4182). Ed è da segnalare la bella idea attuata di pubblicare in 
quattro volumi riccamente illustrati la prima traduzione italiana 
che il Prof. Valentino Martelli ha fatto del Viaggio in Sardegna 
di Alberto Ferrero Della Marmora, non che di ristampare in cinque 
volumi la Storia di Sardegna di Giuseppe Manno (I. 4133-4184). 

h) Nell'isola c'è un buon movimento a favore della coltura 
locale delle piante medicinali vecchie e nuove (I. 4185). 


19. Del risveglio di studî storici, linguistici e folclorici nella e 
per la CORSICA d'oggi si è fatto cenno. Una circolare o bando dalle 
colonne di A Muvra è rivolta ai « buoni corsi » affinchè prestino con 
entusiasmo la loro collaborazione agli studî linguistici e folclorici, 
« per il bene del loro caro paese ». Siamo persuasi col Ferrarin (I. 4186) 
che questa campagna concepita e condotta con buon metodo darà 
buoni frutti, specialmente per gli studi italiani, chè, come ha scritto 
Arrigo Solmi, «l'Isola ha una storia tutta legata alle vicende toscane, 
e vive una vita per le costumanze e le forme civili abbastanza si- 
mile a quella della Lunigiana, della Garfagnana, della montagna 
lucchese o pisana » (I. 4187). Già alla letteratura in dialetto corso 


I. 4181 — ParpI G., La Sar- 
degna e la sua popolazione attra- 
verso 1 secoli, Cagliari, 1926. 


I. 4182 — KRAUITZE A,, Aus 
dem unbekannteften Lande Europas, 
in « Die Koralle-Magazin fuùr alle 
Freunde von Natur und Technik », 
Berlin, ott. 1925, 67. 


I. 4183 FERRERO DELLA MAR- 
MORA A., Viaggio in Sardegna. Pri- 
ma trad. ital. del prof. V. MAR- 
TELLI. Vol. I, Cagliari, Casa Ed. 
a Jì Nuraghe», 1920. 


I. 4184 — Manno G., Storia di 
Sardegna, Cagliari, Casa Ed. « Il 
Nuraghe », 1923-25. 


I. 4185 — La coltura delle piante 
medicinali in Sardegna = TYR, 
I, n. 2 (luglio 1925). 


I. 4186 — FERRARIN A. F., Fol- 
klore corso = ASC,I, n. 2 (1925). 


I. 4187 — SoLMI 
sica (Studio storico) = 
n. I (1925). 


A., La Cor- 
ASC, I, 


Sa 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 19. CORSICA. I. 4188-4191 


aprono le loro colonne A Muvra, L’annu Corsu, Le Petit Marseillais 
(éd. de la Corse), L’éveil, Le Courrier de la Corse, La Nouvelle Corse, 
La Corse, L’Aloès, ecc.; una rivistina in generale di poesie dialettali 
è A Baretta Maisgta. 

Parleremo, in separati Bollettini, di poeti dialettali e di studì 
linguistici. 

Per i folcloristi ha indiscutibile valore il volume di G. B. Mar- 
caggi, direttore della Bibl. Municipale di Aiaccio, il qual volume 
è una miniera preziosa di poesia popolare corsa (lamenti, vòceri, 
nanne, canzoni, serenate), preceduto da una dotta prefazione e con a 
fianco la traduzione dei testi in francese (I. 4188). Ricordiamo pure la 
spiegazione che si è tentata di un proverbio (« a gola porta a Tunisi »), 
che, contenendo un accenno a ricordi pirateschi, non mostra chiaro 
il legame col vizio della gola. Qualcuno ha affacciato l’idea che si 
tratti di un bisticcio di parole, essendo Gola, Goletta il canale che 
mette Tunisi in comunicazione col mare (I. 4189). Interviene R. Corso 
a spiegare — e mi par giusta l’interpretazione — che qui debba trat- 
tarsi di un adagio di carattere topografico, designando la posizione 
della città salvaguardata dalla fortezza di Goletta. « Col volgere dei 
tempi, dimenticato dal popolo il primitivo significato, il proverbio 
venne ad acquistare un valore metaforico per l’idea della golosità 
suscitata dalla parola Gola o Goletta » (I. 4190). « Pruverbi e detti », 
« detti intesi da Mamma », leggende, illustrazioni di luoghi e di cose 
del passato si trovano sparse nell’Almanaccu di A Muvra, del 
1925 (I. 4191), in quello già esaurito del 1926 e nel recente del 1927. 

Sono pure interessanti per i folcloristi e specialmente per i lin- 
guisti 1 Raconti e le Fole di Don Domenico Carlotti, esimio parroco 
di Muraccioli e conosciuto sotto il rinomato pseudonimo di Mar- 
tinu Appinzapalu, il quale con Petru Rocca, battagliero e dotto di- 
rettore di A Muvra, è intelligente amatore del folclere isolano. 
«Sono leggende, fiabe — ha scritto C. Merlo — che, attinte dalla viva 
voce del popolo, delle novelle popolari hanno intera la grazia delle 
linec, l’ingenuità, la freschezza; sono racconti, anche se d’invenzione, 
condotti su motivi, intessuti su trame paesane così finamente che 
la personalità dell'autore mal si distingue da quella della sua gente » 


—a eat 


1 ce° - e. ri 


lita © 


I. 4188 — Marcacai G. B., La- I. 4190 — Corso R., Per un 
menti, Vòceri, chansons populaires proverbio = FI, I, 332 (giugno-sett. 
de la Corse, Ajaccio, Rombaldìi 1925). 
(1927). 
I. 4191 — A/manaccu di A 
I. 4189 — A gola porta a Tunist Muvra, Aracciu, Stamparia di A 
= ASC; I, ii LL; 20 3:.(1925). Muvra, 1925, 1920 e 1927. 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4192-4197 


(I. 4192). Scritti di lui dello stesso genere e più recenti si trovano 
sparsi qua e là. Ecco: A trastagliula; U tilaghiu d'oru (I. 4193-4194); 
.4 Calcagnetta (leggenda murianinca), U vitellu di l’oru (fola di Natale), 
U testamentu di l’Orezzincu (racontu di A Castagniccia), U dutturi 
Bastiacciu (I. 4195). E formuliamo l’augurio che l’autore stampi 
un secondo volume dopo quello del 1924. Leggende corse si trovano 
in altra pubblicazione del Marcaggi, dove è studiata evoluzione 
dell’Isola in tutte le sue manifestazioni dalle origini fino ai nostri 
giorni. L’opera è divisa in cinque parti: preistoria; l'archeologia 
romana e medievale, quattordici leggende; storia; alcuni aspetti 
particolari dell'Isola (Aiaccio nido dell'Aquila, la Tournée d’Evisa, 
Bonifacio la città medievale, L'incanto delle foreste còrse, Bastia 
la città ligure, La luce di Capo Corso, La desolazione delle coste, 
La dolce Balagna, Pellegrinaggio alla tomba di Pasquale Paoli, 
padre della Patria) (I. 4196). 

Per le tradizioni e costumi popolari notiamo fra l’altro un bre- 
vissimo scritto su una strana profezia sopra la Corsica (I. 4197). 
Merindelle, pranzetti, sono convegni periodici dei più noti poeti 
dell’Isola. È una usanza antica con riflessi e spiriti nuovi. Suggestiva 
riuscì la terza merindella del 14 luglio 1926 a Merusaglia, città santa 
per i Corsi, in occasione della deposizione di una corona di bronzo 
sulla tomba di Pasquale Paoli. Ebbe prima luogo la festa patriotticte 
con cerimonia religiosa, durante la quale il Sac. Petrignani pronunziò 
un discorso in lingua cérsa, e fu cantato un vecchio canto religioso 
— inno di guerra degli antichi còrsì — in lingua italiana; poi davanti 
alla casa di Pasquale Paoli il cantore popolare Minicale, dalla be- 
retta misgia e a cispra in collu, improvvisò un canto ispirato per 
l’Eroe e sulle tristi condizioni della Corsica; e a lui seguì un altro 
noto pocta, il Maistrale, accompagnandosi al mandolino. La parte 
propriamente folclorica incominciò con la smerindella (« presede a 
taula Petru Rocca »); allora si svolse tra i poeti una gara di canti 
improvvisati. Levata la mensa, la gara poetica venne continuata 


I. 4192 — Carotti D., (.Vur- I. 
tinu Appinzapalu), Raconti e fole 
di lIsula Persa, Pyretiaziu di CLE- 
MENTE Merto, Aiacciu, Libreria I. 
di A Muvra, 1024. Terre de Corse, 


4195 — 
Muvra, 1927. 


Almanaccu di A 


4196 — Marcacci G. B, 
Ajaccio, Rom- 


I. 4193 — ApprixzapaLu M., d 
trastagliula = TYR,T, n. 2 (1925). 

I. 4194 — AppixzaPaLu M., U 
tilaghitt d’oru ecc. = « Altagna » 
II, n. 7 (1020). 


baldi (1927). 


I. 4197 — Per le tradizioni popo- 
lavîì tirreniche. Una strana pro- 
fezia sopra la Corsica = TYR, I, 
n. 4 (1925). 


— 180 — 


IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 


19. CORSICA. I. 4198-4205 


davanti a grande folla, alla « Fontana di u Melu, la dove i cantori 
«s’inzzuffanu a chiama e rispondi » (I. 4198-4200). — È stata pubbli- 
cata una poesia di tradizionali lamenti per i morti, con questa pre- 
messa: « Ancora come altre volte citiamo alcune strofe cantate poco 
tempo fa sul letto funebre d’una mite e buona fanciulla di Propiano 
e le citiamo perchè ci preme di tener sempre presente agli Italiani la 
persistenza in Corsica di questa antichissima e bella forma di poesia 
popolare. Il poeta è il fratello stesso della povera morta » (I. 4201). 
Questa poesia individuale (il poeta è G. P. Codaccioni), ha un 
sapore popolare. Un articolo sul teatro dialettale còrso non do- 
vrebbe essere segnalato qui, ma l'anonimo autore ritiene che esso 
possa dirsi « vero teatro popolare, nel senso assoluto della parola », 
chè «i poeti e pensatori d'oggi in Corsica, non sono tanto dei 
letterati d'eccezione nel senso solito della parola, ma sono dei poeti 
popolari» (I. 4202). 

Per le memorie antiche menzoniamo anzitutto «una succosa 
e savia epigrafe latina che in brevissime linee disegna bellamente 
uomini e cose dell’isola ». È ricavata dalla Galleria delle Carte Geo- 
grafiche del Vaticano, dove «sono indicate con grande esattezza 
le varie regioni d’Italia, dipinte sulle pareti: insigne monumento 
della coltura italiana del Cinquecento, ben a ragione aggiunge la 
Guida di Roma del Touring, perchè nella reggia dei Papi si affermò 
così l’unità geografica e spirituale dell’intera regione italiana» (I. 4203). 
Dobbiamo rallegrarci per il ricordo che va risorgendo di Carlo Massei, 
autore di una memoria sulla Corsica (1834). in cui furono studiati 
fra l’altro i costumi e l'indole dei Corsi (I. 4204). E qui può trovar 
posto il recente lavoro storico di Gioacchino Volpe, che non è solo 
una ricostruzione originale e documentata della storia corsa, ma 
tien conto, negli ultimi capitoli, del movimento odierno di cul- 
tura locale e tradizionale dell'Isola (I. 4205). 


I. 4198 — Atteggiamenti antichi 


I. 4201 — Gli ultimi vòceri = 
e spiriti nuovi della poesia di Cor- 


TYR,I,n.3(1925) e II, n. 1 (1926). 


sica. Le merindelle = TYR,II, n. I. 4202 — La questione del teatro 
2-3 (1920). dialettale in Italia. E° la volta 

I. 4199 — A terza merindella dei Corsi = TYR, I, n. 4 (1925). 
d’ i pueti corsi, Ajacciu, 1920. i. ola diva 


I. 4200 — MAanFRrEDI P., Una 
grandiosa manifestazione cursista. 
A Palma di u Centenariu di Pas- 
quale Paoli. A Terza Merindella 
d’i pueti corsi, Merusaglia, 14 lugliu 
1920 = « Almanaccu di A Muvra», 
1927. 


di Corsica = TYR, I, n. 2 (1925). 
I. 4204 — Una memoria di Carlo 
Massei sulla Corsica = ASC, I, 2 
(1925). 
I. 4205 — VoLre G., Corsica, 
Milano, Ist. Ed. scientif., 1927. 


STR — 


L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4206-4207 


Siamo infine lieti di comunicare che Gino Bottiglioni sta pre- 
parando uno studio sulla lingue, gli usi e costumi corsi (I. 4206), 
di cui è apparso un saggio (I. 4207). E l’ed. Trevisini si è deciso di 
comprendere e pubblicare nella Collez. Sorrento il vol. folclorico 
destinato alla Corsica. 


[Seguiranno al presente Bollettino la II Parte (ZI Poeti dia- 
lettali) e la III Parte (7 Dialetti italiani)]. 


I. 4206 — Grimanpi E., L'Italia I. 4207 — BorttiGLIONI G., La 
dialettale = «A Muvra», 17 ma- penetrazione toscana e le regioni di 
gchiu 1925. l’omonte nei parlari di Corsica = 

1D, IT, f. 2 (1920). 


— 782 — 


NOTIZIARIO 


1. A proposito di « Inventarî di librerie umanistiche ». — 
Augusto Mancini, illustrando in questa rivista l'inventario di una no- 
tevole raccolta di codici di cui ci conserva memoria una carta lucchese 
del 1420 (cir. AEVUM, I, pp. 455 Sgg.), confessa di trovare strana la no- 
tazione che vi si incontra di un libro matii poetria. Il M. però soggiunge 
che, pur «non essendovi incertezza di lettura », egli crede che non vi 
sia dubbio trattarsi della epistola oraziana (art. cit. p. 457). 

Questa conclusione mi pare un po’ affrettata e non tale da eli- 
minare ogni dubbio. La stranezza della indicazione è affatto apparente. 
Accade infatti non di rado di incontrare, nei cataloghi di biblioteche 
medievali, dei trattati di arte poetica che non sono di Orazio. Nei 
secoli XIII e XIV la fama della epistola oraziana anzi era stata oscu- 
rata da altre opere come il Laderintus di Everardo di Germania, la 
Poetria di Giovanni di Garlandia, la Poetria nova di Goffredo di Vi- 
nesanf, l’Ars versificaria di Gervasio di Melkley e l’Ars versificatoria di 
Matteo di Vendòme. È probabile che il codice elencato in questo inven- 
tario contenesse appunto il testo della poetica di quest’ultimo. La forma 
Matii non è inspiegabile: in una antica inscrizione cristiana troviamo 
Mattius per Mattheus (v. CIL. X, 1621) . La denominazione generica 
di poetria non può fare difficoità, poichè il tratraro di Matteo.di Ven- 
dome è tramandato dai manoscitri con titolo incerto (cfr. Hist. lett. 
di la France, XV, p. 427; ENDLICHER, Catal. codd. philo!. latinor. Bibl. Pa- 
lat. Vindob., p. 250-251; E. FARAL, Les arts poétiques du XII© et du XIII® 
siècle, Paris 10924, pp. 13 sg.), e si sa d'altronde che tali trattazioni ve- 
nivano designate nei cataloghi per brevità col nome di foetrie. Inoltre 
esiste nella biblioteca in questione un gruppo di codici che rappresen- 
tano l'indirizzo della cultura latina imperante nel sec. XIII; e non mi 
pare temeraria la supposizione che accanto a testi grammaticali e les- 
sicali come il Grecismo, l'Uguccione e il Papia, potesse esistere anche 
il celebre testo di rettorica dell’autore del Tobias. Questa conclusione 
avrebbe un certo interesse riguardo alla fortuna dell’Ars versificatoria 
del Vindocinense che ci è conservata da un numero relativamente ri- 
stretto di manoscritti. 


Milano 
FAUSTO GHISALBERTI 


2. — Glozel. — Una terricciola francese sulle propaggini” Nord 
del Massiccio Centrale, nel dipartimento dell'Allier, che dista da Vichy, 
capo luogo « di cantone » del dipartimento, km. 17 a S. S. E.: è tra la 
Loira e l’Allier, a circa km. 11 da questo fiume e ad un'altitudine su- 
periore ai m. 600. Ignota fino a ieri, la piccola località ha assunto, in 


— 783 — 


NOTIZIARIO 


questi ultimi tempi e, specie, sullo scorcio del 1927, una notorietà gran- 
dissima, per certe scoperte « archeologiche », che, reali od immaginarie 
che siano, hanno avuto potere di attrarre l’interesse di illustri uomini 
di scienza: indi dispute, dapprima solo calorose, e poi violente fino a 
portare i contendenti nelle aule del Palazzo di Giustizia; sicchè ben 
presto la « novità » archeologica s’è mutata, data anche la mancanza 
d'una ufficiale e definitiva conclusione, in un.... « mistero glozeliano ». 
Il campo degli scienziati è decisamente scisso in due schiere pugnaci 
di «glozeliani » e « antiglozeliani », al cui comando figurano nomi ce- 
lebri, d’ogni parte: il duce dei glozeliani, il «lanciatore » di Glozel è 
il dott. Morlet, col quale stanno, Salomon Reinach, conservatore del 
museo di Saint Germain, il prof. Camille Jullien e il prof. Loth, membri 
dell’Accademia delle Iscrizioni, il prof. Bjorn, dell’Università di Oslo. 
Per gli antiglozeliani basti citare, il prof. Dussaud, conservatore del 
Museo del Louvre ed il conte Beguin, professore di lettere alla Facoltà 
di Tolosa. 

La storia delle sensazionali scoperte di Glozel risale al 1° marzo 1924, 
quando un agricoltore di Glozel, di nome Fradin, arando un suo campo, 
detto « deì morti », dette coll’aratro in alcuni mattoni, sepolti nella 
terra, e scoprì, in seguito a ciò, una fossa ovale sotterranea, donde trasse 
altri mattoni similari. Si sparse subito la novella di una grande scoperta 
archeologica: una società di coltura, in aprile, mandava sul posto al- 
cuni competenti, i quali giudicarono, solennemente, che una tomba, 
ivi trovata, risaliva a tempi antichissimi. Se non che, poco dopo, in- 
dagini non meno autorevoli riconobbero nella pretesa tomba le vestigia 
di un forno di vetreria, di qualche secolo addietro: colate di vetro, 
infatti, risultavano ancora sui mattoni. Ma, il gennaio del ’25, il Fradin 
ricompariva sulla scena e, questa volta, recava trionfalmente una ta- 
voletta con cifre incise, e, l’aprile dello stesso anno, trovava — fortuna 
grande per lui! — nel dott. Morlet l’appoggio della sua autorità di scien- 
ziato. Ciò che fece seguire ad un primo tempo di comune noncuranza 
ed incredulità, un crescente movimento glozeliano; gli scavi procedet- 
tero alacri e copioso ne divenne il materiale, tanto che lo straordinario 
« campo dei morti », lungo una ventina di metri e largo altrettanto, 
fu circondato da palizzata; e sì istituì un attiguo Museo Glozeliano 
che espone ora circa 3500 oggetti, naturalmente con una regolare tassa 
«l'ingresso per i visitatori. 

In che consiste la « scoperta » di Glozel? — Gli scavi, praticati nel 
breve campo, hanno svelato due tombe e numerosissimi oggetti in esse 
contenuti; sì tratta naturalmente di oggetti sacri di carattere votivo, 
destinati appunto a tali tombe, o forse «li strumenti di magia, necessarî 
da una fattucchiera (ipotesi di Camille Jullien). Questa osservazione ha 
tatto esprimere al prof. Loth la persuasione, che Glozel fosse una città 
sacra: secondo altri, una necropoli. 

Lasciando, tuttavia, la questione della autenticità o meno del 
«giacimento o piantagione di antichità », che forma ancora, si può 
dire, «l’enimma scientifico o pseudlo-scientifico di Glozel » (vero è che 
la Commissione internazionale d'inchiesta, nominata in occasione del 
Congresso Internazionale d’antropologia, tenuto ad Amsterdam, il set- 
tembre del 1927, ha redatto un lodo completamente antiglozeliano), quelli 
che più seriamente hanno destato curiosità e studio e sono stati fomite 


Mi 


NOTIZIARIO 


di aspre dispute, sono i caratteri incisi sui mattoni: è già pubblicata per- 
fino una grammatica glozeliana, compilata dal colonnello Saint-Hi- 
laire. 

Tutti i contendenti, oltre al carattere funerario delle iscrizioni, ri- 
conoscono, di conserva, che le lettere glozeliane, non appartengono ad 
un unico e noto alfabeto: il dott. Morlet ha fatto notare che vi si tro- 
vano tutti, o circa, i caratteri « qui ont constitué les alphabets étrusque, 
lydien, libyen, italiotes, ainsi que les fifinar’ berbères, etc. ». Più in dietro 
ancora risale il Butavand (G/ozel et ses inscriptions néolithiques, Paris, 
Chiron, 1928, Avant-propos, p. 8) il quale pensa «que le glozélien se 
rattache peut-étre aux origines paléo-sémitiques, à une époque où la 
discrimination des deux courants sémitique et berbère n'’était pas en- 
core un fait accompli, ou plutòt à une époque où le berbère était relative- 
ment près de cette origine commune ». Ed in realtà, chi ben li osservi tali 
caratteri, trova, più che altro, una molteplice complicazione di segni non 
nuovi ed una duplice tendenza della scrittura, che, secondo il Butavand 
(id, p. 12), «est pratiquée de droite à gauche », alla grafia verticale e 
alla grafia obliqua a sinistra. Tutto questo ha destato seri sospetti negli 
avversari, tanto, che il prof. Dussaud ha dichiarato sul Matin: « Se le 
tavolette trovate a Glozel fossero autentiche, esse proverebbero, ‘che 
tutti i popoli della terra sarebbero venuti a Glozel, per cercarvi le loro 
lettere alfabetiche ». Invece per uno dei più calorosi glozeliani, Sa- 
lomon Reinach, tali caratteri, appunto, forniscono il prezioso elemento 
rivelatore di Glozel: « è la grande rivelazione della scrittura neolitica, 
tanto più — egli sostiene — che è notevole la mancanza della lettera 
B, «introuvable dans les anciens alphabets qui ont précédé le graphisme 
gréco-latin ». (Butavand, p. 6). Si tratterebbe, perciò, dato anche il 
materiale, dell'importante periodo neolitico, durante il quale la nuova 
« phase du développement de l’intelligence humaine fut celle qui ouvrit 
au progrès ses véritables voies» (JAcquES DE MORGAN, L’Humanité 
préhistorique, Paris 1921, p. 85), periodo caratterizzato appunto dalla 
levigazione delle rocce più dure (silice, Jade, diorite, sienite) e dalla 
loro stessa lavorazione ed il cui limite inferiore si può fissare, per la 
Gallia, la Svizzera e i paesi limitrofi ,verso il XXV sec. a C. 

Come si vede, le illazioni sono sbalorditive: di qui la aspra op- 
posizione di tanti. — Mistificazione o verità? 

Non è nostro intento portare alla questione glozeliana una qualsiasi 
soluzione: vogliamo soltanto far notare come ormai, qualunque sia 
l'esito finale della contesa scientifica, Glozel ha già raggiunto un suo 
fine pratico molto importante, quello cioè di richiamare l’attenzione 
non solo degli studiosi, ma anche del pubblico profano sopra queste 
ricerche, il che giova indubbiamente alla coltura attraverso una più 
fine coscienza del divenire della nostra civiltà. 


Milano | PieTRO FERRARINO 


3. — Il Mausoleo di Augusto. — Strabone (Geogr., V, 8) dopo 
avere descritto il campo Marzio come una delle regioni più amene di 
Roma antica, ricorda che i Romani «riguardando questo luogo come 
il più sacro e magnifico, qui posero i monumenti sepolcrali degli uomini 
e delle donne più illustri ». Già fin dal I sec. a. C. infatti le persone più 


ea 


Aevum - Anno I - 50 


NOTIZIARIO 


eminenti venivano sepolte nel campo Marzio e le ceneri di Silla e quelle 
di Cesare trovarono qui riposo dalle aspre contese civili, mentre per la 
. figlia di Cesare Domizio trovò che il luogo era troppo solenne e glorioso 
(Dro Cass. XXXIX, 64 e seg.; RICHTER, 7op. d. Stadt Roms, p. 29). 

‘Tra i monumenti funerarî del campo Marzio Strabone ricorda come 
il più grande e il più ricco il Mansoleo di Augusto. L’imperatore ne iniziò 
la costruzione tra il Tevere e la via Flaminia il 28 av. C. e l’opera con- 
dotta non secondo‘i principi sfarzosi dell’Oriente ellenistico, ma ispi- 
rata alle tradizioni della vecchia Etruria, fu finita il 27, quel mede- 
simo anno in cui, il 16 gennaio, fu decretato ad Ottaviano il titolo ono- 
rifico d’imperatore. 

« Consisteva — dice Strabone (V, 8) — in un gran terrapieno, su 
alta base di pietra bianca, ombreggiato fino alla cima da alberi sempre 
fronzuti. In alto la statua in bronzo di Cesare Augusto e in basso i se- 
polcri di lui e dei familiari.... Nel mezzo del piano si trova il recinto 
(anch’esso in pietra bianca) del suo rogo, circondato da un cancello di 
ferro e internamente piantato a pioppi ». All'entrata che da mezzogiorno 
conduceva nel sotterraneo erano collocate, su due pilastri, le tavole di 
bronzo che noi conosciamo oggi sotto il nome di Monumentum Ancy- 
ranum © di Res gestae divi Augusti per mezzo di copie superstiti in Oriente 
e che furono come la sintesi delle imprese di Augusto, il suo bilancio e 
quasi il suo testamento politico: de tribus voluminibus — dice di esso 
Svetonio (Aug. 101) — alterum indicem rerum a se gestarum (Augustus) 
voluit incidi in aeneis tabulis quae ante mausoleum statuerentur. 

In una data incerta, ma ad ogni modo prima della morte di Au- 
gusto furono pure portati davanti al mausoleo quei due grandiosi obe- 
lischi graniticìi di cui uno è del 1587 presso S. Maria Maggiore sull’Esqui- 
lino, l’altro del 1787 nella piazza del Quirinale. All’intorno si estendevano 
boschetti e giardini: era il parco che, come dice Tacito, Augusto populo 
suo publicarat. 

Nell'intervallo fra il 27 av. C., anno nel quale il Mausoleo fu finito di 
costruire, e il 14 d. C., anno della morte di Augusto, l’imperatore fece 
ivi seppellire quanti della sua famiglia, a lui più cari, lo precedettero 
nella morte; in primo luogo Marcello, suo nipote e genero, il bello e 
forte giovane, su cui egli aveva riposto tutte le sue speranze e che Ve- 
gilio cantò con dolcissimi versi nell’Eneide. Seguirono Agrippa, Ot- 
tavio, Lucio e Gaio Cesare, Druso, e nel 14 d. C. Augusto, e dopo di lui 
‘Germanico, Livia, Tiberio, Agrippina e qualche altro; ultimo Nerva, 
dopo il quale il Mausoleo si chiuse (Dro Cass., LXIX, 23). 

Ad un lungo periodo di reverenza e di ricordo intorno alla mole 
Augusta, succedette, iniziata da un assalto di Goti nel 410, l’ età della 
decadenza e della profanazione, chè i Goti prima penetrarono nell’in- 
terno del sepolcro, sconvolsero le urne, e fecero man bassa su tutto ciò 
che era oggetto di valore e si poteva esportare, poi si susseguirono 
gli operai delle calcare che dal sec. VIII in poi saccheggiarono i mo- 
numenti di Roma per cavarne calce da costruzione e fissarono proprio 
nell'interno del mausoleo una delle loro officine. Divenuto poi castello 
dei Colonna, fu dai Romani nel 1167 smantellato in odio a tali signori; 
nel 1354 fu quivi cremato il corpo di Cola di Rienzo, finchè dopo varie 
altre vicende nel ’500 Monsignor Soderini lo ridusse a giardino; nel- 
l'ultimo ’700 il marchese Argenteri lo utilizzò per giostre e corride, e 


— 786 — 


NOTIZIARIO 


più tardi fu adibito a sede di una scuola musicale e vi si incluse un grande 
salone di concerti. E venne recentemente per il Mausoleo di Augusto 
anche l’èra degli scavi archeologici, e già nel 1908 l’ing. Rebacchi nel 
ricostruire il salone dei concerti vi intraprese alcune ricerche, che sono 
state i prodromi di quelle che con rinnovato ardore di studiosi e di am- 
miratori di Roma il prof. Giglioli e il prof. Collini hanno iniziato per 
incarico del Governatorato di Roma e il cui esito porterà al rilievo de- 
finitivo di tutto quanto potè essere salvato dalla distruzione del tempo 
e degli uomini. i 

Tali la misurazione del diametro del tamburo base, che risultò di 
88 metri, cioè di molto superiore a quanto avevano supposto altri in- 
dagatori precedenti, quali il Lanciani; quattro sono poi i muri concen- 
trici posti come altrettanti anelli intorno alla parte centrale; negli in- 
terstizi fra l’uno e l’altro muro settori e nicchie; un corridoio tra- 
sversale che tagliava gli anelli concentrici metteva in comunicazione 
l’interno del monumento con le porte rivolte a mezzogiorno. Nel centro 
una cella circolare di circa 17 m. di diametro, con parecchie nicchie 
per le urne, nel mezzo un grande pilastro secondo il costume degli Etru- 
schi. E gli scavi continuano diretti ora a liberare intieramente le celle, 
e già ne vennero una statua di Nerva, con iscrizione, le epigrafi di Ot- 
tavia e di Marcello, e parte probabilmente della stessa tomba di Ot- 
tavia. Scavi dunque archeologici e insieme nazionali, accanto a quelli 
che il Governatorato ha intrapreso ai fori di Augusto, di Nerva, di Tra- 
lano, al teatro di Marcello, al Campidoglio, e che ci daranno tra poco 
una visione sempre più chiara di Roma imperiale. 


Milano 


GIUSEPPE ANFOSSI 


4. — La villa di Orazio nella Sabina. — In seguito agli scavi 
del 19II, diretti dal prof. Pasqui e a recenti studi del Lugli (Mon. 
Ant. Lincei XXXI, 2°, 1926) pare ormai definitivamente risolta la que- 
stione più che secolare, circa l'ubicazione della v://a di Orazio nella Sa- 
bina. Le conclusioni, che interessano particolarmente e gli studiosi di an- 
tichità e gli amatori del poeta, stabiliscono ormai l’identificazione di 
essa con la villa situata alle falde del Colle Rotondo (com. Licenza) in 
località Vigne di S. Pietro. In principio, la discussione, sorta in propo- 
sito per zelo di studio e amore al poeta, era compresa tutta in questi 
termini: «Dov'è la villa di Orazio?» Risposero il Broxpo, il PIAZZA, il 
CLUVERIUS, assegnandone il vanto alla Media Sabina, senza però ac- 
cordarsi nei particolari. Primo l’HoLSTENIUS, seguito, almeno in parte, 
dai compilatori di mappe del Tiburtino e del Lazio antico, nel 1635 
rivolgeva lo sguardo degli studiosi alla Bassa Sabina, additando nel 
Licenza il Digentia oraziano, in Roccagiovane il fanum Vacunae, in Vi- 
covaro, Variae, in Bardela, Mandela, nel monte Germano il Lucretile, 
senza maggiormente specificare. Solo nel 1761, D. DE SANCTIS e B. CAMP- 
MARTIN DE CHAUPY, mentre si contendevano l’onore della scoperta, 
precisavano il sito esatto della villa, nel comune di Licenza. Non tutti 
lo riconobbero, non il Rosa (1857), per esempio, che escluse questi avanzi 
« perchè appartenenti all’epoca della decadenza » e perchè le indicazioni 


= ar 


NOTIZIARIO 


post fanum putre Vacunae (Ep., I, 10, 49), în montes et în arcem (Serm. II, 
6, 16), în arduos tollor Sabinos (Carm. III, 4, 21) meglio corrispondevano 
a suo avviso, ai resti trovati al di là di Roccagiovane, presso Madonna 
delle Case, alle falde del Colle Poetello)il qual nome lo fece troppo pen- 
sare, mentre non è che corruzione di Pogetello, Poggio). Se non che, 
a un certo momento, la questione si complicò: alcuni studiosi, troppo 
zelanti nel conciliare le due opinioni pin accreditate, vinti dall’entu- 
siasmo e dalla frequenza con cui Orazio parla di Tivoli e dell’Aniene, 
gli attribuirono un’altra villa in queste località. Ora è sostenibile tale 
affermazione? il LucLi la nega affatto, e con buone ragioni: anzitutto, 
le allusioni, per quanto accorate (Carm. II, 6, 5) del luogo, non impli- 
cano necessariamente che il poeta possedesse ivi una casa (l'avrebbe, 
in tal caso, cantata più spesso di quella sabina, perchè in territorio 
più nobile) anzi, si spiegano facilmente, se si pensa che il poeta vi do- 
veva passare per recarsi nei suoi possedimenti, e forse vi pernottava. 
Per quanto poi concerne la frase di SvETONIO: Vixtt plurimum in secessu 
ruris sui Sabini ant Tiburtini; domusque eius ostenditur circa Tiburni 
luculum, che pare favorevole alla tesi, vale l’interpretazione di C. JuL- 
LIEN il quale pensa che il territorio di Tivoli, occupando tutta la bassa 
Sabina, poteva chiamarsi col nome generale di Sabino, o col nome del 
centro più importante (Tivoli). Augusto infatti lo incluse nella IV re- 
gione Sabina e del resto in proposito vedi CATULLO (Carm. 44). In terzo 
luogo ai passi citati per provare l’esistenza di una seconda villa (Carm. I, 7 
10 (30-27 av. C; H 6, 5 (25-24 av. C.), III 4, 21 (23-22 av. C.). Ep. I, 
7, 44 (21-20 av. C.), 18, 11 (21-20 av. C.), Carm. IV 2, 30 (17-14 av. C.), 
IV 3, 10 (17-14 av. C.), il LucLI alrri ne oppone (Serm. II, 6, 1 (32 
30 av. C.), Ep. I 3I (31-30 av. C.), Carm. II, 18, 11 (25-24 av. .C), 
Carm. ITI 11, 47 (23-22 av. C.) posteriori (sec. la cronologia del VOLLMER, 
Lipsia 1912) ad alcuni di essi (gli altri da sè soli non hanno valore 
particolare) in cui si parla chiaramente di un’unica villa sabina. 

Si può chiederne ora la data di donazione: il BoIssiERr la fissa nel- 
l’anno 34, altri nel 33 perchè nel Carm. III 8, 9 e sgg. Orazio dice di 
aver offerto a Mecenate, in un banchetto, vino riposto nelle anfore 
sotto il consolato di L. Volcazio Tullo, che cade appunto nel 33. Ma il Lu- 
GLI, seguendo l’UssanI stabilisce l’anno 32. Infatti, egli dice, sappiamo 
che il banchetto fu offerto in occasione dello scampato pericolo per la 
caduta del pino; che Mecenate guardò con diffidenza il vino (Carm. 1], 
20), credendolo proveniente dalle vigne Sabine, e infine che vi furono due 
consoli Tulli, uno nel 66, l’altro nel 33. A quale dei due alludeva il poeta? 
se al primo, intendeva un vino più vecchio di lui, se al secondo, un vino 
anteriore all'anno di donazione della villa. L’autore citato preferisce 
quest'ultima ipotesi, perchè lo lusinga il pensare che Orazio abbia pre- 
venuto l'obiezione dell'amico « Ma che vino mi dai? il vino cosi cattivo 
della tua villa? » affrettando un « No, è un vino che non ho fatto qui, 
l'avevo già prima che tu mi donassi la villa ». 

lFissato così tutto ciò che riguarda la villa dal lato storico, ossei - 
viamo che numerose sono le coincidenze che esistono fra il paesaggio 
della valle del Licenza, ove si ritiene esistesse il possesso sabino di Orazio, 
e le frasi che il poeta lascia cadere nelle sue lirtche: la forma della valle 
che il sole nascente lambisce nel lato destro, i rapidi tramonti dietro 
il C. Rotondo che la sovrasta a scirocco, riparandola dai raggì cocenti, 


— 7188 — 


NOTIZIARIO 


la sorgente a poca distanza, poi il fiume in basso, il sito tiepido e tran- 
quillo troppo bene richiamano i versi: 


Continui montes si dissocientur opaca 

Valle, sed ut veniens dextram latus aspiciat sol 
Laevum discedens curru fugiente vaporet, 
Temperiem laudes. 


Ma se questi argomenti non bastano per riconoscere la natura de- 
scritta da Orazio, altri ne avanza il Lugli, e cioè: 

1) la facilità con cui si spiega il passaggio di Digentia in Licenza; 

2) l'identità ormai assodata di Mandela oraziana con Bardela, 
in base a un'iscrizione (ZL. XIV, 3482) ivi trovata (1757) (nessun 
motivo fa pensare che provenga da altrove) in cui si nomina una « massa 
Mandelana, ove la dedicante il monumento aveva fondi. Il NiBBvY poi 
ritiene che 11 medievale Bardella, Burdella, sia corruzione. di Mandela; 

3) il passaggio evidente di Vicus Wariae in Vicovaro, Anche la 
tavola Peutigeriana segna sulla Via Valeria a 8 miglia da Tivoli, fianco 
destro dell'Aniene, una borgata, Nariae, ancora in efficienza nel VII sec; 

4) Inoltre il post fanum Vacunae va inteso nel senso che la villa 
era situata dietro, cioè al di là del tempio di Vacuna, rispetto natural- 
mente a chi giungeva da Roma o da Tivoli. Ora i resti dell’edificio sup- 
posto di Orazio si trovano proprio oltre Roccagiovane, dove, attissa al 
muro di quella che ora è la sede del Comune, un’iscrizione ricorda il 
restauro fatto da Vespasiano a un tempio della Vittoria in rovina (IL., 
XIV, 3485). Appunto la dea Vacuna è idenficabile con la Vittoria, 
come riconobbe anche l’HoLstENUS valendosi di un passo della Pseudo 
Acrone (Scholta, KELLER, Lipsia 1902-04, II, p. 245); 

5) si aggiunga, infine, la sopravvivenza del casato degli Orazi, 
ORATI, nel territorio fra Tivoli e Licenza, riscontrata dall’UssaANI fino 
in carte del princ. del sec. XIV, conservate nell’arch. munic. di Licenza. 

A questo punto per togliere l’ultimo dubbio sulla posizione esatta 
della villa, esaminiamo ancora con la scorta del Lugli tutte le antichità 
della valle. Le uniche ville che potrebbero gareggiare con i restidi Licenza, 
sono quelli a Capo le Volte, o Formello, presso Roccagiovane, e quelli 
a Prato Le Corte; quest’ultima va senz'altro esclusa, perchè essenzial- 
mente rurale, troppo vicina alla via Valeria, non addossata al monte, 
poi priva di sorgente, sita prima e non dopo il fanum Vacunae (iden- 
tificato in Roccagiovane). L'altra, già dal Rosa, Dis VERGES, Bols- 
SIER, attribuita ad Orazio, non presenta vestigia d'età romana, è, ve- 
ramente alle falde del monte, post fanum Vacunae presso una sorgente, 
ma non în reducta valle, poi troppo lontana dal fiume, che lambiva in- 
vece, allagandola durante le piene, la proprietà del poeta. Adunque 
caso strano, molti argomenti a favore dell'identificazione suddetta; 
nessuno in contrario, a meno che non si voglia considerare tale, il fatto 
che non si trovarono frammenti di vasi greci, in cui Orazio stesso so- 
leva riporre il vino, né le pitture licenziose ricordate dallo PsEuDo 
ACRONE, né il cubiculus speculatus di cui parla SvetoNIO (Vita Horatii). 
La villa del poeta vien dunque, con gli ultimi studi, collocata, con buone 
ragioni, nel territorio di Licenza; nel complesso si rivela dimora di tipo 
signorile, ma severa, senza lussi: uma casetta (12 stanze e due cortili) 


— 789 — 


NOTIZIARIO 


un bagno completo aggiuntovi, un quadriportico con piscina e hortns 
costituiscono il corpo del fabbricato. Intorno bosco di querce ed elci 
alle falde del Lucretile (Colle Rotondo) e nel bosco il fons e il rîvus; ager 
seminato a segetes, fruges, frutteto e vigna e ove la vite si sposava 
all’olmo e all’ulivo, il resto, prati. Belli i mosaici trovati, esempi no- 
tevoli per finezza di disegno ed esecuzione, belle le pitture che per 
la loro vivacità si rivelano opera di artista non comune, e soprattutto 
belle le figure umane fra cui spicca un Bacco giovane ignudo, chiaro 
su fondo giallo. Era dunque poi tanto piccolo quello che il poeta chia- 
mava agellus, angulus, villula? Sì, se lo confrontiamo con le ville dei 
grandi personaggi romani, di Cesare, Mecenate, ecc. Ma questo che 
importava ad Orazio? Il suo ottimismo epicureo gli suggeriva, con l’amore 
alla campagna: parva domus magna quies. 


Milano 
Rina LOCATELLI 


5. — Testi greci recentemente scoperti. — Poichè il nuovo 
fascicolo di Aegyptus tarderà ancora qualche settimana ad uscire, non 
voglio rimandare ancora l’annuncio della pubblicazione di due importanti 
volumi nel campo della papirologia greca, volumi che cì procurano nuovi 
testi greci, che erano andati perduti. Si tratta del XVII volume degli or- 
mai celebri papiri di Ossirinco (The Oxyrhynchus Papyri part. XVII edit. 
by A. S. Hunt, London, Egypt Expl. Society, 1927) e del Catalogo dei 
papiri letterarî del Museo Britannico (Catalogue of the literary papyri 
in the British Museum ed. by H. ]J. M. MiLnE, London, Trustees, 1927). 
Fra i testi liturgici e teologici noto un dialogo antigiudaico; fra ì testi 
classici un nuovo frammento del catalogo Esiodeo, del libro II di Saffo. 
forse del Nauplio di Sofocle, del Piritoo di Euripide, e soprattutto degli 
Aetia di Callimaco, un frammento di Chronica di Flegone di Tralle, 
una vita di Esopo, un curioso encomio del fico, commenti retorici, un 
glossario, un frammento latino che tratta di Servio Tullio, e un frammento 
giuridico latino. Nel volume del Milne, oltre la riedizione e la biblio- 
grafia di testi già prima pubblicati, noto un lungo frammento del II libro 
dell'Iliade seguito da una introduzione in prosa; frammenti del cata- 
logo di Esiodo, dei Fenomeni di Arato, di epici sconosciuti, di una 
lirica monodica che è forse il lamento del Sole per IFetonte, di un inte- 
ressante frammento lirico drammatico alessandrino, di giambi di Si- 
monide di Amorgo, di un epicedio di Partenio per Timandro, dell’Ippolito 
di Euripide, di retori, di filosofi, di critici, ecc. 

La notizia di tali scoperte giovi a quei lettori che ancora ignoras- 
sero quante e quali sorprese le papirologia egiziana ancora riservi alle 
conoscenze della letteratura antica, segnatamente della greca. 


ARISTIDE CALDERINI 
6. — La topografia dei «Promessi Sposi». — Su questo di- 


sputato tema il Bindoni pubblicò due volumi (1), ma non s’illuse perciò 
di aver esaurito l’argomento e chiuso i dibattiti: credette anzi che un 


(1) G. BixponI - La topografia del romanzo I Promessi Sposi. Milano, Rechie- 
dei, 1895. ° 


— 790 — 


NOTIZIARIO 


lavoro più proficuo avrebbe potuto fare chi risiede sul luogo. Restava 
dunque qualche punto da illuminare, qualche conclusione da rettifi- 
care, qualche indagine da fare ex novo: e il prof. Spreafico, nato e 
cresciuto nei luoghi manzoniani, se ne assunse il compito. Natural- 
mente egli riprese solo le questioni più mal certe: cioè quelle riguar- 
darti il palazzotto di don Rodrigo, le terre ed il castello dell’Inno- 
minato, il paese degli sposi: questioni che sono poi le capitali. 
Egli esplorò a palmo a palmo (non è una frase) il territorio di Lecco 
con i Promessi Sposi nella mano destra e gli Sposi Promessi nella mano 
sinistra; notò le varie prospettive di un medesimo luogo; rifece i viaggi 
di don Abbondio, di Renzo, del Padre Cristoforo, etc., computando il 
tempo e i passi richiesti per passare da sito a sito: tutto con amore ed 
intelligenza, senza pregiudiziali e senza proporsi un punto d’arrivo. Ora 
nel suo libro, che io qui presento, dice a chi vuol leggere quel che ha 
trovato (*). 

Certamente al M. non capiterà di far tramontare il sole dietro il 
Resegone; ma lo Spreafico ha trovato un bel gruppetto di assurdità 
e di contraddizioni, che si leggono con vera curiosità e che stan lì a 
dimostrare, se mai ce ne fosse bisogno, che il M, non aveva rinun- 
ciato alla fotestas quidlibet audendi. Tanto meno poi aveva mnun- 
ciato al bel gusto di lasciare innominati i luoghi e di prendersi gioco 
con insinuazioni ironiche e contraddizioni di quei critici (oh li preve- 
deva egli!) i quali avrebbero scambiato la sua opera d’arte per una 
guida del territorio di Lecco. Ma lo Spreafico ha forse trovato che, 
ad esempio, i particolari decorativi e descrittivi si attagliano bene con 
località particolari e designabili: e questo, con buona pace di altri 
critici, viene a dire che il M. fu capace di rivivere il mondo dell’espe- 
rienza, fu sensibile alle immagini reali e visive, nè vagolò punto nel 
dominio assoluto della fantasticheria. Questo appunto di sceverare 
nell’armoniosa unità dei Promessi Sposi l’elemento reale da quello in- 
ventivo è il merito e la ragione del libro dello Spreafico. 

In alcune pagine è rilevato accidentalmente che la topografia de- 
gli Sposi Promessi tende ad essere fotografica; laddove nei Promessi 
Sposi, il M. si lascia andare a maggiore libertà e ha un maggior vi- 
gore creativo: approfondendo questo studio comparativo della topo- 
grafia nelle due redazioni del romanzo, si potrebbe arrivare all’alta 
critica, cioè all'analisi della potenza inventiva manzoniana nel suo 
ascendere e culminare. 


Milano 
A. POLVARA 


7. — Le tradizioni popolari siciliane. — Hanno avuto quest'anno 
la ventura di essere esaminate e illustrate largamente da studiosi di 
varie tendenze. Segnaliamo quella che fa capo a Raffaele Corso. Egli 
stesso ha pubblicato una breve memoria sullo «sviluppo storico del 
folklore siciliano « (in Atti del secondo Congresso Nazionale di Chimica 
pura ed applicata, Palermo, 10927, p. 1508-1620), nella quale sono esposte 


(2) A. SPREAFICO - La topografia dei Promessi Sposi nel territorio di Lecco. Lecco 
E. Bartollozzi, pp. 131. 


— 101— 


‘ NOTIZIARIO 


dee chiare e vive sull’opera del Vigo e del Pitrè. Dei canti raccolti 
dal primo è detto che sono «inattendibili come documenti filologici, 
perchè l’ortografia è male adoperata »: questa osservazione e, direi, 
preoccupazione di un folclorista fa piacere a noi che auspichiamo un 
accordo tra filologi e folcloristi circa la grafia da usarsi per i docu- 
menti popolari in dialetto. Per il Pitrè, è ben messo in rilievo l’in- 
tuito e il metodo scientifico del grande studioso palermitano. Certo 
anche le sue raccolte lasciano a desiderare dal punto di vista filolo- 
gico, per avere egli usato una grafia piuttosto etimologica, ma, nono- 
stante ciò e alcune piccole mende, giustificabili nella vasta e monu- 
mentale opera, il Pitrè rimane il maestro di quelli che sanno. 

Un volume su «Gli studî delle tradizioni popolari in Sicilia » (ed. San- 
dron, Palermo) ha pubblicato, in questi ultimi giorni. l’infaticabile Gius. 
Cocchiara, È un lavoro che ha una linea. Noi abbiamo discusso qualche 
Opinione espressa da questo giovine studioso nelle sue opere, abbiamo 
dato il benvenuto al suo manualetto (Hoepli) sul Folclore italiano, 
augurando che una seconda edizione sia più ampia e degna del mo- 
vimento odierno degli studî folclorici, abbiamo fatto le nostre lodi 
all’ottimo suo studio sulle vasrasate siciliane; adesso ci rallegriamo 
per questo nuovo contributo portato al folclore. Il Cocchiara padro- 
neggia la materia e mostra di essere in continuo progresso nell’eser- 
cizio scientifico della sua disciplina. Ci sarebbe da fare qualche pic- 
cola osservazione, ma non la facciamo, in questa notizia di ncces- 
sità breve, chè, per contrapposto, dovremmo anche mettere in evi- 
denza i numerosi e cospicui pregi del volume. Solo vorremmo dire 
che alla innegabile serietà di esso nuoce un po’ una puntata finale di 
spirito aspramente polemico. Chi conosce la via dolce e severa della 
scienza che ne sospinge, vorrebbe consigliare, specialmente a giovani 
operosi come il C., di sapere padroneggiare anzitutto il proprio animo, 
anche se risentito. 


L. SORRENTO 


8. — È annunciato per il 21 aprile prossimo un I° Congresso 
Nazionale di Studî Romani da tenersi in Roma sotto gli auspici di 
S. M. il Re, e dell'on. Mussolini, presieduto dal Ministro Fedele e dal 
Principe Spada Potenziani, governatore di Roma; fanno parte della 
Giunta Direttiva i professori Scialoja, Calisse, Giglioli, Muîos, Benci- 
venga e il dott. Delli Santi: segretario generale del Congresso è il 
prof. Carlo Galassi Paluzzi, preside dei corsi superiori di Studî Romanis 
« Il rinnovellato amore per Roma e la romanità ed il nuovo fervore 
di studî intesi ad una miglior conoscenza di questi due termini sacri 
alla Storia » dice il bando del Congresso « hanno fatto sentire il bi- 
sogno di organizzare in modo sempre più vasto e sicuro, e quindi dì 
iniziare una serie periodica di congressi destinati a facilitare un’intesa 
fra gli studiosi, fonte necessaria d’ogni vasta opera collettiva, e a lu- 
meggiare in pari tempo i più importanti problemi inerenti agli studî 
romani. i 

Il Governatorato di Roma, d’accordo con il Governo Nazionale, 
ha l’onore di invitare gli studiosi italiani, e quegli studiosi stranien 
che nella loro qualità di Presidi di Istituti residenti in Roma e di 


NOTIZIARIO 


Membri di Accademie italiane sono ospiti graditissimi fra noi, a pren- 
der parte al Primo Congresso Nazionale di Studî Romani e in pari 
tempo ha l'onore di invitare le Accademie, le Università e altre Asso- 
ciazioni culturali a voler inviare i loro rappresentanti al Congresso. 

L'organizzazione del Congresso è stata affidata all’Istituto di Studî 
Romani (Roma 112, piazza dell'Orologio 4, Palazzo dei Filippini) ». 

Il Primo Congresso Nazionale di Studî Romani sarà divisa in un 
certo numero di Sezioni e di Comitati. 

Ad organizzare i lavori delle Sezioni e dei Comitati è nominato 
un gruppo di studiosi dalla Giunta Direttiva, ai membri della quale 
è riservata la presidenza delle Sezioni medesime. 


SEZIONE ANTICHITÀ: Presidenza: prof. G. Q. GIGLIOLI. 

SEZIONE MEDIOEVO: Presidenza: prof sen. CARLO CALISSE. 

SEZIONE RINASCIMENTO ED ERA MODERNA: Presidenza: 
prof. ANTONIO MuNos. 

SEZIONE ERA CONTEMPORANEA: Presidenza: gr. uff. DOoME- 
NICO DELLI SANTI. 

COMITATO DISCIPLINE GIURIDICHE: Presidenza: prof. sen. 
VITTORIO SCIALOJA. 


COMITATO LETTERATURA E FILOLOGIA: Presidenza: prof. 
VITTORIO RoSSI. 

COMITATO ARTE E ARTISTI: Presidenza: prof. TonmASo BEN- 
CIVENGA. | 
COMITATO DISCIPLINE SCIENTIFICHE: Presidenza: prof. 

FeDERICO MILLOSEVICH. 


Del Comitato d’onore fanno parte fra altri il prof. Bartolomeo 
Nogare, Direttore Generale dei Musci Pontifici, il prof. Pio Paschini 
del Pontificio Seminaria Lateranense e il P. Pietro Tacchi Venturi S. J. 
dell'Istituto di Studî Romani. 

AGC: 


Le numerose 


RECENSIONI 


preparate per questo fascicolo sono state per abbondanza di 
materia rimandate al prossimo numero. 


— 7193 — 


LIBRI RICEVUTI 


Bruno Mosca, La satira filosofico-sociale in Orazio, pp. 93. Chieti, 
Grafiche Bonanni 1926, 

Bruno Mosca, La psicologia politica di Catullo [= Estratto Atene e 
Roma, nn. 1, 2; 1927]. 

Bruno Mosca, La pazzia universale (interpretazione delle ZEumenides 
di Varrone. [Estratto Terra Vergine, Ann. II, fasc. 28, 29), Te- 
ramo, La Fiorita, 1927. 

Bruno Mosca, La satira politica in Lucilio {| Estratto Annuario Gin- 
nasio Teramo 1924-25). Teramo, La Fiorita, 1927. 

SopPHocLIs, Trachinias, edit. R. Cantarella, pp. xi1i-104. Napoli-Ca- 
strogiovanni, 1920. 

BragIo PAcE, Camarina, con 69 illustrazioni e 2 carte topografiche 
[= Collezione Sicilia Antiqua], pp. x-165. Catania, Tirelli, 1927, 

ERICH STOLTE, Der Faliskiche Dialekt, Inaug. Diss. 8°, pp. 63, Minchen 
Hòfling, 1920. 

RoBERTO PARIBENI, Optimus princeps, 2 vol., pp. v-340-321. Messina, 
Principato, 1927. 

UNIVERSITA’ DI UpsaLa, Symbola Litteraria, 89, pp. 365. Upsala, Almqvist 
et Wiksells, 1927. 

FRANCECCO STABILI, L’Acerba a cura di A. Crespi, pp. 49I, Ascoli 
Piceno, Cesari, 1927. 

GENNARO MARIA MonTI, Le confraternite medievali dell'Alta e Media 
Italia, 2 vol., pp. xIv-309-183, Venezia, La Nuova Italia, 1927. 

FRANCESCO LANZONI, Le diocesi d'Italia dalle origini al princ. del sec. VI®, 
2 vol., pp. xI11-1122. l‘aenza, Lega, 1927. 

GIovannNI DE CAFSARIS, Memorie Francescane Pennest, pp. 40, Lan- 
ciano, Mancini, 1927. 

G. B. PicoTTI, La giovinezza di Leone X il Papa del Rinascimento, 106°, 
pp. 738, Milano, Hoepli, 1927. 

AmBRrosIaNUS, Soluzione possibile della Questione Romana, 16°, pp. 23, 
Milano, Bestetti ec Tuminelli, 1927. 

FRANCESCO PETRARCA, La vita solitaria, pp. XXII-159, Milano, Hoepli, 
1927. 

FRANCESCO PETRARCA, Z/ mio segreto, pp. XXxIx-190, Milano, Hoepli, 
1927. 

GIOVANNI PINZA, Storia delle civiltà antiche, pp. x-3806 con 94 tavole, 
Milano, Hoepli, 1923. 

GiusEPpE CATTANI, Sentire e volere, pp. xv-580, Milano, Hoepli, 1928. 


— 794 — 


LIBRI RICEVUTI 


GIOVANNI SEREGNI, Don Carlo Trivulzio e la cultura milanese, pp. xI- 
278, Milano, Hoepli, 1927. 

PiETRO PaoLo GEROSA, L’umanesimo agostiniano del Petrarca, Parte I: 
L'influenza psicologica, pp. 159, Torino, Soc. Ed. Intern., 1927. 


J. SvENNUNG, De auctoribus Palladii, pp. 124, Gottburg, Elanders 
Boktr., 1927. 

CaRL WEYMANN, Beitrage zur Geschichte der Chyistiich-Lateinischen 
Poesie, pp. x11-308, Munchen, Max Hueber, 1926. 


PRÙMMER DomIin. U. O. Pr., Manuale Juris Canonici in usum scholarum, 
Editio IV et V aucta et secundum recentissimas decisiones Romanas 
recognita, in 8° (xLIV et 720 p.). Friburg. Brisg., Herder, 1927. 
[Manuale ad uso delle scuole, che sarà utile e gradito, non solo 

agli studenti, ma anche agli insegnanti e a quanti desiderano di avere 

in compendio l’amplissima materia del diritto canonico, che è raccolta 
completa in opere di grande mole e non sempre agevoli a consultarsi. 

Il pregio del lavoro, oltre che in questa sapiente concisione, consiste 
nella disposizione della materia corrispondente in buona parte a quella 
seguita nel nuovo Codice del Diritto Canonico, nella perspicuità, nella 
facilità dell’esposizione, nel grande senso pratico, con cui il volume è 
condotto. 

Nella sobria introduzione si fa il dovuto posto alle questioni fon- 
damentali del diritto canonico; si dà un catalogo illustrativo dei prin- 
cipali canonisti e delle fonti del diritto. 

In appendice sono raccolti utili informazioni e indicazioni sul modo 
di trattare con la Curia Romana, si riportano formularî di atti della 
medesima, dichiarazioni autentiche relative all’interpretazione del Co- . 
dice, e infine segue, assai utile, un buon indice alfabetico. 

Il Prof. Primmer ha reso un ottimo servizio agli studiosi]. 


FRANCESCO LANZONI, La controriforma nella città e diocesi di Faenza, 
pp. 316, Brescia, Stabil. Grafico F. Luga, 1925. 

ETtToRE PARATORE, La movella in Apulejo, 16°, pp. 264, Palermo, 
Sandron, 1928. 


LoRrENZo DaLmasso, Virgilio e la vite (riflessì del carattere di Virgilio 
nel poema delle Georgiche) [Estr. Atti R. Accad. Virg. di Man- 
tova] pp. 38, Modena, Tip. Mod. 1927. | 

}°. J. M., DE WAELE, The magic staff or rod in Graeco-italic Anti- 
quity, 16°, pp. 222, Nijmegen, 10927. 


— 7959 — 


ABBREVIAZIONI ® 


AAD = Architettura e arti decorative. 

A DB = Annales de Bretagne. 

A E = Aegyptus. 

AEL = Archivio per l’etnografia della Lunigiana. 

AGI = Archivio glottologico italiano. 

ATC = Annali dell’Italia cattolica. 

ALB = Albori. 

AR = Archivum romanicum. 

A RC = Arcadia - Atti dell’Accademia e scritti dei Soci. 
ARIV = Atti del R. Istituto Veneto. 

ASC = Archivio storico di Corsica. 

ASDS = Archivio di storia della Scienza. 

ASL = Archivio storico Lombardo. 

ASDL = Archivio storico della città e diocesi di Lodi. 
ASLS = Atti della Società Ligure di Storia Patria. 
ASPP = Archivio storico per le provincie Parmensi. 
ASS = Archivio storico Sardo. 

ASSI = Archivio storico per la Svizzera Italiana. 

ASSO = Archivio storico per la Sicilia orientale. 
ASSS = Atti della Società Savonese di Storia Patria. 
AT = Archeografo Triestino. 

ATH = Athenaeum. 

AU = Augustea. 

AVT = Archivio Veneto-Tridentino. 

BAP Boll. della R. Accad. di scienze, lettere e belle arti di Palermo. 
BER = Bergomum. 

BIL = Bilychnis. 

BMAH = Bulletin du Musée d’Art et d’Histoire. 

BR = Brutium. 

BSBS = Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino. 
BSIYF = Bollettino della Società Filologica Friulana. 
BSPNX =: Bollettino Storico per la Provincia di Novara. 
BSPU = Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria per l'Umbria. 
CAL = Calabrese. 


CI = «Ce fastu? » Bollettino uftic. della Società Filologica Friulana. 
CM = La Cultura Moderna. | 
CO = Corvina, Rivista di scienze, lettere, ecc. (Budapest). 


* Si riferiscono all'ultimo fascicolo soltanto. 


TO 


ABBREVIAZIONI 


DAR = Dacoromania. 

D P = Diritto e Politica. 

E N = Educazione Nazionale. 

ES = Escursionista. ù 

FC = Folklore (già Folklore calabrese). 

FE = Femmina. 

FFC = Folklore Fellows Comunications dell’Accad. finlandese di Scienze. 
FI «= Folklore Italiano. 

FL = Folk-Lore, rivista inglese. 

GA =« Gli Artisicatori. 

G PL = Giornale di Politica e Letteratura (Lucca). 
GSLI = Giornale Storico della letteratura italiana. 
GSLL= Giornale Storico-Letterario della Liguria. 
IC = IUlustrazione camuna. 

ICS = Italia che scrive, 

ID = L'Italia dialettale. 

IL = Il Lupo. 

IM = Il Marzocco. 

JP = Journal de Psycologie norm. et path. 

LAD = le Arti decorative. 

LAR = L’Archiginnasio. 

LC = La Cultura. 

LCR = La Critica. 

LEO = Leonardo. 

LIO = L'Italia d'oggi. 

LL = La Lettura. 

LP = La Panarie. 

LPI = La Pié. 

LS = La Siciliana. 

LU = L'Universo. 

MDI = Mercure de France. 

MDM = La Musa dialettale Marchigiana. 

MED = Mediterranea (Cagliari). 

M Ph = Modern Philology. 

NA = Nuova Antologia. 

NO = Novaria. 

NOS = Nosside. 

N PhM = Neuphilologische Mitteilungen. 

NRS = Nuova Rivista Storica. 

NSM = Nuovi Studi Medievali. 

PDN = Provincia di Novara. 

PSSC = Periodico della Società storica d. Prov. e antica dioc. di Como. 
RA = Revue archéolbgique (Parigi). 

RCC = Rivista Critica di Cultura Calabrese, 
RDA = Rivista di Antropologia. 

RDB 


I 


Rivista di Bergamo. 


— 797 — 


ABBREVIAZIONI 


REH = Revue des études hongroises et finno-ongriennes. 
RETP = Revue d'Ethnographie et des trad. pupulaires. 
RHF = Revue d'histoire franciscaine. 

RIA = Rivista d'Italia e d'America. 

RIFD = Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto. 
RISB = Revue de l'Institut de Sociologie, di Bruxelles. 
RLR = Revue de linguistique romane. 

RLU = Rassegna del Lazio e dell'Umbria. 

RN = Rassegna Nazionale. 

RO M = Romania. 

RP = La Rassegna, del Pellizzari. 


RSAA = Riv.distoria, arte, archeologia per la provincia di Alessandria. 
RSAN = Rivista di storia, arte, archeologia per la prov. di Novara. 
RSFF = Rivista Società Filologica Friulana. 

RSR = Rassegna storica del Risorgimento, 

RV = Rassegna Volterrana. 

RVT = Rivista della Venezia Tridentina. 

SI = Sicilia, Rivista mensile. 


SR = Studî romanzi. 

ST = Studî Trentini. 

TLS = Times Literary Supplement. 
TYR = Tvrrhenia. 

UNITI = Rivista dell’Unione Nazionale Industrie Turistiche Italiane. 
VDI = Le Vie d’Italia. 

WZV = Wiener Zeitschrift fiir Volkskunde. 
ZFO = Zeitschrift fiir Ortsnamenforschung. 
ZRTITh = Zeitschrift fiir romanische Philologie, 
ZVV = Zeitschrift des Vereins fiir Volkskunde. 


— 798 — 


INDICE GENERALE DELL’ANNATA 


AVVERTENZA: & ed È Lee a A peo 3 


AGOSTINO GEMELLI O. F. M., L'ordinamento delle Facoltà di 
lettere nelle Università cattoliche straniere . . . >» 5 


Inedita et rara: 
GIOVANNI GALBIATI, Vergilius latine et Graece in Palim- 
psesto codice Arabico . . . . eo 49 
PaoLOo REVELLI, Un trattato PRENOTA di isa 
Moleti: « Discorso che il re cattolico sia il maggior 


principe del mondo e [1580-81] con 2 illustrazioni . » 417 
Avousto Mancini, Inventari di librerie umanistiche. . » 455 
P. AntToNnIo BeLLuccI D. O., Il «De Origine Oratori) » 

(Opuscolo inedito del Cardinale Cesare Baronio) . » 625 


Bollettini bibliografici: 


AmBRrogiIo Battini, India (1915-1924). .../.... 0» 71 
CAMILLO CESSI, Letteratura greca, parte l (1923-1925) . » 283 


GIOVANNI SORANZO, Storia del Papato (1923-1925) . . . » 359 
CarLo CoNTI Rossini, Etiopia (1925-1927) . . . .... >» 459 
CamiLto CESSI, Virgilio (1919-1925) . ././..... +. » 521 


Luci SoRRENTO: Folclore e dialetti d’Italia (1925-1927) . » 635 


Recensioni: 


KUMANIECKI C. F., Quo temporis ordine Vergilius singulos 


Jdeneidos libros elaboraverit (Fel. Ramorino) . . . » 387 
Soria DoLENZ, Le Commedie latine di Suor Rostita (Feli- 

CES RAMONNO) aa e e a o» 03 
Luigi PARETI, Le origini etrusche I° (Giul. Giannelli) . .  » 394 
Forma Italrae, I 1 ed. Jos. Lugli (Ar. Calderini) . . . » 398 
CHARLES BALLvy, Le langage et la vie (G. B. Pighi). .. » ‘417 


J. B. HorMann, Lateinische Umgangssprache (G. B. Pighi) » 589 
4 Manual of Navaho Grammar. Arranged by Fr. BERARD 

HAiLE O. F. M. Of the Cincinnati Province of St. 

John the Baptist (A. Ballini) ./././....... >» 592 


— 799 — 


INDICE GENERALE DELL’ANNATA 


Notiziario: 1. À proposito delle prime stampe in Italia (P. 
Rotta) — 2. La critica nel testo nelle iscrizioni an- 
tiche (A. C.) — 3. Pubblicazioni in preparazione 
dell’Università Cattolica dell’ Ovest (Angers) — 
4. Necrologie (Pascal, Pistelli, Comparetti) (Felice 
Ramorino) L00066 060 + + pag. 408 


1. Ancora per la tradizione delle opere del Colu- 
mella (J. Trotzti) — 2. « Historia » Studi storici per 
l'antichità classica, fondati da Ettore Pais, nuova. 
serie (Aristide Calderini). — 3. Le onoranze al Prof. 
Felice Ramorino. — 4. La scienza del linguaggio. 
— 5. A proposito del testo del De docta ignoran- 
tia del Cusano (Paolo Rotta). — 6. Pompei e i Cristiani 
(A. Calderini). — 7. L'esplorazione di una fortezza 
dei Crociati in Palestina (A. C.). — 8. Il Congresso 
geografico di Milano (Paolo Revelli). — 9. Congresso 
di linguisti all’Aja nella primavera 1928. — 10. 
Congresso geografico internazionale di Cambridge. 
— 11. Programmi dei corsi di lettere dell’Univer- | 
sirà Cattolica del Sacro Cuore per l’anno scolastico i 
1927-1928. — 12. Isidoro Del Lungo (Carlo Calca- 
terra). — 13. Walter Amelung (Pietro Romanelli). 
—- ig. Euigr Cecl a di por dle a 
I. A proposito di inventarî di librerie Umanistiche 
(F. Ghisalberti). — 2. Glozel (P. Ferrarino). — i 
3. Il Mausoleo di Augusto (G. Anfossi). — 4. La 

Villa di Orazio nella Sabina (AR. Locatelli). — 6. Te- 

sti greci recentemente scoperti (A. Calderini). — 6. 

La topografia dei Promessi Sposi (4. Polvara). — 

7. Le tradizioni popolari siciliane (L. Sorrento). — 

8. Il 1° Congresso Nazionale di Studî Romani (A. C.). » 783 


j 
4 
| 


—-— —— i si fi =. = 


» 593 


Libri ricevuti < ./.0.0.00 +++ + + pag. 412, 621, 795 
Abbreviazioni, . LL 2264 413, 623, 798 
ILLUSTRAZIONI 

Codice palimsesto arabo greco latino della Biblioteca Am- 
DIOSIANA: a ue i Me e i e È  £ Agi. 56 
Codice Ambrosiano di Giuseppe Moleti . ......... * 455 


Codice del «De origine Oratorji » del Baronio . ..... » 625 


Pio Bondioli, direttore responsabile 
Unione Tipografica — Milano (114), Corso Roma. 98. 


— 800 — 


PUBBLICAZIONI DELLA UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE 


Volumi recentemente pubblicati: 

Serie prima. - Scienze filosofiche: 

RotTA PaAoLo, IL CARDINALE NICOLÒ DI CUSA. LA VITA ED 
IL PENSIERO, volume in-8 di pagine XII-466, L. 20.— 

Serie seconda. - Scienze giuridiche: 

ZanzuccHi Marco TuLLio, LE SUCCESSIONI LEGITTIME, vo- 
lume in-8 di pagine XII-223, 1926, L. 15.— 

DeLITALA Giacomo, IJ, DIVIETO DELLA REFORMATIO IN 
PEIUS NEL PRÙ-*3SO PENALE, volume in-8 di pagine 
XII-220, L. 12.— 

Cicu ANTONIO, LA FILIAZIONE, vol. in-8 di pag. VIII-216, L.12.— 

STUDI DEDICATI ALLA MEMORIA DI PIER PAOLO 
ZANZUCCHI DALLA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA, 
volume in-8 di pagine 528, con un ritratto, L. 30.— 

Racci Luici, DELLA LEGGE PENALE E DELLA SUA AP- 
PLICAZIONE, volume in-8 di pagine 130, L. 10.— 

OSSERVAZIONI INTORNO AL « PROGETTO PRELIMINARE DI 
UN NUOVO CODICE PENALE - AGOSTO 1927 - ANNO V », 
volume in-8 di pagine VIII-224, L. 12.— 

Serie terza. - Scienze sociali: 

VuoLI Romeo, IL MUTUO SOCCORSO E IL CREDITO POPOLARE, 
volume in-8 di pagine 80, L. 4.— 

Serie quarta. - Scienze filologiche: 

GHEDINI Giuseppe, LE CLAUSOLE RITMICHE NELLA HI- 
STORIA PERSECUTIONIS AFRICANAE PROVINCIAE DI 
VICTOR DE VITA, volume in-8 di pagine 80, L. 6.— 

RACCOLTA DI SCRITTI IN ONORE DI FELICE RAMO- 
RINO, volume in-8 di pagine XXIV-707, con un ritratto e 
numerose tavole fuori testo, L. 75.— 

SORRENTO Luici, FRANCIA E SPAGNA NEL SETTECENTO, 
BATTAGLIE E SORGENTI DI IDEE, volume in-8 di pa- 
gine XII-324, L. 15.— 

Serie quinta. - Scienze storiche: 

NASALLI-Rocca Emitio, IL TRASFERIMENTO DELLO STUDIO 
a DA PAVIA A PIACENZA, volume in-8 di pagi- 
ne 64, L. 

Gunni GiuLIo, LA MAGNA GRECIA DA PITAGORA A PIR- 
RO, volume in-8 di pagine VIII-112 con tre tavole fuori 
testo, L. 10.— 

Serie settima. - Scienze religiose: 

ANNA CRIsToroOLI, IL PENSIERO RELIGIOSO n P. GIOAC- 
CHINO VENTURA, volume in-8 di 10.— 

PAapovanI UMBERTO A., VINCENZO CICRERTÌ E E IL CATTO- 
LICISMO: UNA PAGINA NELLA STORIA MODERNA 
DELLA CHIESA, CON DOCUMENTI INEDITI, volume in-8 
di pagine X1I-560, L. 35.— 

In corso di sfampa: 

Serie prima. - Scienze filosofiche: 

CONTRIBUTI DEL LABORATORIO DI BIOLOGIA E PSICOLO- 
GIA (serie terza). 

Serie seconda. - Scienze giuridiche: 

RoBERTI MELCHIORRE, STORIA DEL DIRITTO PRIVATOIN ITALIA. 

Serie quinta. - Scienze storiche: 

CALDERINI ARISTIDE, AQUILEIA ROMANA (Ricerche di storia e di 
epigrafia). 
Soranzo GiIovannI, IL PAPATO E I SUCCESSORI DI GENGYS 

KHAN. 


Serie ottava. - Scienze statistiche: 


CONTRIBUTI DEL LABORATORIO DI STATISTICA (serie prima). 


SOCIETÀ EDITRICE “VITA E PENSIERO,, 


PERIODICI 


VITA E PENSIERO, ‘Rassegna Italiana di coltura redatta dai 
professori AGOSTINO GEMELLI, V. NECCHI, F. OLGIATI. 
Si pubblica mensilmente. 


Abbonamento annuo per l'Italia e Colonie L. 15, per l'Estero L. 23. 
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RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA, pubblicata per 
cura della Facoltà filosofica dell'Università Cattolica del 
Sacro Cuore. 


Abbonamento annuo per l'Italia e Colonie L. 20, per l'Estero L. 28. 
St 


RIVISTA INTERNAZIONALE di scienze sociali e discipline 
ausiliarie fondata da Mons. SALVATORE TALAMO e dal 
prof. GiusePPE TonIOLO, pubblicata a cura dell’ Uni- 
versità Cattolica del Sacro Cuore. 

Abbonamento annuo per l’Italia e Colonie L. 40, per l'Estero L. 50. 


Ai prezzi suddetti si aggiungano centesimi 30 per ogni abbo- 
namento per la tassa di bollo e la quota dovuta alla Cassa 
di Previdenza dei Giornalisti. 


Dirigere le quote di abbonamento alla Società Editrice ‘‘ Vita 
e Pensiero,, Via S. Agnese, 4 - Milano (108). 


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AEGYPTVS, Rivista italiana di Egittologia e di Papirologia, 
diretta dal Prof. ARISTIDE CALDERINI, con l’assistenza 
dei Prof. EvARISTO BRECCIA, Pietro DE FRANCISCI, 
GiuLIo FARINA. Si pubblica in 4 fascicoli annuali dì 
complessive pagine 400 circa. 


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